Zona 508 - Il primo numero del 2013

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La musica & l’aggregazio- ne Gennaio 2013 Zona 508 Trimestrale Dagli Istituti di pena Bresciani—Autorizzazione del Tribunale di Brescia n.25/2007 del 21 giugno 2007 Zona 508 il trimestrale DAgli Istituti di pena Bresciani

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Il giornale delle carceri bresciane scritto dai detenuti della casa circondariale di Canton Mombello e della casa di reclusione di Verziano. Editore, l'associazione Carcere e Territorio di Brescia

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La musica & l’aggregazio-

ne

Gennaio 2013

Zona 508 Trimestrale D

agli Istituti di pena Bresciani—

Autorizzazione del Tribunale di B

rescia n.25/2007 del 21 giugno 2007

Zona 508 il trimestrale DAgli

Istituti di pena Bresciani

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Autorizzazione del Tribunale di Brescia n.25/2007 del

21 Giugno 2007.

Direttore responsabile: Marco Toresini

Editore:

Act (Associazione Carcere e Territorio) Via Spalto S. Marco, 19—Brescia

Redazione amministrativa:

c/o Act Via Spalto S. Marco 19—Brescia

Tipografia:

Grafiche Cola Sr. Via Rosmini, 12/b

23900 Lecco

Redazione:

Laura, Camilla, Alessandra, Roberta, Paola,

Francesca, Marta, Andrea, Da-niele, Marta, Fabio, Gaia, Omar,

Redouane, Marco, Antonio, Giorgio, Driton, Vittorio,

Debora, Michele, Moreno, Fabio, Aurora, Giuseppe, Vito, Emilio,

Piova, Rachele, Salvatore, Gianpaolo,

Emiliano, Sergio, Franco, Fran-cesco, Bianca, Maria

Editoriale 3

Speciale: Musica 6

Speciale : l’Aggrega-zione

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Concorso Letterario 24

Poesie 26

Barzellette 31

Oroscopo 33

Ricette 32

Sommario

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Quei passi di danza che fanno ben sperare L’immagine resterà nella memoria di molti, come la serata che con quell’immagine si è chiusa nel teatro di Canton Mombello. L’immagine è quella della direttrice Francesca Gioieni che balla sulle note di “Imagine” di John Lennon con l’avvocato Flaminio Valseriati tra gli applausi dei detenuti che per l’-occasione (un concerto tra classica e pop aperto, per la prima volta, anche ad un pubblico esterno pagante e partecipe di una raccolta fondi per le necessità della casa di reclusione)sedevano fianco a fianco con i “bresciani” di fuori. Un’imma-gine che profuma di speranza quel ballo estemporaneo al centro del teatro, che dice che integrare si può: nonostante il so-vraffollamento, la spending review, le ristrettezze quotidia-ne, i problemi di sempre e la foresta di pregiudizi che tal-volta sembra meno valicabile dei muri di un carcere e più fit-ta della rete che lo protegge. Quell’immagine, un po’ da Gattopardo di Luchino Visconti (ricordate la scena del ballo?), con i baffi da galantuomo d’-altri tempi dell’avvocato Valseriati (ormai un mito per molti ospiti di Canton Mombello) e l’imbarazzo della debuttante mo-strato dalla direttrice in quei passi incerti, ha restituito umanità ad un luogo che sembrava averla, se non perduta, quan-tomeno dimenticata. Sono i primi passi di un percorso fatto di aperture sempre più ampie verso l’esterno e di condivisione sempre più profonda e diffusa del problema carcere, non solo luogo punitivo, ma educativo. Se a Canton Mombello ad educare è stata la musica (a proposito: in questo numero sentirete molto parlare di musica), a Verziano si è ricorsi all’arte con una mostra che apre il carcere della periferia cittadina ad un altro percorso di integrazione con l’esterno e formazione al-l’interno, visto che quelle opere sono il frutto del lavoro che l’accademia Santa Giulia fa con i detenuti che accedono al polo universitario attivo nel penitenziario. In attesa che altri decidano per nuove e migliori strutture per i detenuti bresciani (chissà quanti candidati metteranno nella loro agenda politico-elettorale il nuovo carcere di Bre-scia e la dismissione di Canton Mombello?), la città mostra sempre maggiore attenzione per realtà in cerca di una integra-zione vera. La strada è lunga, ma il percorso ci sembra ben tracciato.

Marco Toresini

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Si può essere contenti? La contentezza rende ricco un uomo povero.

L’insoddisfazione trascina nella miseria un uomo ricco. Benjamin Franklin

Il segreto non è essere contenti, ma sapersi accontentare delle piccole cose, dei piccoli gesti fatti col cuore. Proprio come recita questo aforisma, molti hanno scoperto che la contentezza è un bene che non si compra. La contentezza non è un mondo che ti spinge a desiderare di possedere più beni, di raggiun-gere maggiori successi o di vivere la vita di qualcun altro. Contentezza è semplicemente un Bene, soprattutto se questa diventa un dono verso gli altri, verso il prossimo. Noi, della redazione di Zona508, siamo contenti perché il nostro sogno può continuare. Continuare a vederci, a pensare, a dialogare, ma soprattutto urlare i nostri pensieri che a gran voce diventano inchiostro e dunque carta, ma anche la carta ha un costo. Questo sogno era effimero, dico ora, perché un benefattore, di cui non conosciamo il nome, ha permesso che i nostri sogni continuino a vivere su questo giornalino. È difficile, quasi impossibile, dare un nome ad uno sconosciuto, ma un uomo che aiuta una comunità come la nostra è solo un amico. È vero, investire del denaro nel nostro progetto non produce altro denaro, ma può arricchire l’anima, il cuore a chi ci ascolta, a chi sente la nostra voce tramite questo mezzo di diffusio-ne che è la stampa di un giornale che parla del carcere, sul carcere. È a te, nostro caro amico, che noi della redazione Zona508 vogliamo e dobbiamo ringraziare per aver risposto al nostro accorato appello di aiuto.

QUALCHE VOLTA ANCHE NOI COSIDETTI LIBERI DA CARCERI O ALTRE COSTRIZIONI POSSIAMO VIVERE UNA ARIDITA' CHE DERIVA DAL NON VEDERE L' ALTRO. NON LO VEDIAMO PERCHE SIAMO PRIGIONIERI DELLE NOSTRE ABITUDINI., NON LO VEDIAMO PERCHE PREFERIAMO CASTELLI CONFORTEVOLI CHE CI ALLONTANANO DALLA REALTA'., NON LO VEDIAMO PERCHE AL CONTARIO SIAMO PROFODAMENTE SCHIAVI DI CATENE CHE DERIVANO DA LONTANO E CHE, QUALCHE VOLTA, SONO LE MURA DEI CASTELLI DI PRIMA.MA LE MURA NON SONO CONFORTEVOLI QUANDO TOLGONO LA SPERANZA, QUANDO CI RENDONO PIU' PICCOLI E DISPERATI. EPPURE NON SONO VERE SE NOI NON LE RENDIAMO TALI. SE RIUSCIAMO DA AMARE L' ALTRO OLTRE NOI , OLTRE IL NOSTRO EGOISMO CHE E' L'UNICO MURO DA ABBATTERE UN ABBRACCIO

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TRASFERIMENTO

Opera Milano Sì, a me è successo così: diciamo che appena sei un definitivo e sei in un carcere cir-condariale, il destino è certamente quello di un prossimo trasferimento. Quel lunedì mattina, che avrei come il solito passato a giocar a pallone all’aria, mi sentivo i piedi leggeri troppo leggeri per giocare e infatti, a circa dieci alle nove, l’assistente del pia-no si presenta davanti alla cella e chiama “Dolcetti partente!”. Beh, nel mio caso, non sapendo la destinazione, una bolla d’aria mi si era fatta nello stomaco per circa cinque secondi. Poi in questi casi ti prende l’adrenalina, sai che hai circa 15 minuti per svuotare l’armadio, riempire i sacchi con tutta la tua roba ed infi-ne, dove viene il difficile, salutare gli amici. Così feci e mi ritrovai sul furgone blindato e fu lì che ebbi la notizia della mia desti-nazione: Opera. Sapevo che era uno dei carceri più grossi d’Italia e, a dire il vero me ne parlavano bene: palestra, campo da calcio, due persone al massimo per cella…. per me era quasi un sogno! Io vi scrivo da qui, proprio da Opera e posso confermare che quello che dicevano era vero! Si sta bene, sono comunque in un carcere ma ho trovato una buona acco-glienza, nuovi amici…e vecchie co-noscenze. E il tempo passa. Che dirvi sul trasferimento: che tra un po’ dovrò affrontarne degli altri, fin quando arriverà quello verso casa.

