ZIGAINA

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Brochure informativa distribuita in occasione della mostra di Giuseppe Zigaina presso galleria LA FORTEZZA di Gradisca d'Isonzo (GO) dal 17 Dicembre 2011 al 16 Gennaio 2012.

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Era da tanto tempo che volevo scrivere sull’arte di Giuseppe Zigaina, e la mostra della galleria La Fortezza a Gradisca me ne dà ora piena opportunità. Non che sia stato mosso da alcuna necessità critica o filologica, sia ben chiaro - né nutrirei mai alcuna velleità in tal senso - quanto piuttosto da una modesta volontà di testimo-nianza che sappia scaturire da un versante più privato, affettivo, intimo, dove la parola possa essere figlia del sentimento emotivo, piuttosto che non della ragione accademica, sovente tanto precisa quanto algida. Scrivere per questo evento quindi, ha significato scrivere per me, in una sorta di meravigliosa sovrapposizione di desideri e voluttà collezionistiche, che poi altro non sono che le esternazioni palesi, i segni distintivi d’una precipua quanto settoriale affinità elettiva… Ma perché proprio Giuseppe Zigaina? Perché pur essendo passata tanta acqua sotto i ponti, pur avendo continuato con costanza e dedizione a frugare nel mare magno dell’arte figurativa, in cerca di nuovi eroi, stimoli, folgorazioni e quant’altro, la figura del nostro ha continuato a brillare e a crescere, ingiganten-dosi ed espandendosi su più fronti, nell’arco dei decenni, in barba a mode, modi e modificazioni. L’arte di Zigaina ha avuto la forza di superare la prova fatidica del tempo galantuomo che nulla preserva se non quanto realmente vale, al di là di qualsiasi altro presupposto o considerazione. E nell’immergerci in quei suoi segni così sicuri, taglienti, da si-nistrorso forzato ma trionfatore, o in quei suoi lacerti cartilaginosi, proviamo tuttora lo stesso stordimento metafisico che provavamo allora, venti, trent’anni orsono, con la sostanziale differenza che oggi quelle visioni sono innervate e corroborate da una confidenzialità consapevole, di quelle che ti recano al centro del cuore delle cose, sopra e ben aldilà dell’immagine espressa che poi, nello specifico caso di Zigaina, il più delle volte risulta essere una mera e metaforica icona in transito verso abissi umani – e non solo - ben più profondi. E quando penso al pittore Zigaina, m’accorgo d’averlo percepito e compreso appieno solo dopo averlo scoperto nella veste di prodi-gioso saggista, uomo di lettere di profondità spaventosa, scavato-re instancabile in quella profetica miniera che è stata l’intera opera dell’amico/fratello d’elezione Pier Paolo Pasolini. Un lavoro certosino volto a sceverare ogni anelito pasoliniano, quello compiuto da Zigaina, che nel sop-pesare minuto per minuto il singolo verbo del geniale pensatore, ha compiuto a sua volta un miracolo filosofico letterario, tanto chiara ci appare oggi – grazie alle espli-citazioni zigainiane – il sommo disegno mitologico/esistenziale dell’uomo di Casarsa. E tutto ciò, come sempre, a fronte dell’inverecondo silenzio di istituzioni, Accade-mie ed Università, che fanno orecchie da mercante d’innanzi ai testi apocrifi, ovve-rossia a quelli scritti da qualcuno che non sia parte integrante della cricca (oggi chia-mata con maggiore aplomb lobby, il significato restando comunque il medesimo), dei cervelloni universitari, ridotti nella loro boria solo dalle contingenti elucubrazioni gelminiane, più che dalla consapevolezza dei loro limiti propriamente intellettivi.

