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Doc. XVII-bis n. 7 DOCUMENTO APPROVATO DALLA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER LE QUESTIONI REGIONALI nella seduta del 13 ottobre 2016 A CONCLUSIONE DELL’INDAGINE CONOSCITIVA deliberata nella seduta dell’11 novembre 2015 SULLA FORME DI RACCORDO TRA LO STATO E LE AUTONOMIE TERRITORIALI, CON PARTICOLARE RIGUARDO AL ‘SISTEMA DELLE CONFERENZE’ (Articolo 144, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati) Trasmesso alle Presidenze il 18 ottobre 2016 STABILIMENTI TIPOGRAFICI CARLO COLOMBO CAMERA DEI DEPUTATI SENATO DELLA REPUBBLICA XVII LEGISLATURA

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Doc. XVII-bisn. 7

DOCUMENTO APPROVATODALLA COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE QUESTIONI REGIONALI

nella seduta del 13 ottobre 2016

A CONCLUSIONE DELL’INDAGINE CONOSCITIVA

deliberata nella seduta dell’11 novembre 2015

SULLA FORME DI RACCORDO TRA LO STATO E LEAUTONOMIE TERRITORIALI, CON PARTICOLARE

RIGUARDO AL ‘SISTEMA DELLE CONFERENZE’

(Articolo 144, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati)

Trasmesso alle Presidenze il 18 ottobre 2016

STABILIMENTI TIPOGRAFICI CARLO COLOMBO

CAMERA DEI DEPUTATI SENATO DELLA REPUBBLICA

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Sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali,con particolare riguardo al ‘sistema delle conferenze’.

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO

I N D I C E

1. PREMESSA .................................................................................... 5

2. IL SISTEMA DELLE CONFERENZE ........................................ 7

2.1 Assetto attuale: introduzione ............................................... 7

2.2 Composizione e attività delle Conferenze intergovernative .. 8

2.3 Le Conferenze orizzontali .................................................... 9

2.4 La giurisprudenza costituzionale sulla centralità del ‘si-stema delle conferenze’ nei rapporti tra Stato e autonomieterritoriali ............................................................................... 11

2.5 Punti di forza e di debolezza del ‘sistema delle conferenze’nel sistema attuale ................................................................ 14

3. LA RIFORMA COSTITUZIONALE IN ITINERE ED IL RAC-CORDO TRA LO STATO E GLI ENTI TERRITORIALI ........ 19

3.1 Il Senato come Camera rappresentativa delle istituzioniterritoriali ............................................................................... 20

3.2 Il ‘sistema delle conferenze’ a seguito della riformacostituzionale in itinere: soppressione o riordino ............ 23

3.3 Le funzioni attribuite al Senato ed il riordino del ‘sistemadelle conferenze’ .................................................................... 26

3.3.1 La rappresentanza delle istituzioni territoriali e lacomposizione del Senato ............................................... 28

3.3.2 Il raccordo e le altre funzioni attribuite al Senato edil sistema delle conferenze ............................................ 35

3.3.3 La funzione legislativa ................................................... 38

3.3.4 La funzione di partecipazione ai processi decisionalidell’Unione europea ........................................................ 40

3.3.5 L’attività di valutazione ................................................. 42

3.4. Le modifiche al titolo V ed il principio di leale collabo-razione ................................................................................... 44

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4. PROPOSTE DI RIORDINO DELL’ASSETTO DELLE CON-FERENZE ...................................................................................... 48

4.1. Proposte di riordino del sistema di raccordo a costitu-zione invariata ...................................................................... 48

4.1.1 Attuazione dell’articolo 11 della legge costituzionalen. 3 del 2001 ................................................................... 48

4.1.2 La razionalizzazione delle attuali conferenze ............ 49

4.1.3 Maggiore autonomia dall’Esecutivo .............................. 50

4.1.4 La rappresentanza degli enti locali ............................. 51

4.1.5 Istituzione della Conferenza degli Esecutivi ............... 52

4.2 Proposte di riordino del ‘sistema delle conferenze’ nelnuovo assetto costituzionale ................................................ 52

4.2.1 Proposte di riordino nell’ambito della funzione legi-slativa ................................................................................ 61

4.2.2 Proposte di riordino nell’ambito della funzione rego-lamentare e della funzione amministrativa ................ 62

4.2.3 Ulteriori proposte di riordino: ...................................... 64

a) nell’ambito della funzione di valutazione .................... 64

b) nell’ambito della partecipazione ai processi decisionalidell’Unione europea ......................................................... 64

4.2.4 Proposte di coordinamento fra il Senato e il ‘sistemadelle conferenze’ ............................................................. 64

4.2.5 La Commissione bicamerale per le questioni regionalinell’ambito della riforma ............................................... 69

5. PROFILI DI DIRITTO COMPARATO ........................................ 70

5.1 Premessa ................................................................................. 70

5.2. Sulla provenienza dei componenti delle Camere territoriali . 71

5.3. Sul ‘sistema delle conferenze’ ............................................ 74

5.4 Sulle forme di partecipazione delle seconde camere allepolitiche UE ........................................................................... 79

5.5 Sulla ‘clausola di supremazia’ ............................................. 82

5.6 Sulle procedure di negoziazione tra lo Stato e le auto-nomie territoriali ................................................................... 83

5.7 Sulla Conferenza delle Assemblee legislative delle Regionie delle Province autonome .................................................. 86

6. CONCLUSIONI .............................................................................. 87

6.1. Prospettive a Costituzione vigente: possibili interventi diriordino del sistema di raccordo tra Stato e autonomie .... 88

6.2. Prospettive a Costituzione modificata: la revisione delsistema di raccordo tra Stato e autonomie ..................... 90

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1. PREMESSA

La Commissione parlamentare per le questioni regionali, conte-stualmente al raggiungimento di uno stadio avanzato dell’iter di esamedel disegno di legge di riforma costituzionale – ora approvato in viadefinitiva dalle Camere ed in attesa dello svolgimento del referendumapprovativo – ha fatto propria l’esigenza di una riflessione sistematicasulle forme di raccordo fra Stato e autonomie territoriali, alla luce delruolo che la riforma attribuisce al Senato, con specifico riferimentoalle funzioni di rappresentanza delle istituzioni territoriali e diraccordo tra gli enti costitutivi della Repubblica. A tal fine in data 11novembre 2015 la Commissione ha deliberato l’avvio dell’indagineconoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomieterritoriali con particolare riguardo al ‘sistema delle conferenze’.

L’indagine si è mossa con un duplice obiettivo: da un lato,verificare l’impatto delle nuove disposizioni costituzionali (qualora ilreferendum abbia un esito approvativo della riforma costituzionale initinere) sul sistema vigente, al fine di offrire elementi utili per unincisivo riordino delle forme di raccordo, tenendo conto anche deipunti di forza e di debolezza dell’attuale ‘sistema delle conferenze’;dall’altro, acquisire elementi istruttori utili (nell’eventualità che ilreferendum non abbia esito approvativo) per verificare se – ad oltretrentadue anni dall’istituzione della Conferenza Stato-Regioni e dopoalcuni tentativi di riforma – sia opportuno, ed eventualmente secondoquali linee direttrici, un riordino complessivo delle Conferenze aCostituzione vigente.

La Commissione ha dedicato allo svolgimento dell’indagine co-noscitiva 20 sedute dall’13 gennaio al 21 luglio 2016, nelle quali sonostati ascoltati rappresentanti del Governo (Maria Elena Boschi,ministra per le riforme costituzionali e per i rapporti con ilParlamento, Angelino Alfano, ministro dell’interno, Beatrice Lorenzin,ministra della salute, Gianclaudio Bressa, sottosegretario di Stato pergli affari regionali e le autonomie, Enrico Costa, ministro per gli affariregionali e le autonomie), professori esperti della materia (FrancoBassanini, Raffaele Bifulco, Guido Rivosecchi, Luca Castelli, MassimoCarli, Paolo Caretti, Antonio D’Atena, Marco Olivetti, Marcello Cec-chetti, Alessandro Morelli, Simone Pajno, Stelio Mangiameli, LucianoVandelli, Massimo Luciani, Enzo Moavero Milanesi, Jörg Luther, AnnaMastromarino, Nicola Lupo), la Corte dei conti (Raffaele Squitieri,presidente della Corte dei conti), rappresentanti degli organi portatoridegli interessi delle autonomie territoriali (Franco Iacop, coordinatoredella Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative delleRegioni e delle Province autonome, Stefano Bonaccini, presidentedella Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, MatteoRicci, vicepresidente dell’ANCI, Giuseppe Rinaldi, presidente dell’UPILazio, Enrico Borghi, presidente dell’UNCEM), funzionari del governoe delle conferenze (Guido Carpani, consigliere della Presidenza delConsiglio dei ministri, Marcello Mochi Onori, segretario generale dellaConferenza delle Regioni e delle Province autonome, Antonio Naddeo,direttore della Conferenza Stato-Regioni, Paolo Pietrangelo, direttore

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generale della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislativedelle Regioni e delle Province autonome).

La Commissione si è altresì avvalsa della consulenza, a titologratuito, del professor Giacomo D’Amico, del dottor Antonino Iaco-viello, dell’avvocato Giuseppe Ribaudo, del professor Gaetano Armao,della consigliera Donatella Scandurra e della dottoressa MaristellaVicini.

Nel corso dello svolgimento dell’indagine, come sarà illustrato nelprosieguo del documento, è emerso che la riforma costituzionale nonimpone la soppressione del ‘sistema delle conferenze’. Piuttosto, unaconvivenza fra il “nuovo” Senato e le conferenze è ritenuta opportunain una prospettiva di sistema. Del resto, nei sistemi federali eregionali, anche in quelli caratterizzati da una consolidata presenzadi Camere delle autonomie territoriali, si registra una pluralità disistemi di raccordo.

Ciò premesso, la riforma costituzionale pone tuttavia in modoineludibile l’esigenza di procedere ad una riflessione sulle funzioni delsistema delle Conferenze, per la definizione del quale occorre muoveredal ruolo che la Costituzione attribuisce al “nuovo” Senato. Occorre,in sostanza, partire dalla finalità stessa della riforma di superare unadelle principali criticità del regionalismo italiano, riconducibile al-l’assenza di sedi e istituti di cooperazione tra Stato e autonomie nellaformazione delle leggi e nella definizione delle politiche pubbliche.

