ZUBIN VA ALLA GUERRA SENZA MUSICA...

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22 Conservatorio “Alfredo Casella” L’Aquila www.consaq.it Bimestrale, anno VI marzo - aprile 2011 A Pierre Boulez, per i suoi 85 anni Sciarrino presenta la sua nuova opera Jaroslav Jezek, Gershwin praghese Il’Primato’(1920) per la musica a scuola La voce moderna. Un saggio di Georges Bloch ZUBIN VA ALLA GUERRA SENZA MUSICA MAI

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    A Pierre Boulez, per i suoi 85 anni

    Sciarrino presenta la sua nuova opera

    Jaroslav Jezek, Gershwin praghese

    Il’Primato’(1920) per la musica a scuola

    La voce moderna. Un saggio di Georges Bloch

    ZUBIN VA ALLA GUERRA SENZA MUSICA MAI

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    on si può restare a guardare, è necessario bat-tersi. E non soltanto per reclamare il reintegro delFUS- senza reintegro il sistema musicale italianosarà presto smantellato - ma anche per gridare il di-ritto ad esistere, ad essere rispettati, anzi a farsivanto della nostra storia. Le notizie che giungono da ogni parte sono veri epropri bollettini di guerra. Per fortuna, non siamoancora alle cancellazioni totali; ma già si registranoriduzioni consistenti dell’attività, licenziamenti nu-mericamente pesanti di giovani e professionisti chenon possono riciclarsi saltando da un cubo all’altro osemplicemente cambiando discoteca, come si usa inaltri ambienti. Il Ministro del Tesoro alla vigilia delladiscussione in Parlamento del cosiddetto ‘DecretoMilleproroghe’, ha fatto sapere ai parlamentari, chene stanno discutendo in Commissione gli emenda-menti, che ‘soldi non ce ne sono per nessuno’. E, per il FUS in particolare, neanche 1 Euro. A nullasono valse le passate assicurazioni di Letta e dellostesso Bondi, non più sfiduciato, il quale continua aripetere che mentre tutti chiedono soldi - che non cisono - lui ha pensato alla riforma del sistema. Sequesta è riforma? Qualche richiesta è arrivata a Tremonti da Bossi. ILcapo della Lega domanda il reintegro del finanzia-mento per La Scala e L’Arena di Verona - enti musi-cali padani; ma non per La Fenice - perché Venezia èdella sinistra? E forse l’ottiene, specie ora che sta ten-tando di costruire una storia della musica ‘padana’,l’unica da finanziare; da quando anche lui ha sco-perto che il pianoforte è invenzione padana ( Barto-lomeo Cristofori, autore della grande invenzionepresso la corte dei Medici, era di Padova ndr.); e chesenza tale scoperta - padana, ha ribadito la Lega -non ci sarebbero stati né Beethoven, né Mozart, néChopin, né Liszt. Se non ci sono soldi per il reintegro del FUS, il Go-verno parli chiaro; dica cosa vuol fare di teatri, or-chestre, istituzioni concertistiche e di ricerca,conservatori?

    Vuole riformare il sistema, secondo la bella defini-zione di Bondi? Ma come? Azzerandolo come si facon gli enti inutili? Lo dica chiaramente perché lasensazione è questa: il Governo vorrebbe scaricaresu Comuni e Regioni anche teatri ed orchestre etutte quelle istituzioni musicali, alcune delle qualistoriche, che per garantire qualità hanno bisogno diartisti e tecnici stabili, ben sapendo che non vi sonole risorse. Non dobbiamo permettere che cinquecento anni digrande storia musicale siano messi a fuoco efiamme da un esercito di nuovi barbari. A tal proposito, dal mondo degli artisti viene unaproposta. Precisamente dall’IMAIE(Istituto prepostoalla tutela dei diritti degli artisti, interpreti ed esecu-tori di opere musicali, cinematografiche, drammati-che, letterarie e audiovisive ) che è stato primacommissariato e poi chiuso, ed al suo posto creato ilnuovo IMAIE. Il vecchio IMAIE aveva in cassa oltre120 milioni di Euro di diritti, da distribuire agli inter-preti. Quella enorme somma, destinata ad ampliarsi ognigiorno, per via dei diritti di trasmissione e riprodu-zione ( i soli canali digitali e tematici rappresentanouna miniera d’oro per gli interpreti!), non si sa chefine abbia fatto. Dagli iscritti al vecchio IMAIE vienela proposta di destinarla al FUS. Se il Governo nonpuò, anzi non vuole salvare la cultura e l’arte, si of-frono di farlo gli stessi artisti. Che ne dice, ministroTremonti? @

    EDITORIALE

    QUANDO LA LOTTA SI FA DURA

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  • ANTICIPAZIONE

    La voce che scoperta!di Georges Bloch

    Con questa breve introduzione inizia la pubblicazione di un lungo ed approfondito saggio di GeorgesBloch, sulla evoluzione della voce umana, a partire dagli anni Cinquanta, e sugli influssi che tale evo-

    luzione ha avuto sulla musica in generale, ma anche sull’estetica e sulla tecnica, legate a tale feno-meno. L’argomento è stato oggetto di un seminario tenuto dall’autore presso il nostro Conservatorio,

    nell’ambito del progetto Erasmus. Music@ è infinitamente grata all’autore, mentre ai lettori dà ap-puntamento, per il seguito, ai prossimi numeri. (P.A.)

    efinendo la voce come un luogo di scoperta, ciriferiamo essenzialmente alla musica scritta dopo il1945. Riconosciamo che qualunque argomento ri-guardante la voce è per natura megalomane e su-pera largamente lo spazio di un articolo. Nonabbiamo, perciò, la presunzione di esaurire tale ar-gomento, ma ci limiteremo a proporre alcune ‘piste’che ci sembrano interessanti.Chiunque ha una sua voce, una sua lingua, una sua

    emissione vocale. Strumento personale per eccel-lenza, la voce rivela , peraltro, ciò che distingue, nellamusica, i suoni propriamente detti dalla loro orga-nizzazione. La voce e la percussione, le due grandifamiglie strumentali delle quali il XX secolo sta stra-volgendo completamente la pratica, sono emblema-tiche della corporeità così come l’ha definita HarryPartch, il rapporto diretto che lega il suono al corpodel musicista che lo produce. Naturalmente, si puòpartire da un approccio storico, quasi tradizionale,ponendo attenzione alle grandi scoperte, alle evolu-zioni più incisive, ai grandi uomini che avviano oproseguono lo sviluppo di nuove tecniche ( OlivierMessiaen, Luciano Berio, Cathy Berberian, MortonFeldman). La rivoluzione barocca degli anni Set-tanta, ad esempio, si è dimostrata ancora più impor-tante dal momento che è venuta a turbare unaevoluzione storica relativamente regolare del cantooperistico; una tradizione, che da due secoli circa,privilegiava potenza e resistenza vocali. Un’altrapista importante è quella dell’evoluzione tecnolo-gica. Il XX secolo ha inventato il microfono. La radiomette la sua impronta sull’idea che ci si è fatta delsuono della voce, e il microfono fa evolvere la tec-nica vocale, compresa quella dell’opera, dal mo-mento che le opere si consocerannoessenzialmente attraverso i dischi, la radio, la TV ol’MP3, più che nei templi dell’arte lirica. Il microfonoconsente espansione e diffusione alla commedia

    musicale, dopo quella della musica fonografica,come anche le esperienze teatrali di Beckett(‘ Krapp’sLast Tape’). Le musiche dal vivo cedono il posto allemusiche di supporto, e dopo a quelle de rete. Il ritofonografico, rito solitario e non rito di non di ascoltomusicale, occupa un posto preponderante nel con-sumo della musica.A partire dagli anni Sessanta, alcuni modelli desuntidalla linguistica o da ricerche drammaturgiche pro-pongono una specie di ‘decostruzione’ del linguag-gio ( lingua o linguaggio musicale). Il linguaggio, adesempio, diventa modello sonoro nel caso della poe-sia sonora ( ‘Ursonate’ di Schwitters). La linguistica (‘Circles’ di Berio), i modelli spettrali di composizionepropongono di estrarre dal suono anche i parametridella composizione. Il teatro musicale arriverà anchea smontare i meccanismi drammatici della voce (‘Phonophonie’ di Kagel, ‘Récitation’ di GeorgesAsperghis). Scopo finale è tentare di separare la vocedal corpo. La quale cosa è, evidentemente, impossi-bile: ma proprio per questo interessante.

    ESEMPIScrivere un articolo sulla musica è complicato, scri-vere un articolo sul suono quasi impossibile. Perchè,mentre quando si parla di musica si possono mo-strare delle partiture, quando si parla di suono, disuono di una voce, si allude il più delle volte a qual-cosa che sfugge alla notazione. In questo testo siproporranno degli esempi che, in gran parte, si pos-sono ascoltare gratuitamente (e legalmente), su in-ternet o che si possono trovare in commercio. Perquesto citeremo soprattutto numerose registrazioniche si trovano sul sito web:http://www.ubu.com/sound.

    *Georges Bloch, compositore, e ricercatore presso l’Ir-cam, é direttore del dipartimento’ Métiers du Son’ del

    Conservatoire Nationale di Parigi.

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  • SOMMARIOMarzo - Aprile2011

    Conservatorio "Alfredo Casella"Direttore: Bruno CariotiVia Francesco Savini 67100 L'Aquilatel. 0862 22122

    Bimestrale di musicaAnno VI. N.22 Marzo - Aprile 2011Direttore: Pietro Acquafredda

    Progetto graficocurato dagli studenti del corso di Grafica dell'Accademia di Belle Arti dell'AquilaCopertina: Marta Fornari, Alberto MassettiInterno: Caterina SebastianiIllustrazioni: Eleonora Regi, Barbara Santarelli, Alberto Massetti

    Impaginazione: Barbara Pre

    Consultabile sul sito: www.consaq.itVersione online: Alessio Gabriele

    Hanno collaborato a questo numero:Luca Aversano, Roberta Bellucci, GeorgesBloch, Dario Martinelli, Roberto Pagano, Salvatore Sciarrino, Walter Tortoreto, Luigi Tu-fano, Silvia Umile.Letto sulla Stampa:Marzio Pieri ( Corriere della Sera), Guido Cero-netti ( La Stampa), Alberto Arbasino ( LaStampa), Carlo Fontana (Corriere della sera)

    è una produzione del Laboratorioteorico-pratico di "Tecniche della Comunica-zione" del Conservatorio "Alfredo Casella"

    Lettere al direttore. Indirizzare a: [email protected]

    Stampa: Tipografia GTE, Gruppo TipograficoEditorialeL'Aquila Zona ind.le Loc. San Lorenzo67020 Fossa (AQ)E-mail: [email protected]

    EDITORIALE___________________________3Quando la lotta si fa dura

    ANTICIPAZIONE_________________________4La voce che scopertadi Georges Bloch

    ANTEPRIMA_______________________ ____6Superflumina di Sciarrino a Mannheimdi Salvatore Sciarrino

    COPERTINA__________________ _________8Senza musica mai!Intervista a Zubin Mehta a cura della redazione

    FOGLI D’ALBUM________________________14Bartolucci Cardinale

    INTERVISTA_________________________15Pierre Boulez di Pietro Acquafredda

    RISCOPERTA__________________________ 20La musica alle elementaridi Alberto Salvagnini, intervento di Luca Aversano

    JAZZ_________________________________23Giorgio Gaslini all’Aquiladi Walter Tortoreto

    FORUM STUDENTI ______________________ 25Consulte dei ConservatoriVogliamo comandare (anche) noidi Bruno Carioti