ElEgia ZigainianaFranco Savadori

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Ma sono certo che Zigaina non se ne adonta, anzi, probabilmente ne sarà fe-lice, poiché, parafrasando Claude Monet, scrive come uccello canta, e senz’altro quest’attaccamento al pensiero pasoliniano risulta, per il cervignanese, più vicino alla necessità fisiologica del respiro che non alle aberrazioni d’un carrierismo ac-cademico da lui d’altronde mai perseguito. E come sempre il potere, qualsiasi esso sia, senza distinzione di cromia o di bandiera, adotta il silenzio quale arma per ne-gare l’evidenza, per tentare di cancellare quanto più ovvio e lapalissiano si ostenta.E più forte e tonante è il verbo denunciatorio, più totale ed alto dovrà risultare il muro d’indifferenza eretto contro l’eterodosso di turno. Solo che con Zigaina hanno sbagliato tattica, essendo egli perfettamente autosufficiente, sotto tutti i profili… senza considerare che nessuna logica di profitto potrà mai annientare una vocazione, cancellare una visione, distogliere uno sguardo fermo dal paesag-gio della propria verità. E così di Zigaina abbiamo imparato ad apprezzare una produzione artistica che sposa svariate ipotesi, tutte complementari, conglomerate, coerentissime nel defi-nire il disegno d’insieme, protese in maniera acre, arcigna, totale alla definizione estrema d’un pensiero sempre unitario, integerrimo, a prova d’accetta. Come in Pasolini, anche per Zigaina le strade sono molteplici, ma il viatico è unico. Facile moda vuole gettonato il pittore colto nel turgore cromaticamente sapido del realismo sociale, con tanto di biciclette ed operai che pure furono, per rima-nere in zona, prerogativa del canterino monfalconese Pino Furlan, altresì icastico cantore di vigne stilizzate e di madri trascendenti, ovvero di quel Sergio Altieri, tosto divenuto non atteggiato alfiere d’un romitismo paesano intensamente lirico, senz’altro mai ben ponderato e compreso. Cosicchè il periodo in questione risulte-rà giuocoforza breve per Zigaina, poiché nessuna direttiva di partito è mai riuscita a conciliare necessità dogmatiche con le istanze di una ricerca reale (nel senso di vera, non pretestuosa ed assolutamente non di circostanza), che avrebbero finito col catapultarlo ben al di là dei meri ed asfittici dettami togliattiani, troppo odo-ranti stalinismi e zdanovismi di ogni sorta.

Pino Furlan “Operaio con bici”, 1960

Sergio Altieri, “Operai”, 1982dalla raccolta “Fondo Stabile” G.A.C. Monfalcone (GO)

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Lo spirito dell’uomo richiedeva altri spazi, altri precipizi ctoni: ed è in tal modo che, disarcionato lo Zigaina giovane, piano piano fa capolino l’altro, quello capace di riesumare dalle ceneri di una catartica crisi esistenziale la difficile pratica del disegno/segno, d’ora innanzi più pece d’abisso che non raschio graffitico usuale, giusta marcatura d’un sentimento dolorante della vita da cui quella pittura non avrebbe non solo più voluto rifuggire, ma su cui si sarebbe forgiata, in veste total-mente autonoma ancorché originale e cosciente. Gli anni ’60 fungeranno da alacre laboratorio dove Zigaina avrà modo di af-finare ossessioni, fissazioni, paranoie metabolizzate da cruenze belliche, guerre ideologiche e battaglie stilistiche, mai piegato all’aniconico, indeciso sul figurativo, di certo anelante ad una figurazione altra, simbolico – rappresentativa. Il decennio traccia le linee definitive di un discorso che si renderà pienamente leggibile solo quando si svelerà – prepotente – l’animo incisorio del tintore, con l’interminabile serie di immaginifici tatuaggi d’anima, forse centro cardine di tutta l’opera di Zigaina. Avere la pretesa di confidenzialità con la pittura di Zigaina senza prima aver investigato l’altro versante del suo essere artista figurativo, quello della difficile pratica incisoria, sarebbe come per un muto voler divenire un perfetto emulo di Frank Sinatra. Non a caso il nostro si vota alla pratica appena nel 1965, e cioè poco prima della decisiva svolta maturativo artistica di fine anni ’60. E nel farlo, ribadisce la sua duplice vocazione: quella del disegnatore dal gesto assoluto e quella del chirurgo dalla mano ferma, che sa e riesce ad investigare nelle viscere dell’esistenza, al pari di pochi altri, notissimi anatomopatologi della matita: si pen-si a Durer, a Goya e più vicino a noi regionali, ad Anton Zoran Music. Attraverso l’incisione Zigaina penetra nella carne della storia, dissodando paesaggi anatomi-ci, picchettando angosce ataviche e raschiando in mirabile sequenza i fondali d’un immaginifico che non ha paura di liquefarsi a contatto con le componenti acide di un inconscio avvezzo alla visione resurectoria, dove l’ordine figurativo è oramai quello che ruota attorno alla perenne dicotomia dissoluzione /trasformazione, così ben simbolizzato dalla farfalla del 4 Novembre.

