Quadro di sintesi delle analisi di contesto propedeutiche alla programmazione dello sviluppo rurale in Campania 2014‐2020
Bozza 16 aprile 2014
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INDICE
PREMESSA: LA CLASSIFICAZIONE DELLE AREE ........................................................................................................... 4
ANALISI DI CONTESTO SOCIO‐ECONOMICO .............................................................................................................. 6
TABELLA INDICATORI SOCIO ECONOMICI .......................................................................................................... 10
ANALISI DI CONTESTO SETTORIALE ........................................................................................................................ 12
TABELLA INDICATORI SETTORIALI ..................................................................................................................... 18
ANALISI DI CONTESTO DELL’AMBIENTE .................................................................................................................. 21
TABELLA INDICATORI AMBIENTALI .................................................................................................................... 29
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Premessa: la classificazione delle aree
Nella fase di preparazione dei Programmi di Sviluppo Rurale 2014‐2020 il Mipaaf ha proposto un sistema di classificazione delle aree fondato su un metodo che adotta alcune significative novità rispetto a quello applicato in sede di programmazione 2007‐2013. Tale metodo è stato presentato nel novembre 2013 ed il Mipaaf ha richiesto alle Regioni di avviare una fase di fine tuning volta a calibrare l’applicazione del metodo rispetto alle specificità dei vari contesti sub‐regionali.
La Regione Campania ha condiviso il modello di classificazione delle aree rurali proposto dal Mipaaf, ma ha ritenuto necessario approfondirne l’applicazione al fine di rendere la stessa maggiormente rappresentativa delle peculiarità che caratterizzano i diversi sistemi rurali regionali.
Gli approfondimenti condotti nella fase di fine tuning hanno suggerito di apportare al modello limitate modifiche, al fine di incrementarne ulteriormente la coerenza e la rispondenza agli obiettivi di programmazione per il periodo 2014‐2020. Tali approfondimenti sono basati su un’analisi di dettaglio dell’uso agroforestale dei suoli, e dell’effettivo grado di urbanizzazione del territorio, attraverso l’uso della cartografia ufficiale regionale (CUAS, edizione 2009).
Attualmente la fase di negoziato con il Ministero non è ancora conclusa, tuttavia si ritiene indispensabile formulare, comunque, una lettura del territorio regionale in base ai risultati delle analisi fin qui condotte.
Fig. 1 ‐ Le Macroaree del PSR 2014‐2020 (ipotesi)
Tab. 1. Classificazione territoriale. Proposta Regione Campania per il PSR 2014‐2020: superfici e popolazione
Elaborazioni Inea su dati Istat, 2011
Area
n. ComuniSuperficie
tota le km2
Superficie (% su
tota le regione)
Popolazione al
31.12.2012
Popolazione (%
su tota le
regione)
Dens ità
2012
A 30 403 3,0% 2.024.974 35,1% 5.022,4
B 88 2.148 15,8% 1.573.016 27,3% 732,3
C 312 6.268 46,1% 1.899.472 32,9% 303,0
D 121 4.771 35,1% 272.288 4,7% 57,1
Totale 551 13.590 100,0% 5.769.750 100,0% 424,6
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In particolare, il 3%% del territorio campano ricade nella macroarea A, il 15,8% nella macroarea B, il 46,1% nella macroarea C e, infine, il 35,1% in macroarea D1.
Per altro verso, a livello comunitario viene adottata una classificazione territoriale che si basa sull’applicazione di un metodo definito dall’OCSE, la cui base territoriale di riferimento minima è rappresentata dal livello NUTS III (che corrisponde, in Italia, alla Provincia). In tal senso, la classificazione UE individua “regioni urbane”, “regioni intermedie” e “regioni rurali”. Per quanto riguarda la Campania, le province di Napoli e Caserta sono considerate urbane, Avellino e Salerno intermedie e Benevento rurale.
Quest’ultima classificazione non produce alcun effetto ai fini dell’applicazione delle misure del Programma, ed è da considerare utile ai soli fini statistici dell’UE. Se ne dovrà comunque tener conto nel popolare i valori di alcuni indicatori di contesto previsti, per tutti i programmi di sviluppo rurale, dalla Commissione.
1 Indicatore di contesto CI3 ‐ Territorio
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ANALISI DI CONTESTO SOCIO‐ECONOMICO
Aspetti socio‐demografici
La popolazione residente della Campania, secondo le rilevazioni anagrafiche del 2012, è pari a circa 5,8 milioni di abitanti. La dinamica demografica è stata caratterizzata da un trend positivo (+1,2%) negli ultimi 10 anni. Tuttavia, tra il 2008 ed il 2012, soprattutto a causa di fenomeni migratori, per la prima volta da decenni si è registrata una contrazione (‐0,7%). Tale andamento è il risultato di dinamiche naturali e fenomeni migratori abbastanza contrastanti. In particolare, il saldo naturale si presenta positivo nel decennio, tuttavia, osservando i risultati parziali annuali, si registra una costante riduzione del valore del saldo, per effetto combinato di una progressiva riduzione delle nascite, da un lato, ed un incremento dei decessi: nel 2002 il saldo naturale è stato pari, in termini assoluti, a 18.363 unità, e si è assottigliato fino al valore di 2.530 unità nel 2012. Il saldo migratorio è invece leggermente negativo (tra il 1° gennaio 2002 ed il 31/12/12 la flessione è stata dell’1,1%).
La distribuzione demografica è molto squilibrata tra le diverse zone: i 2/3 della popolazione si concentrano nella Macroarea A (Poli urbani) che, nel complesso, rappresenta appena il 3% della superficie regionale. Al contrario, nelle aree rurali con problemi complessivi di sviluppo (D), la cui superficie complessiva è pari a poco più del 35% della superficie regionale, risiede il 4,7% della popolazione campana2.
La popolazione è dunque distribuita in modo molto disomogeneo: se la densità abitativa media è pari a 421,8 ab./kmq, nei Poli urbani si raggiunge il valore di 4.979,9. Al contrario, nelle aree rurali in ritardo di sviluppo la densità abitativa è pari a 57,3.
Tab.2. Classificazione territoriale, superfici e densità abitativa per macroarea
Macroarea Territorio (superficie kmq)3 % su totale4 Densità5
A ‐ Poli Urbani 407,6 3,0% 4.979,9 B ‐ Aree rurali ad agricoltura intensiva specializzata 2.162,1 15,8% 723,2 C ‐ Aree rurali intermedie 6.304,0 46,1% 301,2 D ‐ Aree rurali con problemi complessivi di sviluppo 4.797,3 35,1% 57,3
Totale Campania 13.670,9 100,0% 421,8
Elaborazioni Inea su dati Istat, 2011
La struttura demografica è caratterizzata per il 16,1% da giovani in età non lavorativa (<15 anni di età) e da una consistente componente anziana, con età superiore ai 65 anni, che rappresenta il 16,5% del totale. Ne consegue che l’indice di vecchiaia è pari al 101,9%. Dunque, nel corso degli ultimi anni, anche in Campania la porzione di popolazione con età uguale o superiore ai 65 anni ha superato quella dei giovani under 15. Si pensi, in proposito, che appena nel 2001 tale indice era pari a circa il 77%. Nel corso di questo periodo l’età media è passata da 37,2 a 40,1 anni.
La fascia di popolazione in età attiva si è invece mantenuta costante: 67,3% nel 2012. Dunque si è sostanzialmente ridotta la quota di popolazione giovane, mentre è aumentata proporzionalmente la numerosità delle fasce di popolazione più anziana. Per questo motivo non si registrano sostanziali differenze, rispetto al 2001, nel valore assunto dall’indice strutturale di dipendenza (è pari al 48,5, contro il 48,8 del 2001).
2 Indicatore di Contesto CI3 ‐ Territorio 3 Indicatore di Contesto CI3 ‐ Territorio (kmq) 4 Indicatore di Contesto CI3 ‐ Territorio (percentuale sul totale) 5 Indicatore di Contesto CI4 ‐ Densità di popolazione (persone su kmq)
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Tab. 3. Popolazione per classi di età per macroarea
Macroarea Popolazione6% su totale
7 Popolazione per classi di età (n)8 Popolazi. per classi di età (%)
9
<15 15‐64 65 e + <15 15‐64 65 e +
A. Poli Urbani 2.024.974 35,2% 327.940 1.361.463 340.359 16,2% 67,1% 16,8%B. Aree rurali ad agricoltura intensiva specializzata 1.573.016 27,1% 277.114 1.074.160 212.308 17,7% 68,7% 13,6%C. Aree rurali intermedie 1.899.472 32,9% 292.760 1.272.878 332.864 15,4% 67,0% 17,5%D. Aree rurali con problemi complessivi di sviluppo 272.288 4,8% 34.681 175.783 64.500 12,6% 63,9% 23,5%
Totale Campania 5.769.750 100,0% 932.495 3.884.284 950.031 16,2% 67,3% 16,5%
Elaborazioni Inea su dati Istat, 2011
Appare evidente lo squilibrio tra le aree di pianura e quelle collinari e montane interne, che ha dato origine, in letteratura, alla ben nota metafora della “polpa e dell’osso”, che fotografa scenari e dinamiche produttive a due velocità, ma non solo: a territori caratterizzati da densità abitative tra le più alte d’Europa si contrappongono aree nelle quali è in corso, ormai da decenni, un forte processo di desertificazione demografica; la dotazione infrastrutturale appare fortemente squilibrata, e così pure la possibilità di accedere a servizi essenziali da parte delle popolazioni e delle imprese.
Occupazione e lavoro
Per quanto riguarda l’occupazione10 in Campania, tra il 2007 e il 2011, si è avuto il calo più intenso e prolungato fra le regioni italiane. Nel 2012 il numero di occupati è tornato a crescere, ma a ritmi lievi e insufficienti a ridurre l’ampio squilibrio tra domanda e offerta di lavoro. Molto più accentuato è stato il contemporaneo incremento nel numero di persone in cerca di lavoro. Il tasso di disoccupazione si è situato nel 2012 al livello più elevato tra le regioni italiane, soprattutto quello relativo alla componente femminile. In sintesi, nel 2012 si rileva il seguente quadro:
il tasso di occupazione è pari al 40,0%, in leggero aumento rispetto al 2011 (39,4%) ma decisamente inferiore rispetto al 2001 (43,7%). Peraltro, il tasso di occupazione è molto inferiore al valore medio registrato a livello nazionale (56,8%);
il tasso di occupazione femminile si mantiene basso (27,6%, contro una media nazionale pari al 47,1% ), ma relativamente stabile nel corso del decennio (con punte massime nel 2003: 29,6%, e minime nel 2011: 25,4%); al contrario, il tasso di occupazione maschile è passato dal 61,0% del 2001 al 52,7% del 2012 (66,5% il dato nazionale): il gap di genere è dunque diminuito, ma non in conseguenza di un incremento dell’occupazione femminile;
il tasso di disoccupazione11 è in crescita: dopo una confortante diminuzione nel periodo 2001‐2007, nel quale si è arrivati ad un valore minimo dell’11,2%, dal 2008 ha continuato a crescere ed ha raggiunto il 19,3% nel 2012. Tale dato colloca la Campania al primo posto, insieme alla Calabria, nella graduatoria regionale della disoccupazione. La media nazionale è pari al 10,7%;
nel periodo considerato si registrano significative variazioni annuali nel valore del tasso di disoccupazione riferito al genere ma, tendenzialmente, i valori tendono ad avvicinarsi: nel 2001 il tasso di disoccupazione femminile era pari a più del doppio di quello maschile (rispettivamente: 28,6% e 13,2%); nel 2012 tale distanza si è attenuata (22,3% e 17,5%). Anche nel caso del tasso di disoccupazione femminile la Campania è al primo posto nella graduatoria regionale. Il valore medio nazionale è pari all’11,9%;
6 Indicatore di Contesto CI1 ‐ Popolazione (valore assoluto) 7 Indicatore di Contesto CI1 ‐ Popolazione (percentuale sul totale) 8 Indicatore di Contesto CI2 ‐ Popolazione per classi di età (valore assoluto) 9 Indicatore di Contesto CI2 ‐ Popolazione per classi di età (percentuale sul totale) 10 Indicatore di Contesto CI5 ‐ Tasso di occupazione
11 Indicatore di Contesto CI7 ‐ Tasso di disoccupazione)
8
il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto il valore del 48,2%. Si osserva una netta inversione di tendenza dopo il 2008, allorquando aveva registrato il valore minimo del 32,4%. Riguardo alla disoccupazione giovanile solo la Calabria e la Sicilia presentano dati ancor più negativi. La media nazionale, comunque, è pari al 35,3%;
anche tra le fasce giovanili si osservano dinamiche simili a quelle di carattere generale appena illustrate riguardo ai dati di genere: addirittura, nel corso del 2010 il tasso di disoccupazione giovanile femminile è stato inferiore a quello maschile.
