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Forse è colpa della mia scarsa capacità di osservazione, no- tevolmente distratta anche dalla pri- mavera e dai primi alberi in fiore, ma quando per la prima volta ho letto il cartello “Chiusura del punto ven- dita”, affisso sulla vetrina del Block- buster davanti al Parini, ho scoperto che in molti lo sapevano già da tempo. Mi ha invaso allora una grande malinconia. Sono entrata nel negozio e ho chiesto al signore grassoccio dal- l’aria simpatica, che qualche mese prima avevo scoperto essere un grande intenditore di film oltre che un ottimo conversatore, se fosse pro- prio vero che tutti i Blockbuster stes- sero chiudendo: la sua risposta, inevitabilmente positiva ma pronun- ciata con una vena di tristezza, mi ha fatto sentire più vicina a lui. Da quando un giorno mi aveva consigliato un film (non mi ri- cordo più nemmeno quale), mi ero fermata svariate volte a chiacchierare un po’ con quel signore simpatico di film, di attualità, dei clienti che non restituiscono più i DVD – come me d’altronde e credo di aver speso più per pagare le multe dei film riportati dopo mesi, che per tutti quelli che ho noleggiato o comprato. Io, invece, non posso nean- che lontanamente definirmi una co- noscitrice dell’arte cinematografica (e non si tratta di modestia, pur- troppo), ma posso affermare di averla sempre considerata un’arte non meno nobile della letteratura o della musica e di conseguenza quel- l’insegna visibile a un chilometro di distanza, quel posto tutto blu e giallo è stato per me un luogo di confronto, di scoperta, di cul- tura, o forse più l’equivalente di una piccola libre- ria che vende in maggioranza ro- manzetti e saggi di scarsa qualità, ma in cui puoi sempre trovare una copia di Delitto e ca- stigo. Sono una nostalgica, che ci posso fare? Quando ho saputo che avevano fatto chiudere Megavideo e Megaupload ero indignata, ma quando ho visto quegli scaffali quasi vuoti e i cartelli in bianco e nero con la scritta: “Sconto del 60% su tutto” ho iniziato a sostenere fervidamente di essere contro la pirateria su internet. Ripen- sandoci un momento di più, ricor- dando la quantità di volte che ho visto un film su Megavideo e guar- dando sul mio computer la lista di quei cinque film che anch’io ho sca- ricato, sono stata costretta a contrad- dirmi; potrei (e forse dovrei, da brava “giornalista”) aprire adesso un’infi- nita discussione sulla pirateria, ma non è questo il mio intento. Riporte- rei più volentieri il discorso sul ci- nema e su due film dell’ultimo 1 IL MENSILE DEGLI STUDENTI DEL PARINI Un libero spazio di espressione LÊunico autentico bar pariniano al 100% ENJOY NANDOÊS BAR! Numero 6 - Anno VI Giornalismo indipendente al Parini dal 2006 Marzo MMXII Blockbuster e malinconia di Josephine Ebner Visto che robba 2 Incidenti Stradali 4 Un tipico venerdì oxfordiano 5 La fabbrica di Milano 6 World in a word 8 Intervista a Fosco Gasperi 10 Questione di prospettiva 11 Foglio di Poesia 12 Maschere 14 Zabaenigmistica 15 Lelebuonerba photography 16 Zabaoroscopo 18 Indice WE WANT YOU! Ti piace scrivere o vorresti disegnare vi- gnette? Sei interessato a partecipare al gior- nalino della scuola in qualsiasi altro modo? Hai qualche proposta? Ti aspettiamo ogni mercoledì alle 14 nell’aula studenti (ma se non sapete dove sia vi recuperiamo da- vanti a scuola, tranquilli) o sul nostro forum zabaione.forumcommunity.net!

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LÊunico autentico bar pariniano al 100% Un libero spazio di espressione Numero 6 - Anno VI Giornalismo indipendente al Parini dal 2006 Marzo MMXII nema e su due film dell’ultimo Sono una nostalgica, che ci posso fare? di Josephine Ebner 1

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Forse è colpa della miascarsa capacità di osservazione, no-tevolmente distratta anche dalla pri-mavera e dai primi alberi in fiore, maquando per la prima volta ho letto ilcartello “Chiusura del punto ven-dita”, affisso sulla vetrina del Block-buster davanti al Parini, ho scopertoche in molti lo sapevano già datempo. Mi ha invaso allora unagrande malinconia.

Sono entrata nel negozio eho chiesto al signore grassoccio dal-l’aria simpatica, che qualche meseprima avevo scoperto essere ungrande intenditore di film oltre cheun ottimo conversatore, se fosse pro-prio vero che tutti i Blockbuster stes-sero chiudendo: la sua risposta,inevitabilmente positiva ma pronun-ciata con una vena di tristezza, mi hafatto sentire più vicina a lui.

Da quando un giorno miaveva consigliato un film (non mi ri-cordo più nemmeno quale), mi erofermata svariate volte a chiacchierareun po’ con quel signore simpatico difilm, di attualità, dei clienti che nonrestituiscono più i DVD – come med’altronde e credo di aver speso piùper pagare le multe dei film riportatidopo mesi, che per tutti quelli che honoleggiato o comprato.

Io, invece, non posso nean-che lontanamente definirmi una co-noscitrice dell’arte cinematografica(e non si tratta di modestia, pur-troppo), ma posso affermare diaverla sempre considerata un’artenon meno nobile della letteratura odella musica e di conseguenza quel-l’insegna visibile a un chilometro didistanza, quel posto tutto blu e gialloè stato per me un luogo di confronto,

di scoperta, di cul-tura, o forse piùl’equivalente diuna piccola libre-ria che vende inmaggioranza ro-manzetti e saggi discarsa qualità, main cui puoi sempretrovare una copiadi Delitto e ca-stigo.

Sono unanostalgica, che ciposso fare?

Quando ho saputo che avevano fattochiudere Megavideo e Megauploadero indignata, ma quando ho vistoquegli scaffali quasi vuoti e i cartelliin bianco e nero con la scritta:“Sconto del 60% su tutto” ho iniziatoa sostenere fervidamente di esserecontro la pirateria su internet. Ripen-sandoci un momento di più, ricor-dando la quantità di volte che hovisto un film su Megavideo e guar-dando sul mio computer la lista diquei cinque film che anch’io ho sca-ricato, sono stata costretta a contrad-dirmi; potrei (e forse dovrei, da brava“giornalista”) aprire adesso un’infi-nita discussione sulla pirateria, manon è questo il mio intento. Riporte-rei più volentieri il discorso sul ci-nema e su due film dell’ultimo �

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I L MENS I L E DEGL I

STUDENT I DEL PAR IN I

Un l i be r o spaz i o d i

e sp re s s i one

LÊunico autenticobar pariniano al 100%

ENJOYNANDOÊS BAR!

Numero 6 - Anno VI Giornalismo indipendente al Parini dal 2006 Marzo MMXII

Blockbuster e malinconiadi Josephine Ebner

Visto che robba 2Incidenti Stradali 4

Un tipico venerdì oxfordiano 5

La fabbrica di Milano 6World in a word 8Intervista a Fosco Gasperi 10Questione di prospettiva 11Foglio di Poesia 12Maschere 14Zabaenigmistica 15Lelebuonerba photography 16Zabaoroscopo 18

Indice

WE WANTYOU!

Ti piace scrivere o vorresti disegnare vi-gnette? Sei interessato a partecipare al gior-nalino della scuola in qualsiasi altro modo?Hai qualche proposta? Ti aspettiamo ogni

mercoledì alle 14 nell’aula studenti (mase non sapete dove sia vi recuperiamo da-

vanti a scuola, tranquilli) o sul nostro forumzabaione.forumcommunity.net!

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VISTO CHE ROBBA?(Minchia, zio, tutte le news più hot della skuola!!)

a cura di Francesca Angeleri, Elisabetta Stringhi,Stefano Trentani

MARZO AL PARINI TRA GITE MANCATE E CONTRACCETTIVI A GOGO’

Ora che abbiamo attirato la Vs. gentile attenzione con un’abilissima manovra dema-gogica, possiamo finalmente introdurVi all’amena lettura delle riflessioni nostalgichee dei sogni di gloria di un quartino accompagnati dal libero sfogo di due ginnasiali cheucciderebbero pur di fare le valigie e lasciare a casa i paradigmi greci.

