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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Sea Glass

Mira Books © 2009 Maria V. Snyder

Traduzione di Gigliola Foglia

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione Bluenocturne giugno 2011

Questo volume è stato impresso nel maggio 2011

da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X

Periodico quindicinale n. 41 del 10/06/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/03/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA

Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI)

Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A.

Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Rilessi il messaggio. L'ordine era chiaro e conciso. Torna immediatamente alla Cittadella e presentati subito a rap-porto nella Sala del Consiglio. Le firme dell'intero Consi-glio di Sitia e dei tre Maestri Maghi erano vergate sotto la missiva. Un po' eccessivo, forse, ma non potevo non co-gliere l'importanza del messaggio né dubitare della gravità della situazione. Janco mi sfilò il foglio dalle dita, lo scorse rapidamente e fece un fischio. Grattandosi la cicatrice dove avrebbe do-vuto esserci la metà inferiore dell'orecchio destro, mi guar-dò preoccupato. «Non intenderai obbedire, vero? Perché se lo facessi...» «Lo so.» Non c'era bisogno di ribadirlo, visto che era lampante. «Il Consiglio ti scorterà dritta nelle segrete del Mastio dove resterai per molto, molto tempo» commentò Devlen in tono pratico. Lo guardai storto. «Ti ho detto che potevi parlare?» gli chiese Janco. «Sto cercando di essere d'aiuto» ribatté lui alzando le spalle. Il mantello gli copriva le mani, che erano ammanet-tate dietro la schiena. «Non voglio il tuo aiuto» dissi. Devlen aprì la bocca, ma Janco lo colpì al plesso solare e, mentre lui ansimava per riprendere fiato, minacciò di

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strappargli la lingua se avesse pronunciato un'altra parola. Sapevamo tutti che era una minaccia a vuoto: dato che l'anima di Devlen viveva al momento dentro il corpo di Ulrick, a causa di una perversa magia di sangue, Devlen sapeva che Janco non poteva fargli del male, così lo pun-zecchiava appena possibile. E per me, viaggiare con Janco, Devlen e due guardie ixiane in quegli ultimi venti giorni era diventato un estenuante esercizio di pazienza. Progettavamo di scortare Devlen nelle terre del Clan del-la Luna per trovare il suo corpo con l'anima di Ulrick, e poi farli scambiare dalla Cercatrice d'Anime Yelena. Avevo mandato un messaggio a Secondo Mago Zitora Cowan, spiegandole il piano, non appena raggiunto il confine si-tiano. «Opale» disse Janco, «dobbiamo prendere una decisio-ne. Si sta facendo buio.» «Dammi un minuto.» Presi un profondo respiro. I miei nuovi poteri terrorizzavano anche me, se solo ci pensavo troppo. Il Consiglio aveva un ottimo motivo per essere in-quieto e volermi tenere sotto stretto controllo, visto che ero in grado di prosciugare un mago dei suoi poteri. Tutto ciò che mi serviva era un globo di vetro tra le mani e pote-vo estrarre la magia trasformandola in sostanza fisica... diamanti. Un mago non doveva neanche aggredirmi, come da principio avevo supposto. Potevo farlo senza che muo-vesse un dito. Il messaggero del Consiglio non si era fermato ad aspet-tare la risposta. Nessuno disobbediva a un ordine diretto del Consiglio, e men che meno uno studente mago del ve-tro che non si era ancora nemmeno diplomato. «Ebbene?» insistette Janco. Trovare Ulrick era più importante, e mettere fine alla magia di sangue era vitale. «Faremo tappa a Fulgor, così potrò mandare un messaggio a Zitora» decisi. «Lei capirà.»

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O almeno lo speravo. Ma i miei piani, come sempre, non andarono come avevo preventivato. Inconsapevole della tempesta che si stava avvicinando, ignorai il messaggio del Consiglio e il giorno seguente ci dirigemmo verso est attraverso una fitta foresta. Foglie morte ci scricchiolavano sotto le scarpe. Alberi e arbusti erano ancora spogli, ma la stagione tiepida era iniziata da pochi giorni, e il terreno gelato si era trasformato in una poltiglia fangosa. Guardandomi in giro, notai la bellezza dei boschi spogli e semplici contro le larghe chiazze di co-lore del cielo. L'aria odorava di umido e fresco. «Dobbiamo accamparci prima che faccia buio?» chiese Janco. La regione mi pareva familiare, e mi si annodò lo stoma-co ricordando quando ci ero stata. «Il tuo capanno è vicino?» domandai a Devlen. «Mi stavo chiedendo se avresti riconosciuto la zona» replicò lui con un sorriso. «I bei vecchi tempi.» Mi morsi il labbro per impedirmi di rimbeccarlo. Quan-do non cercava di giocare con la mia mente e le mie emo-zioni, si divertiva a irritare anche me. Per esempio era tor-nato al modo di parlare dei Daviian anziché imitare Ulrick. «Quanto vicino?» Devlen scrutò i boschi, e poi incontrò il mio sguardo. Una strana sensazione mi percorse. Vedere lo sguardo freddo e calcolatore di Devlen nei vividi occhi verdi di Ul-rick mi turbava ancora. Le lunghe ciglia, i capelli neri e i li-neamenti scolpiti erano quelli del mio amico, ma mi man-cava il suo tenero sorriso. «Molto vicino. Sicura di volerci andare?» Non ci pensai molto. «Meglio che passare un'altra not-te all'aperto. Fai strada.» Ci guidò fino a un piccolo capanno a un solo piano, mentre la luce si affievoliva. Quando arrivammo, Janco ac-

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cese il fuoco nel camino, poi tolse dai bagagli le nostre ra-zioni. «Troppo buio per cacciare. Cercherò qualche coni-glio domani mattina» annunciò mettendo sul fuoco una pentola d'acqua per cuocere il suo stufato da viaggio. Sulle prime aveva avuto un sapore fantastico, ma dopo venti giorni mi mancavano il succo di mele e il budino di pane di mia madre. Il suo arrosto di maiale da solo sarebbe valso i cinque giorni di viaggio. Nostalgia di casa e solitudine mi trafissero il petto. I miei genitori dovevano essere sconvolti, dopo aver appre-so della mia sparizione. Pur sapendo che mia madre mi a-vrebbe redarguito per ore, bramavo tornare da loro. Mentre Janco cucinava, le due guardie portarono altra legna per il fuoco. Presi un ramo e ne feci una torcia. De-vlen mi osservava, ammanettato alla trave di sostegno del soggiorno. L'ultima volta che eravamo stati lì, i nostri ruoli erano invertiti: lui era il carceriere e io la sua prigioniera. Entrai in cucina in cerca di cibo, ma i pochi resti di pa-ne e formaggio erano andati a male. Attraversando il sog-giorno per controllare le camere da letto, udii sotto gli sti-vali lo scricchiolio inconfondibile del vetro. «Non ho avuto modo di ripulire» disse Devlen. Mi accovacciai. I frammenti che riflettevano la luce della torcia appartenevano a uno dei globi che i Danzatori delle Tempeste usavano per mietere l'energia dei temporali. Av-vertii un'altra fitta di nostalgia. Kade era rimasto a Ixia per placare le bufere letali che soffiavano dalla calotta di ghiaccio settentrionale. Avrebbe riempito una quantità di globi con l'energia dei venti assassini, e salvato molte vite. Chiusi gli occhi, ricordando il suo bacio d'addio. Avrei dimenticato persino la cucina di mia madre, tra le sue lun-ghe braccia snelle. Poco dopo, Janco annunciò che lo stufato era pronto. Aprii gli occhi e mi rizzai. Le mie bisacce erano rimaste

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dove Devlen le aveva buttate, con i miei sai ancora aggan-ciati all'interno. Afferrandoli, tornai al fuoco, sedendomi accanto a Janco. Devlen gemette. «Avrei dovuto nasconderli.» Janco sbirciò da sopra la ciotola. «Cos'hai lì?» «I miei sai.» Soppesai le armi, una per mano. Assomi-gliavano a corte spade, solo che il fusto principale era spesso mezzo pollice e a sezione ottagonale. Un pomello ottagonale all'estremità dell'elsa bilanciava l'arma simile a un tridente con il dente centrale più lungo. «Carini» disse Janco. «Posso provare?» Gli mostrai qualche mossa e in un batter d'occhio lui a-veva imparato. «Non hanno la portata di un archetto o di una spada, ma da vicino...» Mirò alle costole di un avver-sario invisibile. «Devo procurarmene un paio. Un ricordino di Sitia.» «Opale non ha bisogno di usarli» osservò Devlen. «Non con gli altri gingilli che ci sono nelle sue bisacce.» Janco interruppe l'attacco e mi guardò come se aspet-tasse un dolcetto. «Ebbene? Sputa il rospo.» Sbottonai i lembi delle borse e rovesciai il contenuto davanti a me. Ragni e api di vetro piovvero sul pavimento di legno con un sonoro tintinnio. Janco posò i sai e prese uno dei ragni marroni. Lo esaminò alla luce del fuoco. «Intrappolare Distorsori non era abbastanza? Adesso ti sei data ai ragni?» domandò. «Scaltro mi attaccò con un'illusione magica mandan-domi addosso dei grossi ragni. Quando incanalai la sua magia nel globo, si trasformarono in vetro.» Soffocai un brivido. Da vive, quelle creature erano lunghe più di una spanna. «Perché non si sono trasformati in diamanti?» «Perché lui ha indirizzato la magia contro Opale sotto forma di ragni» rispose Devlen. «La magia si trasforma in