La Corte costituzionale (nella sentenza n. 6 del 2004) ha del restoriconosciuto alle conferenze il ruolo di sede di raccordo e persegui-mento della leale collaborazione, nei casi di intervento dello Statonelle materie di competenza concorrente e residuale delle Regioni,fondandolo sulla « perdurante assenza di una trasformazione delleistituzioni parlamentari e, più in generale, dei procedimenti legisla-tivi » idonea a garantire le autonomie territoriali. Assenza dovutaanche, come noto, alla mancata attuazione della disposizione costi-tuzionale (articolo 11, commi 1 e 2 (1), della legge costituzionale n. 3del 2001), che prevede la possibilità di integrare la composizione dellaCommissione parlamentare per le questioni regionali con rappresen-tanti di Regioni, Province autonome ed enti locali e attribuisce aipareri resi dalla medesima Commissione, così integrata, su disegni dileggi vertenti su materie di competenza concorrente o attinenti allafinanza regionale e locale, un valore rinforzato (nello stesso senso, cfr.anche sentenze n. 7/2016, n. 278/2010, n. 401/2007, n. 383/2005).

L’esigenza di porre mano ad una rivisitazione dell’attuale sistemadi raccordo, come è emerso nell’ambito della procedura informativa,si impone, tuttavia, anche a prescindere dalla riforma costituzionalee, pertanto, anche dall’esito del referendum costituzionale.

(1) Art. 11. – « 1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda dellaCostituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possonoprevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli entilocali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali. 2. Quando un progetto di leggeriguardante le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e all’articolo 119 della Costituzionecontenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrataai sensi del comma 1, abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionatoall’introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la Commissione che ha svolto l’esamein sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti parti del progetto di legge l’Assembleadelibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti ».

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Nel prosieguo del Documento, si svolgerà preliminarmente uninquadramento dell’assetto attuale delle conferenze e del ruolo svoltosino ad oggi, con particolare riferimento ai punti di forza e debolezzadel sistema. A seguire, sarà valutato l’impatto dell’eventuale appro-vazione della riforma costituzionale, soffermandosi in particolare sulrapporto tra il nuovo Senato ed il ‘sistema delle conferenze’. Si daràdunque conto delle proposte che sono emerse nel corso delle audizioniin entrambe le ipotesi (Costituzione vigente e Costituzione modificata).Per completare il quadro, ci si soffermerà sui profili di dirittocomparato rilevanti ai fini delle tematiche trattate dall’indagineconoscitiva.

2. IL SISTEMA DELLE CONFERENZE

2.1 Assetto attuale: introduzione

Con il termine ‘sistema delle conferenze’ ci si riferisce ai seguentitre organismi intergovernativi a composizione mista, costituiti darappresentanti dello Stato e delle autonomie territoriali: la Conferenzapermanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Provinceautonome (d’ora innanzi Conferenza Stato-Regioni); la ConferenzaStato – Città ed autonomie locali; la Conferenza unificata. Si trattadi organismi che, nell’assetto costituzionale vigente, rappresentano lesedi istituzionali privilegiate di confronto e raccordo tra lo Stato, leRegioni e gli enti locali.

Alle conferenze intergovernative, si affiancano le conferenzecosiddette orizzontali (per distinguerle dalle precedenti in cui prevaleil carattere verticale), in cui il raccordo è fra gli enti territoriali stessi.Fra queste si distinguono la Conferenza delle Regioni e delle provinceautonome e la Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislativedelle Regioni e delle Province autonome. Ad esse si aggiungonoulteriori forme di organizzazione riguardanti gli enti locali, realizzatedall’ANCI, dall’UPI e dall’UNCEM. Si tratta in questo caso diassociazioni di carattere privatistico, che hanno spesso peraltrotrovato un riconoscimento a livello legislativo nell’ambito delle pro-cedure concernenti gli enti territoriali.

Sin dall’inizio degli anni Ottanta si era avvertita l’esigenza diistituire sedi di confronto e coordinamento fra lo Stato e le autonomieterritoriali, in un quadro costituzionale che non contemplava unaCamera in rappresentanza delle autonomie, né specifici meccanismi diraccordo politico-istituzionale con i territori.

La prima ad essere istituita è stata la Conferenza Stato-Regioni,con il DPCM 12 ottobre 1983, e, a seguire, negli anni Novanta sonostate introdotte nell’ordinamento la Conferenza Stato-Città, con DPCM2 luglio 1996, e la Conferenza unificata, con il decreto legislativon. 281 del 1997.

Il ‘sistema delle conferenze’ è attualmente disciplinato, per gliaspetti generali, dall’articolo 12 della legge n. 400 del 1988 (conriferimento alla Conferenza Stato-Regioni) e dal decreto legislativon. 281 del 1997, ai quali si affiancano disposizioni integrative di rango

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legislativo su specifici aspetti, come ad esempio la legge n. 234 del2012, recante norme generali sulla partecipazione dell’Italia allaformazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’U-nione europea, che attribuisce un ruolo di rilievo alle conferenze neldialogo con l’Unione europea.

Come è stato segnalato anche nel corso delle audizioni, ledisposizioni che disciplinano la composizione ed il funzionamento delsistema non sono mai state adeguate alla riforma del Titolo V dellaParte II della Costituzione, che, nel 2001, ha profondamente modi-ficato l’ordinamento costituzionale delle autonomie territoriali e,conseguentemente, ha inciso sul sistema dei rapporti tra lo Stato e leautonomie territoriali medesime.

2.2 Composizione e attività delle Conferenze intergovernative

La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni ele Province autonome di Trento e di Bolzano (Conferenza Stato-Regioni), istituita presso la Presidenza del Consiglio, è presieduta dalPresidente del Consiglio dei ministri, o, su sua delega, dal Ministro pergli affari regionali ovvero, se tale incarico non è attribuito, da altroMinistro.

Ne fanno parte i Presidenti delle Regioni a statuto speciale eordinario e i Presidenti delle province autonome di Trento e diBolzano.

Alle riunioni della Conferenza sono invitati, dal Presidente delConsiglio, i Ministri interessati agli argomenti iscritti all’ordine delgiorno, nonché rappresentanti di amministrazioni dello Stato e di entipubblici (articolo 12, comma 2, della legge n. 400 del 1988).

La Conferenza Stato-città e autonomie locali, secondo la normativavigente, È « presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, susua delega, dal Ministro dell’interno o dal Ministro per gli affariregionali nella materia di rispettiva competenza; ne fanno parte altresìil Ministro del tesoro e del bilancio e della programmazione econo-mica, il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, ilMinistro della sanità, il Presidente dell’Associazione nazionale deicomuni d’Italia (ANCI), il Presidente dell’Unione province d’Italia(UPI) e il Presidente dell’Unione nazionale comuni, comunità ed entimontani (UNCEM). Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci desi-gnati dall’ANCI e sei presidenti di provincia designati dall’UPI. Deiquattordici sindaci designati dall’ANCI cinque rappresentano le cittàindividuate, dall’articolo 17 della legge n. 142 del 1990 » (poi confluitonell’articolo 22 del Tuel), come centro delle aree metropolitane. « Alleriunioni possono essere invitati altri membri del Governo, nonchérappresentanti di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici »(articolo 8, comma 2, del decreto legislativo n. 281 del 1997).

La Conferenza unificata è presieduta dal Presidente del Consigliodei ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o,se tale incarico non è conferito, dal Ministro dell’interno.

Ne fanno parte i componenti della Conferenza Stato-Regioni edella Conferenza Stato-città e autonomie locali (articolo 8 del decretolegislativo n. 281 del 1997).

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Quanto all’attività svolta dal ‘sistema delle conferenze’ intergo-vernative, essa si esplicita essenzialmente attraverso i pareri (facol-tativi od obbligatori), le intese (che rivestono un carattere obbligato-rio), gli accordi (che hanno un carattere facoltativo), le deliberazioni,le designazioni, oltre ad attività di scambio di dati e informazioni.

Il segretario pro tempore della Conferenza Stato-Regioni e dellaConferenza unificata, nella propria audizione, ha richiamato lestatistiche riguardanti il lavoro svolto dalle due Conferenze. Nel 2014sono state svolte 21 sedute della Conferenza Stato-Regioni, con 221ordini del giorno iscritti e 196 atti adottati; nel 2015 le sedute dellaConferenza Stato-Regioni sono state 22, 302 gli ordini del giornoiscritti e 239 gli atti adottati.

L’attività preponderante della Conferenza è quella sulle intese esugli accordi. Nel 2014 le intese raggiunte sono state 72 e le mancateintese 5, mentre nel 2015 sono state 91 le procedure avviate peraddivenire ad intese, con 2 mancate intese. Gli accordi sono stati 20nel 2014 e 31 nel 2015.

L’attività della Conferenza si estrinseca altresì in pareri su disegnidi legge e su decreti-legge del Governo. Nel 2014 i pareri dellaConferenza Stato-Regioni sono stati 50, nel 2015 sono stati 65.

L’attività più rilevante è proprio quella sulle intese, che si esplicanella normazione secondaria, mentre i pareri vengono dati sullanormazione primaria e le intese e gli accordi vengono fatti su attiregolamentari, su attività di raccordo tra lo Stato e le Regioni.

Per quanto riguarda la Conferenza unificata, i dati sono i seguenti:19 sedute nel 2014 e 14 nel 2015, 193 gli ordini del giorno iscritti nel2014, 188 nel 2015, 162 gli atti adottati nel 2014, 136 nel 2015. Leintese sono state 39 nel 2014, anno in cui non c’è stata alcuna mancataintesa, mentre sono state 28 nel 2015, di cui una mancata intesa; gliaccordi sono stati 15 nel 2014 e 12 nel 2015.

2.3 Le conferenze orizzontali

La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome si ècostituita, con la denominazione di Conferenza dei Presidenti delleregioni e delle province autonome, nel 1981, nella persona deiPresidenti delle Regioni a statuto ordinario e a statuto speciale e deiPresidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano, conl’obiettivo di operare come momento di raccordo delle Regioni con ilGoverno nazionale, con il Parlamento, con il sistema degli Enti locali »(Atto costitutivo, Pomezia 1981).

Nel 2005, la Conferenza – il cui funzionamento fino ad allora erastato demandato alla prassi – ha adottato un proprio regolamento, poiintegrato da Linee interpretative.

All’articolo 1 del Regolamento vengono elencate le finalità dellaConferenza: a) definire, promuovere posizioni comuni su temi diinteresse delle Regioni, elaborare documenti e proposte al fine dirappresentarli al Governo, al Parlamento, agli altri organismi centralidello Stato e alle istituzioni comunitarie; b) predisporre pareri e basi

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di intesa in osservanza della legislazione vigente; c) favorire ilraccordo con le autonomie locali a livello nazionale.

I lavori dell’Assemblea sono programmati anche in relazione alleriunioni delle Conferenze Stato-Regioni e Unificata.

Appare rilevante sottolineare che è nell’ambito della Conferenzadelle Regioni che maturano le valutazioni e gli indirizzi politiciregionali che vengono successivamente rappresentate al Governonell’ambito delle riunioni della Conferenza Stato-Regioni e dellaConferenza unificata.

La Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delleRegioni e delle Province autonome, istituita nel 1994, si compone deiPresidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province edha come finalità la valorizzazione del ruolo istituzionale delleAssemblee delle Regioni e delle Province autonome. È sede dicoordinamento e scambi di esperienze per le attività di interesse delleAssemblee legislative e promuove gli opportuni raccordi con leAssemblee legislative di ambito nazionale, comunitario e internazio-nale.

In particolare, svolge funzioni propositive e consultive nei con-fronti delle Assemblee elettive e costituisce sede di riferimento per irapporti delle Regioni con le Assemblee parlamentari nazionali edeuropea; interagisce con le Commissioni parlamentari in ordine a tuttii temi di competenza; si relaziona con la Conferenza dei Presidentidelle Assemblee legislative delle Regioni d’Europa (CALRE) e con ilParlamento europeo, nonché con altri coordinamenti internazionali diomologhe istituzioni legislative.

Di particolare rilievo appare il ruolo svolto dalla Conferenza aifini dell’armonizzazione nell’attuazione a livello regionale di alcunepolitiche nazionali particolarmente delicate, come segnalato, nel corsodell’audizione, dal direttore generale pro tempore della Conferenza, ilquale a titolo esemplificativo ha richiamato il decreto-legge Montin. 174 del 2012. Al riguardo, ha segnalato come l’autonomia regionaleè tanto più forte quanto più è armonizzata: è dunque fondamentaleavere una sede in cui procedere a scelte condivise.

Significativo, come rilevato sempre dal direttore generale protempore della Conferenza, il rapporto instaurato con la Corte deiconti, ed in particolare il coordinamento tra la sezione delle auto-nomie e il sistema delle Assemblee per quanto riguarda tutta la fasedei controlli, avviato appunto con il decreto-legge n. 174 e conl’entrata in vigore dell’armonizzazione di carattere anche finanziario.Tale rapporto ha poi trovato un riconoscimento a livello legislativo conl’approvazione, nel corso dell’esame parlamentare del decreto leggen. 113 del 2016, dell’articolo 10-bis che consente alla Conferenza dirichiedere pareri alla Sezione delle autonomie della Corte dei conti inmateria di contabilità pubblica.

Va segnalata infine l’attività di collaborazione della Conferenzacon il Senato nell’ambito della fase ascendente della normativadell’Unione europea, con la XIV Commissione e con le altre Com-missioni parlamentari, anche relativamente ad alcuni early warning.

Un altro versante di rilievo su cui le Assemblee regionali hannomolto investito negli ultimi anni, come rilevato anche dal direttore

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generale pro tempore della Conferenza, è stato il tema della valuta-zione delle politiche pubbliche.

2.4 La giurisprudenza costituzionale sulla centralità del ‘sistema delleconferenze’ nei rapporti tra Stato e autonomie territoriali

Come diffusamente ricordato nel corso delle audizioni, l’evolu-zione normativa, la giurisprudenza costituzionale e la prassi hannocomplessivamente contribuito al considerevole ampliamento degliambiti di intervento delle conferenze, rispetto al momento della loroistituzione e pur in assenza di un riconoscimento costituzionale delruolo svolto (2). Più in generale, il “sistema delle conferenze” haindubbiamente acquisito un ruolo centrale e strategico nel raccordopolitico-istituzionale tra Stato ed autonomie territoriali.

Come osservato dal sottosegretario Bressa nel corso dell’audizione,le caratteristiche del regionalismo italiano aiutano a comprendere leragioni e l’attuale assetto del ‘sistema delle conferenze’ imperniatosulla Conferenza Stato-Regioni, sulla Conferenza unificata e sullaConferenza Stato-città: « da un lato, l’assenza di una seconda Cameracapace di dare voce al centro degli interessi territoriali, dall’altro, ilforte rilievo assunto dai comuni, riconosciuto dalla Costituzione, inparticolare dall’articolo 118, primo comma ». Occorre inoltre tenerpresente che il sistema è nato e si è poi assestato grazie al decretolegislativo n. 281 nel 1997, sulla base di un assetto normativo diversoe comunque antecedente rispetto a quello venuto fuori con le riformecostituzionali del 1999 e del 2001.

Il ruolo strategico di raccordo svolto dalle Conferenze non hatuttavia impedito finora un consistente contenzioso presso la Cortecostituzionale, che ha evidenziato limiti nella capacità del sistema diassicurare in talune occasioni la necessaria composizione degli inte-ressi politici.

La mancata costituzione di una Camera legislativa in rappresen-tanza degli enti territoriali e la mancata introduzione di specificistrumenti di raccordo fra i vari livelli di governo hanno determinatola pressoché esclusiva titolarità in capo al “sistema delle conferenze”delle funzioni di coordinamento tra i diversi livelli di governo.

Anche prima della riforma del 2001, la Corte costituzionale hafatto applicazione, in molteplici pronunce, del principio di lealecollaborazione, desumendolo dal tenore dell’articolo 5 della Costitu-zione, e, in particolare, dal carattere di unità ed indivisibilità dellaRepubblica, che richiede l’esigenza di perseguire una composizione diinteressi degli enti che, ai sensi dell’articolo 114 della Costituzione, lacostituiscono. Nella sentenza n. 242 del 1997, la Corte riconosce cheil principio di leale cooperazione « deve governare i rapporti fra loStato e le Regioni nelle materie e in relazione alle attività in cui lerispettive competenze concorrano o si intersechino, imponendo uncontemperamento dei rispettivi interessi (...). Tale regola, espressionedel principio costituzionale fondamentale per cui la Repubblica, nella

(2) In proposito, si rammenta che anche la riforma costituzionale in itinere non fa menzionedel “sistema delle conferenze”.

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salvaguardia della sua unità, « riconosce e promuove le autonomielocali », alle cui esigenze « adegua i principi e i metodi della sualegislazione » (articolo 5 Cost.), va al di là del mero riparto costitu-zionale delle competenze per materia, e opera dunque su tutto l’arcodelle relazioni istituzionali fra Stato e Regioni ».

Dopo l’approvazione nel 2001 della riforma del Titolo V dellaParte II della Costituzione, il problema principale posto dalla nuovaripartizione di attribuzioni legislative tra Stato e Regioni è stato quellodi determinare la linea di demarcazione tra competenza statale ecompetenza regionale.

La complessità dei fenomeni sociali oggetto di disciplina legislativarende infatti molto spesso difficile la riconduzione sic et simpliciter diuna normativa ad un’unica materia, determinandosi invece un in-treccio tra diverse materie e diversi livelli di competenza che la Cortestessa non ha esitato a definire « inestricabilmente commiste » (sen-tenza n 250/2015; ex plurimis, sentenze n. 213/2006, n. 133/2006,n. 431, n. 231/2005; n. 219/2005, n. 50/2005, n. 308/2003).

In questi casi il principio-cardine su cui ha fatto leva lagiurisprudenza della Corte costituzionale per risolvere i frequenti casidi intersezione e sovrapposizione tra competenze statali e competenzeregionali, nei casi in cui non sia possibile individuare una materiaprevalente, è stato nuovamente il principio di leale collaborazione,« che per la sua elasticità consente di aver riguardo alle peculiaritàdelle singole situazioni » ed impone alla legge statale di predisporreadeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni, a salvaguardiadelle loro competenze (sentenza n. 50/2005; nello stesso senso, explurimis, sentenze n. 44/2014, n. 234/2012, n. 187/2012, n. 88/2009,n. 50/2008, n. 213/2006, n. 133/2006, n. 231/2005, n. 219/2005).

Oltre che nelle ipotesi di ‘concorrenza di competenze’, il principiodi leale collaborazione viene richiamato dalla Corte costituzionale neicasi di cd. ‘attrazione in sussidiarietà’ (o ‘chiamata in sussidiarietà’),ossia nei casi in cui, « allorché sia ravvisabile un’esigenza di eserciziounitario a livello statale di determinate funzioni amministrative, loStato è abilitato, oltre che ad accentrare siffatto esercizio ai sensidell’articolo 118 Cost., anche a disciplinarlo per legge, e ciò anchequando quelle stesse funzioni siano riconducibili a materie dilegislazione concorrente o residuale ». Peraltro, per configurare questaderoga agli ordinari criteri di riparto delle competenze legislative « ènecessario – stante la rilevanza dei valori in gioco – per un verso, chela valutazione dell’interesse unitario sottostante all’assunzione difunzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata e rispondentea ragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto; per altro verso,che siano previste adeguate forme di coinvolgimento delle Regioniinteressate nello svolgimento delle funzioni allocate in capo agli organicentrali, in modo da contemperare le ragioni dell’esercizio unitario didate competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmenteattribuite alle Regioni stesse (sentenza n. 261 del 2015; nello stesso explurimis, sentenze n. 179 e n. 163 del 2012, n. 232 del 2011, sentenzen. 374 e n. 88 del 2007, n. 303 del 2003).

Nella giurisprudenza costituzionale in materia di Titolo V sonodunque numerosissimi i casi in cui è emersa la necessità di attivare

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procedimenti destinati ad integrare il parametro della leale collabo-razione, in particolare attraverso il ‘sistema delle conferenze’. Il‘sistema delle conferenze’ costituisce infatti il « luogo di espressione einsieme di sintesi degli interessi regionali e statali coinvolti » (sentenzan. 21/2016), ove « si sviluppa il confronto tra i due grandi sistemiordinamentali della Repubblica, in esito al quale si individuanosoluzioni concordate » (sentenza n. 31/2006, nello stesso senso, exmultis, sentenza n. 114/2009).

Una nutrita giurisprudenza costituzionale dunque ha spessorichiesto per l’adozione di una disciplina, segnatamente di carattereregolamentare, in ambiti normativi di pertinenza regionale, la previaintesa in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata,al fine di garantire un contemperamento tra potestà statali eprerogative regionali.

L’intesa è stata talora costruita – soprattutto in una prima fasedella giurisprudenza costituzionale – come ‘intesa forte’, con un livellodi codecisione paritaria tra Stato e Regioni (sentenza n. 383 del 2005);in tal caso, il mancato raggiungimento dell’intesa costituisce ostacoloinsuperabile alla conclusione del procedimento (sentenza n. 6 del2004).

In una seconda fase la Corte costituzionale ha ritenuto che laprevisione dell’intesa, imposta dal principio di leale collaborazione,implica che non sia legittima una norma contenente una « drasticaprevisione » della decisività della volontà di una sola parte, in caso didissenso, reputando necessarie « idonee procedure per consentire reite-rate trattative volte a superare le divergenze » (ex plurimis, sentenzen. 182 del 2016, n. 39 del 2013, n. 179 del 2012, n. 121 del 2010, n. 24del 2007, n. 339 del 2005). Solo nell’ipotesi di ulteriore esito negativo ditali procedure mirate all’accordo, può essere rimessa al Governo unadecisione unilaterale (sentenze n. 165/2011 n. 33/2011). Allorquando,invece, l’intervento unilaterale dello Stato venga prefigurato come meraconseguenza automatica del mancato raggiungimento dell’intesa, è vio-lato il principio di leale collaborazione con conseguente sacrificio dellesfere di competenza regionale (sentenze n. 39/2013 e n. 179/2012);infatti il mero decorso del tempo « per sua natura prescinde completa-mente dall’osservanza, da parte di Stato e Regioni, di comportamentiispirati al principio di leale collaborazione ».