Carissimi amici Pariniani,mi prendo l'onere di informarviche la crisi ha colpito ancora: è congrande rammarico che vi ricordoche il nostro carissimo vicino, ilBlockbuster di Via S. Marco, chiu-derà i battenti verso la fine delmese (o poco dopo).

Con lui se ne andrannoanche tutti gli altri Blockbuster inItalia, che ci lasceranno qui soli apregare per la riapertura di Mega-video.

Ci ricorderemo di lui perquel poco di colore che dava allavia, per l'allegria che metteva al-l'uscita da scuola, per il personaleeducato e cortese.

Certo aveva dei difetti, inparticolare, in alcuni casi, deiprezzi da furt...non particolar-mente modici, ma sono inezie dicui ci si può dimenticare facilmentedi fronte ai “sogni” che lì si pote-vano trovare e noleggiare.

Di quello che ci aspetta dopola sua scomparsa, si sa solo che

� anno che da due prospettive di-verse affrontano la nostra medesimaquestione: si tratta di Midnight inParis e di The Artist.

Riguardo a quest’ultimo nonso quanti di voi abbiano letto l’arti-colo uscito sul Corriere della Sera, Lasinistra è come mia zia di FrancescoPiccolo, in cui lo scrittore sottolineacome il “ceto medio riflessivo di sini-stra” dovrebbe stare dalla parte del-l’avvento del sonoro, approvare esostenere i cambiamenti, vivere nelpresente e apprezzarlo, mentre mo-stra sempre più spesso il suo latoconservatore.

Allo stesso modo nel nuovofilm di Woody Allen le cinepresesono puntate sul ritorno al passato,sull’incapacità dell’uomo moderno diaccettare la propria vita e la propriasocietà, e sulla sua inconfutabile ten-

denza a rimpiangere tutto ciò chepuò essere rimpianto.

La nostalgia dei film muti,degli anni Venti a Parigi, dei vecchilibri, della Zanzara, dei negozi chestanno chiudendo (come il calzolaiovicino a casa mia), delle drogherie edel loro odore penetrate assaletroppo spesso molti di noi (e ancheme), ma che cosa ci spinge a rim-piangere i dischi in vinile, quandoora possiamo avere una qualità delsuono nettamente migliore? Non do-vremmo piuttosto cercare di vivere ilpresente, di trovare soluzioni nuovea problemi vecchi, di rendere questomondo un po’ migliore?

Prima che il Blockbusterchiuda definitivamente andrò dinuovo a trovare il signore simpaticoe mi farò consigliare qualche cine-teca ben fornita, magari scopriròqualcosa di nuovo.

Nel frattempo, però, ho foto-grafato l’ultima scritta gialla e bluche sono riuscita a trovare. �

Blockbuster e malinconia (continuazione)

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probabilmente verrà sostituito da unnegozio appartenente ad una catenadi articoli parafarmaceutici. Nontrovo assolutamente nulla per cui so-gnare in una parafarmacia, senon-chè, ho pensato, che vi si potrannocomprare metodi contraccettivi diogni tipo! Ed eccoci arrivati al dun-que: l'arrivo di detto negozio rende-rebbe inutile l'installazione deisimpatici distributori di profilatticiche il nostro beneamato CollettivoRebelde ha deciso di posizionarenella scuola. Cosa ce ne faremmo?Abbiamo il negozio di fronte! Po-tremmo anche fare un accordo con inuovi vicini per cercare di rispar-miare qualche cosa! (A meno che nonsi decida che i distributori vendanola merce a un prezzo veramente con-correnziale!)

Altrettanto concorrenzialeprobabilmente non è il prezzo da pa-gare per portare in gita le barbaricheclassi ginnasiali, piene zeppe di aspi-ranti vandali e di irresponsabili inca-paci di badare a sé stessi.

Ci rammarichiamo ognigiorno nel constatare la profonda di-

scriminazione di cui siamo vittimedal momento che non ci sentiamo af-fatto più pericolosi o più propensi acreare problemi dei nostri colleghi li-ceali, perché alla fine, eddai, siamobrave persone anche noi. Insomma,vogliamo paragonare un imberbequartino uscito l’altro ieri dalle ele-mentari con un titanico liceale diciot-tenne che se gli gira può anchedecidere di tirare giù il Partenonecon una spallata? Dai su.

Quindi, tolte le comprensi-bili (ma altrettanto gestibili) compli-cazioni di natura economica, cosaporta i professori ad essere tanto in-differenti alla causa? La nostra pre-sunta indifferenza (della serie “noooreggà, cioè, che sbatti, caaaaa….volomene di tutto ‘sto vekkiume?” e innu-merevoli altre esclamazioni che po-trebbero facilmente turbare la psicheanche del mentore più ben disposto).

Ma in fondo hanno ragione.A noi cosa può importare di vederecon i nostri occhi e non solo in foto letestimonianze più significative delleciviltà di cui stiamo apprendendo lalingua e la storia e che forse, oltre adessere alla base della nostra culturaodierna, costituiscono anche parte

delle ragioni che ci hanno spinto aiscriverci a questa scuola? Noi siamoancora al biennio, mica al triennio.Con questo non vogliamo certo man-care di rispetto ai nostri compagni li-ceali (o, peggio, attirarci le ire delsuddetto distruttore del Partenone),anche perché è assurdo dover aspet-tare quattro o cinque anni per poterfinalmente sfruttare ciò che si è ap-preso in classe e usufruire delle spie-gazioni dei propri professori(sicuramente più esaurienti di quelledi qualunque guida turistica), chepossono fungere da completamentodel programma svolto.

In conclusione, non ci sem-bra di chiedere la luna, perché nonabbiamo certo l’ambizione di trascor-rere intere settimane in paradisiachelocalità esotiche (anche se non ci di-spiacerebbe): vorremmo semplice-mente godere delle mete culturali delBel Paese, dalla Roma eterna alla se-renissima Venezia, dai templi sici-liani alle rovine di Pompei, ci va benetutto. Possibilmente affrettiamoci,perché la già sperimentata efficienzadel nostro ministero dei beni cultu-rali e i probabili tagli in vista della re-cessione economica potrebberoleggermente complicare le cose.

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INCIDENTI STRADALIdi Lorenzo Ghilardi

Cari Pariniani, questo meseavrei intenzione di scriverea proposito di un argo-

mento più serio rispetto ai miei pre-cedenti: gli incidenti stradali. Questi“avvenimenti”, se così vogliamo defi-nirli, sono ormai così frequenti chenon ci si fa neanche più caso. Giustoqualche giorno fa, in Svizzera, unpulmino con a bordo circa 45 bam-bini belgi (di età non superiore ai 12anni) di ritorno da una gita scolasticaha sbandato in un tunnel vicino aSierre, nel cantone Vallese. Vittimedi questo incidente sono 22 bambinie 6 adulti, compresi i due conducenti;i restanti 24 bambini hanno riportatodelle ferite e sono stati ricoverati in 4diversi ospedali vicini al luogo del-l’incidente. Non è ben chiaro comesia accaduto, ma alcuni giornali belgiaffermano che sia dovuto ad un colpodi sonno del conducente e all’ecces-siva velocità del veicolo.

Purtroppo questo incidente,seppur tragico, è comunque uno fratanti. Infatti secondo una stima anti-cipata della Istat, nel 2010 in Italia sene sono verificati 207˙000 con le-sioni a persone, che hanno causato la

morte di 3˙998 persone. Questi sonocertamente dati sconvolgenti se sipensa anche ad una media di 567 in-cidenti giornalieri. Sempre secondo idati Istat, il 71% degli incidenti stra-dali è dovuto all’ebbrezza da alcol edil più alto indice di mortalità si veri-fica durante i mesi festivi, nel finesettimana o attorno alle 5 del mat-tino. Difatti se ci fate caso, moltospesso gli incidenti avvengono intarda notte, quando le personeescono dai pub e dalle discoteche“stra-impasticcate” o “stra-fatte”,piuttosto che ubriache fradice.

