Zumthor, l' architetto falegname Premi: L' artista ... faccenda evangelica del cammello che non...

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Zumthor, l' architetto falegnamePremi: L' artista svizzero vince il Pritzker. Mario Botta: trionfa la qualità, sconfitto lo show-business«In una società che celebra il superfluo, io faccio resistenza»È il trionfo dell' architetto-artigiano, la vittoria della professione intesa come missione (qualcosa in bilico tra filosofia, didattica edebanisteria) sull' universo delle archistar. Il Pritzker 2009 assegnato allo svizzero Peter Zumthor (secondo elvetico dopo lacoppia Herzog-de Meuron nel 2001) segue una delle strade che il Nobel dell' architettura ha scelto, praticamente da sempre, diseguire: da una parte, la celebrazione dei progettisti più universalmente noti (Gehry, Foster, Koolhaas, Rogers, Nouvelpremiato l' anno scorso); dall' altra, il tentativo di far conoscere grandi professionisti defilati, ma molto apprezzati dagli addetti ailavori (Fehn, Murcutt, Utzon, Mayne, Mendes de Rocha). Peter Zumthor - nato a Basilea il 26 aprile 1943, figlio di un ebanista,ha imparato fin da piccolo il mestiere di falegname nel laboratorio del padre - appartiene alla categoria dei «grandi solitari». Ilsuo conterraneo Mario Botta lo definisce «uno stambecco», per poi subito riconoscere: «È un premio ben dato, perché stavoltasi è privilegiata la qualità e non lo show-business» (il premio assegnatogli a Los Angeles, gli verrà conferito il 29 maggio aBuenos Aires). Le prime parole di Zumthor, rubate dal suo eremo di Haldenstein, sono state per i giovani: «Spero che questopremio possa dare speranza ai giovani architetti che ora potranno dire: ce l' ha fatta Zumthor, posso farcela anch' io» (in questedichiarazioni si ritrova la sua anima di docente al Southern California Institute di Los Angeles e all' Accademia di Mendrisio). E l'architettura? «In una società che celebra tutto ciò che è inessenziale e superfluo, l' architettura è una forma di resistenza e nonuna questione di stile: ogni edificio deve essere costruito per uno specifico uso, in uno specifico luogo, per una specifica realtàsociale. I miei progetti nascono per rispondere a tutte queste esigenze». La motivazione del premio (quest' anno in giuria ancheRenzo Piano, Pritzker nel 1998) parla di «un maestro ammirato dai suoi stessi colleghi, un architetto senza compromessi edeccezionalmente determinato». E poi ancora: «I suoi edifici sono una presenza forte e senza tempo perché Zumthor possiede ilraro talento di combinare la semplicità e il rigore con la dimensione più poetica dell' architettura». Le sue, insomma, non sonosemplici architetture ma realtà che «esprimono rispetto per il luogo e per l' eterna lezione della storia». E Zumthor (che l' annoscorso aveva già ricevuto il Praemium Imperiale dalla Japan Art Association) ha visto riconosciute proprio le sue caratteristichedi professionista-artigiano dalla giuria del Pritzker: «Nelle sue mani, come in quelle di un consumato artigiano, materiali come illegno o la pietra vengono celebrati nell' interezza delle loro qualità, messe al servizio dell' architettura». Nel lungo, ma nonlunghissimo, elenco delle opere di Zumthor - sposato, padre di tre figli, nonno di due nipoti - si ritrova tanto della sua Svizzera.A cominciare dai bagni termali di Vals (1996) che la stessa giuria del Pritzker ha definito «il suo capolavoro»: «Volevo fare unacosa completamente diversa da una semplice piscina dove nuotare per ore. E a Vals il tema dell' acqua era così forte che non èstato difficile trovare la giusta soluzione» (una soluzione fatta di pietra e vetro, austera e sensuale al tempo stesso perché «l'architettura è anche un' arte dei sensi»). Quello che è successo a Vals, d' altra parte, rappresenta una