L’analisi settoriale più aggiornata sull’andamento dell’occupazione in Campania è riferita al 2011. E’ stato utilizzato, come dato oggetto di analisi, la numerosità delle forze lavoro occupate espresso in unità di lavoro (UL), che risulta pari a 1.611.900.
In particolare, le Unità di Lavoro operanti nel settore primario (agricoltura, silvicoltura e pesca) sono circa 91.600. Esse rappresentano il 5,7% delle UL campane; le UL operanti nell’ambito del settore industriale sono 307.000, e rappresentano il 19% circa del totale regionale. il settore dei servizi impegna 1.213.300 UL (68,54% del totale regionale). Riguardo alle dinamiche osservate nelle tre regioni si nota che: 1.017.000 UL (64%) operano nelle regioni urbane; 486.000 UL (31%) lavorano nelle regioni intermedie; 83.700 UL (5%) svolgono la loro attività nelle regioni rurali.
Indicatori macroeconomici
Il PIL12 regionale nel 201113 è risultato pari ad 96.898,1 meuro, ossia lo 0,8% in meno rispetto all’anno precedente. Tale contrazione si va ad aggiungere ad una serie di dati negativi: nel complesso, il Pil regionale è diminuito del 5,4% rispetto al dato di riferimento del 2005. Emerge dunque un quadro ben più pesante di quello osservabile su scala nazionale, dove dal 2005 la contrazione è stata di proporzioni più limitate (‐0,7%) e del Mezzogiorno, dove nel periodo più recente si registrano timidi segnali di ripresa (+0.4%).
Il PIL regionale per abitante14, pari a 16.601 euro presenta una variazione negativa dello 0,9%. Prosegue, così, la dinamica negativa già avviata nel da alcuni anni: rispetto al 2005, la contrazione è pari al ‐6,2%. Ne consegue che è ulteriormente aumentato il gap con il resto di Italia, dove il dato medio è pari a 26.003 euro, con una variazione, rispetto al 2005, pari al ‐4,2%. Si sottolinea, inoltre, che il Pil pro‐capite in Campania è pari al 63,8% della media nazionale.
E’ importante considerare che il PIL pro capite campano nelle tre diverse regioni15 ‐ urbane, intermedie e rurali ‐ presenta valori molto vicini tra loro, e rispettivamente: 15.425, 16.158 e 15.415. Diversa è la situazione al livello nazionale i cui valori sono 27.233, per le regioni urbane, 21.898 per le regioni intermedie e 21.898 per le regioni rurali. Dunque, non solo sono valori più elevati rispetto alla Campania, ma anche maggiormente diversificati in base alla regione considerata.
Tale scenario incide notevolmente sui parametri socioeconomici considerati ai fini del calcolo del tasso di povertà16. Oltre un quarto della popolazione regionale (25,8%) è classificata a rischio o in situazione di povertà ed emarginazione (media Italia: 12,7%).
Tab.4. Popolazione a rischio o in situazione di povertà e emarginazione. UE, Italia e Campania
Indicatore Unità Target Italia (*) Stato dell’arte
UE Italia Campania Anno
Popolazione a rischio o in situazione di povertà e emarginazione
% 2,2 milioni
persone in meno 24,2 28,2 49,3 2011
12 Indicatore di Contesto CI8 ‐ PIL pro‐capite
13 Il valore assoluto è riferito all’anno 2011 ed è espresso a prezzi correnti. Le variazioni rispetto ai valori assunti nel 2010 e nel 2005 sono invece
calcolati in base ai valori concatenati (anno di riferimento: 2005). Fonte: Istat 14 Il valore 2011 è espresso a prezzi correnti, mentre le variazioni sono elaborate considerando i valori concatenati, con anno di riferimento 2005.
15 Per la definizione OCSE di regioni “urbane”, “intermedie” e “rurali” si veda il paragrafo introduttivo.
16 Indicatore di contesto CI9 ‐ Tasso di povertà
9
Il valore aggiunto17 ai prezzi di base (a prezzi correnti 2011), è pari a 85.038 milioni di euro con una diminuzione (‐0,7%) rispetto all’anno precedente18. Confrontando tali dati rispetto al pur depresso scenario nazionale emerge con tutta evidenza la situazione di allarme della Campania. A livello nazionale, difatti, dopo le pesanti performances registrate nel biennio 2008‐2009, si sono manifestati segnali di ripresa e nell’ultimi due anni il VA sta lentamente risalendo, sebbene sia ancora inferiore al valore del 2005. Al contrario, in Campania la situazione si sta ulteriormente aggravando, e non si registrano segnali di inversione di rotta. Le performances settoriali evidenziano dinamiche diverse: il risultato è sempre lo stesso (negativo), ma con percorsi ed intensità differenziati.
Nel 2011 il valore aggiunto (VA) agricolo, inclusa la silvicoltura e la pesca, è stato di circa 2.261,7 meuro, pari al 2,7% del totale regionale. Il VA agricolo è dunque diminuito dell’1,6% rispetto al 2010 (‐3,6% rispetto al 2005). Si rilevano diminuzioni leggermente più accentuate rispetto al quadro emergente a livello nazionale (nei due periodi di riferimento analizzati, rispettivamente: ‐0,4% e ‐2,7%).
Il VA delle attività industriali è pari a 13.468,2 meuro, ossia al 15,8% del totale regionale. Rispetto all’anno precedente la contrazione di tale valore è stata piuttosto significativa: ‐3,7%. Si tratta di un risultato che va ad aggiungersi ad una serie di performances negative registrate soprattutto a partire dal 2007; il ogni caso, dal 2005 il VA industriale si è contratto del 15,1%. Nell’ambito del settore secondario occorre distinguere le attività industriali in senso stretto da quelle legate al settore delle costruzioni: le prime hanno registrato un calo rilevante (‐1,2 rispetto al 2010; ‐9,7% rispetto al 2005), ma è soprattutto nel comparto edilizio che si registrano risultati drammatici: ‐8,5 rispetto al 2010; ‐25,3 rispetto al 2005.
In questo scenario, il settore terziario mostra segni di relativa stabilità: il VA è pari a 69.308,4 meuro, pari all’81,5% del totale regionale. Rispetto all’anno precedente non si osservano variazioni apprezzabili, mentre si rileva una lieve diminuzione (‐1,3%) rispetto al 2005. I comparti che hanno risentito in misura minore degli effetti della crisi sono quelli delle attività commerciali e delle attività assicurative e finanziarie che, rispetto al 2005, fanno registrare variazioni con segno positivo (rispettivamente, +0,8 e +1,7).
Nel complesso, dunque, si continua a registrare una costante diminuzione dell’incidenza economica delle attività agricole, silvicole e della pesca rispetto al totale regionale. Nel 2011 il contributo del settore primario alla formazione del valore aggiunto regionale è stato pari al 2,7%; nel 2000 era pari al 3,3%.
Fig.2. Composizione percentuale del Valore Aggiunto campano per settore, 2011
Fonte: elaborazione INEA su dati ISTAT, 2005‐11
17 Indicatore di Contesto CI10 ‐ Valore Aggiunto
18 Le variazioni rispetto agli anni precedenti sono calcolate sulla base dei valori concatenati, con anno di riferimento 2005. Rispetto al 2005 la
contrazione del VA in Campania è stata pari al ‐3,8%
2,7%
15,8%
81,5%
Agricoltura, silvicoltura epesca
Industria, incluse costruzioni
Servizi, inclusa pubb. amm.ne
TABELLA INDICATORI SOCIO ECONOMICI
Indicatore Descrizione Area (A) Poli Urbani (B) Aree rurali ad
agricoltura intensiva e specializzata
(C) Aree rurali intermedie
(D) Aree rurali con problemi complessivi di
sviluppo
Regioni intermedie
Regioni rurali Regioni urbane Popolazione totale
CI 1 Popolazione (% sul totale)
Campania 35,2 27,1 32,9 4,8 26,38 4,92 68,7 9,67 Italia 42,23 22,51 23,69 11,56 43,13 20,24 36,64
Indicatore Descrizione Area meno di 15 anni 15 ‐ 64 anni 65 anni ed oltre
regioni rurali Regioni intermedie regioni urbane
meno di 15 anni
15 ‐64 anni 65 anni ed
oltre meno di 15
anni 15 ‐64 anni
65 anni ed oltre
meno di 15 anni
15 ‐64 anni 65 anni ed
oltre
CI 2 Popolazione per classi di età (% sul totale)
Campania 16,17 67,36 16,47 13,6 65,45 20,95 14,37 66,85 18,78 17,05 67,68 15,27
Italia 14,01 65,15 20,84 13,15 65,29 21,56 13,96 65,27 20,77 14,57 65,44 19,99
Indicatore Descrizione Area (A) Poli Urbani
(B) Aree rurali ad agricoltura intensiva e specializzata
(C) Aree rurali intermedie (D) Aree rurali con problemi complessivi di
sviluppo
meno di 15 anni
15 ‐64 anni 65 anni ed
oltre meno di 15
anni 15 ‐64 anni
65 anni ed oltre
meno di 15 anni
15 ‐64 anni 65 anni ed
oltre meno di 15
anni 15 ‐64 anni
65 anni ed oltre
CI 2 Popolazione per classi di età (% sul totale)
Campania 16,2 67,1 16,8 17,7 68,7 13,6 15,4 67,0 17,5 12,6 63,9 23,5
Italia 13,95 64,83 21,21 14,70 65,93 19,37 13,8 65,19 21,02 13,31 64,74 21,94
Indicatore Descrizione Area (A) Poli Urbani (B) Aree rurali ad agricoltura intensiva e specializzata
(C) Aree rurali intermedie (D) Aree rurali con problemi
complessivi di sviluppo Regioni
intermedie Regioni rurali Regioni urbane
CI 3 Territorio (% sul totale area)
Campania 3,0 15,8 46,1 35,1 56,73 15,24 28,04 Italia 7,93 16,83 32,11 43,13 41,86 45,18 12,97
Indicatore Descrizione Area (abitanti/km2)
CI 4 Densità di popolazione
Campania 424,55Italia 198,07
Indicatore Descrizione Area % Persone occupate sul totale popolazione
15 ‐ 64 anni ‐ femmine 15 ‐ 64 anni ‐maschi 15 ‐ 64 anni ‐ totale 20 ‐ 64 anni ‐ femmine 20 ‐ 64 anni ‐maschi 20 ‐ 64 anni ‐ totale
CI 5 Tasso di occupazione (%)
Campania 27,6 52,69 39,97 30,06 57,78 43,68 Italia 47,1 66,5 56,8 50,5 71,6 61
Indicatore Descrizione Area Occupati lavoro
autonomo 15‐64 anni
CI 6 Tasso di lavoro autonomo (%)
Campania 27,63Italia 24,83
11
Indicatore Descrizione Area 15‐24 femmine 15‐24 maschi 15‐24 totale 15‐74 femmine 15‐74 maschi 15‐74 totale
CI 7 Tasso di disoccupazione (%)
Campania 51,23 46,30 48,22 22,36 17,52 19,27
Italia 37,51 33,71 35,26 11,89 9,88 10,72
Indicatore Descrizione Area Unità di misura PIL pro capite PIL pro capite in Regioni
intermedie PIL pro capite in Regioni
rurali PIL pro capite in Regioni
urbane
CI 819 Sviluppo Economico
Campania index PPS (EU‐27=100) 64 65,95 62,92 62,96 EURO/abitante 16.601,20 16.779,30 16.008,33 16.018,53
Italia index PPS (EU‐27=100) 98 97,29 89,38 111,16 EURO/abitante 26.002,90 24.753,19 22.740,13 28.280