Il vostro amico Emiliano

Ci sentiamo di chiamarti caro amico, perché sei una bella persona e le belle persone sono quelle che sanno aiutare, che hanno conosciuto la sconfitta, la sofferenza, lo sforzo, la perdi-ta e hanno trovato la loro via per uscire dal buio. Queste persone hanno una stima, una sensibilità e una comprensione della vita che le riempie di gentilezza, di umanità, un interesse profondo per le cose che rendono felici gli altri. Le belle persone come te, nostro caro amico, non capitano semplicemente nella vita o per caso, si sono formate col tempo e nel tempo hanno fatto di sé un dono per gli altri. Per tutto questo ti ringraziamo perché il nostro sogno continua. Noi sì siamo detenuti, ma prima di tutto uomini e donne. Non possiamo tornare indietro e cambiare il passato, ma possiamo iniziare a cambiare da adesso il nostro futuro e questo grazie anche a te.

Grazie veramente di cuore da tutta la redazione!

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Una cosa che ho sempre notato fin dal mio ingresso in carcere è la mancanza di

musica. Per me, che sono un musicista è fondamentale. Tutti i giorni, se ci pensiamo un attimo, noi consumiamo musica, ci serve per spensierarci dai problemi quotidiani, per socializzare, per rendere certi momenti particolari (mi ricordo ancora la colonna sonora del mio primo bacio in discoteca); la musica è una colonna portante della nostra vita, innalza lo spirito ed un ottimo mezzo per comunicare i nostri sentimenti, i nostri stati d' animo. Per questo ho sempre spinto per avere un corso di musica qui in carcere, che poi è partito a giugno, tenuto dal grande maestro Flaminio Valseriati, ma soprattutto dal grande uomo “ M immo ” per gli amici. È un momento di grande aggregazione in cui i detenuti imparano i primi passi con la chitar-ra e con il pentagramma. Alternando barzellette, quiz e dimostrazioni pratiche su diversi strumenti, Mimmo riesce a far sognare anche, metaforicamente parlando, all'inferno. Questo è il potere della musica, riesce a farti evadere da ogni situazione in cui ti trovi. Proprio ieri sono andato in saletta musica dove c'erano quattro-cinque detenuti in tutto: gli ho fatto fare esercizi sul giro di “ D o ” e poi con Nicola alla percussioni (batteva su di una chitarra), CHAMILA (Jamir) alla chitarra con me e Mauro alla voce, abbiamo cominciato a cantare varie canzoni, creando un' atmosfera di allegria che mai avevo visto in dieci mesi che sono qua. Eravamo tutti contenti e spensierati e subito dopo ci siamo chiesti: “ Tu di dove sei? Tu cosa

facevi? ” etc... Abbiamo socializzato tra persone che nemmeno sapevano il nome l'uno dell'altro, ci siamo sentiti uniti, fuori dal carcere, tra i nostri mille problemi ma legati da un' unica passione: la musica. La musica è amore, affetto, amicizia tra persone ed è per questo che sogno un carcere con un impianto Hi-Fi centrale ed in ogni cella la possibilità di selezionare la propria stazione; così al posto di sentire cento telegiornali al giorno, che con le loro notizie ci deprimono ancora di più, ci possiamo a-scoltare e ballare un bel pezzo di musica tutti insieme!!!

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Ascoltando un cd in auto…. Circa cinque anni fa, percorrevo una via di Milano in macchina ascoltando un cd di musica tradiziona-le del mio paese. Avevo acceso la radio solo per ral-legrarmi un po’ e rendere l’atmosfera piacevole; a-scoltavo tanto per ascoltare, non c’ero con la testa ma a un certo punto arriva una canzone che attira la mia attenzione….come un bambino incantato l’a-scolto e riascolto. Mi faceva ricordare la mia fami-glia, la mia terra, il Marocco. Ho avuto nostalgia di riabbracciare i miei cari lontani, ho avuto la no-stalgia di vedere il tramonto e sentire il profumo del mare, dell’aria pulita della montagna, gustare il sapore dei miei piatti tipici. Mi è apparso tutto da-

vanti, come un quadro conservato dentro la mia testa che mantiene la memoria. Queste immagini mi facevano venir voglia di andare a trovare i miei affetti lasciati lontano ma ciò non era possibi-le a causa delle pochissime monete che avevo e dei problemi a ciò conseguenti... L’unica cosa che ho fatto è stata quella di alzare il telefono e chiamare i miei e sentire la loro voce esprimere gioia. E’ molto strano come l’essere umano possa distinguere se una voce esprime gioia o tristez-za, capire lo stato d’animo dell’altro. Ancora non riesco a descrivere la sensazione che provai quella sera in auto a Milano…so che gli occhi mi brillavano, non so se di gioia o di lacrime.

Quasi Redouane

Kurbeti-immigrati

PREPARIM BRETI E HAMIT KASTRASTI “ K urbeti ” è una canzone del Kosovo che racconta la storia di chi lascia il Paese alla ri-cerca di un lavoro, di chi se ne va alla ricerca di una vita migliore. I ragazzi lasciano le loro case, così recita la canzone, per non farvi più ritorno. Il lusso, lo sfarzo che i giovani immigrati di ritorno al paese natìo sfoggiano ingolosiscono i più, tanto da far decidere anche ad altri di ripartire. Per chi resta: dolore, nostalgia, sofferenza. La canzone dice che non tutti riusciranno a realizzare i propri sogni, qualcuno si perderà, devierà, si dimenticherà della famiglia cadendo in un baratro senza ritorno. La canzone si conclude con un monito: “ chi decide di lasciare il Paese non rovini la vita di chi resta ” . “ K urbeti ” quindi ripercorre attraverso le sue parole storie di vita vissuta, reale, che coin-volge molti giovani al giorno d ’ oggi ( non solo del Kosovo ma di moltissimi altri paesi ) . Penso che quelli che come me hanno lasciato il Paese d’ o rigine, debbano ascoltare e consultare chi ha già vissuto l ’ esperienza della emigrazione. A volte, confrontandosi con chi “ già sa ” , può far disilludere, far comprendere che non è così semplice diventare ricchi, “ sfondare ” , che è molto più facile fallire, perdersi…proprio come è capitato a me.

Driton

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IL VECCHIO E IL BAMBINO – Nomadi

E ’ difficile pensare ad una canzone che mi piace. La possibilità di scelta è molto vasta anche se non ne co-nosco tante. Così, a freddo, mi viene in mente la canzone “ I l vec-chio e il bambino ” dei nomadi. Ricordo come fosse ieri quando ero piccolo e mio nonno mi raccontava il suo passato e la sua gioventù. Restavo ad ascoltarlo a boc-ca aperta e ricordo i suoi occhi lucidi quando mi raccon-tava della guerra. Quante cose sapeva mio nonno! Forse al momento non ho dato peso ai suoi consigli ma ora, pensandoci, ha azzeccato tante cose. Conosceva tutto e le sue esperienze trasmettevano sentimenti e saggezza. Ricordo la sua voce calma e pacata e la sua

Un vecchio e un bambino si preser per mano e andarono insieme incontro alla sera; la polvere rossa si alzava lontano e il sole brillava di luce non vera; l'immensa pianura sembrava arrivare fin dove l'occhio di un uomo poteva guardare e tutto d'intorno non c'era nessuno solo il tetro contorno di torri di fumo i due camminavano, il giorno cadeva, il vecchio parlava

e piano piangeva con l'anima assente, con gli occhi bagnati, seguiva il ricordo di miti passati. I vecchi subiscon l'ingiuria degli anni non sanno distinguere il vero dai sogni i vecchi non sanno nel loro pensiero distinguer nei sogni il falso dal vero. E il vecchio diceva guardando lontano immagina questo coperto di grano immagina i frutti e immagina i fiori

e pensa alle voci e pensa ai colori. E in questa pianura fin dove si perde crescevano gli alberi e tutto era verde; cadeva la pioggia segnavano i soli il ritmo dell'uomo e delle stagioni. Il bimbo ristette lo sguardo era triste e gli occhi guardavano cose mai viste; e poi disse al vecchio, con voce sognante: "Mi piaccio le fiabe raccontane altre"

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IL PESCATORE - De Andrè

Il pescatore dimostra la sua solidarietà e la sua genero-sità. Trovandosi davanti un assassino armato, gli offre da bere e da mangiare. Forse in quell’ i stante di tensio-ne era spaventato e terrorizzato dalla morte perché la persona che ha davanti gli può togliere tutto con la for-za. Oppure, trattandosi di una persona povera, sa cosa

All'ombra dell'ultimo sole s'era assopito un pescatore e aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso. Venne alla spiaggia un assassino due occhi grandi da bambino due occhi enormi di paura eran gli specchi di un'avventura. E chiese al vecchio dammi il pane ho poco tempo e troppa fame e chiese al vecchio dammi il vino ho sete e sono un assassino. Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno non si guardò neppure intorno ma versò il vino, spezzò il pane per chi diceva ho sete e ho fame. E fu il calore d'un momento poi via di nuovo verso il vento davanti agli occhi ancora il sole dietro alle spalle un pescatore.