I grafici nell’immagine illu-strano le classi di età maggiormentecoinvolte in incidenti stradali e il“ruolo” delle persone infortunate,nell’anno 2007.

Come si può ben notare, lafascia di età più coinvolta è quella delcosiddetto “popolo della notte”, ov-vero i ragazzi tra i 18 ed i 30’anni chesono soliti rimanere nei pub e nellediscoteche fino a tarda notte. Tutta-via, nel 2010, è stata approvata unalegge secondo la quale i locali pub-blici che rimangono aperti oltre lamezzanotte devono dotarsi di un eti-

lometro elettronico. Inoltre, il tassoalcol-emico per i minori di 21 annideve essere pari a zero, ed anche iguidatori professionali ed i condu-centi di camion o tir hanno il divietodi fare uso di alcol.

Ma io sto parlando dell’Ita-lia. Prendiamo un paese a caso, adesempio l’Inghilterra. Qui, le personeche si recano nei pub dopo cena nonguidano la macchina per tornare acasa: o vanno a piedi o usufruisconodei mezzi pubblici; chiedetelo pure aStefano Ghezzi! E il bello è che gli in-glesi non hanno bisogno di leggi, malo fanno per salvaguardare la propriavita e quella degli altri! Ovviamenteil mio è un discorso molto generaliz-zato: ognuno ha le sue “macchienere”, no?

O Pariniani, ascoltate questomio ultimo appello: non sarebbe me-glio rinunciare a qualche tiro o al-l'abituale bevuta con gli amici eottenere in cambio più tempo da vi-vere? Rifletteteci, fatevi un esame dicoscienza ma soprattutto smetteteladi “appestare” i corridoi con quelladannata puzza di fumo! Senza ran-core eh ;-)

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UN TIPICO VENERDI’ OXFORDIANO

A typical Oxfordian Fridaydi Stefano Ghezzi

Cari Pariniani,

Quest’anno il Vostro repor-ter neo-ghibellino, che vi aveva in-trattenuto in passato con articoli,prima, sulla storia asburgica, poi,riguardanti il declino calcistico del-l’Italia, si trova a studiare nell’ac-corsata cittadina di Oxford, cheinsieme a Cambridge (“OX-BRIDGE”) rappresenta il fiore al-l’occhiello del sistema universitariodi Sua Maestà Britannica. Allora, te-diandovi il giusto, vorrei potervi de-scrivere quello che si vive in untipico venerdì oxfordiano.

La sveglia è alle otto di mat-tina, un’ora più tardi rispetto all’Ita-lia: nonostante questo – ne sonotestimoni le nostre facce spettrali -,il risveglio è sempre una doccia ge-lata, anche perché il quinto e ultimogiorno della settimana lavorativa èanche quello con più ore di lezione.Dopo una frugale colazione, a basedi corn flakes (per i più coraggiosic’è sempre a disposizione del buonporridge), già inverso per aver rice-vuto vari “Good morning, Stefàno”(non c’è niente da fare, Stefàno ècome “panini” e “salami” per il sin-golare, etc.), la prima ora, Econo-mia, inizia con una secondacolazione Jaffa Cakes-oriented, gen-tilmente offerte dal professor Vla-chonikolis, fino a un anno fa soldatobritannico in Afghanistan.

I settanta minuti di lezionetrascorrono rapidamente e piace-volmente, è già ora di avviarmiverso l’aula di Latino, dove miaspetta il teacher David, con il solitotest sui vocaboli. Infine, per conclu-dere in leggerezza la mattinata, Sto-ria tedesca, più precisamente

Nazismo. Prima dell’inizio della le-zione, però, c’è sempre tempo perascoltare qualche commento inco-raggiante e sarcastico sulla politicadel Bel Paese (absit Galbani verbis),specialmente su Super Mario: no,che avete capito, mica Balotelli, quis’intende il Professore in Loden, valea dire l’attuale Primo MinistroMonti.

Dopo pranzo e un breve ri-poso, è tempo di Matematica, mate-ria che mi rammenta ogni voltal’enorme distanza tra lei e me in ter-mini di affinità elettive. Finalmente,alle 17.00, dopo un’ultima lezione, ilcorso di preparazione agli IELTS(International English LanguageTesting System), durante il quale,l’attenzione cala a picco. Al termineposso ufficialmente inaugurare ilfine settimana. Perciò, mi coordinosubito con i miei due “compagni dimerende”, Robert, residente sul-l’isola di Mauritius e Vladimir, citta-dino di Cattaro, Montenegro,appassionati della cucina italiana,per uscire a cena. La scelta cadenormalmente (ah, core d'emi-grante...) per i tavoli del fondamen-tale “Luna Caprese”, la trattoria delSignor Benito (un campano Doc chequi si trasferì nei primi anni 50).

Alle 21.00, con la panzapiena ciascuno del proprio dolcepreferito (da non perdere home-made tiramisù e cassata), ci av-viamo verso il centro città. Unavolta arrivati nel mezzo del casino,una tappa obbligata è il pub “TheKing’s Arms” il mio punto di ritrovocon gli italiani degli altri college: adifferenza della nostra Brera - cheda qui mi sembra ancora più bella, -i pub inglesi sono sempre frequen-

tati da strani personaggi; l’altrasera, per esempio, un energumenocon un sombrero in testa, se ne an-dava in giro a spaccare bicchieri conin mano un enorme martello dilegno. Ancora un commento sull’as-soluta atermicità dei locals: lo stessovestiario, composto di t-shirt, felpacappucciata e scarpe da vela, si vedeaddosso alle persone 365 giornil’anno, indipendentemente dal fattoche a settembre ci siano venticinquegradi, mentre a gennaio ce ne sianotrenta di meno.

Per finire, annoto questa“barbarità”: il sabato sera, entro le23.30, il regolamento interno allascuola m’impone forse la restrizionepiù pesante e difficile da accettare:essere in branda o, quantomeno,chiuso in camera. Così, per riani-marmi, spesso cedo alla tentazionedi vedere qualche vecchio cinepanet-tone targato fratelli Vanzina. Perciò,Pariniani, in alto i cuori: anchesenza il greco, oltremanica, c’è sem-pre chi soffre più di voi!

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La fabbrica di MilanoReportage di una cittàin movimento di Giacomo Paci

C'è tanto da dire sul cir-cuito che vi sto per raccontare. Pae-saggi, volti, diverse storie di vitaquotidiana. Milano è una città riser-vata, ma appena con curiosità ti ac-cingi ad esplorarla, ti si rivela in tuttii suoi aspetti. E' questo che mi haspinto, di domenica mattina, a com-piere il tragitto che va da Via Padovaal Naviglio Martesana, e che finiscenell'area dei palazzoni regionali diVia Melchiorre Gioia.

Via Padova comincia inPiazzale Loreto. Se ci si arriva dopoaver percorso Corso Buenos Aires,subito ci si ritrova spaesati. I negozie i grandi magazzini sono scomparsi,per far posto a ristoranti, locali, ne-gozi stranieri, e si capisce di esserearrivati nella zona con la più alta con-centrazione etnica di Milano. Anche

la domenica mattina c'è un gran mo-vimento di persone. Arabi che ten-gono aperti i propri kebab, cinesi chevanno in giro con il carrellino dellaspesa, gruppi di persone che stannofuori dai negozi a scherzare, e vecchicol bastone che passeggiano chiac-

In una città ci si può imbattere in indizi architettonici, realtà di vita quotidiana e cantieri in costruzione chesono, rispettivamente, testimonianze della città che era, della città che attualmente è, e di quella che sarà. Ilfine quindi di questa rubrica è di raccontare Milano, descrivendola nella sua continua crescita, nella sua in-cessante mutazione e nel susseguirsi di epoche ed avvenimenti storici, ma anche di volti e di persone, che ren-dono viva la città in cui abitiamo.

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cherando. Per molti infatti non ègiorno di festa, anzi, è una normalegiornata lavorativa.

La via è lunghissima, edil paesaggio abbastanza uniforme.Nelle sue diversità. Infatti racchiudecase vecchie o popolari, dove convi-vono immigrati ed italiani, ma anchemonumenti che ricordano la storiadella città e dell'Italia, come quello aicaduti di Crescenzago nelle guerredal 1821 al 1945. Verso la fine ci siimbatte nel Naviglio della Marte-sana, che con un incredibile percorsoti riconduce al centro della città.