In un caso, la Corte non ha inoltre ritenuto sufficiente laprevisione che il Consiglio dei ministri deliberi, in esercizio delproprio potere sostitutivo, con la partecipazione dei Presidenti delleRegioni o delle Province autonome interessate, che non « può essereconsiderata valida sostituzione dell’intesa, giacché trasferisce nell’am-bito interno di un organo costituzionale dello Stato un confronto traStato e Regione, che deve necessariamente avvenire all’esterno, in sededi trattative ed accordi, rispetto ai quali le parti siano poste su unpiano di parità » (sentenza n. 165 del 2011).

Anche con riferimento all’ ‘attrazione in sussidiarietà’, la Corte hainoltre ripetutamente affermato la necessità di una disciplina checontempli, nel percorso attuativo, l’intesa, imposta dal « principio dilealtà » (sentenze n. 131/2016, n. 7/2016, n. 261/2015, n. 278/2010,n. 383/2005, n. 6/2004 e n. 303/2003).

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In altri casi di minore impatto sulle competenze regionali, la Corteha invece ritenuto sufficiente l’acquisizione di un parere dellaConferenza (sentenze n. 232/2009 e n. 200/2009). In particolare,« nelle materie di competenza concorrente, allorché vengono attribuitefunzioni amministrative a livello centrale allo scopo di individuarenorme di natura tecnica che esigono scelte omogenee su tutto ilterritorio nazionale improntate all’osservanza di standard e metodo-logie desunte dalle scienze, il coinvolgimento della conferenza StatoRegioni può limitarsi all’espressione di un parere obbligatorio »(sentenze n. 62/2013, n. 265/2011, n. 254/2010, n. 182/2006, n. 336/2005 e n. 285/2005).

La giurisprudenza costituzionale è invece costante nell’escluderel’applicazione del principio di leale collaborazione all’esercizio delpotere legislativo. Secondo la Corte, infatti, « l’esercizio dell’attivitàlegislativa sfugge alle procedure di leale collaborazione ». Meccanismicooperativi potrebbero applicarsi ai procedimenti legislativi solo inquanto la loro osservanza fosse prevista da una fonte costituzionale,in grado di vincolare il legislatore statale (sentenza n. 250 del 2015;nello stesso senso, ex plurimis, sentenze n. 44 del 2014; n. 112 del2010, n. 249 del 2009, n. 159 del 2008).

2.5 Punti di forza e di debolezza del “sistema delle conferenze” nelsistema attuale

Nel corso delle audizioni è stato unanimemente riconosciutol’importante ruolo svolto dal ‘sistema delle conferenze’ nell’ambitodell’attività di raccordo fra Stato ed enti territoriali.

Nelle parole del ministro Costa, « come ha riconosciuto la Cortecostituzionale in numerose sentenze, fra le quali la famosa n. 31 del2006, (...) proprio il ‘sistema delle conferenze’ è diventato una dellesedi più qualificate per l’elaborazione di regole destinate a integrareil parametro della leale collaborazione che per il giudice delle leggiè l’architrave sul quale, soprattutto dopo la riforma costituzionale del2001, si regge la Repubblica. Non va dimenticata neppure l’impor-tanza assegnata dalla Corte costituzionale al ‘sistema delle confe-renze’, considerato come la base fondamentale di un corretto rapportotra Stato, Regioni e autonomie locali, giunta fino ad affermarel’illegittimità, per interposta violazione dell’articolo 76 della Costitu-zione, di un decreto delegato adottato in difformità dell’intesaraggiunta in sede di Conferenza prevista dalla relativa legge didelega ».

Fra i principali elementi di forza, il Ministro ha affermato che il‘sistema delle conferenze’, pur adottato prima della riforma costitu-zionale del Titolo V, si è dimostrato, nella sua flessibilità e nell’ampiospettro delle sue competenze, un’istituzione fondamentale per con-sentire l’attuazione della nuova normativa costituzionale, in molti casialleggerendo anche la possibile conflittualità tra legislatori.

Il ministro Alfano, a sua volta, ha sottolineato la valenza positivadel contributo che le conferenze sono state in grado di apportare allacoesione istituzionale e alla leale cooperazione tra i diversi livelli di

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governo. Il ministro, quale Presidente della Conferenza Stato-città, haricordato come in seno alla stessa « sovente trovano risposta concretae immediata problemi di funzionamento delle amministrazioni locali.Anche attraverso tale organismo, che riesce a garantire efficacementeil sistema di interlocuzione tra centro e territorio, si manifesta laprossimità degli apparati governativi centrali rispetto alle istituzioni ealle comunità locali ».

Con riferimento al sistema di raccordo nel suo complesso, il ministroCosta e il sottosegretario Bressa hanno segnalato tuttavia l’inidoneitàdelle conferenze, nella loro configurazione attuale, a poter essere sede diconfronto fra il governo nazionale e gli esecutivi territoriali sulle politichepubbliche nazionali, sulle priorità e sulle scelte necessarie per attuarle.Sarebbe a loro avviso importante poter contare su una Conferenza degliesecutivi, composta dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai Presi-denti delle Giunte regionali e delle due Province di Trento e Bolzano,simile a quelle operanti in Stati federali, come l’Australia e il Canada.

Anche la ministra Lorenzin ha sottolineato il rilievo dell’attivitàsvolta dal ‘sistema delle conferenze’, rilevando come molte delle criticitàderivanti dall’assetto delle competenze in materia di tutela della salute,delineato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, siano state risolte inquella sede. In particolare, ha richiamato tre settori di interesse delMinistero della salute per cui il ruolo della Conferenza è stato determi-nante a Costituzione vigente: la definizione dei livelli essenziali di assi-stenza (LEA); la determinazione del fabbisogno sanitario nazionale e ilrelativo riparto tra le Regioni, nonché l’approntamento di strumenti eprocedure per il ripiano dei disavanzi sanitari (il riferimento è ai c.d. pianidi rientro); la stipulazione dei c.d. Patti per la salute (per le ragionispecifiche che hanno reso necessario il frequente ricorso alla concerta-zione in sede di Conferenza Stato-Regioni, si rinvia alla memoria deposi-tata dal Ministro, ed in particolare alle pagine 10 e ss.).

Sulla base di tali considerazioni, ha rilevato che, a Costituzione vi-gente, la Conferenza Stato-Regioni rappresenta l’unico organismo ingrado di assicurare, a livello istituzionale, il raccordo e la negoziazione tralivelli di governo.

Ciò premesso, secondo la ministra il ‘sistema delle conferenze’ dimo-stra inevitabili limiti consistenti soprattutto nell’appesantimento dei pro-cessi decisionali, anche nei casi in cui sarebbe invece necessaria unamaggiore celerità e immediatezza nell’assunzione delle decisioni. Appe-santimento peraltro imputabile all’assetto istituzionale in tema di rap-porti tra i diversi livelli di governo ed al riparto delle competenze, che hacomportato un intreccio di competenze dei vari livelli e, per conseguenza,un frequente ricorso alla concertazione.

La lentezza delle procedure per arrivare all’accordo tra i diversi livellidi governo condiziona negativamente il processo decisionale, soprattuttoquando si tratta di fare riforme che, ad esempio, devono tener conto dellosviluppo tecnico-scientifico; in tali casi, il modello organizzativo nonconsente di agire nei tempi stretti necessari per il migliore effetto delledecisioni.

Quanto alla ministra Boschi, pur riconoscendo l’importante ruolosvolto dal ‘sistema delle conferenze’, ha richiamato l’opportunità offertadalla riforma costituzionale in itinere di assicurare, attraverso il Senato,

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maggiore trasparenza riguardo all’esercizio delle funzioni di raccordorispetto a quanto assicurato dall’attuale sistema ed in particolare dailavori della Conferenza Stato-Regioni, « rispetto ai quali la dottrina harilevato l’opacità del processo decisionale, in quanto caratterizzato daforme di trasparenza meno forti rispetto a quelle che possono assicurarei lavori parlamentari ».

Il sottosegretario Bressa – dopo aver a sua volta dato atto degliindiscutibili meriti delle conferenze – ha osservato che uno dei limitidell’attuale sistema è dato dall’ampiezza ed eterogeneità degli ordini delgiorno, « nel senso che su trenta punti all’ordine del giorno, un paiopossono avere un significato perché o preludono a un’intesa o pongono untema rilevante, mentre gli altri concernono tutti atti di attuazione ammi-nistrativa di previsioni di legge o di pareri su adeguamenti normativi allanormativa europea ». In quella sede il sottosegretario ha colto l’occasioneper respingere le critiche in ordine alla scarsa trasparenza dell’attività del‘sistema delle conferenze’, sottolineando che « tutti gli atti della Confe-renza sono pubblici e accessibili in via telematica, perché a distanza di dueo tre giorni vengono pubblicati: l’accesso, come per tutte le altre attivitàamministrative, dà la possibilità di vedere la documentazione alla basedelle decisioni assunte ».

Il sottosegretario ha fatto poi presente che il ‘sistema delle confe-renze’ prevede una specializzazione per materie, che consente di arrivarein sede plenaria dopo che le pratiche sono state istruite dalle varie Com-missioni tecniche, composte dai rappresentanti delle Regioni e dai rap-presentanti delle amministrazioni interessate. Si tratta di un sistemapresente in altri sistemi ordinamentali, come ad esempio in Belgio, in cui« il sistema è stato formalizzato e vi è una Commissione che si occupa delleinfrastrutture e delle ferrovie, una della scuola e così via ». Con riguardoalla riflessione in ordine al riordino del richiamato sistema, occorrerà asuo avviso procedere « senza immaginarne uno diverso, altrimenti sicorre il rischio che uno strumento di coordinamento diventi uno stru-mento di assembramento e che vi siano troppi luoghi in cui si cerca ditrovare una sintesi, nessuno dei quali è in grado di farlo ».

Anche l’ANCI ha evidenziato nel corso dell’audizione l’importantecontributo svolto sino ad oggi dal ‘sistema delle conferenze’ in quanto sedepermanente di confronto, sulla base del principio di leale collaborazionefra gli enti costitutivi della Repubblica, per l’elaborazione delle politichepubbliche nelle materie di interesse e, attraverso gli strumenti assegnatidalla legge (accordi, intese, deliberazioni), per la composizione di que-stioni che altrimenti sfocerebbero in contenziosi.

Un modello di concertazione che, ad avviso dell’ANCI, assicura fles-sibilità e rapidità di decisione, una posizione paritaria delle diverse com-ponenti, nonché trasparenza, capacità di veicolare e comunicare alleautonomie territoriali le decisioni assunte. Secondo l’ANCI, si tratta diuna caratteristica molto importante che va considerata, anche alla lucedella rilevanza finanziaria delle decisioni che vengono assunte e dellapossibilità di assicurare un confronto chiaro, evitando scambi one to onecon Regioni o Comuni, consentendo la ricerca di una soluzione di sintesidelle diverse istanze.

Ancora, l’ANCI ha aggiunto che un altro aspetto meritevole di parti-colare considerazione attiene alla ricerca di una sintesi il più possibile

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condivisa tra le componenti e all’interno delle stesse (Stato, Regioni edEnti locali), grazie alla prevalenza di posizioni sostanzialmente unitarie, aprescindere dalle differenze di carattere politico.

Tuttavia, come ha sottolineato il vicepresidente Ricci, il ‘sistema delleconferenze’, pur avendo dato un contributo molto importante e positivo,va modificato e snellito, collegando tale esigenza anche con quella diassicurarne la coerenza con la nuova configurazione del Senato. È delresto atteso da tempo un riordino del sistema per l’adeguamento al qua-dro costituzionale vigente.

L’UNCEM ha ricordato che all’epoca della prima istituzione delleConferenze si pensava ad un sistema di relazioni e di confronto fra Statoe autonomie locali, come tappa intermedia che preludesse al raggiungi-mento di un livello più compiuto e più strutturato attraverso l’istituzionedel Senato delle autonomie.

Il mancato completamento del percorso ha comportato nel tempol’emersione di due limiti strutturali del ‘sistema delle conferenze’: il primoè che nel ‘sistema delle conferenze’ si sono progressivamente riversatefunzioni che avrebbero dovuto essere affidate invece alla seconda Ca-mera; il secondo è l’eccessivo numero di competenze ad esse attribuite.Allo stato attuale, infatti, il ‘sistema delle conferenze’ passa dall’analisi diprovvedimenti di altissima rilevanza (dal DEF, alla legge di stabilità, alleriforme costituzionali) fino alla formulazione di pareri su questioni diinteresse di singoli Comuni (es. localizzazione di discariche). Nel tempo,ad avviso dell’UNCEM, il ruolo delle Conferenze si è così « affievolito »,fino ad arrivare alla prevalenza della mera espressione di pareri spessosuperati unilateralmente dal Governo.

ANCI, UPI ed UNCEM sostengono che il ‘sistema delle conferenze’debba evolvere a strumento di reale confronto fra i livelli di Governodel Paese su poche, ma ben circostanziate, materie.

Nel corso delle audizioni, anche dai contributi della dottrina èemerso il ruolo strategico del ‘sistema delle conferenze’ svolto sino adoggi e come esso abbia assicurato il raccordo tra Stato e Regioni,superando le logiche di appartenenza politica, a favore dell’effettivaemersione degli interessi dei territori (Carpani). La funzione piùrilevante è stata appunto individuata in « una forma di supplenza dellarappresentanza territoriale » (Mangiameli); in questi venti anni leconferenze sono state infatti caricate anche di compiti e di funzioniche derivano dall’assenza di un organo preposto al raccordo a livellodelle scelte di politiche pubbliche e a livello della legislazione(Bassanini).

È stato poi ricordato che l’assetto attuale delle conferenzefunziona anche come sede di raccordo con le istituzioni che rappre-sentano le Regioni (Conferenza delle Regioni, Conferenza dei Presi-denti delle Assemblee legislative regionali, in qualche caso) (D’Atena).

Quanto alle criticità dell’attuale ‘sistema delle conferenze’, secondo ilprofessor Mangiameli, la principale consiste nell’assenza di autonomiarispetto al Governo.

Il professor Rivosecchi ha condiviso tale rilievo, soffermandosisulla carenza di autonomia e indipendenza (incardinamento presso laPresidenza del Consiglio, con le relative conseguenze sulla definizionedell’ordine del giorno, procedure decisionali, attività di segreteria, ecc.)

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ed ha altresì rilevato la debolezza di un sistema decisionale rimessoall’informalità (3).

È stata inoltre richiamata la cosiddetta ‘fuga dalle Conferenze’,ossia la sempre più accentuata tendenza delle Regioni a cercareun’interlocuzione diretta con il Parlamento o a concludere atti diraccordo con associazioni di rappresentanza territoriale che vengonoconclusi in Conferenza delle Regioni e poi formalizzati in ConferenzaStato-Regioni (Bifulco).

Si è osservato che il ‘sistema delle conferenze’ è stato spesso ancheutilizzato dal Governo al fine di guadagnarsi il consenso delle autonomieterritoriali su provvedimenti normativi che quest’ultimo ha inteso adot-tare, favorendo l’‘abuso della delega’ da parte del Governo (Bifulco).

A conferma delle difficoltà incontrate dal ‘sistema delle conferenze’, èstato ricordato che la legge delega sul federalismo fiscale (legge n. 42/2009) ha previsto dei succedanei di queste, quali la Commissione parla-mentare per l’attuazione del federalismo fiscale, la Commissione tecnicaparitetica per l’attuazione del federalismo fiscale e la Commissione per-manente per il coordinamento della finanza pubblica (Bifulco).

Vi è poi chi ha espresso dissenso per una delle richiamate critiche,sostenendo che l’attuale collocazione del ‘sistema delle conferenze’presso la Presidenza del Consiglio non ne lederebbe l’autonomia e ilcarattere di terzietà. Le segreterie delle conferenze svolgono infatti unruolo di supporto alle stesse, senza porsi in posizione gerarchica neiconfronti del Governo. In proposito, il segretario della Conferenza, cheè un dirigente dalla Presidenza del Consiglio, per le attività disegretario della conferenza non prende indicazioni dal Segretariogenerale di Palazzo Chigi, ma dal Presidente della Conferenza(Carpani).

Si è registrata una tendenziale convergenza sul riconoscimentodell’inadeguatezza delle forme di pubblicità dell’attività delle confe-renze intergovernative e sul carattere informale dei loro lavori, giàevocata nell’intervento della ministra Boschi. In proposito, è statorilevato che considerando « l’alto numero di pratiche e la totale man-

(3) Con riferimento alle modalità con cui è definito l’ordine del giorno, delle Conferenze, talecompito è attribuito al Presidente del Consiglio dei ministri o al ministro delegato. In proposito,si registra tuttavia nella prassi una sostanziale codecisione attraverso il coinvolgimento dellaConferenza dei Presidenti delle Regioni.

Quanto alle modalità di votazione, così come peraltro di verbalizzazione dei lavori, esse sonoprevalentemente demandate alla prassi. In Conferenza Stato-Regioni, le Regioni non esercitano il votosingolarmente e la posizione delle stesse, precedentemente raggiunta in Conferenza dei Presidentidelle Regioni, è infatti rappresentata da un portavoce. Con riferimento infine alle convocazioni: i)la legge n. 400 del 1988 prevede che la Conferenza Stato-Regioni sia convocata dal Presidente delConsiglio dei ministri almeno ogni sei mesi, e in ogni altra circostanza in cui il Presidente lo ritengaopportuno, tenuto conto anche delle richieste dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome;ii) il decreto legislativo n. 281 del 1997 dispone che la Conferenza Stato-città e autonomie localisia convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la necessitào qualora ne faccia richiesta il Presidente dell’ANCI, dell’UPI o dell’UNCEM; iii) la legge n. 234del 2012, più recentemente, ha stabilito che il Presidente del Consiglio dei Ministri convochi almenoogni quattro mesi (in precedenza sei mesi), o su richiesta delle Regioni e delle Province autonome,una sessione speciale della Conferenza Stato-regioni, dedicata alla trattazione degli aspetti dellepolitiche dell’Unione europea di interesse regionale e provinciale (articolo 22), e che il Presidentedel Consiglio dei Ministri o il Ministro per gli affari europei convochi, d’intesa con il Ministrodell’interno, almeno due volte l’anno, o su richiesta del Presidente dell’ANCI, del Presidente dell’UPIo del Presidente dell’UNCEM, una sessione speciale della Conferenza Stato-città ed autonomie locali,dedicata alla trattazione degli aspetti delle politiche dell’Unione europea di interesse degli enti locali.

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canza di una selezione per qualità politica e rilevanza pubblica delledecisioni, anche solo tramite comunicati di stampa, il sistema di regi-strazione e pubblicità-notizia degli atti non agevola la conoscibilitàpubblica dei lavori della Conferenza » e che gli « atti delle conferenzedovrebbero essere resi pubblici integralmente, insieme agli allegati »(Luther).

L’esigenza di garantire la pubblicità e la trasparenza dei lavoriè stata motivata anche al fine di conformare i procedimentidecisionali secondo caratteri idonei a giustificare l’efficacia vinco-lante degli atti prodotti da tali organismi (Morelli).

Inoltre, è stato osservato che la scarsa trasparenza non consente« una valutazione oggettiva dell’efficacia e della performance deiprocessi decisionali, essendo utilizzabili soltanto testimonianze eautovalutazioni di soggetti partecipanti e pubblicazioni occasionali disingoli atti insieme a statistiche meramente formali » (Luther). Inparticolare non consente di distinguere le pratiche di effettivanegoziazione da quelle di semplice « presa d’atto », da ottenereanche con procedure telematiche più snelle, e di esaminare laqualità delle eccezioni sollevate a titolo di rappresentanza delleistituzioni territoriali. Manca inoltre una seria analisi dei costi del‘sistema delle conferenze’ e dell’utilizzabilità di strumenti di e-government (conferenze telematiche) (Luther).

L’informalità è stata tuttavia ritenuta anche un fattore che hafavorito il raggiungimento di soluzioni per la composizione dei variinteressi (Carpani).

Il professor Lupo ha individuato il maggior pregio del ‘sistemadelle conferenze’ nella capacità di spingere il livello regionale e quelloautonomistico a trovare una soluzione comune. Ha inoltre segnalatoil limite dovuto all’opacità dell’attività delle conferenze, che puòtalvolta favorire l’assunzione di posizioni ambigue da parte delleRegioni, che, con una sorta di ‘doppio gioco’, prima spingono perl’adozione di una legge statale e poi, a legge approvata, propongonoimpugnazione davanti alla Corte costituzionale.

Infine, sono state rilevate criticità in ordine alla capacità del ‘si-stema delle conferenze’ di svolgere al meglio la funzione di coordina-mento per l’efficiente impiego delle risorse messe a disposizione daifondi strutturali europei (Moavero Milanesi).

3. LA RIFORMA COSTITUZIONALE IN ITINERE ED IL RACCORDOTRA LO STATO E GLI ENTI TERRITORIALI

La legge di riforma costituzionale, approvata in seconda delibe-razione dalle Camere e in attesa dello svolgimento del referendumapprovativo, prevede il superamento del bicameralismo perfetto, conla configurazione del Senato quale organo ad elezione indiretta, sededi rappresentanza delle istituzioni territoriali, e la revisione del titoloV della parte II della Costituzione, con un’ampia rivisitazione delriparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni in direzionedi un riaccentramento delle stesse.

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La riforma, come ampiamente segnalato nel corso delle audizioni,nell’introdurre il nuovo bicameralismo differenziato, pone ineludibil-mente la questione del riassetto del ‘sistema delle conferenze’ , che hafinora svolto un ruolo significativo, sulla base dei criteri di riparto dellacompetenza legislativa del vigente titolo V, ai fini dell’attuazione delleleggi, sia sul piano normativo che su quello amministrativo, costituendo –come già detto – l’unica sede istituzionale di coordinamento tra gli enticostitutivi della Repubblica.

Ciò, in considerazione del nuovo ruolo che l’articolo 55, quintocomma, nel testo modificato, assegna al Senato, che diviene la Cameradi « rappresentanza delle istituzioni territoriali ed esercita funzioni diraccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica.Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo lemodalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzionidi raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica el’Unione europea ».

Con l’introduzione di una Camera rappresentativa delle istituzioniterritoriali si è posta l’esigenza di riflettere sull’opportunità di mantenerein vita un duplice canale di raccordo con le istituzioni territoriali e,eventualmente, procedere alla (ri)definizione delle rispettive compe-tenze (4)

.

3.1 Il Senato come Camera rappresentativa delle istituzioni territoriali

La riforma costituzionale, attualmente in attesa dell’esito referen-dario, supera l’attuale sistema di bicameralismo paritario, configurandoil Senato quale Camera di rappresentanza delle istituzioni territoriali.

Pur essendo il rapporto fiduciario riservato alla Camera, l’am-piezza delle funzioni riconosciute al Senato (basti citare, oltre alraccordo tra lo Stato e gli enti territoriali, la valutazione dellepolitiche pubbliche e dell’attività delle pubbliche amministrazioni, laverifica dell’impatto delle politiche europee sui territori e la verificadell’attuazione delle leggi dello Stato) lo inserisce pienamente nelcircuito della responsabilità politica ‘diffusa’, cioè di quella respon-sabilità che si dirige alla pubblica opinione e che eventualmente sisconta in termini di perdita di consenso (Luciani).

L’indagine conoscitiva svolta ha messo in luce come la riforma delSenato e la sua trasformazione in un organo rappresentativo delleautonomie territoriali, e soprattutto delle Regioni, costituisca iltassello mancante della riforma del 2001 (D’Atena).

(4) La materia è stato oggetto di diversi ordini del giorno nel corso dell’esame in prima letturapresso la Camera dei deputati, che sono stati accolti dal Governo:

– l’ordine del giorno Dorina Bianchi n. 6, che prevede una riforma del sistema delleConferenze, riconoscendo allo stesso esclusivamente attività di natura tecnica, amministrativa egestionale;

– l’ordine del giorno Paglia n. 41, che prevede una ridefinizione del ruolo della ConferenzaStato-Regioni alla luce della riforma del Senato;

– l’ordine del giorno Lattuca n. 48, che prevede anch’esso un adeguamento del ‘sistema delleconferenze’ alla presenza di una seconda Camera rappresentativa delle istituzioni territoriali.

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La giurisprudenza costituzionale ha del resto più volte fattoriferimento, nelle sentenze relative al principio di leale collaborazioneed all’assetto costituzionale delle Camere e dei procedimenti legislativi,alla « perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioniparlamentari e, più in generale, dei procedimenti legislativi anche solonei limiti di quanto previsto dall’articolo 11 della legge costituzionale18 ottobre 2001, n. 3 », che richiede l’integrazione della Commissioneparlamentare per le questioni regionali con rappresentanti delleRegioni, delle Province autonome e degli enti locali (sentenze n. 7/2016, n. 278/2010, n. 401/2007, n. 383/2005, n. 6/2004).

Diversi auditi hanno sottolineato come la riforma costituzionalesuperi una lacuna del nostro ordinamento costituita dalla mancanzadi una sede politica di raccordo con funzioni di compartecipazionedelle autonomie all’esercizio della funzione legislativa (Olivetti), laquale ha contribuito nei fatti al fallimento della riforma del Titolo V(Lupo).

Le nuove funzioni di raccordo costituzionalmente attribuite alSenato rispetto agli enti territoriali e all’Unione Europea riconosconoal Senato un ruolo che va ben al di là della funzione di merocollegamento tra i livelli istituzionali di Governo: gli riconosconopiuttosto una funzione di composizione e integrazione del disegnoautonomistico, che richiama il Senato a realizzare il principiocooperativo tra Stato e Regioni in tutte le sue funzioni (Rivosecchi).

In ogni caso, la riforma costituzionale appare ispirata da un intentochiaro, ben sintetizzato dalla formula del « trade-off tra competenzee partecipazione »: da un lato, si prevede il coinvolgimento delleautonomie territoriali nelle istituzioni centrali e nei procedimentidecisionali statali, soprattutto attraverso la trasformazione del Senatoin una Camera rappresentativa delle « istituzioni territoriali »; dall’al-tro lato, si procede ad una razionalizzazione e a una considerevoleriduzione delle competenze legislative regionali (Morelli, Pajno, Ri-vosecchi).

La presenza in Parlamento dei rappresentanti delle Regioni e deiComuni appare funzionale alla creazione di « un circuito virtuoso trala sede dove le grandi regole unificanti si elaborano e si produconoe i territori dove queste regole vengono sviluppate, attuate e imple-mentate », circuito che allo stato attuale manca. In tal modo si spiegala presenza dei sindaci, in quanto i comuni, pur sprovvisti di poterilegislativi, costituiscono il terminale avanzato dell’applicazione, del-l’attuazione e dello sviluppo delle norme (Vandelli).

Compito principale del Senato sarà dunque quello di rappresentaree far pesare, anzitutto nell’ambito del procedimento legislativo, leesigenze della differenziazione, che presuppone l’effettiva capacità dirappresentare le istituzioni territoriali, mentre alla Camera deideputati prevale l’esigenza di unità (Carli).

La ministra Boschi ha ricordato che, pur avendo la composizionee le funzioni del nuovo Senato subìto alcune modifiche nel corsodell’esame parlamentare rispetto alla proposta iniziale del Governo,sono comunque rimaste impregiudicate la natura del Senato e lascelta iniziale di rendere il Senato stesso il soggetto di raccordo e dicoordinamento tra lo Stato e le istituzioni territoriali. È stato dunque

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confermato l’obiettivo di dare completa attuazione all’articolo 5 dellaCostituzione, « garantendo un pieno e armonioso sviluppo del prin-cipio dell’autonomia nell’ambito dello Stato e del nuovo Senato ».

Anche il ministro Costa ha sottolineato che la riforma, attri-buendo al Senato il ruolo di Camera rappresentativa delle istituzioniterritoriali e, allo stesso tempo, « anche il compito di eleggere due deicinque giudici costituzionali di nomina parlamentare, dà finalmenteun solido equilibrio a un sistema istituzionale che, già delineatodall’articolo 5 della Costituzione, parzialmente prefigurato nel Senatoeletto a base regionale e nel vecchio Titolo V della Costituzione del1948, ha richiesto ben 70 anni di faticoso lavoro per giungere acompimento ». In questo modo, « finalmente i processi decisionali e leresponsabilità dei diversi livelli di governo trovano allo stesso tempochiarezza di ruoli, rapidità di procedure e forme innovative dicompartecipazione alle decisioni comuni ».

Secondo il Presidente della Corte dei conti Squitieri, la nuovaconfigurazione del Senato che emerge dal testo della legge di riformacostituzionale consolida la connotazione di un ordinamento dellaRepubblica basato sul riconoscimento delle autonomie, attraverso lafunzione ad esse assegnata di rappresentatività degli enti territorialie con l’esercizio organico di un potere di valutazione e di indirizzonelle politiche pubbliche riguardanti i diversi livelli di governo locale.

La ministra Lorenzin, soffermandosi sul rapporto tra il nuovoSenato, la Conferenza Stato-Regioni e il sistema sanitario nazionale,ha sottolineato l’importanza di assicurare, tramite il Senato, lapartecipazione delle istituzioni territoriali all’elaborazione delle poli-tiche nazionali, attraverso la loro formale inclusione nel circuitodecisionale e nella cornice degli organi costituzionali. Il concorso diRegioni ed enti locali al procedimento legislativo statale, quindi « amonte », dovrebbe ridurre la necessità di un loro coinvolgimento « avalle », con una riduzione significativa, nella legislazione ordinaria, dieventuali rinvii, e pertanto con una conseguente attenuazione delricorso al ‘sistema delle conferenze’, quantomeno nella fase dellaproduzione della normativa.

Secondo la ministra Boschi, le modalità di svolgimento dellafunzione di raccordo tra lo Stato e gli enti che lo costituiscono e ildestino dell’attuale Conferenza Stato-Regioni, oltre che degli altriorganismi che svolgono funzioni analoghe, dipenderanno non soltantodalla declinazione concreta che il nuovo articolo 55 della Costituzionedovrà avere nella definizione delle funzioni del Senato, secondo lescelte rimesse ai Regolamenti del Senato e della Camera, ma anchedalla composizione che emergerà dalla legge elettorale per il nuovoSenato. Il ruolo della Conferenza Stato-Regioni potrà dunque esserevalutato solo ‘a valle’ dell’implementazione e della messa a regimedella riforma.

La ministra ha altresì ricordato che il Governo ha accolto nel corsodell’esame parlamentare ordini del giorno volti ad una revisionecomplessiva del ‘sistema delle conferenze’ alla luce della riforma. Talesistema, nella scelta del Governo, poi condivisa anche dal Parlamento,non è stato costituzionalizzato; la scelta in merito sarà dunqueeffettuata a livello di legislazione ordinaria.

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3.2 Il ‘sistema delle conferenze’ a seguito della riforma costituzionale initinere: soppressione o riordino ?

L’indagine conoscitiva ha evidenziato che il ruolo di raccordo chela riforma assegna al Senato determina l’esigenza di un riordinocomplessivo del ‘sistema delle conferenze’, ma non una loro soppres-sione, nonostante queste ultime non siano espressamente previstenella riforma costituzionale in itinere (come del resto non lo sononella Costituzione vigente).

I ministri Boschi e Costa ed il sottosegretario Bressa hannosottolineato inoltre che l’importanza di mantenere un ruolo alleConferenze emerge anche in considerazione di elementi di caratterecomparativo con altri Paesi federali o caratterizzati comunque da unapresenza molto significativa delle istituzioni territoriali, in particolareguardando a modelli come quello spagnolo, inglese, austriaco, tedesco,ma anche a modelli più lontani di carattere anglosassone. In tuttiquesti ordinamenti ci sono organismi di raccordo e condivisione tralo Stato e le istituzioni territoriali, la cui attività spesso ha ad oggettonon singoli atti normativi, non singoli elementi di carattere settorialee micro-settoriale, ma un confronto su politiche ampie, di caratteregenerale.

La ministra Boschi in particolare ha sottolineato che in un’espe-rienza come quella tedesca ci sono organismi che effettuano poi unraccordo non solo verticale tra lo Stato e le istituzioni territoriali, maanche orizzontale tra le stesse istituzioni, paragonabile alla Confe-renza delle Regioni e delle Province autonome, che nel nostro Paeseha un’organizzazione autonoma, rimessa alle Regioni stesse, ma nonha un confronto diretto con il Governo.

Ad avviso del ministro Costa, il ruolo centrale svolto dalleConferenze in tutti gli Stati federali o regionali o con forma di governoparlamentare, che ha consentito loro di affiancarsi alla secondaCamera rappresentativa degli enti territoriali, si spiega con la circo-stanza che « il Parlamento, anche quando una delle due Camererappresenta le istituzioni territoriali, è sempre la sede del confrontocon il governo centrale ». In altri termini, la Camera rappresentativadelle istituzioni territoriali è comunque un’Assemblea parlamentare edessa « interloquisce in primo luogo, in modo tendenzialmente esclu-sivo, con il Governo e con l’amministrazione dello Stato ».

Anche per il sottosegretario Bressa l’istituzione del nuovo Senatonon è destinata a rendere superfluo il ‘sistema delle conferenze’ peruna serie di ragioni: i) nell’ambito del procedimento legislativo, lariforma costituzionale limita a determinate materie l’intervento col-laborativo del Senato e quest’ultimo « sembra chiamato a garantire ilsistema delle autonomie », « più che chiamato a determinare lepolitiche nazionali »; ii) il Senato sarà composto da esponenti deiConsigli regionali, non degli Esecutivi regionali e la previsionedell’elezione con metodo proporzionale allenta ulteriormente il vin-colo con il territorio, a favore di quello di appartenenza politica (e,del resto, coerentemente con la scelta relativa al metodo di elezionedei componenti, i futuri senatori non saranno sottoposti a vincolo dimandato); iii) il nuovo assetto delle competenze prevede

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un loro accentramento e, in molti casi, il compito dello Stato sarà,però, quello di definire disposizioni legislative generali e comuni chechiamano in causa le funzioni legislative, regolamentari e ammini-strative delle Regioni. Occorrerà pertanto una sede di raccordo tral’Esecutivo statale e gli Esecutivi regionali per la determinazione dipolitiche nazionali.

Anche ad avviso della Conferenza delle Regioni la riforma costi-tuzionale ed in particolare l’introduzione del bicameralismo differen-ziato impone di riconsiderare il ruolo, la missione e il concretofunzionamento del ‘sistema delle conferenze’, senza tuttavia poterprefigurare una loro soppressione. Nel dibattito sul riordino delleconferenze, essa sostiene che « servono forme di raccordo tra Senatoe ‘sistema delle conferenze’, al fine di realizzare uno strumento unicodi contatto delle Regioni sia con il Governo sia con il Parlamento ».

Al di fuori della funzione legislativa, secondo la Conferenza delleRegioni, restano necessarie sedi di raccordo tra gli Esecutivi nazionale,regionali e locali, nonché di raccordo e di rappresentazione unitariaa livello orizzontale tra le varie forme di governo territoriale, tra cuiincludere anche le aree di governo intermedio rappresentate dalle areevaste. In definitiva, la riforma del ‘sistema delle conferenze’ deveaffiancarsi ed integrarsi con la riforma del Senato e ne deve riflettere,in via speculare, la mission, in quanto entrambe le sedi assicurano ilraccordo tra gli enti. Occorre per questo interrogarsi sulla correttaindividuazione dei tratti qualificanti il rapporto tra cooperazioneinteristituzionale extraparlamentare (conferenze) e cooperazione in-teristituzionale intraparlamentare (Senato), tenuto conto del sostan-ziale spostamento nell’organo parlamentare di una parte importantedella mediazione politico-istituzionale che oggi si svolge nelle Confe-renze (Bonaccini).

Quanto al punto di vista degli enti locali, l’ANCI e l’UPIconcordano nel ritenere che l’eventuale entrata in vigore della riformacostituzionale renderebbe indifferibile la revisione del ‘sistema delleconferenze’, che dovrebbe evitare sovrapposizioni con il Senato.

Segnatamente, ad avviso dell’ANCI, una rafforzata concertazionefra gli esecutivi, anche attraverso una rivisitazione del ruolo del‘sistema delle conferenze’, e l’innesto nel circuito legislativo degliinteressi delle istituzioni territoriali, Regioni e Comuni, rappresentanodue momenti complementari e non alternativi dell’assetto e della vitapolitica ed istituzionale.

Non si pongono pertanto problemi di alternatività, ma di com-plementarietà fra Senato e ‘sistema delle conferenze’, che va realizzatacon una riforma delle sedi di concertazione e con la costruzione diun nuovo Senato, capace di rappresentare e perseguire l’interessegenerale, pur innestando in sé la rappresentanza degli interessi deilivelli di governo della Repubblica.

Secondo l’ANCI, peraltro, la componente in rappresentanza deglienti locali risulta sottodimensionata rispetto alle aspettative degli entilocali: una diversa composizione avrebbe consentito una più efficacerappresentanza del Paese. Tale orientamento è condiviso dall’UPI, cheritiene che il ‘sistema delle conferenze’ resti necessario per risponderea pieno alla necessità di assicurare il confronto tra Stato centrale e

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autonomie, anche in considerazione dell’esiguo numero di senatorieletti tra i sindaci delle diverse Regioni, che non consente dirappresentare pienamente il complesso sistema delle autonomie.

Anche gli esperti di settore hanno concordato sull’opportunitàche, a seguito dell’entrata in vigore della riforma costituzionale, nonsi proceda alla soppressione delle conferenze, bensì ad un lororiordino.

È stato al riguardo richiamato anche in tal caso il quadrocomparatistico, che dimostra come Camere degli Stati-membri, delleRegioni o delle Autonomie convivano con organismi intergovernativianaloghi alle conferenze italiane (fra gli altri, Bassanini, Morelli,Mastromarino).

Quanto alla mancata « costituzionalizzazione » delle Conferenze, ilprofessor Bifulco ha ritenuto che essa non incida sul loro ruolofuturo, ma anzi è un elemento di forza, perché stigmatizza il lorocarattere essenziale, rappresentato in tutti i sistemi federali dallaflessibilità, dalla informalità.

Ciò premesso, è stato altresì rilevato che le funzioni del Senatonon coprono tutte le funzioni di raccordo e di coordinamento che laCorte costituzionale ha affidato alle Conferenze e che pertantoresiduerà un ruolo al ‘sistema delle conferenze’ (D’Atena). La Cortecostituzionale sarà chiamata peraltro a rispondere all’interrogativo se,una volta creata (con il nuovo Senato) quell’istanza cooperativa indifetto della quale la stessa Corte giustificava il ricorso al circuitoalternativo delle conferenze, questo circuito sia ancora utilizzabile(D’Atena).

Pur essendoci una sede di raccordo politico, si è sostenutal’opportunità di non sopprimere o marginalizzare il ‘sistema delleconferenze’, ferma restando l’esigenza di lavorare per rendere com-plementari e armonici i diversi meccanismi di coordinamento, ren-dendo comunicanti i diversi canali di raccordo (Caretti, Olivetti).

Su un piano più generale, il professor Bassanini ha inoltreripercorso l’iter delle riforme adottate nel corso degli anni che hannoampiamente modificato l’assetto dei poteri e delle funzioni delleautonomie territoriali. La prima riforma, attuata a livello di legisla-zione ordinaria negli anni Novanta, è stata quella del cd. ‘federalismoamministrativo’. In tale stagione era fortemente diffusa l’idea, anchenell’opinione pubblica, che una riforma del sistema che si ispirasse alprincipio di sussidiarietà – espressione peraltro non ancora utilizzata– potesse avvicinare le istituzioni ai cittadini e migliorare i livelli dicapacità di risposta del sistema istituzionale ai bisogni e alle esigenzedei cittadini. Nell’attuazione, questa riorganizzazione delle funzioniamministrative comportava la necessità di istituire sedi nelle quali sipotesse svolgere il raccordo tra le funzioni amministrative piùimportanti del sistema delle autonomie e le funzioni amministrativeche restavano in capo al Governo, che furono individuate appuntonelle Conferenze.

La logica della riforma costituzionale del Titolo V del 2001 eradiversa dal ‘federalismo amministrativo’. Quest’ultima, infatti, sibasava su un modello simile a quello tedesco o austriaco, dove èsoprattutto nell’esercizio delle funzioni amministrative che si attuano

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il principio di sussidiarietà e la valorizzazione delle autonomie, chehanno, come ad esempio i Länder in Germania, funzioni legislative,senza che queste costituiscano peraltro il fulcro principale della loroattività. Con la riforma del Titolo V, incentrata sul riparto dicompetenze legislative, si interveniva invece secondo un orientamentoispirato più che altro a una forma di Stato di tipo federale.

Ancora in questa fase gli orientamenti dell’opinione pubblicaspingevano fortemente a ritenere che un forte accrescimento dellecompetenze dell’autonomia regionale e locale avrebbe potuto risolverei problemi di risposta del sistema istituzionale ai bisogni e alledomande dei cittadini e, in tal modo, porre rimedio alla crisi dirappresentatività del sistema istituzionale e alla legittimazione dellapolitica.

Gli scenari sono attualmente mutati. La globalizzazione e l’ine-vitabile forte rafforzamento del ruolo delle istituzioni europee spin-gono inesorabilmente a porre l’accento sulla necessità di decisioni erisposte rapide da parte del sistema istituzionale al cambiamento degliscenari e della realtà che ci circonda, che interagisce con l’attivitàdelle imprese e con i problemi delle famiglie. Vi è quindi una forterichiesta di procedimenti di decisione e di implementazione delledecisioni molto più rapidi e meno complessi rispetto al passato.

Di qui sorge la riforma del bicameralismo, attraverso l’adozionedi un modello di bicameralismo differenziato, che dovrebbe renderemolto più rapida la risposta legislativa ai problemi che impongonomodifiche nelle politiche pubbliche.

La pubblica opinione appare del resto oggi meno favorevole alladifferenziazione: « mentre 20-25 anni fa nel sistema delle imprese nonsi poneva l’accento sul fatto che aumentare l’autonomia regionalepotesse significare, per esempio, che gli stessi procedimenti sarebberostati differenziati da Regione a Regione, poiché prevaleva l’idea checosì ci si sarebbe potuti adattare alla specificità delle situazioni, dellerealtà e anche delle diversità culturali e di storia politica e ammi-nistrativa, oggi, nell’era della globalizzazione, è molto più forte larichiesta, da parte del sistema delle imprese, di avere procedimentiunificati, di non dover avere di fronte regole fortemente differenziatenelle diverse parti del Paese, che impongono di adottare comporta-menti differenti ».