Dietro alle spalle un pescatore e la memoria è già dolore è già il rimpianto d'un aprile giocato all'ombra di un cortile. Vennero in sella due gendarmi vennero in sella con le armi chiesero al vecchio se lì vicino fosse passato un assassino. Ma all'ombra dell'ultimo sole s'era assopito il pescatore e aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso e aveva un solco lungo il viso

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“ M i fido di te ” - Lorenzo Jovanotti “ M i fido di te, cosa sei disposto a perdere?” Questa mattina la giornalino ci hanno chiesto di fare un commento ad una frase di una canzone, io ho scelto quella riportata poco sopra. Mi fido di te … una frase forte che nasconde un significato profondo. Fidarsi di una persona, oggi come oggi, vuol dire avere un grosse sentimento nei suoi confronti. Che sia una donna, un amico o un conoscente a cui affidare un compito, un senti-mento od una propria cosa ( ad esempio l ’ automobile ) , vuol dire amare questa persona e quindi essere consapevole che quando di “ a ma veramente ” bisogna perdere qualcosa di noi, inevitabilmente. Il nostro tempo, un nostro bene prezioso o una parte del nostro essere … sta a noi decidere quanto siamo disposti a perdere. Di contro, anche dall’ a ltra parte, si deve essere disposti a perdere qualcosa per-ché un rapporto fra due persone, che sia tra amici o tra uomo e donna, è fatto di da-re ed avere: dal giusto equilibrio di queste due azioni dipende la durata di un rappor-to. Per finire l’ a ffermazione “ mi fido di te ” vuol dire avere fede in Dio ed è forse per questo che Jovanotti prosegue la frase con “ cosa sei disposto a perdere ” perché è raro trovare oggi persone che abbiano veramente fede e chi la possiede riesce a dare molto amore anche a persone egoiste che ne hanno bisogno ma che tornano poco perché sono troppo intente a pensare a se stesse, ai loro beni, alle loro soddi-

forse fa male eppure mi va di stare collegato

di vivere di un fiato di stendermi sopra il

burrone di guardare giù

la vertigine non è paura di cadere

ma voglia di volare

mi fido di te mi fido di te mi fido di te

cosa sei disposto a perdere

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Brescia, 16 Novembre 2012 Con malavoglia e un po’ di preconcetto, spinto dagli amici di cella che mi hanno convinto ad assistere al concerto, ho vissuto 2 ore di “ libertà ” : musica in carcere, l ’ emozione che riesce ad estraniarti dai pensieri, ti rallegra, ci unisce. Il concerto è iniziato con musica classica, a suonare è stato un trio di alto livello. La musica classica non è di sicuro il mio genere ma mi sono ricreduto … ho chiuso gli occhi e mi sono rilassato apprezzandola appieno. Finita la prima parte, dopo un piccolo break, è subentrato un complesso di musica rock e leggera che ha suonato vari brani di repertorio italiano e straniero. La cosa che mi ha colpito di più è stato un episodio che non mi sarei mai aspettato: in parte a me, sulla scala, appoggiato allo corrimano c’ e ra un agente penitenziario che con le mani picchiettava il ritmo delle canzoni, una cosa veramente strana che mi ha dato una sensazio-

Il 16 novembre è stata una bellissima serata di musica a Canton Mombello: nella prima par-te musica classica, nella seconda musica leggera … brani di Rossini, Gianna Nannini, John Lennon, Nomadi, Beatles … per due ore ( parlo per me ma credo sia una sensazione co-mune ) , molti di noi detenuti si sono sentiti fuori da queste mura. Complimenti per l ’ organizzazione, un grazie ai musicisti e alla direzione che ha permesso questo evento, con la speranza che possa essere seguito da altre iniziative analoghe. Grazie ancora, Micky

Dopo parecchi giorni di attesa è arriva-to venerdì 16 novembre: il giorno del concerto organizzato dall ’ Avvocato Flaminio Valseriati. Io, come detenuto, vivevo un ’ ansia particolare per il fatto di vedere delle altre persone al di fuori di noi detenuti. Ho visto tanta commozione e allegria, ma in particolare non ho notato diffe-renze tra detenuti e i presenti venuti dall ’ esterno. Mi pare un buon segno per chi vive all ’ interno. Giovanni

Dal Giornale di Brescia

17 Novembre 2012

“ D ue mondi di solito molto lontani ieri si sono incontrati con la scusa della musica. Un mondo prigioniero e uno libero, entrambi forse più convinti della necessità di amicizia e solidarietà, perché il carcere non sia un lager né solo una prigione, ma una reale occasioni di riscatto”.

L A M U S I C A S U P E R A L E S B A R R E

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A prescindere dalla solidarietà che era lo scopo organizzativo dell ’ evento, sono rimasto infatuato dal trio composto da clarinetto, flauto e chitarra: sono stati di una bravura notevole. In quei momenti non ho pensato al posto in cui si stava svolgendo il tutto, ero in tutt ’ altro luogo. E ’ stata un ’evasione emozionante ed emotiva. Poi ha iniziato la band di musica leggera con i Rolling Stones, i Beatles, Loredana Bertè e Lucio Battisti, i Nomadi e John Lennon che mi ha portato indietro negli anni. Mi sono venuti in mente gli anni della mia giovinezza spensierata, dove tutto era più semplice ed emozionante. Finito il concerto sono tornato alla realtà in cui mi trovo e il mio pensiero è stato sul fatto che bisognerebbe proporre più spesso questo tipo di manifestazioni poiché aiutano in qualche modo a distrarre dal mondo in cui viviamo.

Ieri sera si è svolto, a Canton Mombello, un concerto per raccogliere fondi per i carcerati e sensibiliz-zare i cittadini nei confronti dei problemi delle persone ristrette. Bellissimo!! E’ da quando sono entrato qui ( 5 gennaio 2012 ) che PENSAVO a un ’ iniziativa del genere ( più avanti capirete perché ho scritto “ pensavo ” in stampato ) per creare un ’ atmosfera positiva in questo carcere, per sollevare il morale a tutti, detenuti e non. E così è stato: canti, cori, risate, ringraziamenti, applausi e colpi di scena come spetta ai grandi avvenimenti. Il primo colpo di scienza arriva proprio da me ( che sfiga! ) : dopo essere salito sul palco insieme ai miei compagni di sventura dietro all ’ avvocato Valseriati, … “ t ac ” !.. si rompe la fascia della mia chitarra che cade a terra .E tutti a ridere …ma dico io, nemmeno a calcolarla una cosa del genere poteva venire così a pennello, al momento giusto, visto che in quel preciso momento l ’ avvocato stava presentando la sua banda di scapestrati!! Il secondo colpo di scena arriva dal Maestro che, preso dall ’ euforia di tutta la serata ( e ravamo ormai alla fine ) e dall ’ incitamento di noi tutti invita a ballare, sulle note di “ I mmagine” di John Lennon, la dottoressa Francesca Gioieni, direttrice del carcere che, dopo una piccola esitazione, non può far niente sotto la spinta del nostro incitamento. Ed eccoli là, come in una favola: lui con i baffi alla Capitan Uncino a rappresentare la trasgressione ( i detenuti) , abbracciato a lei, la legge, che ci fanno sognare e ci fanno capire che per migliorare dobbiamo essere uniti, dentro e fuori dal carcere.

Oggi è il primo giorno che partecipo alla redazione del giornalino del carcere; siamo in 15, raccolgo le mie impressioni. Si parla del concerto avvenuto la sera prima, concerto in cui la direttrice ha anche ballato con l ’avvocato. Si parla anche di musica rock e a tanti piace. Ci sono due educatori simpatici, “ due vo-lontari disponibili al dialogo” ma comunque si percepisce tra di noi molto senso di evadere la routi-ne di tutti i giorni e, oserei, anche un po’ di ipocrisia. Il giornalino lo ritengo un qualcosa su cui lasciare un segno, un lavoro che può far sì che la parola di un altro possa farci crescere ma noto che tanti sono assorti dalle solite cose ( qualcuno parla della solita routine, del film visto ieri, del gol fatto con il tacco ) , pochi si sono dedicati alla musica, che era il tema da trattare. Musica che con il suo frastuono emana pace, libertà d ’ animo, impegno fisico e spirituale. Spero che il concerto che hanno fatto non sia stato solo un momento per tirar fuori la rab-bia che ognuno di noi lascia uscire perché represso dalle circostanze ma una goduria per l ’ a nimo, il piacere dei suoi che messi insieme risultano armonia dolce, che fa rivivere gli amori dell ’ anima, una vita vissuta. Ovviamente presa coscienza che tutti hanno avuto una vita diversa, con tutti i vari segni che ci ha lasciato e che ci siamo creati … che ipocrisia che rieccheggia tra noi …

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Emozioni...emozioni dal vivo Non tutti noi conoscevamo il capolavoro di Victor Hugo, ma voi, con l’umile carica interpretativa avete rappresentato alla perfezione questo capolavoro. Ci avete regalato dei momenti per noi tutti spettacolari e noi detenuti, ancor più umili di voi, vi ringraziamo per la bella sorpresa che ci avete offerto. Voi tutti, dal regista alla comparsa, siete stati semplicemente straordinari. Pertanto un grazie di cuore è il minimo che noi possiamo farvi.