conferma di quantopossa essere utile, in termini economici, una buona architettura: dopo l' intervento di Zumthor i frequentatori delle terme sonoaumentati del 45% all' anno, con una media superiore alle 40 mila presenze. Accanto a Vals, tra i suoi capolavori (divisisoprattutto tra Svizzera, Germania e Austria, ma non Italia) ecco la cappella di San Benedetto a Sumvitg (1988); il Museo diChur (1990); la Chiesa del Gesù di Monaco (1996); il Museo di Bregenz (1997); il Padiglione svizzero all' Expo di Hannover(2000); il Museo Kolumba di Cologna (2007) fino al Memoriale per le donne «bruciate come streghe» (tra il 1598 e il 1692) nellaregione di Vardo (Norvegia): due edifici scuri, tragicamente austeri, destinati a ospitare tra l' altro un' installazione di LouiseBourgeois. Dunque, un architetto di poche parole e di non tantissimi lavori (le sue monografie sono edite in Italia da Electa). D'altra parte Zumthor è uno che si prende sempre molto tempo per fare bene i suoi progetti: «La precisione e il prendere temposono concetti che mi piacciono - dice -. Non consegno niente se non ho la sensazione che tutto sia a posto. Sono io chedecido. Per questo sono disposto a non diventare ricco e a risultare difficile ai miei committenti». Da qui la fama di«personaggio duro e scostante»: ne sanno qualcosa gli industriali italiani che hanno più volte cercato di commissionargli oggettidi design, senza riuscire a vederli mai realizzati.Bucci StefanoPagina 35(14 aprile 2009) - Corriere della Sera

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Emergenza abitativaCase per i non abbientiIl richiamo del cardinale e le promesse del ComuneÈ il quarto o il quinto assessore che sento e leggo affermare che ormai il problema casa è in direzione di arrivo, che si èprogettato, si sono previsti stanziamenti. Però non vedo le ruspe, non ho mai visto le ruspe, voglio dire quelle che scavano permettere le fondamenta e così avviare questa famosa costruzione di case ad affitti accessibili alle migliaia di cittadini milanesiche guadagnano intorno ai mille euro al mese. Siamo arrivati a circa ventimila e più famiglie in emergenza abitativa ed ognianno si crea l'urgenza della proroga degli sfratti. A Milano si è costruito dovunque. Ogni area ha trovato il suo palazzo più omeno grandioso, anche le aree di proprietà comunale sono state quasi tutte impegnate. Invece molti appartamenti di proprietàcomunale restano vuoti, Piazza Dateo è un clamoroso esempio ma non è il solo. L'assessore Masseroli dice che sarannocostruiti ventimila appartamenti e si indigna perché l'arcivescovo ha richiesto case anche per i più poveri. Ci chiede un grossoimpegno di fede. Certo è che per uno che è nato a Milano e ci vive da quasi settanta anni, credere all'assessore Masseroli èproprio un impegno di fede ed il richiamo del cardinale Tettamanzi appare più che giustificato. Singolare anche la difesa dei«ricchi» che darebbero i soldi per costruire case per i meno ricchi. Stiamo parlando di beneficenza o di interessi, o di tassegiustamente da pagare? Gli interessi per chi costruisce sono sacrosanti ma a farli diventare virtù mi pare un po' troppo.Nessuno mette in dubbio la liceità della proprietà privata come pure è chiaro che senza il profitto non ci sarebbe possibilità direinvestire ma la scelta dell'housing sociale per intanto è una scelta della Fondazione Housing sociale della Fondazione Cariploe la scelta di costruire case in affitto calmierato è di poche società private. Riguardo poi alla ricchezza intesa come una quantitàdi beni che supera una serena e necessaria sicurezza di una famiglia o di una società, non sarà sbagliato ricordare che i benidella terra Dio li ha dati per tutte le sue figlie e i suoi figli e non è lecito - cristianamente - detenere un eccesso di beni mentrealtri soffrono povertà. La faccenda evangelica del cammello che non passerebbe per la cruna di un ago dovrebbe offrirequalche pensiero a chi appartiene alla categoria della ricchezza e a chi la commenta.Don Gino Rigoldi(16 aprile 2009) Corriere della Sera – Sezione Milano

