UNIVERISTÀ DEGLI STUDI DI TORINO
Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
Tesi di laurea
BILANCI ENERGETICI PER PROCESSITERMONUCLEARI
ANNO ACCADEMICO 2010/2011
1
2
Indice1 - GENERALITÀ SULLE REAZIONI DI FUSIONE....................................................7
1.1 - Definizione di fusione termonucleare...................................................................71.2 - Reazioni di fusione termonucleare.....................................................................121.3 - Confinamento di plasmi termonucleari..............................................................171.4 - Il tokamak ITER.................................................................................................22
2 - SEZIONI D'URTO PER LE REAZIONI DI FUSIONE............................................242.1 - Parametrizzazione della sezione d'urto di fusione..............................................262.2 - Parametrizzazione di Duane (NRL plasma formulary)......................................322.3 - Formula di Peres e parametrizzazione di Bosch e Hale.....................................342.4 - Parametrizzazione di Xing..................................................................................37
3 - TASSO DI REAZIONE e PRODUZIONE ENERGETICA DI UN PLASMA TERMONUCLEARE................................................................................................43
3.1 - Modello di reattività maxwelliana......................................................................453.2 - Modello di reattività di Thompson.....................................................................493.3 - Modelli di reattività basati sulla sezione d'urto di Duane...................................513.4 - Modello di reattività di Bosch e Hale.................................................................523.5 - Produzione energetica lorda in un plasma termonucleare..................................55
4 - PERDITE ENERGETICHE DI UN PLASMA..........................................................574.1 - Processi radiativi e processi collisionali.............................................................574.2 - Radiazione emessa da carica in moto accelerato................................................594.3 - Radiazione di franamento o bremsstrahlung termico.........................................614.4 - Radiazione di ciclotrone o bremsstrahlung magnetico.......................................734.5 - Radiazione di ricombinazione............................................................................844.6 - Radiazione di righe.............................................................................................874.7 - Modello MIST e radiazione da impurità............................................................90
5 – BILANCI ENERGETICI E CRITERIO DI LAWSON.............................................955.1 - Energia prodotta ed energia dissipata da plasma termonucleare........................955.2 - Il criterio di Lawson...........................................................................................995.3 - Condizioni di guadagno energetico per reattori elettronucleari.......................1075.4 - Progresso verso un efficace reattore a fusione..................................................113
APPENDICE: CENNI DI FISICA DEL PLASMA.......................................................115A.1 - Definizione di stato di plasma.........................................................................115A.2 - Lunghezza di Debye........................................................................................115A.3 - Quasi neutralità dei plasmi..............................................................................118A.4 - Frequenza di plasma........................................................................................119A.5 - Parametro di plasma........................................................................................121A.6 - Moto di una particella in campo magnetico costante e uniforme....................123A.7 - Trasporto e autoassorbimento della radiazione................................................124
Bibliografia....................................................................................................................130
3
4
Lo studio dei bilanci energetici per un plasma termonucleare necessita preliminarmente
dello studio di due elementi distinti: la modellazione dell'energia liberata all'interno del
plasma dalle reazioni di fusione, e la modellazione dell'energia persa dal plasma
Il primo punto è argomento dei capitoli 2 e 3. In particolare si dimostrerà che la
densità di potenza generata dalle reazioni di fusione è data da P fus=R⋅ε , dove R è il
tasso di reazione, e ε è l'energia liberata da una singola reazione di fusione. Il tasso di
reazione è a sua volta esprimibile come una funzione integrale coinvolgente la sezione
d'urto per la reazione di fusione considerata. Il capitolo 2 sarà quindi dedicato alla
creazione di un modello matematico che permetta di rappresentare efficacemente la
sezione d'urto di fusione; i risultati ottenuti saranno quindi utilizzati nel capitolo 3 per
determinare la densità di potenza prodotta dal plasma termonucleare.
Il secondo punto, cioè la modellazione della potenza dissipata dal plasma
termonucleare, è invece argomento del capitolo 4.
Nel capitolo 5, sfruttando i risultati precedentemente ottenuti, sono infine studiati i
bilanci energetici per i processi di fusione termonucleare.
L'intero lavoro è preceduto (capitolo 1) da una breve introduzione alle reazioni di
fusione e alle macchine che permettono di realizzarla, e promettono in un prossimo
futuro di generare sufficiente energia elettrica da risolvere il problema energetico
mondiale.
5
6
1 - GENERALITÀ SULLE REAZIONI DI FUSIONE
1.1 - Definizione di fusione termonucleareLa fusione nucleare consiste nella fusione di due nuclei leggeri per formare un nucleo
più pesante con massa minore della somma delle masse dei nuclei reagenti (min – mfin =
Δm > 0), con conseguente rilascio di energia in virtù della relazione di equivalenza
massa-energia di Einstein:
E=m⋅c2
dove Δm è il difetto di massa tra prodotti e reagenti, ΔE l'energia rilasciata nel processo,
e c la velocità della luce nel vuoto. Tale rilascio di energia indica che nel processo di
fusione è insito un passaggio a uno stato di maggior stabilità rispetto allo stato dei
reagenti; in altre parole l'energia dei prodotti della fusione è minore dell'energia dei
reagenti.
Naturalmente, si deve restringere il campo di studio alle sole reazioni esoenergetiche.
Per individuare tali reazioni possiamo utilizzare il seguente grafico sperimentale:
Tale grafico mostra l'energia di legame B per nucleone di un nucleo, in funzione del
numero di massa A del nucleo stesso. Possiamo osservare che la curva ha un andamento
a campana, in cui il picco è costituito dal Ferro 56. I dati sperimentali del grafico
precedente possono essere correttamente fittati dalla formula di Bethe-Weizsäcker
dell'energia di legame del nucleo[1].
7
Ricercare reazioni esoenergetiche, cioè in cui l'energia dei prodotti sia minore
dell'energia dei reagenti con conseguente emissione di energia (per il principio di
conservazione dell'energia), significa ricercare le reazioni in cui l'energia di legame del
nucleo prodotto sia maggiore dell'energia di legame dei nuclei reagenti; infatti nuclei
più legati richiedono più energia per essere scissi. Allora il grafico precedente ci
permette di concludere che sono esoenergetiche tutte quelle reazioni che percorrono la
curva 'in salita'. Una reazione nucleare che ammette come stato di partenza un nucleo
pesante (ad esempio l'Uranio) e come nuclei figli nuclei più leggeri (ad esempio
Rubidio e Cesio) è esoenergetica: tale reazione si dice fissione nucleare. In particolare la
reazione di fissione nucleare dell'Uranio 235 in Rubidio e Cesio più alcuni neutroni
veloci produce 211 MeV (≃ 3,4 · 10-11J ), con una produzione energetica per nucleone
pari quindi a 211/235 MeV ≃ 0,898 MeV per nucleone.
Una reazione invece che ammette come stato di partenza nuclei leggeri, ad esempio
nuclei di Idrogeno, e come stato finale un nucleo più pesante, ad esempio un nucleo di
Elio, è ancora esoenergetica e viene detta reazione di fusione nucleare. Se consideriamo
ad esempio la fusione di 2 protoni e 2 neutroni per formare un nucleo di 4He secondo la
reazione:
2p + 2n → 4He
abbiamo che si produce, per la legge del difetto di massa, un'energia pari a:
E=m⋅c2
con m=2m p2m n−m He4 ≃[2⋅938,272⋅939,56−3728,40]MeV
c2=27,26 MeV
c2
Abbiamo quindi che la fusione di 4 nucleoni comporta la produzione di circa 27,26
MeV; la produzione energetica per nucleone è quindi pari a 27,26/4 MeV ≃ 6,82MeV per
nucleone, cioè circa 8 volte l'energia irradiata dalla fissione dell'uranio.
La fusione contemporanea di 4 nucleoni però è un evento non riproducibile in
laboratorio allo stato attuale delle tecnologie di fusione; la reazione più nota con stato di
arrivo 4He è la reazione Deuterio Trizio:
D + T → 4He + n
8
In questo caso:
m=mDmT−m He4 −mn≃[1876,122809,43−3728,40−939,56]MeV
c2=17,59 MeV
c2
Si ha dunque che la reazione di fusione tra Deuterio e Trizio in Elio 4 (con il rilascio
aggiuntivo di un neutrone) genera 17,59 MeV di energia, con una produzione energetica
per nucleone pari a 4,40 MeV per nucleone, cioè circa 5 volte l'energia irradiata dalla
fissione dell'uranio.
Possiamo quindi dividere il grafico
precedente dell'energia di legame per
nucleone in due zone: la prima, a sinistra
della linea arancione, in cui sono
vantaggiose le reazioni di fusione, e la
seconda, a destra della linea, in cui sono
vantaggiose le reazioni di fissione.
Inoltre la reazione sarà tanto più energetica quanto maggiore sarà la differenza tra
l'energia di legame dei reagenti e dei prodotti, perché in questo modo si massimizza il
gap energetico tra lo stato di arrivo e lo stato di partenza della reazione. Allora, visto il
picco dell'Elio nel grafico, è evidente come le reazioni di fusione che ammettono come
prodotto proprio questo elemento sono le più interessanti da un punto di vista
energetico. A rigore, una reazione di fusione che ammetta come stato iniziale atomi di
Idrogeno e come stato finale atomi di Ossigeno, per esempio, sarebbe ancora più
energetica, ma, come già sottolineato, la fusione contemporanea di più di due atomi non
si verifica in natura e, allo stato attuale della tecnologia, non è riproducibile.
Per queste ragioni la reazione di fusione di 2 atomi di Idrogeno per formare un atomo di
Elio, è la reazione su cui si concentrano la maggior parte delle ricerche per ottenere
energia da reazioni di fusione nucleare controllate.