    AMARCORD SCARLATTIANO______________27Romanzo di un romanzo. Quinta puntata. Finedi Roberto Pagano

    GIRAMONDO________________________34Concorso Chopin al tempo di Facebookdi Dario Martinelli

    JAZZ________________________________35Jaroslav Jezekdi Silvia Umile

    MUSICA E INFANZIA_____________________ 38Ciao musica!Dieci anni di Metodo Gordon in Italiadi Roberta Bellucci

    LETTO SULLA STAMPA___________________ 41Interventi di Marzio Pieri, Guido Ceronetti, Alberto Arbasino,Carlo Fontana

    DOMANDE&RISPOSTE___________________ 44Privatisti. Basta con gli esami in Conservatorio?di Bruno Carioti

    OMNIBUS_____________________________ 46Notizie, Appunti, Libria cura della redazione

    ARIA DEL CATALOGO_____________________50Lucrezia Orgiadi Leporello

    *La rubrica GIRAMONDO è curata da Dario Mar-tinelli, professore di Musicologia all'Università diHelsinki

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    http://www.consaq.ithttp://www.alessiogabriele.com

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    ANTEPRIMA

    selvaggia). E soprattutto voci, frantumi di parole,anonimi: accolti dal brusìo, non appena gridatihanno perso la singolarità dell’io. L’umanità divienefiumana, elemento fluido e impersonale.Gelata fantasmagoria di insegne rosso-blu. Le luci oc-cultano muri anneriti e alzando gli occhi siintuiscono volte, colonne. Templi sovrumani, dove lamarea si ritrae dai suoi relitti –improvvisamente lescopriamo abitate, le stazioni. Emerge qualcosa di si-nistro, di sordido, in certe ore che formano i puntistagnanti della notte.Gli esseri abbandonati galleggiano a lungo sopraorizzonti deserti, marmi levigati dai passi; o su

    er essenza luoghi di passaggio, di gigantesche mi-grazioni non più stagionali ma giornaliere, lestazioni furono costruite dopo secoli di carovane e dipolvere. Avrebbero voluto proclamare lastabilità di un luogo di sosta e celebrare la civiltà, in-vece crebbero come edifici teocratici, cosìmonumentali da dilatarsi sopra il singolo ed esal-tarne la solitudine.Dentro, anche la percezione risulta alterata. Rumoriingranditi dagli spazi, amplificati dallalontananza. Sono rumori meccanici, stridori (da noianche un intrico assordante di pubblicità

    Novità di Sciarrino al Nationaltheater di Mannheim. Dal 20 maggio

    L'umanità diventa fiumana nellegrandi stazioni ferroviarie

    di Salvatore Sciarrino

    Superflumina, opera in un atto, libretto e musica di Salvatore Sciarrino. Direttore TitoCeccherini, regia di Andrea Schwalbach, protagonista Anna Radziejewska

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  • isole dal suolo gommoso, quelle spiagge di gradinidi tavoli di panche, dove si lasciano caderedisfatti dalla veglia. Intorno si irrigidiscono i vecchi,avvolti nel ronzìo dei neon, quasi crisalidisvuotate di ogni domani.Qualcuno sopravvive ai limiti dell’esistere, fra le cor-sie dei morenti. Non dell’indigenza diciamo qui, nédella semplice follia, quando si rompe il congegno.Peggio è la vita staccata dalla vita, la mente staccata.Cessa la luce, non la sofferenza; e forse non la di-gnità? La solitudine non è che la superficie dell’ab-bandono. Esso provoca ferite ben più profonde,invisibili, di cui si son perse le tracce: il loro gridopuò risvegliarsi tragicamente in ciascuno di noi,in qualsiasi momento.Da sempre mendicanti e vagabondi fanno parte delpaesaggio urbano, la storia della pittura anzi liostenta in primo piano. Oggi fingiamo di non vederlieppure sono dappertutto: sulle rive dellestrade, in centro o in periferia, ai giardini (che rap-presentano il simbolo distillato dell’ordinecosmico, proprio quello che la semplice presenza diun essere degradato mette in discussione).La certezza della deriva, del disastro universale chequesti naufraghi incarnano ai nostri occhi, è ciòche irrita di più e ne rende odioso il contatto. Non ciaccusano, piuttosto azzerano la nostra umanitàin quanto messaggeri della verità, della fine comunedi fronte a cui siamo tutti uguali. Ecco perchénon sopportiamo l’avanzare di ogni loro richiesta.Quale esperienza scopre il fondo nascosto in noi,quale immagine illumina meglio il termine dove èdestinato a frangersi tutto?Non v'è dubbio: la discarica, la montagna di rifiuti fu-manti. Essa proclama l'apocalisse come pure fail suo fratello, l'inceneritore. A uno sguardo si mostraevidente ciò che comprenderemmo a gradi evagamente, implicati come siamo in un lungo di-spiegarsi, di tempo e di illusioni.Anche una stazione s'imparenta a questi varchi dellanon vita. L'apocalisse fa capolino ovunqueriesce ad annidarsi tra le mascelle del benessere. I ri-fiuti sono l'ombra della società, del corpocollettivo, e vanno occultati prima del disfacimento,come i cadaveri. Gli uomini si spostano sullaterra e una quantità di oggetti (che parrebbero es-senza dell'immobilità) forma correnti che passanoda un continente all'altro. E' una massa incredibile:di cose pregiate e di spazzatura. Di solito ricchie poveri vivono su dimensioni parallele. Vi sono tut-tavia punti dell'universo dove si mescolano,momenti in cui ricchi e poveri vengono all'unicofiume di corpi.La fiumana rappresenta il viaggio umano in sé, di cuil'individuo diviene fibra infinitesima nel filodel tempo. Ho spesso scritto sulla necessità della ca-tastrofe in teatro, che scuota l'esistenza per ottenere

    lo svelamento ultimo. Non la doglia che partorisca ilterribile dei libri sacri, con cui una volta Dio sisarebbe manifestato in modo spettacolare: l'umanosenza morte e rinascita cosmica. Privi di futuro,se il non senso ancora sconvolge la coscienza diognuno, non si dovrebbe instaurare fra noi una piùprofonda fratellanza, fuori dalle appartenenze difede?Una 'senza casa', un essere ferito d’amore, sarà la no-stra protagonista. Sebbene estranea a se stessa,pare mimetizzarsi nel suo ambiente, nel vuoto cheprecede la violenza. Nell’indossare oggi la suaidentità lacerata, questa donna si esprime attraversola più lirica delle espressioni, l’antico Canticodei Cantici. I frantumi di una notte, racchiusi fra untramonto e l’alba. Cerco un teatro riportato alle sueorigini tragiche, quando non c’era azione ma rac

    conto. Ho trovatopersonaggi espo-sti a ogni sorta dicrudeltà: la donnacerto l’ha sorbitasino in fondo.Sarebbe odiosoportare in scenal’argomento contutto il suo pa-thos, necessariainvece una pro-spettiva distaccatae ironica. Così sol-tanto possiamo

    entrare in un mondo parallelo al nostro, cogliere lastessa crudeltà riflessa nell’incoerenza del delirio.Simmetricamente, l’opera è suddivisa in quattro qua-dri con due intermezzi. Al centro, tre canzoni. Qui ladonna getta via il ritegno, ci introduce nella propriaquotidianità, toccando a suo modo problemi attualiper l’umanità intera. Basti quello dei rifiuti, o delle ri-sorse alimentari.Il terzo quadro (Antifona) è un sogno interrotto,prende blandamente il posto della peripezia.Il primo intermezzo intercala avvisi ferroviari alla mu-sica. Nel secondo intermezzo giunge un canto lon-tano (forse un camionista fuori dalla stazione); primadella fine, gli spazi notturni turbati dagli altoparlanti,alla ricerca di un capomanovra introvabile.A parte la Bibbia, non proprio di fonti letterarie pos-siamo parlare, bensì di riferimenti e omaggi: aNovalis e, principalmente a un agile romanzo, bello esconnesso, di Elizabeth Smart, durante la cuilettura è nata l’idea del libretto; la prima versione ri-sale al 1983, Quattro malinconie era il titolo dilavoro. Segni supremi di degrado inarrestabile, gliannunzi ai viaggiatori suonano burocratici einsensati, ma sono veri e sono stati raccolti nelleprincipali stazioni italiane tra il 2003 e il 2006. @

    Stazione centrale di New York 1934

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    Salvatore Sciarrino

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    COPERTINA

    Intervista a Zubin Mehta, in prima linea per difendere musica, cultura e identità del nostro paese

    Senza Musica Mai iamo senza un ministro: il si-

    gnor Bondi è senza vergogna enon ha il coraggio di venire a Fi-renze a parlare con noi”, ha di-chiarato pubblicamente il grandedirettore indiano, di origine'Parsi', a capo dell'Orchestra delTeatro del Maggio Fiorentino, al-l'ennesimo annuncio di tagli alFUS (Fondo Unico per lo Spetta-colo) che per Firenze voleva dire:due milioni di Euro in meno. Con-seguenza immediata: a fine no-vembre, un avviso dell'ing.Francesca Colombo, nuovo so-vrintendente, comunica ai lavora-tori che gli stipendi sarannopagati in ritardo, 'a causa di graviproblemi economici e di difficoltàcon le banche'. “ Mehta non sa diche cosa sta parlando- aveva re-plicato con uguale durezza il mi-nistro Bondi. In questi anni ilMinistero è stato particolarmentevicino al Maggio Fiorentino. IlMaestro riveda i suoi infondatigiudizi offensivi che non merito”. Insomma dichiarazione di guerrae Zubin Mehta in prima fila sullebarricate, armi in pugno, perchè'Senza musica mai', come si leggesugli enormi tabelloni affissi sullafacciata del teatro fiorentino.Mehta non solo non molla e nonarretra di un solo passo, ma allafine di novembre, vola a Genovain soccorso del Teatro Carlo Fe-lice( i cui dipendenti tutti hannosottoscritto contratti di solida-rietà, per evitare la bancarotta e lachiusura del teatro); dirige gratui-tamente un concerto con l'Orche-stra del teatro ed alla fine,

    cardo Muti quando dice che inItalia non vi è un teatro chepossa essere considerato 'sim-bolo' o 'rappresentante' dellanazione (il riferimento è, ovvia-mente, alla Scala), perchè In Ita-lia ci sono tanti teatri, e quasitutti quelli più importanti hannouna storia gloriosa che non puòesser cancellata di colpo.

    Mi fa piacere che Muti dica que-sto. Sono d'accordo con Lui. Manon metterei da parte neanche ipiccoli teatri, autentici gioielli.Anche quelli dobbiamo tenerliaperti.

    Ora non bastano più le semplicidichiarazioni. Occorre agire e l'esempio del suo concerto a Ge-nova dovrebbe avere numerosiseguaci.

    Sono andato a Genova perchè ungrande teatro stava crollando. Vo-gliamo metterci in testa che nonc'è posto in Italia che non abbiauna grande storia musicale? Ge-nova vuol dire Paganini, Firenze ilmelodramma... era questo il sensodel mio discorso a braccio a Ge-nova, e quando ho detto: 'sono si-curo che tra di voi c'è abbastanzagente per appoggiare una rina-scita', un applauso scrosciante s'èlevato dal pubblico. Ripeto chenon voglio che si assista immobilied indifferenti alla distruzionedella musica in Italia. I prossimimesi saranno importantissimi.Dopo sarà troppo tardi (alla fine

    microfono in pugno: “E' una tra-gedia, la tragedia di una nazionericca di musica, arte, cultura e diun popolo che l'ama ma che ri-schia di perdere tutto, perchè c'èqualcuno che non vuole questaItalia. E noi non possiamo stare aguardare indifferenti. Inutile do-mandare soldi al Governo, tantonon ne darà. Ma che almeno noncontinui a tagliare! Anche voi, ge-novesi siete responsabili di que-sto vostro grande teatro, fatequalcosa”. Invito raccolto imme-diatamente da un genovese doccome Gino Paoli, che ha invitato isuoi concittadini alla mobilita-zione. Degli esiti non siamo a co-noscenza.

    Maestro, non la conoscevamocome lottatore, e per giunta piùdeterminato di tanti suoi colle-ghi italiani.

    Non possiamo appoggiare soloFirenze, Roma, Milano. Dobbiamodifendere tutti insieme, la musicadel nostro paese; anche nei pic-coli centri. Forse che i cittadini ditutto il resto d' Italia non hanno lostesso diritto alla musica di quellidelle grandi città? Dappertutto visono italiani che ogni sera vo-gliono avere l 'opium' che sichiama cultura. Non è importantesolo il 7 dicembre ( il giorno in cuiogni anno si inaugura la stagionealla Scala e quest’anno, si è apertaanche la stagione invernale delTeatro del Maggio fiorentino).

    Perciò Lei è d'accordo con Ric-

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    dell’anno il decreto cosiddetto‘milleproroghe’ ignorerà il rifinan-ziamento del FUS, almeno aglistessi livelli del 2010, promesso invarie occasioni dallo stesso Mini-stro Bondi e da Gianni Letta, sot-tosegretario della Presidenza delconsiglio. L’ultima speranza è orariposta in un altro appuntamento,l’ultimo utile prima che la distru-zione reale cominci, a fine feb-braio, del quale al momento diandare in stampa non possiamoconoscere l’esito ndr.) Come fe-steggiamo questo 2011 dell'Unitàd'Italia? Solo con parate e ban-diere? Noi inaugureremo il nuovoteatro il prossimo 21 dicembre;mancano molti soldi ancora, ma ilavori, devo dirlo apertamente,procedono regolarmente e ladata dell'inaugurazione sarà ri-spettata. La inaugureremo con la‘Nona’ di Beethoven, precedutada un pezzo che abbiamo apposi-tamente commissionato a Syl-vano Bussotti., fiorentino, che nel2011 compie ottant’anni.

    Il 2011 è per l’Orchestra del Mag-gio, la sua orchestra, un annoimportantissimo, a causa dellenumerose importanti tournéeche la porteranno in Europa edin vari paesi dell’estremo Oriente( Giappone, Cina, India) Ma per-chè un teatro va in tournée? Noncerto per soldi?

    No. Voglio parlare chiaro. In tour-née non si guadagna, perché lespese sono enormi. Pagati viaggialberghi ristoranti, resta davveropoco, appena l'argent de poche.Le tournée sono importanti per losviluppo di un'orchestra o di unteatro, e per mostrare in giro per ilmondo cosa si fa a casa. Dopouna tournée l'orchestra ed il corotornano sempre migliori diquando sono partiti. Anche i di-schi servono, sebbene venganosempre aggiustati. A me piacefare dischi live, che costano anchemeno, il che in tempo di crisi nonguasta. Con la Israel Philharmonic

    medicina, e perciò mi trasferii aVienna che, per uno studente dimusica, era come La Mecca, per-chè erano di casa tutti i più grandimusicisti dell'epoca. Ho avutoanche compagni famosi. Abbadoha studiato per tre anni a Vienna.Abbiamo sempre pranzato in-sieme, siamo andati all'opera, aiconcerti sempre insieme. Da quelmomento siamo diventati grandiamici.

    Abbado già allora era distaccatonel carattere, come oggi appare,almeno pubblicamente?

    No, in privato non era distaccato.Lui è venuto a Vienna con suamoglie. Ma noi ci eravamo cono-sciuti a Siena, nel 1956, dove ab-biamo studiato con Carlo Zecchi,

    faccio molti dischi live. So cheIsraele non gode di una buonafama oggi nel mondo, per questoè ancora più importante che at-traverso la Filarmonica, giri per ilmondo una immagine positiva diquel paese.

    A proposito di Israele, sa dell'Or-chestra israeliana invitata a Bay-reuth a suonare Wagner, con undirettore di origini italiane, Pa-ternostro?

    Ho detto a Paternostro che è unaipocrisia. Perchè se suoni Wagnerin Germania con musicisti ebrei,devi suonarlo anche in Israele.Perciò, non sono perciò. Mentresono d'accordo per suonare, ungiorno, Wagner in Israele; quelgiorno purtroppo non è ancoravenuto, nonostante gli sforzi cheio ma anche Barenboim stiamofacendo per avvicinare quelgiorno. Devo anche dire che ilGoverno israeliano non vieta disuonare Wagner - la radio israe-liana trasmette Wagner da qua-rant'anni almeno; Wagner,contrariamente a quanto si po-trebbe pensare, si studia nelleuniversità, in Israele. Ma resiste,nonostante ciò, negli israeliani iltabù, un tabù emozionale più cherazionale.

    A 18 anni, la sua famiglia lamandò a studiare a Vienna. Per-chè Vienna? E come era la vita diuno studente di musica aVienna, nei primi anni Cin-quanta?

    Vienna innanzitutto perchè vi abi-tava un mio cugino più grande dime, era pianista, ed era fuggitodalla Cina dopo il comunismo,era vissuto a Shangai: i miei geni-tori mi affidarono a lui. Dopo averstudiato con mio padre e con unvecchio maestro, gran signore,fiorentino, Ottorino Savini, decisidi dedicarmi completamente allamusica, dopo qualche tentativo in

    COPERTINA

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    un grande musicista. Ci sono fotoche ci ritraggono a Siena.

    Oggi ce la prendiamo con alcunigiovanissimi direttori catapultatiin istituzioni prestigiose, ma lastessa cosa è accaduta anche alei.

    Sì, a ventisei anni, fui nominato aLos Angeles, dove ora c'è Duda-mel. Vi sono rimasto sedici anni, espero che anche Dudamel vi restialtrettanto, per farsi il 'repertorio'.In quegli anni ho diretto almenouna volta a stagione i Wiener edun'altra i Berliner, per un periodoho lavorato in Israele, per il restodell'anno ho sempre lavorato aLos Angeles come, successiva-mente, a New York: venti setti-mane ogni anno. Ciò vuol dire che

    stavo faccia così. Lo conoscobene, l'ho invitato in Israele,quando nessuno lo conosceva.L'ho scritturato semplicementedopo aver visto un suo video.Anche un giovane direttore, se haqualcosa da dire musicalmente,può far bene ad una orchestra.Non importa l'età.

    A suo parere oggi scarseggianogiovani direttori italiani?

    No, ci sono giovani direttori ita-liani che dirigono l'opera in tuttoil mondo.E' una fatto psicologico. Quandoun giovane direttore italiano di-rige un'orchestra italiana, se piaceai musicisti, tutto fila liscio ma senon piace, prima di invitarlo nuo-vamente passa molto tempo. Eloro intanto fanno carriera al-l'estero. Nell'orchestra possono spesso in-contrare compagni di studio, in-segnanti, e questo può esserespesso motivo di screzi.

    Lei ha collaborato con AndreaAndermann a queste opere 'co-lossal' ( Tosca nel 90, poi Tra-viata ed ora Rigoletto)reinventate per la televisione.Quando le fu proposto la primavolta cosa pensò? Proseguirà la vostra collaborazione?

    Nei prossimi anni non è previstonulla insieme. La 'Cenerentola' di Rossini che sidovrebbe fare la prossima estatea Torino, non appartiene al miorepertorio; Rossini non è maistato una mia 'specialità', perciò cisarà un altro direttore ( RiccardoChailly, ndr). Quando Andrea mipropose di fare insieme 'Tosca', inrealtà non capii bene la cosa,però mi incuriosì. E poi io cono-scevo bene l'opera, e mi feci con-vincere anche dalla presenza didue grandi cantanti come PlacidoDomingo (Cavaradossi) e RuggeroRaimondi (Scarpia).

    abbiamo una ventina di pro-grammi diversi ogni anno, e sepensa che un programma nonviene mai ripreso prima di treanni almeno, in sedici anni uno sifa un bel repertorio. Ciò che ac-cade di norma in America, nonaccade in Europa, dove un diret-tore stabile è in sede al massimoper otto settimane l'anno. Le fac-cio un esempio. Sa perchè CarloMaria Giulini è rimasto a Los An-geles, dopo di me, solo tre o quat-tro anni? Perchè in pochi anniaveva esaurito il suo repertorio,evidentemente non tanto ampiocome avrebbe richiesto una lungapermanenza in un incarico inAmerica. Non critico Giulini. Eraun grande direttore. Ma lui nonera mai stato direttore stabile.Aveva il suo 'repertorio' che fa-ceva benissimo. Spero che Gu-

    Zubin Mehta

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    Mi permetta di domandarleanche di un'altra kermesse musi-cale e televisiva, da alcunimolto criticata: il concerto dei'Tre tenori'. A chi venne l'idea?glielo chiedo perchè girano vocidiscordanti. Quel concertostando alle voci, ebbe moltipadri.

    Da me venne Mario Dradi a pro-pormi di partecipare. E da quelloche io so l'idea era stata sua. Si vo-leva accogliere fra noi un grandecantante come Josè Carreras, dapoco uscito dall'incubo della ma-lattia. Fu un concerto di 'benve-nuto' per il tenore malato, unconcerto di amicizia, con finalitàbenefiche a favore della fonda-zione di Carreras per la lotta alleleucemie. L'incasso di Caracallaandò interamente alla Fonda-zione di Carreras. Noi lavorammo

    poi tornato nell'85. Ad oggi horaggiunto un primato: ho mante-nuto un incarico stabile in Italia,per più tempo di qualunque altrodirettore, anche italiano: 25 anni (Abbado e Muti, alla Scala rispetti-vamente per venti e diciannoveanni, ndr).

    Potrebbe superarla l'italiano An-tonio Pappano, in futuro. Nel2015 sarà già da dieci anni aRoma e dove potrebbe restareanche oltre, stando ad alcunesue recenti dichiarazioni.

    Ma quale italiano, Pappano èamericano. Ho grande stima delmio collega, io lo invito da tempo,ma lui non viene mai. Ha un inca-rico anche a Londra, e Roma eLondra lo tengono occupato pertutto il tempo.

    Però anche Lei non dirige altreorchestra oltre la sua?

    No, mai, perchè con quattro provenon potrei mai ottenere lo stessorisultato che ottengo dalla mia or-chestra con la quale lavoro, perparecchi mesi ogni anno e chequindi conosco bene. C'è natural-mente qualche eccezione: ognianno, torno a Berlino e Vienna.Quest'anno festeggerò cinquan-t'anni di concerti sia a Berlino chea Vienna.

    Prima di finire, torniamo doveeravamo partiti. La crisi si senteanche nelle istituzioni musicaliestere, in quelle che lei conoscemeglio?

    Le faccio io una domanda.Quanto viene destinato alla Cul-tura in Italia, nel budget governa-tivo, e quanto alla Difesa? AllaCultura appena lo 0,2 ( ora dopol’ultimo taglio ancora più ridotto);alla Difesa molto di più. E' da cri-minali tagliare cultura ed educa-zione. Ora parlo da dilettante,

    gratis. Chi si è arricchita neltempo è stata la Decca che ne havendute quattordici milioni dicopie.

    Come è nata la sua passione perla città di Firenze? Lei è l'unicodirettore di fama mondiale, stra-niero, che si è legato con un in-carico stabile a questa città. Cisarà stata una ragione anche af-fettiva.

    Sono venuto a Firenze, molti annifa, ero giovane, nei primi anni dicarriera. Precisamente nel 61. Inseguito non sono tornato ognianno. Nel '69 Remigio Paone michiese di pensare al Maggio e ioinvitai tutti i miei amici (Baren-boim, Abbado) a partecipare al‘mio’ Maggio. Alla fine degli anniSettanta, su invito di Massimo Bo-giankino, diressi il 'Ring' wagne-riano, con Ronconi regista. Sono

    COPERTINA

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  • perchè non conosco a fondo que-sta materia. Ma l'Italia ha davverotanto bisogno di spendere per laDifesa? Chi fa guerra ad Israele(lapsus), volevo dire all'Italia? Conil taglio del budget destinato allacultura si danneggiano il cuore el'anima di questo paese. E poi,perchè nel budget deve esserecompreso anche il cinema. Il ci-nema non ha bisogno dell'aiutodi Roma. Il cinema fa profitti. Spe-riamo! Leggo ogni giorno nel LosAngeles Times ( quando sono aLos Angeles) il borsino cinemato-grafico e leggo ogni giorno di in-cassi milionari. Che bisogno c'è di altri aiuti? Leposso dire di Valencia che fino allacrisi era la provincia più ricca dellaSpagna. Oggi le migliaia di appar-tamenti che avevano costruitonegli anni del boom, sono vuoti.Perchè gli inglesi, norvegesi sve-desi i turisti del nord europaamanti del mare e del sole, nonvengono più a Valencia. La situazione è molto grave,anche per ragioni politiche. Le re-centi elezioni hanno visto la de-stra vincere a Valencia, il governocentrale l'ha punita con un finan-ziamento bassissimo ( 1 milionedi Euro appena), a confronto di

    Manhattan. Ero felice solo con imusicisti; anche il carattere ag-gressivo dei newyorkesi non mi èmai piaciuto.

    Dei direttori stranieri del grandegiro Lei è l’unico che ha assuntoe mantenuto un incarico stabilein Italia. Ritiene che l'Italia le èstata riconoscente?

    Ho ricevuto l'onorificenza di cava-liere di Gran Croce da Scalfaro, manessun presidente è mai venutoqui a Firenze. Non mi aspetto chevenga Berlusconi, non è uomo dicultura, ma che Ministro della cul-tura è Bondi se non ha messo maipiede nel nostro teatro? Ho sa-puto che il presidente Napolitanoè un appassionato musicofilo. Midomando perchè non è mai ve-nuto qui? Forse per colpa nostrache non l'abbiamo mai invitato?Se è così, lo invito io, ufficial-mente, per il 28 aprile, quando fa-remo Aida, per aprire conGiuseppe Verdi i festeggiamentiper l'Unità d'Italia. Presidente,l'aspettiamo. @

    A CURA DELLA REDAZIONE

    quelli destinati a Madrid, Barcel-lona, Siviglia. A ciò si aggiungeche la stessa Valencia, un tempoassai ricca, oggi ha gravi pro-blemi.

    Cosa apprezza di Firenze per es-serci restato tanto tempo e perfarsi una casa fiorentina?

    La mia casa sulle colline, dove fac-cio anche l'olio – mi costa tantis-simo – ma quest'anno èbuonissimo., è il mio paradiso. Lamia vita in teatro e il rifugio nellacasa sulle colline (un antico fran-toio che il maestro ha ristruttu-rato) rappresentano per me lacondizione ideale di vita. Anche lamia casa americana, a Los Ange-les, mi permette di vivere a strettocontatto con la natura. Ho una bella casa circondata datre ettari di bosco, da una partevedo, in lontananza, il Pacifico,dall’altra le montagne della Cali-fornia. Me la godo poco perchévivo di più a Firenze. Ci vado, in sostanza soltanto perle vacanze. Il bisogno di vivere acontatto con la natura, ha reso itre anni di New York, infelici perme. Non vivevo bene nella città, a

    Maggio Musicale Fiorentino 2011 Celebrazioni unitarie Nuovo teatro Tournée

    Si inaugura il 28 aprile la 74 edizione del Maggio Musicale Fiorentino, con l’Aida di Giuseppe Verdi, direttore Zubin Mehta, regista Ferzan Ozpetek,al suo debutto nella regia d’opera. Altri due titoli completano il cartellone del maggio 2011, una novità assoluta commissionata al collaudato duoLuca Mosca/Gianluigi Melega, dal titolo ‘L’Italia del destino’ ( Teatro Goldoni, 15 e 17 maggio) e la monteverdiana ‘Incoronazione di Poppea’, con ladirezione di Alan Curtis; regia scene e costumi di Pier Luigi Pizzi ( Teatro della Pergola, dal 18 al 22 giugno). Ai primi di giugno, il balletto ‘Lago deicigni’, coreografia di Paul Chalmer, Con l’ensemble Maggiodanza.Concerti: il 29 aprile, per il 75° compleanno di Mehta, concerto del grande direttore indiano e del pianista Barenboim (Beethoven); il 19 maggio unaserata assai singolare: Alda Caiello e Maria Grazia Bellocchio in ‘Nuovo canzoniere popolare’ ( 20 canti popolari italiani rielaborati da 20 compositoriitaliani). Orchestre ospiti: l’Orchestra Giovanile Italiana, diretta da Boreyko ( 7 giugno) e la Philharmonia Orchestra, diretta da Esa-Pekka Salonen, il17 giugno. Da segnalare, infine, ‘Maggio Bimbi’, spettacoli e concerti dedicati ai bambini, con l’immancabile ‘Pierino e il lupo’.Tre le tournée del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino nel 2011: un vero e proprio giro del mondo in 31 città, europee ed asiatiche, in tre diversimomenti dell’anno.. Si tratta di un fatto unico nella storia del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, e pressoché unico nel panorama nazionale at-tuale. La prima delle tournée ha toccato sette città di quattro stati in dieci giorni, dal 21 al 31 gennaio: Parigi, Lussemburgo, Madrid, Oviedo, Valla-dolid, Saragoza, Regensburg.La tournée riprenderà questo mese e , fra marzo e aprile, toccherà numerose città dell’Estremo Oriente (Giappone, Cina, Taiwan e India) e, a chiu-sura, Russia. La terza ed ultima tournée avrà luogo in autunno.Il 21 dicembre, infine, inaugurazione del Nuovo Teatro del Maggio. Concerto diretto da Zubin Mehta. Sinfonia n. 9 di Beethoven e novità di SylvanoBussotti.

    Zubin Mehta

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    93 anni. Una bella rivincita per Domenico Bar-tolucci, dopo l'espulsione dalla Cappella Sistina, nel1997 - dove era stato nominato 'direttore perpetuo'da Pio XII, nel 1956 - per decisione di Giovanni PaoloII, che mise al suo posto un direttore di coro, ignotoai più, che veniva da Monreale, mons. Giuseppe Li-berto, lontano mille miglia dalla tradizione sistinache, nel bene e nel male, Bartolucci poteva dire diaver ricevuto dalle mani di Lorenzo Perosi e conser-vato gelosamente. Quel ‘nuovo corso’(?) della musicaliturgica fu segnato anche da un altro licenziamento,sempre per decisione dal papa quasi beato, quellodel preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra diRoma, il notissimo gregorianista, padre Bonifacio Ba-roffio, benedettino. E l’uno e l’altro licenziamentoebbero come conseguenza l’imbarbarimento e la ba-nalizzazione della musica liturgica, a dispetto dei se-coli di grande tradizione cattolica. Verosimilmente sivolle optare per un'innovazione dello stile che più siconfacesse alle celebrazioni di massa care a GiovanniPaolo II e della cui regia era responsabile il vescovoPiero Marini, maestro delle celebrazioni liturgichepontificie, a detta di molti tra i responsabili dell'ac-

    cantonamento di Bartolucci. Tra coloro che più av-versarono la decisione ci fu l’allora card. Ratzinger, ilquale, divenuto Papa richiamò Bartolucci a dirigereun concerto nella Cappella Sistina il 24 giugno 2006,naturalmente non con i cantori della storica cap-pella papale, ma con un suo coro che ancor oggi vadirigendo in giro per il mondo. In pubblico, davantia prelati di rango, il neo cardinale ha dichiarato direcente che mai e poi mai sarebbe tornato a diri-gere la ‘sua’ cappella, perché oggi non la riconoscepiù tale, e perché in questi quasi quindici anni dilontananza la Sistina ha perso i connotati che avevasotto la sua direzione. Bartolucci oggi, nonostantel’età, continua a parlare con chiarezza, senza faresconti a nessuno.Papa Ratzinger – che in fatto di musica ha sensibi-lità più spiccata e gusti più fini del suo predeces-sore, al quale piacevano i cori di montagna, a dettadel compositore Penderecki, suo amico – ha volutorisarcire moralmente mons. Bartolucci per quellacacciata ingiusta, ponendogli la berretta cardinali-zia. Alla bella età di oltre novant’anni. Congratulazioni, Eminenza ( P.A.)

    Fogli d’Album

    A

    BARTOLUCCI CARDINALE

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  • INTERVISTA

    A Pierre Boulez per i suoi ottantacinque anni

    La contaminazione? Segno di stanchezzaRiproponiamo una interessante ed ampia intervista a Pierre Boulez, effettuata in occasione

    dell' inaugurazione della Sala 'Sinopoli' dell'Auditorium 'Parco della Musica' di Roma, il 21 aprile 2002, in parte inedita

    di Pietro Acquafredda

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    INTERVISTA

    a un gran bell’effetto, la salamedia (Sala Sinopoli), attaccaBoulez Dal palcoscenico dove hoprovato, rimanda un suonochiaro, con bella risonanza, edanche l’amalgama di più stru-menti è soddisfacente. Natural-mente dovrei stare in sala edascoltare di lì per confermare laprima impressione che, comun-que, è ottima. Ho visto anche lasala piccola, quella con il palco-scenico( Sala Petrassi). Mi ha fattoimpressione il bel materiale con

    cui le sale sono rivestite. Noi all’Ir-cam non ci siamo potuti permet-tere tanto bel legno. PerchèParigi non può avere una grandesala da concerto come Roma, cheora ne ha addirittura tre? Conti-nuerò a battermi per ottenerla.

    A Roma con l’ Ensemble Inter-contemporain, Boulez ha visi-tato il nuovo Auditorium-Parcodella Musica, ma non da solocome avrebbe desiderato, bensìin compagnia di un architettocollaboratore di Renzo Piano, e

    Basta così poco per farlo funzio-nare?

    Per carità. Occorre cambiareanche mentalità. Ai responsabilimusicali consiglio di osservare ciòche hanno fatto i responsabili dimusei, per aumentare il numerodei visitatori. E ci sono riusciti. Esi-stono musei ‘generalisti’, altri spe-cializzati in questo o quello stile;gallerie, infine, che espongonociò che di nuovo succede nel-l’arte. Non si può mostrare tutto atutti in una volta, costringendo

    anche i più riot-tosi, ma non bi-sogna neppuredesistere daltentativo di farconoscere ilnuovo.

    Perdoni, mae-stro, ma è pro-prio quello cheLei fa da sem-pre: costringeretutti quelli chedecidono di ve-nire ai suoi con-certi aconoscere ilnuovo. Lespiace spiegareperchè, per po-terla ascoltare,occorre pagarequesta tassa,l’ascolto – ob-

    bligato - della sua musica e diquella di pochi altri, come Berio?

    La ragione è semplice. Sono unapersona molto esigente e dedicoil mio tempo solo a ciò che mi in-teressa veramente, che è poi lamusica di oggi, e in particolarequella dei giovani che mi obbligaa pensare in maniera diversa dacome ho sempre pensato. A meinteressa l’evoluzione della mu-sica e questa evoluzione si ha conle nuove leve. Recentemente hodiretto un opera dell’inglese Ge-

    senza nessun giornalista 'indi-screto' al seguito. Il bello peròviene ora. Lei, maestro, cosa cifarebbe?

    Per fortuna non devo occupar-mene; richiederebbe un grandeimpegno, ed io non avrei neppureil tempo per farlo. Basandomisulla conformazione e sulla ca-pienza delle tre sale, si potrebbedestinare la sala più grande -quella da 2800 posti, di prossimainaugurazione - al cosiddetto ‘re-pertorio’, alla musica più familiare

    ; la sala media ( battezzata: Sala‘Giuseppe Sinopoli’, da 1200 posti)potrebbe ospitare un mélange framusica di repertorio e musica nonaltrettanto nota per organici ca-meristici; e la terza sala, la più pic-cola (da 700 posti , dotata anchedi palcoscenico, Sala 'Petrassi')potrebbe rappresentare una fu-cina per le novità. E poi c’è ilgrande foyer circolare che abbrac-cia le tre sale - ci si potrebbe fareuna biblioteca ‘itinerante’ legataalle attività delle tre sale; e poi c’èla cavea all’aperto… quante altreidee potrebbero venire.

    F

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    Pierre Boulez

    orge Benjamin, che ha quaran-t’anni, dunque quasi la metà deimiei anni. Berio… perchè siamocoetanei; perchè è fra le personecon cui ho maggiore familiarità eperchè posso dire che mi trovo acondividere un percorso musicaleassai simile al suo, al punto da in-vidiargli alcune sue opere chevorrei aver scritto io. Natural-mente Berio non lo dirigo solo aRoma e perché mi ha invitato.

    Maestro, conosce MichaelNyman?

    No.

    E Uri Caine, di-rettore dellaBiennale Mu-sica di Vene-zia(2002); eArvo Part? li co-nosce?

    No! Dovrei co-noscerlo, Caine?Part lo conosco.Ma perché midomanda diNyman, Caine ePart?

    Semplicementeperché appar-tengono aquella schieradi compositoriche vampirizzatroppo spesso i musicisti delpassato. Anche il suo amicoBerio non è estraneo a questopratica. L’ha fatto con Mozart,Boccherini, Schubert, ed oraanche con Puccini. Cosa pensa dichi si rivolge troppo spesso allamusica del passato, e non perstudiarlo o per prendere in pre-stito qualche tema?

    Non intendo giustificare nessuno.Semplicemente le dico che nonmi interessano e perciò non me

    Cosa resterà della musica del se-condo Novecento.Può, già oggi,azzardare una profezia?

    Certamente “Gruppen” di Stoc-khausen; “Sinfonia” di Berio e i“Concerti per violino e pianoforte”di Gyorgy Ligeti.

    E John Cage , secondo Lei, nonha significato nulla nella musicadel Novecento?

    Cage, l’ho conosciuto ed anche

    molto amato. Tutti subimmo ilsuo fascino. Ma devo ammettereche John è stato più geniale nellavita che nelle opere. Ha avutoidee importanti ma non i mezziper realizzarle. Il piano ‘preparato’,ad esempio, è soltanto una tro-vata, per effetto del nuovo timbroe basta. Stesso discorso per il con-cetto di ‘opera aperta’. L’Europaconobbe Cage e l’America a Dar-mstadt , un luogo d’incontro fon-damentale per i giovani musicisti.E non è vero che Darmstadt uni-ficò il linguaggio di tutti i musici-

    ne occupo. Nella storia tutte levolte che non si riesce a trovareun rimedio presente ci si rivolgealla 'biblioteca'. Ma la bibliotecadeve avere uguale sorte della fe-nice, il mitico uccello: deve bru-ciare. Un fenomeno analogo allacosiddetta contaminazione frageneri. Non è nuovo, lo si registraanche nelle arti visive: quando ungenere mostra segni di stan-chezza, gli artisti si rivolgono adaltri, in cerca di possibili modelli.Il passato è prezioso ma non puòpesare come un macigno sul pre-sente e costituire un’ipoteca sul

    futuro. Quando morì Schoenbergio scrissi un saggio che intitolai“Schoenberg è morto!”. Naturalmente la mia non era unascoperta. Mio intento era ribadire che lastoria della musica non finiva conSchoenberg e che Schoenbergnon poteva costituire un impedi-mento per chi desiderasse andareavanti.Agli apocalittici di oggi vogliodire che occorre giudicare ‘a di-stanza’ e non nell’immediato. Equesto vale anche per la musica.

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  • sti presenti. Devo anzi dire che av-venne il contrario, in quel luogod’incontro tutti i musicisti trova-rono la forza per proseguire perla propria strada. Faccio un esem-pio: Luciano Berio non sarebbe lostesso senza la cultura italiana diprovenienza. Per tutte queste ra-gioni ritengo necessario conti-nuare ad incontraci .

    Alla musica si domanda spessodi dire o fare cose che forse nonpuò dire né riesce a fare. E’ ragio-nevole pensare che la musica -linguaggio universale, come sisottolinea in tempi di guerra -possa abbattere barriere, odii,antagonismi?

    Tante volte in passato si è tentatodi ‘politicizzare’ o ‘religionizzare’ lamusica; la musica non fa politicané proseliti. E tuttavia ciò che daqualche anno, assai coraggiosa-mente, tenta di fare Barenboim,costituire cioè un’orchestra di gio-vani israeliani, arabi e palestinesiè molto meritorio e va fatto. Servealmeno a far riflettere i giovani, al-meno i giovani, sulla possibilità disuperare particolarismi ed anta-gonismi, lavorando gli uni as-sieme agli altri. Questo esempioalmeno occorre darlo.

    Cosa spinge il musicista a scri-vere ancora oggi musica?

    L’utopia. Il dialogo dell’utopia conla realtà è uno stimolo importanteper l’artista. Occorre essere co-raggiosi e curiosi. E i musicistimolto spesso non hanno nè co-raggio né curiosità. E’ un rimpro-vero severo che mi sento di fare atutti, compositori ed interpreti,senza distinzione. Il loro scarsocoraggio e l’assenza di curiositàfanno molto danno al pubblico. InItalia avete interpreti come Ab-bado, Chailly, Pollini. Tutti e tresono musicisti sempre curiosi emolto coraggiosi e il pubblico lisegue fedelmente anche quando

    IL PAESE FERTILE

    “Cosa trovai in 'Das bildnerische Denken', che potesse sedurre a tal puntoun musicista e condurmi a considerare diversamente il fenomeno dellacomposizione?” Questa domanda, che apre le riflessioni di Pierre Boulez sull’opera diKlee, è la stessa che viene anche a noi leggendo un testo molto partico-lare come “Il Paese Fertile, P. Klee e la musica”, che raccoglie tre diversi la-vori di Pierre Boulez sull’opera di Klee: una conferenza-dibattito tenutasiil 21 novembre 1985, un’intervista pubblicata nel catalogo di una mostradell’aprile 1986, una conferenza pronunciata il 25 febbraio 1987.' Das bildnerische Denken', con le lezioni di Klee per il Bauhaus, arrivanelle mani di Boulez attraverso Stockhausen che glielo dona come guidae manuale di composizione.“Prima del mio incontro con Klee - confida Boulez- ragionavo unica-mente come musicista, il che non è sempre il miglior modo di vederecon chiarezza. La semplificazione ideale di Klee mi ha permesso di guar-dare le cose da un’altra angolazione”; la risposta, perciò, alla domandainiziale è la possibilità di dedurre dagli esempi del pittore, dalle sue rifles-sioni, nuovi spunti che non interessano la specificità dell’arte pittorica,ma il linguaggio in quanto tale. Secondo Boulez, insomma, Klee riduce gli elementi dell’immaginazioneal loro estremo grado di semplicità e li rende accessibili in una chiave chenon è più legata all’ambito pittorico e visivo, ed apre la strada ad una ri-flessione sul linguaggio dell’arte in generale.Il fascino di questo testo non sta, quindi, nel tentativo di fare paralleli trail mondo dei suoni e quello delle immagini - parallelismo, tra l’alto vano:“ogni trascrizione letterale sarebbe assurda”, dice l’autore - ma nel modoin cui ci svela come i linguaggi dell’arte e della composizione artistica,all’interno della loro specificità, possano intessere relazioni di naturastrutturale. In questa direzione è esemplare la rilettura che l’autore fa del tema dellascacchiera – tema caro e quasi ossessivo nella poetica di Klee. Le diret-trici spazio e tempo diventano concretamente visibili nella linea, rispet-tivamente, orizzontale e verticale. Le analogie con la musica sonoevidenti: analogo è il concetto di modulo, che interessa sia l’ambito pit-torico, perché la divisione in moduli riconoscibili definisce gli ambiti spa-ziali del quadro, consentendo di misurarne la grandezza, sia l’ambitomusicale, dove il concetto di tempo si basa sulla regolarità o meno delritmo, che altro non è se non un modulo riconoscibile non in senso cro-nometrico, ovviamente, ma in quanto pulsazione che genera l’istantedell' ascolto.Analogamente l’aspetto grafico della partitura richiama ledirettrici di tempo e spazio: 'tempo' perché nella lettura ci si muove dasinistra a destra; 'spazio' perché l’ampiezza degli intervalli è determinatadalla loro grandezza in verticale. Boulez stesso, però ci mette in guardia da una lettura esclusivamente vi-siva dell’evento musicale: l’impossibilità di una percezione globale, il do-minio dispotico della memoria, l’unidirezionalità del concetto di tempo,il percorso lineare dello svolgimento, sono condizioni con le quali, nellamusica, è necessario fare i conti. Ecco, allora, che le deduzioni visive pos-sono essere tradotte nel mondo dei suoni, a patto che la corrispondenzatra i due piani sia situata ad un livello strutturale molto elaborato. La strada da percorrere è, ancora una volta, quella indicata da Klee: rifles-sione tecnica che, lungi dall’impoverire lo slancio del compositore, so-stiene l’immaginazione, consentendole di generare soluzioni molteplici efeconde; e dialettica, insomma, tra analisi razionale e slancio creatore,tra struttura soggettiva, irregolare, e proporzione portante, oggettiva,per dirla con Klee tra individuale e dividuale, tra organizzato e acciden-tale; tra “disciplina e rigore nei fondamenti e anarchia per combattere ri-gore e disciplina. Da questa lotta nasce la poesia”.

    ROBERTA BELLUCCI

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    corre muoversi e subito anchenella pedagogia musicale vistoche la scuola non lo fa; noi musici-sti dobbiamo darci da fare, dob-biamo investire sul futuro, ne vadi mezzo anche la sopravvivenzadella musica stessa, oltre che no-stra.

    Il cosiddetto repertorio - Bach,Mozart, Beethoven, per inten-derci- non la interessa affatto?

    No, per carità. Io sono un casomolto speciale. Sono innanzituttocompositore e, in subordine, di-rettore, e direttore in primis dellamusica di oggi. E per la musica delpassato, solo di quegli autori e diquel repertorio che non ritengoancora valorizzati a dovere. Lo fac-cio anche spesso per riequilibrareil peso di certi autori ed operenella storia generale della musica.Non c’è ragione perché io dirigaautori che altri fanno già bene eforse meglio di come farei io. Diri-gere il repertorio è un regalo cheio faccio al pubblico. E un bel re-galo per essere apprezzato nonpuò essere fatto ogni giorno, masolo in particolari occasioni.

    E quali sarebbero queste occa-sioni particolari per meritarci unsuo cadeau musicale estrattodalla tradizione?

    Mi hanno invitato, a Salisburgo,per questo gennaio, per un con-certo di Mozart con Pollini e i Wie-

    presentano musica moderna ocontemporanea, la qual cosafanno con una certa regolarità. Avolte leggendo i programmi deiconcerti di certi notissimi pianisti,mi domando se siamo nel 2002oppure nel 1880. E man mano chepassa il tempo mi scopro semprepiù impaziente verso questo statodi cose.

    Insomma con qualche Abbado,Chailly e Pollini in più, la musicamoderna e contemporanea risol-verebbe i suoi problemi di pub-blico e di accettazione?

    Non basta. Una istituzione musi-cale non deve interessarsi esclusi-vamente al concerto, che tuttaviaresta un fatto centrale nella vitamusicale. Occorre stimolare intutte le maniere soprattutto i gio-vani e gli studenti. Le case dellamusica non possono comportarsicome dei 'restaurant' che osser-vano un orario rigido di aperturae chiusura, al di fuori del qualenon c’è verso di far aprire la cu-cina. Il concerto resta il piattoforte, ma il contorno deve averepiù peso. Intorno al concerto oc-corre inventarsi qualunque cosaper incuriosire, specie quando ilpubblico è più disponibile, comenel fine settimana: aprire le proveai giovani, spiegare tutto quelloche possono capire di un branomusicale non particolarmente fa-cile – io stesso l’ho fatto conmolto successo a Londra, per laserie ‘Discovery Concert’ dellaLondon Symphony Orchestra,spiegando e dirigendo Bartok.Pian piano si può far capire alpubblico, almeno a quello più at-tento, che esistono vari punti divista sulla medesima musica; inoccasione dell’esecuzione di mu-sica nuova, si dovrebbe effet-tuare una registrazione dal vivo,in maniera da offrire immediata-mente l’opportunità di far riascol-tare, seppure in disco, una musicache dal vivo sarà possibile riascol-tare forse dopo anni e anni. Oc-

    ner. Di per sé dirigere Mozart, no-nostante la presenza di Pollini, cheè un musicista assai stimolante,per me non è sufficientemente in-teressante. Sono riuscito ad inse-rire nel concerto le dueKammersymphonie di Schoen-berg. Con quest’accostamento ilconcerto è diventato stimolante,ed ho accettato. Penso che lo saràanche per il pubblico. Un altroesempio. A Chicago, dirigo laGrande Messe des Morts di Ber-lioz, che lì, stranamente, non èstata mai eseguita. Ecco, ancorauna ragione valida per tornare alrepertorio: presentarlo ad un pub-blico ‘vergine’. La prossima Pasqua,a Lucerna, dirigerò la Sesta di Ma-hler e, nella stessa serata, anchedue strabilianti capolavori del No-vecento, con evidenti echi mahle-riani: i Tre pezzi per orchestra op.6 di Alban Berg e i Sei pezzi op.6di Anton Webern, nella versioneoriginale. Ma, insisto, se non posso acco-starmi al repertorio alla mia ma-niera preferisco dedicarmi a ciòche veramente mi interessa: lamusica d’oggi, compresa la mia. Ledò una primizia: tornerò ancora aBayreuth nel 2004 per dirigereParsifal. E sa perché? Per il fortevalore simbolico di quel teatro. ABayreuth, con Wagner, vado a ri-trovare la sorgente della moder-nità. Voglio dire all’Europa checome Wagner riuscì a costruire lì ilsuo ‘teatro dell’avvenire’, è giuntal’ora che anche noi ci decidiamo acostruire il teatro del nostro fu-turo! @

    Pierre Boulez

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    RISCOPERTA

    Musica popolare e canto nelle scuole italiane

    Insegnamento non indispensabile,quasi voluttuario?

    di Alberto Salvagnini

    Il mio scritto è come un'indicazione molto sommaria dello stato presente di questo problema d'arte, delle sue difficoltà e delle vie da tenere per avviarlo verso

    una soluzione razionale e praticamente efficace

    L'importanza del problema per i musicistiL'organizzazione statale dell'insegnamento musicalenelle scuole, noto sotto il nome di canto corale, ha isuoi principali avversari, i suoi critici impenitenti neimusicisti. Essi pensano: che la musica non possa es-sere bene insegnata che negli appositi istituti; chenon possano insegnarla a dovere i maestri elemen-tari, dopo una preparazione sommaria ed affrettata;che tutta l'organizzazione scolastica del canto corale,essendo monca e male impiantata, non possa darealcun utile risultato. E concludono che il Ministerodell'istruzione farebbe meglio a sopprimerla e a de-volvere la spesa a favore dei Conservatorii musicali e

    di altre istituzioni vantaggiose per l'arte.Non si può disconoscere che lo stato caotico di que-sto insegnamento giustifica fino ad un certo puntotale opinione. Esso invero è monco, incompleto, as-surdo, contraddittorio, e l'assumerne le difese puòparere un'impresa disperata; massime a chi, come loscrivente, ricordi la irriducibile avversione di uno deinostri maggiori musicisti, Arrigo Boito, che più voltefece del canto corale nelle scuole segno agli stralidella sua sarcastica arguzia. Ma la contrarietà delBoito aveva il suo fondamento nel fatto che, nellenumerose Commissioni nominate dal Ministero del-l'istruzione per lo studio del problema, gli stessi tec-

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    Il Primato

    nici specialisti non erano m ai riusciti a mettersi d'ac-cordo e non avevano quindi approdato a risultatipratici e tangibili.

    I ConservatoriiCertamente vi è ancor oggi, fra i musicisti, moltoscetticismo in questa materia. Si pensa da alcuni,come ho detto, che la musica, essendo un'arte, nonpossa essere insegnata che da musicisti e negli ap-positi istituti. Ma questi istituti son ben pochi: seiConservatorii governativi, quelli di Milano, Parma, Fi-renze, Napoli, Palermo e quello di S.Cecilia a Roma;qualche altro istituto importante come i licei di Pe-saro, di Bologna, di Torino, di Venezia; alcune buonescuole di musica comunali e qualcuna anche privatanon disprezzabile; tutte ad ogni modo destinate acreare artisti, compositori o esecutori, nessuna a dif-fondere la conoscenza della musica nel popolo.

    L'insegnamento fondamentaleE perché questa conoscenza non si dovrebbe diffon-dere? Perché la musica è un'arte? Ma anche la lette-ratura, prosa o poesia, è un'arte; anche la pittura èun'arte; e la matematica pura è un'altissima scienza;tutti scarsamente accessibili alle masse. Eppure noi cisforziamo con la scuola, di seminare e coltivare tra lemasse gli elementi rudimentali che costituiscono incerto modo il meccanismo semplice e primitivo diquelle eccelse costruzioni dello spirito umano; e dif-fondiamo l'alfabeto e le regole grammaticali, mecca-nismo di ogni letteratura, e diffondiamo i principidell'aritmetica, meccanismo di ogni matematica, ediffondiamo, ormai in quasi tutte le scuole, il disegnobase schematica di ogni arte plastica e decorativa.Perché dunque si dovrebbe negare a tutto il nostropopolo la conoscenza del congegno musicale, talchéegli possa rendersi conto di ciò che è una melodia,.Come si rende conto di ciò che è l'espressione delpensiero mediante la parola o di ciò che è il segno ri-producente gli oggetti visibili o di ciò che è l'opera-zione aritmetica che mille volte gli occorre dicompiere praticamente nella vita?

    La scuola elementareOra è innegabile che per divulgare nella misura piùlarga possibile una qualsiasi conoscenza non vi èstrumento più possente della scuola elementare,dell'umile scuola in cui tutti gli uomini poco o moltoistruiti hanno fatto i loro primi passi; dove sono pas-sati il ricco e il povero, l'operaio e il contadino, il pro-fessore e l'artista, il magistrato e il ministro, ed ovetutti hanno appreso quelle prime nozioni fondamen-tali del sapere che non si dimenticano, che non sicancellano più. Se fra queste sarà compresa anche lamusica, non formeremo noi un popolo più intelli-gente e meglio preparato ad apprezzare e gustare lebellezze di quest'arte che ha tanto potere sullo spi-

    rito umano?

    Arte e cultura generaleSecondo me, nel mondo dei musicisti, non si distin-guono abbastanza nettamente i due differenti pro-blemi: quello dell'apprendimento della musicacome arte, al quale sono preordinati i Conservatoriie le altre scuole di musica, da quello dell'apprendi-mento della musica come elemento di cultura gene-rale per il popolo, al quale è destinatol'insegnamento delle nozioni musicali e del cantocorale nelle scuole primarie, medie e magistrali. Sedal primo campo, che paragonerei al giardino o alfrutteto, escono pochi eletti, gli artisti, dall'altro lavo-rato a cultura estensiva, escono tutti i cittadini dimediocre istruzione, quella massa del pubblico alquale poi fin dei fini si chiede la consacrazioneanche delle opere del genio.

    L'educazione del pubblicoI musicisti, ai quali tanto sta a cuore, massime inquesto momento, di divulgare tra il popolo l'educa-zione musicale mediante l'incremento del teatro edei concerti, dovrebbero preoccuparsi anche dellaformazione del pubblico mediante un minimo diistruzione musicale diffuso tra le masse.I musicisti si preoccupano giustamente dell'educa-zione del pubblico e si rallegrano dei vantaggi con-seguiti, specie nelle grandi città, mercé il teatro dimusica e l'istituzione di pubblici concerti in am-bienti adatti a contenere grandi masse (come aRoma l'Augusteo) ed anche mercé l'affinamentodelle bande musicali, queste ultime così importantiperché offrono al popolo il solo trattenimento musi-cale gratuito che esista da noi. Ma si pensi quanto èesiguo il numero di coloro che possono frequentarei teatri e i concerti, ed anche di coloro che nelle cittàpiù importanti possono raggrupparsi intorno ad unabuona banda, in rapporto ai trentotto milioni di abi-tanti del Regno, la gran massa dei quali non sa checosa sia musica e non ha modo di sentirne di buonané in teatro, né in chiesa, né sulla piazza. Di fronte apoche migliaia di privilegiati, sono milioni di esseriche non si accostano all'altare dell'arte, o ne hannoappena la più pallida e deforme idea attraversoqualche fanfara militare o qualche organetto dafiera.

    L'analfabetismo musicaleSe l'analfabetismo, dirò così letterario, è una piagadolorosa del nostro bel Paese, l'analfabetismo musi-cale lo supera in estensione, in quanto invadeanche le classi colte e dirigenti. Uomini di alta cul-tura, professori, funzionari, deputati, ministri sonospesso perfettamente ignari di ciò che sia la musica,e questa è cagione non ultima di tanti falsi giudizii edi tanti errori, le cui conseguenze si riverberano

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  • Bisogna che tutto cambi, perché tutto rimanga com’è

    Pubblicato nel 1920, ma taciuti i riferimenti puntuali a personaggidell’epoca, l’articolo di Salvagnini, qui ristampato, sembrerebbe ver-gato l’altro ieri. Il lettore di Music@ non avrà difficoltà a riconoscere,nelle considerazioni sull’insegnamento “popolare” della musicanelle scuole italiane, temi e contenuti di scottante attualità. Conl’unica differenza, sul piano concreto delle linee curricolari, che ildiscorso del Salvagnini si riferisce alla scuola primaria, mentre oggiriguarderebbe l’incipiente ristrutturazione dei nostri licei, in cui lamusica è stata ancora una volta relegata ad arte da insegnare uni-camente al futuro professionista, disciplina non degna di far partedel curricolo di quei licei, la maggioranza, che non siano i musico-coreutici. Insomma, è passato quasi un secolo e, gattopardesca-mente, tra discussioni e tentativi di riforma, proprio nulla ècambiato: la musica viene programmaticamente esclusa dal baga-glio formativo generale del cittadino italiano. E che ciò avvenga daqualche centinaio di anni, dovrebbe farci riflettere, renderci consa-pevoli del fatto che molto probabilmente non si tratta di una que-stione meramente economico-finanziaria o sindacale. C’è qualcosadi più, che scende alle radici della nostra cultura, e di cui ci siamo giàoccupati su questa rivista (Music@, III, 9, 2008, pp. 21-25). Comecommentare, allora, il Salvagnini meritoriamente tratto dall’oblìodegli anni che passano? Cosa dire della sua lucida analisi, lontana evicina in un solo momento? Sperare che la scuola italiana, attraversouna lunga seduta storico-psicanalitica, possa rimuovere al più pre-sto la fobia nei confronti della musica, del suo insegnamento e dellasua capacità di parlare al cuore e alle menti dei cittadini.

    LUCA AVERSANO

    anche nella nostra legislazione scolastica e chespesso prendono forma di un altezzoso dispregioverso un'arte tanto gloriosa e tanto remunerativaper la nostra Nazione e verso coloro che la profes-sano.Bisogna combattere il pregiudizio che la musica siauna specie di scienza occulta, un mondo riservato apochi iniziati e chiuso alla generalità; mentre i suoielementi sono di facile e gradita apprensione allepiù teneri menti, e non sono certo più ostici di quellidell'alfabeto e della grammatica, delle operazioniaritmetiche, del disegno geometrico e di tante altrecose che si insegnano ai fanciulli.

    Insegnamento voluttuario?Un altro pregiudizio abbastanza diffuso, anche fracoloro che si occupano dei problemi di cultura, èquello che la musica costituisca un insegnamentonon indispensabile e quasi voluttuario, da lasciarsialla libera iniziativa di chi vuole procurarselo per suodiletto, e non tale ad ogni modo da costituire un ob-bligo assoluto per lo Stato. Sulla efficacia educativa esull'azione spirituale della musica troppo è statoscritto da quando l'uomo maneggia la penna perchéio mi dilunghi in cotale dissertazione. Sta di fatto chel'importanza, anzi la necessità dell'insegnamento

    musicale nelle scuole è accettata dai pedagogisti ditutto il mondo civile, e che nessuno oserebbe pen-sare senza vergogna che lo Stato dovesse disinteres-sarsene. Vorrei però che, specialmente nel nostromondo scolastico, fosse un po' meglio sentita e com-presa l'alta funzione della musica, e non si riguar-dasse il maestro di quest'arte come un essereinferiore rispetto ai professori di lettere, di storia, dimatematica. Vero è d'altra parte che il maestro dimusica, anche quello che si dedica al modesto inse-gnamento della teoria e del canto corale nellescuole, dovrebbe possedere una cultura più diquella che generalmente non abbia. Il rispetto perl'insegnante e il rispetto per la materia sono cose in-timamente connesse.Ritornando ora al punto di partenza, a me pare che imusicisti, non solo non debbano dimostrarsi indiffe-renti o avversi alla organizzazione scolastica dell'in-segnamento musicale e corale, ma debbanointeressarsene e favorirla. Essi debbono fare anche dipiù: collaborarvi. I musicisti sono interessati all'istru-zione musicale popolare sia perché essa preparamasse più intelligenti per il giudizio di tutte le formedell'arte, che in ultima analisi è deferito al gran pub-blico; sia perché dà un primo embrione di culturamusicale a coloro che si presenteranno agli istituti dimusica per diventare artisti e può anche rivelare tra ifigli del popolo attitudini magnifiche che forse senzadi essa non si sarebbero manifestate; sia infine per-ché in una efficace organizzazione di questa istru-zione può risiedere il segreto della creazione dimasse corali, di cui l'Italia assolutamente difetta eper la cui mancanza la maggiore e più splendidaparte del nostro patrimonio musicale nazionale ri-mane ineseguita e sconosciuta.Ma perché l'ordinamento dell'istruzione musicalenelle scuole produca gli effetti fi qui accennati è as-solutamente necessario che esso sia completato ecoordinato secondo un piano organico diretto ad ununico fine: l'insegnamento dei principi della teoriamusicale e del canto nella scuola elementare. Ed oc-corre che questo insegnamento, sia, per legge, ob-bligatorio. @

    *Alberto Salvagnini, esperto di problemi musicali e pe-dagogici, fu membro della ' Commissione musicale del

    dopoguerra'. ( da 'Il Primato artistico italiano'. Roma Milano Napoli.

    Pubblicazione mensile. Anno II. 15 agosto-15 settembre1920. Numero II)

    RISCOPERTA

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    alessio.gabrieleLogo Music@

  • a vita musicale di Gaslini è segnata dai grandinumeri: concerti o partecipazione a festival, compo-sizioni, dischi, colonne sonore e musiche di scenaecc. rappresentano le corpose sezioni nelle quali l’in-faticabile musicista ha profuso il suo impegno, sem-pre con generosità e con l’operoso entusiasmo delneofita che perlustra possibilità inesplorate, scoprenuove strade, indica percorsi nuovi.Gaslini è un infaticabile e gioioso esploratore abi-tuato al successo e alle luci della ribalta fin da adole-scente (prime esibizioni a sette anni), eppure semprefebbricitante, curioso, epidemico. In un’ideale lessi-cografia jazzistica italiana (per taluni aspetti ancheinternazionale), a molte sue esperienze bisogne-rebbe attribuire la prima idea o la prima realizza-zione, giacché egli ha iniziato nuove correntimusicali, ha sfondato le porte blindate delle scuolenon musicali e –per il jazz –anche quellemusicali, ha vio-lato con il suopianoforte fab-briche ospedalipsichiatrici e uni-versità, ha impo-sto la musica jazzalla refrattariacultura italianafin dai tempi delfascismo,quando si per-metteva soltantoa qualche figliodi papà di colti-vare un generedi musica che la

    torpida cultura ufficiale giudicava spuria e indecente,inappropriata alla pomposa serietà della cultura au-tarchica di regime. Nel duplice, faticosissimo impe-gno di arricchire la cultura italiana con il contributodel jazz e della musica e di fecondare il mondo musi-cale con il lievito della cultura non strettamente mu-sicale, Gaslini – allievo nel Conservatorio milanesetra l’altro di docenti come Carlo Maria Giulini, Salva-tore Quasimodo (Premio Nobel) – è stato un prota-gonista dalla volontà regale, tenace e poliedrica, inciò sostenuto dalla personalità versatile, dai suoimultiformi interessi e dallo spirito di ricerca che neha fatto uno degli sperimentatori musicali più fe-condi del secondo Novecento. Questo sguardo alla cultura e alle altre arti deve es-sere enfatizzato perché il divorzio tra la musica e lacultura è in Italia ormai secolare, al punto che qual-siasi persona mediamente colta arrossirebbe oggi sedovesse confessare di non conoscere Michelangelo,

    mentre inveceanche intellet-tuali insigni pos-sono ammetteresenza alcun disa-gio di ignorarechi sia statoMonteverdi…E tuttavia sa-rebbe insuffi-ciente e riduttivoincasellare l’atti-vità del musici-sta milanese nelsolo mondo deljazz, sia pure diun jazz consape-vole della suastoria, dei suoi

    Masterclass del noto musicista a L'Aquila

    LA MUSICA TOTALE DI GASLINIdi Walter Tortoreto

    Venuto a ritirare il 'Premio Carloni' alla carriera, attribuitogli dal Centro di studi musi-cali che si intitola al noto avvocato che ha inventato l'Aquila 'musicale',Giorgio Gaslini,ha tenuto una masterclass molto seguita al Conservatorio 'Casella', nel corso dellaquale si è raccontato

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    contenuti, della sua vitalità. Egli va infatti valutato, insede critica, sul più esteso sfondo della storia dellamusica. La storia della musica è essenzialmente lastoria delle creature musicali e la musica conquista ilsuo senso più completo e illuminante quando si fasuono. Come compositore e pianista, creatore e in-terprete, quindi, il musicista Gaslini appartiene nelsuo valore più completo e appropriato alla storiadella musica; e nei due aspetti di questa storia eglinon si è mai risparmiato ma, al contrario, la sua esu-beranza ne ha fatto uno dei musicisti più prolifici,come del resto testimoniano i suoi album (più di no-vanta), i suoi innumerevoli giri artistici (perfino inCina) e la lunghissima catena delle relazioni con imusicisti di tutto il mondo. La lista dei giganti deljazz con i quali ha suonato è impressionante: dagliitaliani Cuppini e Volonté, Enrico Rava, Gianni Bedori,Gianluigi Trovesi e tanti altri, a Max Roach, DonCherry, Dexter Gordon, Ornette Coleman, AnthonyBraxton, Archie Shepp, Bill Evans, Johnny Griffin, Ro-swell Rudd, McKoy Tyner, Uri Caine…A Lecco, Villa Gomes, è aperta da anni una bibliotecaspecializzata in musica, voluta dall’amministrazionecomunale della città, che raccoglie quasi tutto quelloche Gaslini ha prodotto (scritti, composizioni, inter-pretazioni…) – un fondo in costante crescita, perchél’attività del musicista è tuttora effervescente – il cuicuore è costituito dall’archivio personale e professio-nale del compositore/interprete; la biblioteca è pre-ziosa anche perché custodisce moltissimi dischi dijazzisti italiani e americani non più in commercio eper la straripante ricchezza dei suoi fondi musicaliappartenuti al musicista milanese. Gaslini ha anche teorizzato – definendola 'Musica To-tale' in un celebre manifesto del 1964 e poi illustran-dola in più occasioni e con vari libri (il saggio 'MusicaTotale' è del 1975) – il superamento dei generi musi-cali considerati come strumenti manipolatori dell’in-dustria culturale. Avviata nella pratica esecutiva giànegli anni Cinquanta, la 'Musica Totale' non è unateorizzazione ideologica ma un modo di concepire edi fare la musica che rispecchia l’agire artistico di Ga-slini. L’idea, affine a quella espressa da Frank Zappa,vive nel superamento delle divisioni imposte dalmercato e non è tanto negazione dei generi musi-cali, come per lo più si crede, quanto indefessosforzo di pienezza creativa tesa a potenziare le capa-cità semantiche ed espressive dei generi musicali.Con questa idea, Gaslini pensa soprattutto alla sensi-bilità e alla libertà di un compositore aperto alla mu-sica (e alle musiche) senza alcun’altrapreoccupazione che non sia la pura “ragione musi-cale” di una composizione. Viene così fuori un retro-pensiero di particolare valore logico ed estetico: lamusica esprime un mondo introspettivo mediantestrutture ricche di dinamiche interne, temi elaboratifin nei particolari all’apparenza insignificanti, senso

    della forma e rigore nello stile: l’esatto contrario diciò che i sociologi dell’arte e della musica defini-scono ritualità regressiva.Mi pare che questo aspetto possa essere convenien-temente inserito nelle attività (e nelle straordinariequalità) didattiche di Gaslini.E dunque la presenza del musicista all’Aquila, per ri-cevere il Premio Carloni (conferitogli dal Centro StudiMusicali “Nino Carloni” che ha anche promosso e rea-lizzato la masterclass in collaborazione con il Conser-vatorio) è stata l’occasione per chiedere all’insigneospite un incontro di studio che si è rivelato, com’eraprevedibile, un lungo, intenso e accattivante incon-tro con l’autore, un incontro esclusivo al quale hannopartecipato non soltanto gli allievi del M° Paolo DiSabatino (titolare della classe di musica jazz al Ca-sella), ma molti altri allievi del Conservatorio, stu-denti del neonato Liceo Musicale dell’Aquila,insegnanti, appassionati di jazz e di musica dellacittà. Gaslini ha parlato, suonato, ascoltato gruppi,proposto interrogativi sul nostro travagliato tempo esulle sue manifestazioni artistiche messe oggi in pe-ricolo da una politica miope e suicida. La sua pas-sione didattica, in passato manifestata dalla lunga evittoriosa lotta per inserire il jazz nei Conservatoristatali e dalla pratica didattica vissuta (per brevi pe-riodi ma con inusuale passione e fecondità) al Con-servatorio di Milano e nelle numerosissimemasterclasses, ha prevalso sulla fatica di un’interagiornata passata a parlare, spiegare, suggerire, chia-rire, suonare. In pratica Gaslini ha brillantementeriassunto, per quel che gli è stato permesso dalle duetornate della masterclass, il suo pensiero sulla mu-sica e sulla sua posizione nel panorama sociale e cul-turale del nostro tormentato momento storico. Dallasintetica illustrazione dell’idea di 'Musica Totale' allaspiegazione degli accordi tonali (sulla nota di par-tenza Do) in uso nel jazz dalle origini a oggi, dall’ese-cuzione di sue pagine pianistiche e orchestraliall’ascolto di gruppi abruzzesi di jazz, Gaslini ha mo-strato una vitalità prorompente inaspettata in un ar-tista nato il 22 Ottobre del 1929. La sua personalitàha impressionato gli ascoltatori, consapevoli di go-dersi la presenza coinvolgente di uno dei più autore-voli musicisti del nostro tempo, indiscusso“protagonista globale” da oltre 60 anni. @

    Premio Nino Carloni a Giorgio Gaslini. Motivazione

    «“Musica totale”: la definizione che Gaslini stesso ha creato è esau-stiva. Compositore, direttore, solista e animatore di gruppi da ca-mera, didatta: la vita nella musica di Giorgio Gaslini, giunta ora altraguardo della quarta giovinezza, racconta di un’acutezza disguardo che gli ha permesso di esplorare territori davvero ampi.L’orizzonte internazionale e l’attenzione ai diversi generi espressivifanno di lui un esempio di artista sempre nuovissimo».

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    Il 6 e 7 dicembre 2010 al Casella il Forum delle Consulte degli studenti dei Conservatori

    Adesso vogliamo comandare(anche) noi

    di Bruno Carioti

    Ospiti della nuova sede temporanea del Casella, i rappresentati degli studenti dei Conservatori ita-liani hanno approvato lo ‘statuto’ della consulta nazionale, organo indipendente ed autogestito, maattivo a pieno titolo nel governo degli istituti musicali del nostro paese. Gli studenti hanno visitato il

    centro storico della città, con le sue evidenti ferite procurate dal terremoto

    terno del nostro apparato educativo. L’introduzionedel concetto di “obiettivi formativi” in sostituzionedei tradizionali “programmi di studio”, ha compor-tato che il sistema formativo spostasse il suo bari-centro sulla figura dello studente e sugli obiettiviche deve raggiungere al termine dei suoi studi.

    el mondo della formazione è in atto, a tutti i li-velli, una sorta di rivoluzione copernicana che stasovvertendo le tradizionali gerarchie che da decennicaratterizzano il rapporto docente-studente all’in-

    FORUM

    N

    MUSIC@ marzo-aprile_MUSIC@_ok 17/02/11 15:03 Pagina 23

  • gestione sia amministrativa (un rappresentantedegli studenti nel Consiglio di Amministrazione) siadidattico-artistica (uno o due rappresentanti deglistudenti nel Consiglio Accademico in base alle di-mensioni dell’istituzione) e prevedendo e istituzio-nalizzando tra gli Organi del Conservatorio laConsulta degli Studenti, organo autogestito e total-mente indipendente. Questo a significare che anche il Legislatore ha vo-luto favorire l’ingresso degli studenti nella gestionee nella conduzione dei Conservatori e considera illoro apporto fondamentale per il futuro sviluppo delsistema dell’Alta Formazione Musicale in Italia.E’ au-spicabile che gli studenti capiscano presto quantopuò essere importante il loro contributo alla defini-zione del nuovo assetto dei Conservatori e, di conse-guenza, partecipino all’attività delle Consulte inmaniera più attiva di quanto abbiano fatto fino adora. Devono capire che il futuro Conservatorio deve es-sere fatto soprattutto tenendo conto delle loro esi-genze: è un loro diritto e devono pretendere diessere ascoltati da chi ha il dovere di sentirli. Solo in questo modo potranno avere delle Istituzionirealmente efficienti e in grado di offrire loro dellestrutture didattiche adeguate alle loro esigenze. E’ in gioco il loro futuro e, nella consapevolezza diquesto, devono far sentire alta la loro voce. Senzapaura, senza reticenze ma con grande chiarezza edeterminazione. I Conservatori ne hanno bisogno. @

    Gli studenti dei conservatori hanno intuito questocambiamento di rotta e il Forum nazionale delleConsulte degli studenti dei Conservatori - che si èsvolto nella sede temporanea del Conservatorio Al-fredo Casella dell’Aquila il 6 e il 7 dicembre 2010 - èuna diretta conseguenza di tale mutamento di indi-rizzo. Gli studenti dei Conservatori, al pari dei lorocolleghi delle Università, sentono il bisogno di in-contrarsi e di confrontarsi sui problemi che devonoaffrontare quotidianamente durante gli anni di stu-dio e vogliono dire la loro. Tale atteggiamento, in unmondo come quello dei Conservatori in cui il rap-porto gerarchico docente-studente era fortissimo,rappresenta una novità importantissima. Gli studentivogliono far sentire la loro voce e intendono aprireun dialogo con le Istituzioni, un dialogo che li vedaprotagonisti e attori del processo di riforma, nonsemplici spettatori rassegnati a subire le decisionidegli Organi di governo dei Conservatori. Intendonocontribuire con le loro opinioni, basate sulla espe-rienza diretta, a creare un sistema di Alta formazioneMusicale che dia loro gli strumenti necessari perconfrontarsi alla pari con gli studenti delle analogheistituzioni europee, consapevoli come sono che ilmercato del lavoro diventa ogni giorno più difficile eche il vero scenario nel quale dovranno confrontarsiè quello europeo. Già la Legge di Riforma dei Con-servatori aveva posto le basi per un ingresso deglistudenti nella conduzione dei Conservatori preve-dendo la loro presenza a pieno titolo negli organi di

    La Fontana delle 99 Cannelle, simbolo della città dell’Aquila, recentemente resturata dal FAI e riconsegnata alla città

    Forum

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    ANNIVERSARIO SCARLATTI

    Amarcord Scarlattiano

    ROMANZO DI UN ROMANZO. Vdi Roberto Pagano

    31 – 47, once again

    ll’inizio del nuovo millennio qualche animanera dovette diffondere in America la notizia dellamia morte; senza sperare (né desiderare) di avvici-narmi al record della Zanetti, rilevo che anche a mela falsa diceria ha già regalato un paio di lustri di so-pravvivenza. Sono rimasto commosso dalla manife-stazione di umana solidarietà che ricavo da unalettera nella quale Joel Sheveloff mi scrisse che dopoaver letto il libro di Sutcliffe riteneva che i relativi ec-cessi critici sarebbero stati rilevati in sede di recen-sione. Si era reso conto immediatamente di quantosarei rimasto offeso da alcuni giudizi e con deliziosaspontaneità confessava di avere ringraziato il cieloper avermi fatto morire ignaro del torto ricevuto.Felicemente sorpreso di sapermi vivo e in buona sa-lute, si dichiarava certo che la pubblicazione dellaversione inglese del mio libro avrebbe messo le cosea posto. Mi assicurava di essere sulla stessa mia lineain materia di biografia, anche se confessava che almio posto non avrebbe osato tanto... A scanso diequivoci aggiunse poi che qualche divergenza po-teva esserci solo nell’individuazione delle fonti enella soluzione di problemi ad esse connessi. Difronte a tanta lealtà devo ricordare a mia volta chequando mi sono riferito a Sheveloff – e segnata-mente alle sue polemiche contro Kirkpatrick – il miooccasionale dissenso è stato sempre accompagnatodal riconoscimento della superiore competenza diuno studioso profondamente informato ed esau-rientemente documentato.Joel s’ingannava sui recensori di Sutcliffe: uno deipiù qualificati si spinse a parlare di “nuovo Kirkpa-trick” e anche quando la prolissità delle argomenta-zioni e il tono sgradevole dei discorsi delsuperanalista venivano rilevati, la debolezza dellecomponenti storiche è stata messa in evidenza soloin un paio di casi, ma con un tono di condiscen-denza assolutamente immeritato da un così arro-gante fustigatore di presunti difetti altrui. Morto Degrada, nell’area padana i suoi fedeli trova-rono masochisticamente producente buttarsi sottole bandiere del nuovo profeta. Nell’imminenza del

    duecentocinquantesimo anniversario della morte diDomenico Scarlatti un periodico musicale italianodecise di dedicare al musicista una miscellanea allaquale venni sorprendentemente invitato a contri-buire. Un mio compatriota estraneo agli studi scar-lattiani faceva da spalla a Sutcliffe, incoronatoprotagonista dell’impresa e dato che l’editor italianosi era spinto a dichiararmi che considerava il perio-dico l’agone più adatto alla discussione di opinionidifferenti, posi una sola condizione alla mia accetta-zione di contribuire a una miscellanea governata dalmio critico: chiedevo a Sutcliffe di rendere pubblicala manifestazione di rammarico trasmessami per let-tera.Dopo mesi di silenzio ritenevo che la mia richiestaavesse fatto cadere l’invito, ma il corresponsabiledell’iniziativa tornò a farsi vivo chiedendomi quandoavrei consegnato il mio contributo. Ripetei che su-bordinavo l’accettazione alla soddisfazione della miacategorica richiesta, come già dichiarato e ogni rap-porto si chiuse quando la stessa persona ebbe la fac-cia tosta di smentire la premessa dalla quale aveva

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    preso avvio il nostro contatto, scrivendomi che la ri-vista non era interessata a private diatribe (!!!). Nel 2007 due altri periodici di grande diffusione cer-carono di dare il dovuto risalto al duecento cinquan-tesimo anniversario della morte di DomenicoScarlatti. Il primo chiese a Carlo Vitali di intervistarmi,ma poi ridimensionò lievemente le mie dichiarazioni,per quanto un esemplare scrupolo inducesse l’inter-vistatore ad aggiornarmi sulle varianti che il testo su-biva. Ebbi poi la sorpresa di leggere un’articolessabiografica firmata da un degradiano di stretta osser-vanza e non potei trattenermi dal manifestare al di-rettore della rivista (in via privata e senza mairicevere due righe di risposta, il che mi autorizza arendere pubblico l’incidente) gli svarioni nei quali loscarlattiano improvvisato era incorso:

    1) era stata la regina Marianna ad accompa-gnare al cembalo il debutto canoro di DomenicoScarlatti alla corte lisbonese; non l’infanta primoge-nita Maria Barbara che nel 1719 era una bimba diotto anni, certamente non in grado di assolvere a uncompito così impegnativo.

    2) la carriera di operista sarebbe stata giudi-cata “probabilmente poco consona alla psicologiadel personaggio” (il che risulta incredibile, se firmatoda un 'famulus' di Degrada): bigotto come pochi altrisovrani suoi contemporanei, João V osteggiò comepoté l’attecchimento dell’opera in musica in Porto-gallo, in quanto vedeva in essa un’anticamera dell’in-ferno. Per quell