Il concerto del 16 novembre è stato salutato dalla popolazione detenuta e dagli operatori penitenziari con grande entusiasmo sia all ’ atto della proposta dell ’ evento da parte dell’ A vv. Valseriati e di Carcere e Territorio, sia al momento delle considerazioni successive, che non sono potute che es-ser positive. La grande partecipazione all ’ iniziativa da parte della popolazione detenuta ci ha fatto ancora una volta riflettere sull ’ enorme significato che assumono tali eventi all ’ interno del contesto carcerario, che da luogo di sofferenza si è trasformato in quelle ore in luogo di serenità e di evasione dalle pro-blematiche di tutti i giorni. Non possiamo non sottolineare la trepidazione dell ’ attesa che, nei giorni precedenti all ’ e vento, ha animato la popolazione de-tenuta ed, in special modo, gli allievi del corso di musica tenuto dall ’ Avv. Valseriati, che hanno potuto mostrare al mondo e-sterno che in carcere si adoperano e si impegnano anche loro. La presenza di un centinaio di cittadini di Brescia ha ancora una volta aumentato in noi il convincimento che il legame tra il car-cere e gli eventi che coinvolgano i cittadini debba esser sempre più rafforzato. La compartecipazione alla stessa emozione ha in parte attutito quel distacco tra l ’ interno e l ’ esterno, marcato in gran parte dalla mancanza di conoscenza. Gli educatori

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Ciao a tutti voi, lettrici e lettori di “Zona 508”. Questa volta nel nostro “ speciale” trattiamo di un argomento che trova diverse forme: la convivenza. La prima che desidero menzionare è quella familiare, che tocca un po' tutti noi e che credo con ferma certezza sia la più bella... Si sa comunque che si può partire anche da “single”... beh, è sempre un inizio! Anche con un animale, tipo un gatto o un cane ci può essere una convivenza assai piacevole, certo, si hanno delle responsabilità, come è giusto che sia e come avviene in ogni rapporto, ma sono ampiamente compensate. Poi c'è la convivenza di coppia, dove condividere tutto con la propria compagna o compagno diventa una crescita continua, vivendo tutti i difetti e i pregi l'uno dell'altra, condividendo il rispetto dei valori e principi di vita. La convivenza può essere compatibile e costruttiva nel realizzare gli obbiettivi comuni. Esiste anche la comunità, dove un numero consistente di persone condividono la stessa ca-sa...qui la cosa diviene un po' più complessa, tuttavia possibile e positiva. In ultimo c'è la convivenza forzata... dove non si può scegliere con chi stare. Io credo che in una situazione restrittiva ci sia il bisogno indiscutibile del rispetto reciproco della dignità dell'altro. Sì, perchè in questo luogo siamo tutti uguali, nonostante siamo tutti diversi, per cultura, provenienza, religione, pensiero, tradizioni... la convivenza forzata è molto complicata per la sofferenza che ognuno vive e si porta dentro. Tutti noi abbiamo un modo diverso di reagire e differente capacità di sopportazione, non di-menticate che ci troviamo nell'ultimo posto dove vorremmo essere... Tuttavia è indispensabile trovare un punto d'incontro e condividere tutto ciò che serve per sopravvivere durante tutto il tempo in cui ci si trova reclusi in questo spazio limitato. A causa dei limiti imposti dalle circostanze, in-dubbiamente abbiamo la possibilità di conosce-re molto più a fondo noi stessi e impariamo ad apprezzare le cose più semplici della vita. ...e questo non è un male.

Il saggio Giuseppe P.S. Chi non si ricorda il proprio passato è con-dannato a ripeterlo !

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C onvivenza... è già una parola grossa quando dobbiamo usarla per i nostri rapporti all' esterno, quando abbiamo almeno la facoltà di scegliere se tenerla o buttarla; figu-riamoci se si tratta di convivenza forzata. Eh sì! In carcere non hai opzioni, qui devi stare con chi ti viene assegnato da altri e sei fortunato se la tua compagna è una persona disponibile e rispettosa. Sin da piccola mi hanno insegnato ad avere rispetto se voglio rispetto, ad avere pa-zienza se voglio che gli altri abbiano pazienza con me. Tante volte trovo barriere in-sormontabili e allora diventa tutto più difficile. Ci sono giornate dove in carcere sembra di essere in un campo di battaglia, volano pa-role grosse e a volte si arriva anche alle mani per dei motivi futili a volte senza sapere il perché; forse si cerca di scaricare sugli altri tutto il malessere. Sinceramente io non sono violenta e a detta degli altri sono comprensiva, cerco sem-pre di arrivare all'apice della sopportazione ma è dura mantenere la calma se di fronte a te ci sono persone intolleranti. Poi, diciamocela chiara: SIAMO DONNE! Proprio stamattina a scuola il professore di diritto ci ha spiegato che sono state le don-

ne che nel tempo hanno ottenuto più diritti, che sono più battagliere e ottengono sempre quello che voglio-no. Ma ragazzi... se c' è chi mette sempre più zizzania, sono sempre le donne: pettegole, invidiose, poco al-truiste. Io sono convinta che sia più facile ragionare con un uomo perché loro vi diranno sempre quello che pensa-no. Avete mai provato a chiedere ad una vostra amica co-me vi sta il vestito nuovo? Se vi dice bene, cambiatevi subito! Chiedo scusa alle donne, ma sono donna anche io e le conosco bene. Comunque tutto questo per dire che la convivenza coatta è veramente difficile, bisogna avere molta pa-zienza per far passare un giorno dopo l' altro.

Flora

Con tua moglie o marito Con la tua fidanzata o fidanzato Con i genitori Con i figli Con un' amica o un amico Con un conoscente Con uno sconosciuto o sconosciuta Con un cane Con un gatto Con un animale Convivenze fatte per scelte personali o per forze di causa maggiore. Tutto ciò significa adeguarsi comunque un po' all'altro essere vivente A volte è bello A volte è un impegno A volte è insopportabile Ma la vita è questa, convivere e condividere con gli altri. Adesso chiudi gli occhi e prova a pensare tu solo o sola al mondo.... che tristezza senza nessuno con cui poter, sia nel bene e sia nel male, relazionarsi. La vita è basata sulla convivenza sempre, comunque ed ovunque. La mia vita ha senso solo se esisti tu: CONVIVENTE. Alessandro

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Aggregazione, vivere insieme. Forma di incontro e convivenza. Carcere incluso.

Quando un giorno tutto questo finirà, io tornerò a casa sicuramente più consape-vole e più saggia in ogni mia scelta. Sarò più attenta alle cose che fuori sem-bravano scontate ma che, qui dentro, mancano tanto. Non parlo delle cose ma-teriali, di cui in carcere si impara a farne a meno senza alcun problema ma delle e-mozioni: sensazioni che vengono annulla-te, senza pensare di essere una persona diversa dalle altre, perché qui dentro sia-mo tutti uguali. Qui non posso agire o de-cidere su cosa fare delle mie giornate, sempre più vuote e prive di senso. Vado avanti per inerzia e non so dare senso alla mia reclusione, a mio parere esagerata. In questa sezione, aleggia un’aria pesante. L’invidia, la gelosia si tramutano in rabbia e, a volte, penso di non potercela fare. Nulla ha più senso: mi devo lavare, vestire, devo mangiare, ma vie-ne a mancare la voglia di far qualsiasi cosa. E solo se sei fortunata come me, grazie alla “cancellina” che ti ritrovi, senza aver scelto, riesci ad andare avanti e cerchi do sopravvivere in questa orribile gabbia di bestie affamate, che in ogni istante sono pronte a sottrarti ora un atti-mo di gioia, ora un momento di pace. Impossibile concentrarsi e riposare: ogni momento è inter-rotto da grida, da parole sempre uguali, senza senso, ripetute all’infinito. Altro che droga, questo è un veleno che ti annienta giorno dopo giorno. Difficile non reagire, non esplodere. Mi sento una bomba ad orologeria, ho paura, tanta paura. A volte mi manca il respiro, vorrei spaccare tutto, mandare al diavolo le persone che mi insultano in cerca di una mia reazione, ma non pos-so. Devo ingoiare, voltare la faccia e cercare di non pensare, perché farlo, incasinerebbe il cer-vello. Ancora non so quanto sia il tempo che mi resta da trascorrere qui e lo sconforto è tale da non farmi più dormire, da farmi avere continui incubi e di conseguenza mi sveglio priva di forze. L’incoscienza mi induce a costruire ragione che non esistono e lo sconforto mi fa sprofondare sempre più in basso. Come possono dire che il carcere ti redime, ti corregge, ti aiuta a ricrederti sul tuo passato. A me, personalmente, ha fatto vedere il marcio, il dolore e l’ingiustizia che mi circonda. Qui dentro è uscita la parte peggiore di me e mi spaventa, non mi riconosco più. Mi specchio di rado, perché quando lo faccio vedo una persona persa, privata della dignità, della voglia di vivere. Ho lottato tanto nella mia vita per ottenere ciò che desideravo e ne sono fiera; nonostante gli sbagli che ho fatto, rimaneva sempre qualcosa di concreto, di sano. Sarà dura dimenticare e lasciarsi alle spalle questi 8 mesi. Son certa che rimarrà indelebile, co-me i tatuaggi che porto fiera sulla mia pelle, questo odore di carcere, indefinibile da descrivere ma tanto forte da farti puzzare anche dopo la doccia e da non farti sentire mai pulita.