La mostra .Un progetto all' anno per i quartieri. «Una città sana, accogliente, pulita»Orti, circhi e niente grattacieli. La Milano dei bimbi-architettiI disegni dei piccoli alunni: più parchi e piste ciclabili, no a traffico e smog Catella: «Fondi da terzo settore e impreseper finanziare i progetti». Rampello, Triennale: ascoltare i cittadini Legambiente «Si sta rivoluzionando il modo diabitare nelle case e negli spazi comuni, ma la politica è in ritardo»«Venite!» e giocate con noi a disegnare il futuro. La Milano dei bambini-architetti ha il circo, le piste ciclabili rosse e un anelloper l' atletica, le carote nell' orto, alberi e ancora alberi, Dumbo, il bowling, il gelataio, la pizzeria, le vasche dei pesci nel parco.Dicono all' Unicef che una città a misura di piccoli va bene per tutti: sana, accogliente, pulita. Così la si ritrova nei 194 disegnidegli alunni di cinque scuole elementari e medie raccolti per l' iniziativa «I progetti della gente» promossa dalla FondazioneRiccardo Catella (Frc) con Assolombarda, Fondazione Cariplo, Triennale e Legambiente. «Venite!», allora, ma sappiate chenon troverete grattacieli né centri commerciali, traffico e superstrade non sono previsti. Solo oasi, colline, grandi pennellate diverde. «Partiamo dall' ascolto dei bambini per avviare un programma di interventi concreti per il miglioramento dei quartieri»,spiega Manfredi Catella, amministratore della società immobiliare Hines (Garibaldi-Isola) e presidente della Frc: «I bambini,nella loro semplicità, descrivono i veri bisogni quotidiani». Ogni anno un progetto diverso in una zona della città, l' ultimoprevisto nel 2016, oltre l' Expo: si lavora all' eredità del dopo con microiniziative di qualità, iniezioni di buona urbanistica. Siparte dall' Isola (domani, ore 11, la presentazione nella sede Frc in via De Castillia) e poi si deciderà di volta in volta,consultando i consigli di zona, vagliando le proposte di cittadini e associazioni. Il paesaggista Andreas Kipar e lo studio legaledella Frc «garantiranno» stesura ed esecuzione dei progetti (in collaborazione con Comune, Provincia e Regione). «Ma ilsuccesso dell' iniziativa dipenderà molto dall' adesione di altri soggetti», precisa Catella: «Anzitutto il mondo del non profit,associazioni e fondazioni attive sul territorio. Il secondo invito è alle imprese, anche piccole, perché chiaramente per realizzare iprogetti ci vogliono i fondi. Infine, i cittadini: bastano anche piccoli contributi...». Il compito della Frc sarà «trovare tra tutti unminino comune denominatore». Milano e il suo nuovo umanesimo. «Rimettere la persona al centro delle riflessioni e dei progetti

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sulla città» è uno degli obiettivi de «I progetti della gente». Hanno iniziato a mettersi in gioco i bambini delle scuole elementariFoppette, Bacone, Montessori, gli studenti della Rinnovata Pizzigoni e quelli dell' istituto comprensivi Jacopo Barozzi. I lorobozzetti e le idee per una nuova Milano a matita e pennarelli saranno in mostra da domani sulle cesate del cantiere diriqualificazione di Garibaldi-Repubblica. La bimba che ha disegnato l' elefante e scritto «Venite!» ha riempito il margine delfoglio di un azzurro caldo, un cielo senza smog per le mamme con i passeggini. Un passerotto tiene su un cartello: «Ciao». Èun' altra Milano. Ma è possibile? «Si può cambiare, certo. Basta ascoltare, selezionare, realizzare buoni progetti», rispondeDavide Rampello, il presidente della Triennale: «Purtroppo, normalmente ci si ferma all' ascolto e non si procede. Adesso -anche grazie a quest' iniziativa aperta alla gente - è possibile. È un modo diverso di muoversi». Un modo «concreto», chiosaRampello. Forse impellente, necessario. «Si sta rivoluzionando il modo di abitare nelle case e negli spazi comuni», continuaAndrea Poggio, vicedirettore nazionale di Legambiente: «Dunque vanno organizzati i bisogni fondamentale per ridisegnare lacittà. La normale amministrazione non ha mai avuto quest' idea di progettazione e sviluppo. Bene, sperimentiamolo». Unastriscia d' erba ha sostituito la strada, in questa Milano degli architetti-bambini, e un filare di querce fa ombra a tre amiche. Siinseguono. La prima urla «sbrigati!», la seconda s' arrabbia («no!») e la terza, dal fondo, grida «aspettatemi!». Neanche neisogni dei piccoli Milano corre tutta insieme, c' è sempre qualcuno che arranca.Armando StellaPagina 6(17 aprile 2009) - Corriere della Sera

Masseroli: case vuote? Costruiamo sul costruito«E’ il frutto dei vincoli normativi, che per anni si è pensato difendessero l' interesse pubblico, ma ormai bisogna riconoscere cheil re è nudo». È l' analisi sulla città vuota degli edifici abbandonati e delle case sfitte, del milione di metri quadrati di ex areeindustriali dismesse fatta dall' assessore all' Urbanistica, Carlo Masseroli. Che raccoglie subito l' invito degli architetti a nonconsumare nuovo suolo: «Bisogna costruire sul costruito. Ma per farlo vanno tolti i vincoli, altrimenti i vecchi immobili fatiscentiresteranno tali e i vecchi uffici inutilizzati resteranno dismessi. Ciò che si deve fare invece è creare funzioni che siano attrattivee dunque economicamente sostenibili». Sull' edilizia privata il picco di domanda sull' offerta è il motivo per cui migliaia di casesono vuote. «Milano ha perso colpi - commenta Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia - l' unica via d' uscita è far sìche torni a essere attrattiva». Agevolare il cambio di destinazione d' uso, per Assoedilizia, aiuterebbe la riconversione delterziario dismesso. Idea condivisa dall' assessore alla Casa, Gianni Verga, che sull' edilizia residenziale propone: «Inserire l'affitto nella dichiarazione dei redditi aiuterebbe l' affittuario in difficoltà». Nel mare di edifici dismessi ci sono però anche troppiedifici pubblici. E per rimetterli in piedi mancano i soldi: «Le cascine dobbiamo darle agli agricoltori - dice Masseroli-E per le exscuole dobbiamo trovare nuove funzioni». Sul patrimonio di edifici vuoti in città, Pd e Verdi annunciano un' interrogazione alConsiglio: «Il Comune alzi l' aliquota Ici come disincentivo», propone Maurizio Baruffi. Sull' hotel comunale abbandonato datrent' anni in Montegrappa «l' ideale sarebbe rivitalizzarlo in un' ottica di turismo low cost», dice Pierfrancesco Maran del Pd.ILARIA CARRALa Repubblica17-04-09, pagina 5 sezione MILANO

La polemica Lettera in difesa del disegno dei Chelsea Barracks firmato da RogersDa Piano a Gehry, il manifesto degli 11 Le archistar accusano il principe Carlo«Fa lobby dietro le quinte per bloccare i progetti su Londra»DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA - Agli architetti, e che architetti, le manovre del principe non vanno proprio giù. Eal principe che questi architetti si mobilitino per difendere l' illustre Lord Rogers, che vuole ridisegnare una fetta della zona diChelsea senza tenere conto della sua opinione, appare proprio una pessima provocazione. Non siamo ancora alla carta bollata