I semplici calcoli qua riprodotti mostrano l'applicazione del principio del difetto di
massa, e dimostrano come le reazioni di fusione nucleare siano energeticamente più
9
convenienti delle reazioni di fissione nucleare. In particolare, in termini di produzione
energetica per nucleone, la reazione di fusione nucleare è seconda solo alla reazione di
annichilamento materia-antimateria. Per avere delle stime numeriche a conferma del
potenziale energetico delle reazione di fusione nucleare, si consideri che la combustione
di un grammo di carbone genera 2,93 · 104 J/g, la fissione di un grammo di Uranio 235
genera 8,21 · 1010 J/g, mentre la fusione nucleare di un grammo di Deuterio e Trizio
genera 6,23 · 1011 J/g, cioè l'energia che si avrebbe con la combustione di circa 11
tonnellate di carbone, o la combustione di circa 10 tonnellate di petrolio, o ancora la
fissione di circa 8 grammi di Uranio.
Da un punto di vista microscopico si ha fusione nucleare quando i nuclei dei reagenti,
venendosi a trovare a distanze così ridotte da coinvolgere l'interazione nucleare forte, si
fondono in un nucleo unico finale. Tuttavia poiché
questo avvenga, visto il corto range
dell'interazione forte (~10-15 m), i nuclei devono
essere avvicinati moltissimo in opposizione alla
forza repulsiva elettrostatica. L'andamento delle
energie potenziali in gioco è schematizzato nella
figura a lato: considerando il sistema di
riferimento in cui uno dei nuclei reagenti (ad
esempio Trizio) è a riposo, l'altro nucleo (il Deuterio nel nostro esempio) avvicinandosi
al bersaglio (regione A) avvertirà il potenziale repulsivo elettrostatico dovuto alla carica
concorde di bersaglio e proiettile (regione B); se il proiettile è sufficientemente
energetico da superare la barriera di potenziale elettrostatica, può accedere alla regione
C, dove l'interazione forte attrattiva domina sulla forza elettrostatica e permette la
fusione dei nuclei. La necessità di superare la barriera coulombiana costituisce la
maggior difficoltà tecnologica nel riprodurre reazioni di fusione nucleare, e
conseguentemente deve essere minimizzata: per questo motivo il combustibile preferito
per le reazioni di fusione, allo stato attuale delle tecnologie disponibili, è l'Idrogeno.
10
Una semplice accelerazione di un fascio di nuclei usati come proiettile e a energie
sufficientemente alte su un nucleo bersaglio può generare reazioni di fusione nucleare.
Tuttavia, volendo estrarre energia dal processo di reazione di fusione nucleare è
indispensabile poter ottenere un gran numero di reazioni nell'unità di tempo, e quindi il
meccanismo dell'accelerazione di particelle non è energeticamente proficuo.
Nella fusione termonucleare l'energia per superare la barriera coulombiana è fornita dal
calore; il combustibile viene quindi portato a temperature sufficientemente alte perché
la conseguente agitazione termica conferisca ai nuclei l'energia cinetica sufficiente a
superare la barriera coulombiana. Nel caso della fusione di due isotopi dell'Idrogeno
(minimizzando così l'entità della barriera) si ha una barriera coulombiana data da V0 ≃
400 keV, che, supponendo una distribuzione maxwelliana per l'energia termica dei
reagenti, corrisponde a una temperatura media di circa 4,5 miliardi di gradi Kelvin.
Di fatto non sono necessarie energie così elevate, in quanto nel superamento della
barriera potenziale entra in gioco l'effetto tunnel quantistico[2]: svolgendo i calcoli si
ricava che la sezione d'urto di fusione Deuterio-Trizio mostra un chiaro picco ad
un'energia di circa 100 keV (circa 1 miliardo di gradi Kelvin). La temperatura a cui deve
essere portato il combustibile perché si inneschi la fusione sperimentalmente è
comunque ancora minore: infatti se si considera una distribuzione maxwelliana centrata
ad una temperatura più bassa di 100 keV, la coda superiore di tale distribuzione potrà
ancora contribuire alla reazione di fusione con una sezione d'urto soddisfacente. Nelle
moderne macchine sperimentali per la produzione energetica per via termonucleare la
temperatura di esercizio è nell'ordine dei 10 keV (circa 100 milioni di gradi Kelvin).
Nonostante ci siamo ridotti ad energie pari a 1/40 della barriera di potenziale, si tratta
comunque di temperature estremamente elevate, e ben al di sopra della temperature di
liquefazione dei materiali costituenti un'ipotetica camera di combustione (la temperatura
di liquefazione dei più sofisticati scudi termici è di circa 4000 gradi Kelvin). Esiste
quindi un importante problema tecnologico per la riproduzione della fusione
termonucleare in laboratorio.
11
Alle temperature considerate per la fusione di nuclei di Idrogeno, nell'ordine dei 10 keV,
il combustibile si presenta nello stato fisico di plasma. É proprio tale condizione a
permettere sperimentalmente la fusione alle citate temperature 25000 volte maggiori
della temperatura di liquefazione del miglior scudo termico oggi disponibile. Infatti
nello stato di plasma gli atomi sono completamente ionizzati, e la materia si presenta
sotto forma di nuclei atomici ed elettroni separati, e quindi particelle cariche: dunque il
plasma può essere efficacemente contenuto per mezzo di intensi campi magnetici.
Allo stato attuale delle ricerche, nonostante teoricamente esistano reazioni
energeticamente più convenienti di quelle che utilizzano come combustibile l'Idrogeno,
l'utilizzo di combustibili con Z > 1 è da escludere per la presenza di limiti tecnologici
sulle temperature che possono essere raggiunte. Infatti, utilizzare combustibile diverso
da Idrogeno, con numero atomico maggiore, comporta barriere di potenziale più
importanti, e quindi temperature di innesco più alte.
1.2 - Reazioni di fusione termonucleareSono circa 21 le reazioni di fusione termonucleare che rivestono un particolare interesse
nelle ricerche per la produzione energetica, per via della loro alta sezione d'urto per
energie minori di 1 MeV. Molte di queste però richiedono come combustibile particelle
subatomiche o elementi non direttamente disponibili in natura, e quindi, per quanto
sperimentalmente interessanti, non sono particolarmente adatte agli scopi prefissi di
produzione energetica per via termonucleare dalla fusione.
Nel valutare queste possibili reazioni di fusione nucleare abbiamo già valutato due
importanti condizioni:
• il combustibile deve essere costituito da nuclei atomici con Z = 1 per ridurre al
minimo l'entità della barriera coulombiana tra i reagenti
• lo stato di arrivo deve contenere preferibilmente l'Elio, poiché in questo modo si
massimizza la resa energetica della reazione
12
Il successivo importante elemento da
considerare è la sezione d'urto di fusione,
che è un parametro caratteristico per ogni
reazione. Infatti una maggior sezione d'urto
implica una maggior probabilità di tunnel
attraverso la barriera elettrostatica, e quindi,
in ultima analisi, una maggior produzione
energetica.
Nella figura a lato sono riportate le sezioni
d'urto sperimentali per alcune possibili
reazioni di fusione: si può chiaramente notare come la sezione d'urto per la reazione
Deuterio Trizio sia dominante alle basse energie (fino a 100 keV) per non meno di 2
ordini di grandezza. Inoltre, visti i problemi tecnologici connessi con le alte temperature
in gioco, è anche importante notare come il picco della reazione D-T, cioè la
temperatura di massima efficienza per tale reazione, sia a temperature inferiori rispetto
ai picchi delle altre reazioni: questo vuol dire che la reazione Deuterio-Trizio, rispetto
ad altre reazioni, è la più efficiente a basse temperature.
Analizziamo quindi più nel dettaglio le reazioni di fusione termonucleare più
promettenti per la produzione energetica.
➢ REAZIONE DEUTERIO-TRIZIO La reazione avviene secondo il seguente schema e con il seguente output energetico Q:
D + T → 5He → 4He + n (Q ≃ 17,59 MeV)
dove l'Elio 5, essendo un isotopo instabile, decade immediatamente nello stato finale.
Deuterio e Trizio sono due isotopi dell'Idrogeno. Il primo si può ottenere facilmente per
elettrolisi dell'acqua; da un metro cubo d'acqua si possono estrarre in questo modo circa
30 grammi di Deuterio, e pertanto è un combustibile praticamente inesauribile ed
equamente distribuito sulla superficie del pianeta. Il secondo è un elemento radioattivo
13
con tempo di dimezzamento pari a 12,4 anni, e pertanto non è presente in natura e va
appositamente prodotto per essere utilizzato come combustibile. Questo problema può
essere risolto considerando la reazione:
n + 6Li → 4He + T (Q ≃ 4,78 MeV)
Così, foderando la parete interna della camera di combustione con il Litio 6, di cui
esistono abbondanti scorte naturali più o meno equamente distribuite sul pianeta, si può
produrre in loco il Trizio necessario per la reazione.
Trascurando le energie iniziali dei reagenti (~ keV) rispetto al Q value della reazione (~
MeV), abbiamo che l'output energetico sarà dovuto interamente all'energia cinetica dei
prodotti:
12
mHe υHe2 1
2mn υn
2≃Q
Trascurando ancora il moto dei reagenti, nello stato finale, per conservazione
dell'impulso, gli impulsi saranno circa uguali ed opposti:
mHe υ He≃mn υn
Combinando queste due equazioni si ottiene quindi che:
12
mHe υ He2
12 mnυn
2≃
mnmHe
≃0,25
Abbiamo quindi che l'Elio 4 assorbe il 20% dell'energia totale prodotta, mentre il
neutrone assorbe l'80%; pertanto l'energia prodotta è cosi divisa:
D + T → 4He (3,52 MeV) + n (14,07 MeV)
Volendo confinare il combustibile che si trova nello stato di plasma per via magnetica,
possiamo osservare che con questa reazione si può contenere nel reattore solo il 20%
dell'energia totale prodotta (3,52 MeV), mentre il resto dell'energia abbandona la
camera di combustione e potrà essere recuperata solamente in parte attraverso processi
di urto in moderatori con conseguente conversione dell'energia cinetica in calore.
14
Mantenere il più possibile l'energia all'interno della camera di combustione è una
condizione fondamentale, come vedremo, per mantenere il plasma a temperature
termonucleari senza dover ricorrere ad un sistema di riscaldamento, il ché va a beneficio
dei bilanci energetici.