Bianca

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Convivenza o maturità Bisogna iniziare dalla conoscenza dell’animo umano per poter stabili-re il grado di convivenza possibile con le persone a noi più vicine; nel sociale, nel mondo del lavoro, nelle amicizie e negli affetti. Noi italiani crediamo di poter dare una grande importanza al rispet-to, alla cortesia, al preoccuparsi di qualcuno o dell’altro. In queste cose siamo convinti di essere molto bravi, ma non è vero! La nostra cultura, circa la convivenza, dà più importanza agli affet-ti, ai sentimenti e credo che queste differenze di atteggiamenti servo-no per usare le molteplici maschere e diversi accomodamenti; mentre dobbiamo imparare ancor più ad ascoltarci. Questo è il segnale vero che ci porta a confrontarci con gli altri, per-ché chi non convive non si senta escluso. Mi torna alla mente un periodo lungo di vacanze in un villaggio turi-stico isolato. Eravamo una cinquantina, di tre gruppi distinti di età: i cinquantenni, i trentenni e gli adolescenti. Quando non c’era anima-zione la monotonia era tale che sembravamo tutti regrediti, senza al-cun rapporto fra di noi, seppur si appartenesse a ceti sociali molto al-ti e ci si trovasse in un posto molto gioviale. In questo contesto va-canziero la convivenza nel conoscersi poteva ancor più esaltare i rap-porti interpersonali..ma niente! Tutti si estromettevano quasi al pun-to di annoiarsi. Nella vita noi abbiamo rapporti con moltissime persone; spesso queste relazioni sono delicate, difficili e richiedono ponderazione, prudenza, abilità ed energia per raggiungere un elevato livello di convivenza. Forse la parola più appropriata diventa maturità. Lo stesso vale se si parla degli affetti, della propria convivente o futu-

ra compagna di vita. C’è la ne-cessità, come ho sempre pensa-to, che i nostri sentimenti siano una parte essenziale della no-stra natura, quasi uno stru-mento di conoscenza, di limpi-dezza e lealtà che dia una pro-fonda e forte motivazione alla passione di amarsi. Così la parola convivenza sarà talmente piccola da passare in secondo piano.

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IL MONDO FRA LE MANI

Prima di essere carcerata credevo, o forse avevo la presunzione, di avere il mondo fra le mani. Le ventiquattro ore del giorno non mi bastavano per le cose che mi pre-fissavo di fare. I giorni trascorrevano fuggendo e non mi accorgevo del passare dei mesi, se non per il lavoro che di stagione in stagione cambiava. Io coltivo la terra con un piacere immenso e vivo la frenesia che ogni primavera ob-bliga tutto, piante e terreni, ad essere pronti per la semina o per i primi frutti. Strin-gere tra le mani la terra umida, fredda, che profuma ancora d' inverno e col passare dei giorni ritrovarsi con i piedi nudi a seminare la mia serra. Tutto intorno semino fio-ri di tanti colori e profumi. E' il mio piccolo Eden, luogo dove passo molto tempo a contemplare la rinascita di un ciclo nuovo della mia vita. Non appena i primi germogli sbucano dal terreno, tanto lavoro mi attende, come

strappare le erbacce prima che possano impa-dronirsi della cultura. Ho un altro grande terreno dove d' autunno semi-no l' orzo che germoglia in primavera. Mi piace camminare, sentire le vibrazioni del terreno che si comprime sotto la pelle dei miei piedi. Tutto intorno si innalzano grandi alberi di noce e sotto di loro un lungo pergolato di vite. Il lavoro nei campi è molto faticoso ma la ricom-pensa è grande e impagabile. Purtroppo tutto questo non mi consente di poter vivere e dunque devo affrontare le scomodità di guadagno tramite un secondo e terzo lavoro. Aiuto mio fratello che ha una grande forneria e la notte lavoro con lui, poi di giorno aiuto mia figlia che gestisce il suo negozio. Il sabato e la dome-nica mi trasformo in commerciante andando di fiera in fiera, vendendo oggetti in vetro di Murano dove quasi tutto il profitto lo dono in beneficenza ad un caro amico missionario che opera in Mo-zambico dove ospita i bambini di strada. Tutto questo, anche se con tanta fatica, mi face-va pensare di avere il mondo in mano. Poi, tutto ad un tratto, tutto si ferma. Il mondo si spegne ed i giorni non passano mai, i giorni sem-brano anni ed io mi sento morire, rinchiusa tra quattro mura grigie, cancelli e sbarre ovunque. Penso ai miei prati incolti da nove mesi, le erbac-

ce si saranno impossessate del mio Eden, mi viene da piangere. Quest'anno è come se lo avessi buttato nel water e tirato l' acqua. Temo per il mio equilibrio fisico e psichico, le forze mi vengono a mancare, Mi sento INUTILE ed ho voglia solo di piangere...

Bianca

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La “ forza ” delle donne Come ogni estate si ripete la protesta al problema del sovraffollamento nelle car-ceri, con i ripetuti scioperi della fame per dare voce all'esterno o per unirci con chi si batte per questa situazione disumana, che ci umilia in tutta Europa. È il secondo anno che seguo questi avvenimenti ed anche se la speranza è sem-pre viva in noi, noto tanta rassegnazione, non quanto verso inverosimili benefici, ma per il totale disinteressamento delle politiche dello Stato nei confronti di tale grave problema. Quest'estate ho seguito con molto interesse la presa di posizione delle detenute di Verziano, le quali cercavano di coinvolgere ed avere un appoggio dai detenuti maschi... ma NIENTE! Loro hanno proseguito da sole la protesta su indicazioni di Radio Radicale, dimo-strando fermezza, coerenza e, aggiungo io, anche attributi nel senso vero, di persone civili nel loro manifestare. Le detenute, ancora più di noi, si sentono umiliate come donne, ma soprattutto come mamme, nella loro dignità. Così come Napolitano, Pannella e la stessa Severino mi vien da citare Voltaire che disse: “ D ALLO STATO DELLE CARCERI, SI MISURA IL TASSO DI CI-

VILITA' E DEMOCRAZIA DEL PAESE ” . .. ma quante parole al vento!!

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SOCIETA' e CARCERE Sviluppare un percorso ben visibile sul territorio locale sarebbe un buon punto di partenza ed uno strumento in più per andare nella direzione giusta. Penso infatti che il problema dei fondi per il carcere non sia l' unico ma vi sia anche quello culturale: uno dei maggiori responsabili è il mondo esterno. Con ciò non voglio dire che noi siamo al di sopra di ogni sospetto e che le responsabilità siano solo al di fuori; credo però che la società intera debba interessarsi al CARCERE come servizio, stimolandoci, e nel caso chiudendoci il CON-TO. La società dovrebbe entrare nell'ottica in cui la NOSTRA sia una struttura che funzioni per la sicurezza collettiva. Questo approccio può cambiare le cose, anche in termini di controllo sociale. Ho sentito che la Lombardia prevede la logica del circuito penitenziario a regime attenuato differenziandosi dalle altre re-gioni. Ed allora mi torna subito in mente Bollate. Dapprima mi pareva un po' da folli cercare di sperimentare nuove solu-zioni che stavano provocando scetticismo ma poi ho visto che si sono raggiunti in tempi brevi ottimi risultati e tutto ciò grazie all'intervento di imprese esterne, allo staff degli operatori e, non per ultima, alla popolazione detenuta. MA DI BOLLATE NE ESISTE SOLO UNA IN ITALIA!!! Se solo ci fossero prospettive certe, grazie al LAVORO ci potrebbe essere una lenta apertura: significherebbe che, passo dopo passo, come accade a Bollate, le condizioni del detenuto potrebbero MIGLIORARE... e forse tutti quei piccoli passi guadagnati potrebbero permetterci di raggiungere una meta.

