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XXX CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI FINANZA PUBBLICA E DECENTRAMENTO TERRITORIALE: UN'ANALISI DEI CONTI PUBBLICI TERRITORIALI Elisa CINTI 1 1 Prometeia spa, via G. Marconi 43, 40122 Bologna SOMMARIO La banca dati dei Conti Pubblici Territoriali rappresenta ormai, dopo oltre 10 anni di attività, uno strumento solido e a regime, benché le aree di potenziale e ulteriore sviluppo siano ancora molteplici. All’interno dei possibili percorsi di ricerca da avviare utilizzando questa banca dati, il presente lavoro si pone l’obiettivo di esaminare l’evoluzione del saldo tra entrate e uscite secondo tre diverse dimensioni di analisi. L’obiettivo è altresì quello di fornire uno strumento di lettura che analizzi le dinamiche del decennio 1996-2007, alla luce della prima sistematizzazione della fiscalità territoriale e del dibattito in corso legato all’approvazione del disegno di legge delega che deve dare attuazione alle disposizioni dell’art.119 del Titolo V della Costituzione, definendo i meccanismi strutturali del federalismo fiscale. In particolare la disamina dei saldi per regione e struttura di governo colloca lo studio all’interno di un tema molto dibattuto quale è quello del federalismo fiscale. Da un lato l’analisi delle entrate e delle spese mette in primo piano la dimensione dei divari tra il Nord e il Sud del paese, ponendo l’attenzione sulla necessità di una modalità distributiva che prenda atto del dualismo rilevante e persistente e tenga in considerazione i fabbisogni delle diverse aree territoriali. Dall’altro la segmentazione per livello di governo pone l’attenzione sull’attuale copertura delle spese erogate, attribuite in misura sempre maggiore ai livelli di governo più vicini ai cittadini ed evidenzia come l’Amministrazione Centrale sia ancora il punto di riferimento principale per gli enti locali, che godono di un’autonomia tributaria ancora molto parziale.

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XXX CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI

FINANZA PUBBLICA E DECENTRAMENTO TERRITORIALE: UN'ANALISI DEI CONTI PUBBLICI TERRITORIALI

Elisa CINTI1

1 Prometeia spa, via G. Marconi 43, 40122 Bologna

SOMMARIO

La banca dati dei Conti Pubblici Territoriali rappresenta ormai, dopo oltre 10 anni di attività, uno strumento solido e a regime, benché le aree di potenziale e ulteriore sviluppo siano ancora molteplici. All’interno dei possibili percorsi di ricerca da avviare utilizzando questa banca dati, il presente lavoro si pone l’obiettivo di esaminare l’evoluzione del saldo tra entrate e uscite secondo tre diverse dimensioni di analisi. L’obiettivo è altresì quello di fornire uno strumento di lettura che analizzi le dinamiche del decennio 1996-2007, alla luce della prima sistematizzazione della fiscalità territoriale e del dibattito in corso legato all’approvazione del disegno di legge delega che deve dare attuazione alle disposizioni dell’art.119 del Titolo V della Costituzione, definendo i meccanismi strutturali del federalismo fiscale. In particolare la disamina dei saldi per regione e struttura di governo colloca lo studio all’interno di un tema molto dibattuto quale è quello del federalismo fiscale. Da un lato l’analisi delle entrate e delle spese mette in primo piano la dimensione dei divari tra il Nord e il Sud del paese, ponendo l’attenzione sulla necessità di una modalità distributiva che prenda atto del dualismo rilevante e persistente e tenga in considerazione i fabbisogni delle diverse aree territoriali. Dall’altro la segmentazione per livello di governo pone l’attenzione sull’attuale copertura delle spese erogate, attribuite in misura sempre maggiore ai livelli di governo più vicini ai cittadini ed evidenzia come l’Amministrazione Centrale sia ancora il punto di riferimento principale per gli enti locali, che godono di un’autonomia tributaria ancora molto parziale.

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1 INTRODUZIONE

La banca dati CPT ha colmato uno storico vuoto informativo sulla misurazione dei flussi finanziari pubblici italiani a livello territoriale, rendendo possibile una programmazione più informata e consapevole e collocandosi nel dibattito teorico come importante punto di riferimento. All’interno dei possibili percorsi di ricerca da avviare utilizzando questa banca dati, il presente lavoro si pone l’obiettivo di esaminare l’evoluzione del saldo tra entrate e uscite secondo tre diverse dimensioni di analisi. La prima dimensione analizza il saldo corrente, in conto capitale e quello totale nel decennio 1996-2007 della Pubblica Amministrazione e del Settore Pubblico Allargato. La seconda dimensione è volta ad indagare l’evoluzione del saldo secondo la struttura di governo. La banca dati CPT rappresenta, infatti, sotto questo punto di vista uno strumento unico, essendo l’unica rilevazione ufficiale che offre informazioni e dettagli sulla spesa delle Imprese Pubbliche Locali. La terza dimensione analizza le dinamiche territoriali della spesa e delle entrate a livello regionale, incrociando i dati territoriali anche per la struttura di governo.