Anton Zoran Music, “Catasta di Cadaveri”, disegno su carta.Per gentile concessione “GO ART Udine”

Giuseppe Zigaina, “Omaggio a Picasso” Prova di Stampa, 31x36.

Giuseppe Zigaina,Tecnica mista, 1980

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Attraverso queste acqueforti, che si possono guardare tranquillamente le une vicine alle altre come in una proiezione filmica, si rivela l’encomiabile cifra pittorica di Zigaina, prima e soprattutto segno, quindi colore. Non opere secondarie, ben si noti, rispetto ai disegni o alle tele, bensì appendici degnissime d’una sorta di diario raffigurativo, dove l’artista glossa senza posa e ritegno sulle cose che egli considera le più dolenti, le più scabrose e le più segrete, ergo le più importanti. Piccoli reperti di scorie d’anima adatti a chi ha occhi e coraggio per guardare in faccia -nel bene o nel male - ciò che il mondo è. E la palestra incisoria, propedeutica quanto rivelativa, aiuta non poco l’alle-nato osservatore a districarsi senza troppa fatica tra la produzione prettamente pittorica, tanto concentrata attorno ai noti leit motivs tematici, quanto sviluppata attorno ad una ricerca cromatica che troverà ben poche corrispondenze qualita-tive, seppure in un coevo panorama nazionale di certo non carente di spiccate personalità artistiche. E se alcune opere dei primi ’50 risentiranno d’una certa forzatura coloristica, tendenti ad un didascalismo illustrativo sconfinante con l’ingenuità, e molte opere degli anni ’60 verranno costruite sulla base delle tipiche cromie friulane, sarà solo alla fine dello stesso decennio che l’artista inizierà a dar decorso ad un uso del co-lore di raffinatezza indicibile; si pensi alla serie degli Uccelli nell’Erba, dove Zigaina inizia ad usare fondali all’apparenza neutri, ma in realtà urlanti di una profondità incommensurabile - quella data dal mistero malevichiano del colore come somma di tutti gli altri colori - eppur così composto, immoto, silenzioso… Ed è proprio quella fissità che rende magici quei filamenti d’erba / piumaggio / laguna / mi-stero, e che ancor più saprà impreziosire tutta la serie delle Farfalle, ineguagliate protagoniste della stagione pittoricamente più ispirata di Zigaina.

Giuseppe Zigaina, “Farfalla”, 1974Olio su tela, 80x100. Collezione privata.

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Nel 1975 , con la Nuvola Bianca , l’artista anticiperà i successivi quindici , mera-vigliosi, anni di lavoro, nei quali si dimostrerà capace di poetare pur senza mai dover rinunciare ad alcuna delle spigolature dei propri temi, abissalmente crudeli proprio perché crudelmente abissali, colorati dall’atrocità della vita e del mondo, dall’atemporalità d’un dolore che è sempre attuale e che riesce a rinnovarsi così come nessuna moda saprà mai fare. La pittura di Giuseppe Zigaina ci piace perché ci parla dall’alto. è una pittura sostanzialmente anti retorica, eppure così pregna di messaggi, di sussurri, di ge-miti. E pur essendo una pittura agnostica, trasuda sacralità, odora di Golgota, di sofferenze cristologiche, di martirii mai denunciati ma sempre sentiti. Insomma: è una pittura vera, pulita, mai tradita e mai violentata nella propria essenza, ed è per questo che la si ama. Lucio Fontana giustamente diceva che pure l’opera – in quanto oggetto – è destinata a scomparire, ma quanto rimarrà in eterno è il gesto, quel medesimo gesto che non potrà di certo salvare l’artista in quanto uomo, ma saprà salvarlo in quanto costruttore d’una realtà tanto impalpabile quanto imperitura: il transuma-nar di pasoliniana memoria. Grazie Maestro.

Giuseppe Zigaina, “Verso la laguna e il mondo”Olio su tela, 95x75 cm, 1993

Giuseppe Zigaina, “Farfalla sul vigneto”Olio su tela, 80x100 cm

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Giuseppe Zigaina (Cervignano del Friuli, 2 aprile 1924) è uno dei più importanti e significativi pittori italiani del Novecento.Nel 1934 entra nel collegio di Tolmino e vi rimane fino all’8 settembre 1943. Fon-damentale per lui l’incontro 1946 con Pasolini con cui stabilisce profondi legami sia umani che artistici destinati a sopravvivere alla morte del poeta.Nel 1949 espone a Roma alla Galleria d’Arte Moderna. Nello stesso anno realizza tredici disegni per una raccolta di poesie dell’amico Pier Paolo Pasolini intitolato Dov’è la mia Patria edita dall’Academiuta de Lenga Furlana di Casarsa della Deli-zia, il paese natale della madre del poeta, in Friuli, presso Pordenone.Nel 1953 dirige il lungometraggio 1953: primo maggio a Cervignano, diffuso dalla RAI TV.Nel 1957 Pasolini scrive per l’amico Zigaina il poemetto Quadri friulani contenuto nel volume Le ceneri di Gramsci.Nel 1958 per la casa editrice tedesca Volk und Welt esegue cinquantadue disegni per Pisana oder Bekennntnisse eines Achtzigjahringen, traduzione tedesca delle Confessioni di un ottuagenario di Ippolito Nievo.Nel 1962 Viene invitato a far parte della Società Europea di Cultura e dell’Acca-demia San Luca di Roma.Nel 1968 Collabora al film Teorema di Pier Paolo Pasolini e nel 1971 Pasolini gli affida la parte del frate santo nel Decameron.Dal 1984 inizia un periodo di insegnamento all’Art Institute di San Francisco e presenta ufficialmente alla Berkeley University la sua teoria rivoluzionaria sulla morte/linguaggio di Pasolini.1987, esce il primo libro su Pier Paolo Pasolini, Pasolini e la morte. Mito, alchimia e sematica del “nulla lucente”, Venezia, Marsilio.Per il centro Andaluz del Teatro di Siviglia nel 1992 realizza la supervisione alla regia di Orgia dell’amico Pasolini.1995 La casa editrice Electa gli dedica una monografia in due volumi dedicata alla pittura e all’opra incisoria curata da Marco Goldin. Marsilio editore gli pubblica Hostia. Trilogia della morte di Pier Paolo Pasolini e quattordici racconti autobiogra-fici intitolati Verso la laguna.1999 Marsilio pubblica il pamphlet Pasolini: Un’idea di stile: uno stilo.2000 Esce Temi e treni di Pier Paolo Pasolini. Un giallo puramente intellettuale. Editore La Scaletta.2001 Udine, le edizioni del Tavolo Rosso pubblicano un libro d’arte in cinquanta esemplari Giuseppe Zigaina per Friederike Mayrocker con tre acqueforti per cia-scuno dei tre autori.

Si deve a Zigaina la supervisione alla regia di Orgia per il Centro Andaluz del teatro di Siviglia.Zigaina è stato accolto nella Bayerische Akademie der Schönen Künster di Monaco per il suo lavoro di ricerca su Pier Paolo Pasolini, oltre che per la sua attività di pittore.

Biografia

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Presenta:

giUSEPPEZigainaOpere dal 1950 al 1980

DAL 17 DICEMBRE 2011AL 16 GENNAIO 2012

via Ciotti, 25Gradisca d’Isonzo (GO)

info: [email protected] 338 341 98 96 / 335 476 090

Foto di Maurizio Frullani

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