Inoltre esiste un secondo elemento da considerare: la pioggia di neutroni sulle strutture
del reattore, a lungo andare, provocherà una leggera radioattivazione delle strutture
stesse; si tratta comunque di una radioattività debole e che si può considerare totalmente
esaurita in un tempo nell'ordine dei 50 anni (diversamente dagli scarti della fissione
termonucleare).
➢ REAZIONE DEUTERIO-DEUTERIO La reazione Deuterio-Deuterio può avvenire in tre diversi modi:
1 - D + D → 4He + γ (Q ≃ 23,85 MeV)
2 - D + D → 3He + n (Q ≃ 3,27 MeV)
3 - D + D → T + p (Q ≃ 4,03 MeV)
La prima reazione ha un sezione d'urto bassissima e trascurabile rispetto alle sezioni
d'urto tipiche della reazione Deuterio-Trizio (~ barn); inoltre la maggior parte
dell'energia della reazione è portata via in energia cinetica dal raggio γ, energia che sarà
trasformabile in energia termica in modo ancor meno efficiente rispetto al caso del
neutrone della reazione D-T, essendo tale tipo di radiazione altamente penetrante.
La reazione 2 e 3 invece avvengono con probabilità circa uguali, e la somma delle loro
sezioni d'urto è riportata nel grafico di pagina 13: si vede chiaramente coma tale sezione
d'urto, a basse energie, sia decisamente inferiore alla sezione d'urto della reazione
Deuterio-Trizio. La divisione dell'energia dei prodotti delle reazioni 2 e 3 è riportata qua
di seguito, ed è stata ricavata in modo analogo a quanto fatto per la reazione D-T:
2 - D + D → 3He (0,66 MeV) + n (2,61 MeV)
3 - D + D → T (1,00 MeV) + p (3,03 MeV)
E allora si può osservare chiaramente come la reazione 2 presenta le stesse
15
problematiche della reazione D-T (salvo l'approvvigionamento di Trizio), ma è meno
energetica e ha sezione d'urto minore.
La reazione 3 invece ha il vantaggio di produrre solo prodotti carichi, che quindi
possono essere tutti contenuti magneticamente all'interno della camera di combustione,
senza perdite energetiche da questo punto di vista. Vista comunque la sua bassa sezione
d'urto, la reazione D-D è molto meno studiata della reazione D-T; eventualmente potrà
essere una valida sostituta della reazione D-T se e quando si sarà in grado di mantenere
stabilmente plasmi a temperature superiori, dove le sezioni d'urto delle due reazioni
diventano paragonabili. Tuttavia allo stato attuale delle ricerche e delle tecnologie
disponibili, la reazione con il Trizio è maggiormente energetica.
➢ REAZIONE DEUTERIO-ELIO 3 La reazione tra Deuterio e l'Elio 3 avviene secondo il seguente schema:
D + 3He → 4He + p (Q ≃ 18,35 MeV)
e seconda la seguente suddivisione energetica dei reagenti:
D + 3He → 4He (3,67 MeV) + p (14,68 MeV)
Allora si può osservare che la reazione Deuterio-Elio 3 è molto vantaggiosa: non c'è
produzione di neutroni, e quindi non c'è attivazione delle strutture del reattore; inoltre
tutti i prodotti sono carichi e quindi possono essere confinati magneticamente all'interno
della camera di combustione, con grande beneficio per i bilanci energetici di fusione. In
particolare l'energia disponibile in prodotti carichi in questa reazione è circa 5 volte
superiore a quella Deuterio-Trizio. Tuttavia la fusione dei nuclei di Deuterio e di Elio
presenta una grande barriera coulombiana, e conseguentemente per innescare la fusione
sono necessarie temperature circa 6 volte maggiori rispetto alle temperature della
reazione Deuterio-Trizio.
Se e quando si sarà in grado di produrre e confinare plasmi a tali temperature, allora la
reazione Deuterio-Elio 3 potrà essere un'ottima sostituta della reazione Deuterio-Trizio,
garantendo una resa energetica molto superiore; tuttavia allo stato attuale delle ricerche
e delle tecnologie disponibili tale reazione non è conveniente. Inoltre l'3He è
16
estremamente raro sulla terra, mentre è presente in una certa quantità nel suolo Lunare.
1.3 - Confinamento di plasmi termonucleariSi è dimostrato come la reazione di fusione termonucleare Deuterio-Trizio
D + T → 4He + n
sia quella che fornisca la maggior resa energetica nelle condizioni fisiche che la
tecnologia oggi disponibile ci permette; si è anche visto che perché in una miscela di
Deuterio e Trizio si inneschino reazioni di fusione nucleare sono necessarie energie
nell'ordine dei 10 keV, e quindi temperature nell'ordine dei 100 milioni di gradi K. Ad
una tale temperatura la materia si presenta nello stato fisico di plasma.
Il principale problema tecnologico nella realizzazione della fusione termonucleare è
come scaldare, mantenere stabile, e confinare un plasma a queste elevate temperature.
Sono noti tre modi per confinare plasmi termonucleari:
• confinamento gravitazionale
È il meccanismo di confinamento che si verifica nelle stelle: gli enormi campi
gravitazionali provocati dalle immense masse in questione, mantengono il plasma
confinato; le forze sono di tale intensità da permettere che all'interno della stella si
raggiungano pressioni e temperature così elevate che si innescano reazioni di fusione
termonucleare. Ovviamente tale tipo di confinamento non è riproducibile in laboratorio
visto il modesto campo gravitazionale terrestre se paragonato a quello delle stelle.
• confinamento inerziale
Il confinamento inerziale si basa sul principio della compressione di un piccolo volume
di combustibile nucleare. Nella pratica, un piccolo involucro contenente una goccia di
alcuni millimetri di diametro composta da una miscela di Deuterio e Trizio, viene
bombardata contemporaneamente da molteplici direzioni da fasci laser di grande
intensità (~ MJ) per brevissimi tempi (~ 10 ns). In questo modo si genera l'ablazione
17
dello strato superficiale della microsfera di combustibile, che quindi implode. Durante
l'implosione si raggiungono densità e temperature così elevate che si innesca la fusione
nucleare, con grande liberazione di energia sotto forma di calore. La fusione dura per il
tempo in cui l'inerzia dei nuclei stessi li tiene uniti, e cioè pochi istanti (~ ns). Quando la
microsfera di combustibile torna ad espandersi per le pressioni interne, raffredda, e
quindi cessa la fusione. La macchina a fusione per confinamento inerziale è quindi una
macchina a funzionamento pulsato, e per la produzione energetica dovrebbe ripetere
questo ciclo alcune volte al secondo. Esistono al mondo alcuni esperimenti basati su
questa tecnologia, ma le modeste energie sprigionate dalle reazioni di fusione che
durano per tempi così brevi, non compensano nemmeno lontanamente l'energia
necessaria per produrre fasci laser di tale energia.
• confinamento magnetico
Il confinamento magnetico è stata la prima tecnologia ad essere studiata (a partire dalla
seconda metà degli anni '50) per il contenimento dei plasmi termonucleari, e tali studi
rientravano nel più ampio quadro delle ricerche nel campo della fusione termonucleare
per scopi civili; ricerche sulla fusione erano già state condotte negli Stati Uniti e
nell'Unione Sovietica durante i primi anni '50, e culminarono nei test atomici Ivy Mike
(USA) nel 1952 e di RDS-37 (URSS) nel 1955.
Lo scopo delle ricerche era quello di mettere a punto un sistema di confinamento basato
sull'utilizzo di campi magnetici e in grado di confinare efficacemente plasmi a
temperature e densità termonucleari per tempi sufficientemente lunghi. Un
confinamento di tipo convenzionale meccanico infatti non è possibile: le pareti della
camera di combustione dovrebbero essere a temperature notevolmente più basse della
temperatura del plasma, e quindi un contatto
provocherebbe una fuga di energia dal plasma e
contemporaneamente vasti e gravi danni alla struttura
di contenimento stesso. Il confinamento magnetico
permette di contenere il plasma in regioni limitate
senza bisogno di un contenimento meccanico,
18
sfruttando il principio per cui le particelle cariche componenti il plasma si muovono in
traiettorie elicoidali intorno alle linee di campo, e non nel modo caotico tipico
dell'agitazione termica, impedendo quindi il contatto tra il plasma e le superfici limitanti
la camera di combustione. Per chiudere il sistema, dopo aver studiato strutture più
semplici, ma non soddisfacenti, si optò per chiudere le linee di campo su se stesse in una
forma toroidale.
Il risultato finale è quello di ottenere una struttura a toro in cui il campo principale
toroidale è prodotto da una serie di bobine in cui vengono fatte circolare forti correnti,
come schematizzato nella figura sottostante.
Un campo magnetico di questo tipo presenta due disuniformità: una in modulo dovuta al
fatto che per il teorema di ampere il campo generato dalle spire seguirà un andamento
1/r, e una in direzione dovuta alla curvature delle linee di campo. Si può dimostrare che
tali disuniformità nel campo magnetico generano dei moti di deriva nelle traiettorie
delle particelle[3], derive che possono essere controllate con l'introduzione di un campo
magnetico giacente sulla superficie della sezione poloidale del toro, come mostrato in
figura.
Tale campo viene prodotto facendo circolare all'interno di una bobina lungo l'asse
principale del toro una corrente variabile monotonamente. In tal modo la bobina funge
19
da circuito primario e il plasma da circuito secondario, e quindi al suo interno è indotta
una corrente toroidale (freccia rossa), la quale a sua volta genera il campo poloidale. Il
campo magnetico risultante sarà generato dalla combinazione di questi due campi, e
quindi sarà costituito da eliche che si avvolgono sulla superficie toroidali, e le particelle
seguiranno traiettorie elicoidali intorno a tali linee di campo. Il campo magnetico
risultante è mostrato nella figura sottostante;
Un campo così costituito non è ancora in grado di confinare in modo stabile il plasma [3]:
infatti il campo poloidale presenta delle disuniformità in modulo tra la regione più
interna e la regione più esterna, e il plasma necessita quindi di un confinamento
verticale, prodotto con bobine che avvolgono la macchina a confinamento in modo
coassiale all'asse principale del toro. L'insieme di tutti gli elementi che forniscono il
confinamento magnetico è presentato nell'immagine seguente:
20
Nella figura sottostante è presentato il risultato finale della superficie generata dalle
linee di campo.