2 LA BANCA DATI DEI CONTI PUBBLICI TERRITORIALI

I Conti Pubblici territoriali forniscono, con 12-18 mesi di ritardo rispetto al periodo di riferimento, informazioni sul complesso delle entrate e delle spese (correnti e in conto capitale) del Settore Pubblico Allargato nei singoli territori regionali con un’articolazione flessibile per diversi sub-aggregati. La ricostruzione dei dati a livello regionale e con un ampio universo consente di estendere il tradizionale concetto di Pubblica Amministrazione a quello di Settore Pubblico Allargato, che include le Imprese Pubbliche Nazionali e le Imprese Pubbliche Locali. La definizione relativa alla Pubblica Amministrazione coincide con quella della contabilità pubblica italiana costituita da enti che, in prevalenza, producono servizi non destinabili alla vendita e che si finanziano principalmente attraverso pagamenti obbligatori (tasse, imposte, contributi) da parte di soggetti ed enti appartenenti al settore privato e/o enti che svolgono attività di tipo redistributivo. Il Settore Pubblico Allargato include, oltre all’universo della Pubblica Amministrazione, tutte le entità sotto il controllo pubblico (imprese pubbliche) impegnate nella produzione di servizi destinabili alla vendita, a cui la Pubblica Amministrazione ha affidato la mission di fornire agli utenti alcuni servizi di natura pubblica come le telecomunicazioni, l’energia, ecc. Tali imprese pubbliche ed enti appartenenti alla componente allargata locale, denominate nel loro complesso Extra PA sono ripartite tra Imprese Pubbliche Nazionali (IPN) e Imprese Pubbliche Locali (IPL). Tra le motivazioni per preferire l’analisi del Settore Pubblico Allargato va ricordato che tale aggregato consente di cogliere come erogazioni finali sul territorio quelle proprie di numerosi soggetti operanti in settori chiave per lo sviluppo, quali ferrovie, poste, servizi pubblici locali. In secondo luogo perché la spesa di questi soggetti influenza molto i rapporti relativi tra Mezzogiorno e Centro-Nord; infine perché agli enti appartenenti alla

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componente allargata del settore pubblico si applicano alcuni principi programmatici volti a garantire un adeguato volume di risorse alle aree sottoutilizzate. La banca dati ricostruisce per tutti gli enti appartenenti al Settore Pubblico Allargato i flussi di spesa e di entrata a livello regionale, pervenendo alla costruzione di conti consolidati per ciascuna regione italiana. La natura dei CPT è di tipo finanziario, in quanto la ricostruzione dei flussi di spesa è effettuata nella maggior parte dei casi sulla base dei bilanci consuntivi degli enti considerati, tenendo conto cioè dei dati definitivi delle spese effettivamente realizzate. Ciascun ente viene considerato, attraverso l’eliminazione dei flussi intercorrenti tra i vari livelli di governo, quindi attraverso un processo di consolidamento degli stessi, quale erogatore di spesa finale. Il consolidamento dei metodi utilizzati, così come la solidità raggiunta dalla Rete dei Nuclei CPT ha reso possibile, dal 2004, l’inserimento della banca dati nel Sistema Statistico Nazionale. L’utilizzo di questa banca dati permette di delineare possibili percorsi di ricerca con l’obiettivo di studiare, capire, valutare e analizzare sia le decisioni di spesa pubblica sia le scelte di politica fiscale adottate nel corso degli ultimi anni per comprendere al meglio scenari e prospettive. La ricostruzione ex-post dei flussi finanziari solida e trasparente accresce le capacità dei policy maker, sia a livello centrale che a livello locale, garantendo la possibilità di fissare obiettivi fondati e verificabili. Grazie alle caratteristiche di completezza, flessibilità, comparabilità, accessibilità, tempestività e affidabilità dei dati, i CPT supportano ormai da tempo l’analisi e le scelte programmatiche. La banca dati CPT rappresenta, inoltre, l’unica rilevazione in grado di offrire un quadro informativo sistematico dei flussi finanziari di entrate e spese dei numerosi enti dipendenti e/o controllati dagli enti pubblici locali. Tale comparto è particolarmente sensibile alle diverse modifiche normative che nel tempo regolano i settori di attività nei diversi territori e dunque viene costantemente monitorato (seguendo, ad esempio, le trasformazioni subite nella gestione dei servizi pubblici locali, che sono passati dalle aziende municipalizzate alle aziende speciali, diventate poi società per azioni o società a responsabilità limitata) per garantirne la migliore copertura possibile. La nascita di nuove imprese, la sempre migliore copertura di tale universo nella rilevazione diretta dei bilanci da parte dei Nuclei Regionali CPT, la continua attività di verifica e incrocio con altre Banche dati, hanno portato ad un aumento dei soggetti rilevati in questo specifico comparto, passati, in media, da circa 3.000 del 2006 a circa 3.200 del 2007. L’intera serie storica CPT, dal 1996 al 2007, è stata dunque aggiornata includendo i nuovi enti rilevati. L’analisi è basata sulla serie storica dei Conti Pubblici Territoriali (CPT) 1996-2007, riferita al Settore Pubblico Allargato, utilizzata per lo più in valori costanti, deflazionata a prezzi 2000.

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3 ANALISI DEL SALDO TOTALE SPA E PA

La spesa media del Settore Pubblico Allargato è stata lungo il 1996-2007, deflazionata a prezzi 2000 è risultata pari a 741.425 milioni di euro, mentre le entrate sono risultate in media ogni anno pari a 741.601, generando in media un differenziale positivo pari a 176 milioni di euro. Esaminando la composizione della spesa si può notare come la spesa corrente sia nettamente maggiore, rappresentando l’86% di quella complessiva (cfr. Figura 1); tra le voci che rivestono una maggiore incidenza sulla spesa corrente si ricomprendono le spese per il personale, per l’acquisto di beni e servizi, i trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali e la spesa per gli interessi sul debito pubblico. Anche dal lato delle entrate, la parte corrente rappresenta il 94% di quelle complessive e i proventi derivano principalmente dalle imposte dirette e indirette, dai contributi sociali e dalla vendita di beni e servizi. La quota di spesa e di entrata in c/capitale risulta inferiore: le entrate capitali rappresentano il 6% di quelle totali e si compongono prevalentemente di introiti derivanti dalla vendita di beni patrimoniali e dalla riscossione di crediti, mentre dal lato della spesa quest’ultima comprende principalmente gli investimenti pubblici e i trasferimenti in conto capitale a famiglie e imprese, rappresentando il 14% del totale delle uscite del Settore Pubblico Allargato. Data la composizione media del periodo 1996-2007 il saldo corrente appare positivo data la maggiore incidenza delle entrate sulle uscite, mentre all’opposto per il saldo in c/capitale si osserva la maggiore incidenza della spesa rispetto agli introiti di parte capitale. Figura 1 – L’incidenza delle principali categorie economiche sulle voci di entrata e spesa (composizione media 1996-2007, a valori costanti)

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Totalespese in c/capitale

Interessipassivi

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Anche qualora si esamini il profilo di sviluppo si può notare come la spesa corrente mantenga lungo tutto il decennio un saldo positivo, diversamente dal saldo in conto capitale che appare costantemente in situazione di disavanzo (cfr. Figura 2). Tale deficit che si è accresciuto in particolare nella seconda parte del decennio in ragione di un progressivo calo del saldo di parte corrente e contestualmente di un progressivo peggioramento del saldo in conto capitale. Esaminando, infatti, la dinamica delle spese complessive la seconda parte del decennio mostra una crescita più accelerata della spesa totale (1,5% in media d’anno tra il 2002 e il 2007) rispetto al primo quinquennio (0,8% tra il 1996 e il 2001), mentre dal lato delle entrate si rileva un profilo di sviluppo mediamente più elevato e in decelerazione tra i due periodi, da 2,9% in media d’anno tra il 1996-2001 a 2,5% tra il 2002-2007. Complessivamente il saldo totale risulta negativo ma in via di attenuazione nel triennio 1996-1998, mentre nei tre anni successivi il progressivo incremento del saldo corrente più che compensa il deficit della parte capitale. Nei primi anni duemila si osserva, tuttavia, la riduzione del saldo attivo di parte corrente, con un saldo passivo in c/capitale che, benché lentamente, continua ad aumentare (con la sola eccezione del 2003). Il disavanzo di parte capitale è risultato in progressivo aumento a causa della sensibile riduzione delle entrate del 16% tra il 2004 e il 2006, a fronte di una spesa che in media è calata del 3,4% nel medesimo periodo. Il biennio 2006-2007 rileva un graduale ma progressivo miglioramento del saldo totale del Settore Pubblico Allargato. Questi anni appaiono caratterizzati da un notevole miglioramento del saldo di parte corrente, determinato principalmente dall’incremento delle entrate correnti e nello specifico da un incremento particolarmente intenso dei tributi propri (comprendenti imposte dirette, imposte indirette e altri tributi), in crescita del 7% nel biennio 2006-2007, dopo il calo delle entrate fiscali complessive registrata nel 2004-2005 (-2,9% in media d’anno). Pur con un andamento non lineare il saldo del Settore Pubblico Allargato ha registrato nel 1996-2007 un sostanziale miglioramento mostrando al termine del periodo un saldo positivo pari a 36.810 milioni di euro in valori costanti, sintesi di un differenziale negativo di parte capitale pari a -66.668 e divario positivo di parte corrente, pari a 103.478 milioni di euro. Prendendo in esame il saldo della componente solo riferita alla pubblica amministrazione (cfr. Figura 3), si nota una maggiore stabilità del saldo in c/capitale che, benché negativo, non evidenzia come per il settore pubblico allargato l’ampliamento più netto del differenziale nel corso del periodo esaminato. All’opposto il saldo corrente, positivo lungo tutto il periodo in esame, osserva un ampliamento nel decennio. Il saldo totale della Pubblica Amministrazione resta sempre positivo, grazie al saldo capitale che, benché negativo, non mostra elevati aumenti ed al contemporaneo miglioramento delle partite correnti. Il differenziale mostra un percorso crescente e abbastanza lineare nel tempo, ad eccezione del 2005, anno che ha

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registrato una netta riduzione del differenziale corrente sia prendendo in esame il Settore Pubblico Allargato, sia soffermandosi solo sulla pubblica amministrazione. Figura 2 Il saldo corrente, in conto capitale e totale del Settore Pubblico Allargato, anni 1996-2007

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Figura 3 Il saldo corrente, in conto capitale e totale della pubblica amministrazione, anni 1996-2007

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Saldo corrente Saldo c/capitale Saldo totale

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4 ANALISI DEL SALDO PER LIVELLO DI GOVERNO

Può essere interessante esaminare come la spesa erogata e le entrate si distribuiscano in media nel periodo esaminato per ciascun livello di governo e conseguentemente verificare per ciascun livello decisionale l’andamento del saldo. Tale operazione consente di utilizzare le informazioni della banca dati dei CPT per valutare lo stato e l’evoluzione del decentramento, anche in vista dell’attuazione prossima futura del federalismo fiscale in Italia. Per l’Amministrazione Centrale si rileva un’incidenza nettamente superiore, sia dal lato della spesa erogata pari al 56% sia dal lato delle entrate complessive che ammontano al 70% del totale (cfr. Figura 4). Tale incidenza resta sostanzialmente inalterata andando a considerare solo la spesa e le entrate correnti, mentre per quanto riguarda la parte capitale si nota una distribuzione più equilibrata per livelli di governo, benché anche qui l’Amministrazione Centrale detenga un peso preponderante, mantenendo superiore l’incidenza delle entrate sulle spese erogate (57% e 43% rispettivamente sulle entrate e spese in conto capitale). Figura 4 Distribuzione della spesa e delle entrate per livello di governo (incidenza media 1996-2007)