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diamanti solo quando lei la ruba.» L'ira accese le sue pa-role. «Considerato ciò che hai fatto tu con la magia, non la biasimo.» Janco scambiò il ragno con un'ape di vetro. «In effetti io preferirei che rubasse la magia a tutti quanti. Niente potere sulle menti altrui. Niente furti d'anime. Niente roba strana o folle. Molto meglio i diamanti.» Quando espose l'ape alla luce del fuoco, le strisce verdi e nere scintillarono. «Graziosa.» Io rabbrividii. «Spaventosa, vuoi dire. Sono api Verde-lama, e i loro corpi di sei pollici sono pieni di veleno mor-tale. Solo io posso spezzare il vetro e liberare l'ape. Una puntura e sei morto.» «Forte.» Gli occhi di Janco erano accesi di ammirazione. Interessante come potesse apprezzare il potere di uccidere di un'ape, eppure disprezzasse la magia. Mi ci sarebbe vo-luta una lezione di un'ora sul fatto che tutti sanno che le api pungono, mentre un mago può nascondere le proprie capacità finché non è troppo tardi. Il mattino seguente riprendemmo il viaggio. Pensavo di noleggiare o comprare dei cavalli, ma non ero pratica della zona. Disgraziatamente, Devlen la conosceva come le proprie tasche. Odiavo l'idea di chiedergli aiuto, ma il Consiglio non avrebbe esitato a inviare una squadra di re-cupero non appena si fossero accorti che avevo eluso la convocazione. «Sai dov'è la città più vicina?» domandai a Devlen. «Perché dovrei aiutarti?» «Vuoi camminare per tutta la strada fino a Fulgor?» «A me non dispiace. Più tempo impieghiamo ad arrivar-ci, più tempo posso passare con te.» «Attento» lo ammonì Janco. «Che ne dici di un patto?» Devlen si avvicinò.

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Le mie gambe volevano arretrare, ma mi costrinsi a ri-manere immobile. «Non hai niente da scambiare. Possia-mo semplicemente andare a est finché non ne troviamo una. Se no c'è un'ottima stalla a Collina del Gufo.» «Non vorrai arrivare così vicina alla Cittadella.» Scosse la testa. «E poi, io ho qualcosa da scambiare.» Era improbabile, ma gli accennai di continuare. «Quartz e Chiardiluna.» Sorrise alla mia reazione. «Chi sono?» chiese Janco. «Il mio cavallo e quello di Ulrick.» Quartz mi mancava quasi quanto Kade. «Ti condurrò da loro in cambio...» «Neanche per sogno!» esclamò Janco. «Lascialo finire.» E quando lui si accigliò, aggiunsi: «Per favore. Sono cavalli Semedisabbia». Janco annuì, ma dalla sua espressione mi resi conto che non era affatto contento. «In cambio, voglio che tu mi tolga le manette.» «Neanche per idea» dicemmo insieme io e Janco. «Prometto di non scappare. Ho collaborato con voi per tutto il viaggio.» «Sei stato una spina nel fianco per tutto il viaggio» lo corresse Janco. «Sono sicuro che alla prima opportunità schizzeresti via.» «E io non posso certo fidarmi di te» aggiunsi io. «Non hai motivo di mantenere alcuna promessa.» Devlen sospirò. «Tu sai perché non lo farei, Opale. Sol-tanto guarda oltre tutta la storia del rapimento e ricorda come ti sentivi quando eravamo insieme.» «Tutta la storia del rapimento? Tu potresti riuscire a li-quidarla, ma per me è troppo grossa per passarci sopra.» «Vuoi solo negare che mi amavi.» «Volevo bene a Ulrick, a cui tu hai rubato il corpo. Non a te!»

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«Andiamo. Dovevi saperlo che non ero lui. Nessuno cambia così tanto.» L'aveva fatto di nuovo. Giocare con le mie emozioni. Era come discutere con Janco: una partita impossibile da vincere. Il vero motivo per cui mi voleva vicino era la pos-sibilità di riacquistare i suoi poteri con la magia di sangue. Gli stessi poteri illegali che aveva usato per scambiare la sua anima con quella di Ulrick. «D'accordo. Continua a mentire a te stessa» capitolò. «Ti porterò comunque dai cavalli.» Devlen ci condusse a un'ampia scuderia a poche miglia a nord di Nido del Pettirosso, nelle terre dei Pietrapiuma, dove il proprietario, Peter, ci mostrò il pascolo. Il mantello in prevalenza nero di Chiardiluna spiccava tra gli altri cavalli. Quando ci avvertì, nitrì e corse alla pa-lizzata con Quartz alle calcagna, e io, felice di vederla, le gettai le braccia al collo. Quando lei si ritrasse spazientita, la ispezionai dal naso alla coda. Il suo manto rossiccio e bianco scintillava. Né fango né tagli le intaccavano le zampe, e la criniera e la coda erano pettinate, libere da rovi e fili di paglia. Gli zoccoli erano puliti e regolati. Non ave-vano ferri, ovviamente, visto che i cavalli Semedisabbia non lasciavano avvicinare il maniscalco. Quartz mi stru-sciò il naso sulla spalla, cercando dolcetti. L'unica traccia di bianco sul suo muso era una chiazza tra gli occhi. Pro-babilmente immaginai l'occhiata di simpatia che mi rivol-se, soffocando il desiderio improvviso di aprirle il mio cuo-re. Controllai Chiardiluna. Gli snelli muscoli mettevano in risalto la sua stazza possente e anche lui appariva in salu-te. Il cerchio bianco che aveva sulla fronte e al quale do-veva il suo nome, brillava come se fosse stato lavato di re-cente. «Nessun dubbio che siano tuoi» commentò Peter. «Che cosa ti devo per la loro custodia?» chiesi.

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Lui guardò sorpreso Devlen. «Niente. Ha pagato lui per due intere stagioni. In realtà, te ne devo io.» «Forse possiamo accordarci. Mi servono altri tre cavalli.» «Non saranno Semedisabbia, però. Sono troppo costo-si. Per me è stato un piacere prendermi cura di questi due. Non ho mai visto una simile intelligenza.» Peter ci con-dusse alla stalla principale. L'ampio edificio di legno odorava di terra e di cavallo. Segatura copriva il pavimento e pulviscoli di polvere flut-tuavano nella luce solare che entrava a fiotti dalle grandi porte aperte. Lungo i lati erano allineate due file di stalli ai quali erano appese corde per legare i cavalli durante la stri-gliatura e la sellatura. «I tuoi finimenti sono nella stanza in fondo» disse. «Ti farò portare dai garzoni i tuoi cavalli e quelli a nolo. Vedi che ne pensi.» Dopodiché uscì per tornare al pascolo. Entrai nel ripostiglio dei finimenti. La mia sella era appe-sa sulla parete più lontana e la sganciai. Il cuoio era stato pulito. Briglie, redini e il resto dei finimenti apparivano in ottime condizioni. La stanza pulita e organizzata rifletteva la cura e la passione professionale del proprietario. Fu per questo che lo schiocco di una frusta mi sorprese tanto. Carica dei finimenti, mi affrettai a uscire dalla stan-za. Janco si teneva la mano destra. Tra le dita colava san-gue. Si chinò mentre un lungo frustino di cuoio scattava contro di lui. La sua spada era per terra, fuori portata. Le due guardie sitiane stavano combattendo contro quattro uomini armati di forconi. Devlen stava in disparte, sogghi-gnando. Eravamo sotto attacco.

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Sea Glass - Cuore di diamante MARIA V. SNYDER

Il gioiello di Atlantide GENA SHOWALTER

Opale ha scoperto di possedere una nuova abilità che l'ha resa troppo potente agli occhi del Consiglio dei Maghi. Ma anziché presentarsi alla Cittadella come le hanno ordinato, la giovane decide di sfidare tutto e tutti per salvare di Ul-rick. La brama di potere potrebbe aver eclissato in lui ogni sentimento, eppure Opale è disposta a correre il rischio.

Grayson James, agente segreto in missione nel Regno di Atlantide, deve rintracciare il Gioiello di Dunamis, e per im-pedire che cada nelle mani sbagliate è autorizzato persino a distruggerlo. Ciò che non immagina, è che si tratta di una donna bellissima. E quando lo scopre, si rende conto che distruggerla è l'ultimo dei suoi desideri.

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Anima nera EVE SILVER

Graffio assassino RACHEL VINCENT

Fredda e calcolatrice, Naphré ha venduto l'anima a un de-mone che si avvale dei suoi servigi come sicario. Non si aspetta certo che un mietitore d'anime le dia la caccia, ep-pure Alastor Krayl non le dà tregua. Quel seducente mieti-tore d'anime le fa ribollire il sangue, ma Naphré non può fidarsi di lui. Anche se vorrebbe arrendersi alla passione...

La vita di Faythe non conosce un attimo di noia: il suo fi-danzato, Marc, è stato esiliato, e le manovre politiche dei clan rivali le impediscono di vederlo per lungo tempo. Ma quando lui viene aggredito da una banda di randagi muta-forma e dato per disperso, Faythe sfodera gli artigli, pronta a difendere l'uomo che ama. Anche a costo della vita.

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