Piova54

“Questa torrida estate in galera” Sono entrata che l’inverno era al suo culmine, il freddo entrava nel mio profondo e non riuscivo ad allontanarlo, mi sembrava di morire. Ma ecco arrivare la primavera, con la sua esplosione di colori e profumi; è arrivata prepotente, ma l’aria è ancora fresca e sottile. Il cinguettio degli uccelli è un suono armonioso del risveglio della natura. Poi i giorni passano e il caldo arriva talmente torrido da rendere l’aria irrespirabile. Notti passate in bianco a girarsi e rigirarsi nelle brande umide di sudore, maleodoranti. Inutili le continue docce che solo per pochi attimi danno sollievo e refrigerio. Le ore passate ad oziare in cella, perché fa troppo caldo per scendere all’aria, sotto il sole cocente, amplificato dalle alte mura di cemento. Si soffoca e anche gli animi si surriscaldano facilmente. Spesso liti e urla si sentono in sezione, ci sono momenti in cui le risse sono sedate dalle urla delle assistenti e ti assale la rabbia, ma bisogna reprimerla, per non andare incontro ad ulteriori problemi. Agosto in galera, sembra non passare mai. Avvocati, volontari, sono tutti in ferie e le già poche attività si interrompono. Persino i tribunali sono fermi e le nostre sorti abbandonate in questo grigio posto dimenticato da Dio. Finalmente oggi, primo settembre, anche se non so da dove esca, una voglia di ricominciare mi dà nuova speranza di riuscire a sopravvivere, chissà per quanto tempo ancora, qui dentro. Mi sono iscritta a scuola con la speranza di poterla frequentare, perché non hanno fatto le selezioni; per non dover dire un domani di aver perso 1-2-3 anni.

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Narcotici Anonimi E’ un folto gruppo di persone che non fa più uso da tempo di sostanze stupe-facenti che annebbiano la mente, di alcool, di farmaci e psicofarma-ci..insomma di droghe! Da tossicodipendente ho partecipato a questo gruppo ed ho avuto una buona prima impressione: il mio sogno è quello di riuscire a non toccare più le so-stanze e vivere una vita da uomo libero. Su di un piccolo opuscolo informativo ho letto “Restare puliti nel mondo e-sterno”: queste parole mi hanno toccato personalmente perché ormai manca po-co al momento in cui mi troverò nel mondo esterno, in libertà. Penso a tutti quelli che come me si ri-troveranno a dover uscire dal carcere e penseranno alla realtà che li attende. Sapete, può sembrare assurdo, ma oltre alla felicità di sapere che ormai manca poco c’è una parte di me che percepisce la preoccupazione di cosa succederà una volta entrati nel mondo reale. Sarà la maturità dei miei quarant’anni, sarà che i problemi non mancano, sa-rà che sono consapevole di essere debole davanti alle tentazioni; fatto è che adesso le parole lasciano il tempo che trovano, adesso è arrivata l’ora dei fatti che contano. In questi anni, chiuso in carcere, di teorie ne ho vissute troppe: adesso biso-gna mettere in pratica tutti questi miei buoni propositi. Penso che questo gruppo di persone possa dare un buon aiuto a quelle perso-ne che si ritrovano in libertà e sentono il bisogno di cambiare vita, per ren-derla degna di essere vissuta; allora cercherò di essere realista ma parlo sem-pre di me stessa, poi ognuno sa come vanno le cose! Quando esci di galera ti puoi facilmente ritrovare in un ambiente dove non mancano tentazioni, perciò andare alle riunioni dei N.A. credo sia un buon punto di partenza: non costa nulla, è un ambiente fuori dai controlli delle autorità, nel senso che quello che si dice lì rimane! Ognuno di noi è diverso ed ha un carattere particolare e percorrere insieme

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ad altre persone un medesimo percorso fa sentire meno soli. L’opuscolo, che ho avuto l’opportunità di leggere, aiuta ad affrontare qualco-sa che non si conosce poi così bene come si pensi. Esistono sette proposte: Non abusare di alcuna sostanza Vai alle riunioni dei N.A. Chiedi al tuo potere superiore di tenerti ogni giorni pulito Parla con il tuo sponsor Leggi la letteratura che ti propone il gruppo dei N.A. Parla con altre persone che stanno intraprendendo il percorso di recupero Lavora i passi dei N.A. Queste regole danno l’idea di cosa sia sviluppare un’esistenza meritevole di essere vissuta; certamente bisogna provare per capire che è possibile rimane-re puliti. Non esiste una medicina per la nostra malattia, c’è solo un’astinen-za perenne e un vivere giorno per giorno. Bisogna volerlo, sia chiaro a tutti che non è facile ma la cosa positiva e buo-na è che è possibile, c’è gente che ce la fa. Alla fine la vita che cosa è? Un vivere la giornata con intensità, dando valore e importanza alle piccole cose. Può sembrare banale o limitativo eppure sapermi accontentare mi ha dato modo di vivere una serenità mai avuta prima: io sono convinto che tante persone come me, finite nel tunnel delle dipendenze, desiderino dentro di sé la propria libertà, quella che fa sentire bene, che dà desiderio e voglia di vi-vere una vita dignitosa e piena di tutto ciò che la vita ci propone. È chiaro che nonostante mi sappia accontentare ho delle ambizioni e dei so-gni che desidero realizzare: volere è potere! Ognuno di noi arriva a un certo punto della propria vita nel quale capisce cosa vuole davvero; dipende solo da noi stessi è chiaro! Desidero ringraziare tutte le persone del gruppo N.A. per questa meraviglio-sa opportunità: sapere di non essere più soli è una cosa molto, ma molto im-portante. Mi auguro che in molti approfittino di quest’occasione. Con stima ed affetto sincero per tutti coloro che leggono Zona508.

Giuseppe Pio, detto il saggio

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DONNE, NON ABBIATE PAURA! In quest'ultimo periodo, settimanali e media hanno messo in luce con vari servizi il pre-occupante tema degli omicidi a catena di donne per mano di uomini che non accetta-no il rifiuto; uomini che hanno la convinzione immaginaria di essere traditi. Voglio citarne solo tre fra i tantissimi: Rober-ta, sparita nel nulla e introvabile in Veneto; Melania Rea, l' ex marito della quale è stato da poco condannato all' ergastolo; Carmela, che per difendere la sorella Lucia dalla furia di Samuele, si è fatta vittima sacrifi-cale a Palermo. È sconvolgente il numero di omicidi o sparizioni in questi ultimi due an-ni: 127 donne! Lo è ancora di più il fatto che la faccia del carnefice corrisponde ad un uomo conosciuto che può essere un famigliare, o il partner, oppure un ex confuso tra l' amore ed il possesso. Nel toccare l'apice si è creata una nuova parola: femminicidio. Ora la parola stalking, non basta più e la legge da poco varata non pare

L' INVERSIONE DI MARCIA Ci sono momenti dove mi sento più solo in mezzo alla gente, altri dove sono solo a tutti gli ef-fetti. Nel primo caso sento rimbombare nelle mie orecchie i soliti discorsi che già da un po' fanno ma-le alla mia coscienza. Nel secondo caso mi ci ritrovo ed in questa chiusura verso gli altri mi pongo e continuo a pormi mille domande. Ci sono tutti quei perchè, compresi i se ed i ma. Nella mia immaginazione rivedo sequenze della mia vita come se fossero un film, fatto di gioie, dolori e burrascose turbolenze. Entrando nel mio io, rivaluto esperienze erronee dove le mie profonde riflessioni scaricano anti-che superficialità in una nuova consapevolezza. In questa parte del mio vissuto, dove le iniquità sono all'ordine del giorno, rimetto in ordine il mio presente proiettandolo al futuro. Ora, mentre verso il calice del mio sangue (dolori e sofferenze), alzo la testa come se cercassi il perdono. E' un perdono dove la mia parte nuova prende il sopravvento su quella cattiva. Quindi attraverso superficialità, errori, illusioni e sogni utopistici che escono da quel calice io traccio la mia via da seguire e riapro quel cassetto dimenticato dove avevo adagiato il mio buon senso. Ed ecco che queste mie solitudini stanno appagando il presente, come per l' appunto dicevo pri-ma, pensando al futuro, un futuro fatto di valori.

CESARE

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PREMIO ARTISTICO-LETTERARIO A.C.T.

