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4. Crioconcentrazione
La crioconcentrazione è un processo in cui si congela una parte dell’acqua presente in un
alimento, così da ottenere una sospensione di cristalli di ghiaccio in un fluido concentrato. Se
condotta in modo appropriato, i cristalli di ghiaccio possono essere estremamente puri, ovverouna bassissima quantità di prodotto viene incorporata al loro interno. I cristalli di ghiaccio
sono poi rimossi in qualche modo, così da ottenere il prodotto liquido concentrato.
Gli elementi fondamentali di un sistema di crioconcentrazione sono riassunti nella figura
seguente, e comprendono un sistema per la nucleazione dei cristalli di ghiaccio nel prodotto,
la conseguente crescita di questi cristalli sino ad una dimensione che li renda separabili dal
liquido, e poi il sistema di separazione stesso. I separatori sono in genere presse, filtri
centrifughi, o colonne di lavaggio.
L’efficienza di un processo di crioconcentrazione può essere migliorata andando a pre-trattare
l’alimentazione, ad esempio con processi di inattivazione di enzimi, o separando fisicamente
alcuni componenti del prodotto (ad esempio pectine).
Il grado di concentrazione che si ottiene dipende dalla quantità di ghiaccio formato nel
prodotto. Se si riesce ad ottenere e separare ghiaccio puro, la seguente espressione può essereimpiegata:
1 ii
f
cw
c= −
wi = quantità (%) di ghiaccio rimossa
ci = concentrazione iniziale
c f = concentrazione finale
Si può quindi ricavare, per esempio, che per raddoppiare la concentrazione del prodotto è
necessario eliminare metà del ghiaccio inizialmente presente.Il processo di criococentrazione può essere applicato a molti prodotti alimentari, ad es. per la
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concentrazione di succhi di frutta, vino, birra, caffè, the, estratti di aromi, latte. La ragione
risiede nel fatto che il processo è condotto a bassa temperatura, e quindi non danneggia
prodotti termolabili. Inoltre, il processo di separazione non coinvolge la formazione di una
interfaccia liquido-vapore, e quindi non ci sono perdite di sostanze di natura volatile come
aromi e profumi. Infine, dal momento che si ottiene un prodotto a bassa temperatura, questo
può essere trattato con un processo di liofilizzazione (o con processi similari) per completarela rimozione dell’acqua.
La concentrazione del prodotto che si può ottenere è limitata dall’aumento di viscosità del
prodotto a bassa temperatura. In genere si arriva al 40-55%, mentre in un processo di
evaporazione si può arrivare al 70-95%. Inoltre, i costi (fissi ed operativi) del processo di
crioconcetrazione possono essere elevati, e si può avere una perdita significativa di prodotto
nella fase finale di separazione. Infine, nel caso di materie prime di bassa qualità, profumi ed
aromi indesiderati possono essere trattenuti nel prodotto (ad esempio nel caso di succhi
concentrati di frutta ottenuti da prodotti eccessivamente maturi).
La presenza di soluti causa una variazione nella temperatura di congelamento del liquido; in
particolar modo essa è abbassata di un valore che dipende dalla concentrazione e dal tipo di
soluti presenti. Durante un processo di crioconcentrazione discontinuo la temperatura di
congelamento è continuamente variabile sino a quanto si raggiunge il punto eutettico.
Se il processo di congelamento è condotto ad una temperatura eccessivamente bassa (o se laconcentrazione della soluzione aumenta eccessivamente) non si ha la formazione di cristalli di
ghiaccio puri, ma la fase solida viene ad avere la medesima composizione della fase liquida, e
non si ha alcuna separazione.
Le curve di congelamento sono generalmente determinate sperimentalmente e possono essere
utilizzate per determinare le condizioni operative in un processo di crioconcentrazione.
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Con l’aumentare della concentrazione si ha un aumento della viscosità. Ad esempio, la
viscosità di uno sciroppo di zucchero aumenta da 3.8 cP @ 20% a 93.9 cP @ 55% (a 0°C).
Ciò pone problemi al processo di cristallizzazione, ed alle apparecchiature che operano la
separazione del solvente congelato, la cui efficienza è in genere inversamente proporzionale
alla viscosità del sistema.
Nel cristallizzatore si ha la formazione e la crescita dei cristalli di ghiaccio che deve essere
controllata in modo tale per cui si ottenga una distribuzione uniforme delle dimensioni,
adeguata per il successivo sistema di separazione. La distribuzione ottimale delle dimensioni
è in genere monodispersa, con una elevata dimensione media.
Il controllo della formazione e crescita del ghiaccio si può avere in modi differenti. I
cristallizzatori possono essere a refrigerazione diretta, o a refrigerazione indiretta.
I cristallizzatori a refrigerazione diretta si caratterizzano per una intima miscelazione tra il
refrigerante (normalmente un liquido che bolle, come Freon, butano, ...) ed il prodotto dacongelare. Il refrigerante si trova in fase liquida ad alta pressione e viene fatto espandere sul
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prodotto facendolo passare attraverso un ugello, così da determinarne l’ebollizione a bassa
pressione. La vaporizzazione determina la refrigerazione del prodotto e la formazione dei
cristalli di ghiaccio all’interno del prodotto. Altra possibilità è quella di usare un elevato
grado di vuoto per vaporizzare parte dell’acqua che causa quindi la refrigerazione e la
cristallizzazione del ghiaccio. Entrambi i processi sono comunque scarsamente usati per
prodotti alimentari poiché si ha la formazione di una interfaccia liquido-vapore che può esserecausa di perdita di profumi ed aromi volatili.
Nei cristallizzatori a refrigerazione indiretta lo scambio termico avviene attraverso la
parete di uno scambiatore di calore, sistemato internamente od esternamente al
cristallizzatore. I cristallizzatori refrigerati internamente si possono ancora distinguere tra
quelli in cui la cristallizzazione ha luogo sulla superficie dello scambiatore di calore (si
attende la formazione di un certo spessore di ghiaccio, che viene poi allontanato), e quelli in
cui la cristallizzazione avviene in sospensione (in questo caso il prodotto è tenuto in
agitazione in un recipiente raffreddato dall’esterno).
In genere, in un primo momento l’alimento viene immesso in uno scambiatore di calore a
superficie raschiata. I nuclei di cristallizzazione che si formano, per intenso
sottoraffreddamento, in questa prima fase vengono immediatamente portati, insieme alla
soluzione ancora fluida, al ricristallizzatore, ossia la zona di accrescimento: qui l’alimento
permane per un tempo piuttosto lungo durante il quale dai nuclei di cristallizzazione più
grandi si formano macrocristalli di ghiaccio (0.2÷3 mm), a discapito di quelli più piccoli che
si sciolgono sottraendo calore e dunque mantenendo bassa la temperatura di esercizio. Lasospensione di ghiaccio nell’alimento concentrato viene poi immessa nelle colonne di
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lavaggio, ermeticamente chiuse in modo di ridurre le perdite di aroma dell’alimento. Qui il
concentrato viene separato dal ghiaccio attraverso un filtro e quindi rimosso dalla colonna,
mentre i cristalli subiscono un lavaggio in controcorrente con parte dell’acqua ottenuta dal
ghiaccio fuso, allo scopo di asportare ogni residuo di concentrato. L’acqua eliminata, data la
sua purezza, costituisce un sottoprodotto non trascurabile. La soluzione concentrata può
ritornare allo scambiatore di calore e ripetere il ciclo fino a che la concentrazione non siaquella desiderata. Infine, il prodotto viene fatto uscire dal ricristallizzatore attraverso un filtro
e avviato in un contenitore di raccolta.
La figura seguente mostra uno schema del processo nel caso in cui la cristallizzazione avviene
in sospensione:
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Recentemente sono stati proposti crioconcentratori a film cadente: la soluzione da concentrare
viene distribuita su superfici verticali all’interno delle quali scorre un fluido refrigerante. Il
concentrato viene separato dal ghiaccio per gravità, senza quindi richiedere la presenza di
colonne di lavaggio od altro.
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