Dal prima sbocco di ViaPadova sul Naviglio parte una viapedonale e ciclabile. E' percorrendoquesta che si viene a contatto dei piùincredibili volti della zona. Gruppi diciclisti, vecchi/e che danno da man-giare alle papere nel naviglio, per-sone che passeggiano, che leggonosulle panchine, bambini che giocanonei numerosi spazi verdi, animano lasponda che percorri. Ma osservandosolo questi non si ha una visionecompleta della zona. Spostando losguardo sull'altra sponda infatti sinota un paesaggio completamentediverso. Si nota una vita a volte piùdifficile, trascorsa in una piccola ten-dopoli fatta di roulotte, ma ancheuna vita più tranquilla, quella deglianziani che coltivano il proprio orti-

cello sulla riva del Naviglio. Edinfine la vita delle case popolari,che almeno una volta possono go-dere di dintorni verdi.

Proprio quando il per-corso lungo il Naviglio sem-bra non finire più, ci ritrovacatapultati sulla strada, in viaMelchiorre Gioia. La pista cicla-bile continua per un pezzo, e siinterrompe all'incrocio con Viadella Liberazione. Allora ti fermi,ti guardi in giro, e dovunque tugiri la testa non vedi altro che pa-lazzoni, cantieri, cemento. Chebella la modernità, altro che na-vigli e parchi.

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World in a wordEccomi qui, con un altro articolo della mia rubrica che vi avrà già annoiato, o forse no, perché nemmeno la voltascorsa l’avete seguita! Beh, giusto a scopo informativo per chi non lo sapesse ancora, in queste due pagine scelgouna particolare parola e la sviscero nelle sue più svariate sfumature di si-gnificato (probabilmente qualcuno starà pensando, senza neanche averetutti i torti, che non ho proprio niente di meglio da fare).La parola di questo mese è stata piuttosto meditata, rimuginata ed odiata,forse perché sempre attuale, forse perché oggi più che mai c’è un estremobisogno di liberarsene, forse perché ho la vaga pretesa di svegliare le per-sone cadute in un profondo sonno qual è questo male di cui vi parlerò nelleprossime righe che caratterizza noi e la nostra società.Comunque, bando alle ciance, e auguro una buona lettura ai miei venticin-que lettori Pariniani, sperando come sempre di non tediarli!

Indifferenza. Leggendo que-sta parola, che cosa vi viene inmente? Rifletteteci, per qualche se-condo. Ognuno di noi ha la sua im-magine, la sua personalissimaimmagine di questo stato di apatia edisinteresse nei confronti del mondo,delle persone, che è a mio pareredavvero un grave morbo dal velocecontagio che sta corrodendo la nostraepoca. E purtroppo, se un’epoca èvissuta da una società di indifferenti,essa volgerà presto al declino, e la so-cietà sarà inesorabilmente destinataa perire. Non vogliatemene per que-sti pensieri sul genere filosofico-pes-simistico dell’una di notte, ma nonriesco proprio a farne a meno.

Comunque, sono tante le im-magini impresse nelle mia mente chemi riportano a questa parola come,ad esempio, una folla di passanti chenon fanno caso a un atto di violenzao vandalismo compiuto sotto i loroocchi, oppure una persona che voltale spalle ad un’altra magari dopoaverla guardata con occhi vacui,l’animo spento. O, ancora, un indivi-duo che pensando solo al proprio tor-naconto, si disinteressacompletamente della società che locirconda ed evita di compiere ognipossibile atto che lo possa metteresotto la luce puntata dei riflettori, ov-vero quando deve esprimere un suoparere e cercare di uscire da quel-l’area di neutralità nel quale si eraabituato a sguazzare con tranquillità.Indifferenti sono anche persone che

non si interessano dell’attualità,quell’attualità che cambierà le nostrevite e un giorno andrà a scrivere de-cine e decine di pagine di libri di sto-ria. Indifferenti sono coloro che se nefregano di situazioni di emergenzache ci toccano sempre più da vicinoanche se può non sembrare così perl’indifferente, che considera lontanichilometri anni luce problemi comela povertà, la crisi, la fame, la sete, lacrisi energetica e e che, siccome“adesso c’è su Monti, che tanto risol-verà tutto” si disinteressa di proble-matiche che comunque esistono eche non spariranno dal nostro Paese,nemmeno con la bacchetta magicadel professorone.. Ma più semplice-mente, l’indifferente è quello a cuinon fa né caldo né freddo la personache soffre sebbene stia piangendo ac-canto a lui, oppure che lascia che lasua vita gli scorra davanti, gli scappiquasi di mano senza cercare di mo-dellarla e plasmarla a suo piaci-mento, perché gli va bene così,perché non ne ha voglia, perché “nonc’ha sbatti”. Eh sì, anche questa è in-differenza.

In ogni caso, ho scopertol’esempio più eclatante di indiffe-renza casualmente, navigando su In-ternet con l’aria annoiata tipica diquando non si ha niente di meglio dafare, mentre scorrevo tra le classichecuriosità/notizie facili e veloci da leg-gere alle dieci di sera per un cervellopressocchè spento.

Ecco in cosa consiste l’aned-

doto: dal quotidiano WashingtonPost è stato effettuato un esperi-mento di psicologia dell’ascolto aWashington D.C., alle 7 e 51 del mat-tino nell’affollatissima stazione dellametropolitana. L’esperimento consi-steva nel far esibire Joshua Bell, vio-linista di fama mondiale edeccezionale bravura, per circa unaquarantina di minuti, lasso di temponel quale si è calcolato che sarebberopassate all’incirca duemila persone,con pezzi di non facile esecuzione diShubert e Bach. Di certo non ci siaspettava che qualcuno potesse rico-noscerlo, conciato com’era, con uncappellino con visiera e vestiti casual,ma perlomeno si sperava che si sa-rebbero fermate svariate decine dipassanti per un’elemosina e qualcheminuto di ascolto. Ebbene, non haraccolto neanche la metà di quantosupposto, e meno di venti persone sisono fermate per ascoltarlo; soltantouna ragazza l’ha riconosciuto, entu-siasta poiché lo aveva sentito qualchesera prima a un suo concerto. Incre-dibile pensare che su duemila per-sone, soltanto una ventina si sianofermate ad apprezzare solo per pochiminuti un artista eccelso e abbianopotuto godere di un momento distruggente bellezza. E tutti gli altriinvece, pensavano al lavoro da sbri-

INDIFFERENZA

di Elisabetta Stringhi

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Numero 6 - Anno VI Giornalismo indipendente al Parini dal 2006 Marzo MMXII

gare, all’ufficio da raggiungere, allaspesa da fare, resi come ciechi dallaloro ferrea routine, da una vita quo-tidiana che non concede loro un mi-nuto di pausa per tirare il fiato..

Dunque l’indifferente, dal la-tino “in” e “differre” (distingueretra), è colui al quale nulla fa diffe-renza, è chi egoisticamente pensasolo a se stesso e alla propria routinesenza interessarsi a ciò che gli suc-cede intorno e partecipare attiva-mente, che si tira indietro ogniqualvolta debba impegnarsi e appor-tare il suo contributo, colui che pensasempre “sì, fa lo stesso” per evitare lafatica di compiere una scelta. Inoltre,sono giunta alla conclusione che seper costui nulla può fare la diffe-

renza, allora l’indifferente penseràche anche lui non è fondamentale nelfarla. Questa logica che si avvita su séstessa è dannatamente inutile, siaper l’individuo, sia e soprattutto perla collettività, e non porta da nessunaparte, non essendo costruttiva perdefinizione. Allora, come fare per in-vertire la tendenza e tendere alla par-tecipazione, l’opposto per eccellenzadell’indifferenza? E soprattutto,come cercare di concludere un arti-colo dai toni fin troppo pessimisticiper i miei gusti? Semplice. Come persvegliarsi da un profondo letargo c’èbisogno di un amico piuttosto impe-tuoso che ti prenda a cuscinate, o diuna mamma urlante, o di una bellasecchiata d’acqua gelida, così esiste

l’antidoto perfetto per l’indifferenza,che deve essere una ventata di no-vità. Per non essere indifferenti biso-gna riappropriarsi dei propri spazi eriacquistare i tempi necessari peraprire lo sguardo e spaziare, andareoltre all’abituale tran-tran sveglia-co-lazione nel baretto costoso-scuola-casa-shopping-discoteca, guardarecon attenzione le persone vicine escoprire il mondo che racchiudono,informarsi per prendere parte a unarealtà più grande, impegnarsi inqualcosa, e soprattutto fare, agire,agire, fare! Bene, adesso starete sicu-ramente increduli e sconcertati adammirare questo chiasmo che do-veva servire a chiudere un po’ ad ef-fetto questo articolo sconclusionato.