Una macchina di questo tipo prende il nome di Tokamak, acronimo in russo per camera
toroidale con bobine magnetiche (TOroidal'naya KAmera MAgnitnymi Katushkami), e
il primo prototipo fu elaborato in Unione Sovietica nel 1957 da Sakharov e Tamm.
Poiché la variazione di corrente nella bobina centrale deve essere monotona, tale
variazione può durare per un tempo finito, e quindi il campo poloidale esisterà per un
tempo finito: il Tokamak è quindi una macchina a funzionamento impulsato.
Parallelamente, negli stessi anni, negli Stati Uniti fu elaborata da Spitzer una macchina
analoga, che producendo un campo magnetico toroidale e poloidale con la stessa
bobina, poteva avere un funzionamento continuo. Tale macchina è detta Stellarator, e lo
schema delle sue bobine è presentato qua di seguito in due possibili configurazioni:
Si può notare chiaramente come la struttura Tokamak risulti molto più semplice e
modulare, e quindi più economica. Inoltre le macchine Stellarator, proprio in ragione
della loro complessità, non permettono il controllo del plasma ad elevate pressioni
magnetiche in modo altrettanto efficace ai Tokamak. Per questi motivi i maggiori sforzi
di ricerca si concentrano su macchine di tipo Tokamak; nel mondo sono comunque
presenti esperimenti su macchine di tipo Stellarator (W7-X, NCS).
21
1.4 - Il Tokamak ITERIl progetto ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor) si colloca nel più
ampio disegno del programma di ricerca sulla fusione nucleare dell'Unione Europea. Il
progetto precedente, JET (Joint European Torus), costruito per studiare il plasma in
condizioni termonucleari, ha dimostrato la fattibilità tecnica e scientifica della reazione
di fusione nucleare, generando e controllando per la prima volta una reazione di fusione
termonucleare tra Deuterio e Trizio nel 1991; inoltre JET ha permesso di verificare e
collaudare tecniche e materiali che verranno ampiamente utilizzati in ITER. Il Tokamak
JET, tra gli altri record raggiunti, ha quasi raggiunto il paraggio energetico tra potenza
in ingresso e potenza in uscita, mantenendo per tempi maggiori di 30s Q ≃ 0,5 e
raggiungendo Q ≃ 0,94[4].
Il progetto ITER, partendo da questi presupposti, dovrà dimostrare di poter generare e
mantenere, per tempi di circa 20 minuti, una reazione di fusione nucleare che generi più
energia di quanta ne venga consumata per mantenere il plasma nelle condizioni
necessarie perché la fusione avvenga, validando e se possibile incrementando le attuali
conoscenze sulla fisica del plasma. I lavori di costruzione dell'impianto, iniziati nel
2006, saranno completati nel 2012, e secondo la tabella di marcia, il primo plasma sarà
prodotto nel 2019 (secondo il calendario pubblicato dalla IAEA[5]).
Le caratteristiche principali del reattore ITER saranno le seguenti:• Altezza edificio: 24 m • Larghezza edificio: 30 m • Raggio esterno Tokamak: 6,2 m • Raggio interno Tokamak: 2 m • Temperatura del plasma: ≃ 2 · 108 K (20 keV)• Potenza in uscita: ~ 500 - 700 MW • Volume di plasma: 837 m³ • Campo magnetico sull'asse toroidale: 5,3 T • Durata dell'impulso di fusione: > 600 s • Rendimento: Q > 10
22
La road map delle ricerche sulla fusione dell'EU prevede, se ITER dovesse dare i
risultati attesi, la costruzione di DEMO (DEMOnstration power plant), impianto pilota
della prima centrale elettrica a fusione nucleare, che avrà lo scopo di dimostrare la
possibilità di produrre energia elettrica nelle condizioni tipiche di un reattore
commerciale, in particolare raggiungendo rendimenti nettamente superiori a quelli di
ITER. Inoltre sonderà la capacità delle strutture del reattore di resistere ai carichi
energetici provocati dal plasma termonucleare per lungi periodi (almeno 10 anni).
DEMO, secondo le stime attuali, genererà circa 2 GW di potenza elettrica, cioè come
una grossa centrale a fissione nucleare, e sarà operativo a partire dal 2033[5].
Sull'impianto pilota DEMO sarà successivamente costruita la prima vera e propria
centrale elettrica commerciale PROTO, che avrà lo scopo di dimostrare la possibilità di
generare energia elettrica in quantità
compatibili con le aspettative, e
soprattutto dimostrare che il costo di tale
energia sarà concorrenziale con quello
dell'energia prodotta in modo
convenzionale. La messa in funzione di
tale impianto è prevista per non prima
del 2060[5].
23
2 - SEZION I D'URTO PER LE REAZIONI DI FUSIONE Lo studio sperimentale delle sezioni d'urto di fusione tra nuclei, fin dai primi anni di
ricerca sulla fusione termonucleare (anni '40), ha rivestito un'importanza fondamentale.
In particolare ha permesso di determinare quale fosse la reazione più vantaggiosa ai fini
della produzione energetica, e in quale range di energie. Tale studio sperimentale è
continuato negli anni con la raccolta di dati sempre più completi e precisi; In particolare
si farà qua riferimento al database aggiornato a febbraio 2011 Evaluated Nuclear Data
File (ENDF), libreria B VII.0, del National Nuclear Data Center[6]. Si tratta di un
database non puramente sperimentale: i valori riportati sono matematicamente ricavati
per mezzo di opportune medie sui numerosi
dati sperimentali disponibili, e dalle relative
interpolazioni. Le sezioni d'urto derivate da
tale database per le principali reazioni di
fusione sono riportata nel grafico a lato.
Tale grafico è costruito in funzione
dell'energia della particella proiettile (a),
che urta su una particella bersaglio a riposo
(b). In qualunque momento è possibile
passare alle energie del centro di massa
della reazione mediante la relazione:
ECM=mb
mambEproiettile
Dal grafico è inoltre evidente come la sezione d'urto presenta una forte dipendenza
dall'energia relativa delle particelle interagenti. La caratteristica forma di questa curve si
spiega osservando che perché possa avvenire la fusione, le particelle si devono
avvicinare fino a una distanza sufficiente a far attivare le forze nucleari a corto range,
superando quindi la barriera di potenziale a lungo range dovuta alla repulsione
elettrostatica; a tal fine, per effetto tunnel, non è necessario che le particelle abbiano
effettivamente un'energia superiore al picco della barriera coulombiana. Allora,
maggiore sarà l'energia relativa e maggiore sarà la possibilità di effetto tunnel e quindi
24
di fusione; per contro, quando l'energia aumenta troppo la sezione d'urto diminuisce
poiché diminuisce il tempo di interazione tra le particelle. Da qui la tipica forma a
campana delle sezioni d'urto.
Dall'osservazione dell'andamento delle
sezioni d'urto possiamo affermare che la
reazione tra Deuterio e Trizio è la
reazione con sezione d'urto maggiore a
piccole energie tra quelle considerate;
questo implica che a tale reazione è
associata una considerevole produzione
energetica già a basse temperature.
Come già accennato nel paragrafo 1.2, sono proprio queste considerazioni sulla minore
temperatura di innesco della reazione Deuterio-Trizio ha renderla la reazione
maggiormente utilizzata nei moderni impianti di ricerca sulla fusione nucleare.
La conoscenza della sezione d'urto per le reazioni di fusione nei moderni impianti dove
si svolgono esperimenti di fusione nucleare è indispensabile anche per un altro motivo:
la diagnostica del plasma passa attraverso misure del tasso di reazione, a sua volta
funzione della sezione d'urto. Per poter quindi controllare efficacemente il plasma, è
necessario conoscere la sezione d'urto per la fusione dei combustibili utilizzati.
Convenzionalmente, si fissa in 5% il limite superiore alla discrepanza accettata tra il
modello matematico descrivente l'andamento della sezione d'urto e i dati sperimentali.
25
0 50 100 150 200 250 3001,00E-04
1,00E-03
1,00E-02
1,00E-01
1,00E+00
1,00E+01D-TD-D
Energia proiettile[Kev]
σ[Barns]
2.1 - Parametrizzazione della sezione d'urto di fusioneGeneralmente, quando si deve parlare di sezioni d'urto non sono tanto i dati sperimentali
ad essere usati, ma piuttosto le parametrizzazioni semi-empiriche basate sui dati
sperimentali raccolti. L'utilizzo di una parametrizzazione comporta numerosi vantaggi,
tra i quali disporre di un modello matematico utilizzabile in eventuali calcoli analitici.
L'approccio teorico alla modellazione della sezione
d'urto passa attraverso lo studio quanto-meccanico
dell'interazione di due nuclei con numero atomico Z1 e Z2 (nel nostro caso un nucleo di Deuterio che
collide con un nucleo di Trizio a riposo nel sistema di
riferimento del laboratorio), che, ostacolati dalla
presenza della forza repulsiva coulombiana, devono
avvicinarsi fino a una distanza nell'ordine dei 10-15m,
distanza di interazione della forza nucleare.
Il problema può essere studiato come combinazione di due problemi distinti: una prima
parte di avvicinamento dei due nuclei ostacolato dalla forza elettrostatica repulsiva, e
una secondo fase in cui avviene effettivamente la reazione nucleare di fusione. Il calcolo
rigoroso della sezione d'urto prevede la soluzione del problema quantistico mediante la
risoluzione dell'equazione di Schrödinger: una parziale soluzione analitica è fornita dai
calcoli di Flügge e Pruett[7], ma le difficoltà matematiche non permettono di pervenire
ad una soluzione analitica completa.
Si può ottenere una soluzione approssimata per energia cinetica relativa dei nuclei
coinvolti minore della barriera di potenziale (circa 400 keV per la reazione Deuterio-
Trizio): in questo caso, infatti, la fase di reazione nucleare di fusione non contribuisce
sostanzialmente alla sezione d'urto totale, che viene quindi a essere determinata solo
dalla presenza della barriera di potenziale coulombiana; in altre parole, qualunque
coppia di nuclei che si avvicina a distanza di interazione della forza nucleare forte, si
fonde. La sezione d'urto del problema è quindi, nell'approssimazione di energie minori
della barriera di potenziale, la sezione d'urto di penetrazione della barriera di potenziale
26
dovuta all'effetto tunnel quantistico.
Assumendo un potenziale coulombiano molto
semplificato come quello riportato nello
schema, si vuole determinare la probabilità per
cui una particella sopraggiungente da +∞
(regione A) attraversi la barriera di potenziale
(regione B) e penetri nella regione C; L è lo
spessore della barriera di potenziale.
Procediamo quindi con la risoluzione dell'equazione stazionaria unidimensionale di
Schrödinger
− ℏ2
2μd2ψ r
dr2V r ψ r =Eψ r
associata a questo potenziale per il caso particolare E < V0, poiché vogliamo considerare
una particella con energia minore della barriera di potenziale. Dobbiamo quindi
risolvere il sistema
d2ψ r dr2
=−2μℏ2
Eψ r nelle regioni A e C
d2ψ r dr2
=−2μℏ2E−V 0ψ r nella regione B
dove μ è la massa ridotta del sistema.
La soluzione analitica del problema ci permette di definire il coefficiente di trasmissione
T che esprime quanta parte dell'onda materiale passa attraverso la barriera di potenziale,
cioè la probabilità di effetto tunnel , secondo l'equazione
T=[1V 0
2
4 E V 0−E sinh2βL]
−1
, dove β= 2μV 0−Eℏ2Nel limite di basse energie, cioè con E
T= EEbV 0
2 , dove b=μL2
2ℏ2
Questo risultato è una forte approssimazione, poiché l'ipotesi di partenza di barriera
rettangolare è una forte approssimazione del caso fisico reale.
Una trattazione più rigorosa del problema può
essere svolta utilizzando il potenziale dello
schema a lato, che evidenzia la presenza della
barriera coulombiana descritta da:
V r =Z1 Z2 e
2
4πε0 r=C
rper r > r0,
e della buca di potenziale della forza nucleare
V(r) = V* per r > r0.
Teoricamente bisognerebbe anche considerare che il potenziale elettrostatico generato
da una carica in un plasma non ha il caratteristico andamento coulombiano ~ 1/r, ma si
presenta con un andamento esponenzialmente smorzato, secondo l'equazione:
V r =qr
e− rλD
dove λD è la lunghezza di Debye del plasma (cfr. appendice A.2)
Considerare tale tipo di potenziale porta ad una notevole complicazione nei calcoli, ma
non a una sostanziale differenza nel risultato numerico finale; tale trattazione verrà
pertanto tralasciata, considerando sempre un potenziale puramente coulombiano.
Poiché il coefficiente di trasmissione per barriera rettangolare, nell'approssimazione
V0 →∞, può essere scritto come (sviluppando il seno iperbolico):
T≈e−2L 2μℏ2 V 0−E dove L è lo spessore della barriera, e poiché la barriera dello schema
può essere considerata come una successione di barriere rettangolari di spessore
28
infinitesimo, possiamo scrivere il coefficiente di trasmissione come [2]:
T=e−γ , dove γ=2ℏ ∫r0
C /E
dr 2μ [V r −E ] (si ricorda la sostituzione C=Z1Z2e2/4πε0)
Sostituendo in tale formula generale l'espressione esplicita del potenziale considerato
otteniamo:
γ=2ℏ ∫r0
C /E
dr 2μ [Cr −E] , che nel limite per r0 → 0 da γ= παZ1 Z22μE , dove α è la costante di struttura fine e2/ħc.
Si ha quindi che:
T=e
−παZ 1 Z 22μ
E =e−
BGE
Tale fattore di trasparenza viene detto fattore di trasparenza Gamow, e BG è detta
costante di Gamow.
Tenendo anche conto della natura quantistica dell'urto nucleare, bisogna aggiungere un
fattore 1/k2 ∽ 1/E, tipico delle sezioni d'urto delle reazioni nucleari di canale S. Ne consegue che la forma completa della sezione d'urto per un processo di fusione
nucleare, considerando un nucleo a riposo bombardato da un altro nucleo con energia E
minore della barriera di potenziale è data da:
T∝σ= AE⋅e−
BG E (2.1)
dove A è un opportuno coefficiente di proporzionalità da determinarsi con una
operazione di fitting sui dati sperimentali. Ricordiamo che questa formula è ricavata in
approssimazione E
In particolare, risentendo dell'inadeguatezza del fattore di Gamow per la descrizione di
fenomeni ad alte energie, le curve presentano le discrepanze maggiori con i dati
sperimentali proprio nella regione ad energia maggiore.
Anche altri autori hanno ripreso il lavoro svolto per primo da Gamow nel 1928, creando
forme di parametrizzazione sempre basate sul fattore di trasparenza Gamow (Post,
Glasstone, Rose, e Artsimovich[8]), ma nessuno con eccellenti risultati.
Per migliorare la compatibilità del modello matematico per la sezione d'urto con i dati
sperimentali, si è introdotta la funzione S(E) in luogo della costante A, e
conseguentemente la sezione d'urto assume la forma:
30
0 200 400 600 800 1000 12001,00E-04
1,00E-03
1,00E-02
1,00E-01
1,00E+00
1,00E+01
1,00E+02T(d,n)4He
SigmaSperimentaleThompson
Energia[Kev]
σ[barns]
0 200 400 600 800 1000 12001,00E-04
1,00E-03
1,00E-02
1,00E-01
1,00E+00
1,00E+01
1,00E+02D(d,p)T U D(d,n)3He
Sigma sperimentaleThompson
Energia[Kev]
σ[barns]
σ=S E E⋅e−
BG E
L'introduzione di questa funzione permette di fattorizzare la sezione d'urto in tre fattori.
La forte dipendenza energetica è racchiusa nei termini 1/E e nel fattore esponenziale
decrescente, mentre S(E) è una funzione lentamente variabile con l'energia. Il fattore
esponenziale è il coefficiente di trasparenza della barriera, il fattore 1/E deriva dalla
natura quantistica dell'urto tra i due nuclei, mentre la funzione S(E), detta fattore
astrofico S, è associata alle forze nucleari specifiche della reazione, e viene determinata
sperimentalmente per ogni reazione come formula inversa della sezione d'urto:
S E=σ⋅E⋅eBGE
Alcuni autori, per cercare di superare i limiti imposti dall'utilizzo del fattore di
trasparenza di Gamow, cioè per cercare di estendere la validità della formula anche a
regioni ad energia maggiore, hanno proposto una parametrizzazione con il più generale
fattore di trasparenza della barriera coulombiana di Mott, il cui limite a basse energie è
la forma di Gamow:
σ=S E E⋅ 1
eB GE−1
Per avere una dimostrazione limite della maggior fedeltà della forma di Mott, basti
considerare che per E → ∞ la forma di Gamow restituisce una probabilità tendente a
zero (in palese disaccordo con l'evidenza sperimentale e con le predizioni intuitive)
mentre la forma di Mott tende a 1 (al netto di S(E)).
In ogni caso, è consuetudine utilizzare la parametrizzazione della sezione d'urto
semplicemente come artificio per avere un modello matematico in accordo con i dati
sperimentali, quindi non è tanto importante la forma utilizzata, quanto che
effettivamente fitti i dati sperimentali con buona precisione. Talune parametrizzazioni
infatti continuano ad usare la penetrabilità di Gamow, inserendo i dovuti termini
correttivi nella funzione S(E), che in quest'ottica non assume alcun significato fisico, se
non quello di implementare tutti i fattori non contenuti nel prodotto del fattore
31
geometrico 1/E con il fattore di trasparenza della barriera coulombiana. Il fattore
astrofisico S viene quindi utilizzato come una sorta di fattore di normalizzazione: la
determinazione della funzione S(E) è sempre sperimentale. Infatti, a parte per alcune
particolari reazioni nucleari, la fisica nucleare della reazione non è perfettamente nota e
non esistono modelli per descriverla.
Per dare un'idea della versatilità dell'utilizzo del fattore astrofisico S, si pensi ad
esempio che in presenza di urti altamente energetici, si continua ad usare la forma di
Gamow, inserendo tutti termini di correzione dentro alla funzione S(E), determinata
sperimentalmente. Con questo sistema si è potuto parametrizzare efficacemente sezioni
d'urto per urti fino a 5MeV con buona precisione.
Le varie parametrizzazioni proposte nel corso degli anni sono sempre state nelle due
forme qua evidenziate (Gamow e Mott), e si distinguono solo per il tipo di
parametrizzazione assegnata alla funzione S(E).
2.2 - Parametrizzazione di Duane (NRL plasma formulary)Duane, nel 1972, ha utilizzato per la sua parametrizzazione[11] il fattore di trasparenza di
Mott, e ha approssimato la funzione S(E) come una somma di una costatante e un
termine di risonanza alla Breit-Wigner:
σ=[A2
1A3 E−A42A5]⋅
1
E eA1E−1
(2.2)
dove E è l'energia della particella incidente. I 5 parametri liberi della formula sono
determinati attraverso la tecnica dei minimi quadrati sui dati sperimentali. Tale formula
è la stessa riportata nel famoso handbook “NRL Plasma formulary”[12] edito dal Naval
Research Laboratory.
Questo tipo di parametrizzazione ha un buona compatibilità con i dati sperimentali,
mostrando delle discrepanze solo per basse energie. La sua fedeltà nel riprodurre la
realtà sperimentale, unita alla sua relativa semplicità analitica la rendono una formula
32
ampiamente utilizzata ancora oggi.
Nei grafici seguenti è mostrata la sovrapposizione tra i dati sperimentali e il modello di
Duane per le reazioni Deuterio-Trizio e Deuterio-Deuterio (somma dei due possibili
canali di reazione).
Il limite più importante di questa formula è che basa la parametrizzazione della funzione
S(E) sulla teoria delle risonanze di Breit-Wigner[13], inadatta a trattare la fusione tra
nuclei leggeri, essendo stata creata per studiare la fissione di nuclei pesanti e medi,
negli anni in cui gli studi sui reattori a fissione dominavano questo campo delle
ricerche. In particolare la teoria di Breit-Wigner prevede che il decadimento del nucleo
composto avvenga in totale indipendenza dal canale di formazione dello stesso nucleo,
approssimazione valida solo fin tanto che sono coinvolti nuclei pesanti e urti altamente
energetici, cioè le condizioni opposte a quelle usate per le reazioni di fusione. Infatti la
33
0 200 400 600 800 1000 12001,00E-04
1,00E-03
1,00E-02
1,00E-01
1,00E+00
1,00E+01
1,00E+02
Sigma sperimentaleNRL plasma formulary
Energia[Kev]
σ[barns] D(d,p)T U D(d,n)3He
0 200 400 600 800 1000 12001,00E-04
1,00E-03
1,00E-02
1,00E-01
1,00E+00
1,00E+01
1,00E+02T(d,n)4He
SigmaSperimentaleNRL plasma formulary
Energia[Kev]
σ[barns]
formula di Duane presenta la discrepanze maggiori (nell'ordine del 6%) con i dati
sperimentali principalmente per basse energie (da 20 keV a scendere), dove vengono
meno in modo più pronunciato le ipotesi del modello di Breit-Wigner.
Un secondo problema di questo tipo di parametrizzazione è che considera il fattore di
Gamow come un parametro libero da determinarsi mediante un'operazione di fitting sui
dati sperimentali, valore che viene così a differire sensibilmente dal suo valore teorico.
Ciò non di meno, abbiamo detto come cerchiamo una formula che interpoli in modo
soddisfacente i dati sperimentali, anche a scapito del fondamento fisico del modello.
Pertanto, garantendo un buon accordo con i dati sperimentali, la parametrizzazione di
Duane è una formula molto utilizzata ancora oggi.
2.3 - Formula di Peres e parametrizzazione di Bosch e HaleLa formula di Peres[14] impiega il fattore di trasparenza di Mott, come la formula di
Duane, ma per determinare la funzione S(E) utilizza un polinomio in espansione di
Padé, con il seguente risultato:
σ=A1E A2E A3E A4EA51E B1E B2E B3EB4
⋅ 1
E eB GE−1
dove E in questo caso è l'energia disponibile nel centro di massa della reazione.
I 9 parametri liberi di questa formula sono determinati attraverso la tecnica dei minimi
quadrati sui dati sperimentali. Una parametrizzazione di questo tipo non mostra nessuna
significativa deviazione dai dati sperimentali, dimostrando che tale parametrizzazione
per la funzione S(E) è soddisfacente per molte reazioni e per un ampio intervallo
energetico.
Sfruttando l'ottima parametrizzazione per la funzione S(E) utilizzata per la prima volta
da Peres, nel 1992 Bosch e Hale proposero una forma di parametrizzazione[15] della
sezione d'urto del tipo:
34
σ= A1E A2E A3E A4EA51E B1E B2E B3EB4⋅1
Ee−
BG E (2.3)
basata quindi sul fattore di trasparenza di Gamow (E continua ad essere l'energia
disponibile nel centro di massa della reazione).
Le ragioni dell'introduzione di questa formula, sostanzialmente simile a quella proposta
da Peres 13 anni prima, risiedono nel fatto che nei primi anni '90 si erano resi
disponibili nuovi e migliori dati sperimentali (dalle misurazioni effettuate nei laboratori
di Los Alamos [16]), non sempre in accordo (entro i limiti della precisione richiesta) con
quelli precedentemente disponibili; inoltre a partire dagli anni '70 la tecnica di
valutazione dei parametri liberi basata sull'approccio di Wigner e Eisenbud alla R-
Matrix Theory[17], era diventata sempre più precisa e affidabile, permettendo una nuova
e più accurata determinazione dei 9 parametri liberi per la funzione S(E).
L'analisi attraverso la R-Matrix Theory dell'enorme mole di dati sperimentali
disponibili, ha permesso quindi una parametrizzazione della funzione S(E), che,
applicata nel modello, ha creato una delle più efficaci parametrizzazioni mai proposte.
Il confronto tra i dati sperimentali e il modello di Bosch e Hale è riportato nei due
grafici qua di seguito per la reazione Deuterio-Trizio e Deuterio-Deuterio:
35
0 100 200 300 400 500 600 7001,00E-04
1,00E-03
1,00E-02
1,00E-01
1,00E+00
1,00E+01
1,00E+02T(d,n)4He
SigmaSperimentaleR-matrix Theory
Energia[Kev]
σ[barns]
La R-Matrix Theory fornisce risultati assolutamente compatibili con i dati sperimentali
all'interno del range energetico di nostro interesse: in particolari, in tale range, si
registrano deviazioni da dati sperimentali che vanno dal 1,9% per la reazione D-T al
2,5% per la reazione D-D, dentro quindi i limiti prefissati del 5%.
I grafici seguenti riportano, per le reazioni D-T e D-D, l'andamento del rapporto tra le
sezioni d'urto dei modelli fin ora ricavati e l'interpolazione dei dati sperimentali
costruita con la R-Matrix Theory.
36
0 100 200 300 400 500 6001,00E-04
1,00E-03
1,00E-02
1,00E-01
1,00E+00
1,00E+01
1,00E+02
Sigma sperimentaleR-matrix Theory
Energia[Kev]
σ[barns] D(d,p)T U D(d,n)3He
Si può immediatamente notare come la
serie di dati etichettata “this paper” e
corrispondente al modello di Bosch e
Hale sia pressoché costante sul valore
1, mentre le altre parametrizzazioni
oscillano notevolmente. In particolare
si noti il limite per le basse energie
della sezione d'urto di Duane (limite
derivante dai limiti del modello della
formula di Breit-Wigner )
Nonostante tutti i limiti del modello di Duane qua evidenziati, ancora oggi l'utilizzo di
questa parametrizzazione (comunque soddisfacente poiché genera discrepanze con i dati
sperimentali nell'ordine del 6%) è spesso preferito, per la sua maggior semplicità
analitica e il minor numero di parametri utilizzati, alla parametrizzazione di Bosch e
Hale (seppur abbiamo visto essere quasi perfetta); in particolar modo l'utilizzo della
parametrizzazione di Bosh in calcoli analitici diventa matematicamente complesso, e
spesso ingestibile.
É ancora da sottolineare che, mentre la parametrizzazione per il fattore astrofisico S di
Duane si basa su 5 parametri liberi da utilizzare in un modello fisico, le formule di Peres
e di Bosch si basano su 9 parametri liberi da inserirsi in un modello senza nessuna basa
fisica. Infatti, l'approssimante di Padè, è uno strumento matematico appositamente
creato per approssimare funzioni analitiche con funzioni razionali.
2.4 - Parametrizzazione di XingLo sviluppo di un ulteriore modello matematico non risponde alla necessità di
migliorare l'affidabilità del modello della R-Matrix Theory che è ottima, ma ha come
scopo quello di creare un formula con una solida base fisica.
37
Nel 2008 Xing, Qing, e Liu[18] hanno proposto una forma di parametrizzazione, una
delle ultime elaborate, che cerchi di superare i limiti dell'utilizzo del modello di Breit-
Wigner. Tale modello matematico garantisce un buon accordo con i dati sperimentali
alle basse energie, e contemporaneamente è sviluppato su una solida basa di studio
quanto-meccanico della reazione, senza importanti approssimazioni.
Xing, Qing e Liu hanno considerato un potenziale come nello schema a lato, costituito
però da una componente reale e una componente
immaginaria. Tale espediente ha come fine ultimo
quello di considerare nel processo di fusione una
particella proiettile che mantiene una “memoria”
della fase della sua funzione d'onda precedente
all'urto, condizionando la formazione dei prodotti
della reazione. Tale effetto è espressamente
trascurata dal modello di Breit-Wigner (che risulta
valido solo ad alte energie). In questo modo il
processo di tunneling e di fusione non possono
più essere considerati indipendenti.
Secondo la parametrizzazione di Xing (che considera solo l'onda incidente S,
compiendo quindi un'approssimazione per basse energie) la sezione d'urto per la fusione
tra nuclei leggeri si può esprimere come
σ E= πk2
1θ2
S E
con E energia della particella incidente,
e dove il fattore θ2 rappresenta la penetrabilità della barriera Coulombiana di Mott
θ2= 12πe
2πkac−1 , k= 2μEℏ2 è il numero d'onda per r > r0, con μ massa ridotta del
38
sistema, e ac=ℏ2
μZ1Z2e2 .
In tale modello il fattore astrofisico S è dato da[19]
S E=−4wi
w r2wi−1/θ
22
dove wi e wr sono la parte rispettivamente immaginaria e reale di
w=Ctgδ0
θ2=k1acCtg [k1 r0]−2 {ln [
2r0ac]2C
kac 2
12} , con
k1= 2μE−V r−iV iℏ2 il numero d'onda della funzione d'onda per r < r0, e C la costante di Eulero pari a 0,577216... .
δ0 è la differenza di fase della funzione d'onda S che si accumula nel processo di
fusione: riprendendo e apportando un sostanziale contributo al lavoro di Fowler del
1951[20], Xing Qing e Liu assumono che l'interazione della funzione d'onda della
particella proiettile con la buca di potenziale delle forze nucleari a corto range
(interazione comunque nota solo per alcune particolari reazioni) provochi due effetti:
un'accumulazione di una differenza di fase δ0 (dovuta all'attrazione forte delle forze
nucleari), e la trasformazione in un numero complesso di tale differenza di fase (dovuta
all'assorbimento della funzione d'onda incidente)[19]. Tale differenza di fase prende una
forma diversa a seconda del tipo di buca considerata: una buca rettangolare come quella
ipotizzata genera una differenza di fase come quella sopra scritta, che risulta controllata
da 3 parametri liberi: r0, Vr e Vi.
La complessa forma analitica di w si semplifica notevolmente se si considera che, nel
range di energie di nostro interesse, varia debolmente in funzione dell'energia, e quindi
può essere approssimata mediante l'uso di opportuna costanti:
w=C1C 2ElabiC 3 , dove con Elab si intende l'energia della particella proiettile, da
distinguersi da E energia disponibile nel centro di massa della reazione.
39
In questo modo, la sezione d'urto per fusione di nuclei leggeri per basse energie,
secondo la parametrizzazione di Xing, diventa:
σ E= π ℏ2
2μE1θ2⋅
−4C3C1C2 Elab
2C3−1/θ22
con le costanti C1, C2 e C3 da determinarsi attraverso il confronto con i dati sperimentali,
mediante la tecnica dei minimi quadrati, e con θ2, si ricorda, fattore di trasparenza di
Mott della barriera coulombiana.
Qua di seguito è mostrato l'accordo del modello di Xing con i dati sperimentali per le
reazioni Deuterio-Trizio e Deuterio-Deuterio:
40
0 200 400 600 800 1000 12001,00E-04
1,00E-03
1,00E-02
1,00E-01
1,00E+00
1,00E+01
1,00E+02
Sigma sperimentaleXing
Energia[Kev]
σ[barns] D(d,p)T U D(d,n)3He
0 200 400 600 800 1000 12001,00E-04
1,00E-03
1,00E-02
1,00E-01
1,00E+00
1,00E+01
1,00E+02T(d,n)4He
SigmaSperimentaleXing
Energia[Kev]
σ[barns]
Come si può anche evincere dai grafici, il modello di Xing è estremamente affidabile a
basse energie, dove il modello di Duane presentava le maggiori discrepanze (soprattutto
per la reazione Deuterio-Trizio). A energie più alte invece questo modello
(principalmente sempre per la reazione D-T) devia sensibilmente dai dati sperimentali,
proprio perché tra le sue ipotesi iniziali c'è il considerare urti poco energetici
(considerando la funzione d'onda della particella proiettile una funzione S). poiché il
nostro interesse risiede principalmente nel valutare la sezione d'urto a basse energie,
diciamo non superiori a 300 keV (la temperatura media del plasma prevista a ITER è di
20 keV ma alcune particelle nella coda superiore nelle distribuzione delle velocità
possono raggiungere i 300 keV), possiamo concludere che la parametrizzazione di Xing
in questo caso è più affidabile. Inoltre, ampliando i calcoli per funzione incidente P, e
quindi considerando anche energie della particella proiettile maggiori, l'accordo con i
dati sperimentali migliora notevolmente.
Effettuando un confronto tra le varie formule di parametrizzazione proposte per la
reazione Deuterio-Trizio, nell'intervallo energetico da 0 a 300KeV particolarmente
interessante per i nostri scopi verifichiamo quanto segue:
41
0 50 100 150 200 250 3000
1
2
3
4
5
T(d,n)4He
SigmaSperimentaleR-matrix TheoryNRL plasma formularyXing
Energia[Kev]
σ[barns]
Possiamo osservare che tutte le parametrizzazioni qua visualizzate concordano con i
dati sperimentali entro i limiti prefissati del 5% (nel caso della parametrizzazione di
Duane questo limite è leggermente superato per energie minori di 20 keV)
Una distinzione tra le formule proposte si può fare considerando la funzione S(E).
Possiamo infatti distinguere tra due tipi di parametrizzazione: la parametrizzazione di
Xing e la parametrizzazione di Duane sono basate su una funzione S(E) costruita
intorno ad una teoria fisica; la parametrizzazione di Peres e di Bosch invece sono basata
su una funzione S(E) costituita da una approssimante di Padè. É quindi del tutto naturale
che la funzione che introduce deviazioni dai dati sperimentali minori è proprio la
parametrizzazione di Bosch e Hale, con coefficienti calcolati mediante la R-Matrix
Theory, ma è anche evidente come il contenuto fisico di tale formula è minimo. Per
contro, l'obbiettivo delle formule di parametrizzazione è espressamente quello di
approssimare al meglio i dati sperimentali, eventualmente a discapito del fondamento
fisico della formula.
Tuttavia, come già evidenziato in precedenza, tra le caratteristiche ricercate nel modello
matematico della sezione d'urto, c'è anche una certa semplicità analitica, che renda la
formula facilmente spendibile in calcoli analitici. Per questo motivo la formula di
Duane, vista anche la sua comunque accettabile precisione (deviazioni non superiori al
6% dai dati sperimentali), è preferita alle altre parametrizzazioni, ed è ancora oggi
ampiamente utilizzata.
42
3 - TASSO DI REAZIONE e PRODUZIONE ENERGETICA DI UN PLASMA TERMONUCLEARE
Preliminarmente allo studio dei bilanci energetici di un plasma termonucleare, è ancora
necessario determinare il tasso di produzione energetica del plasma, ovvero la potenza
Pfus sviluppata per unità di volume dalle reazioni nucleari all'interno del plasma.
Tale tasso di produzione energetica sarà esprimibile, in generale, come il prodotto
dell'energia ε sviluppata da una singola reazione di fusione e il tasso di reazione R, cioè
il numero di reazioni di fusione che avvengono nel plasma per unità di tempo e per unità
di volume:
P fus=R⋅ε
dove Pfus è espresso in W/m3, ε in J, e il tasso di reazione R, conseguentemente, in 1/(s
m3).
Il tasso di reazione termonucleare, a sua volta, si può esprimere come la probabilità di
reazione tra una coppia qualunque di particelle, e il numero totale delle possibili coppie
esistenti:
R=n1 n2〈συ 〉 per particelle diverse
R= 14
n2 〈συ〉 per particelle uguali
dove gli n sono le densità delle particelle reagenti espresse in 1/m3, e conseguentemente
, probabilità di reazione tra una coppia qualunque di particelle, si esprimerà in
m3/s.
Vale quindi il risultato generale
R=ni n j
1δ ij2 〈συ 〉
Ci occuperemo solo della reazione Deuterio-Trizio, in quanto si è determinato essere le
più conveniente a basse temperature; pertanto considereremo sempre la forma per
particelle reagenti diverse.
43
Il fattore viene detto reattività, ed è il fattore incognito da determinarsi per poter
determinare il tasso di reazione R.
L'andamento delle misure sperimentali della
reattività è riportato qua a lato, sulla base dei
dati pubblicati negli archivi US Nuclear
Reaction Data Network (USNRDN); si tratta
di un database di principale interesse
astrofisico e i dati sono ottenuti su una
distribuzione di velocità dei reagenti di tipo
maxwelliano.
Nell'immagine a lato la reattività è graficata
in funzione della temperatura cinetica, ovvero
della temperatura espressa in termini di KBT.
Tale sostituzione è particolarmente utilizzata
e permette di esprimere la temperatura in
unità di misura dell'energia (nel nostro caso keV): esprimendo la costante di Boltzman
come KB = 8,6 · 10-5 eV/K, si ha che vale l'equivalenza
1eV≃11600K
D'ora in avanti, salvo diversa indicazione, ci si riferirà alla temperatura del plasma solo
in termini di energia termica, e pertanto esprimeremo la temperatura in keV.
Da un'osservazione preliminare dei dati sperimentali possiamo osservare come la
reazione che presenta una reattività maggiore a basse temperature è indubbiamente la
reazione Deuterio-Trizio. Inoltre è possibile osservare che la reattività per tale reazione
è piccata nella zona intorno ai 100 keV, e ciò discende dalla risonanza della sezione
d'urto per il processo di fusione proprio in tale zona energetica.
La reazione Deuterio-Trizio, garantendo una maggior reattività, offrirà un tasso di
reazione maggiore a parità di altri fattori (temperatura, pressione e densità), garantendo
quindi una maggior resa energetica. Per questi motivi nel proseguo ci occuperemo solo
di ottenere risultati numerici per la reazione Deuterio-Trizio, tralasciando lo studio delle
44
altre reazioni.
Per le parametrizzazioni della reattività per la reazione Deuterio-Deuterio, e qualunque
altra reazione di fusione nota, si può consultare l'articolo di Angulo et al.[21].
Analogamente a quanto visto per la sezione d'urto, è particolarmente utile disporre di un
modello matematico teorico per la reattività, e quindi per il tasso di reazione. Infatti la
disponibilità di un modello ne permette l'impiego in eventuali calcoli analitici, nonché la
possibilità di ottenere agilmente stime numeriche per il tasso di reazione ad una data
temperatura.
Per questi motivi la reattività è stata matematicamente ricavata attraverso numerosi
modelli, alcuni analitici, altri come semplici modelli di parametrizzazione analogamente
a quanto visto per le sezioni d'urto. I modelli analitici sono quasi tutti costruiti a partire
dall'ipotesi che la distribuzione di velocità all'interno di un plasma sia di tipo
maxwelliano. Tale ipotesi è ovviamente solo un'approssimazione della realtà
sperimentale, che in taluni casi comporta delle discrepanze notevoli tra modello teorico
e dati sperimentali; da qui la necessità di elaborare un modello parametrico non
costruito su particolari distribuzioni di velocità.
3.1 - M odello di reattività maxwelliana [22]
Poiché la velocità delle particelle reagenti non è costante all'interno del plasma, il tasso
di reazione della fusione termonucleare di una coppia di particelle in un plasma (visto
come una miscela uniforme di due gas) può essere espresso in termini della sezione
d'urto e delle velocità relative come segue:
R=∬ ρ υ1 ρ υ2∣υ1−υ2∣σ υ1−υ2d 3 υ1 d 3 υ2cioè come integrale sullo spazio delle velocità delle particelle reagenti della sezione
d'urto, per la velocità relativa delle particelle, per le funzioni distribuzione di velocità ρ.
In condizioni di equilibrio termodinamico a temperatura T, le funzioni distribuzione di
velocità saranno descrivibili in buona approssimazione da distribuzioni di Maxwell per
45
l'equilibrio collisionale (si considera che le collisioni hanno portato all'equilibrio il gas):
ρυi=ni mi
2πT
32 e−
mi υ i2
2T
dove ricordiamo che la temperatura è espressa in keV, e quindi, più propriamente, si
dovrebbe indicare KBT in luogo di T.