ÂctÄÄt tÄ Ñ|xwxÊ 3° edizione

a.s. 2012/2013

L’ Associazione Carcere e Territorio Onlus di Brescia ha deciso, ormai da tempo, di dare maggior rilievo alle attività svolte dal gruppo che si occupa della sensibilizzazione dei giova-ni alle problematiche della detenzione, uno di questi modi avviene attraverso il premio lette-rario che, quest’anno, alla sua terza edizione, si arricchisce diventando artistico-letterario. Nella prima edizione (avviata in parallelo con il premio Casalini) diverse sono state le scuo-le superiori bresciane partecipanti, lo scorso anno l’adesione è stata altissima con più di 60 temi svolti. Da questa seconda edizione è nata per ACT la necessità/il desiderio di proporre una terza edizione che, speriamo, dia sempre maggiori frutti e coinvolga sempre più studenti. Noi continuiamo nel nostro lavoro, di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle proble-matiche carcerarie e di recupero e reinserimento dei detenuti. Siamo infatti convinti che il senso attuale della pena non debba più essere legato alle sole logiche meramente retributive, affidando al solo carcere un obiettivo rieducativo che si è dimostrato ben difficile da perse-guire. Oggi dare un senso alla pena significa ri-attribuirle un significato funzionale di sistema, e-sorcizzando la paura di riconoscere la necessarietà della funzione retributiva ma al contempo attribuendole una utilità sociale, dispiegabile attraverso il coinvolgimento della comunità esterna e quindi attraverso le risorse territoriali. Pensiamo quindi ad una funzione della pena dove la risocializzazione non significhi tanto la modificazione delle condizioni criminogenetiche e criminodinamiche presenti ab origine, o meglio non solo, quanto piuttosto un’ offerta di opportunità alla persona per provare, assolu-tamente insieme alla persona stessa, a ridefinire i percorsi affermativi dell’ identità affettiva , culturale, professionale, e sociale che in precedenza si sono dimostrati inidonei e un’offerta di opportunità alla comunità perché possa individuare nuovi destinatari cui demandare con fiducia compiti di gestione delle esigenze di difesa sociale che la comunità stessa chiede con sempre maggior forza e, che, se non opportunamente veicolate, rischiano di trasformarsi in mere rivendicazioni espiative. La comunità deve pertanto farsi soggetto partecipe dell’esecuzione penale, sui cui contenuti pesa il mandato ideologico, attribuito da tempo, ormai troppo, con una sorta di delega in bianco, nelle mani del sistema istituzionale penale e penitenziario. Le misure alternative alla detenzione, la mediazione penale, la tutela delle vittime, l’impegno riparativo, la gestione del caso nella sua complessità problematica, inclusi gli aspetti relazio-nali, affettivi, abitativi sono solo alcuni degli strumenti che un’attenta riflessione mette a di-sposizione per questo gravoso impegno; la loro conoscenza, applicazione e gestione sono un’opportunità per l’intera comunità, soprattutto, nelle sue componenti più profondamente coinvolte in un disegno riabilitativo della persona esclusa, quindi, in primis, il volontariato. Il premio letterario ACT nasce e si muove in questa prospettiva. In esso riponiamo fiducia perché il cammino di consapevolezza della comunità rispetto al proprio sistema penitenziario possa ulteriormente trarre beneficio. Carlo Alberto Romano

Puoi trovare il bando completo sul sito www.giornaledibrescia.it e su Face book “Premio palla al piede”

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MODULO PARTECIPAZIONE PREMIO ARTISTICO-LETTERARIO A.C.T.

ÂctÄÄt tÄ Ñ|xwxÊ 3° edizione

a.s. 2012/2013

SCHEDA PARTECIPANTE

Autorizzo al trattamento dei dati personali ai fini delle legge sulla privacy 675/96

FIRMA_________________________

PER GLI STUDENTI MINORENNI, LA FIRMA DEVE ESSERE DI UNO DEI GE-NITORI O DI UN TUTORE

Dichiaro che l’opera partecipante al concorso è stata composta da me, senza alcuna forma di plagio. Firma ____________________________________ Ai sensi e per gli effetti del D.L. n. 196 del 30 giugno 2003, autorizzo gli organizzatori del Premio artistico-letterario“Palla al Piede” alla raccolta e al trattamento dei presenti dati, ai soli fini delle comunicazioni pri-vate inerenti al concorso e prendo atto che la mancata autorizzazione può costituire impedimento per la mia partecipazione. Firma ____________________________________ Autorizzo gli organizzatori del Premio artistico-letterario “Palla al Piede” alla eventuale pubblicazione e di-vulgazione delle mie opere inviate al concorso, a mezzo stampa o siti web, senza finalità di lucro, indipenden-temente dal fatto che possano risultare premiate o segnalate, rinunciando sin da ora alla pretesa di compensi di diritti d’autore. Prendo atto che la mancata autorizzazione può rappresentare motivo di esclusione dal con-corso. Firma ____________________________________ Autorizzo gli organizzatori del Premio artistico- letterario “Palla al Piede” alla eventuale pubblicazione e divulgazione della mia immagine fotografica a mezzo stampa o siti web, per il solo uso documentario del Pr mio stesso. (segnare con una x) SÌ NO Data ________________________ firma______________________________

Istituto scolastico di appartenenza

Nominativo del candidato

Classe frequentata

Luogo e data di nascita

Residenza

Recapito telefonico

Indirizzo email

Il modulo deve essere compilato, firmato e inviato insieme alle opere al seguente indirizzo: Segreteria organizzativa del Premio artistico- letterario “Palla al Piede”: c/o Associazione Carcere e Territorio, Via Spalto San Marco, n. 19 – 25121 Brescia o via mail a: [email protected] (in questo secondo caso, il modulo va inviato con firma scansionata)

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Verso il vento Mi lascerò andare, fuori e dentro di me fuori da chi mi ha già chiesto con una scusa o un pretesto quanto vale un pezzo di vita. Gli altri pensano di capire senza averne un' idea cercano di fermarmi come un' onda nella marea.

Ho un magazzino pieno di sogni già fatti alcuni ancora buoni mentre altri son rotti. Ho come l' impressione di essere un' ombra, una visione in questo vento così strano che senza rendermene conto mi trascina sempre più lontano.

GIORGIO

Un vero matrimonio Il mare, il sole e la sabbia profumano d’estate nel freddo inverno, il ricordo dei nostri corpi stesi ad asciugarsi al sole d’ago-sto, tu mi tenevi la mano ed io innamorato ti guardavo con il cuore in gola, non è un sogno … felicità, amore senza pudore. Voglia di starti accanto come un incanto di una fa-vola, Tu principessa ed io princi-pe senza corona, soldi e merlet-ti ma tanti progetti, sogni e speranze di non per-derti mai. So passeremo guai, litigi, incomprensioni ma con l’amore e la passione risolveremo i nostri proble-mi. Il sole mi riscalda la pelle mentre tu mi accendi il cuo-re, un amore travolgente, scon-volgente, tu mai assente ed io sempre presente in qualsiasi istante della nostra vita,

tu ed io una persona sola, legati da un amore profondo senza sconto, senza remore ma naturale come il mare che ci sta di fronte con le sue onde che ci bagna-no i piedi e noi attenti a i nostri senti-menti. Il nostro amore è completo, perfetto, ci guardiamo negli occhi e leggiamo nelle nostre men-ti, movimenti sincronizzati, abbracciati ci baciamo ad occhi aperti per guardarci dentro, il nostro sentimento è reale, vero, complice di qualcosa di troppo grande, enorme, non vediamo nessuno, ci siamo solo noi due … il so-le, il mare e la sabbia, estranei alla realtà, verità assoluta il nostro a-more indivisibile, senza egoismi o differenze ma solo le nostre menti sintonizzare sulle stesse frequenze. Il mio cuore che batte ed il tuo mi risponde ed lo sfondo delle onde che fanno da orchestra,

i gabbiani cantano il nostro incontro, il sole ci fa da testimone, la sabbia d’oro ci veste e il cielo azzurro ci benedice e noi, guardandoci negli oc-chi, diciamo un “SI” profondo, reale come il nostro amore, ci siamo uniti in matrimonio con la luna e con i nostri corpi senza invitati, pranzi, ve-stiti, ma solo due amori sinceri, convinti, con la benedizione di Dio nostro unico testimone di questo grande amore. Marco Anni

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“ D ì A QUALCUNO CHE IO SONO QUI”

Prendete un carcere della Bolivia, dei bambini "detenuti" ( s olo perchè lo sono i padri ) , ed un'educatri-ce volontaria italiana dalla simpatia ed energia contagio-sa. Mescolate il tutto, ed otterrete "Di a qualcuno che io sono qui".

«Queste pagine raccontano, in maniera molto informale, la mia esperienza di volontaria in Bolivia con i bambini che vivono nel carcere "San Pedro" di La Paz assieme ai genitori detenuti e con i ragazzi di strada, narrata attra-verso le lettere che nell'arco dell'ultimo anno di volonta-riato ho inviato ai miei familiari, amici e conoscenti. Lette-re in cui le tonalità affettive e le rocambolesche disavventure delle quali sono stata autrice/protagonista sono scritte di getto, senza veli.».

Questo dice l'autrice, Barbara Magalotti, nella nota di copertina. Ed è veramente co-sì, per me che l'ho letto: un libro che ti trascina con se all'interno delle pagine, delle storie dei protagonisti, facendosi leggere tutto d'un fiato, ed alternando sul viso sor-risi di gioia e lacrime amare, perchè «di fronte al mare di sofferenza e di problemati-cità» che esiste al mondo, c'è ancora chi con grande coraggio lotta per renderlo mi-gliore. E ce la fa.

Una lettura consigliata a chiunque: a chi opera nel sociale, per ricordarsi perchè è bello fare questo lavoro; Per chi ci entra da "utente", per scoprire che non è solo, ma qualcuno che ti vuole bene e ti tenderà una mano ci sarà sempre.

Emanuela

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Per l'intervento pediatrico con infante in età

compresa tra un mese

ed un anno bisogna controllare subito l'ossigenazione, perché nel-

l'infante sopraggiunge prima l'arresto respiratorio di quello cardiaco.

Cosa importante da fare è insufflare ossigeno e chiedere informazio-

ni alla madre circa le modalità su come sia accaduto l'evento e da quanto sia successo, in

modo da aiutare anche il soccorritore ad un intervento più mirato.