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Entrate correnti Spese correnti Entrate c/capitale Spese c/capitale Entrate totali Spese totali

La maggiore incidenza detenuta dall’Amministrazione Centrale convogliando il 70% delle entrate di parte corrente, che come ricordato derivano per circa la metà dai tributi propri, consente di evidenziare lungo tutto il periodo 1996-2007 un saldo attivo. L’evoluzione del differenziale, fatta eccezione per una lieve decelerazione al 2005, evidenzia un percorso crescente nel tempo sino a registrare nel 2007 il saldo attivo più elevato, pari a 173.281 milioni di euro (cfr. Figura 5).

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Il disavanzo delle amministrazioni regionali appare il più elevato in tutto il decennio considerato: se nel 1996 risultava pari a -45.095 milioni di euro, negli anni successivi si notano spunti di riduzione del deficit sino al 1999, anno in cui il saldo negativo appare quasi dimezzato, a -24.843. A partire dal 2000 il saldo corrente delle amministrazioni regionali mostra un deficit in forte crescita, sino al 2005, anno in cui le spese correnti superano le entrate correnti per il livello regionale per oltre 45.000 milioni di euro. Nel 2006 e 2007 si nota invece un’attenuazione del saldo che si attesta in quest’ultimo anno a -25.697, mostrando un deficit ancora molto elevato. Il saldo delle amministrazioni locali ha registrato anch’esso un’evoluzione negativa nel periodo 1996-2007, registrando un’accentuazione del deficit, attestatosi in quest’ultimo anno a -14.463. Analizzando gli altri livelli di governo, si può osservare come risulti stabile dal 1999 e pressoché a pareggio il saldo delle Imprese Pubbliche Locali, mentre le Imprese Pubbliche Nazionali mostrano una compensazione tra entrate e uscite negli anni compresi tra il 1996 e il 2000, per registrare progressivi disavanzi che arrivano a 32.731 milioni di euro nel 2007. Figura 5 Il saldo corrente nei livelli di governo del Settore Pubblico Allargato, anni 1996-2007

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Prendendo in esame il saldo in conto capitale si coglie un andamento più variabile rispetto all’evoluzione del saldo corrente. L’Amministrazione Centrale, diversamente da quanto si rileva nel grafico precedente mostra il maggiore disavanzo e un andamento piuttosto ballerino, che alterna anni in cui il deficit di parte capitale si è notevolmente abbassato - come nel 1998, nel 2001 e soprattutto nel 2003 - al confronto con altri anni come il 1999, 2000 e 2002 nei quali il disavanzo supera i 20.000 milioni di euro (cfr. Figura 6). Al 2007 il disavanzo di parte capitale delle amministrazioni centrali ammontare a -18.928 milioni di euro, allineandosi a quello delle amministrazioni locali, attestatosi in quest’anno a -17.283 milioni di euro. Per le amministrazioni locali il disavanzo è progressivamente salito nel corso del decennio quadruplicandosi a fine periodo. Le amministrazioni regionali continuano a presentare, invece, lungo il periodo un saldo negativo medio di -8.099 milioni di euro, ma senza evidenziare elevati scostamenti lungo il suo percorso. Per le Imprese Pubbliche Nazionali è rilevante come ci sia stato una progressiva attenuazione del disavanzo sino al 2001, anno che ha registrato un saldo positivo di 4.274 milioni di euro. A partire dal 2002 si è verificato un forte ampliamento del disavanzo che al 2006 risultava di 22.236 milioni di euro, per attenuarsi a fine periodo poco sopra i 15.000 milioni di euro. Le Imprese Pubbliche Locali mostrano invece un disavanzo inferiore, ma costante nel tempo, pari in media a -7.489 milioni di euro. Figura 6 Il saldo in conto capitale nei livelli di governo del Settore Pubblico Allargato, anni 1996-2007

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Il saldo complessivo del Settore Pubblico Allargato risente dell’evoluzione descritta della componente corrente e capitale. Nonostante il disavanzo di parte capitale lungo tutto il decennio, l’Amministrazione Centrale ottiene complessivamente un avanzo, che si mostra crescente nel tempo grazie al graduale miglioramento registrato dal saldo corrente. Per i livelli di governo locali e regionali i deficit di parte corrente e capitale sono sommati e appaiono più

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profondi per l’Amministrazione Regionale. Le Imprese Pubbliche Nazionali restano in sostanziale pareggio sino al 2001, beneficiando del progressivo miglioramento del saldo capitale in questo primo quinquennio, mentre nella seconda parte del decennio come visto emerge un progressivo deterioramento. Le Imprese Pubbliche Locali mantengono, invece, lungo tutto il periodo un saldo in sostanziale pareggio. Figura 7 Il saldo totale nei livelli di governo del Settore Pubblico Allargato, anni 1996-2007

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Il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario tra livelli di governi costituisce l’essenza stessa del federalismo fiscale. Prima della riforma del Titolo V, il coordinamento era concepito in termini strettamente gerarchici; lo Stato fissava i principi fondamentali del sistema tributario per i vari livelli di governo, istituiva con legge i tributi regionali e locali e definiva i limiti precisi dell’autonomia tributaria degli stessi enti. In applicazione della nuova normativa costituzionale, invece, lo Stato dovrebbe determinare solo i livelli essenziali per i servizi offerti dagli enti locali che investono diritti di cittadinanza (lettera m, art. 117) e stabilire i principi fondamentali del sistema tributario e della struttura finanziaria per livelli di governo, garantendo in particolare sistemi di perequazione adeguati. Le Regioni, provviste di risorse autonome, assumono così una posizione normativa di rilievo primario in quanto possono istituire tributi propri e “concordare” l’istituzione di tributi propri per gli enti locali, nel rispetto di principi fondamentali posti previamente dallo Stato centrale, quindi nell’ambito di una competenza legislativa concorrente. A partire dal 1997, nelle regole di finanziamento di Regioni ed Enti locali sono intervenute importanti innovazioni circa le modalità di erogazione dei trasferimenti erariali agli Enti locali, nonché riguardo all’emanazione di nuove norme in materia di contabilità, equilibrio e dissesto finanziario. Infatti, rispetto a un sistema di finanziamento regionale caratterizzato dalla prevalenza di entrate a destinazione vincolata, il processo che si è avviato consentirà alle Regioni - una volta a regime - di indirizzare autonomamente le proprie risorse al

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finanziamento di attività e programmi considerati prioritari, nonché di variare e differenziare i livelli di fiscalità. L’attuazione del D.lgs.446/1997 ha accresciuto l’autonomia impositiva delle regioni ordinarie che dal 1998 sono titolari dei gettiti dell’IRAP e dell’Addizionale IRPEF, le cui aliquote, entro limiti fissati dalla legge statale, possono essere modificate dalle Regioni. Inoltre a decorrere dal 1999 (L.449/1997) le regioni a statuto ordinario sono titolari del gettito derivante dalle tasse automobilistiche e, con il D.lgs.56/2000, si è previsto anche una compartecipazione all’accisa sulla benzina e all’IVA. La revisione del ruolo delle Regioni nell’ambito dell’ordinamento pubblico italiano (avviatasi con il D.lgs. 56/2000) appare in ogni caso ancora dipendente dagli esiti di quel processo di rafforzamento delle autonomie locali che viene definito come “costruzione del federalismo”. Dalla disamina dei dati CPT, si può notare come l’incidenza delle entrate delle amministrazioni centrali, per quanto elevata lungo tutto il periodo, si è ridotta nel corso del decennio a seguito delle riforme citate. Nel 1996 l’Amministrazione Centrale percepiva il 72% delle entrate totali, le amministrazioni regionali il 3%, le amministrazioni locali il 6%, mentre il restante 20% era percepito da Imprese Pubbliche Nazionali e Imprese Pubbliche Locali. Nel decennio si sono verificati cambiamenti significativi in relazione alla quota di Amministrazione Centrale e regionale (cfr. Figura 8). La prima sale solo nel 1997 al 75%, per evidenziare negli anni successivi una compressione sino al 67% nel 2007. L’Amministrazione Regionale mostra un andamento di segno opposto, ampliando progressivamente la propria incidenza che sale all’8% nel 2007 (3% nel 2006). In definitiva nel corso del periodo un certo decentramento si è indubbiamente verificato, dato l’aumento della quota di entrate tributarie percepite dagli enti territoriali (cfr. Figura 9). Figura 8 Incidenza delle entrate totali per livello di governo nel 1996-2007 (valori %)

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Analizzando l’andamento della quota tributi sulle entrate per i livelli di governo si registra uno spostamento nell’acquisizione di risorse dai trasferimenti dello stato ai tributi propri, variazioni da attribuire essenzialmente al potenziamento delle entrate tributarie delle regioni di cui alla legge finanziaria per il 1996, quelle del 1998-1999 all’introduzione dell’IRAP e dell’addizionale regionale all’IRPEF di cui al d.lgs. 446 del 1997. Mettendo tuttavia a confronto i valori del decentramento tributario con quelli del decentramento delle spese, emerge ancora un quadro fortemente sbilanciato: da un lato gli enti territoriali erano responsabili nel 2007 della gestione di una quota pari al 28% e dall’altro percepivano il 20% del gettito tributario. Figura 9 Quota del gettito tributario percepita da ogni livello di governo nel 1996-2007 (valori %)

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1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

AC AR AL

5 ANALISI A LIVELLO REGIONALE

La banca dati CPT, che considera le entrate e le uscite di cassa, permette di ottenere informazioni anche a livello regionale. È bene sottolineare che i dati regionali sono considerati al lordo della spesa con interessi. La ragione è che la ripartizione territoriale degli interessi è quella effettuata dalla RGS per l’Amministrazione Centrale. Questa localizza i pagamenti sulla base della ripartizione territoriale dei titoli del debito pubblico, ma ciò contribuisce a ripartire le spese secondo la distribuzione territoriale degli intermediari finanziari ai quali le famiglie affidano i propri risparmi (la spesa per interessi è concentrata prevalentemente in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Lazio). Questo contribuisce a distorcere i risultati perché la ripartizione territoriale è effettuata sulla base della ripartizione

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territoriale dei titoli di debito pubblico, ripartendo le spese secondo la distribuzione territoriale degli intermediari finanziari ai quali le famiglie affidano i propri risparmi. Quindi un uso dei dati che sommi alle altre voci di spesa settoriali regionalizzate anche gli oneri non ripartibili porta ad una lettura inesatta delle informazioni. Per tale ragione l’analisi regionale è stata condotta utilizzando una serie storica della spesa del Settore Pubblico Allargato rettificata dalla spesa per interessi e deflazionata al pari della restante analisi ai prezzi 2000. Prima di prendere in considerazione il saldo regionale, si rende opportuno iniziare l’analisi regionale a partire dalle entrate percepite e dalle spese erogate a livello regionale. Guardando la distribuzione territoriale della spesa (al netto della spesa per interessi), il 70,3% della spesa regionalizzata del Settore Pubblico Allargato, pari in media annua nel 1996-2007 a 676 miliari di euro a prezzi costanti nel periodo 1996-2007 è concentrato nelle regioni del Centro-Nord, mentre il 29,7% nel Mezzogiorno. Ogni abitante cittadino del Centro-Nord si è avvalso mediamente nel 1996-2007, in termini costanti, di 9.701 euro pro capite rispetto ai 12.832 euro del cittadino del Mezzogiorno, con un divario medio di 2.474 euro. La spesa in conto capitale, quota molto ridotta della spesa pubblica complessiva, ha mantenuto un andamento più favorevole nelle regioni meno sviluppate, in linea con gli obiettivi di riequilibrio, sostenuta dalla componente di spesa finalizzata allo sviluppo territoriale (alimentata dalle risorse nazionali del Fondo per le Aree Sottoutilizzate (FAS) e dai Fondi Strutturali comunitari). La funzione riequilibratrice a favore del Mezzogiorno si è tuttavia andata riducendo a partire dal 2002, soprattutto a causa della notevole concentrazione degli investimenti delle Imprese Pubbliche Nazionali nel Centro-Nord. La spesa corrente, pari a circa il 90% della spesa complessiva, determina la maggiore differenziazione territoriale tra Centro-Nord e Mezzogiorno: a fronte di una spesa corrente media di 12.041 euro nel Centro-Nord, la media del Mezzogiorno è di 9.256. Se quindi si considera la distribuzione regionale della spesa (cfr. Figura 10) si nota un quadro differenziato tra le singole regioni. La spesa pro capite appare più elevata in Valle d’Aosta, Lazio, Liguria, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Sardegna, mentre risulta più ridotta in Calabria, Puglia e Campania. Un cittadino della Campania ha beneficiato in media lungo il periodo 1996-2007 di una spesa pari a 8.893 rispetto ad una spesa pro capite di oltre 20.000 euro di cui beneficia un cittadino della Valle d’Aosta. La distribuzione territoriale della spesa totale è dunque piuttosto diversificata: è più alta al Nord che al Sud, ma è anche più alta nelle regioni a statuto speciale rispetto a quelle a statuto ordinario. Il differenziale tra il Nord e il Sud del paese è in parte spiegato dalla maggiore incidenza della spesa pro capite previdenziale nelle regioni del Centro-Nord, che notoriamente presentano tassi di occupazione più elevati. Inoltre la sperequazione, rilevante e persistente in molti servizi essenziali quali l’energia, la sanità, il ciclo integrato dell’acqua, i rifiuti, non risulta ridursi negli anni recenti, nonostante il trasferimento di funzioni alle autonomie locali, con conseguente decentramento delle spese e

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delle entrate verso livelli di governo inferiori. Gli enti della extra pubblica amministrazione, in particolare le Imprese Pubbliche Nazionali, essendo sempre più guidate da logiche di bilancio aziendali hanno orientato la propria attività verso le aree più ricche e profittevoli del paese, svolgendo una minore azione redistributiva tra le aree del paese. Figura 10 La spesa e le entrate medie pro capite nel periodo 1996-2007

Spesa media pro capite 1996-2007(al netto degli interessi)Entrata media pro capite 1996-2007

Dal lato delle entrate pro capite, essendo queste legate alla capacità fiscale del territorio ci si attende che nelle zone del paese economicamente più sviluppate esse rappresentino una quota maggiore delle entrate correnti. A parità di aliquote, infatti, negli enti territoriali delle aree ricche i tributi producono un gettito maggiore e supponendo simile la spesa pro capite, dovrebbe essere minore il sostegno finanziario fornito dallo stato mediante trasferimenti a carico della collettività nazionale. Esaminando la distribuzione regionale, il prelievo tributario appare nuovamente più elevato nell’area centro-settentrionale in termini pro capite, confrontando i 15.358 euro del Centro-Nord agli 8.205 euro pro capite pagati dagli abitanti del Mezzogiorno. Essendo la struttura del prelievo tributario identica in tutto il paese, differenze significative di entrate pro capite sono da attribuire alla concentrazione della base imponibile nel Nord e alla tassazione tendenzialmente progressiva del sistema tributario italiano. Se il flusso pro capite viene posto in relazione alla dimensione economica dei territori, mettendo in relazione la pressione tributaria alla dimensione economica lo sforzo finanziario del Mezzogiorno non appare tanto inferiore a quello di altre regioni del Centro-Nord. La diversa incidenza del prelievo tributario sul PIL delle singole aree, in particolare tra Nord e Sud (si va da una pressione tributaria del 26% in Basilicata al 35% della Liguria, cfr.

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Figura 11), si lega a motivi fisiologici come la diversa struttura della base imponibile e la concessione al Sud di agevolazioni fiscali per incentivare lo sviluppo economico, ma anche da un maggiore tasso di evasione delle imposte. Figura 11 La pressione tributaria in relazione alla dimensione economica (media 1996-2007, prezzi costanti)

SardegnaSicilia

CalabriaBasilicata

PugliaCampania

Molise Abruzzo

Lazio

MarcheUmbria

Toscana Emilia R.

Liguria

Friuli V.G.

Veneto Trentino A.A.

LombardiaValle d'AostaPiemonte

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12.000 14.000 16.000 18.000 20.000 22.000 24.000 26.000 28.000 30.000

Pil pro capite medio 1996-2007

Pres

sion

e tr

ibut

aria

L’analisi condotta sul lato delle entrate e delle spese consente di meglio inquadrare il saldo regionale. Il saldo regionale è certamente un indicatore imperfetto in quanto prescinde dai fabbisogni e dalla situazione economica della regione, ma in questo contributo si pone strumento di analisi rispetto al dibattito in corso su decentramento amministrativo e federalismo fiscale. L’analisi dei saldi regionali, benché depurati dall’effetto della spesa per interessi, mostra infatti come le regioni del Mezzogiorno mostrino differenziali negativi tra le entrate e le uscite pro capite, legate dal lato delle entrate alla minore capacità fiscale già descritta delle aree più deboli e dal lato della spesa, benché questa rimanga in media inferiore rispetto ad altre aree del paese, non può scendere al di sotto di un certo ammontare, pena la non garanzia di alcuni servizi essenziali. In un paese come l’Italia, dove la capacità fiscale del Mezzogiorno è largamente inferiore a quella del Nord, risulta quindi evidente che gli enti territoriali localizzati nel Sud, con il loro gettito fiscale non sarebbero in grado di fornire ai cittadini servizi comparabili, in termini qualitativi e quantitativi, con quelli degli altri Enti. Gli attuali trasferimenti dello Stato volti ad integrare le entrate tributarie di regioni ed enti locali svolgono quindi un ruolo fondamentale nel garantire l’unità del paese, ma anche per rendere concretamente possibile il decentramento di funzioni dal centro alle autonomie territoriali. Guardando l’evoluzione del saldo pro capite nel 1996-2007 deflazionato e al netto della spesa per interessi si nota come mediamente l’area meridionale presenti un differenziale negativo

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più elevato, in particolarmente nelle isole, in Calabria e Basilicata, mentre l’area settentrionale presenta quasi sempre un differenziale regionale in attivo. Guardando all’evoluzione del saldo nel corso del decennio si nota come in media poche regioni hanno evidenziato guadagni del differenziale tra il 1996-2001 e il 2002-2007 (cfr. Figura 12). Figura 12 Il saldo medio pro capite 1996-2007 (al netto della spesa per interessi) (a) e confronto saldo medio pro capite periodi 1996-2001 e 2002-2007 (b) (a) (b)

Saldo medio pro capite 1996-2007(al netto della spesa per interessi)

-2573 - -2005-1518 - -986-785 - 5641203 - 19692517 - 4752

SardegnaSicilia

Calabria Basilicata

PugliaCampania

Molise

Abruzzo

Lazio

Marche

Umbria

Toscana

Emilia R.

Liguria

Friuli V.G.

Veneto

Trentino A.A.

Lombardia

Valle d'Aosta

Piemonte

-6.000

-4.000

-2.000

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2.000

4.000

6.000

-6.000 -4.000 -2.000 0 2.000 4.000 6.000

saldo pro capite medio 1996-2001

sald

o pr

o ca

pite

med

io 2

002-

2007

Saldo negativo

Saldo negativo

Saldo positivo

Saldo positivo

Tra queste rilevano un’attenuazione del differenziale negativo di Calabria e Valle d’Aosta e un aumento di quello attivo solo in Friuli Venezia Giulia. A livello nazionale lungo il periodo 1996-2007 la spesa media pro capite deflazionata è cresciuta l’1,7% in media d’anno, a fronte di un incremento medio delle entrate di poco superiore, pari all’1,9%. Sempre con riferimento alla dinamica media nazionale, diverse regioni hanno mostrato lungo l’intero periodo una crescita più accelerata della media italiana della spesa media pro capite contestualmente ad un incremento inferiore dell’Italia delle entrate come Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Marche e Puglia (colorate in rosso in Figura 11a). Al contrario altre regioni quali Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Valle d’Aosta, Liguria e Friuli Venezia Giulia hanno evidenziato incrementi mediamente più elevati della media italiana dal lato delle entrate per abitante mentre la spesa erogata è stata inferiore a quella media nazionale (colorate in verde in Figura 11a). Queste aree hanno quindi evidenziato mediamente una crescita delle entrate pro capite regionale superiore alla dinamica media delle spese erogate. In Figura 11b si può notare come tale differenziale risulti più elevato in Valle d’Aosta, Calabria, Lazio, ma risulti positivo in molte altre regioni italiane. All’opposto in Sicilia, Puglia, Marche, Umbria, Emilia Romagna,

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Umbria, Lombardia e Piemonte la crescita media della spesa erogata è stata superiore alle entrate. Figura 11 La dinamica delle entrate e delle spese nel 1996-2007 rispetto alla dinamica nazionale (a) e differenziale di crescita regionale (b)

(a) (b)

var. % m.a. 1996-2007

Spese pro capite

var. % > media Italiavar. % > media Italiavar. % < media Italiavar. % > media Italiavar. % > media Italiavar % < media Italiavar. % < media Italia

Entrate pro capite

var. % < media Italia

-1,0 0,0 1,0 2,0 3,0

Piemonte

Valle d'Aosta

Lombardia

Trentino A.A.

Veneto

Friuli V.G.

Liguria

Emilia R.

