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La nuova ecologia / OTTOBRE 2011 14 C’ERA UNA VOLTA ZAP Aveva acceso le speranze di molti, non solo in Spagna. Ma le decisioni che ha preso nella seconda legislatura rendono negativo il bilancio sulle politiche del premier socialista. Il giudizio degli ambientalisti primo piano Che la seconda legislatura sa- rebbe stata diversa dalla prima apparve evidente ben prima del- lo scoppio della crisi economica (o meglio, ben prima che il governo riconoscesse che di crisi si trat- tava e non di un rallentamento della crescita). Dopo la rielezio- ne a marzo 2008, uno dei cambi più stridenti nella rosa dei mini- stri fu proprio quello di Cristina Narbona, «la miglior ministra dell’Ambiente che la Spagna abbia avuto fino ad ora» secondo la defi- nizione delle cinque principali ong ecologiste del paese. Con Narbona sparì anche il ministero, che fu accorpato a quello di Agricoltura e Pesca. «Narbona era una mi- nistra impegnata e competente sui temi ambientali. La scelta a opinione è pressocchè unanime e i commenti hanno tutti il tono duro del professore deluso dall’alunno più promettente. Quasi otto anni dopo le speranze accese dalla vittoria dei socialista alle elezioni generali del 2004, José Luis Rodríguez Zapatero, che arrivò al Palacio de La Moncloa avendo l’ambiente fra i punti chiave del suo programa di governo, conclude il suo secondo e ultimo mandato con giudizi che sanno di bocciatura. A pesare è soprattutto il bilancio della seconda legislatura, dove non solo sulle politiche ambientali lo zapaterismo ha fatto più di un passo indietro. L di Mariangela Paone Nel suo primo mandato, Zapatero ha fatto bene soprattutto nel recupero del patrimonio costiero, massacrato dal cemento

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La nuova ecologia / ottobre 201114 ottobre 2011 / La nuova ecologia

C’ERA UNA VOLTA

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Aveva acceso le speranze di molti, non solo in Spagna. Ma le decisioni che ha preso nella seconda legislatura rendono negativo il bilancio sulle politiche del premier socialista. Il giudizio degli ambientalisti

primopiano

Che la seconda legislatura sa-rebbe stata diversa dalla prima apparve evidente ben prima del-lo scoppio della crisi economica (o meglio, ben prima che il governo riconoscesse che di crisi si trat-tava e non di un rallentamento della crescita). Dopo la rielezio-ne a marzo 2008, uno dei cambi più stridenti nella rosa dei mini-stri fu proprio quello di Cristina Narbona, «la miglior ministra dell’Ambiente che la Spagna abbia avuto fino ad ora» secondo la defi-nizione delle cinque principali ong ecologiste del paese. Con Narbona sparì anche il ministero, che fu accorpato a quello di Agricoltura e Pesca. «Narbona era una mi-nistra impegnata e competente sui temi ambientali. La scelta

a opinione è pressocchè unanime e i commenti hanno tutti il tono duro del professore deluso dall’alunno più promettente. Quasi otto anni dopo le speranze accese dalla vittoria dei socialista alle elezioni generali del 2004, José Luis Rodríguez Zapatero, che arrivò al Palacio de La Moncloa avendo l’ambiente fra i punti chiave del suo

programa di governo, conclude il suo secondo e ultimo mandato con giudizi che sanno di bocciatura. A pesare è soprattutto il bilancio della seconda legislatura, dove non solo sulle politiche ambientali lo zapaterismo ha fatto più di un passo indietro.

L di Mariangela Paone

Nel suo primo mandato,

zapatero ha fatto bene soprattutto

nel recupero del patrimonio

costiero, massacrato dal cemento

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Dall’alto, Jesùs Lopez de Uralde, già direttore di Greenpeace e adesso leader del nuovo partito ecologista Equo; Javier Garcìa Breva, presidente della Fundaciòn Renovables, tra le voci più critiche

di Elena Espinosa per sostituir-la nel 2008, con un profilo molto meno improntato all’ambiente e più economico, segnò un punto di flessione importante. Poi con la crisi tutto il discorso ambientale e la pratica sono scesi a un livel-lo molto più basso», commenta Sagrario Herrero, coordinatrice della ong Ecologistas en acción. «Se nella prima legislatura c’era un discorso ambientale, seppure subordinato all’azione di altri ministeri, come quello dell’Eco-nomia o delle Infrastrutture, nel-la seconda sparisce», aggiunge Herrero, che pure riconosce gli sforzi fatti nei primi anni del go-verno Zapatero a favore della sal-vaguardia della biodiversità, del recupero del patrimonio costiero con un’applicazione più rigoro-sa della Ley de costas («fu uno dei motivi di maggiore tensione causati da Narbona», sottolinea). Azioni che con il tempo pesano meno nel bilancio generale rispet-to alle inversioni di marcia degli ultimi quattro anni. Soprattutto sulla politica energetica.

A TARGHE ALTERNE«La politica ambientale è stata totalmente contraddittoria», dice Javier García Breva, presidente de la Fundación Renovables, già

deputato socialista e direttore dell’Istituto per la diversificazio-ne e il risparmio energetico du-rante il primo governo Zapatero. Il giudizio di Breva non potrebbe essere più critico. Per spiegarsi fa due esempi: «Nella conferenza sul clima a Copenaghen, a dicembre 2009, Zapatero disse che era ar-rivata la fine dell’era del petrolio e del carbone e l’inizio dei quella delle rinnovabili. Ma al suo rientro il suo governo approvò nuovi in-centivi per il carbone. A dicembre 2010 Rosa Aguilar (la nuova mini-stra dell’Ambiente dopo il rimpasto di governo dello scorso anno, ndr) durante la conferenza di Cancun manifestó l’appoggio della Spagna nella scelta di portare dal 20 al 30% l’obiettivo per le rinnovabili entro il 2020... nello stesso mese il Parlamento approvò una riduzione dell’obiettivo dal 22,7 che era stato comunicato alla Commissione eu-ropea al 20,8%». Secondo l’ultimo bilancio, presentato dal governo lo scorso marzo, la quota delle rinno-vabili nel mix energetico è stata nel 2010 del 13,2% e per la prima volta la percentuale nella produzione di energía elettrica ha superato tutte le altre fonti (32,3 contro il 32% del gas naturale). Sempre a marzo, e per la prima volta, la Spagna ha superato la Germania per energia

eolica prodotta (non per potenza installata, dove Berlino man-tiene il primato). Ma secondo la Fundación Renovables si tratta di dati positivi solo a metà: perché nel buon risultato delle rinnovabili nel bilancio energetico 2010 pesa mol-to la quota dell’energia idroelet-trica in un anno particolarmente piovoso, perché non ci sono segnali di un’efficace politica di riduzione dei consumi (l’intensità energetica, cioè la quantità di energia consu-mata per unità di Pil, è aumentata del 2,4% nonostante la crisi), per-ché nel frattempo si sono ridotti gli incentivi in un settore importan-te come il fotovoltaico. Per Breva la politica energetica del governo rappresenta in definitiva «un’occa-sione di crescita persa».

ORMAI È TARDI«Quello che è successo è che le grandi imprese elettriche hanno fatto investimenti nel gas ma non li stavano ammortizzando perché il rendimento era minore rispet-to alla crescita delle rinnovabili. E così hanno fatto pressioni af-finché si smettesse di spingere su queste ultime». È questa la spiegazione che dà Jesús Lopez de Uralde, fino al 2010 e per die-ci anni direttore di Greenpeace España, oggi leader di Equo, la formazione politica ecologista che si presenterà per la prima volta alle elezioni generali il prossimo 20 novembre. Secondo i sondaggi, il nuovo partito dovrebbe avere fra i 2 e i 5 deputati in un Parlamento dove i conservatori del Partito popolare otterrebbero la maggio-ranza assoluta. Uno dei timori è che il Pp traduca in azione le sue posizioni pronucleari, nonostante negli ultimi mesi, dopo l’incidente di Fukushima, l’entusiasmo sban-dierato dai più alti rappresentan-ti del partito sia stato mitigato. Proprio il nucleare è l’altro fronte dove a Zapatero si rimproverano più errori: il suo esecutivo è pas-sato da annunciare nel 2004 un calendario per la chiusura pro-grammata delle centrali nucleari

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intendono uscire dalla crisi in cui hanno trascinato il mondo. Certo, le caratteristiche e le motivazioni sono diverse da luogo a luogo, ma c’è un elemento che unisce tutte le piazze, dalla Spagna a Israele, passando per quelle che stanno cambiando il volto del Nord Africa: l’irrompere sulla scena politica di una nuova generazione che non ci sta a farsi privare del proprio futu-ro in nome di un mondo sempre più ingiusto, degradato e inquinato.

Liquidare questi movimenti, che si danno appuntamento per una giornata internazionale di mobilitazione il 15 ottobre, come l’ennesima manifestazione dell’an-tipolitica significa non aver capito nulla, ignorare quale incendio so-ciale sia destinato a produrre il tentativo fallimentare di uscire dalla crisi rilanciando il vecchio modello di crescita come i governi di tutto il mondo, di destra o sini-stra, stanno invece perseguendo. Chiedo: può e deve l’ambientali-smo, segnatamente quello di Le-gambiente, cercare d’intercettare o addirittura promuovere questi movimenti? L’ambientalismo, se vuole dare gambe e protagonismo sociale al suo progetto di trasfor-mazione ecologica della società e dell’economia, non deve partire da questi soggetti? Penso che il pros-simo congresso di Legambiente, se veramente vogliamo far compiere un salto di qualità al nostro radi-camento sociale, debba sforzarsi di dare risposte chiare a questi interrogativi, cercare quindi di in-tercettare gli indignados italiani.

primopianoC’ERA UNA VOLTA zAp

in venti anni ad allungare la vita utile degli impianti esistenti da oltre 40 anni. «Il governo è andato da un discorso contro le nucleari a un altro pronucleare. Un esem-pio è la centrale di Garoña (la più vecchia fa quelle attive in Spagna, ndr), per cui ha fissato la chiusu-ra nel 2013, lasciando sostanzial-mente la palla in mano al Pp». Se chiuderà effettivamente fra due anni, la centrale, aperta nel 1970, avrà comunque superato i 40 anni. «Con il cambio che si è prodotto nel 2008, il governo ha subordinato la politica ambientale agli interessi economici, in un momento in cui la bolla immobiliare era al culmine della sua espansione e le critiche al modello di crescita arrivavano solo dagli ecologisti... Il ministero dell’Ambiente è sparito insieme alla persona che più si era identi-ficata con le politiche verdi», com-menta Uralde con un riferimento a Cristina Narbona. L’ex ministra, che Equo ha cercato di cooptare, fa ora parte della squadra del candi-dato socialista alla elezioni di no-vembre, Alfredo Pérez Rubalcaba. In una prima bozza del program-ma di governo si torna a parlare di “più rinnovabili e meno nucleare”. Ma ormai è troppo tardi. n

di Massimo Serafini*

INDIGNADOssOsTENIBILI

l movimento degli indigna-dos si estendende e conquista strade e piazze di molti paesi, non solo europei. La novità è che sempre più l’indignazione

tende a trasformarsi in aperta ri-bellione a come le classi dominanti

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Dal 2 al 4 dicembre si terrà a Bari il nono Congresso na-zionale di Legambiente. Nelle pagine che seguono pub-blichiamo i primi commenti che abbiamo raccolto dopo la lettura del documento congressuale Capire il futuro per cambiare il presente diffuso insieme allo scorso numero della Nuova Ecologia. A seguire invece un intervento di Massimo Serafini, della segreteria nazionale dell’associa-zione, che introduce un ulteriore argomento di riflessio-ne in vista del dibattito. Per inviare i vostri commenti al documento: [email protected].

Il 15 ottobre la mobilitazione internazionale dei movimenti contro il liberismo. “Una generazione che non ci sta a farsi privare del proprio futuro”

Verso il congresso nazionale di Legambiente

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Molti sostengono, sbagliando, che questo movimento non s’è visto nelle piazze e nelle strade italia-ne. Penso al contrario che anche il nostro paese è stato percorso da un moto di indignazione profonda, non quello di cui i giornali parlano ogni giorno – la rivolta contro la politica, i suoi costi e i suoi privi-legi – ma quello dei 27 milioni di cittadini che si sono ribellati a chi voleva fare dell’acqua una merce o regalarci un futuro d’insicurez-za con il nucleare. Gli indignati italiani sono gran parte di questi 27 milioni di donne e uomini che si sono recati a votare, alla faccia della disinformazione e del boi-cottaggio scatenato dal governo e dalla quasi totalità dei media.

Come intercettare la loro in-dignazione e trasformarla in un progetto politico? È a questo in-terrogativo che Legambiente deve rispondere. Credo che l’esito del congresso dipenderà dalla rispo-sta che sapremo dare a questa do-manda, in altre parole se da esso uscirà una Legambiente credibile e utile al paese perché in grado di mobilitare le energie e le intelli-genze necessarie a portarlo fuori dalla crisi. Sapendo che per essere convincenti non è sufficiente limi-tarci a esporre un programma in cui spieghiamo che fare della can-tieristica o come produrre in modo diverso una diversa automobile. Per intercettare chi si indigna

dello stato di cose presenti e per renderlo protagonista del nostro progetto è necessario saper dare ri-sposte convincenti ad altri quesiti che salgono dalle piazze: la vostra idea di economia sostenibile è com-patibile con la piena occupazione e il pieno utilizzo di tutte le risorse umane di cui il mondo dispone? Come si lavorerà e con quali di-ritti nelle fabbriche, nell’agricol-tura e nei servizi di un’economia trasformata ecologicamente? E questa nuova società continuerà a garantire il diritto alla salu-te, all’istruzione e alla pensione? Ecco le risposte che il congresso di Legambiente deve fornire al movimento degli indignados. Non possiamo limitarci a invocare la sostenibilità ma dimostrare che è in grado di recuperare un rapporto credibile fra occupati, cassainte-grati, disoccupati, giovani precari, che è un progetto capace di rompe-re il circolo vizioso dell’assistenza e di offrire la prospettiva di una diversa qualità della vita.

Insomma, se vogliamo inter-cettare l’indignazione e la voglia di ribellarsi presente nella socie-tà, dobbiamo porre al centro del congresso la questione del lavoro e dei suoi diritti. E verificare come la nostra proposta di società soste-nibile sia in grado di soddisfare questa fondamentale domanda di cittadinanza.* Segreteria nazionale di legambiente

di Andrea Olivero / preSIdente AclI

‘superare l’anomalia e le diverse fratture che dividono il paese è il nostro comune obiettivo associativo: l’Italia merita molto di più’

la prospettiva di umanizzare l’economia e lo sviluppo, in questa nostra Italia che ha bisogno di futuro e di coraggio, come si afferma nel documento congressuale, è certamente il nucleo generatore che più

accomuna le Acli e legambiente nell’attuale momento storico. Superare l’anomalia e le diverse fratture che dividono il paese è, infatti, il nostro comune obiettivo associativo. l’Italia merita molto di più sul piano della coesione nazionale, della salvaguardia ecologica e della legalità.Misurarsi con le grandi questioni globali, diffondere la coscienza civile e la cura dei “beni comuni”, denunciare ogni forma di degrado dell’ambiente e del senso civico è quello che attraversa i nostri vitali mondi associativi più che mai protesi a capire, agire, cambiare il presente nella fedeltà al futuro. l’invito ad essere custodi dell’ambiente è la faccia complementare del nostro impegno ad essere “sentinelle del territorio, costruttori di solidarietà”. Al di là di questa già significativa vicinanza linguistica è possibile sottolineare la nostra reciproca tensione per un paese più civile e dignitoso, più coeso e ospitale, più laico e rispettoso dell’etica pubblica. È appunto tale spinta verso la costruzione di un umanesimo interculturale ed ecologico l’elemento che più condividiamo.Se alla forza dell’ambientalismo si unirà anche la forza di chi opera nell’economia civile e di tutti coloro cui sta a cuore la logica del dono e la cultura del volontariato, allora possiamo sperare davvero di vincere le sfide del mondo moderno, e di vincerle insieme.

di Paolo Beni / preSIdente ArcI

‘L’associazionismo ambientalista può svolgere un ruolo prezioso come motore di mobilitazione sociale, nuova consapevolezza, protagonismo civile’

Il documento di legambiente mette a fuoco con efficacia il carattere complesso della crisi globale che stiamo attraversando: economica e finanziaria, ma anche ecologica, energetica, sociale, culturale,

democratica. È ormai evidente l’insostenibilità del modello di sviluppo dissennato imposto dall’ideologia liberista, fondato sul mito della crescita e sulla dissipazione delle risorse naturali. bisogna prendere atto che crisi economica