Nell'intervento in un bambino dai tre ai cinque anni, se cosciente, bisogna agire con la pre-

senza di un genitore o di un conoscente del bambino, in modo da tranquillizzare il bambino

stesso, fargli acquistare fiducia e spiegargli cosa si dovrà fare in caso di trasporto in pronto

soccorso.

Non bisogna privarlo del suo giocattolo preferito o di altro che lo tranquillizzi: un approccio

sbagliato può rendere difficoltoso l' intervento del soccorritore. Importante in questi due e-

venti che la base operativa del 118 sia mantenuta sempre in contatto ed aggiornata circa l'e-

volversi della situazione.

Spero, con le basi apprese e con l' esperienza che acquisterò, di poter operare come soccorri-

tore volontario ed aver l' opportunità di migliorarmi ulteriormente.

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Due escursionisti partono per andare in montagna. Ai piedi di questa c’è un grandissimo prato con al centro un ragazzo che pesca. Sono le 7.00 del mattino, tutto ,l’insieme è molto strano … La sera verso le 18.00 i due rientrano e vedono ancora il ragazzo nel prato che sta ancora pescando. Incuriositi si recano in una casa vicina e chiedono alla signora se conosce il ragazzo. “si” risponde lei “E’ mio figlio. Alle 21.00 vado a prenderlo con la barca” Aaaah aaah aaah

Come si chiama il miglior lanciato-re di coltelli? Chi Ciapo Ciapo E la moglie? So Tuta Un Taio E il figlio? Cerotin

Jonny

IN PISCINA

Il bagnino: “Signore, guardi che non si fa la pipì in piscina!!!” Il signore: “Ma la fanno tutti!” Il bagnino: “ Sì... ma non dal trampolino!”

PIERINO

Il papà a Pierino: “Stamattina hai il compito in classe, se lo fai bene ti re-galo 50 euro!” Pierino torna da scuola: “ Papà, papà ho una bella notizia!” Il papà: “Dimmi!” Pierino: “Ti ho fatto risparmiare 50 euro!”

UN PO' DI MASCHILISMO

Ti svelo il segreto per un matrimonio perfetto:

sposa una donna che sia bella, che sia intelligente, che sia ricca....

e fai attenzione che non si incontrino mai!

CARAMELLE

Sai cosa fanno due caramelle in un cam-

po da calcio?

Si scartano!

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Crema al Limone Ingredienti: 1 tuorlo d’uovo 1 bicchiere di zucchero ½ litro di latte 50 gr di burro 2 e ½ cucchiai di farina Scorza di 2 limoni Preparazione: Mettere in un tegame il tuorlo d’uovo, aggiungere lo zucchero ed amalgamare con la frusta di cucina. Aggiungere gradualmente il latte e la farina ed amalgamare bene, aggiungere la scorza grattugia-ta dei limoni e il burro. Mettere a fuoco moderato per 20 minuti e poi far raffreddare.

Franco

Vermicelli con olive nere Ingredienti: 320g pasta tipo vermicelli 25g olio extra‐vergine di oliva 400g pomodorini ciliegia 100g passata di pomodoro 2g aglio 3g basilico 120 g olive nere Peperoncino rosso, parmigiano Preparazione: Scaldare l’olio di oliva e saltarvi l’aglio con un pizzico di peperoncino. Quando l’aglio è dorato aggiungere i pomodorini tagliati a metà e cuocere 5 minuti a fuoco vivace con la passata di pomodoro. Abbassare la fiamma e aggiungere il basilico tritato e le olive intere. Cuocere i vermicelli in acqua salata, scolarli e saltarli nella sugo con il parmigiano. Guarnire con foglie di basilico … ed è pronto per essere mangiato …

Redouane

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ARIETE: Per i nati tra il 25 marzo ed il 5 aprile rimangono ancora nodi da sciogliere e cambiamenti inaspettati da affrontare. Fino a metà giugno i nativi godranno del favore di Giove che favorirà la soluzione di pendenze di carattere giudiziario. TORO: Dopo alcuni anni sereni giunge un periodo in cui sarà possibile che i nodi venga-no al pettine,potreste registrare un calo di energia e di fiducia, possibili intoppi e ritardi relativi alle questioni che vi stanno a cuore. E' possibile dobbiate affrontare un distacco da persone care. GEMELLI: Gli ultimi due anni sono stati particolarmente importanti e positivi; è stato possibile realizzare sogni e progetti a lungo tenuti nel cassetto. Il 2013 sarà ancora un buon anno, soprattutto nella prima metà. Non ci sono pianeti in contrasto e dunque si prospetta un periodo sereno in cui sarà ancora possibile raccogliere frutti. CANCRO: Questo segno esce da un lungo periodo di problemi e frustrazioni, ora tutta-via le difficoltà si stanno sciogliendo pur rimanendo qualche instabilità e possibili cambia-menti. Urano e Plutone chiedono di lasciarsi alle spalle ciò che non è più valido per la propria vita. Nel 2013 Saturno permette di mettere salde basi per il futuro e consente di realizzare stabilità ed equilibrio. LEONE: Saturno vi costringe a prendere atto di ciò che non va nella vostra vita e va cam-biato. Il 2013 si presente dunque come un anno non sempre facile dove i rapporti stabili po-trebbero vivere un periodo di minor entusiasmo o una lontananza, possibili problemi potrebbero riguardare la famiglia di origine. VERGINE: Questo segno ha vissuto un periodo molto forte e di tensione e insoddisfa-zione, il 2013 tuttavia si presenta come un anno buono ed equilibrato. Attenzione a fa-cili illusioni e conseguenti possibili delusioni. BILANCIA: La bilancia esce da un lungo periodo impegnativo, seppur importante e co-struttivo. Forse avete affrontato situazioni difficili e sofferte che tuttavia hanno struttu-rato il vostro carattere. Il 2013 sarà un anno decisivo, più leggero e positivo, soprattutto nella prima parte. Possibili cambiamenti e intime rielaborazioni che chiedono di cambiare pelle e aprirsi al nuovo.

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SCORPIONE: Vi rendete conto che la vita vi impone dei limiti e dovete affrontare sacrifi-ci; forse le cose che vi stanno a cuore tardano a realizzarsi. Il 2013 si presenta un anno molto importante e impegnativo. Dovete accettare questo passaggio che può essere do-loroso ma anche estremamente costruttivo. Sarete in parte sollevati e potrete prendere decisioni importanti. SAGITTARIO: Gli ultimi anni sono stati tranquilli e positivi e avete potuto attuare cam-biamenti con responsabilità. Il 2013 sarà anch'esso, nell'insieme, tranquillo. Nettuno sconsiglia l'abuso di alcool, di fumo, di farmaci e droghe, Giove crea insoddisfazione e spinge ad eccedere, quindi atten-zione. Ci sono questioni legali e giuridiche che non si risolveranno fino a giugno. CAPRICORNO: Questo segno ha vissuto in questi anni un periodo importante e com-plesso che ha portato a vivere una fase esistenziale sofferta, ha messo alla prova la resi-stenza, la fatica e la sofferenza... Plutone porta trasformazioni cui è bene non opporsi. Il 2013 sarà di lento recupero e aiuterà la ricostruzione serena della vita. ACQUARIO: I nati sotto questo segno hanno vissuto dal 2010 ad ora un periodo sereno e positivo, ma attenzione, da novembre avrà inizio una fase pesante e impegnativa in cui sono da mettere in conto contrarietà e ritardi sulle cose che stanno a cuore. Nel 2013 sarà importante non forzare nulla e rispettare i limiti e le tempistiche che si presenteran-no. PESCI: Il vostro segno sarà uno dei più favoriti; Nettuno chiede tuttavia attenzione per la possibilità di un eccessivo idealismo che può portare a cuocenti delusioni o inganni. Il 2013 sarà un buon anno in cui sarà possibile costruire solide basi per il futuro, molte cose si risolveranno favorevolmente, ma cercate di essere felici.

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“Caro amico ti scri-vo…”

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L’Associazione Carcere e Territorio di Bre-scia è orientata alla promozione, sostegno e gestione di attività che sensibilizzino l’opi-nione pubblica riguardo alle tematiche della giustizia penale, della vita interna al carcere e del suo rapporto con il territorio. Promuove e coordina intese interistituzionali e collaborazioni, sui problemi carcerari, tra l’amministrazione penitenziaria, la magistra-tura, le amministrazioni, le forze politiche, le organizzazioni del privato sociale e del vo-lontariato. Promuove e realizza le iniziative che favori-scono, all’interno del carcere: l’assistenza socio-sanitaria, l’organizzazione di attività sportive, ricreative, formative, scolastiche, culturali e lavorative, l’organizzazione di percorsi di formazione professionale e di progetti sperimentali per l’inserimento lavo-rativo dei detenuti, il reinserimento sociale del detenuto al termine della pena.

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Rivista realizzata nell’ambito del Progetto “Oltre le sbarre”, con il contributo di: