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La Giornata* * * * * *

In Italia Nel mondo

Roma. Nelle intenzioni di Romano Prodi,con il “decreto di Capodanno” dovrebbeaprirsi la seconda fase della politica econo-mica del governo. La prima, quella destina-ta alla stabilizzazione dei conti pubblici, siintenderebbe chiusa con la Finanziaria ap-provata alla fine di dicembre; la seconda,inaugurata con alcuni sgravi settoriali (auto,edilizia, zootecnia), dovrebbe puntare allosviluppo dell’economia reale. I risultati del-la prima fase non lasciano però ben sperarenelle prospettive della seconda. Basterebbea questo proposito ricordare che il deficitpubblico nel corso del ’96 ha subito ben cin-que successivi aggiustamenti, passando dai109 miliardi programmati dal governo Dini,ai 137 mila e oltre con i quali si è chiuso l’an-no. Anche per questo il governo ha deciso dianticipare la seconda fase della “Prodino-mics”, che nelle intenzioni iniziali dovevaprendere il via solo alla fine del ’97, quandofosse stata certa, o quasi, l’ammissione nelprimo gruppo dell’Ume. Il varo anticipato dimisure destinate allo sviluppo è sembrato amolti anche frettoloso e poco coordinato.Tanto che l’acco-glienza riservataglisia dai sindacati chedalle imprese è sta-ta, a dir poco, tiepi-da. Sergio Cofferati,segretario generaledella Cgil si è mo-strato scettico: “Ilpacchetto di aiuti va-rato dal governo nonapre nessuna fasedue ma è la logicaconseguenza del per-corso intrapreso conla Finanziaria”.Niente più, insom-ma, che alcune contromisure per gli effettidepressivi della manovra economica. Men-tre Innocenzo Cipolletta, direttore generaledella Confidustria, sul “Sole 24 Ore”, ha dif-fidato il governo dal mettere in relazione glisgravi di fine d’anno con il contratto dei me-talmeccanici: “Se ciò accadesse - scrive Ci-polletta - il piccolo vantaggio promesso dal-le misure del decreto, sarebbe cancellato daun processo inflattivo”.

I dubbi persistenti di Antonio FazioMa che la fase dello sviluppo non sia an-

cora iniziata è dimostrato, oltre che da unapolitica fiscale ancora molto restrittiva, an-che da una politica monetaria assai pru-dente. Nel 1996 l’offerta di moneta è au-mentata in Italia ad un tasso tra il 3 e il 3,9per cento, mentre in Gran Bretagna, Ger-mania e Francia è cresciuta rispettivamen-te del 9, 10 e 6 per cento. La cautela dell’au-torità monetaria deriva in larga misura dalfatto che non si considera ancora debellatoil germe dell’inflazione a lungo periodo. Sultavolo del Governatore di Bankitalia, Anto-nio Fazio, ci sono le analisi dell’andamentodell’indice dei prezzi al consumo al nettodelle imposte dirette, da cui si ricava cheoggi l’inflazione viaggia ad un tasso nonmolto più basso della media degli ultimiquattro anni e ancora pari quasi al doppiodi quello dei partner europei. Così anchenella maggioranza i commenti sono ancoramolto cauti: “Non esiste una cesura nettatra fase uno e fase due”, dice LanfrancoTurci, responsabile economico del Pds, “lafase del risanamento dei conti non è finitae anzi durerà ancora a lungo, mentre quel-la dello sviluppo si affaccia appena con iprovvedimenti di fine d’anno. I grandi temidella cosiddetta fase due sono altri e di làda venire: la riorganizzazione della ricercascientifica, il rilancio dell’Enea nel dopo-nucleare, un rapporto diverso tra imprese,banche e Stato nel mezzogiorno, un pianoinformatico per il paese, oltre naturalmen-te all’applicazione del Patto sul lavoro. Nonbasterà tutto il ’97 per questi obiettivi e so-prattutto non basteranno le risorse, a menodi non utilizzare parte degli introiti delleprivatizzazioni”. Drastico il giudizio di Mar-co Taradash, capogruppo di FI in commis-sione Bilancio: “La fase due di Prodi è unabufala: il governo ha solo dato con la manodestra quello che aveva tolto con la sinistra:il rilancio dell’economia lo si fa guardandoal mercato, non al sindacato”. Dal fronteconfidustriale ci si limita ad apprezzaresenza enfasi le novità del governo: “Sonomisure opportune anche se non sufficienti”,dice Mario Cantoni, presidente delle picco-le imprese di Confindustria, “ma da qui aparlare di una nuova fase ce ne corre: nullaancora è stato fatto per l’occupazione e il ri-lancio dell’economia. Sulla fase due di Pro-di, siamo solo alle buone intenzioni.” E, in-fine, anche la Confcommercio mostra moltoscetticismo: “Se davvero si apre una fase disviluppo”, dice il presidente Sergio Billé, “èancora avvolta nella nebbia: quando ripar-tiranno le privatizzazioni? Da dove si pren-deranno i quattrini per il buco di primave-ra? E cosa si farà per il rilancio dell’occu-pazione? Se Prodi ha qualche idea si sbri-ghi a tirarla fuori, per ora si sentono solochiacchiere”.

ROMANO PRODI

New York. Con un affettuoso sonettod’addio composto dall’ambasciatore ingle-se Sir John Weston (“Per Paolo Fulci prin-cipe di New York/ siam tutti pronti a stap-pare lo champagne”), il Consiglio di sicu-rezza dell’Onu ha salutato a fine anno il suopresidente uscente. Era la fine non solo diun mese di presidenza italiana, ma del tur-no biennale di partecipazione dell’Italia ailavori del Consiglio. Per il futuro, però, ilruolo del nostro paese nell’Organizzazioneè incerto. Tutto ruota attorno alla “lotta”per la riforma del Consiglio di sicurezza,che ha visto nell’ultimo anno Roma impe-gnata a scongiurare un suo declassamento,che deriverebbe dall’inclusione di Germa-nia e Giappone, ma non dell’Italia, in formapermanente nel vertice dell’Onu. “Ritengoche le prospettive siano buone”, ci dicel’ambasciatore Fulci, facendo notare che lostesso rappresentante tedesco, Tono Eitel,ha recentemente attenuato i toni trionfali-stici, parlando di una probabilità di vittoria“del 50 per cento” per la linea di Bonn.

La fiducia italiana si fonda su un cambiodi strategia. Anzichépuntare esclusiva-mente sul successodella propria propo-sta di riforma (unarotazione “ravvici-nata” su base conti-nentale dei membrinon permanenti delConsiglio), Roma hadeciso di farla “con-vergere” con quelladei 116 paesi “nonallineati”, che riflet-te maggiormente lostatus quo, ma salvacomunque il nostro

paese dall’umiliazione comportata dal“quick-fix” nippo-tedesco. Con 116 membri,i “non allineati” partono a soli 8 voti di di-stanza dalla maggioranza (124 voti) neces-saria per l’approvazione da parte dell’As-semblea generale. Su questo piano, oppor-tunamente modificato, l’Italia cercherà oradi far convergere almeno in parte gli 81 tra“consensi” e “espressioni d’interesse” cheaveva già accumulato.

Fulci fa notare che le prospettive italia-ne restano però imprevedibili, sebbene lanostra popolarità all’Onu sia oggi alta, “co-me dimostra il fatto che negli ultimi dueanni l’Italia ha vinto quindici elezioni inmaniera consecutiva, un record per un pae-se membro, e con voti sempre crescenti”.L’ultima votazione chiesta qualche settima-na fa dall’Italia su una questione puramen-te simbolica – la proclamazione di una“giornata dei media” – ha confermato que-sto successo. In quell’occasione gli Usa, cheda tempo sostengono apertamente Bonn eTokyo sulla riforma del Consiglio, nonchéun gruppo di altri paesi seccamente defini-ti da Fulci “loro tirapiedi”, si sono opposti.L’appoggio americano ai tedeschi, che Ful-ci fa risalire anche “all’influenza dell’exambasciatore in Germania, Richard Hol-brook, sul dipartimento di Stato”, è consi-derato dal nostro ambasciatore “tutto som-mato d’importanza marginale. Nel 1963,quando gli Usa si opposero a una modificadel Consiglio (i membri non permanenti fu-rono portati da sei a dieci) la riforma passòlo stesso”. Ma questo evidentemente nonmigliora la situazione.

Cresce il ruolo strategico nel MediterraneoPer quanto abile e portata avanti con

grinta da Fulci, la linea italiana non puòche rimanere, in fondo, puramente difensi-va. Non meriterebbe, invece, di essere ac-compagnata da più forti iniziative di politi-ca estera? Se americani e europei si sonoconvinti che un alleato come l’Italia possaaccettare senza reagire una palese “degra-dazione”, ciò non è forse da imputare ancheall’inerzia della Farnesina? A queste do-mande, Fulci risponde facendo notare che“nel suo discorso dell’autunno scorso all’O-nu, il presidente Oscar Luigi Scalfaro haparlato di un possibile ‘disinteresse italia-no’ per l’Organizzazione”, eufemismo perdire di una possibile uscita dall’Onu. Maconviene che “in effetti, dovremmo smet-terla con questa politica di timidezza e di ti-more reverenziale” e che “dobbiamo in mo-do sempre più chiaro far capire che non in-tendiamo farci emarginare”. Trova assurdo,l’ambasciatore, che si pensi di declassareuna nazione “situata su quello che oggi è ilfianco cruciale dell’alleanza, esposto al fon-damentalismo islamico”. Circostanza, delresto, riconosciuta anche da Washington,che ha ridotto ovunque le sue forze in Eu-ropa, ma non in Italia. “Ma noi non possia-mo dare agli Usa totale collaborazione sen-za chiedere nulla in cambio. Dobbiamo di-re: manteneteci il dovuto riconoscimento”.Anche perché, ricorda Fulci, “ogni voltache l’Italia ha richiamato gli alleati al ri-spetto dei limiti, come quando ha vietatol’atterraggio degli Stealth americani negliaeroporti italiani, la sua credibilità inter-nazionale è improvvisamente aumentata”.

PER MANCUSO C’E’ UN FASCICOLOSU UN DEPUTATO DI NOVARA in pro-cura a Milano. L’ex Guardasigilli ha di-chiarato al Foglio: “Pacini Battaglia eD’Ambrosio, ‘compagni di smentite’.Per quanto riguarda quest’ultimo, nonha smentito un bel nulla, giacché nonavevo chiesto se Scalfaro fosse indaga-to, bensì, come il Foglio ieri precisava,se a Milano trovasi un incartamentoanonimamente intitolato a un ‘deputa-to di Novara’, comoda formula cripticaper indicare l’attuale presidente dellaRepubblica come percettore di illecitie clandestini contributi”.

In precedenza il pm aggiunto di Mi-lano Gerardo D’Ambrosio aveva invi-tato Filippo Mancuso a rivelare allaprocura ciò di cui è a conoscenza.

* * *E’ di 138.500 miliardi il fabbisogno

dello Stato nel ’96. Lo rende noto un co-municato del ministero del Tesoro.

* * *Fisichella: Costituente “letale per An”,

perché “l’elemento proporzionale in es-sa contenuto porterebbe all’isolamentol’opposizione di destra a favore di unnuovo centro”. Pierferdinando Casini(Ccd) propone Francesco Cossiga presi-dente della Bicamerale: “una garanzia”.