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

La riforma del Titolo V della Costituzione attribuisce molta importanza al principio di sussidiarietà in base alla quale le funzioni dovrebbero essere gestite e quindi le spese erogate soprattutto dagli Enti locali, in quanto livello di governo più vicino ai cittadini, salvo che ciò non entri in contrasto con un corretto ed efficace esercizio delle funzioni stesse. In questo quadro le regioni, pur essendo le prime destinatarie delle funzioni conferite dallo Stato, dovrebbero a loro volta trasferire gran parte delle funzioni e delle risorse ottenute agli enti locali. Una corretta attuazione del principio di sussidiarietà dovrebbe comportare quindi dal lato finanziario un incremento delle spese finali in particolare degli Enti locali, ma anche un aumento dei trasferimenti di risorse dalle Regioni a Comuni, Province e Città metropolitane. Va, infatti, osservato che l’aumento della spesa decentrata dovrebbe anche aumentare il livello di decentramento del gettito tributario, come previsto dall’art.119 in base al comma 4, in misura tale che almeno gli enti con maggiore capacità fiscale possano coprire il costo delle funzioni ad essi attribuite con tributi propri, compartecipazioni a tributi erariali e altre entrate

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proprie. L’analisi dei saldi regionali ha messo in evidenza un incremento medio della spesa che in talune regioni si è rivelato superiore alle entrate, determinando un ampliamento del differenziale negativo o una riduzione di quello attivo. Andando in questo ultimo stadio dell’analisi ad esaminare la copertura per livelli di governo delle entrate e spese totali deflazionate e al netto della spesa per interessi, si rileva come ancora le amministrazioni regioni e locali e le Imprese Pubbliche Nazionali registrino deficit sul tutto il territorio (cfr. Figura 13), mettendo in evidenza come l’autonomia tributaria regionale non sia ancora sufficiente a coprire le spese in aumento dei servizi chiamate a svolgere. Affiancare quindi ad un'analisi delle variabili di spesa e di entrate, qualche evidenza sui divari arricchisce il quadro conoscitivo, benché l’analisi per saldi incontri problemi metodologici. Da un lato l’analisi delle entrate e delle spese pone in primo piano la dimensione dei divari tra il Nord e il Sud del paese, portando l’attenzione sulla necessità di una modalità distributiva, che prende atto del dualismo rilevante e persistente e tenga in considerazione i fabbisogni delle diverse aree territoriali. Dall’altro la segmentazione per livello di governo pone l’attenzione sull’attuale copertura delle spese erogate, attribuite in misura sempre maggiore ai livelli di governo più vicini ai cittadini ed evidenzia come l’Amministrazione Centrale sia ancora il punto di riferimento principale per gli enti locali, che godono di un'autonomia tributaria ancora molto parziale. Figura 13 Il saldo medio 1996-2007 (al netto della spesa per interessi) per livelli di governo

Saldo medio 1996-2007Settore Pubblico Allargato

-10589 - -3996-3621 - -394-292 - 4671144 - 697010737 - 43512

Saldo medio 1996-2007Amministrazione Centrale

1358 - 70599316 - 1063012246 - 2234626837 - 4393545519 - 111635

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Saldo medio 1996-2007Amministrazione Regionale

-6848 - -3414-3010 - -2276-2241 - -1256-1230 - -892-566 - -338

Saldo medio 1996-2007Amministrazione Locale

-3297 - -1836-1781 - -1441-1321 - -1059-746 - -685-571 - -158

Saldo medio 1996-2007Imprese Pubbliche Nazionali

-6592 - -1616-1061 - -359-146 - 2780 - 406527 - 1851

Saldo medio 1996-2007Imprese Pubbliche Locali

-2294 - -609-561 - -374-348 - -219-180 - -121-70 - -11

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Bibliografia

Ministero dello sviluppo economico, CPT, Sistan, AA.VV. Guida ai conti pubblici territoriali (CPT), Aspetti metodologici e operativi per la costruzione di conti consolidati di finanza pubblica a livello regionale

Materiali Uval, Numero 14 – anno 2007, Guida ai conti pubblici territoriali (CPT), Atti del

seminario di presentazione Ministero dello sviluppo economico, Rapporto annuale del DPS 2008 Viesti G. (2009) Mezzogiorno a tradimento, Laterza editore D. Fausto, Politica di decentramento, autonomia e federalismo fiscale, in Rivista economica

del Mezzogiorno Anno XXI, 2007 n.1 Barca, Cappiello, Ravoni, Volpe (a cura di) (2006), Federalismo, equità, sviluppo. I risultati

delle politiche pubbliche analizzati e misurati dai Conti Pubblici Territoriali, Il Mulino editore

Falasca, Lottieri (2008), Come il federalismo fiscale può salvare il Mezzogiorno, Rubbettino

editore

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ABSTRACT

After more than 10 years of activity, nowadays the database of Conti Pubblici Territoriali represents a solid and operating work instrument, although there is a large space for further developments. According to three different criteria of analysis this work pursues the goal to analyze the evolution of the balance between income and expenditure. The aim is also to give a valid instrument to analyze the financial dynamics of the 1996-2007 decade, in light of the first accomplishments of local tax structure and of the existing discussion about the approval of the bill that aims to carry out dispositions of art. 119, [Title V, Italian Constitution], defining structural mechanisms of the fiscal federalism. In particular, both the regional balances and the local government structures analysis have put this survey in a controversial topic: the fiscal federalism. On the one hand, the balance analysis between income and expenditure, moves to the foreground the entity of the differences between the North and the South, underlining the need of a distribute modality that takes care about demands from the different areas. On the other hand, the segmentation of government levels focuses the attention on the present increasing funds supplied to those governments that are closer to citizens, and highlights how the central administration is still the datum point for local institutions who still have a partial tax autonomy.