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e ambientale sono tutt’uno, che per garantire un futuro al pianeta e all’umanità servono una più equa ripartizione delle risorse, un’economia compatibile coi limiti biologici del pianeta, un cambiamento dei modelli di consumo e dell’apparato produttivo che li sostiene. cambiare rotta verso un nuovo modello di sviluppo che colga la sfida della riconversione ecologica dell’economia e anteponga la sostenibilità sociale alla crescita.È possibile un altro modo di vivere, lavorare, consumare, gestire le relazioni sociali e lo spazio pubblico in un orizzonte di giustizia e sostenibilità. rimettere al centro del sistema economico e sociale i diritti umani e i beni comuni, la cultura e la conoscenza, la partecipazione democratica. È una grande sfida che ci chiama a nuove responsabilità nell’ambito delle scelte individuali e dell’azione collettiva, delle pratiche sociali e delle scelte politiche, e richiede lo sforzo comune di tanti e diversi attori sociali. l’associazionismo ambientalista può svolgere un ruolo prezioso come motore di mobilitazione sociale, nuova consapevolezza e protagonismo civile.

di Michele Mangano / preSIdente AUSer

‘serve un’attenzione particolare verso gli anziani, che possono diventare veri e propri diffusori di buone pratiche, di cultura solidale e sostenibile’

l’impegno per uno sviluppo solidale e sostenibile, per una società più sana e giusta, chiama in causa tutti. e l’apporto del terzo settore su un tema così importante è determinante, così come le

azioni di ciascuno di noi. Anche gli anziani possono fare molto e l’Auser ha deciso di impegnarsi a fondo su questo fronte. puntare su stili di vita più sostenibili, diffondere informazione e consapevolezza, promuovere progetti che coniugano solidarietà a vivibilità e ambiente: questa è la strada su cui Auser intende muoversi. con un’attenzione particolare ai bisogni delle fasce più deboli e degli anziani, che possono diventare veri e propri “diffusori” di buone pratiche e di cultura solidale e sostenibile. Un’informazione chiara e precisa e una comunicazione diretta sono molto importanti per intercettare i cittadini più anziani, ma punteremo anche sulle relazioni fra generazioni ed etnie diverse, sull’educazione alimentare e la lotta agli sprechi, sul turismo sostenibile, la tutela e la promozione dei beni comuni. per raggiungere questi obiettivi abbiamo messo in campo la mobilitazione e l’impegno della nostra rete, fatta di centinaia di circoli culturali e università popolari della terza età. I temi legati all’ambiente entreranno nei programmi formativi e culturali di educazione permanente, anche grazie ai tre protocolli di collaborazione siglati con legambiente, Slow food e Associazione nazionale cooperative di

consumatori. In particolare l’accordo con legambiente nasce proprio dall’esigenza di far confluire in un unico progetto d’azione tematiche di interesse comune, con l’obiettivo di avvicinare generazioni distanti tra loro e creare una nuova, costruttiva rete di relazioni.

di Ilaria Borletti Buitoni / preSIdente FAI

‘Bisogna proteggere il territorio, valorizzandone la vocazione in nome di uno sviluppo non sottomesso alla sola regola dell’immediato guadagno’

Il tema del IX congresso nazionale di legambiente propone una riflessione stimolante e necessaria più che mai dopo i recenti scossoni al modello di sviluppo diffuso in europa: quali sono gli obiettivi,

quali i temi, quali dovrebbero essere le priorità per una classe dirigente lungimirante quando si parla di futuro? certamente l’ambiente è la nuova grande priorità e rapidamente i temi ambientali sono diventati centrali nel dibattito che parla di sviluppo, occupazione ed economia.Ambiente è agricoltura, ambiente è energia, ambiente è sostenibilità, ambiente è paesaggio. credere in una saggia politica ambientale significa proteggere il territorio, valorizzandone la vocazione in nome di

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uno sviluppo equilibrato e non sottomesso alla sola regola dell’immediato guadagno ma piuttosto contando sull’importanza di quel patrimonio collettivo che soprattutto nei momenti difficili diventa la vera e sola risorsa per crescere. Il territorio italiano per sua natura contiene tutti quegli elementi di eccezionalità e varietà che lo rendono forse unico al mondo. non solo agricoltura ma arte, natura, paesaggio. Una bellezza diffusa su tutto il territorio che una scellerata politica ha costantemente umiliato, che avrebbe potuto essere uno strepitoso motore di crescita, occupazione e anche legalità soprattutto in quelle regioni nelle quali lo Stato stenta ad affermare la propria autorità.Se i numeri possono a un superficiale esame spaventare – 400 musei pubblici contro i 15 della gran bretagna, un incalcolabile numero di chiese, borghi e palazzi che non trova paragone al mondo – un minimo di lungimiranza e di cultura avrebbero potuto suggerire che non solo di oneri si sta parlando, ma di vere e proprie risorse a disposizione di un paese che non ha miniere, non ha petrolio e ormai nemmeno industrie manifatturiere di dimensioni tali da competere in un mercato globale.paradossalmente possiamo dire che la nostra ricchezza è soffocata nella miseria del pensiero di chi ci ha fin qui governato. non solo perché abbiamo meno turisti della germania e della Francia, ma anche perché non abbiamo capito che arte, cultura e bellezza sono espressioni identitarie che se riconosciute portano a una crescita anche civile del nostro paese.

di Giuseppe Onufrio / dIrettore greenpeAce

‘L’ambientalismo deve andare oltre il proprio ruolo, cercare nuove alleanze, superare le resistenze di ancora guarda al passato ’

la parola chiave più rilevante nel documento congressuale di legambiente è, giustamente, “futuro”. Siamo certamente in un momento storico molto particolare, sia a livello internazionale che in Italia. È come

se un vecchio mondo fosse già morto mentre il nuovo stenta a venir fuori. In questo particolare frangente la visione dell’ambientalismo moderno, a partire dalla rivoluzione energetica, può dare un contributo rilevante. l’evento di Fukushima ha colpito una parte rilevante delle pubbliche opinioni europee e ha spostato verso una strategia energetica basata in modo sostanziale sulle rinnovabili germania, Svizzera e Austria. Questa svolta, se confermata, potrebbe rappresentare davvero l’inizio di un cambiamento più profondo. e proprio per questo oggi è più che mai necessario rafforzare un progetto europeo deciso a mantenere la leadership sulle politiche ambientali: un fallimento dell’europa avrebbe conseguenze molto pesanti anche per la speranza di un’economia più verde e per contenere i danni dei cambiamenti climatici. la difficoltà nello specifico italiano è la bassa consapevolezza delle nostre élite – politiche, economiche, culturali – che non sono all’altezza delle sfide e non trasmettono nessuna visione di un futuro possibile. Fortunatamente la realtà nel paese è migliore dell’espressione della sua classe dirigente. In questo senso l’ambientalismo ha oggi grandi responsabilità: andare oltre il proprio ruolo, rafforzare vecchie alleanze, crearne di nuove, sviluppare i linguaggi per superare le resistenze di quella parte d’Italia che ancora guarda al passato.

I sogni di Anna✱

È scomparsa lo scorso 24 giugno, all’età di 81 anni, Anna Vantaggi Ciullini: la fondatrice del

Circolo Legambiente di Bormio. Biologa, docente attenta e aggiornata, da circa un ventennio aveva dedicato all’Alta Valtellina il suo impegno civile e scientifico per valorizzare le risorse naturali, umane e culturali di questo territorio. La Nuova Ecologia dell’aprile 2010 aveva pubblicato un suo articolo nel quale raccontava l’occasione dalla quale aveva preso origine, nel 1993, il Circolo: un’allegra biciclettata in città per dimostrare il modo migliore per muoversi senz’auto, non inquinare e fare contemporaneamente esercizio fisico. Ci piace ricordarla attraverso le parole di Elisabetta Ferro, già sindaco di Bormio: «Ha gridato il bene e il male di questa valle con l’amore e l’equidistanza che coesistono in coloro che scelgono Bormio non essendovi nati. Ci mancherà la visione del traguardo che deve ignorare le piccole e basse meschinità umane. Anna, questa famiglia di sognatori cercherà di non deluderti».

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Un momento della “Marcia per il clima” organizzata da associazioni, amministrazioni locali e sindacati il 7 giugno del 2008 a Milano.Nella pagina precedente i festeggiamenti per la vittoria dei referendum del 12 giugno