“Le riforme non le fa la sola maggio-ranza” dice Franco Marini (Ppi) che in-dica nella Bicamerale la “vera via” perrinnovare le istituzioni. Sui referendumMarco Pannella sollecita la Consulta “agiudicare secondo Costituzione piutto-sto che secondo giurisprudenze politi-che di regime”, dimostrando di non es-sere “l’estrema isola di arroccamentodel vecchio sistema”.

* * *Contrada presenta ricorso in appello

contro la sentenza di condanna. In pri-mo grado l’ex funzionario del Sisde èstato giudicato responsabile di concor-so esterno in associazione mafiosa.

* * *La Lega critica gli incentivi all’auto

decisi dal governo: “Quello di Prodi èun provvedimento varato solo per dareuna mano ad Agnelli. Un governo chericorre a questi espedienti, che ‘droga-no’ il mercato saldando gli interessidella politica con quelli delle grandi fa-miglie industriali rivela assoluta man-canza di cultura liberale”. Contro il de-creto di fine ’96 il Carroccio riproponela “ribellione fiscale”.

Il Wall Street Journal è scettico suRomano Prodi e sulla tenuta del suogoverno. Il quotidiano americano indi-vidua le maggiori difficoltà dell’esecuti-vo nelle inchieste di Mani pulite, nellemancate privatizzazioni e nel desideriodi Massimo D’Alema di scaricare il pre-mier appena possibile.

* * *Caso Pacciani, Lotti si autoaccusa:

“Ho sparato anch’io”. Giancarlo Lottidice di aver ucciso due tedeschi il 10settembre dell’83. Il legale di Lotti,Alessandro Falciani, nega che il suo as-sistito abbia fatto ammissioni.

* * *Metalmeccanici, Fiom contraria a mo-

dificare la proposta di mediazione delgoverno per il recupero salariale del-l’inflazione (200.000 lire).

Per la Cisal “il vero ostacolo per ilcontratto dei metalmeccanici è l’accor-do del ’93, ormai da rivedere”.

* * *Delitto Pecorelli, un’istanza dei legali

di Giulio Andreotti e Claudio Vitalonesarà presentata al pm Fausto Cardella.Gli avvocati chiedono di ridurre di al-meno la metà i 600 testimoni.

* * *L’Antitrust assolve Telecom dall’ac-

cusa di pubblicità ingannevole mossaleda alcune associazioni di consumatori.

* * *Borsa di Milano. Indice Mibtel in ri-

basso: 10.488 (-0,79%). La lira guadagna10,07 punti sul dollaro (1.520,50) e neperde 0,48 sul marco (983,19).

DURE CRITICHE A MILOSEVICDALLA CHIESA ORTODOSSA SERBA.Il Santo Sinodo e la Conferenza episco-pale, convocati in “riunione straordi-naria” dal Patriarca Pavle, hanno dif-fuso un comunicato congiunto nel qua-le si “deplora fortemente e pubblica-mente il comportamento del governo”e lo si esorta a rispettare la “volontàespressa liberamente dal popolo” nel-le annullate elezioni amministrativedel 17 novembre.

* * *Cresce in Francia il mercato dell’auto.

Il bilancio finale del 1996 ha fatto regi-strare un incremento delle vendite del10,5%, grazie anche a un attivo dell’1,8%nel mese di dicembre. In grande evi-denza la Fiat, che ha ottenuto una cre-scita del 40,8%.

* * *Siria, 9 morti per una bomba esplosa

in una stazione di autobus nel centro diDamasco. L’attentato è avvenuto mar-tedì, ma solo ieri le autorità sirianehanno diramato la notizia, attribuendola responsabilità dell’attentato ad agen-ti israeliani del Mossad.

* * *Israele, arrestato un presunto complice

dell’attentatore di Hebron. Sarebbe sta-to a conoscenza delle intenzioni del suocommilitone e non avrebbe informatole autorità.

* * *Contrattazioni sospese a Wall Street in

mattinata per eccesso di ribasso. L’in-dice Dow Jones aveva registrato un ca-lo di cinquanta punti nominali rispettoalla chiusura di martedì.

* * * Scarcerato in Belgio l’ex ministro

Alain van der Biest. Era stato arrestatoquattro mesi fa con l’accusa di esserecoinvolto nell’omicidio dell’ex vice-pre-mier Alain Cools. Van der Biest restacomunque indagato.

* * * Zaire, Mobutu promette elezioni de-

mocratiche in primavera. “In questomodo porteremo a termine il processodi democratizzazione”, ha detto il pre-sidente nel suo discorso di fine anno.

I ribelli zairesi dell’Alleanza demo-cratica delle forze di liberazione delCongo (Adfl) hanno conquistato lacittà di Bunia. Nei combattimenti sonomorte oltre 300 persone.

* * *Migliaia di hutu arrestati in Ruanda

perché sospettati di genocidio. L’accu-sa è di aver partecipato all’uccisione di800mila tutsi nel 1994.

* * *Esonerati in Perù alcuni alti ufficiali

prigionieri dei terroristi. Si tratta deigenerali Maximo Rivera, capo della po-lizia antiterrorismo, e Guillermo Bob-bio, responsabile della Sicurezza.

I terroristi Tupac Amaru hanno li-berato altri sette ostaggi. Sono 74 gliuomini ancora nelle loro mani.

* * *Libia, condannate a morte 8 persone

per spionaggio. Il Tribunale di Tripolile ha ritenute colpevoli di aver fornitoinformazioni attinenti alla sicurezza na-zionale ai servizi segreti americani.

* * *Il cardinale Ruini è partito per Cuba

insieme con una delegazione della Con-ferenza episcopale italiana. Il vicariodel Papa incontrerà le autorità politi-che e sociali dell’isola caraibica.

* * * Riapre l’ambasciata pakistana a Kabul.

Secondo il quotidiano di Islamabad TheNews “la sede sarebbe quasi pronta e ilpersonale già in Afghanistan”. Il Paki-stan è considerato il principale finan-ziatore dei Taleban.

* * *Iraq, aerei turchi hanno bombardato

le basi curde nel nord del paese per ilsecondo giorno consecutivo.

Siena. Il sindaco pidiessino Pierluigi Pic-cini continua a guidare una strenua batta-glia contro la privatizzazione del Monte deiPaschi di Siena. Martedì saranno nominati iquattro membri della deputazione dellaFondazione spettanti al comune, oltre ai duedesignati dalla Provincia e ai due del mini-stero del Tesoro (confermati Giovanni Grot-tanelli De’ Santi ed Enzo Cheli). Punto dipartenza della vicenda è l’esplicita intenzio-ne del sindaco di Siena di fare in modo chei membri della Fondazione nominino nelmaggio prossimo i membri del consiglio diamministrazione della Società per azioniMonte dei Paschi di Siena con un vincolopreciso: impedire la privatizzazione dellabanca. E questo sia nel caso che la privatiz-zazione venga incentivata attraverso facili-tazioni fiscali, da respingere, sia nel caso chevenga imposta attraverso una legge, da im-pugnare in tribunale. Per ottenere questo ri-sultato, il sindaco di Siena ha inserito nelbando per le nomine il potere di revoca daparte del comune di Siena dei membri dellaFondazione in caso di “contrasto con gli in-dirizzi programmatici del Comune”.

E’ evidente che, attraverso l’auto-attribu-zione al Comune dei poteri di revoca deimembri della Fondazione nel caso che que-sti agiscano in “contrasto con gli indirizziprogrammatici del comune”, si introduceun governo diretto della giunta e del sinda-co sulla gestione della banca. E’ una vera epropria municipalizzazione di fatto delMonte dei Paschi. Ma questa è la strada cheil Pds di Siena ha deciso di percorrere, enon da oggi, tanto dall’aver già provocatouna sentenza del Tar della Toscana che ri-badisce la totale autonomia gestionale deimembri della Fondazione, così come diquelli del Cda della Società per azioni, te-nuti solo al rispetto dello Statuto e non al-l’obbedienza verso indirizzi programmaticidel comune o di altri.

L’impraticabilità giuridica di questa pre-tesa è stata evidenziata subito, tanto che,quando il sindaco l’avanzò durante la di-scussione per la definizione dello Statutodella Fondazione, si sentì rispondere dal-l’allora capo di gabinetto del ministero delTesoro, Carmine Lamiranda: “Signor sinda-co se lo levi dalla testa, è giuridicamente im-possibile prevedere poteri di revoca”. Ma ilsindaco Piccini li ha introdotti lo stesso, no-nostante che l’agenzia internazionale Stan-dard & Poor’s abbia abbassato il rating di af-fidamento del Mps, proprio per “le ingeren-ze del Comune nella sua gestione”.

L’aspetto più sconcertante della vicenda èche non pochi osservatori avevano speratoche il Pds senese non avrebbe più tentato digovernare direttamente la banca attraversoil comune, dopo che Massimo D’Alema ave-va presieduto in novembre, proprio a Siena,il convegno sulla privatizzazione delle ban-che. Sembra invece di capire che PierluigiPiccini sia certo che il vertice del Pds ap-poggi la sua strenua lotta per il controllo delMonte dei Paschi. Franco Belli, dell’Ulivo, ti-tolare della cattedra di Economia e legisla-zione bancaria all’università di Siena, nonusa i mezzi termini: “Come si può immagi-nare che possa funzionare una deputazionedella Fondazione composta da soggetti auto-nomi (i due membri nominati dal ministerodel Tesoro e i due nominati dalla Provincia)e soggetti (i quattro nominati dal comune)vincolati da una sorta di giuramento di fe-deltà? Queste sono faccende con le quali lasenesità o la difesa della Fondazione hannopoco a che fare. Solo dopo aver capito cheesiste il diritto con le sue regole, si può tira-re in ballo la senesità. Seguitando su questabrutta strada in discesa, lastricata di troppofacile populismo, si va verso lo sfascio dellaFondazione e della banca”.

COPENAGHEN. Un percorso subacqueo peravvicinare la Scandinavia all’Europa

I paesi del nord Europa stanno lavoran-do alla realizzazione del collegamento cheavvicinerà Svezia e Danimarca al cuore delcontinente. Si tratta di un progetto com-plesso che punta a collegare la parte conti-nentale della Danimarca con l’isola dovesorge la capitale Copenaghen (18 km attra-verso lo stretto di Storebalt) e quest’ultimacon la città di Malmö sulla costa svedese (16km attraverso lo stretto di Oresund). Comeper il tunnel sotto il canale della Manica,obiettivo dell’impresa è sostituire il siste-ma di collegamenti per via marittima conaltri più rapidi e immediati. Il primo tron-cone dell’opera richiede la realizzazione diponti, tunnel e di un’isola artificiale. Lascelta di una soluzione in galleria perfora-ta per i tunnel sottomarini, da poco termi-nati, ha comportato notevoli problemi tec-nici: il lavoro, infatti, è stato condotto a 80metri sotto il livello del mare dove la pres-sione dell’acqua non consente di lavorareper più di due ore consecutive; la diversanatura dei terreni, poi, ha richiesto la mes-sa a punto continua di tecniche specifiche.Iniziati nell’88, i lavori dovevano durarequattro anni, per un costo di 900 milioni,ma tempi e costi si sono raddoppiati. Per iltratto tra Copenaghen e Malmö, si sta adot-tando una soluzione meno ardita per i trat-ti subacquei: un tunnel immerso, costruitoper parti in superficie e posizionato poi inprofondità. I lavori, avviati nel ’95, dovreb-bero concludersi nel 2000.

VANCOUVER. I cittadini discutono e piani-ficano la città del prossimo secolo

Per quattro anni a Vancouver, la princi-pale città canadese sul Pacifico, migliaia dicittadini sono stati coinvolti in incontri e di-battiti pubblici per delineare le strategie ei possibili scenari di sviluppo per il prossi-mo secolo. Popolazione, traffico, qualità am-bientale, collegamenti, sono stati analizzatie discussi in pubblico con il comitato di pia-nificazione regionale. La maggiore preoc-cupazione emersa è la progressiva scom-parsa degli spazi aperti a causa dell’incon-trollata espansione urbana. Per porvi rime-dio è stata quindi proposta una cintura ver-de attorno alla città. In parallelo si cerca direndere autosufficienti le città satellite, ri-ducendo così il pendolarismo. Come terzamossa si prevede un sistema di trasporti ba-sato su treni leggeri e autobus. Per coordi-nare la pianificazione ogni ente locale do-vrà stipulare accordi con il consiglio regio-nale sull’uso del suolo e sulle previsioni dicrescita. I limiti posti potranno creare mal-contenti, ma i vantaggi dovrebbero esserenotevoli: riduzione del 20% del traffico au-tostradale entro il 2021, diminuzione del37% dell’inquinamento da gas di scarico, ta-gli delle spese per le strade del 30%.

HANNOVER. Per l’Expo del 2000 previsti300.000 visitatori al giorno

Hannover si prepara per l’Expo dell’an-no 2000. Si prevede un afflusso medio di300.000 visitatori al giorno, con punte dimezzo milione. Per reggere l’impatto, nelsettore dei trasporti sono stati stanziati com-plessivamente circa quattro miliardi dimarchi (qualcosa meno di 4.000 miliardi dilire). Sarà ampliato l’aeroporto di Lan-genhagen, da cui, grazie ai sette treni all’o-ra che saranno messi a disposizione dal ser-vizio ferroviario regionale, si potrà raggiun-gere direttamente la zona dell’Expo in 20minuti. Per il 2000 sarà anche pronta la li-nea del Tgv che collegherà Hannover e Pa-rigi, via Amsterdam e Bruxelles, mentrel’alta velocità ferroviaria tedesca faciliteràle connessioni con Berlino, Monaco e Fran-coforte. Anche il trasporto pubblico urbanoè oggetto di interventi di modernizzazione:una nuova linea metropolitana è in via direalizzazione. Alle opere stradali è destina-to solo il 10% dei fondi disponibili: Hanno-ver ha già una buona rete di viabilità e inol-tre si vuole dissuadere il visitatore a muo-versi con la propria automobile.

TOKIO. Lo yen attrae globetrotter di tutto ilmondo, soprattutto israeliani

Nonostante la recessione, lo yen restasempre una moneta forte. Lo sanno benegli economisti, ma anche i globetrotter consacco a pelo, la cui filosofia di fine secolosembra essere quella di vendere qualun-que cosa sui marciapiedi di Tokio e delle al-tre città giapponesi e poi partire per altremeno costose parti del pianeta. Le strade diTokio e delle altre città giapponesi si sonoriempite di suonatori, vù cumprà e ogni sor-ta di mestieranti, tutti di pelle bianca e pre-valentemente europei. I più intraprendenti,da un po’ di tempo a questa parte, sono gliisraeliani: soggetti a tre anni di servizio mi-litare, hanno forti motivazioni per program-mare una fuga temporanea per il mondo.Non tutto però fila liscio: Beer Sheba, un’or-ganizzazione criminale israeliana, si è infil-trata con la diffusione di oggetti contraffat-ti e lo spaccio di stupefacenti. Le autorità difrontiera nipponiche hanno rafforzato i con-trolli sui giovani israeliani, spesso perqui-siti integralmente. Altre occasioni di malaf-fare sono tradizionalmente le ragazze, una“merce” che si vende bene su qualunquemercato. Ma anche i giovani europei posso-no esibire la loro muscolatura nei night persole donne e guadagnare in questo modoqualche bigliettone infilato negli slip.

PAOLO FULCI

IL FOGLIOANNO II NUMERO 2 DIRETTORE EDITORIALE GIULIANO FERRARA VENERDÌ 3 GENNAIO 1997 - L.1500

DIREZIONE, REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA VICTOR HUGO, 1 - 20123 - MILANO quotidiano TEL. 02/8639181 - FAX 02/878596 - SPED. ABB. POST. C. 26 ART. 2 LEGGE 549/95 - MILANO

Questo numero è stato chiuso in redazione alle 19,45

Montepaschi daprivatizzare,anzi da municipalizzareIl sindaco pidiessino vuole impedire

che la banca diventi autonoma

Paradossi senesi

Grandi opere per il Duemilanella Vecchia Europa

Vancouver progetta il futuro

Le città “Non facciamoci declassare”L’Italia conterebbe di piùall’Onu se fosse menotimida in politica esteraIntervista col nostro ambasciatore Paolo

Fulci, che spiega la difficile partita perla riforma del Consiglio di sicurezza

L’interesse militare degli Usa

OGGI NEL FOGLIO QUOTIDIANO

TONINO ADIEU

LA SUA CARRIERA di eroe senzamacchia è chiusa, un proscioglimen-to potrà restituirgli un dicastero, nonla reputazione (editoriale pagina 3)

PERCHE’ I SOCIALISTI EUROPEIsono primi al Parlamento di Stra-sburgo, ma fuori da quasi tutti i go-verni del continente (pagina 3)

LE VARIANTI DELLA VARIANTEdi valico. La storia infinita di un trat-to di strada che tiene in coda gli ita-liani e fa litigare i ministri (pagina 3)

Oltre le tasseDifficoltà e inciampi della Prodinomics sullemisure per lo sviluppoOrganizzazioni sociali e forze politiche,

anche di governo, giudicanoinsufficienti le misure adottate

La prudenza di Bankitalia

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I MAGHI RANDAGI di Sergio Citti, con Sil-vio Orlando, Patrick Bauchau, Rolf Zacher

Doveva essere, nelle intenzioni di PierPaolo Pasolini, un pornoteocolossal: proba-bilmente, qualcosa a metà tra “Il Vangelosecondo Matteo” e “La ricotta”, rivisitazio-ne della morte di Gesù tra i ladroni, con unacomparsa di Cinecittà che sulla croce cimuore davvero, di indigestione. Il soggetto,dal titolo “Il Re Mago Randagio” era statoscritto per Totò. Ora Sergio Citti, collabora-tore di Pasolini fin dai tempi di “Ragazzi divita” (fu lui a garantire la genuinità dellefrasi in romanesco), lo ha ripreso e rielabo-rato, facendone una favola a sfondo morale.I magi sono ridiventati tre, come vuole latradizione, e si aggirano come picari nell’I-talia di oggi. In realtà, sono magi abusivi,perché di mestiere farebbero i saltimban-chi, poveri in canna da quando hanno ri-nunciato a leoni e tigri per esibire nei lorospettacoli la creatura più feroce del creato.Insomma, l’uomo, nient’altro che l’uomo, indivise naziste o completi da mafioso: va dasè che il pubblico pagante non si diverte af-fatto. L’abito fa il monaco, e pure il re magio.Agghindati di tutto punto per far la loro par-te in un presepe vivente, i tre adocchianouna cometa e si mettono in viaggio. Dopomolte peripezie (e altrettante citazioni pa-soliniane) troveranno anche il bambinello.

KANSAS CITY di Robert Altman, con Jen-nifer Jason-Leigh, Miranda Richardson,Harry Belafonte, Steve Buscemi, DermotMulroney

Due città, due stili musicali, due film chea vent’anni di distanza usano la colonna so-nora come via d’accesso privilegiata allastoria, più o meno recente, degli Stati Uniti.Il country stava a Nashville come il jazz staa Kansas City, tappa obbligata, negli anni 30,di tutti i grandi musicisti, da Lester Young aColeman Hawkins. Tra loro, c’era un ragaz-zo quattordicenne di nome Charlie Parker,che a quell’epoca tirava tardi nei club in-sieme al futuro regista Robert Altman. Co-sì, mentre in “Nashville” lo sguardo (e la fo-tografia) era come raggelato, fedele allo sti-le che poi ritroveremo in “America oggi”,questo film si colora di nostalgia per un’e-poca ormai scomparsa, fatta di jam session,di sparatorie, di bordelli, di gioco d’azzardo,di gangster. Per rendere omaggio alla cittàdella sua infanzia, Altman ha scelto il me-glio che c’era sulla piazza. A cominciare daijazzisti: Cyrus Chestnut, James Carter, GeriAllen, Jesse Davis, David Murray, JoshuaRedman, Kevin Mahogany, chiusi in un al-bergo per tre settimane a improvvisare, tut-ti insieme appassionatamente. E poi due at-trici tanto brave da rendersi irriconoscibiliogni volta che le vediamo. Jennifer Jason-Leigh è una telegrafista divisa tra l’amoreper Jean Harlow e quello per i romanzi gial-li, mentre Miranda Richardson è una signo-ra annoiata e dedita all’oppio, che in unfilm così non manca mai.

SPIRITI NELLE TENEBRE di StephenHopkins, con Michael Douglas, Val Kilmer,John Kani

Il leone, a pochi passi dall’accampamen-to, si aggira in cerca di prede umane. Ma noinon lo vediamo: l’unico segno della sua pre-senza, come nello “Squalo” di Steven Spiel-berg, è una leggera increspatura nel maredorato della savana. (“La savana tremante”,avrebbe scritto Emilio Salgari, che non siera quasi mai mosso da casa.) Fa da contor-no alla lotta dell’uomo contro il re deglianimali, che qui sono due, vendicativi e unpo’ deviati (uccidono per il puro gusto di far-lo, accumulando teschi e scheletri in unacaverna), la costruzione della strada ferratatra Mombasa e il lago Vittoria. Correva l’an-no 1896, e gli invincibili leoni riuscirono abloccare uno dei più ambiziosi progetti del-l’impero britannico. Ora le loro teste imbal-samate sono in un museo di Chicago, dove sicelebra l’avanzata delle ferrovie. Per far ri-vivere sullo schermo “Ghost” e “Darkness”,Spirito e Tenebre (così li avevano sopran-nominati gli indigeni), di leoni ce ne sonovoluti sei. Tra cui il californiano Sudan, ul-timo erede di una stirpe leonina che daquattro generazioni lavora nel cinema. Fi-glio d’arte è anche Michael Douglas, guer-riero malinconico ma non solitario, perchéva a caccia assistito da una tribù di guerrie-ri Masai. I tramonti africani sono al loro me-glio, e un paio di scene d’azione, riprese insoggettiva dalla parte della vittima strazia-ta, piuttosto impressionanti.

1997: L’INVASIONE DEGLI ULTRACORPICONTINUA

Ormai è accertato: se abbiamo visto tantifilm di invasione, negli anni 50, è perché sot-to sotto c’era la paura dei comunisti. Mentrein Italia si evocavano i cosacchi in piazzaSan Pietro, gli Stati Uniti sfornavano decinedi pellicole popolate da marziani senza unbriciolo di sentimenti. Resta da capire, orache il Muro è caduto e perfino Fidel Castroè ammesso a cena in casa Agnelli, cosa c’èinvece all’origine della nuova ondata di filma base di creature venute dallo spazio. “In-dependence Day” era solo l’inizio. Tra poco,arriverà “Mars Attacks!” (Attacco da Marte!)di Tim Burton, con i marziani dalla testaenorme (ci deve stare il cervellone) e gli abi-ti kitsch ricoperti di lustrini, tipo “StarTrek” degli anni d’oro. Barry Sonnenfeld,lasciata la Famiglia Addams, si dedica agliumanoidi (“Men in Black”), e Paul Verhoe-ven agli immancabili insetti assassini(“Starship Troopers”). Che Lucas minaccialtri tre episodi di “Guerre stellari” è nor-male. Ma ora ci si mettono anche i francesiemigrati a Hollywood: Luc Besson sta gi-rando “The Fifth Element”, e Jeunet, dopo“Delicatessen”, è alle prese con “Alien Re-surrection”. Si sente aria di “mille e non piùmille”, come minacciavano i predicatori al-la fine dello scorso millennio. Sbarca sullaterra perfino un angelo, con le ali ripiegatesotto il cappotto e la faccia di John Travol-ta: è in “Michael”, di Nora Ephron.

OGGI - Al nord, al centro e sulla Sar-degna cielo molto nuvoloso o coper-to con precipitazioni diffuse, nevosesui rilievi al di sopra dei 1.000-1.500metri. Al sud e sulla Sicilia inizialicondizioni di cielo irregolarmentenuvoloso, nel corso della giornataintensificazione della nuvolosità as-sociata a piogge sparse soprattuttosu Campania e Molise.DOMANI - Su tutto il paese condizio-ni di cielo molto nuvoloso o copertocon precipitazioni che potranno es-sere nevose anche a quote basse.

ANNO II NUMERO 2 - PAG 2 IL FOGLIO QUOTIDIANO VENERDÌ 3 GENNAIO 1997

Il 1978 sarà ricordato come l’anno dei trepapi. Nel giro di tre mesi muore Paolo VI eviene eletto Giovanni Paolo I, quest’ultimomuore dopo soli 33 giorni di pontificato e vie-ne designato come suo successore l’arcive-scovo Wojtyla, che raggiunge il soglio di Pie-tro a soli 58 anni. Molte fonti concordano conl’affermare che Wojtyla abbia ricevuto unamanciata di voti (nove, secondo Romuald

Kukolowicz, l’assistente del primate Wyszyn-ski) anche durante il primo conclave, quellodell’elezione di Luciani. Si spiegherebbe co-sì il profondo turbamento che colse il futuroPapa alla notizia della morte di GiovanniPaolo I. “Tutti dicevano che non sarebbe tor-nato”, dichiarerà un amico di Wojtyla, cheaveva accompagnato il cardinale all’aereo-porto trovandolo “triste e depresso”.

La morte di Albino Luciani aveva gettatolo scompiglio nel sacro collegio. Era “scon-certato e spaventato” l’arcivescovo di Firen-ze Giovanni Benelli, grande regista dell’ele-zione di Giovanni Paolo I, al quale era lega-to da profonda amicizia, così come erano di-sorientati quasi tutti i suoi confratelli che unmese e mezzo prima, il 26 agosto, in mezzagiornata avevano individuato il loro Papa e

lo avevano votato a larghissima maggioranza.Mentre gli italiani entravano nel nuovo con-clave divisi su due nomi, quello dello stessoBenelli e quello di Giuseppe Siri, l’arcive-scovo di Genova vicino agli ambienti più tra-dizionali del cattolicesimo, c’era un grupposempre più folto di stranieri che “lavorava”per Wojtyla. In prima fila l’amico fidatissimoAndrej Deskur, il vescovo che in quei giorniaveva intensificato gli inviti a pranzo e a ce-na di prelati e cardinali, presentando ai po-chi che ancora non lo conoscevano il cardi-nale di Cracovia. Nonostante i mass mediaabbiano avuto un qualche ruolo - seppurmarginale - nel conclave, a causa della pub-blicazione anticipata e non autorizzata diun’intervista di Siri, nella quale il porporatogenovese si pronunciava contro la collegia-lità episcopale, i giornali nell’ottobre del ’78non azzeccarono i pronostici. Nessuno im-maginava neanche lontanamente la possibi-lità dell’elezione di un non italiano. Mentreinvece a questa possibilità lavorava da tem-po l’arcivescovo di Vienna Franz Koenig,considerato il grande elettore di Wojtyla. Ilporporato austriaco conosceva da molti anniil giovane cardinale polacco ed era convintoche la sua elezione avrebbe portato una ven-tata di rinnovamento nella Chiesa del post-

concilio. E’ lui a tessere pazientemente latrama di incontri, dialoghi e trattative chepermetteranno a Karol Wojtyla di entrare inconclave potendo contare già su una solidabase elettorale. Quasi all’oscuro di tutto ri-mase invece il primate Stefan Wyszynski:quando Koenig gli dice che “forse la Poloniaha un suo candidato”, il vecchio e irriducibi-le prelato risponde: “Cosa? Vuol dire che do-

vrei andare a Roma?Se lasciassi il mio pae-se sarebbe un trionfoper i comunisti”. “C’èanche un’altra perso-na” aggiunge Koenigriferendosi a Wojtyla.“No, è fuori discussio-ne. Non è abbastanzaconosciuto”. Pochi

giorni dopo Wyszynski dovrà arrendersi al-l’evidenza e prendere atto di essersi sbaglia-to: Wojtyla è conosciuto, anzi, conosciutissi-mo dai colleghi porporati del conclave. Unaconferma della buona fama di cui godeva ilfuturo Giovanni Paolo II è venuta nel feb-braio del 1992 dal segretario di Wyszynski,che ha raccontato in un’intervista il diversoimpatto dei due cardinali polacchi alla vistadei confratelli: il vecchio primate, entrando

P R O T A G O N I S T I D I F I N E S E C O L O

Cinema

Un Robert Altman nostalgicorievoca il suo Middlewest

al ritmo del jazz anni Trenta

alle Congregazioni generali e guardandosiintorno, osservò: “Non conosco nessuno”.Mentre Wojtyla disse: “Io li conosco tutti”. Inqueste parole è racchiusa anche la differen-za tra i due grandi ecclesiastici della Polo-nia: il primo era rimasto quasi sempre in pa-tria, e si era occupato dei non facili rapportifra la Chiesa e il regime. Il secondo avevaviaggiato molto, tenendo i contatti con le va-rie comunità polacche sparse nel mondo. Epoteva vantare molti illustri sostenitori an-che Oltreoceano, come ad esempio il cardi-nale John Krol di Philadelphia, figlio di po-lacchi immigrati negli Stati Uniti.

Un’altra considerazione importante ri-guarda il “codice genetico” dei primi soste-nitori della candidatura di Wojtyla: FranzKoenig era progressista, come lo era il brasi-liano Aloisio Lorscheider, il quale - come ri-feriscono Carl Bernstein e Marco Politi nelloro ultimo libro “Sua Santità. Giovanni Pao-lo II e la storia segreta del nostro tempo” - vo-leva “un buon pastore, sensibile ai problemisociali, paziente, disposto a intraprendere undialogo e a cercare punti di contatto. Volevaun buon pastore che optasse per una mag-giore collegialità, per una maggiore comuni-cazione fra le conferenze episcopali e il Pa-pa, maggiore partecipazione delle Chiese lo-cali nei processi decisionali della Curia”. Sealcune di queste aspettative troveranno par-ziale conferma nel pontificato di GiovanniPaolo II, non v’è dubbio che i progressistinella decisione di scegliere Wojtyla e sbar-rare così la strada all’italiano Giuseppe Siripresero un abbaglio. Sarà infatti proprio ilpontefice polacco ad iniziare un’opera di“normalizzazione” delle chiese latinoameri-cane, considerate troppo filomarxiste, e a ri-badire con forza e insistenza la dottrina mo-rale e il suo ruolo fondamentale nella vita difede. Per molti versi l’opposto rispetto aquello che si annunciava sarebbe stato ilpontificato di papa Luciani, più “aperto” suitemi della mo-rale e sicura-mente menoincline a fargiocare allaChiesa cattoli-ca un ruolo po-litico sulle sce-na internazio-nale. Una diversità di temperamento, di etàe di formazione personale, pur avendo en-trambi i pontefici vissuto in prima persona ilConcilio Vaticano II.

Dopo le prime 24 ore del conclave, inizia-to la sera di sabato 14 ottobre 1978, a dare laspinta finale all’elezione di Wojtyla sarà ladivisione in due blocchi sulle candidaturedegli italiani Siri e Benelli e la conseguenteconsapevolezza della impossibilità per en-trambi di farcela. “Dio si è servito della ma-lignità degli uomini e della divisione degliitaliani” dirà il cardinale di Madrid VicenteEnrique y Tarancon all’uscita del conclave.Importante per convincere gli ultimi indeci-si sul nome del cardinale polacco sarà lapausa del caffè dopo il pranzo di lunedì 16ottobre. Luigi Ciappi, porporato domenicanoscomparso alcuni mesi fa, nel marzo del ’92racconterà al mensile “Trentagiorni” che fuproprio mentre venivano serviti i liquori chei sostenitori di Wojtyla si diedero maggior-mente da fare. “Al secondo scrutinio di quel-la sera” scrive Giancarlo Zizola nel suo libro“Il Conclave”, “l’arcivescovo di Cracovia Ka-rol Wojtyla raggiunse più dei 75 voti neces-sari all’elezione, addirittura 99 secondo lalettera di un cardinale riportata da GiulioAndreotti”.

Tra le motivazioni che spinsero il sacro col-legio a eleggere per la prima volta dopo se-coli un Papa straniero, il primo provenientedall’Est europeo, c’è quella di dar voce allacosiddetta “Chiesa del silenzio”, a quei cri-stiani soggiogati da decenni di regimi totali-tari. “Si sottolineava” scrive ancora Zizola“che aveva avuto un peso determinante laconsiderazione politica della fragilità dellapiramide sovietica - secondo la tesi di Koenig- e del contributo che un Papa polacco avreb-be portato al processo di crisi del sistema co-munista, crisi che il Vaticano analizzava giàallora come irriducibile e forse imminente”.L’elezione di Giovanni Paolo II fu salutatacon entusiasmo in Occidente (il nuovo Papaaveva tenuto una serie di conferenze negliUsa ed era molto stimato da uomini comeZbigniew Brzezinski) e con viva preoccupa-zione al Cremlino.

Nei paraggi del centro si aggirano dueprogetti politici e un equivoco. L’equivocoriguarda la possibilità di mettere insiemetutte le tessere del mosaico democristiano,offrendo tre anni dopo un improbabile lie-to fine alla favola di Martinazzoli: tutti alcentro, possibilmente nello stesso partito,inevitabilmente pendolari. E’ un equivocoche ricorre in maniera inversamente pro-porzionale alla sua praticabilità. Quelliche dovrebbero essere i suoi promotori so-no stati tutti eletti in uno schema di al-leanze politiche che è esattamente all’op-posto; e in qualche caso hanno guadagna-to confortevoli posizioni di governo. Incompenso i suoi detrattori continuano adalzare le antenne della sospettosità finen-do per vedere ritorni all’antico anche do-ve la novità politica ha scavato fossati as-sai difficilmente valicabili.

Conviene dunque abbandonare l’equi-voco e misurarsi suidue progetti rimasti incampo. Il primo cercadi costruire un fortecentro dentro le muradel Polo; e, se possibi-le, di spostare quellemura un po’ più in là.In gergo si chiama (or-ribilmente) “federa-zione di centro”. Pre-vede un patto fra For-za Italia, Ccd e Cduche possa fungere dacalamita per tanticentristi delusi da unUlivo progressiva-mente spostato a sini-stra. Postula per Berlusconi il definitivosuperamento del partito-azienda e per gliex democristiani l’abbandono di nobili mapiccoli sentimenti: la nostalgia, il partico-larismo. Implica, per gli uni e per gli altri,una limitata discontinuità con il propriorecente passato e un fiducioso investi-mento in un diverso futuro politico. Evocalo spirito del 27 marzo di due anni fa, an-dato perso lungo il cammino rocambole-sco della scorsa legislatura.

Il secondo progetto mira a costruirequalcosa del genere sul versante opposto.Scommette sulla vittoria di Marini al con-gresso del Partito popolare, sulla vocazio-ne governativa di Dini, sulla progressivaaggregazione di tutti i moderati che il 21aprile scorso si sono ritrovati sul bandwa-gon di Prodi. Immagina un’arca di Noè ditutti i democristiani non polisti che navi-ghi nel mare dell’Ulivo ma in una direzio-ne opposta a quella seguita fin qui: piùlontano da D’Alema, se possibile agli anti-podi da Bertinotti. In nome di questa cor-rezione di rotta cerca sponde - che non tro-verà - tra i democristiani polisti.

Il manuale del perfetto maggioritarioNella poesia del perfetto manuale mag-

gioritario i due progetti potrebbero, e an-zi dovrebbero essere compatibili. Il ma-nuale recita infatti che tutte e due le partisi muovono a ridosso del centro; e quantopiù vi riescono tanto meglio il sistema fun-ziona. Nella prosa della più concretarealtà politica, invece, i due progetti sonoirriducibilmente alternativi: o riesce l’unoo riesce l’altro. E la riuscita si giocherà neiprossimi pochi mesi. Se il centro si formasul versante moderato, l’Italia aderisce auno schema europeo: quello di Kohl o diAznar, ad esempio. Se il centro si formasul versante progressista, l’Italia rischiainvece un supplemento di democraziabloccata. In un caso l’alternativa è, per co-sì dire, ad armi pari. Nell’altro la spropor-zione delle forze minaccia di rendere eter-na la peraltro fragile e contraddittoriamaggioranza ulivista.

Quanti nel Polo temono il rischio di “ri-fare la Dc” realizzando la federazione dicentro farebbero bene a valutare che semai la Dc si dovesse rifare dalla parte op-posta il centrosinistra guadagnerebbe dicolpo una stabilità e una prospettiva chefinora ha dimostrato di non meritare. E’stata questa, del resto, una delle chiavi delvoto del 21 aprile scorso. Ed è curioso checi sia nel Polo chi pensa, a proprio danno,a una sorta di 21 aprile permanente.

Per la nostra parte noi ci siamo mossiper dissipare l’equivoco, dare corpo al pri-mo progetto, contrastare il secondo. Conti-nueremo a farlo. Abbiamo imparato checonvincere delle nostre ragioni gli alleatiqualche volta è perfino più difficile checontestare le ragioni dei nostri avversari.Ma, come si vede, spesso le due cose fannotutt’uno.

Marco Follinivicesegretario del Ccd

Retroscena di un conclave del 1978, quando i cardinali progressistiscelsero il polacco Wojtyla per bloccare la strada al conservatore Siri

TERZO DI QUATTRO ARTICOLI

C O R R I S P O N D E N Z E

Non basta più la parola d’onore, giureranno anche i deputati inglesiLa classe dirigente ingle-se vede la vita come ilcricket o la caccia allavolpe. Fino agli anni 50la squadra nazionale dicricket comprendeva

gentiluomini (dilettanti)e giocatori (professionisti).

Oggigiorno entrambi, il cricket e

il Parlamento, sono senza dubbio formati da“giocatori”. La caccia fornisce il termine“whip”, bracchiere, per chi disciplina la mu-ta dei parlamentari di un partito. Le loro “ar-ti oscure” del bastone e della carota garanti-scono che i membri votino per il governo sul-l’onore del Parlamento. Nessun peccatuccioprivato sfugge al loro famoso “libro nero”.

“Un governo conservatore in carica è l’i-pocrisia organizzata” diceva il fondatore delpartito Disraeli, mentre un onorevole con-servatore di vecchia stampo ha detto di re-cente: “Il solo piacere lecito per un parla-mentare è un pacchetto di caramelle.” Le di-missioni del ministro di Major responsabileper la strategia elettorale, David Willetts, l’11dicembre porta a venti il numero di conser-

vatori “colati a picco” per peccatucci. Noveper scappatelle extramatrimoniali - del tipotre in un letto, maestra di scuola domenicale(studio biblico per bambini) inclusa. Uno èstato trovato impiccato nel suo appartamentovestito di calze di nylon. Due erano gay nondichiarati, un onorevole apertamente gay vabene. La monogamia a puntate (divorzio do-po divorzio) è quasi la norma nel partito con-servatore e perfino le cinque amanti del mi-nistro dei trasporti, detto Norris “lo scopato-re”, sono politicamente tollerabili dal mo-mento che non sono tenute segrete. Palmer-ston ebbe un figlio illegittimo a ottant’anni. Ilsuo oppositore Disraeli faceva di tutto per te-nerlo nascosto per evitare una vittoria schiac-ciante di Palmerston alle elezioni.

Il Parlamento non sta cadendo in disgraziaper la sua moralità privata, ma per quellapubblica, e ora è obbligato a mettere un po’di ordine in casa sua. Major è stato costrettoa mettere in piedi l’inchiesta giudiziaria Scottper indagare sulle presupposte menzogne deiministri al Parlamento in occasione dellavendita di armi all’Iraq da parte di organi delgoverno contro le sanzioni del governo stesso.L’inchiesta ha rivelato “la sofisticheria” diministri che erano “parsimoniosi con la ve-rità” e potevano sostenere che “la metà del

resoconto è anche un resoconto”. Nella nonscritta costituzione inglese queste “inesattez-ze terminologiche” sono “roba da dimissio-ne”; almeno lo sono sempre state per i genti-luomini. Il pubblico è anche scandalizzatoquando dei ministri abbandonano la caricaper entrare nel consiglio d’amministrazionedi ditte appena privatizzate da loro stessi.

Tutto questo è sfociato nella CommissioneMolan presieduta da un giudice della Cortesuperiore per stabilire le regole finora nonscritte di questo club che è la Camera dei Co-muni. Essa ha creato un Commissario parla-mentare per indagare sulle infrazioni primadi riportare il tutto davanti al Comitato Par-lamentare per le Norme di Comportamento.

L’egiziano Mohamed al-Fayed è il proprie-tario di Harrods e Michael Howard, da mini-stro per il Commercio aveva lanciato un’in-chiesta ufficiale sul passato dell’imprendito-re. Ora, come ministro degli Interni lo stessoHoward gli ha negato la cittadinanza britan-nica. Al-Fayed è furibondo. Per replica è an-dato al Sunday Times per rivelare come luifosse in grado di ottenere interrogazioni par-lamentari per mille sterline; come risultatodue onorevoli conservatori sono stati sospesidalla Camera. Nel ’94 al-Fayed riferiva alGuardian che due ministri, Neil Hamilton e

Tim Smith, non avevano dichiarato i suoi re-gali, incluso un fine settimana sontuoso al-l’hotel Ritz di Parigi, di cui fu ospite anche ilministro del Tesoro, Jonathan Aitkin. Morale:tre ministri dimessi.

Poiché Hamilton, che ha legami con l’e-strema destra, ha fatto causa per diffamazio-ne contro il Guardian, il giudice ha ordinatoche tutte le carte ufficiali fossero consegnatealla corte entro ventiquattro ore. Per sbaglioc’era anche un promemoria a mano del nuo-vo “bracchiere” che diceva che il presidentedel Comitato Parlamentare per le Norme“vuole (wants) i nostri consigli”. Questo“whip”, David “due cervelli” Willets, è moltobrillante ma difetta di buon senso. Ha cerca-to di convincere il Comitato che “wants” inquella notarella non significa “vuole” ma“manca”: un’accezione arcaica poco convin-cente. Un altro scalpo per al-Fayed. Ora glimanca soltanto quello di Howard.

La parola “bugiardo” non può essere usa-ta dagli “onorevoli membri”, ma d’ora innan-zi i testimoni davanti al Comitato dovrannoprestare giuramento, non basterà più la solaparola d’onore. Non siamo più agli ultimi sus-surri di un club di gentiluomini, ma alla pri-ma fase di una Costituzione scritta.

Richard Newbury

Il centro non deve servirea rendere perenne l’UlivoPer Follini (Ccd) alternanza garantitasolo dal progetto che parte dal Polo

Signor direttore

LLEETTTTEERRAADDAA LLOONNDDRRAA

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Libertà di mercato per Belgrado

Le nevicate che hanno imbiancatomezza Italia fanno risaltare la pre-

veggenza dei dirigenti politici, dei gior-nalisti e dei prelati che, con le più va-rie motivazioni, si erano tempestiva-mente prenotati un bel viaggetto ai Ca-raibi. Fausto Bertinotti, che trascorre ilcapodanno sorseggiando daiquiri conla sua signora nei bar dell’Avana, nonha bisogno di giustificazioni: il sole deiCaraibi e quello dell’avvenire si sonosempre congiunti nei suoi sogni di ri-voluzionario in cachemire. Trascinatodal suo fresco e simpatico entusiasmoha persino scoperto che Fidel Castro eKarol Wojtyla “parlano una lingua co-mune”. Qualche daiquiri di troppo de-ve avere indotto il commentatore delCorriere della Sera a celebrare con to-ni commossi la “straordinaria popola-rità” di Bertinotti, calorosamente salu-tato dai turisti che hanno trovato rifu-gio all’Avana dall’imperversare del ge-lido Burian. Più sobriamente Libera-zione dà conto degli incontri politicidel segretario con i dirigenti cubani,alla ricerca di “cosa proporre di fronteall’evidenza di un sistema di dominiointernazionale che ha esaurito ognimargine riformistico”. Se la gita a Cubadei dirigenti comunisti, con relativi

brindisi fraterni e previsioni apocalit-tiche sul crollo del capitalismo, è tuttosommato scontata, più sorprendente èla staffetta che vede avvicendarsi pre-lati e monsignori italiani alla corte diFidel Castro. E’ rientrato da Cuba dapochi giorni monsignor Libero An-dreatta, responsabile dell’Opera roma-na pellegrinaggi, al termine di una vi-sita ufficialmente destinata a program-mare fantomatici pellegrinaggi dei fe-deli cubani, ma più probabilmente de-dicata a preparare il viaggio del cardi-nale Camillo Ruini, presidente dellaConferenza episcopale italiana, giuntooggi all’Avana. Ruini, a sua volta, si oc-cuperà del viaggio che dovrebbe por-tare a Cuba il Papa in ottobre. Anche ilporporato non sfugge alla regola delladissimulazione diplomatica, al puntoda giustificare la sua presenza con l’e-sigenza evidentemente improrogabiledi “visitare le opere di carità realizza-te sia a Cuba che ad Haiti dalla Chiesaitaliana”. Per svernare a Cuba, Berti-notti trova argomenti politici, per na-scondere gli incontri politici i prelatiaccampano pretesti religiosi. D’altron-de, persino Ernest Hemingway spiega-va le sue baldorie cubane con dubbiefinalità sociali.

Lo spettacolare confronto di piazzatra regime e opposizione continua a

Belgrado, dopo che la missione dell’Oc-se guidata da Felipe Gonzalez ha di-chiarato infondato l’annullamento par-ziale delle elezioni amministrative pro-mosso dal presidente della Serbia, Slo-bodan Milosevic. Dietro le quinte, però,in ciò che resta della Jugoslavia è in at-to un altro braccio di ferro: i dirigenti diJul, il partito comunista capeggiato dal-la moglie di Milosevic, e i manager del-le imprese di Stato, che controllanol’industria e la finanza della Federazio-ne serbo-montenegrina, cercano affan-nosamente una via d’uscita di fronte al-le richieste del Fondo monetario inter-nazionale e della Banca mondiale. Incambio dell’alleviamento del debitoestero e della concessione di crediti acondizioni di favore, di cui Belgrado hadisperato bisogno, i due istituti pongonopesanti condizioni.

La vertenza è complicata dal fattoche il governo della Federazione serbo-montenegrina pretende di avere titolosulle cospicue proprietà statali dell’in-tera ex Jugoslavia mentre vorrebbe ad-

dossarsi solo una parte dei grossi debi-ti lasciati dall’ex Repubblica federale.Il punto cruciale è però costituito dallalista di privatizzazioni - centinaia di im-prese sono coinvolte - che il Fondo mo-netario chiede siano attuate per risana-re l’economia. Ciò segnerebbe la fine diJul e sarebbe un brutto colpo per i bu-rocrati di Stato su cui si regge il poteredi Milosevic.

Il governo e i dirigenti comunisti op-pongono a questa richiesta il rischio dichiusura di molti stabilimenti che nonreggerebbero alle dure regole del mer-cato e la conseguente ulteriore massic-cia disoccupazione. Essi evocano il de-clino in cui è precipitata l’economiarussa, a causa di privatizzazioni tropporapide. Ma il paragone è inappropriatoperché in Serbia prontamente interver-rebbero operatori di altri paesi europeiper ridare efficienza e mezzi a un’eco-nomia dissestata dai burocrati statali.Ed è da queste privatizzazioni che di-pende il ritorno effettivo della vita de-mocratica e dell’ordine civile in Serbia.Ciò che non riesce a fare l’Onu lo puòfare la libertà del mercato.

ANNO II NUMERO 2 - PAG 3 IL FOGLIO QUOTIDIANO VENERDÌ 3 GENNAIO 1997

Todos a la playa con Fidel

Milano. Sono ancora - a cento e più annidalla nascita - la “famiglia” politica più nu-merosa del continente. I partiti socialisti esocialdemocratici europei, oggi federati nelPse, formano il gruppo più forte al Parla-mento di Strasburgo, di cui hanno anche(con il tedesco Klaus Hansch) la presidenza.Ma la consistenza numerica dei deputatidel Pse è dovuta anche alla modalità concui sono stati eletti: a scrutinio (più o meno)proporzionale. Unica eccezione, la GranBretagna, dove in ogni caso il sistema mag-gioritario ha beneficiato nel 1994, i laburi-sti. Il Pse è maggioranza relativa in un’as-semblea che non deve esprimere un gover-no. Se si guarda alla mappa politica conti-nentale paese per paese, salta agli occhi co-me partiti che si rifanno alla tradizione so-cialista si trovino all’opposizione in tutti inprincipali paesi dell’Unione. Con l’eccezio-ne dell’Italia.

I laburisti britannici languono all’oppo-sizione ormai dal lontano 1979, i socialde-mocratici tedeschi dal 1982: sono date chemarcano un passaggio epocale, non una

breve e medio termine sono piuttosto diffe-renziate. Se Tony Blair appare lanciato ver-so un’inevitabile affermazione, nella pros-sima primavera, e dovrebbe finalmente ri-portare il (New) Labour al numero 10 diDowning Street - ma proprio per questo hamolto da perdere nell’ormai imminentecampagna elettorale - i socialdemocraticiaustriaci e svedesi hanno subìto di recentebrucianti sconfitte parziali, legate sì, in buo-na parte, ai contraccolpi della recente ade-sione all’Ue, ma tali comunque da minareoggi l’autorità politica e domani le chanceelettorali. I socialisti francesi e spagnolisperano invece di capitalizzare sul fatto chele battute d’arresto del 1995 (Jospin controChirac) e del 1996 (Gonzalez contro Aznar)sono state molto meno dure del previsto, econsentono quindi qualche margine di re-cupero a breve, viste le difficoltà a cui de-vono e dovranno far fronte i loro avversarial governo. In Germania, infine, la Spd sem-bra ancora scontare la profezia-maledizio-ne di Herbert Wehner, il vecchio leader che,nel 1982, pronosticò almeno 12 anni di op-

posizione per il suo partito. Il cambio di ge-nerazione - da Brandt e Schmidt ai vari En-gholm, Lafontaine, Scharping e Schröder -ha minato la credibilità della Spd come for-za di governo moderna e responsabile. E ilmassimo a cui oggi possa aspirare è diven-tare lo junior-partner della Cdu-Csu in una“grande coalizione” per il dopo-Kohl.

La difficoltà dei Ps europei è di caratterestrutturale. Fra gli anni 50 e 60 sono statiegemoni anche quando erano all’opposizio-ne (tanto che conservatori e democristianipraticavano politiche sociali ed economi-che simili alle loro). Fra gli 80 e i primi 90sono stati costretti (che fossero al governo ono) ad adottare politiche che non erano leloro, applicandole con meno durezza dei lo-ro avversari neoliberisti. E se mantengonotuttora un certo insediamento organizzativoed elettorale fra gli operai sindacalizzati,nel ceto medio e fra gli impiegati pubblici -di cui cercano di difendere gli interessi - sitrovano sulla difensiva di fronte ai grandiprocessi di globalizzazione, che minaccianodirettamente le loro basi di consenso.

semplice fisiologica alternanza. Molto piùrecenti sono invece le sconfitte dei sociali-sti francesi (1993 e 1995) e spagnoli (alcunimesi fa): per loro si è trattato, al contrario,dell’epilogo di una lunga stagione di gover-no contrassegnata dalla popolarità dei ri-spettivi leader, François Mitterrand e Feli-pe Gonzalez. Al socialismo “latino” o medi-terraneo - che negli anni Ottanta era succe-duto alla socialdemocrazia centro e nord-europea come forza egemone nella “fami-glia” - sono rimasti tuttavia il Portogallo (do-ve pochi mesi fa il Ps ha riconquistato pri-ma il governo, poi la presidenza della Re-pubblica) e la Grecia, dove la difficile tran-sizione dal patriarca Papandreu, col suo po-pulismo quasi terzomondista, al riformistae tecnocrate Costas Simitis è stata legitti-mata dalla recente vittoria elettorale. Altro“ramo” della famiglia restano i paesi nordi-ci, il Benelux e l’Austria: paesi piccoli, an-che se ricchi e moderni, e nei quali i social-democratici sono al governo (con la parzia-le eccezione della Svezia).

Anche le prospettive politico-elettorali a

rimarrà però appeso per aria. Alla fine, do-po il solito tira e molla, si arriva al classicocompromesso in Consiglio dei ministri.Compromesso squisitamente doroteo: Anto-nio Di Pietro esce da Palazzo Chigi dichia-rando di avere vinto: “La Variante di valicosi farà nella sua interezza”. Dalla stessa por-ta però, poco dopo, esce Edo Ronchi, mini-

stro dell’Ambiente che aveva partecipato -si dice - allo stesso Consiglio dei ministri, esostiene... di avere vinto: “La Variante di va-lico nella sua interezza non si farà mai.”

In realtà, da quel che si comprende, s’èdeciso di avviare i lavori per i primi 17 chi-lometri e di riconvocarsi in futuro sul tema.A questo punto Antonio Di Pietro ha chiaroche i 5.250 miliardi richiesti dall’investi-

mento sono gli alleati fondamentali del ve-to dei Verdi. Così, a metà settembre, sigla ilpatto con Giancarlo Elia Valori: il ministroproroga la concessione e sulla base di que-sto impegno la società concessionaria ac-cenderà mutui finanziari, garantiti dal get-tito certo sino a tutto il 2038. E’ infatti chia-ro che la Società Autostrade non ha bilanciin grado di finanziare autonomamente i5.250 miliardi necessari per costruire la Va-riante; la prospettiva di reperirli incremen-tando le tariffe è impraticabile e non c’èpossibilità che lo Stato li metta a disposi-zione, per di più per una società che dovràessere presto privatizzata.

Antonio Di Pietro ha chiaro che - ben piùdell’Alta velocità ferroviaria - la Variantegode di una grandissima popolarità. Il trat-to tra Bologna e Firenze dell’Autosole è sta-to progettato per una portata di 20 mila vei-coli il giorno: oggi ne sopporta malamente40 mila in media, con punte di 60 mila. E’un’arteria insufficiente, pericolosa, strozza-ta dai Tir, che da anni le amministrazioni lo-cali dell’Emilia e della Toscana (rette da

amministrazioni di sinistra) chiedono vengaraddoppiata. Antonio Di Pietro sa ancheche sulla Variante la sinistra è divisa: la Cgildi Sergio Cofferati è con i Verdi a favoredella soluzione ferroviaria (una navetta chetrasporti i Tir), mentre la Uil di Larizza e laCisl di Sergio D’Antoni sono per la Varian-te. Romano Prodi, invece, è più che favore-

vole - e in questo senso si è espresso in cam-pagna elettorale - ma il programma eletto-rale dell’Ulivo al riguardo è stato voluta-mente così ambiguo dall’essere incompren-sibile. Carlo Ripa di Meana aveva già tiratoa tal punto le polemiche pre-elettorali conla coalizione che un impegno per la Varian-te avrebbe rischiato di far deflagrare unaguerra ambientalista. Un gioco di equilibridelicati, di questioni di principio, in una re-gione che rappresenta il cuore della gestio-ne del potere locale da parte del Pci-Pds dacinquanta anni in qua.

La concessione alla Società AutostradeLa soluzione trovata da Antonio Di Pietro

pare risolvere il problema, per lo meno sulpiano dei finanziamenti. La procedura nonè affatto ortodossa ma proprio per questo,in fondo, Romano Prodi l’ha chiamato al go-verno. Ma, all’improvviso, per la terza volta,la promessa di Di Pietro risulta fondata sul-la sabbia. Nel corso delle torrenziali riu-nioni sulla Finanziaria che si tengono aMontecitorio nella sala della Regina, il 25ottobre, il relatore della maggioranza, Sal-vatore Cherchi, del Pds, annuncia all’im-provviso la decisione di stralciare l’articolo15 della Finanziaria, proprio quello checontiene la concessione definitiva e irrevo-cabile della proroga a tutto il 2038 della con-cessione a favore della Società Autostrade.

Cosa è successo? Come mai nella sedutadel Consiglio dei ministri del 30 settembreera stato approvato questo impegnativo ar-ticolo 15 e solo 25 giorni dopo, per iniziativapolitica del Pds, veniva bruscamente can-cellato? Come mai il Pds decide di inferire- Prodi evidentemente consenziente - uncolpo mortale alla prospettiva di un rapidofinanziamento della Variante di valico? IVerdi trionfano e rivendicano al proprio pe-so politico il risultato. Può essere. Ma il si-lenzio cupo con cui Antonio Di Pietro acco-glie la notizia lascia adito ad altre ipotesi.Alla terza promessa non mantenuta (l’im-pegno a non prorogare la concessione, l’im-pegno a costruire tutta la variante, l’impe-gno a prorogare la concessione) l’uomo diMani pulite non reagisce come suo solito;non lancia diffide, proclami, minacce di di-missioni. Strano. Ancora più strano dell’im-provviso voltafaccia del Pds.

Le spiegazioni possono essere molte euna parte da una traccia evidente: l’immor-talità - per restare nello scherzo - di Gian-

Roma. “Giancarlo Elia Valori ha conqui-stato l’immortalità”, così, lo scorso ottobre,commentava sorridendo il senatore dell’U-livo Franco Debenedetti. Oggetto dell’ironiaagrodolce era l’accordo siglato tra l’ammi-nistratore delegato della Società Autostra-de e il ministro dei Lavori pubblici AntonioDi Pietro. L’immortalità pare acquisita - eassieme a essa, più concretamente, la rea-lizzazione della Variante di valico - grazieagli argomenti trovati da Giancarlo Elia Va-lori per convincere il ministro a prorogaredi vent’anni la concessione alla Società Au-tostrade, sino a tutto il 2038. Immortalità du-rata lo spazio di un mattino - così come larealizzazione immediata della Variante divalico - perché costruita sui fragilissimi pie-di di quel colosso politico che ha mostrato

d’essere Antonio DiPietro. Ministro dal-le rapide conversio-ni, dalle tante pro-messe e dal nulla difatto finale. Nulla difatto, questa volta, a

danno non tanto dell’immortalità di Gian-carlo Elia Valori - che è uomo dalle risorseinfinite, anche al riguardo - quanto della bi-strattata Variante di valico.

Prima promessa rinnegata. A giugno, An-tonio di Pietro riferisce al Parlamento le li-nee programmatiche del proprio dicasteroe si dichiara contrarissimo alla proroga ven-tennale della concessione a favore della So-cietà Autostrade: spiega ai parlamentariche non defletterà dall’intenzione di indiregare internazionali, favorire la libera con-correnza, evitare i rischi di monopolio e al-tro. Il 30 settembre la sorpresa: l’uomo diMani pulite (come ama chiamarsi, parlandodi sé in terza persona) informa il Parlamen-to di avere cambiato completamente idea edi avere deciso - senza consultare nessuno -di prorogare di 20 anni la concessione. E lalibera concorrenza, le gare internazionali, ilmercato? Quisquilie. Così il ministro dei La-vori pubblici inserisce la proroga in un ar-ticolo della Finanziaria, blindandola. Inuna riunione tempestosa della commissio-ne Lavori pubblici della Camera, Di Pietro,col suo linguaggio colorito e un po’ appros-simativo, spiega che la ragione di questaproroga è semplice: ha ottenuto in cambiol’impegno della Società Autostrade di ini-ziare subito investimenti per più di 8 milamiliardi; primo tra tutti quello per la Va-riante di valico.

La svolta dell’uomo di Mani puliteSeconda promessa rinnegata. A luglio il

ministro decide di iniziare “la svolta del-l’uomo di Mani pulite nelle opere pubbli-che” dando il via ai lavori per la Variante. Ilgoverno subisce per la prima volta le con-seguenze del ciclone Di Pietro: polemicheroventi, veti dei Verdi, impegni roboanti delministro, mediazioni di Romano Prodi. Ildestino del paese, della moralizzazione del-la politica, dell’occupazione, del governo edel millennio che si chiude paiono dipen-dere dalla sfida lanciata dall’uomo di Mon-tenero: si farà o no la Variante di valico?

Quesito drammatico quanto altri mai, che

Le varianti e disattese promesse sulla Variante di valico

I socialisti pesano, ma non contano, nell’Europa della destra

Numerose sono le metafore del maleche la letteratura ha fornito all’imma-

ginario: dal mister Hyde di Robert LouisStevenson al “Velo nero del pastore” che,nella novella omonima di NathanielHawthorne, turba gli animi dei fedeli, resiinquieti dal fastidioso orpello che copre ilvolto del loro parroco. Un posto d’onore selo merita certamente questo bellissimoracconto di metà Ottocento del pastoreevangelico Jeremias Gotthelf (pseudonimodi Albert Bitzius, 1797-1854), considerato,insieme a Gottfried Keller, il maggior nar-ratore svizzero del secolo scorso.

E’ un libro che impressionò un lettorecome Elias Canetti ( “Lessi ‘Il ragno nero’e mi sentii perseguitato, come se quel ra-gno si fosse annidato nel mio viso” scrivenel brano che fa da postfazione) e ha peròtutte le carte in regola per affascinare an-che i giovani appassionati delle storie diStephen King e gli accaniti fan del fortu-nato serial televisivo “X-Files”.

Una novella cupa e fantastica, struttu-rata su un soggetto che sembra fatto appo-sta per le indagini dei televisivi agenti del-l’Fbi Fox Molder e Dana Scully, ma dotatadi una forza evocativa capace di renderlaemblematica e suggestiva come una fiabadei fratelli Grimm, mentre il mostruoso ra-gno ci appare allo stesso tempo come un“Alien” dell’Ottocento e una potente me-tafora del male annidato all’interno diquello che Sigmund Freud chiamerà in-conscio.

Si comincia con un gustoso pranzetto or-ganizzato in una placida valle svizzera perfesteggiare il battesimo dell’ultimo natodel borgo. Ma l’idilliaco quadretto di ma-niera assume subito contorni sinistri e laluminosità della festa contrasta con un se-greto tenebroso, perché il sacramento cri-stiano nasconde, nella cornice melodiosadi quei luoghi ameni, la presenza incom-bente del demonio, con il quale i valligia-ni avrebbero stretto nel passato un anticopatto. Come nella novella di Hawthorne,anche qui lo scrittore vuole dimostrareche la maniera migliore per combattere ilmale non è allontanarlo e nasconderlo ilpiù possibile alla nostra vista, ma, al con-trario, tenerlo sempre ben presente da-vanti agli occhi e abituarsi a convivere conesso. Lottare contro la malvagità significa,secondo l’autore, imparare a conviverci,sforzandosi quotidianamente di opporrealla sua minacciosa potenza, sempre sulpunto di sprigionarsi, le forze del bene edella virtù.

Così il saggio nonno della storia diGotthelf non ha paura del ragno nero, im-prigionato molti secoli prima dai suoi aviin una trave di legno del soffitto di casa.Anzi, è convinto che sia proprio quel pic-colo mostro diabolico, che seminò morte eterrore nel villaggio ai tempi della societàfeudale, a cementare il bene della sua fa-miglia, ad assicurarle, per contrasto, il ti-more di Dio e a escludere ogni possibiledeviazione dalla retta via, come una bene-fica spada di Damocle. Il lungo flashbackche occupa la parte centrale del raccontonarra con accenti genuini e arcaici una vi-cenda medioevale ricca di macabri acca-dimenti (il più terribile dei quali è am-bientato per contrasto in una tranquillanotte di Natale) e appassionanti colpi discena che sarebbe imperdonabile antici-pare al lettore. Tutto è poi avvolto dallapresenza incantata del paesaggio svizzerochiuso dai monti, che il sole illumina contrasparente nitidezza, in stridente contra-sto con l’inquietante presenza del Mali-gno. Allo stesso modo, la scrittura diGotthelf appare tersa e limpidissima, an-che quando, come tutte le favole che si ri-spettino, racconta nefandezze degne deipeggiori film horror. Il tono epico e insie-me casalingo che caratterizza le atmosfe-re del testo scaturisce dalla magica pre-senza della natura e dal suo carattere an-gelico e diabolico nello stesso tempo. Untono, da piccolo classico, ricorda da vicinoi racconti boemi di Adalbert Stifter.

LLIIBBRRIIJeremias Gotthelf

IL RAGNO NERO188 pp. Adelphi, Lire 15.000

Annunci e smentite lunghe un anno su una questione che a un certopunto sembrava la più importante per il paese. Ma una decisionedefinitiva ancora non c’è. Le piroette di Di Pietro e l’opposizione diRonchi, il ruolo di Valori e i timori del Pds. E con Costa si ricomincia

carlo Elia Valori. Nella pigra oleografia deiquotidiani italiani è proprio lui il prototipodel “boiardo di Stato”; nei fatti è il managerche più si è esposto sulla scena politica nelcorso del ’96. La presentazione “in società”della lista di Rinnovamento italiano diLamberto Dini è avvenuta proprio duranteun ricevimento ultraesclusivo nella lussuo-sa villa ove ha sede la presidenza della So-cietà Autostrade in via De Nibby, a Roma; ilparterre era formato dal fior fiore dei ma-nager di provenienza Dc tuttora al potere,formalmente o meno. Ecco allora che puòessersi acceso il campanello d’allarme cheha scosso il Pds. L’improvvisa conversionedi Antonio Di Pietro dal “no” deciso allaproroga alla concessione al “sì” più impe-gnativo e il controllo diretto ed esclusivo suun piano d’investimenti per 8.500 miliardinel quinquennio, avrebbero potuto essere ilprodotto di un accordo politico che avrebbelegato le fortune manageriali di GiancarloElia Valori e quelle politiche di Antonio diPietro? L’ipotesi è credibile.

Bretella intera o solo 17 chilometri?La bistrattata Variante di valico subisce

il suo ennesimo rinvio e - uscito Di Pietrodal governo - l’anno si chiude con un ripe-titivo battibecco che la riguarda. E’ di que-sti giorni l’uscita di Gianni Mattioli, verde,sottosegretario ai Lavori pubblici che spal-leggia il ministro dell’Ambiente Edo Ron-chi e ribadisce: “Sulla Variante di valicoc’è da rispettare l’accordo raggiunto dal go-verno quest’estate: per ora solo una bretel-la di 17 chilometri da Aglio a Canova. Que-sto per l’oggi, per il futuro Dio provvede”.Ma ai Verdi risponde il neoministro per iLavori pubblici, Paolo Costa: “La Variantedi valico va fatta bene. Quindi tutta”. Il cheporta, di nuovo, la lite a squassare il mini-stero, anche perché Costa è spalleggiatodall’altro sottosegretario Antonio Bargonedel Pds. Squasso del ministero dei Lavoripubblici e crisi col ministero dell’Ambien-te che così viene ricostruita dal segretariodella Uil, Sergio Larizza, buon amico, anziottimo amico di Giancarlo Elia Valori: “Sul-la Variante di valico, non c’è possibilità diequivoci. C’è in giro un ministro che menteed è bene che il presidente del Consigliostabilisca la verità”. Il “ministro che men-te” - accusa non carina - secondo Sergio La-rizza è Edo Ronchi. Antonio Di Pietro, in-fatti “davanti a tre ministri, due sottosegre-tari, i sindacati e tutte le associazioni d’im-presa”, secondo Larizza, ha dichiarato - insede di riunioni sul Patto per il lavoro - che“il governo ha approvato l’intera Variantedi valico, i 17 chilometri della bretella sonosoltanto il primo lotto”.

Chi mente dunque? Il ministro dell’Am-biente Edo Ronchi o l’ex ministro Di Pie-tro? E’ la domanda che sarebbe gravida diconseguenze in un paese normale, ma evi-dentemente non è così in Italia. Il 1996 sichiude anche con questo interrogativo irri-solto. Resta solo da constatare, a scorno del-la Variante di valico, che questa domanda èormai relegata nelle pieghe delle pagine in-terne dei quotidiani. Un anno da dimenti-care, per la Variante di valico.

3 GENNAIO 1947

Successo di Leon Blum, presidente delConsiglio francese, nella lotta al carovita:la sua spettacolare e coraggiosa decisionedi ribassare d’imperio del cinque per cen-to tutti i prezzi dal primo gennaio, una mi-sura che i soloni dell’economia riteneva-no assurda, sta dando i suoi frutti. Il bi-glietto della metropolitana è sceso a quat-tro franchi; l’affrancatura delle lettere aquattro e mezzo; i prodotti siderurgici di-minuiscono; tabacco, alcol, teatri, cinema,tutti i generi di importazione, elettricità ebenzina calano del cinque per cento; allastessa stregua i liberi professionisti, me-dici, levatrici, dentisti, notai, avvocati so-no tenuti a diminuire del cinque per cen-to le loro parcelle. La gente è soddisfattae i giornali titolano in prima pagina: “Iprezzi indietreggiano”.

Quanti italiani ancora in Russia? 10, 20mila? Di più? Nessuno è in grado di ri-spondere con precisione. Ma l’allarmedelle famiglie dei prigionieri, che conti-nuano a riempire di appelli i giornali, si faangoscioso quando il governo sovietico an-nuncia che i rimpatri sono stati completa-ti. E tutti gli altri prigionieri? A questopunto si deve sperare che quella sovieticasia una menzogna. O sono vere tutte quel-le storie di stenti e di morte che si sento-no sui campi di lavoro forzato nell’Urss?

5 0 A N N I F A

STORIA DI QUEL TRATTO AUTOSTRADALE CHE TIENE IN CODA GLI ITALIANI E FA LITIGARE MINISTRI E SOTTOSEGRETARI

LE GRANDIBUFALE DEL 1996

QUARTO DI UNASERIE DI ARTICOLI

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ANNO II NUMERO 2 - PAG 4 IL FOGLIO QUOTIDIANO VENERDÌ 3 GENNAIO 1997

Diario americano

Non è inglese l’idioma dei neriamericani, il sapore degli

hamburger, le lapidi interattive

VOGLIA DI SUSSIDI dietro la linguisticadelle autorità scolastiche californiane

“Ebonics” è una parola coniata di recen-te in California per indicare una lingua nuo-va. Si ispira poeticamente all’ebano, cheper gli americani è sinonimo di “pelle ne-ra”. Ed è stata utilizzata dagli amministra-tori scolastici del distretto di Oakland peridentificare quello che finora era per tuttiun dialetto, e cioè l’inglese parlato dai neriamericani. Per i professori di Oakland quel-l’idioma non è un dialetto, ma una linguavera e propria, alla quale mancava soltantouna denominazione ufficiale. L’“ebonics”,infatti, rappresenterebbe il retaggio di tut-ta l’esperienza africana e americana dei ne-ri che vivono negli Stati Uniti. Sarebbe er-roneo e poco rispettoso considerarlo un dia-letto dell’inglese. L’ebonics è quello che èperché esprime sia il genio particolare del-la razza sia l’oppressione che essa ha stori-camente subito a opera dei bianchi. Inrealtà tutta l’operazione ha anche una mo-tivazione economica. Lo Stato americanospende ogni anno 750 miliardi di lire per isussidi all’istruzione degli studenti che par-lano una lingua diversa dall’inglese, cioè so-prattutto portoricani, messicani e cinesi. Madi questa provvidenza non hanno mai potu-to beneficiare i neri. L’invenzione dell’ebo-nics permetterebbe di ovviare a questa la-cuna, con un sostanzioso vantaggio econo-mico anche per i professori e i dirigenti del-la burocrazia scolastica. Ma i diretti inte-ressati non sembrano essere molto d’accor-do. “Io sono nero e parlo inglese”, ha dettoa nome suo e di molti compagni il sedicen-ne Aaron Andrews. “Dire che il mio inglesenon è inglese è un insulto”. Il leader neroJesse Jackson ha chiosato parlando di “rim-becillimento di tutte le parti” nella contro-versia razziale.

IL FIGLIO DI MARIO CUOMO diventa mi-nistro e c’è chi lo pronostica alla Casa Bianca

Un Cuomo è arrivato finalmente in unaposizione di comando a Washington, manon è il vecchio Mario. E’ il giovane An-drew, suo figlio, di 39 anni, che Clinton hascelto come nuovo ministro per la politicadegli Alloggi e le Questioni urbane. An-drew somiglia moltissimo al padre, per ilmodo un po’ enfatico di parlare, il tono del-la voce, lo sguardo acuto e spiritoso. Politi-camente, però, è da lui molto diverso. Nonè infatti un democratico di sinistra o “libe-ral” vecchio stile, ma un neodemocraticocentrista e pragmatico, come tutti quelliscelti da Bill Clinton per il suo nuovo gabi-netto. Andrew, che è sposato a Kerry Ken-nedy, la figlia di Robert, ha cominciato a oc-cuparsi di politica a 16 anni, quando aiuta-va nelle campagne elettorali il padre (“At-taccava i miei manifesti e strappava quellidi quell’altro”, ricorda Mario), poi ha fattol’avvocato e si è votato al problema dei sen-zatetto fondando Help, la più grande orga-nizzazione di aiuto agli homeless degli Usa.E’ possibile che arrivi un giorno a quellacandidatura alla presidenza che il padre ri-fiutò nel 1992. Di sicuro, per ora, lui è l’uo-mo politico giovane più stimato da Al Gore,ed è quindi probabile che il candidato de-mocratico alla presidenza nel 2004 lo porticon sé alla Casa Bianca come “vice”.

MCDONALD’S CAMBIA il gusto dei suoi pa-nini per battere la concorrenza

I dirigenti di McDonald’s sono rimasti distucco quando il loro ufficio di ricerche dimercato ha constatato che gli hamburgerdei suoi rivali, Burger King e Wendy’s, sonopiù buoni. Il sapore, infatti, sarebbe più net-to e i condimenti armonizzati meglio. Ilquartier generale dei dodicimila ristorantiMcDonald’s (alcuni gestiti direttamente, al-tri da concessionari) ha così lanciato imme-diatamente una campagna interna di mi-glioramento qualitativo, con lo slogan “mas-simizzare il gusto”. Essa è dovuta anche alfatto che gli incassi della catena durante il1996 sono leggermente diminuiti. Due prov-vedimenti immediati: d’ora in avanti sale epepe verranno messi sull’hamburger du-rante la cottura e non, come fatto finora, al-la fine; e la lattuga di contorno non passeràpiù per il microonde.

VANNO A RUBA A MANHATTAN le pietretombali interattive con biografia rotante

Brevettate appena un mese fa dall’archi-tetto Hali Weiss col proposito di “renderemeno impersonali i defunti”, le pietre tom-bali interattive con biografia rotante si ven-dono già molto bene (dieci-quindici milionidi lire l’una). Sono acquistabili presso lanuova impresa di onoranze funebri LivingMonuments, di Manhattan. Il visitatore pre-me un tasto qualunque, e un cilindro conelaborate iscrizioni inserito nella lastra dimarmo verticale gira raccontandogli vita,morte ed eventuali miracoli dell’estinto.

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Signor direttore - L’episodio commentato dalFoglio giorni fa nel pezzo “Totò, Oscar e la mala-femmina” costituisce ormai una preziosa perla,ed è anche una piccola poesia. Mi permetto ac-cluderLe il commento che rese allora Piero Cala-mandrei il quale, esattamente come Totò, giàavanzava parecchi dubbi sulla professionalità diquesto genere di moralisti a buon mercato.

“Fece scandalo qualche anno fa sui giornali lacrisi di frenesia da cui fu preso quel deputato,che, in un afoso pomeriggio d’agosto, mentr’eraseduto al tavolino di una trattoria di Roma, videsedersi al tavolino accanto una giovane signora,accompagnata dal marito, la quale, sfilatosi il bo-lerino, rimase vestita di un di quei succinti abitiestivi che si chiamano prendisole. Al veder quel-le spalle nude, il deputato moralista, offeso nel

suo pudore, perse il lume dagli occhi e ricoprì diimproperi la signora scostumata. Come deputa-to, niente da dire.Ma il male è che costui era unmagistrato. Se domani gli elettori non lo rieleg-geranno e tornerà a fare il giudice, come potràun avvocato, che sia chiamato a difendere da-vanti a lui un imputato di oltraggio al pudore,aver fiducia nella sua serena equanimità? I giu-dici devono essere (o almeno cercar di apparire)non dico uomini mediocri, ma uomini medi: an-che nel pudore, quand’uno è giudice, non biso-gna esagerare”.

Luigi Quintarelli, Venezia

Grazie. Di cuore.

Signor direttore - Chiamati in causa dall’Ele-

fantino a proposito del “Burian”, il cosiddetto“vento siberiano” che imperversa in questi giorninon solo nelle nostre regioni, ma anche, e so-prattutto, sui giornali, sulle riviste e nei tg, speci-fichiamo che in lingua russa esistono due voca-boli dai quali la parola in questione (di per sé in-trovabile) può essere fatta derivare. Il primo è“Buria” che significa “tempesta, burrasca, bufe-ra”, mentre il secondo è “Buran” che vuol direspecificatamente “tempesta di neve”. Può essereinteressante notare come “buria” sia sostantivofemminile quando “buran” è, di contro, maschi-le. Poiché, peraltro, il citatissimo “burian” è unvento, è senz’altro da ricordare che in lingua tur-ca asiatica esiste il vocabolo “buran”, nel senso di“vento turbinoso”. (Per inciso, potrebbe essere in-teressante uno studio a proposito delle reciproche

influenze linguistiche tra turco e russo che devo-no essere necessariamente molteplici visto che le“lingue turche” sono regolarmente parlate da ungran numero di popoli in numerosi paesi unavolta facenti parte dell’Unione Sovietica - adesempio Azerbaigian, Turkestan, Altaj, Alto Je-nise, Jacuzia, ampie parti del Medio Volga, degliUrali, della Crimea, della Tracia orientale e cosìvia elencando). Per quel che riguarda il vocabo-lo italiano “buriana” (che secondo alcuni derive-rebbe proprio dal turco), esso è particolarmenteusato a Roma tanto che lo troviamo in un bel so-netto del Belli - il n° 26, scritto nel 1830 - nel qua-le il poeta dice: “far buriana”, nel senso di “farechiasso” e “creare trambusto” (e così - ci sia con-cesso un ricordo personale - è ancora usato nellanostra famiglia), peraltro nel significato di “tem-

porale di estensione e intensità limitata”. La pa-rola è rintracciabile nella lingua italiana fin dal1797, e nel senso di “nebbia” la si trova fin dal1813. Nel padovano e nel vicentino abbiamo “bo-rana” per nebbia, mentre in Emilia e Toscana“boriana”. Quel che è certo è che Emil FrantisekBurian - del quale, anche, sarebbe utile tracciareun breve ritratto, regista, scrittore e compositorececo, nato e morto a Praga (1904/1959) - col fred-do di questi giorni non c’entra niente.

Mauro della Porta Raffo

Il Gran Pignolo non si smentisce mai. Lasua “mania di accertamento “ (la sindromefu scoperta su se stesso da Alberto Roncheytanti anni fa) è una buriana “diestensione e intensità illimitata”.

Quando il grande Calamandrei sculacciò Scalfaro per eccesso di pudore