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e alle denunce da tribunale ma fra Carlo e 11 superprofessionisti mondiali dell' urbanistica volano stracci e cattivi pensieri. E seliti e sgarbi del genere sono nove volte su dieci destinati a restare blindati e al riparo da ogni curiosità, per non impegolare unmembro della famiglia reale in affari troppo delicati, rimane pur sempre quell' unica volta in cui tutto tracima e stare zitti proprionon si può più. E così è scoppiata la guerra dei «barracks di Chelsea». Con protagonisti di assoluta eccezione. Ieri mattina neiparchi londinesi se la gustavano in molti, quella lettera insolita pubblicata a pagina 22 del Sunday Times. Un titolino su duecolonne («Il principe e il processo»), ma messo in modo che anche ai più frettolosi lettori non sfuggisse, anche perché se neaveva un bel richiamo nell' apertura del giornale e addirittura un editoriale. «Il principe e il processo» sembra quasi l'accattivante introduzione a un racconto o a una fiaba. Ma qui siamo di fronte a ben altro. Che sia uno sgambetto scorretto agamba tesa o uno schiaffo pesante di legittima difesa poco importa. Ciò che conta è che 6 premi Pritzker, l' equivalente delNobel per l' architettura, e 4 loro colleghi di pari levatura, hanno scritto che il principe Carlo deve farsi gli affari suoi, non deveabusare del ruolo e della posizione che ha, infine deve, se intende esprimere le sue critiche, usare i canali democratici e nonandare per vie traverse. Una lezioncina pepata. I nomi dei firmatari sono da Gotha della professione ed elencarne le opererealizzate richiederebbe un libro intero. Per citarne qualcuna: il Centro Pompidou di Parigi e il «Nido» di Pechino, ilGuggenheim di Bilbao e la Tate Modern di Londra. Dunque sono in ordine di apparizione: Lord Foster, Zaha Hadid, JacquesHerzog e Pierre de Meuron, Jean Nouvel, Renzo Piano, Frank Gehry, Sir Nicholas Serota, Richard Burdett, David Adjiave eDeyan Sudjic. Il contenzioso nasce dal progetto di Lord Richard Rogers, firma prestigiosa dell' urbanistica (è suo ad esempio ilTerminal 5 di Heathrow), che prevede un intervento chirurgico su un' area di Chelsea, di proprietà di una società a maggioranzacontrollata dalla famiglia reale del Qatar, a ridosso del Tamigi e vicino al vecchio Royal Hospital di Sir Cristopher Wren fondatonel 1682. Far convivere vetro e acciaio del nuovo con i mattoncini rossi e le pietre del vecchio è difficilissimo, ma nonimpossibile. Spesso ne escono meraviglie. L' idea è approdata alla Commissione di Westminster ed è andata avanti fino a che ilprincipe Carlo lo ha giudicata «inadeguata» e ha imposto uno stop. Lui preferisce una soluzione di tipo classico, che è poiquella suggerita del suo architetto favorito, Quinlan Terry. Ha così parlato direttamente con la famiglia reale del Qatar e all'improvviso la macchina delle autorizzazioni si è inceppata. Facile intuirne la ragione. No, non poteva finire così. Anche LordRogers ha le sue carte da giocare. E la carta scelta, la lettera al Sunday Times degli 11 architetti fra i quali lui non figura, è undiscreto modo di esprimere il dissenso, garbato nella forma ma spietato nei contenuti. «È fondamentale in una modernademocrazia che i commenti privati e l' attività di lobbying dietro le quinte da parte del principe non debbano essere usati permettersi di traverso al corso di un aperto e democratico processo di progettazione... Se il principe vuole commentare il disegnodi questo o di qualsiasi altro progetto, lo sollecitiamo a farlo attraverso le vie riconosciute della consultazione. Piuttosto cheusare la sua posizione privilegiata per intervenire in uno dei più significativi progetti da realizzare a Londra nei prossimi cinqueanni, egli dovrebbe impegnarsi in un dibattito aperto e trasparente». Come il principe Carlo l' abbia presa non si sa. Ma LordRogers ha un' altra carta, quella di riserva, forse la decisiva: è amico personale della regina. Il Sunday Times tifa per Carlo masui «Chelsea Barracks» la partita è aperta. Il bon-ton può attendere.Fabio CavaleraPagina 25(20 aprile 2009) - Corriere della Sera