“Chi non riesce più a pro-vare stupore e meraviglia ègià come morto e i suoiocchi sono incapaci di ve-dere.”Albert Einstein

“Meglio essere protagoni-sti della propria tragediache spettatori della pro-pria vita.”Oscar Wilde

“L'indifferenza è il pesomorto della storia.”Antonio Gramsci

“Chi vive veramente nonpuò non essere cittadino, eparteggiare. Indifferenza èabulia, è parassitismo, èvigliaccheria, non è vita.”Antonio Gramsci

“L'indifferenza è la ven-detta che il mondo siprende sui mediocri.”Oscar Wilde

“L'universo non è né ostilené amichevole. È semplice-mente indifferente.”John Hughes Holmes

“Dicono che i filosofi e iveri saggi sono indiffe-renti. È falso. L'indiffe-renza è la paralisidell'anima, è una morteprematura.”Anton !echov

“Il desiderio è metà dellavita; l'indifferenza è giàmetà della morte.”Kahlil Gibran

“Credete al disprezzo, alloscherno, alla paura, alloscoraggiamento, alla ver-gogna, al panico, all'odio.Credete pure a tutto ciò.Ma non credete mai all'in-differenza.”Irvin Yalom

“Lo sguardo indifferente èun perpetuo addio.”Malcolm de Chazal

“Il peggior peccato contro inostri simili non è l'odio,ma l'indifferenza: questa èl'essenza della disuma-nità.”George Bernard Shaw

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INTERVISTA A FOSCO GASPERI, IL PAPA’DEL GRANDE FRATELLO E NON SOLO ….

di Camilla e Tommaso Nannicini

Fosco Gasperi nasce a Forlì il 4 feb-braio 1953. Inizia la sua carriera nelmondo dello spettacolo come caba-rettista al Derby, un locale “storico”di Milano: poi autore di una serie in-numerevole di spettacoli televisivi digrande successo tra la fine deglianni ‘70 e gli anni ‘90; da ultimo,produttore artistico, autore e registadel “Grande Fratello”, il primo deigrandi “reality show” che hannocambiato la storia ed il modo di faretelevisione: la sua “creatura” più re-cente e, certamente, di maggiore im-patto sul grande pubblico.E’ sposato con Giuliana Lattuada,direttore artistico e co-autrice dimolti suoi spettacoli.

D: Bene, signor Gasperi, come è ini-ziata la Sua passione per il cinema?R: Beh, è iniziata un po’ per caso: giàda piccolo mio padre mi portavaspesso al cinematografo, e lì …ilbuio…il sogno…la magia….D: Quali sono i Suoi film preferiti?

R: Ce ne sono molti..… In questomomento mi viene in mente “Il Gla-diatore” di Ridley Scott, un registache amo moltissimo: è un film prati-camente perfetto, dalla sceneggia-tura alla fotografia, alla musica.E poi “Forrest Gump” … un altro ca-polavoro, un’interpretazione straor-dinaria di Tom Hanks. A proposito, dovete sapere che negliStati Uniti molti grandi attori cine-matografici, come appunto TomHanks, Al Pacino ed altri, in realtàsono uomini di spettacolo assoluta-mente completi: sanno cantare, suo-nare, ballare, presentare trasmissionitelevisive, un po’ come il nostro Fio-rello, per capirci. E c’è un programma “Saturday nightlive show” di grande successo co-struito proprio su questo schema: ungrande attore cinematografico, perun certo numero di serate, conducela trasmissione e ne diventa il prota-gonista assoluto, mostrando il suo ta-lento in forme completamentediverse da quelle a cui gli spettatorisono abituati.

D: Torniamo a Lei: come è riuscitoad entrare nel mondo dello spetta-colo? E’ molto difficile, dicono.R: Infatti è molto faticoso, ci vo-gliono tanti sacrifici, e soprattuttotanta passione. Fin dalla vostra etàho cominciato a suonare la chitarra.Amavo la chitarra oltre al cinema.Così ho cominciato a fare il cabaret-tista nello storico locale milaneseDerby. Inizialmente facevo coppiacon Andrea Brambilla, il Commissa-rio Zuzzurro, e a quell’epoca nel lo-cale lavorava un gruppetto di comicipressoché sconosciuti, ma che avreb-bero poi fatto molta strada nel ci-nema, in teatro, in televisione: DiegoAbatantuono, Enzo Iacchetti, i gattidi vicolo Miracoli, Giorgio Faletti e

tanti altri.In quel periodo conobbi anche unadonna che amai fin dal primo mo-mento in cui incrociò il mio sguardo,il direttore artistico del Derby chescoprì e valorizzò il mio talento: beh,oggi è mia moglie, Giuliana Lattuada.Un giorno un famoso regista dellaRai, Enzo Trapani, scoprì i miei spet-tacoli, li trovò divertenti, e mi pro-pose di collaborare come autore ditesti al nuovo programma televisivo“Non Stop”.

D: Quindi ha cominciato a lavorarein TV….R: Si, e ho partecipato, sempre comeautore di testi, a tutte le più famosetrasmissioni di varietà: allora c’eraun’unica rete televisiva, la Rai, conun solo “canale”, che produceva etrasmetteva spettacoli con gli artistipiù famosi e celebrati del momento.Per esempio tutta la serie dei “Fanta-stico”, la trasmissione abbinata allaLotteria di Capodanno, in onda al sa-bato sera per quattro mesi, da set-tembre all’Epifania. Poi, dopo la nascita delle TV private,ho cominciato a collaborare anchecon Mediaset, e ho partecipato a tuttii più importanti varietà di Canale 5.Ho anche scritto l’edizione 1996 delFestival di San Remo, presentata daPippo Baudo, Sabrina Ferilli e la gio-vanissima Valeria Mazza…. Bellis-sima! Fu un’esperienza massacrante ma as-solutamente indimenticabile.

D: Nel frattempo continuava la pas-sione per il cinema. Mi dica, ha pro-dotto, diretto o ideato una serie TVo dei film con Sua moglie?R: Ho ideato e diretto insieme a leila serie TV “Don Tonino” con AndreaRoncato.Poi ho diretto alcune sit-com di �

«È stata l’esperienza più esaltante della mia vita. Ma da un successo come questo non possono chenascere brutte fotocopie della trasmissione»

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� successo come “Casa Vianello”oppure “Finalmente soli” e “Io e lamamma” con il debutto in chiave diattore di Gerry Scotti in cui Giu-liana ha scritto molti episodi.Abbiamo inoltre collaborato allaproduzione del reality show“Grande Fratello”.

D: Già, il Grande Fratello. La Suacreatura più famosa e seguita ….R: Si, prima di tutto è stato unesperimento sociologico assoluta-mente straordinario.Dieci ragazzi sconosciuti presi dallastrada, o quasi, e costretti a convi-vere in una casa per quattro mesi,senza contatti con l’esterno se nonattraverso telecamere che li con-trollano costantemente. Genialevero?

D: Ma ora continua a seguire ilGrande Fratello, e i reality in ge-nerale?R: Assolutamente no. Ora chel’idea iniziale ha esaurito i suoi ef-fetti, lo spettacolo è diventato unpo' noioso e ripetitivo: è sempre lasolita storia.Adesso è soltanto un’esibizione,sempre più esasperata, di volga-rità: sembra che i protagonisti fac-ciano a gara a mostrare il latopeggiore di sé; in ogni caso,l’aspetto dello studio dei caratteri edei comportamenti ha perso ognisignificato.Sinceramente non credo che il suc-cesso dei reality, così come conce-piti e realizzati adesso, possadurare a lungo.

D: Qualche rimpianto?R: Direi proprio di no: sono sem-pre riuscito a fare il lavoro che piùmi piaceva; ho realizzato il miosogno, e questa è la cosa più impor-tante.Mi auguro e vi auguro che possasuccedere anche a voi: l’importanteè avere una passione vera, reale ecostante che possa spingervi e con-durvi da qualche parte: se avrete ilcoraggio di coltivarla e di non ar-rendervi davanti alle difficoltà cheinevitabilmente incontrerete, inqualunque campo, il successo saràassicurato.�

Questione di prospettiva

di Francesca Angeleri

“Il premier italiano dàl’esempio e, in questo modo, cidà speranza”. Fa sorridere pen-sare a quanto sarebbe stato im-probabile, fino allo scorsonovembre, leggere una frase delgenere. Eppure, sfogliando l’In-ternazionale, ci si accorge dicome davvero sia cambiatal’Italia agli occhi del resto delmondo: quello descritto è unpaese nuovo, un paese diverso eche “non bisogna sottovalu-tare”, come afferma il direttoregenerale del Fondo MonetarioInternazionale.

Mi sono sempre chiestase l’avere un’immagine tantonegativa dei propri connazio-nali sia una prerogativa soloitaliana e tipica, in particolare,della fascia sociale e culturale dicui faccio parte; il repentinocambiamento d’immagine chel’Italia ha attraversato e sta at-traversando dimostra chiara-mente quanto sia impossibilerispondere a una domanda si-mile e quanto sia profonda l’in-congruenza tra l’idea che ilmondo ha di un paese e l’opi-nione che quel paese ha di séstesso.

Perché? Perché noi chein Italia ci viviamo sappiamobenissimo che non siamo cam-biati per nulla. Per noi che inItalia ci viviamo è chiaro che ladifferenza rispetto a prima delgoverno tecnico è che la classepolitica non ha più quel rap-porto di interdipendenza (che

eloquentemente definiamo “ber-lusconismo”) con la cultura, gliusi, i costumi e anche l’eticadelle cosiddette “masse”. Anni discandali, uscite infelici, cattiviesempi e televisione di Stato cihanno abituati a vedere chi cigovernava come la conseguenza(o la causa?) del decadimentoculturale del nostro paese ecome rappresentante di una gi-gantesca fetta di popolazione,che spazia dal concorrente delreality show al prototipo dellospettatore mediaset fino all’im-prenditore che evade le tasse. Lapercezione che un paese ha di séstesso è per forza in relazionecon la percezione che quel paeseha della propria classe politica:se trovi tanto discutibile chi è algoverno, non puoi avere un’opi-nione positiva di chi l'ha eletto.Poco importa che ora Berlu-sconi non sia più al potere: lo èstato per anni perchè noi l'ab-biamo scelto e soprattutto per-chè gli abbiamo permesso, senon di diventarne parte, almenodi influire in maniera incisivasulla nostra identità nazionale.Non sappiamo cosa succederàallo scadere del mandato diMonti, ma basta guardarsi in-torno per capire che GiorgioGaber, quando disse quellafrase che non riporterò perchétanto la conoscono tutti, ciaveva proprio visto giusto.

("Non temo Berlusconi in sé maBerlusconi in me", se proprionon ve la ricordate).

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Foglio di Poesiaa cura di Josephine Ebner

Quasi per caso e sicura-mente per gioco, ho cercato qualchesettimana fa di tradurre una poesiadal cinese, mettendomi alla provacon un’impresa difficile per i suoigrandi conoscitori e praticamenteimpossibile per me, giovane stu-dente di una lingua così antica, cosìcomplessa e così affascinante. Ne hoscoperto un uso diverso da quello acui mi ero (quasi) abituata, estrema-mente poetico, intraducibile, e hoavuto la netta impressione che die-tro a quei caratteri che, tradotti let-teralmente, erano privi disignificato, ci fosse un universo na-scosto, una storia, una letteratura,una mentalità ignota a molti, chespesso non viene presa in considera-zione, viene ignorata o disprezzatacon superficialità. Mi sono così inol-trata in una foresta di segni antichie carichi di significato, mi sono fattalargo tra raccolte che spesso dice-vano troppo poco e ho cercato diesplorare un poco questo universocosì vasto e lontano.

Per permettere anche a chinon conosce le basi di questa linguadi comprendere più a fondo le poesiequi a fianco. Cercherò ora di riassu-mere brevemente quello che mi sem-bra più importante sapere.L’unità fondamentale della linguacinese è il carattere (non ideo-gramma, attenti!), unico e indivisi-bile, che ha generalmente varisignificati in base a come viene di-sposto della frase.

Sebbene anticamente la lin-gua fosse monosillabica, oggi le pa-role cinesi sono principalmentebisillabiche, ovvero formate da duecaratteri. La poesia con il testo afronte che trovate qui accanto èstata scritta nel 757 d.C. durante

l’epoca d’oro della poesia cinese checoincide pressoché con il regno dellaDinastia Tang (618-907 d.C.) e vison dunque parole monosillabiche,estremamente espressive e dense disignificato. Analizzando già solo iltitolo possiamo dedurre varie cose:�% ch!n wàng significa letteral-mente “primavera guardare”(nonesistono né coniugazioni, né declina-zioni!). Prima di tutto, � ch!n, pri-mavera, si dice oggi �" ch!nti"n,“primavera cielo/giorno” e pos-siamo quindi facilmente notare ilpassaggio alla scrittura bisillabica.Più interessante è invece il caratteresuccessivo % wàng, che non signi-fica solo “guardare” ma anche“guardare in lontananza” e dunque“sperare”, “desiderare”, “ammi-rare”. La difficoltà della traduzioneè piuttosto evidente anche in questobreve titolo, perdonatemi quindi sela mia versione non vi convince.L’elemento fondamentale della poe-sia l!shi in epoca Tang è il distico,formato di volta in volta da cinque osette caratteri; vi è una cesura, comeun’interruzione, tra i primi due ca-ratteri e il resto del verso e il primo,il secondo e il terzo distico sonospesso simmetrici a livello di costru-zione, osserviamone quindi il primo:

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I primi due caratteri delprimo verso significano “paese rom-pere”, mentre quelli del secondo si-gnificano “città primavera” in cui ilcarattere “primavera” è usato comepredicato; per quanto riguarda glialtri tre caratteri nel primo verso si-gnificano “montagna fiume es-

serci/restare” e nel secondo “erba al-bero profondo/intenso” e l’aggettivofinale costituisce anch’esso un predi-cato.

Si nota subito la simmetriatra i due versi e l’importanza che hala cesura tra le due parti dei versi.Vorrei analizzare tutta la poesia, maforse questo non è il luogo più adattoa questo scopo (se proprio moritedalla voglia di saperne di più saròmolto felice di parlarvene a voce).Riguardo alle altre due poesie, in-vece, la più antica è tratta dal “Librodei Canti”, una raccolta di canzoni eodi popolari scritte indicativamentetra il 1600 e il 600 a.C. che rivela ilmondo cinese com’era prima di Con-fucio, mentre l’altra è stata scrittadopo il crollo dell’impero cinese, nelperiodo di feroce guerra civile in cuinacque il Partito comunista, da unpoeta del Novecento, Yin Fu (1909-1931 d.C.) sul quale non sono riu-scita a trovare molte informazioni.Spero di essere stata abbastanzachiara e vi auguro una buona let-tura!

Se desiderate approfondirel’argomento vi consiglio:“La poesia Tang” a cura di FrancoisCheng, Guida Ed.“Poesia cinese moderna” a cura diRenata Pisu, Editori RiunitiSulla storia della letteratura cinesesi trova veramente poco in Italiano,ma posso consigliare:“Cento capolavori della letteraturacinese” di Edoarda Masi, QuodlibetEd.Tutti i volumi sono disponibili in bi-blioteca.Già che ci sono vi consiglio anche:"Lettere sulla poesia" di John Keats,Mondadori Ed.

"Amico mio, sarebbe inutile che io cercassi di scrivere cose più ragionevoli. Non hoaltro di cui parlare se non di me stesso. E di cosa potrei parlare se non di ciò chesento? Se per qualche ragione questo mio stato di eccitazione dovesse dispiacerti,ti prego di ricordare che è questa la condizione che ci vuole per la poesia, e dellapoesia solo m'importa. La poesia è ciò per cui vivo." John Keats (da Lettera a JohnHamilton Reynolds, 25 agosto 1819)

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“Guardando la primavera” �%di Du Fuscritta nella primavera del 757 d.C. mentre era prigioniero dei ribelli

Dal “Libro dei Canti”VI sec. a.C.Il mondo è stanco, sempre più rapido corre sulle strade;

Che vale caricarti ancora di lavoro e di noie?

Cerca un solitario e verde luogo, e porta il vino,

Adagiati sull’erba, e canta un’ode!

Traduzione di Virgilio Luciani

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La patria è annientata: rimangono i fiumi e i monti

In città è primavera, s’affoltano l’erbe e gli alberi.

Sono percosso dal presente, allo sbocciar dei fiori, piango

Odio la lontananza e quando sento il canto degli uccelli il mio cuore si adombra.

Sulle vedette i falò continuano da tre mesi

Preferirei una lettera da casa che diecimila monete d’oro!

I capelli bianchi e tormentati sono ancor più radi

E presto il fermaglio più non riuscirà a raccoglierli.

“Torna!”di Yin Fu (1909 – 1931)

Traduzione di Josephine Ebner

Torna! Torna entusiasmoA bruciare nel mio petto,Turbolenza d’età giovanile,Rivoluzionaria schiettezza.Io, io ti voglio come affamato!

Torna, torna entusiasmo!Riportami alla vita di allora,Giorni consumati al lavoro,Notti dense di sogniFioriti di fiori rossi.

Torna! Vieni a riempire questo mio vuoto!

Traduzione di Claudia Pozzana

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Mascheredi Layla Colamartino

BLACKBIRDUn successo di pubblico che

ha segnato la scorsa stagione delloStrehler torna nel suo teatro di de-butto, nell’ambito di una lunga tour-née italiana tuttora in corso. E insmentita alle fosche profezie di Mas-simo Popolizio (“E’ uno di quei testiche alla novantacinquesima replicaormai ha perso tutta la tensione, ri-schia di non avere più nulla da dire”:il pomeriggio della novantacinque-sima esibizione, appunto) continua ariempire la sala del Teatro Studio,con tre settimane in cartellone am-piamente affollate.

Blackbird non è uno spetta-colo semplice da accostare. Opera“su commissione”, ma perfettamenteriuscita, del drammaturgo scozzesecontemporaneo David Harrower,prende spunto dalla cronaca di uncaso di pedofilia per indagare unamateria scomoda con una prospet-tiva diversa, urticante anch’essa permolti versi, e soprattutto passibile difacili fraintendimenti al livello di unarecensione.

In scena, per breve conte-stualizzazione, sono Ray e Una, aquindici anni dalla loro relazione, luial tempo quarantenne, lei dodicenne.Il processo, il carcere, la riabilita-zione si pongono al di fuori dello spa-zio chiuso del palco: tutto il testoscava in “quello che resta”, nelle fe-rite dell’animo del carnefice e della

vittima di allora, e più inquietante-mente dell’uomo e della donna diadesso.

Non si pensi a velleità pole-miche o scandalistiche: non solocompletamente altro era lo sguardodell’autore, ma ancora più se ne al-lontana la regia di Lluís Pasqual. Ilpeso, anche a causa della mutatamessa in scena dall’originaria pro-spettiva centrale a quella sul palcofrontale, è concentrato pressochéunicamente sui due protagonisti, chesenza pause affrontano se stessi el’altro tra le quattro mura di quelloche potrebbe essere uno squallido uf-ficio, o un magazzino, e che piuttostoappare un ring, dal pavimento meta-foricamente ricoperto di spazzatura.Ma le accuse reciproche si risolvonoin accuse alla propria verità intolle-rabile, e da ultimo ad una verità co-mune e imprescindibile, il “vincolocrudele e indissolubile” dell’amoretra due esseri umani, in virtù delquale il testo trascende, o meglio ri-lega a margine, la legge e l’età cuiistintivamente si è indotti a pensare.La lotta diventa una penetrazionenelle piaghe dell’animo, in un giocodi ruoli che si invertono e di ambi-guità irrisolte e irrimediabili, che la-scia profondamente vulnerati e senzarisposte.

Il merito è tutto da attribuirealle due eccellenti interpretazionidello straordinario Popolizio e diAnna Della Rosa, che tratteggiano lacomplessità della psicologia dei pro-tagonisti senza eccedere minima-mente in un pathos di maniera, anziaddirittura toccando toni di puris-sima, spiazzante tenerezza, nel brevemonologo di Ray sulla notte del-l’abuso. Il tabù mentale è squarciatoe dissolto nella descrizione di un per-sonaggio che dal primo all’ultimoverso mantiene salda la propria asso-luta credibilità: e certo in virtù anchedel calibro dell’attore, è la sua dispe-

razione a prevalere come portante,tanto nel pianto quanto nell’ira im-potente, nel finale, della persona cheal pari di ogni altra non può impe-dirsi di amare. Dall’altra parte, piùvibrante nell’azione e nel movimentoè la disperazione della Della Rosa, lavittima che pare farsi carnefice e in-vece esterna efficacemente la trage-dia della propria debolezza di donna“abbandonata quando ero innamo-rata”. L’analisi risulta tanto più lace-rante quanto più Ray e Una siimpongono allo spettatore comeespressioni profondamente umane diun amore malato e inspiegabile, maperché inspiegabile è ogni senti-mento di tale violenza e portata.

Per un’indagine di questaacutezza di una “relazione sbagliata”non avrebbe potuto esserci che il pal-coscenico, dove le regole e le basi co-muni vengono ad assumere un valoredifferente, ed il rifiuto impulsivo e in-consapevole finisce per crollare.L’urlo d’angoscia di Una con cui il si-pario cala potrebbe suggerire unospunto d’interpretazione, ma in ul-timo sulla scena non rimangono chei mucchi di immondizie – tra i qualiognuno dei due ha rinfacciato all’al-tro la colpa della separazione. Lascelta di Harrower di non affermarealcuna verità preconcetta è la stessache degnamente mantiene la regia diPasqual, lasciando i protagonisticome sospesi in attesa di un’impossi-bile assoluzione, ognuno corrosodalla propria colpa non meno chedalle proprie indicibili ragioni.

“Lo spettacolo è vivamentesconsigliato ai minori”: lo scrivonodappertutto, è vero, ma stavoltahanno ragione, fidatevi. Ciò non im-pedisce che sia vivamente consigliatoin futuro. Richiede uno stomaco unpo’ forte, ma è assolutamente da nonperdere.

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ZabaenigmisticaCruciverbadi Claudia RubisOrizzontali 1. Casa, domicilio.9. Cloro.10. Tutt’altro che duro.11. Numero senza precedenti.13. Salvatore, il poeta.16. La lancia chi ha bisogno di aiuto.17. Sono senza vocali.18. L’Immanuel, filosofo settecente-sco.19. Si decorano con gli orecchini.21. Antenati.22. In latino con l’ablativo è comple-mento di argomento.24. Galleggiano in mare.25. Le hanno Sara e Carlo.26. Il Marley della musica reggae.28. Può essere acido o basico.29. Né oggi né domani.31. Locale come “Le Fontanelle”.33. Lo era Afrodite.34. “O” a Londra.35. Clero senza consonanti.36. Tipo di farina.38. Fiume sacro in Egitto.39. I tedeschi lo dicono nel negare

Verticali1. H!O.2. Lo sono i Puffi.3. Esche per pesci.4. Morto vivente.5. International Labour Organiza-tion6. Famosa discoteca milanese inzona Cadorna.7. Quello finto completava il truccodelle nobildonne.8. Infradiciare, allagare.11. Stati Uniti d’America.12. Locanda, albergo.14. Associazione Sanitaria Locale.15. Ha sempre la puzza sotto il naso.18. un frutto ed un uccello.20. Discendente di coloni olandesi inSudafrica.23. Non sbronzi.27. Tra A e C.28. Non è contro.30. Paradiso terrestre.32. Colpevole.34. Non è off.37. Decisa affermazione.

Le soluzioni sul prossimo

numero!

Sudokua cura di Stefano Trentani

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Lelebuonerba photographydi Michele Buonerba

Abruzzo: Il Cavalluccio

Gioiosa Marina (Sicilia)

Tramonto sul Mar Tirreno(Isola D’Elba)

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#iphoneography#Le mie migliori foto del mese passatofatte e modificate con Instagram

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Partenza SellarondaColfosco, Dolomiti

SaslongVal Gardena, Dolomiti

Primavera!Via San Marco, Milano

Apertura f/2.4 sull’obiettivomanuale

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Z a b a o r o s c o p odi Rebecca Zamperini

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Purtroppo la nostra addetta agli oroscopi ha dato forfait per scrivere articoli piùseri causa crisi mistica e a quanto pare ha passato a me la sacra sapienza stellare.Dopo aver avuto l' investitura di Pizia del Parini ho deciso di non scrivere l' oro-scopo, privandovi così dell'unico motivo per il quale sfogliate Zabaione. Tanto si sa,che gli àuguri sono più imprevedibili della nostra politica e più depressi della nostraeconomia.Sì, dunque, vi aspettavate la solite due pagine occupate dai soliti segni divisi nei so-liti amicizia, amore e scuola? Invece no! Sono qui per proporvi qualcosa di nuovo,qualcosa di più fresco della saugella!Oggi infatti, sono qui per scrutare con occhi da Predator i pariniani, dividerli in ca-tegorie e giudicarli senza pietà. Dopo tutto siete i nostri lettori, vi voglio bene!

Categoria Uno:belli e fighi

ma poco intelligentiAmbo i sessi. Sono i più diffusi(cosa ti aspettavi al Parini?), al-meno due elementi per classe.Generalmente si muovono inbranchi da tre o più. Le ragazzehanno i capelli costantementeperfetti, preferibilmente di tona-lità bionda. Vestite con abiti dimarca, ma senza marca ostentata,borsa di pelle, golfino morbido egiacca a vento nera, sono l' apo-teosi del casual chic. Come sefosse già facile distinguerle, lamaggioranza porta lo stesso mo-dello squadrato di occhiali davista. I ragazzi hanno un fisicoperfetto, munito in alto di unastrana appendice tonda, cava alsuo interno, e all'esterno decoratacon dei lineamenti che gli dannol'aria un macaco appena sceso dalring. L' abbigliamento è lo stan-dard jeans-maglietta-felpa/golf,occasionalmente sostituiscono ilmonclair con un chiodo firmatoche fa molto “mamma sono un ri-

belle stirami la giacca di pelle”.Ciliegina sulla torta, ghiaccionella coca-cola, salsa piccante nelkebab, questi deliziosi esemplarihanno persino un motorino. Edecco spiegato il mistero dell'au-mento di incidenti stradali inzona Brera (no, non sono gli zin-gari dispettosi portati da Pisapiache fanno lo sgambetto alle mac-chine).

Segni particolari: prefisso“stra-” presente in qualsiasi ag-gettivo e sostantivo, senza pietà.Esempio: “ho appena compratouno strasmalto strarosso, è stra-bello!”

Categoria Due:Esseri superiori

born to be classicSi dividono in due parti: una èformata da quei/quelle ragazzi/ragazze così intellettualmenteavanzati rispetto a tutti voi poverimortali (beh, io sono la Pizia) chedebbono per forza tralasciare at-

tività inferiori come respirare os-sigeno all'aperto, favorire lo svi-luppo muscolare con attivitàfisica ed essere irretiti dal tubocatodico, come moderni emula-tori di Giacomo Leopardi edEmily Dickinson. Inoltre, costoronon hanno amici, ma coltivanorelazioni epistolari. Non festeg-giano i compleanni, ma organiz-zano simposi.La seconda parte, fornita di sensodel dovere, costanza nello studio,interesse alla situazione socio-economica-politica internazio-nale, estetica nel vestire, e comese non bastasse simpatia, ètroppo concentrata sullo studioper pensare alla conquista del Mi-nistero dell'Istruzione, nono-stante le innate potenzialità. Adifferenza della prima parte, oltread avere una consistente vita so-ciale e una mole di studio non in-differente , riescono anche afrequentare corsi extra- scolastici(riflettendoci risulta palese che ilgoverno stia insabbiando sullacreazione di cloni). Alcuni li dete-sti cordialmente, altri sono anchesimpatici, fino a quando non si la-

_Dimmi a che categoria appartieni e ti dirò che studente sei. Leggile, pigro.

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mentano perché il sette e mezzoha rovinato loro la media.

Letture preferite: saggi,romanzi storici, libri di testo e seti capita quello con la venuzzanerd, anche fantasy.

Categoria Tre : i quartini

minorati mentaliE' il primo giorno di scuola, arriviin via Goito ancora rilassato dal-l'estate, e ti piazzi davanti al Pa-rini con i tuoi amici aspettandoche apra. Improvvisamente, livedi. Dapprima sparsi, poi rac-colti in gruppetti. Sono alti dueRocci e poco più, faccino pulitoalla Shirley Temple, gli mancanosolo lo zainetto dei Gormiti e ibraccialettini di Hello Kitty. Ilprimo pensiero è che abbiano adi-bito la fantomatica biblioteca delParini a aule per alunni delle ele-mentari: vi giuro, stavo per an-

dare da un ragazzino dall'ariasperduta a chiedergli: “Ti seiperso bimbo?” Dunque, appresoche sono la nuova generazione diquarta, è ancora difficile abituarsia vederli scorrazzare per i corri-dori come un esercito di Dennis lapeste, ma con il tempo si accet-tano come si accettano matema-tica e scienze al liceo classico.Dolorosamente.

E' curioso notare alcunielementi maschili che si atteg-giano da duri e vissuti ragazzi distrada, e per me sinceramenteguardarli dall'alto in basso è ine-vitabile, superandoli in altezzacon tutta la testa.

Categoria Quattro: le Minchia Sabbry

Rumorose, irritanti, ansiogene,espansive, buffe e casiniste. Laloro personalità è il risultato delperenne conflitto nel loro subcon-

scio tra l' indole di una frivolabimba di dieci anni e la mente diuna liceale avviata alla maturità.Sono capaci di metterti ansia solose le incroci di sfuggita mentre ri-passano ossessivamente per l' oradopo, strillando e camminandoper la classe. Nel giro di cinqueminuti possono farti il resocontodella loro vita sentimentale dal-l'asilo a oggi, spiegarti il conflittoarabo israeliano ed enunciare idodici usi del sangue di drago.Dopo cinque mesi passati ad im-parare tecniche di respirazionedai monaci tibetani per mante-nere la calma quando ci parlo hostabilito con successo un rap-porto di odio/amore: a secondadella situazione, le trovo irritanticome un duale o adorabili comeciccioso cincillà.

Raccomandazione: por-tati sempre uno specchietto sestai loro vicino, perché quandoscoprono che interroga in inglesehanno lo sguardo da Medusa.

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Numero 6 - Anno VI Giornalismo indipendente al Parini dal 2006 Marzo MMXII

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Alla scuola, che ci fornisce i fondi per andare avanti a stampare, e in particolare alla Segreteria d’Isti-tuto.

A redattori e collaboratori: Elisa Aliverti Piuri (2B), Francesca Angeleri (5H), Michele Buonerba (1C),Francesca Chiesa (2C), Layla Colamartino (3B), Beatrice Conti (4B), Noemi Dentice (5D), Josephine Ebner(5H), Lorenzo Ghilardi (4D), Simone Lorizzo (5H), Daniele Lunghi (1B), Camilla Nannicini (4D), TommasoNannicini (4C), Sara Ottolenghi (3C), Giacomo Paci (5G), Alesia Preite (3C), Claudia Rubis (3C), Anna Spanò(5H), Elisabetta Stringhi (5H), Stefano Trentani (4A), Diana Uvidia (5D), Dario Vaccaro (5B), Rebecca Zam-perini (5H).

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Soluzioni dello scorso numero(sudoku e cruciverba):