Indicatore Descrizione Area Unità di misura Tasso di povertà
CI 9 Tasso di povertà (% sul totale popolazione)
Campania
Tasso di povertà 25,8
Italia 12,7
Indicatore Descrizione Area Unità di misura Valore aggiunto lordo settore primario Valore aggiunto lordo settore secondario Valore aggiunto lordo settore terziario
CI 10 Struttura dell'economia
Campania (%)
2,66 15,84 81,5
Italia 1,96 24,72 73,32
Indicatore Descrizione Area Unità di misura Distribuzione del rapporto di lavoro per settore economico
primario
Distribuzione del rapporto di lavoro per settore economico secondario
Distribuzione del rapporto di lavoro per settore economico
terziario
Distribuzione del rapporto di lavoro
nelle regioni intermedie
Distribuzione del rapporto di lavoro nelle regioni rurali
Distribuzione del rapporto di lavoro nelle regioni urbane
CI 1120 Struttura del lavoro
Campania % totale occupazione 4,03 21,59 74,39 30,63 5,27 64,1
1000 persone 64,03 342,62 1.180,55 486,2 83,7 1.017,3
Italia % totale occupazione 3,74 27,72 68,54 n.d n.d. n.d 1000 persone 874,04 6.478,47 16.022,18 n.d n.d. n.d
Indicatore Descrizione Area Unità di misura Produttività del lavoro per settore
economico primario Produttività del lavoro per settore
economico secondario Produttività del lavoro per settore
economico terziario Produttività del lavoro totale
CI 12 Produttività del lavoro per settore economico
Campania EUR/persone
30.480,71 41.036,69 54.346,75 50.687,44
Italia 28.955,45 52.279,84 60.468,72 57.051,01
19 I dati sul PIL pro capite ripartito per regioni intermedie, urbane e rurali sono riferiti al 2011 20 I dati sono riferiti al 2012
ANALISI DI CONTESTO SETTORIALE
Aziende e superfici
In base ai dati definitivi del 6° censimento generale dell’agricoltura del 2010 in Campania risultano attive 136.872 aziende (l’8% del dato nazionale). In dieci anni si è osservata una decisa contrazione del numero di aziende (pari al ‐41,6%). Tale dinamica ha interessato prevalentemente la classe di dimensione inferiore ai due ettari di SAU.
La SAT si estende su 722.378 ha (53% circa della superficie regionale) circa il 13,8% in meno rispetto al 2000. La SAU occupa 549.270 ettari, pari al 41% della superficie territoriale regionale. Rispetto al 2000 si osserva una contrazione pari al 6,3% (36.727 ettari).
Analizzando i dati a livello di macroarea si osservano dinamiche abbastanza diversificate. In particolare:
‐ nei poli urbani (A) si registra una preoccupante regressione degli spazi agricoli (SAU ‐22,7%) associata all’espulsione di aziende agricole marginali e prevalentemente a carattere non professionale (‐61,4% e ‐50,2%);
‐ una generalizzata contrazione nel numero di aziende agricole si registra anche nella macroarea B, dove, tuttavia, in controtendenza rispetto al resto della regione, si registra un incremento della SAT (+1,4%) e della SAU (+3,4%);
‐ nelle aree rurali intermedie la riduzione del numero di aziende (‐39,6%) è grosso modo in linea con la media regionale; nel complesso la contrazione delle superfici agricole si è mantenuta su livelli relativamente accettabili (SAT ‐13,7%, SAU ‐7,2%);
‐ nelle aree rurali caratterizzate da problemi complessivi di sviluppo (D) il numero di aziende è diminuito del 35%, dunque, con intensità minore rispetto alla media regionale; la Superficie Agricola Utilizzata registra una flessione superiore alla media (‐8,7%) mentre la SAT si contrae del 18%.
Per effetto di tali dinamiche, si assiste ad un aumento della dimensione media aziendale, che in termini di SAU passa da 2,5 a 4,0 ettari. Dunque, nel processo di ridisegno dell’agricoltura regionale, all’abbandono delle attività agricole si contrappone una crescita delle imprese in termini di superficie e di produttività media. Ciò non si traduce necessariamente in un rafforzamento dell’intero sistema agricolo: la perdita di SAU, soprattutto in aree a più elevata pressione antropica, è stata rilevante.
Il processo di ristrutturazione è sistemico e diffuso ovunque, soprattutto aree ad agricoltura intensiva, dove la dimensione media aumenta considerevolmente (oltre il 100%).
Di particolare interesse risulta l’analisi della distribuzione delle aziende per classi di SAU, dalla quale emerge l’estrema frammentazione che caratterizza il sistema agricolo regionale. Nel complesso, oltre il 60% delle aziende appartiene alla classe di superficie inferiore ai 2 ettari, mentre appena lo 0,6% si colloca nella classe di superficie con oltre 50 ettari. Si consideri, al riguardo, che su scala nazionale i valori appena esposti sono pari, rispettivamente, a circa il 51% ed al 2,8%.
Caratteri di maggiore frammentazione si rilevano nelle aree più urbanizzate, dove la percentuale di aziende che detengono meno di due ettari è pari al 72,6%). Una maggiore concentrazione si rileva nelle macroaree rurali con problemi di sviluppo (D) e nelle aree ad agricoltura intensiva (B).
Ordinamenti produttivi
Coltivazioni agrarie
I seminativi, con 267.839 ettari, sono il gruppo di coltivazioni preminente ed occupano il 48,8% della SAU regionale (53% nel 2000); seguono le legnose agrarie con il 28,7% della SAU e i prati permanenti e pascoli con il 21,3%. Ai cereali sono dedicati 112.511 ettari, ovvero il 28,8% in meno rispetto al 2000. Le piante industriali, con 9.308 ettari, sono il gruppo di coltivazioni con la diminuzione percentuale più incisiva (‐
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32,1%) soprattutto determinata dal comparto tabacchicolo. Gli ettari coltivati ad ortaggi sono circa 29.125 e, in dieci anni, hanno subito una diminuzione pari al ‐8,8%. Di rilievo, anche per il valore della relativa Plv, le produzioni florovivaistiche, che impegnano poco più di 1.000 ettari in forme altamente intensive. Le dimensioni complessive della superficie destinata a coltivazioni foraggere sono pari ad oltre 99.712 ettari (18,1% della SAU regionale). Si tratta dell’unica forma di utilizzazione dei terreni che registra un significativo incremento (+24,6%) nel periodo intercensuario.
Le coltivazioni permanenti impegnano l’80,7% delle aziende campane. Con oltre 72.623 ettari l’olivo occupa la maggiore superficie (13,2% della SAU regionale), con una variazione non molto significativa (‐0,8%) rispetto al 2000. Il 58,5% di SAU si concentra in provincia di Salerno. La superficie investita a vite è pari a 23.281 ettari e rappresenta il 4,2% della SAU regionale. In dieci anni, ha subìto una diminuzione di 5.983 ettari (‐20,4%). Il 45,2% della SAU viticola regionale è concentrata nel Sannio. La superficie coltivata ad agrumi e fruttiferi è di circa 60.685 ettari, l’11% della SAU regionale. In confronto ai 76.055 ettari circa del 2000, si evidenzia una diminuzione del 17,1%.
I prati permanenti e pascoli occupano oltre 120.434 ettari, ovvero il 21,3% della SAU regionale. Nel decennio 2000‐2010, si registra una variazione percentuale positiva (+6,3%). Il 64,5% della SAU destinata a questo tipo di utilizzazione, è in provincia di Salerno.
I terreni a riposo, comprendenti i terreni soggetti a regime di aiuto (4.541ettari) e terreni a riposo non soggetti a regime di aiuto (10.250 ettari), rappresentano il 2,7% della SAU campana, e, dal 2000 al 2010, sono diminuiti del 22,1%.
Nel complesso, oltre 14.373 ettari (pari al 2,61% della SAU complessiva) sono condotti con pratiche di agricoltura biologica21
Infine, la superficie irrigua comprende oltre 84.942 ettari (pari al 15,37% della SAU complessiva)22
Zootecnia
Le aziende con allevamenti in Campania, sono 14.70523, il 10,7% del totale delle aziende agricole. La zootecnia campana incide per il 6,8% sul comparto zootecnico italiano e per 16,8% su quello del Mezzogiorno. Le aziende con allevamenti sono diminuite di oltre 62 punti percentuali, ma la flessione in termini di capi allevati è meno evidente e, addirittura si registrano incrementi in settori trainanti per l’agroalimentare regionale, quale quello bufalino.
‐ La aziende bovine sono 9.333 e rappresentano il 63,5% delle aziende zootecniche campane ed il 7,5% di quelle italiane. In Campania si allevano 182.630 capi bovini, pari al 3,3% di quelli censiti in Italia. Dal confronto con i dati nazionali è evidente la differenza in termini di dimensioni medie della stalla (pari a 19,6 capi/azienda). Dal 2000 al 2010 la Campania assiste ad una contrazione, sia del numero di capi (‐14%) sia del numero di aziende (‐39,2%).
‐ Le aziende con allevamenti bufalini sono 1.409 (+8,6% rispetto al 2000) e contano 261.506 capi in totale. In dieci anni il numero di capi è praticamente raddoppiato (+100%) e rafforza la posizione della Campania nello scenario nazionale: il 72,6% dei capi e il 57,9% delle aziende. La dimensione media degli allevamenti è di circa 186 capi/azienda. Le province con maggiore vocazione bufalina sono Caserta e Salerno.
‐ L’allevamento di equini conta 1.329 aziende per un totale di 6.265 capi. Rispetto al 2000, la consistenza aziendale si è ridotta del 39%; nel contempo, si è registrato un aumento del numero di capi (+26%). La tendenza generale di crescita aziendale, in ogni caso, non modifica sostanzialmente il profilo dimensionale degli allevamenti, che contano in media 4,7 capi.
21 Indicatore di contesto CI19 ‐ Utilizzazione del terreno condotto con metodo biologico 22Indicatore di contesto CI20 ‐ Superficie Irrigata 23 Si considerano le voci (bovini, bufalini, equini, ovini, caprini, suini, avicoli, struzzi e conigli) e la voce allevamenti di api e altri allevamenti. Senza la voce api e altri allevamenti il valore è di 14.324.
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‐ L’allevamento suinicolo, con 1.844 aziende e 87.705 capi, rappresenta il 7% delle aziende suinicole italiane. Dal 2000 al 2010 il numero di aziende è diminuito del 93,1%, mentre è del 35,7% la riduzione del numero di capi.
‐ Le aziende di ovini e caprini sono, rispettivamente, 3.161 e 1.451. Rispetto al precedente censimento si osserva, per gli allevamenti di ovini, una contrazione del 19,7% dei capi e del 60,4% delle aziende. Tendenza analoga quella delle aziende caprine, che vedono una diminuzione del 23% del numero di capi e del 64% delle aziende.
‐ Anche gli allevamenti avicoli (1.536) rivestono un importante ruolo nella zootecnia regionale rappresentandone il 10,4%, ma, dal confronto con il 2000, si nota una forte diminuzione delle aziende (‐94,5%) ed una riduzione del numero dei capi (‐27,7%).
‐ L’allevamento di conigli, con 673 aziende e 369.305 capi, dal 2000 al 2010 ha subìto una diminuzione, sia in termini di allevamenti (‐94,5 %), sia come numero di capi (‐35,6%). Benevento e Avellino sono le province con il numero di capi più elevato.
Dunque, anche nel comparto zootecnico si è assistito ad un processo di ristrutturazione che ha portato ad una riduzione del numero di aziende più che proporzionale rispetto a quella dei capi (in tal senso, anche nel comparto bufalino l’incremento del numero di stalle si accompagna ad un incremento del numero di capi più che proporzionale).
Il profilo economico
Le performances economiche dell’agroalimentare
Nel 2011 il valore della produzione agricola campana è di poco inferiore ai 3,5 miliardi di euro. Nel confronto con il 2010, in agricoltura si è verificato un aumento della produttività del lavoro (+4,4%), che prosegue una dinamica pressoché costante negli ultimi 10 anni24. La performance è fortemente condizionata dai consumi intermedi, il cui peso è di poco inferiore ai 2 miliardi di euro: questi incidono sul valore aggiunto, determinandone una tendenziale stabilità. Relativamente differenti sono invece le dinamiche che interessano la silvicoltura. Al 2012, la produzione silvicola vale circa 69 milioni di euro, in lieve aumento rispetto al 2005; viceversa, i consumi intermedi si riducono di circa un quinto, alimentando una crescita del valore aggiunto di circa il 3%. Il comparto forestale non trae profitto dall’evoluzione negativa dei consumi intermedi, a causa di una produzione tendenzialmente stagnante.
Al 2010, il valore aggiunto dell’industria alimentare è pari a circa 1.350 milioni di euro correnti, con una riduzione di poco inferiore al 7% nell’arco di riferimento e con un tasso negativo di variazione media annua dell’1,4%. Rispetto al dato nazionale, la posizione della regione appare in controtendenza (in quanto a livello nazionale, la variazione del valore aggiunto è positiva), mentre rispetto al Sud Italia, il dato è più “coerente”, sebbene maggiormente negativo.
Le dimensioni economiche delle aziende agricole
In Campania poco più della metà delle aziende appartiene alle classi di dimensione economica25 da 0 a 3.999,99 euro. Per la precisione, l’1,1% delle aziende ha una dimensione economica pari a zero; il 32,3% non arriva ai 2.000 euro ed il 18,4% appartiene alla classe dai 2.000 ai 3.999,99 euro. Le aziende appartenenti alle classi di dimensione economica di 100.000 euro e più sono appena il 2,9% del totale. Nel dettaglio:
‐ Nei poli urbani e nelle aree rurali ad agricoltura intensiva la percentuale di aziende appartenenti alle classi più basse (fino ad 8.000 euro) è minore che in altre aree, mentre si riscontra un maggior
24 Le elaborazioni dinamiche sono effettuate utilizzando i valori concatenati ‐ Anno di riferimento 2005. 25 Indicatore di contesto CI17 ‐ Proprietà agricola (dimensione in ettari e dimensione economica)
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numero di aziende appartenenti alle classi medio‐alte (sopra i 25.000 euro). In particolare, nella macroarea A queste ultime rappresentano circa il 20,5% del totale, mentre nelle aree B ad agricoltura intensiva esse rappresentano circa il 29% del totale;
‐ nelle aree C e, soprattutto, D prevalgono le aziende di dimensioni economiche medio‐basse, mentre il numero di aziende che appartiene alle classi medio‐alte (>25.000 euro) è piuttosto limitato (rispettivamente, 9,3 e 11,4%);
Investimenti fissi lordi
Il valore degli investimenti fissi lordi26 in Campania, al 2011, è stato pari a 16.123,5 meuro. Tale valore rappresenta il 5,4% del totale nazionale. Con riferimento al solo settore primario, alla stessa data gli investimenti regionali sono stati pari a 564,7 meuro, pari a circa il 5% del totale nazionale. L’analisi di dettaglio a livello settoriale ed il raffronto con lo scenario nazionale mostrano alcune dinamiche da sottolineare:
‐ nel 2011 il volume degli investimenti fissi in agricoltura è decisamente diminuito (‐17,9%) rispetto all’anno precedente. Al contrario, la media nazionale fa registrare un +1,7% nello stesso periodo;
‐ rispetto al 2001, la riduzione è stata molto pesante: ‐39,5%, dato ben più negativo di quello rilevato su scala nazionale (‐7,0%);
‐ in particolare, nel 2001 il valore degli investimenti agricoli in Campania rappresentava il 7,6% del totale nazionale: nel 2010 appena il 4,9%.
Profilo imprenditoriale
Struttura per classi di età
Un ulteriore elemento di analisi, su cui si concentra, peraltro, l’attenzione della Commissione europea, è rappresentato dalla struttura per età della classe imprenditrice agricola27. Nel complesso, su un totale di 136.872 imprenditori agricoli, il 57,6% è rappresentato da soggetti con più di 55 anni di età, mentre poco più del 5% è rappresentato da giovani con meno di 35 anni. Il rapporto tra queste due classi di età (e, in particolare, il numero di giovani rispetto alle classi più mature) è pari all’8,7%. Rispetto ai valori medi nazionali si registra una minor presenza di imprenditori appartenenti alle classi di età più anziane.
L’analisi per macroarea evidenzia alcuni aspetti degni di approfondimento. Si osserva, difatti, che:
‐ nelle macroaree A e C il profilo imprenditoriale è caratterizzato da una più marcata presenza delle classi over 55 anni di età. Si tratta, comunque, di medie inferiori a quella nazionale.
‐ il peso della classe imprenditoriale più anziana assume i valori minimi nella macroarea B; ‐ il peso delle classi più giovani è più elevato nella macroarea B.
Livelli di istruzione
Dal 6° censimento dell’agricoltura emerge un quadro chiaro anche del grado di istruzione nel settore agricolo regionale ed, in particolare, si analizza il livello di istruzione dei capoazienda28. Risulta che il 6% di essi è privo di qualsiasi titolo di studio e si assiste ad una importante diminuzione rispetto al 2000 quando tale percentuale era del 15,4%. Coloro che hanno conseguito al massimo la licenza elementare
26 Indicatore di contesto C28 ‐ Investimenti fissi lordi in agricoltura 27 Indicatore di contesto C23 ‐ Età del conduttore 28 Indicatore di contesti C24 ‐ Formazione agricola degli imprenditori.
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rappresentano il 32,4% del totale (42,8% nel 2000). I capi di azienda che possiedono almeno la licenza di scuola media inferiore sono pari al 34,7% contro il 25,5% del 2000. Aumenta il numero di diplomati, pari al 17,8% del totale, tuttavia, una quota relativamente limitata (1,4%) è in possesso di diploma ad indirizzo agrario. Analogo discorso vale per i laureati (nel complesso, il 5,8%, contro il 3,1% del 2000): solo lo 0,5% è in possesso di laurea o diploma universitario agrario.
In sintesi, l’analisi rivela un’evoluzione rispetto al passato: una diminuzione del numero dei capoazienda con livello di istruzione più basso, riequilibrato da un aumento del numero di capoazienda con grado di istruzione più elevato.
L’analisi per macroarea non fa emergere significativi elementi di eterogeneità territoriale. E’ appena apprezzabile un miglior livello di istruzione nella macroarea B.
Anche dal confronto con le medie nazionali non emergono significative differenze, fatta eccezione per il fatto che il totale dei capoazienda che hanno maturato esperienze formative specifiche in campo agrario, in Campania, è abbastanza inferiore alla media italiana. Difatti, considerando i soli dati relativi al possesso di titoli di studio specialistici29, in Campania emerge una specializzazione inferiore (2,2%) rispetto alla media nazionale (4,2%).
Lavoro e produttività
Nel complesso, il settore agricolo assorbe circa 78.70030 addetti, pari al 4,65% della manodopera complessiva occupata in Campania.
La distribuzione di giornate tra le diverse categorie di manodopera31 mostra come le attività agricole siano prevalentemente realizzate dal conduttore e dai suoi familiari: nel complesso, il 78,6%. Rispetto agli omologhi dati strutturali nazionali, si segnala una minore incidenza del lavoro dei familiari e parenti del conduttore (9,7%). La manodopera extrafamiliare realizza in media il 21,4% delle giornate standard complessive, con una netta prevalenza della manodopera a tempo determinato.
Nel confronto con il 2010, in agricoltura si è verificato un aumento della produttività del lavoro (+4,4%), che prosegue una dinamica pressoché costante negli ultimi 10 anni : dal 2001, difatti, il valore della produttività del lavoro è aumentato di circa il 40%. Il dato statistico non tragga tuttavia in inganno: tale incremento è solo in parte determinato da un miglior assetto organizzativo del sistema agricolo e delle aziende; in buona parte scaturisce dalla notevole riduzione degli occupati e dalla diffusa presenza di lavoro irregolare, che coinvolge prevalentemente manodopera di origine extracomunitaria.
Nel 2011 in Campania il valore aggiunto ai prezzi di base del settore primario32 (agricoltura, caccia e pesca), per occupato, ammonta a 24.690,7 euro. Si tratta di un valore superiore a quello medio nazionale (22.515,1 euro per unità di lavoro).
Servizi turistici
L’infrastrutturazione turistica è sviluppata sopratutto lungo la fascia litoranea maggiormente urbanizzata, in relazione alla presenza di grandi attrattori di rilevanza internazionale. Nelle aree rurali le presenze turistiche sono, al confronto, meno rilevanti (ma in evidente crescita nell’ultimo decennio) e legate, da un lato, ad un’offerta di tipo tradizionale (turismo balneare, in particolare lungo la costa cilentana) e, dall’altro, allo sviluppo (seppure in forma ancora embrionale e scarsamente organizzato) di diverse forme di turismo in ambito rurale.
29 Diploma di qualifica agrario; scuola media superiore ad indirizzo agrario; laurea o diploma universitario agrario 30 Indicatore di contesto CI13 – Occupati per attività economica (agricoltura) 31 Indicatore di contesto C22 – Manodopera agricola 32 Indicatore di contesto C14 ‐ Produttività del lavoro in agricoltura Il dato assorbe anche quello relative all’indicatore C15 – Produttività del lavoro nel settore forestale
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L’indagine Istat sulla capacità ricettiva degli esercizi (nella quale sono considerate anche le diverse tipologie di offerta turistica in ambito rurale) indica la presenza complessiva di 7.108 strutture, per una disponibilità di oltre 216.630 posti letto33 (4.698.852 in Italia). Si tratta in prevalenza di strutture extra‐alberghiere (5.411), che rendono disponibili circa 102.000 posti letto.
Si rileva che il 68,9% dei posti letto è collocato nella macroarea C, segue la B con il 17,9% dei posti letto, la A con il 9,9% e la D con il 3,4%.
Si osserva che le attività alberghiere in senso stretto sono concentrate nelle aree rurali fortemente urbanizzate, caratterizzate da elementi di elevato pregio naturalistico e paesaggistico (in particolare, la Penisola sorrentina e l’arcipelago campano, in cui si concentra quasi la metà dell’offerta di posti letto alberghieri della regione). Nelle aree interne, ed in particolare nell’area cilentana, prevalgono invece gli esercizi complementare e B&B. Tali tipologie sono scarsamente presenti nei contesti più urbanizzati (Poli urbani ed aree rurali ad agricoltura intensiva) ma anche nelle aree intermedie ed in quelle interne con problemi complessivi di sviluppo.
Diversificazione e attività connesse
La diversificazione dell’economia rurale rappresenta, da almeno tre lustri, uno dei principali obiettivi del secondo pilastro della PAC. In tale contesto si inserisce anche l’obiettivo della diversificazione del reddito delle aziende agricole, che nel corso degli anni si è ulteriormente rafforzato, dando origine ad una robusta rete di attività in campo turistico‐ricettivo, nella piccola trasformazione agroalimentare e, più di recente, nella produzione di servizi alla collettività, di energia da fonti rinnovabili, ecc.
Con particolare riferimento alla produzione di beni/servizi connessi alle attività agricole, il recente censimento Istat 2010 ha raccolto informazioni sulla natura e tipologia delle attività connesse esercitate dalle aziende agricole che diversificano le proprie fonti di reddito.
Secondo le rilevazioni censuarie, nel complesso 4.790 aziende agricole (pari al 3,5% del totale) diversificano il proprio reddito svolgendo una o più attività connesse. La principale di tali attività è rappresentata dalla prima lavorazione di prodotti agricoli, svolta da 1.492 aziende; seguono le lavorazioni per conto terzi (903) e l’agriturismo (849).
Analizzando l’elenco delle attività esercitate dalle aziende agricole, si osserva che alcune di queste sono riconducibili alle attività agricole in senso stretto, e vengono realizzate generalmente per ottimizzare la capacità dei fattori produttivi aziendali. In altri casi, invece, le attività svolte prevedono una diversificazione orizzontale o verticale, verso prodotti/servizi contigui, ma non collegati alla gestione agricola in senso stretto. Infine, in altre circostanza le strategie di diversificazione contemplano l’uso di tecnologie non connesse ai normali processi produttivi agricoli e rivolte a segmenti di mercato nuovi (diversificazione conglomerale.
33 Indicatore di contesto CI30 ‐ Infrastrutture turistiche nelle zone rurali
TABELLA INDICATORI SETTORIALI34
Indicatore Descrizione Area Agricoltura Industria alimentare Forestali Turismo
CI 13 Occupati per attività economica (% sul totale) Campania 4,65 1,84 0,24 4,43 Italia 3,95 1,84 0,18 5,14
Indicatore Descrizione Area euro
CI 16 Produttività del lavoro nell'industria alimentare (euro/persone) Campania 43.367,66Italia 53.802,15
Indicatore Descrizione Area Classi di superficie
Zero ha meno di 2 ha (da 2 a 4.9 ha) (da 50 a 99.9 ha) (da 10 a 19.9 ha) (da 20 a 29.9 ha) (a 30 a 49.9 ha) (da 50 a 99.9 ha) (100 ha e oltre)
CI 17.1 Aziende per classe di SAU (%) Campania 0,21 60,27 22,48 0,45 4,72 1,3 0,87 0,45 0,21
Italia 0,33 50,55 22,07 1,8 7,41 2,88 2,52 1,8 0,96
Indicatore Descrizione Area Zero meno di 2 000)
da 2 000 a 3 999
da 4 000 a 7 999
da 8 000 a 14 999
da 15 000 a 24 999
da 25 000 a 49 999
da 50 000 a 99 999
da 100 000 a 249 999
da 250 000 a 499 999
500 000 EUR e più
CI 17.2 Aziende per classe di dimensione economica (%) Campania 1,1 32,31 18,35 16,43 11,27 6,95 6,74 3,94 2,1 0,55 0,25 Italia 1,47 30,51 16,27 14,58 10,92 7,37 7,93 5,47 3,67 1,07 0,73
Indicatore Descrizione Campania Italia
CI 17.3 Dimensioni del lavoro (unità di lavoro annua/azienda) 0,58 0,59
CI 17.4 Dimensione economica in euro – produzione standard) 2.398.248.430 49.460.329.732
CI 17.5 Dimensione economica in euro: produzione standard /azienda ) 17.521 30.514
CI 17.6 Superficie Agricola Utilizzata 549.270 12.856.048
CI 17.7 Dimensione media delle aziende (dimensione fisica: ha SAU/aziende) 4,01 7,93
CI 17.8 Dimensione del lavoro espresso come numero di persone 279.670 3.392.700
Indicatore Descrizione Area ha
Seminativi Orti Legnose agrarie Prati permanenti e pascoli Totale SAU
CI 18 Utilizzazione del terreno Campania 267.839 3.512 157.486 120.434 549.270 Italia 7.009.311 31.896 2.380.769 3.434.073 12.856.048
34 Non sono ancora disponibili i dati relativi agli Indicatori 15, 25, 26, 27
Indicatore Descrizione Area Agricoltura Industria alimentare
CI 14 Produttività del lavoro in (euro/unità lavorative annuali) Campania 24.690,71 43.367,66Italia 22.515,14 53802,15
19
Indicatore Descrizione Area % della SAU totale ha SAU
CI 19 Utilizzazione del terreno condotto con metodo biologico Campania 2,61 14.373,81Italia 6,08 781.489,69
Indicatore Descrizione Area % della SAU totale ha
CI 20 Superficie Irrigua Campania 15,46 84.942,74Italia 18,82 2.418.920,70
Indicatore Descrizione Area UBA
CI 21 Unità di bestiame adulto (UBA) Campania 461.313Italia 9.957.399
Indicatore Descrizione Area
% dei membri della famiglia % della forza lavoro familiare % della forza lavoro extra‐familiare % della forza lavoro regolare
Membri della famiglia del conduttore (Femmine)
Membri della famiglia del conduttore azienda (Maschi)
Membri della famiglia del conduttore (totale)
Forza lavoro familiare (Femmine)
Forza lavoro familiare (Maschi)
Forza lavoro familiare (totale)
Manodopera extra‐
familiare (Femmine)
Manodopera extra‐
familiare (Maschi)
Manodopera extra‐
familiare (totale)
Conduttori unici che lavorano in azienda
(Femmine)
Conduttori unici che lavorano in azienda (Maschi)
Conduttori unici che lavorano in azienda (totale)
CI 22 Manodopera Campania 52,76 47,24 46,18 45,63 54,37 94,74 48,81 51,19 5,26 38,85 61,15 48,56 Italia 53,63 46,37 46,37 43,47 56,53 56,53 27,33 72,67 72,67 33,16 66,84 47,27
Indicatore Descrizione Area Meno di 35 anni Dai 35 ai 54 anni 55 anni e oltre
CI 23 Età del conduttore (% sul totale del numero di conduttori) Campania 5,03 37,34 57,63 Italia 5,07 33,41 61,52
Indicatore Descrizione Solo esperienze pratiche Formazione di base Formazione completa Totale
CI 24 Classi di età per titolo di studio
Valori percentuali (per classe di età)
Campania Italia Campania Italia Campania Italia Campania Italia
0‐34 0,1% 0,2% 93,0% 86,0% 6,9% 13,8% 100% 100%
35‐54 0,6% 0,4% 96,2% 92,6% 3,2% 7,0% 100% 100%
55+ 10,0% 7,8% 88,8% 90,3% 1,2% 1,9% 100% 100%
Totale 6,0% 5,0% 91,8% 90,8% 2,2% 4,2% 100% 100%
Valori percentuali (per livello di formazione)
Campania Italia Campania Italia Campania Italia Campania Italia
0‐34 0,1% 0,2% 5,1% 4,8% 15,5% 16,6% 5,0% 5,1%
35‐54 3,6% 3,0% 39,1% 34,1% 53,9% 55,4% 37,3% 33,4%
55+ 96,3% 96,8% 55,8% 61,1% 30,6% 28,0% 57,6% 61,5%
Totale 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%
20
Indicatore Descrizione Unità di misura
Area Investimenti fissi lordi in agricoltura
CI 2835 Investimenti fissi lordi in agricoltura
% del valore aggiunto lordo in AgricolturaCampania
27,84
Milioni di EURO 626,2
% del valore aggiunto lordo in AgricolturaItalia
40,70
Milioni di EURO 10.733,95
Indicatore Descrizione Area % sul totale ha
CI 29 Superficie forestale Campania 32,76 445.000Italia 34,74 10.467.000
Indicatore Descrizione Area
(A) Distribuzione dei posti letto
(PSN)
(B) Distribuzione dei posti letto
(PSN)
(C) Distribuzione dei posti letto
(PSN)
(D) Distribuzione dei posti letto
(PSN)
Distribuzione dei posti letto nelle regioni intermedie
Distribuzione dei posti letto nelle regioni
rurali
Distribuzione dei posti letto nelle regioni
urbane
Distribuzione in aree
densamente popolate
Distribuzione in aree
mediamente popolate
Distribuzione in aree
scarsamente popolate
CI 30 Infrastrutture turistiche nelle zone rurali
Campania 9,9 17,8 68,9 3,4 49,27 2,66 48,07 17,97 46,22 35,81
Italia 20,92 25,23 26,35 27,5 51,75 31,51 16,74 16,41 37,69 45,91
35 I dati sono riferiti al 2010
ANALISI DI CONTESTO DELL’AMBIENTE
Agricoltura e sistemi naturali
La superficie della regione Campania, secondo la classificazione Corine Land Cover36 2006, è destinata ad aree agricole per il 54,97% (52,30% Italia), per il 28,23% ad aree forestali (26,09% il dato dell’Italia ) e per l’6,72% ad aree artificiali (4,95% Italia). Il 3,89% è destinato a pascoli naturali (4,87% il dato dell’Italia), il 2,11% è rappresentato da aree naturali (7,16% Italia) ed infine, una piccola percentuale, 0,2%, è classificata come altra area (1,02% Italia).
Nell’analisi del contesto ambientale riveste un ruolo basilare la relazione che intercorre tra agricoltura e i sistemi ambientali ed assume rilievo la classificazione delle superfici in base al carattere più o meno intensivo delle attività agricole. In particolare, le aree gestite con input di elevata intensità37 rappresentano il 29,63% della SAU regionale, valore superiore a quello nazionale (pari al 23,7%). Il 25,34% della SAU è gestita con attività agricola di media intensità (25,7% il dato nazionale), il 45% della superficie agricola è coltivato secondo metodi con bassa intensità di input per ettaro (50,6% il dato nazionale).
Ricade nelle zone svantaggiate38 il 69,29% della SAU regionale ed è importante notare come il dato della Campania sia di molto superiore al dato nazionale che individua il 54,44% della SAU come zona svantaggiata.
Aree protette
La gran parte degli habitat naturali e dei sistemi agricoli ad elevata valenza naturale risulta distribuita prevalentemente in ambienti collinari e montani ed in molti casi compresa nell’ambito di aree naturali protette costituenti punti nodali della rete ecologica regionale. Considerando le sole zone terrestri, il sistema delle aree naturali protette in Campania interessa nel complesso circa 475.000 ettari, pari a poco meno del 35% dell’intera superficie della regione, e risulta pertanto soggetto a forme di tutela della biodiversità in base alla presenza degli strumenti di pianificazione e regolamentazione previsti per tali aree dalla normativa vigente. In particolare, la superficie terrestre complessiva dei Parchi e delle Riserve Naturali, sia di rilievo nazionale che regionale, è pari a circa 350.000 ettari, quella dei Siti di Interesse Comunitario e delle Zone di Protezione Speciale rientranti nella Rete Natura 2000 è pari a circa 370.000 ettari.
Le misure di sostegno e di evoluzione eco‐sostenibile delle attività agroforestali nelle aree protette della Campania costituiscono uno dei principali strumenti, se non il principale, delle politiche regionali di tutela della biodiversità e di manutenzione attiva dei paesaggi naturali e a tale proposito è di fondamentale importanza dar e uno sguardo alla Rete Natura 200039. Il 27,45% % del territorio regionale rientra nell’ambito della rete Natura 2000, dato superiore a quello nazionale che è pari a 19,17%. I
Nel complesso, la SAU ricadente nelle aree Natura 2000 è di 62.832 ettari, pari al 7,8% della SAU (CUAS 2009). L’indicatore statistico CI34 ‐ Natura 2000 ‐ riporta che la quota di SAU in area Natura 2000 è pari a 22,58% per la Campania e 18,32% per l’Italia. I due terzi circa della superficie agroforestale nelle aree della Rete Natura 2000 è costituita da boschi; il terzo restante si distribuisce in parti uguali tra ecosistemi agricoli (seminativi, arboreti, sistemi complessi) e praterie (prati permanenti, pascoli). Le foreste ricadenti nelle aree Natura 2000 della Campania costituiscono il 54,4%. L’indicatore CI34, per la Campania, indica 57,37% nel caso si parli di superficie forestale e 57,23% se si considera la superficie forestale compresi boschi‐macchie di transizione) della superficie forestale regionale complessiva
36 Indicatore di contesto CI31 – Copertura e uso del suolo (% della superficie totale)
37 Indicatore di contesto CI33 – Intensità agricola
38 Indicatore di contesto CI32 – Zone svantaggiate 39Indicatore di contesto CI34 – Natura 2000
22
Tab. 5. Gli usi agroforestali dei suolo nella Rete Natura 2000
Usi del suolo (CUAS 2009) Area (ha) Area (% )
Seminativi 30.683,8 8,3
Colture legnose permanenti 22.339,5 6,0
Sistemi agricoli complessi 9.809,6 2,6
Pascoli 58.943,1 15,9
Boschi e arbusteti 240.588,3 64,9
Spazi naturali 421,7 0,1
Aree urbanizzate 3.713,0 1,0
Corpi idrici 4.043,0 1,1
Totale 370.542,1 100,0
Lo stato di conservazione degli habitat agroforestali40 nei SIC della rete Natura 2000, come valutato nelle schede descrittive ufficiali, è il seguente:
Stato di conservazione ricadente in classe “A” (Eccellente): 110.576 ettari (30,4%)
Stato di conservazione ricadente in classe “B” (Buono): 203.716 ettari (56,1%)
Stato di conservazione ricadente in classe “C” (Medio‐ridotto): 30.591ettari (8,4%)
Stato di conservazione non specificato: 18.328 ettari (5,1%).
In particolare, i SIC della Campania nei quali prevale uno stato di conservazione “C” (Medio‐ridotto) afferiscono in prevalenza alle seguenti tipologie ambientali:
- habitat agroforestali di pertinenza fluviale - habitat agroforestali in aree ad elevata antropizzazione (es. SIC dei vulcani e dei laghi flegrei) - habitat costieri, ad elevata pressione urbana e turistica.
La presenza di aree protette (ed in particolare di Parchi Nazionali e Regionali) all’interno di macroaree connotate da elevati indici di urbanizzazione (A) o dalla presenza di un’agricoltura intensiva e competitiva (B) pone le aziende agricole in esse operanti di fronte ad ulteriori vincoli che ne limitano la capacità competitiva.
In tali aree la gran parte delle aziende agricole dispone di meno di 2 ettari di SAU e non è prefigurabile un posizionamento competitivo sui mercati concorrenziali e la presenza di ulteriori vincoli posti alle attività produttive a tutela dell’ambiente e del paesaggio rischia di produrre effetti indesiderati, quali l’abbandono, con enorme danno ambientale e paesaggistico.
Tab. 6. Aree protette per macroarea, 2013
Superficie totale
Area Natura 2000 Area Parchi Naz_Reg Area Riserva Naturale Totale area protetta
Km2 Km2 % Km2 % Km2 % Km2 %
A 407,6 9,9 2,4% 5,8 1,4% ‐ 0,0% 15,6 3,8%B 2.162,1 149,9 6,9% 92,0 4,3% 31,9 1,5% 206,2 9,5%C 6.304,0 1.539,5 24,4% 1.770,3 28,1% 43,4 0,7% 2.328,9 36,9%D 4.797,3 2.005,7 41,8% 1.491,5 31,1% 25,2 0,5% 2.197,7 45,8%
Campania 13.670,9 3.705,0 27,1% 3.359,6 24,6% 100,5 0,7% 4.748,4 34,7%
Fonte: elaborazioni INEA su dati Autorità Ambientale Nota: i valori percentuali si riferiscono alla Superficie totale
40 Indicatore di contesto CI36 – Stato di conservazione degli habitat agricoli
23
Le aree agricole di elevato valore naturalistico41 costituiscono una risorsa di importanza strategica per la tutela della biodiversità regionale. Esse sono classificate come tali, su base di aspetti ecologici strutturali e funzionali, a prescindere dal fatto che ricadano o meno in aree protette. Secondo una stima indicativa preliminare le aree agricole regionali di elevato valore naturalistico potrebbero interessare una superficie stimabile sino a circa 82.000 ettari, pari al 10% circa della SAU regionale stimata su base cartografica (CUAS, 2009). Il dato nazionale è pari all’11,9%.
L'identificazione preliminare delle aree HNV ha preso in considerazione le seguenti tipologie ambientali:
Tab. 7. Aree agricole di elevato valore naturalistico
Aree agricole di elevato valore naturalistico Sup. (ha) Sup.(%)
Seminativi e praterie delle conche carsiche e dei pianori sommitali dei rilievi appenninici
6.779 8,2
Praterie di ricolonizzazione e pascoli sfalciabili dei rilievi collinari 35.513 43,0
Praterie della pianura alluvionale e costiera 4.516 5,5
Mosaici agricoli e agroforestali complessi e castagneti da frutto dei rilievi collinari, vulcanici e montani, complementari ad habitat a più elevata naturalità
42.589 51,5
Totale 82.618 100,0
Fonte: elaborazioni da CUAS 2009 e PTR Campania
Il 40,56% della SAU della Campania è coltivata per generare agricoltura ad alto valore naturale, in Italia tale percentuale è molto più elevata 51,29%. E’ indicata una ulteriore classificazione della quota di SAU destinata a metodi di coltivazione atti a generare elevato valore naturale, ed è basata su una scala di valore naturale così distinta: Molto Alta, Alta, Media, Bassa. E’ abbastanza intuibile che la quota di SAU più elevata, sia per la Campania sia per l’Italia, riguardi la classe di valore naturale Media con valori di 15,23% e 14,29%, rispettivamente. La percentuale minore interessa la Classe di valore naturale Bassa con l’1,38% per la Campania e il 4,02% per l’Italia.
Contenuto in sostanza organica
Il contenuto in sostanza organica è uno dei parametri cruciali di qualità dei suoli: da esso dipendono la fertilità chimica, fisica e biologica, e quindi i processi produttivi agroforestali, ma anche i funzionamenti idraulici e autodepurativi delle coperture pedologiche, nonché l'entità del rischio di erosione dei suoli nelle sue diverse forme.
Un'analisi approfondita dello stato di qualità delle coperture pedologiche regionali, in relazione al contenuto in sostanza organica sarà possibile a breve termine, con la disponibilità del data base pedologico associato alla nuova Carta dei suoli regionale 1:250.000, in fase di completamento. In sede preliminare, sulla base dei dati disponibili, è ragionevole ritenere che gli obiettivi di innalzamento del contenuto attuale in sostanza organica del suolo possano assumere rilevanza in una porzione consistente delle aree destinate a colture arative (seminativi, arboreti specializzati) situate nei sistemi collinari e di pianura del territorio regionale, per una superficie stimabile in circa 520.000 ettari, pari al 65% della SAU CUAS 2009. A livello
41 Indicatore di contesto CI37 – AVN (Agricoltura ad alto valore naturale)
24
nazionale i dati indicano che, per quel che concerne la sostanza organica nel terreno arabile42 (g kg‐1) essa è di 11,34 in termini di carbonio organico medio con una devisione standard di contenuto di carbonio organico di 1,34.
Rischio di erosione
Il territorio regionale è per tre quarti caratterizzato da sistemi montani e collinari, nei quali assumono rilevanza le politiche di conservazione dei suoli nei confronti delle dinamiche erosive, nelle forme di erosione idrica diffusa e accelerata.
In sede di valutazione preliminare il rischio potenziale di erosione è più elevato (vedi tabella seguente):
- nei sistemi di terre della montagna calcarea con coperture pircolastiche, che costituiscono il 27,8% circa del territorio regionale;
- nel sistema di terre della collina argillosa (15,7% del territorio regionale)
Considerando la percentuale della superficie totale in ogni categoria, si registra, per quanto riguarda i prati permanenti, una quota del 9,41% (9,57 il dato dell’Italia) interessata da una erosione idrica, da moderata a grave, e dunque con una perdita di maggiore di 11 tonnellate annue per ettaro. Per quanto riguarda la quota di seminativi e colture permanenti, interessate dallo stesso fenomeno di erosione idrica, la percentuale è di 39,79%, dato superiore a quello nazionale di circa 9 punti percentuali.
In merito alla superficie agricola totale, indipendentemente dalla forma di utilizzazione del terreno, la quota suscettibile di erosione43, da moderata a grave, è 37,31% per la Campania e 27,84% per l’Italia.
Tab. 8. Aree a rischio erosione
Sistema di terre Superficie
(ha)
Superficie
(% del territorio regionale)
Aspetti salienti connessi al rischio di erosione
Alta montagna 103.417 7,6 Il rischio potenziale di erosione idrica diffusa è elevato, ed è influenzato negativamente dal fattore morfologico, da valori elevati di erosività delle piogge, dal fatto che i suoli, derivanti da coperture piroclastiche ricoprenti il substrato calcareo, non sono rinnovabili. Il rischio di erosione idrica accelerata (colate piroclastiche rapide) è localmente elevato.
Montagnacalcarea 274.598 20,2
Rilievimontanisuflysch 22.545 1,7 Rischio potenziale di erosione idrica diffusa moderato.
Collinainternaargillosa 213.217 15,7 Il rischio potenziale di erosione idrica diffusa da moderato a elevato. Il rischio di erosione idrica accelerata (movimenti di massa) è localmente elevato o molto elevato.
Collinainternasuflysch 198.489 14,6 Rischio potenziale di erosione idrica diffusa moderato, localmente elevato
Collinacostiera 127.278 9,4 Rischio potenziale di erosione idrica diffusa moderato, localmente elevato
Rilievivulcanici 65.373 4,8 Rischio potenziale di erosione idrica diffusa da basso a moderato. In condizioni gestionali inadeguate le perdite di suolo per erosione possono essere elevate, ma le caratteristiche del substrato (depositi piroclastici sciolti) consentono una relativamente rapida rinnovabilità dei suoli.
Fonte: elaborazione da PTR Campania
42 Indicatore di contesto CI41 – Sostanza organica nel terreno arabile
43 Indicatore di contesto CI42 – Erosione del suolo
25
Important Bird Areas
L’acronimo IBA – Important Birds Areas – identifica i luoghi strategicamente importanti per la conservazione delle oltre 9.000 specie di uccelli ed è attribuito da BirdLife International, l’associazione internazionale che riunisce oltre 100 associazioni ambientaliste e protezioniste (tra cui in Italia la LIPU).
Nate dalla necessità di individuare le aree da proteggere attraverso la direttiva Uccelli 409/79, che già prevedeva l’individuazione di “Zone di Protezione Speciali per la Fauna”, le aree IBA rivestono oggi grande importanza per lo sviluppo e la tutela delle popolazioni di uccelli che vi risiedono stanzialmente o stagionalmente.
Le aree IBA, per le caratteristiche che le contraddistinguono, rientrano spessissimo tra le zone protette anche da altre direttive europee o internazionali come, ad esempio, la convenzione di Ramsar.
Le aree IBA designate per la Campania sono:
1. 124 Matese (Campania, Molise)
2. 126 Monti della Daunia (Puglia, Molise, Campania)
3. 131 Isola di Capri
4. 132 Media Valle del Fiume Sele
5. 133 Monti Picentini
6. 134 Monti Alburni
7. 136 Monte Cervati
8. 140 Costa tra Marina di Camerota Policastro Bussentino
- Allo stato attuale il 68% delle superficie IBA è stata designata come ZPS, percentuale che aumenterebbe fino al 86,6% se venissero designati i SIC ricadenti nelle IBA.
- Le IBA 132 “Media Valle del Fiume Sele”, 133 “Monti Picentini”, e 136 “Monte Cervati” risultano interamente designate come ZPS.
- L’IBA 136 “Monte Cervati” è coperta per l’89,6% da ZPS.
- Le IBA 124 “Matese”, 126 “Monti della Daunia”, 131 “Isola di Capri”, e 140 “Costa tra Marina di Camerota e Policastro Bussentino” non sono coperte da ZPS.
- L’IBA Matese campana è però interessata per l’87,8% da SIC, i Monti della Daunia per il 14,2%, l’Isola di Capri per il 27,6% e la Costa di Camerota per il 21,9%.
Farmland bird index44
L’andamento del FBI45 regionale, l’indicatore dell’andamento della popolazione delle specie di uccelli tipiche degli ambienti agricoli, è caratterizzato da una serie di oscillazioni, con valori massimi nel 2001 e 2010 e un valore minimo nel 2004. Negli ultimi tre anni l'indice appare in progressiva diminuzione e per il 2012 viene calcolato di 110,9 con una differenza di 10,9 punti percentuali rispetto ai valori registrati nel 2000.
44 Rete Rurale Nazionale & LIPU (2013). Campania – FarmlandBird Index, WoodlandBird Index e Andamenti di popolazione delle specie nel
periodo 2000‐2012.
45 Indicatore di contesto CI38 – Foresta protetta
26
I consumi idrici degli STR nei dati del Censimento dell’Agricoltura 2010
Il consumo irriguo regionale46 annuo in Campania, secondo i dati del 6° Censimento dell’Agricoltura 2010, è pari a 347.555 mc.
Secondo ISTAT, l’86% del consumo irriguo regionale annuo si concentra in soli 8 dei 28 STR regionali, che sono poi quelli nei quali ricadono le principali aree di pianura. In particolare:
‐ Il 30,3% del consumo irriguo regionale si concentra nell’STR “Piana del Volturno”, il 15,3% nell’STR “Piana del Sele”. Questi due STR, che rappresentano il 9% della superficie territoriale della Campania e l’11,9% della SAU regionale ISTAT 2010, concorrono da soli per circa la metà al consumo irriguo regionale annuo.
‐ La pianura vulcanica costiera, con gli STR “Piana Casertana”, “Piana Flegrea” e “Piana Campana” (nel complesso 6,5% della superficie territoriale regionale, 3,9% della SAU) partecipa per il 16,7% al consumo irriguo complessivo regionale annuo.
‐ L’STR “Roccamonfina – Piana del Garigliano” (4,1% sup. territoriale, 4,5% SAU regionale) contribuisce per il 9,8% al consumo regionale.
‐ Gli STR della media valle del Volturno (STR “Massiccio del Matese”, “Media Valle del Volturno”, 9,4 sup. territoriale regionale, 8,3% della SAU regionale), contribuiscono per il 12,5% al consumo irriguo complessivo regionale.
Un contributo minoritario al consumo irriguo regionale annuo ISTAT è fornito dagli STR:
‐ della montagna (17,5% della superficie territoriale regionale, 14,6% della SAU regionale ISTAT 2010), con una quota del 4,8%;
‐ della collina interna (31,4% della superficie territoriale regionale, 39% della SAU regionale ISTAT 2010), con una quota del 3,8%;
‐ della collina costiera (10,1% della superficie territoriale regionale, 9,1% della SAU regionale ISTAT 2010), con una quota del 3,9%; dei rilievi vulcanici (3,7% della superficie territoriale regionale, 1,1% della SAU regionale ISTAT 2010).
Secondo i dati ISTAT 2010 la fonte di approvvigionamento prevalente è l’emungimento da falda (54,9%). La captazione da corpi idrici superficiali copre il 7,3% del consumo regionale complessivo. L’approvvigionamento da schemi collettivi copre il 34,3 del consumo idrico complessivo.
Agricoltura ed emissione dei gas serra
Le emissioni di gas serra provenienti dall'agricoltura in Europa sono diminuite del 23,1% nel 2011 rispetto al 1990, seguendo la tendenza generale degli ultimi due decenni, anche se a cavallo tra il 2010 ed il 2011 le emissioni sono aumentate, a causa di un aumento delle emissioni dai suoli agricoli.
Il maggior contributo, in assoluto, alla formazione di gas serra è rappresentato dall’apporto di anidride carbonica derivante principalmente dai combustibili fossili. Segue per ordine di importanza il metano proveniente in primis dall’agricoltura oltre che dal sistema dei rifiuti e dell’energia. In sintesi le emissioni provengono principalmente dalla combustione degli impianti che producono energia, dai trasporti stradali e dai processi industriali in genere.
L’agricoltura non è tra i comparti maggiormente imputati, ma contribuisce in particolare con l’emissione di due gas serra: il metano ed il protossido di azoto.
Tale aumento è dovuto soprattutto alle emissioni di metano delle deiezioni enteriche da allevamenti bovini e bufalini, emissioni che nel 2010 hanno raggiunto il 76% del totale delle emissioni metanigene in agricoltura. A questo dato si deve aggiungere anche la gestione delle deiezioni animali (composti organici) che incide per il 17,2%. La causa è ascrivibile alla variazione della popolazione bufalina che nell’arco di dieci anni (nel periodo intercensuario) è aumentata del 100% raggiungendo un totale di 261.506 capi.
46 Indicatore di contesto CI39 – Estrazione dell’acqua in agricoltura
27
Le province maggiormente interessate dal fenomeno sono Caserta e Salerno, dove si concentra il maggior numero di allevamenti bovini e bufalini. In particolare la provincia di Caserta nel quinquennio 2005‐2010 ha visto aumentare le proprie emissioni metanigene (da deiezioni animali) del 25% circa.
Con DRD n. 160 del 22.04.2013 del Settore SIRCA, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania n. 22 del 29 aprile 2013, è stato approvato l'Allegato tecnico alla "Disciplina tecnica regionale per l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue derivanti da aziende di cui all'art. 101, comma 7, lettere a), b), c) del d.lgs. n. 152/2006 e da piccole aziende agroalimentari", in attuazione dell'art. 3 della legge regionale 22 novembre 2010, n. 14 "Tutela delle acque dall'inquinamento provocato da nitrati di origine agricola".
Il protossido di azoto che ha un indice GWP (Global Warming Potential)47 pari a 321 volte il valore di un grammo di anidride carbonica è diminuito costantemente a partire dall’anno 2000. Valore altalenante per l’ammoniaca che diminuisce rispetto ai valori registrati nel 2000, ma aumenta nel quinquennio 2005‐2010.
Per quel che riguarda i trasporti in agricoltura e silvicoltura i valori delle emissioni fanno registrare un calo generalizzato di tutte le voci in elenco
Altra fonte di emissioni48, ma anche di assorbimenti, sono considerate le emissioni annue complessive di biossido di carbonio (CO2), e l'emissione di metano (CH4) e protossido di azoto (N2O) da suoli agricoli (prati e terreni coltivati). Per la Campania, questo indicatore (CI45) relativamente all’anno 2010 è pari a ‐1.123,5 migliaia di tonnellate di CO2 equivalente49. Quindi gli assorbimenti risultano coprire e superare le emissioni corrispondenti.
Il bilancio energetico regionale
I consumi di energia sono in continuo calo da quando è iniziata la crisi economica: nel 2011 i consumi finali lordi in Italia hanno raggiunto i 346.367 GWh, riavvicinandosi ai valori pre‐crisi del 2008. Il saldo di energia con l’estero fa segnare una diminuzione percentuale pari al 2,1%. La diminuzione è molto più marcata nel centro‐sud. Al Nord si mantiene invece elevata la richiesta di energia (72,7miliardi di kWh pari al 46,7% dell’intera domanda nazionale per il periodo dal 1° gennaio al 30 giugno 2013).
L’offerta mostra come il tendenziale decremento della produzione da termoelettrico sia a favore dell’idroelettrico e delle rinnovabili. Gli impianti termoelettrici sono 71 (58 produttori e 13 autoproduttori) con una potenza efficiente lorda totale di 2.896 MW.
Nell’anno 2011 con una produzione lorda di 10.795 GWh di energia elettrica, la Campania non riesce a colmare il deficit di energia pari a ‐9.136 GWh, il quale rappresenta il 19,9% del deficit energetico espresso a livello nazionale.
Nel 2012 questo gap diminuisce per una combinazione tra aumento della produzione e stallo della domanda di energia. Infatti la produzione lorda passa a 11.131,5 GWh mentre l’energia richiesta diminuisce rispetto all’anno precedente 2011 (da 19.143 a 18.844 GWh). Il deficit di conseguenza raggiunge ‐8.432 GWh.
Il rapporto tra potenza efficiente lorda delle fonti rinnovabili e potenza totale in Campania è pari al 35,4% (anno 2011) valore superiore alla media nazionale del 33,9%, con un aumento di quasi 6 punti percentuali tra il 2010 ed il 2011.I consumi per categoria non mostrano omogeneità, piuttosto sono il settore agricoltura ed industria a mostrare il calo tra il 2011 ed 2012, mentre nel consumo di tipo domestico ma soprattutto nel terziario si rileva un aumento nei consumi che riguarda tutte le province campane. L’agricoltura rappresenta l’1,6% dei consumi totali50, mentre l’industria alimentare rappresenta il 4,5% dei consumi.
47 È una misura di quanto un dato gas serra contribuisca al riscaldamento globale rispetto al CO2.
48 Indicatore di contesto CI45 – Emissioni di gas serra provenienti dall’agricoltura
49 Il segno negativo sta ad indicare che l’assorbimento è maggiore delle emissioni
50 Indicatore di contesto CI44 – Consumo di energia in agricoltura, silvicoltura e industria alimentare
28
Tab. 9. Consumi per settore e provincia. Anno 2012 (in GWh)
Fonte: Terna ‐(2)Al netto dei consumi FS per trazione pari a GWh 283,7.
Oltre l’idroelettrico, le fonti energetiche rinnovabili in Campania sono rappresentate principalmente da eolico (48% dell’energia rinnovabile prodotta) da biomasse solide e liquide (24%) e fotovoltaico (9%). Comprensibilmente il termoelettrico rappresenta ancora parte sostanziale (48%) della potenza efficiente lorda. Il fotovoltaico con i suoi 16.571 impianti raggiunge solo il 9,2% della potenza totale (il numero degli impianti incentivati sale nel 2013 a 20.494 con 647 MW di potenza (dati GSE – Atlasole). La produzione di energia in cogenerazione da biogas e biomassa solida non ha ancora trovato la strada giusta per aprirsi un mercato a livello locale.
Rispetto agli obiettivi del 2020, ridefiniti e quantificati per ciascuna regione dal D.M. “Burden Sharing” del 15 marzo 2012, la Campania ha raggiunto la quota 16,4% (consumo finale lordo energia elettrica da FER (CFL FER E)51 su consumi finali lordi energia (CFL E) incrementando il CFL da FER da 2.790 GWh del 2010 a 3.211 GWh del 2011 (+15,1% su base annua). Per quel che riguarda invece la quota di produzione lorda di energia elettrica da fonte rinnovabile, nell’anno 2011 è arrivata al 15,3%, valore ben al di sotto della quota Italia (23,8%) e del valore per il Mezzogiorno (23,3)%.
Complessivamente sono ancora poche le aziende agricole che utilizzano impianti per la produzione di energia rinnovabile. In prevalenza si tratta di fotovoltaico e per le macroaree C e D, anche di eolico con impianti di piccola taglia oppure caldaie per la sola produzione termica che utilizzano biomasse solide. Lo sfruttamento dei sottoprodotti di origine agricola è ancora ben lontano dalla fase di sviluppo.
Gli impianti aziendali sono utilizzati in prevalenza per autoconsumo e sono poche le aziende che, prevalentemente con impianti che sfruttano energia solare, producono un extra reddito (46 aziende su un totale di 59). Dai dati Istat si evince come gli impianti a biogas, i pochi presenti in Campania, non sono di proprietà di aziende agricole figura solo un impianto di questa tipologia), segno della riluttanza delle aziende ad investire in questo comparto energetico nonostante debbano affrontare e risolvere problematiche connesse allo smaltimento dei residui agricoli.
La produzione totale di energia rinnovabile da attività agricole e forestali è di 275,87 Ktep è rappresenta il 26% della produzione totale di energia da fonti rinnovabili52
51 CFL FER E = Consumo Finale Lordo di Energia Elettrica Rinnovabile, “calcolato come quantità di elettricità prodotta a livello nazionale da fonti
energetiche rinnovabili, escludendo la produzione di elettricità in centrali di pompaggio con il ricorso all’acqua precedentemente pompata a monte. Il CFL FER E è pertanto pari alla somma della produzione rinnovabile di tutte le tipologie di impianto, tranne che per le produzioni idroelettrica ed eolica per le quali è presa in considerazione la loro normalizzata. 52 Indicatore di contesto CI43 – Produzione di energia rinnovabile da attività agricole e forestali
TABELLA INDICATORI AMBIENTALI53
Indicatore Descrizione Area Superficie agricola
Superficie artificiale
Superficie forestale
Area naturalePascoli naturali
Altra area (include mare e acque interne)
Boschi/arbusti di transizione
Totale superficie agricola
Totale superficie forestale
CI 31 Copertura e uso del suolo (%)
Campania 54,97 6,72 28,23 2,11 3,89 0,2 3,88 58,86 32,11 Italia 52,3 4,95 26,09 7,16 4,87 1,02 3,61 57,17 29,7
Indicatore Descrizione Area Aree svantaggiate di montagna (ex‐art.18)
Altre aree svantaggiate(ex‐art.19)
Zone svantaggiate specifica (ex‐art.20)
Totale SAU in zone svantaggiate
Sau in zone non svantaggiate
CI 32 Zone svantaggiate (% del totale SAU)
Campania 52,23 15,62 1,44 69,29 30,71
Italia 30,11 22,31 2,01 54,44 45,56
Indicatore Descrizione Area Intensità degli input agricoli‐ Sau gestita con alta
intensità di input per ha
Intensità degli input agricoli ‐ Sau gestita con bassa intensità di input per
ha
Intensità degli input agricoli ‐ Sau gestita con media intensità di input per ha
CI 33 Intensità agricola% del totale SAU
Campania 29,63 45,04 25,34
Italia 23,7 50,6 25,7
Indicatore Descrizione Campania Italia
CI 34 Natura 2000
% della superficie forestale Superficie forestale 57,37 29,74Superficie forestale (inclusi boschi‐macchie di transizione ) 57,23 30,22
% del territorio Territorio sotto la rete di Natura 2000 27,45 19,17Territorio in Siti di Natura 2000 di importanza comunitaria (SIC) 24,92 14,39Territorio sotto zone di protezione speciale di Natura 2000 (ZPS) 14,25 13,52
% della SAU Totale SAU sotto Natura 2000 22,58 18,32SAU sotto Natura 2000 ‐ Superficie agricola 9,61 7,7SAU sotto Natura 2000 ‐ Superficie agricola (compresi i pascoli naturali) 12,97 10,62
Indicatore Descrizione Area indice di uccelli agricoli (FBI ‐ conservazione delle specie
tipiche degli ambienti agricoli)
CI 35 Indice di uccelli agricoli Index (2000=100)
Campania 110,9Italia 102,3
% della SAU totale
Indicatore Descrizione Area SAU coltivata per generare AVN alto
valore naturale
SAU coltivata per generare AVN ‐ classe di valore naturale Alta
SAU coltivata per generare AVN ‐ classe di valore naturale Bassa
SAU coltivata per generare AVN ‐ classe di valore naturale Media
SAU coltivata per generare AVN ‐ classe di valore naturale Molto Alta
CI 37 Agricoltura ad alto valore naturale (AVN)
Campania 40,56 9,97 13,98 15,23 1,38 Italia 51,29 11,91 21,08 14,29 4,02
53 Nella TABELLA INDICATORI AMBIENTALI non sarà riportato l’indicatore CI36 – Stato di conservazione degli habitat agricoli ‐ perché è stata adottata una classificazione diversa da quella indicata dal Mipaaf‐Rete Rurale Nazionale che, tra l’altro, fornisce dati solo di livello nazionale. Anche per gli indicatori CI38 ‐ Foresta Protetta‐, CI40 – Qualità dell’acqua‐, CI41 ‐ Sostanza Organica del Suolo‐ , nella tabella degli indicatori fornita dalla RRN manca il dato regionale, pertanto, sono stati commentati solo nel testo sulla base di informazioni derivanti da fonti ufficiali.
30
Indicatore Descrizione Area 1000 m3
CI 39 Estrazione dell'acqua in agricoltura (1000 m3)
Campania 427.250,31Italia 11.570.290,30
Indicatore Descrizione Area % della superficie totale ‐ Quota della superficie agricola stimata interessata a moderata a grave erosione idrica
(> 11 t / ha / anno) ‐ prati permanenti (> 11 t / ha / anno) ‐ Superficie dei seminativi e
delle colture permanenti. (> 11 t / ha / anno) ‐ superficie agricola totale
CI 42 L'erosione del suolo da parte dell'acqua
Campania 9,41 39,79 37,31 Italia 9,57 30,1 27,84
Indicatore Descrizione Area Produzione totale di
energia rinnovabile (%)Produzione totale di energia
rinnovabile (ktep)
CI 43 Produzione di energia rinnovabile da attività agricole e forestali
Campania 26 275,87Italia 13 7.006,06
Indicatore Descrizione Area
% del consumo totale di energia finale kg di equivalente petrolio
per ettaro di SAU + forestali
ktep
Uso diretto di energia nel settore agricolo /
forestale
Utilizzo diretto di energia nella trasformazione
alimentare
Uso diretto di energia nel settore agricolo / forestale
Uso diretto di energia nel settore agricolo / forestale
Uso diretto di energia nel settore agricolo / forestale
Utilizzo diretto di energia nella trasformazione alimentare
Consumo totale di
energia finale
CI 44 Consumo di energia in agricoltura, la silvicoltura e l'industria alimentare
Campania 2,2 4,46 145,76 145 294 6.599
Italia 2,44 2,57 133,21 2.716 3.107 3.271 127.281
Indicatore Descrizione Area % del consumo totale di energia finale kg di equivalente petrolio per ettaro di SAU + forestali
Uso diretto di energia nel settore agricolo / forestale
Utilizzo diretto di energia nella trasformazione alimentare
Uso diretto di energia nel settore agricolo / forestale
CI 44.1 Produzione di energia rinnovabile da attività agricole e forestali Campania 2,2 4,46 145,76Italia 2,44 2,57 133,21
Indicatore
Descrizione Area ktep
Uso diretto di energia nel settore agricolo /
forestale Utilizzo diretto di energia nella trasformazione alimentare
Consumo totale di energia finale
CI 44.2 Produzione di energia rinnovabile da attività agricole e forestali
Campania 145 294 6.599Italia 3.107 3.271 127.281
Indicatore Descrizione Area
% del totale delle emissioni di gas serra
Quota agricola (compresi i suoli) delle emissioni nette
totali ‐ 1990
Quota agricola (compresi i suoli) delle emissioni nette
totali ‐ 1995
Quota agricola (compresi i suoli) delle emissioni nette
totali ‐ 2000
Quota agricola (compresi i suoli) delle emissioni nette totali ‐ 2005
Quota agricola (compresi i suoli) delle emissioni nette totali ‐ 2010
CI 45.1 Emissioni di gas serra provenienti dall'agricoltura
Campania 7,26 8,35 8,32 7,83 6,16 Italia 7,73 7,75 6,9 5,77 5,24
31
Indicatore Descrizione Area 1.000 t di CO2 equivalente
Emissioni annue complessive di metano (CH4) e protossido di azoto (N20) da agricoltura
1990 1995 2000 2005 2010
CI 45.2 Emissioni di gas serra provenienti dall'agricoltura
Campania 1.750.704,74 1.756.741,4 1.986.748,6 1.889.792,2 1.898.320,3 Italia 40.736,72 40.517,47 40.134,3 37.362,03 33.741,17
Indicatore Descrizione Area
t of CO2 equivalenteEmissioni annuali aggregati e l'assorbimento di anidride carbonica (CO2) e le emissioni di protossido di azoto (N2O) da terreni coltivati e
praterie categorie IPCC d'uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura settore
1990 1995 2000 2005 2010
CI 45.3 Emissioni di gas serra provenienti dall'agricoltura
Campania ‐59.444,08 ‐45.942,86 ‐71.860,47 ‐212.425,36 ‐520.295,41 Italia ‐1.564,18 ‐1.790,40 ‐3.887,91 ‐6.449,49 ‐9.773,64
Indicatore Descrizione Area
t of CO2 equivalenteEmissioni di gas serra totali, incluso LULUCF (esclusi 080.502 traffico aeroporto internazionale e 080.504
traffico crocieristico internazionale)
1990 1995 2000 2005 2010
CI 45.4 Emissioni di gas serra provenienti dall'agricoltura
Campania 23.282.757,74 20.483.730,84 23.023.797,08 21.421.566,13 22.383.190,20Italia 506.830,43 499.857,76 525.466,63 536.162,08 456.973,03
Indicatore Descrizione Area
tonnellate di NH3Emissioni di Ammoniaca dall'agricoltura
Tutti gli altri sottosettori
broiler (4B9b) bovini da latte
(4B1a) bovini non da latte
(4B1b) galline ovaiole
(4B9a) suini (4B8)
fertilizzanti azotati di sintesi (4D1a)
Totale emissioni agricole
CI 45.5 Emissioni di gas serra provenienti dall'agricoltura
Campania 3.279,18 168,65 3.141,16 9.360,85 381,07 811,12 1.880,24 19.022,27 Italia 57,06 17,06 85,07 88,62 10,12 49,33 60,92 368,18
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