Ovviamente utilizzare la distribuzione di velocità maxwelliana non è che
un'approssimazione della realtà sperimentale: basti pensare che tale teoria assume tra le
sue ipotesi che si stia lavorando con un gas isotropo, ipotesi che chiaramente viene
meno se consideriamo di considerare, per esempio, un plasma termonucleare in una
macchina a confinamento magnetico toroidale.
Sostituendo la distribuzione maxwelliana nella definizione generale otteniamo
l'integrale doppio sullo spazio delle velocità:
R=n1 n2m1 m2
32
2πT3∬∣υ1−υ2∣σ ∣υ1−υ2∣e
−m1 υ1
2m2 υ22
2T d 3 υ1 d3 υ2
Attraverso al cambio di variabili
υ=υ1− υ2V=
m1 υ1m2 υ2m1m2
si può riscrivere l'integrale come:
R=n1 n2m1 m2
32
2πT3∫υ σ υe
−m1 m2
m1m2υ2
2T d3 υ∫ e−
m1m22T V
2
d3 VI
L'integrale I è un integrale gaussiano, e quindi è facilmente calcolabile:
I=∫e−
m1m 22T
V 2
d 3 x=4π∫0
∞
x 2e−
m1m22T
V 2
dx= 2πTm1m2
32
e quindi in definitiva si ha che
46
R=4π n1 n2[m1 m2
2πT m1m2]
32∫
0
∞
υ3 σ υe−
m1 m 2m1m2
υ2
2T¿dυ
Per confronto diretto con le equazioni di definizione del tasso di reazione
R=n1 n2〈συ 〉 abbiamo che:
〈συ 〉=4π [m1 m2
2πK B T m1m2]
32∫
0
∞
υ3σ υ e−
m1 m2m1m2
υ2
2T dυ
Riscrivendo la reattività in funzione dell'energia della particella proiettile E=12
m1 υ2
e ponendo μ=m1 m2
m1m2la massa ridotta del sistema, si ottiene:
〈συ 〉= 8πμ μm1 2
1T 3⋅∫0∞
E σ E e− μm1
ET dE m
3
s
Alternativamente mediante la sostituzione E=12μυ2 , cioè l'energia del centro di
massa della reazione si perviene alla più compatta forma:
〈συ 〉= 8πμ 1T 3⋅∫0∞
E σ E e−
ET dE m
3
s(3.1)
Su tale formula generale, valida per qualunque reazione con distribuzione di velocità dei
reagenti maxwelliana, devono poi essere applicate le formule per le sezioni d'urto.
Potendo esprimere in generale la sezione d'urto come:
σ=S E E⋅e−
BG E
potremo in generale esprimere la reattività maxwelliana con l'integrale:
〈συ 〉= 8πμ 1T 3⋅∫0∞
S E e− E
T−
BG E dE
Poiché il fattore astrofisico S(E) è una funzione debolmente variabile con l'energia
47
rispetto alla funzione esponenziale, si può assumere che l'integrale sia comandato dalla
funzione esponenziale, e considerare il fattore astrofisico una costante. Nonostante
questa importante semplificazione l'integrale è ancora di una complessità analitica
notevole, e la sua soluzione rigorosa[23] coinvolge la funzione G di Meijer:
∫0
∞
e−E− 1
E dE=G 0,3
3,0 14∣0, 1
2,1
π
Qualora si andasse anche a considerare la forma esplicita del fattore astrofisico S(E), è
chiaro come la soluzione analitica del problema diventerebbe proibitiva, e in generale
non esiste neanche.
In questi casi però l'integrale sarà sicuramente risolvibile numericamente, ottenendo
quindi un risultato funzione della temperatura T del plasma termonucleare, risultato da
utilizzare in definitiva per determinare il tasso di reazione di fusione nucleare.
Qua valuteremo solo distribuzioni di velocità maxwelliane, ma chiaramente questo è
una condizione ideale che non trova riscontro sperimentale. Si possono elaborare
distribuzioni di velocità che da un punto di vista sperimentale risultino più realistiche[23],
come ad esempio distribuzioni di
velocità maxwelliane con code della
distribuzione troncate. Si può
dimostrare come l'integrale della
reattività con queste distribuzioni è
comunque risolvibile analiticamente in
termini di funzione G di Meijer con
deviazioni dal caso semplificato che
stiamo qui prendendo in considerazione
che non superano l'ordine di
grandezza[24], come si può notare
dall'immagine a lato. Tale grafico è
costruita con i dati sperimentali raccolti nella macchina a confinamento magnetico JET
48
alimentata da Deuterio e Trizio. Le label , e indicano il metodo
utilizzato per riscaldare il plasma (rispettivamente neutral beam injection, radio
frequency, combinazione dei due); a seconda del metodo utilizzato si generano
distribuzioni di velocità differenti e quindi reattività differenti, che comunque non si
discostano sensibilmente dalla maxwelliana teorica, e anzi convergono su di essa a
partire dai 10 keV. Questo tipo di analisi nella realtà sperimentale viene fatta al
contrario: la misura sperimentale della reattività da informazioni diagnostiche sulla
distribuzione di velocità dei reagenti.
Oltre alle già citate formule per la reattività maxwelliana e formule parametriche,
esistono poi formule di parametrizzazione non basate sulla soluzione analitica o
numerica dell'integrale della reattività, ma basate invece sullo sviluppo in serie del
fattore astrofisico S(E), serie che successivamente vengono integrate. Qualora le
difficoltà matematiche dello sviluppo fossero insormontabili, si ricorre anche a sviluppi
asintotici. Tali soluzioni[25] sono particolarmente utili in campo astrofisico per creare i
modelli di evoluzione stellare, ma non sono particolarmente utili ai nostri scopi, e
quindi non verranno considerate.
3.2 - Modello di reattività di ThompsonIl caso più semplice che analizzeremo è quello analizzato da Thompson[22] nel 1957,
considerando la sezione d'urto di Gamow (equazione (2.1)), e data da:
σ= AE⋅e−
BG E
Per determinare la reattività della coppia di particelle in questa approssimazione bisogna
quindi risolvere l'integrale:
〈συ 〉= 8πμ 1T 3 A∫0∞
e−
B GE e
−ET dE
L'integrale ammette soluzione analitica in termini della funzione G di Meijer.
49
Graficando la soluzione in funzione della
temperatura del plasma si ottiene il
risultato presentato a lato.
Si può chiaramente notare come il
modello matematico creato non è in buon
accordo con i dati sperimentali; tale
discrepanza è generata dall'aver utilizzato
una parametrizzazione per la sezione
d'urto che è una forte approssimazione
della realtà sperimentale. Possiamo
comunque ritenere qualitativamente
valido il modello per energie minori di
100 keV: in tale range energetico la
discrepanza infatti non è superiore all'ordine di grandezza.
Poiché la soluzione analitica in termini della funzione G di Meijer è
computazionalmente sconveniente, si può ricercare una soluzione approssimata in
termine di funzioni elementari, considerando l'approssimazione:
∫0
∞
e−x− ax dx=2 π3 3 a2 e−3
3 a24
ottenendo quindi il risultato (dove si sono esplicitati tutti i termini numerici noti per la
reazione Deuterio-Trizio):
〈συ 〉=1,06⋅10−18e
19,053T
3T 2(3.2)
Tale risultato è compatibile con la soluzione numerica analitica con ottima
approssimazione nel range energetico da 0 a 100 keV e, benché la reattività di
Thompson non sia un modello soddisfacente, è un risultato di immediato utilizzo ed è
particolarmente pratico per calcolare ordini di grandezza qualitativi.
50
1,00E+000 1,00E+001 1,00E+002 1,00E+0031,00E-26
1,00E-25
1,00E-24
1,00E-23
1,00E-22
1,00E-21
1,00E-20
ThompsonDati sperimentali
KT[keV]
[m3/s]
3.3 - Modelli di reattività basati sulla sezione d'urto di DuaneApplicando il modello parametrico della sezione d'urto di Duane, espresso
nell'equazione (2.2), nella formula per la reattività (3.1), si perviene all'integrale:
〈συ 〉= 8πμ 1T 3⋅∫0∞
[A2
1 A3 E−A42A5]⋅
1
eA1 E−1
e−
ET dE
L'integrale non ammette soluzione analitica, ma la sua soluzione numerica è nota e
tabulata in un articolo di Miley[26] del 1974. Sulla base di tale soluzione numerica si
sono costruiti numerosi modelli parametrici per la reattività tra i quali ricordiamo i due
più utilizzati:
modello di Hively[27]:
〈συ 〉=eA1T rA2A3 TA4 T
2A5 T3A6 T
4
(3.3)
modello di Brunelli[28]:
〈συ〉=A1 eA2∣ln TA3∣
A4
(3.4)
dove, in entrambe le formule, i coefficienti sono determinati con la tecnica dei minimi
quadrati sui dati sperimentali.
Il confronto tra i dati sperimentali i
questi due modelli è mostrato nel
grafico a lato: si può chiaramente
notare come i due modelli siano
soddisfacenti per energie minori dei
100 keV, ma come siano
decisamente incompatibili con i dati
sperimentali per energie maggiori.
51
1,00E+000 1,00E+001 1,00E+002 1,00E+0031,00E-26
1,00E-25
1,00E-24
1,00E-23
1,00E-22
1,00E-21
1,00E-20 Hively BrunelliDati sperimentali
KT[keV]
[m3/s]
In particolare la formula di Hively del 1977 garantisce un errore massimo nel range di
energie da 1 a 80 keV dell'1,6%; la formula di Brunelli garantisce invece un errore
massimo del 2% nel range da 10 a 100 keV, e del 10% nel range da 2 a 150 keV.
Dal momento in cui sono questi i range energetici a cui siamo sperimentalmente
interessati, possiamo ritenere queste formule di parametrizzazione comunque valide.
3.4 - Modello di reattività di Bosch e Hale[15]
Poiché i modelli precedenti non garantiscono un totale accordo con i dati sperimentali
su tutto il range energetico considerato (da 1 a 300 keV), nel 1992 Bo
Top Related