3.3 Le funzioni attribuite al Senato ed il riordino del ‘sistema delleconferenze’

Come è emerso in modo univoco nel corso delle audizioni, dallariforma scaturisce dunque l’esigenza di procedere ad un riordino del‘sistema delle conferenze’, che deve essere calibrato sulla base dellefunzioni attribuite al Senato e delle modalità con cui esse sarannoeffettivamente esercitate.

È stato al riguardo ripetutamente riconosciuto che non è affattoagevole, allo stato, formulare proposte d’interventi di riforma del‘sistema delle conferenze’, considerate l’assenza di diversi fondamen-tali tasselli del mosaico (a cominciare dalla legge elettorale del

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Senato), che impediscono di conoscere le esigenze sistemiche cheemergeranno dall’assetto costituzionale in formazione.

Ogni riflessione sul nuovo Senato è condizionata, oltre che dallaconfigurazione dell’organo in base alla legge elettorale, anche dall’in-certezza sul ruolo che effettivamente esso riuscirà a giocare nelladialettica con le altre istituzioni, sulla sua composizione, sull’orga-nizzazione interna e sul funzionamento rispetto alle funzioni attri-buitegli (fra gli altri, Caretti, Lupo, Morelli).

Secondo il professor Luciani, nel contesto di un modello coope-rativo quale quello delineato dalla riforma costituzionale, gli istitutidi coordinamento fra centro e periferia acquistano una centralitàassoluta. Si tratta dunque di capire se il nuovo Senato sia in gradodi esaurire in sé l’intera funzione, oppure se compiti di coordinamentopossano essere o debbano essere esercitati anche da istituzioni diverse.Allo stato mancano alcuni elementi essenziali, quali appunto ilcontenuto della legge elettorale del Senato. Fondamentali per ilfunzionamento del Senato saranno, inoltre, le strategie delle forzepolitiche sulla composizione del Senato, se cioè esse punteranno sucandidature forti e autorevoli oppure su scelte di secondo piano escarsamente rappresentative. Non è inoltre possibile prevedere senella seconda Camera gli schieramenti si articoleranno in base acleavage o fratture politiche ovvero territoriali.

Secondo il professor Lupo, la naturale vaghezza delle disposizionicostituzionali fa sì che il nuovo Senato possa assumere ruoli moltodiversi, potendo persino arrivare ad essere qualcosa di molto vicinoa un Bundesrat, pur trattandosi di un’opzione non prescelta nel corsodel processo di riforma costituzionale. Ciononostante, la vaghezza dialcune disposizioni costituzionali – la quale non costituisce un difetto,ma è una caratteristica, spesso positiva, delle stesse – consente, inrealtà, a certe condizioni, di far funzionare il nuovo Senato anche inmodo simile a un Bundesrat. Semplificando tra le due alternative, ilnuovo Senato potrà essere un Bundesrat tedesco oppure un Bundesrataustriaco. Molto dipende da chi eleggeranno i Consigli regionali,quindi dalla nuova legge elettorale, e dai nuovi regolamenti parla-mentari.

Al riguardo, è stato anche sostenuto che « il modello più vicino,almeno per composizione ma anche per la maggior parte dellefunzioni, appare il Bundesrat austriaco » (Luther).

Si può in proposito parlare, ad avviso del professor Lupo, di trecleavage, cioè di tre linee di frattura, che coesisteranno necessaria-mente tutte nel nuovo Senato. Una è la linea di frattura politica;un’altra è la linea di frattura territoriale, ovvero la rappresentanza delterritorio; la terza è quella istituzionale: Regioni speciali, Regioniordinarie, Comuni grandi, Comuni piccoli. Come queste tre linee siarticoleranno dipende dalle scelte che verranno compiute in sedeattuativa.

Secondo il professor Caretti, andrà inoltre verificato se nellosvolgimento concreto delle sue attività il nuovo Senato intenderàaccentuare il suo ruolo di co-legislatore, o puntare invece su quellodi valutatore delle politiche pubbliche, ed evidenziare quindi di più lasua funzione di organo di controllo.

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Su un piano più generale, il professor Mangiameli ha sottolineatocome, in definitiva, l’intero ruolo del sistema territoriale non siadefinito con precisione. Il sistema, nel complesso, resterà dunqueaperto ai futuri atti legislativi e soprattutto alle prassi istituzionali chepossono determinare il vero senso del regionalismo e della rappre-sentanza territoriale.

In particolare, uno degli elementi che rimarrà aperto nel sistemacostituzionale anche dopo la riforma è quello del cosiddetto ‘fede-ralismo di esecuzione’. Il nostro modello viene riformato dal punto divista della legislazione, del riparto delle competenze, del ruololegislativo delle Regioni, ma sul piano dell’amministrazione non vi èun intervento effettivo di riordino né di precisazione di come sidebbano svolgere le relazioni amministrative fra le autonomie localie le Regioni e fra tutte queste, autonomie locali e Regioni insieme, conlo Stato. Le future scelte politiche saranno dunque determinanti; ilregionalismo futuro dipenderà anche dai risultati elettorali.

Guardando all’esperienza di diritto comparato, il professor Man-giameli ha in particolare rilevato che « nei sistemi federali ordinati leconferenze sono importanti, perché sussiste appunto il federalismo diesecuzione. Le conferenze svolgono essenzialmente due compiti:realizzano la collaborazione orizzontale, quella che gli americanichiamano ‘compact’, e limitano i guasti del potere centrale, assumendouna tutela più intensa della popolazione. La loro forza è determinata,però, nei sistemi federali ordinati, dal potere fiscale degli Statimembri, quali i Länder, e dalla circostanza che la classe politica diquesto livello di governo si pone in competizione con quella federale ».Le due richiamate condizioni a giudizio del professor Mangiameli nonsussistono in Italia. Non è però escluso che esse si possano realizzarein futuro: si tratta anche in tal caso di una questione politica.

3.3.1 La rappresentanza delle istituzioni territoriali e la composizionedel Senato

Secondo un’opinione condivisa da larga parte degli auditi, sia tragli esponenti istituzionali che tra gli esperti della materia, una primaquestione da affrontare è dunque quella della composizione del nuovoSenato: il modo in cui essa verrà risolta influirà sulla capacità dirappresentare le istituzioni territoriali e, in ultima analisi, condizio-nerà sia il peso politico dell’organo nelle dinamiche inter-istituzionalisia le concrete modalità di esercizio delle sue funzioni.

Il sottosegretario Bressa ha sottolineato che l’elezione con metodoproporzionale come delineata dalla riforma costituzionale allenta ilvincolo con il territorio, a favore di quello di appartenenza politica.In linea con la scelta relativa al metodo di elezione dei componenti,i futuri senatori non saranno sottoposti a vincolo di mandato. Lalogica vorrebbe peraltro, in coerenza con lo spirito della riforma, chenon ci siano gruppi politici. A tal riguardo, il sottosegretario Bressaritiene che l’organizzazione per gruppi territoriali sia complicata,anche se auspicabile, non essendo previsto, a differenza di altri

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sistemi, il voto bloccato per rappresentanze regionali. A titolo per-sonale, il sottosegretario non condivide la soluzione trovata delriferimento ad una forma diretta di elezione, perché, di fatto, in talmodo, si attribuisce una rappresentanza politica, seppure diminuita,per le competenze del Senato nei confronti del Governo, anche inassenza del voto di fiducia. Ritiene che sarebbe un segno di grandeintelligenza istituzionale se il prossimo regolamento del Senatoprevedesse un’articolazione dei gruppi per territori e non per for-mazioni politiche.

La soluzione adottata dalla riforma costituzionale è stata ilfrutto di un difficile compromesso tra i sostenitori dell’elezionediretta e quelli dell’elezione indiretta. La formula impiegata nelnuovo articolo 57, quinto comma (« in conformità alle scelte espressedagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo deimedesimi organi »), ha, di fatto, rinviato la decisione alla successivafase attuativa della riforma, consentendo l’adozione, in sede dipredisposizione della legge elettorale, di opzioni opposte, compresaquella per un metodo di designazione sostanzialmente diretto(Morelli).

Ampia convergenza si è registrata nel corso delle audizioni, sianell’ambito dei contributi istituzionali (in particolare Boschi e Alfano),sia nell’ambito di quelli della dottrina (fra gli altri, Vandelli, Carli,Morelli) sulla rilevanza della presenza dei Presidenti di Regione inSenato. Essi infatti « rappresentano l’intera Regione, sono normal-mente membri del Consiglio, sono motore sostanziale dell’iniziativalegislativa, sono i più efficaci testimoni del funzionamento delle leggie, dunque, i più competenti portatori delle esigenze di correzione edi innovazione, in quel circuito tra applicazione delle regole e lorocorrezione e rinnovamento » (Vandelli).

La presenza in Senato dei Presidenti di Regione sarebbe altresìdeterminante ai fini della definizione del nuovo ruolo ed assetto del‘sistema delle conferenze’. Se i Consigli regionali eleggeranno iPresidenti, lo spazio per il ‘sistema delle conferenze’ si ridurrànotevolmente, mentre molto diverso sarà lo scenario nel caso in cuii Presidenti non entreranno a far parte del Senato (Lupo, Rivosecchi).Qualora fosse prevista la presenza dei Presidenti, inoltre, si potrebbeverificare « la possibilità di ricondurre alla seconda Camera anchefunzioni di raccordo in ambito amministrativo » (Rivosecchi).

La presenza in Senato dei Presidenti delle Regioni, componentidella Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza unificata, potrebbeavere una duplice funzione: da un lato, quella di valorizzare il ruoloed aumentare il peso politico dell’organo; dall’altro, quella di con-sentire un più agevole raccordo con il ‘sistema delle conferenze’,coerentemente con la logica della rappresentanza territoriale, piut-tosto che con quella della contrapposizione tra forze politiche dimaggioranza e di opposizione (Castelli, Morelli). Del resto, il progres-sivo rafforzamento del ‘sistema delle conferenze’, che ha indotto aparlare di uno « slittamento [...] dal piano della forma di Stato aquello della forma di governo » è dovuto soprattutto al fatto che ilpunto di vista delle Regioni, in Conferenza, è espresso dai loroPresidenti, quindi dal massimo livello rappresentativo (Castelli).

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Tra gli argomenti richiamati in favore della presenza dei Presi-denti appare altresì opportuno segnalare quanto segue:

– si « rafforzerebbe l’autorevolezza e la legittimazione demo-cratica del Senato » (Luther) o, in altri termini, si « scongiurerebbe ilrischio di avere un ‘sistema delle conferenze’ più legittimato del nuovoSenato » (Rivosecchi);

– i Presidenti godono ampiamente dell’investitura popolarerichiesta, da ultimo, dal nuovo articolo 57, quinto comma, in base alquale l’elezione dei senatori da parte dei Consigli regionali avviene « inconformità alle scelte espresse dagli elettori » (Castelli);

– sono i Presidenti di Regione a promuovere la questione dilegittimità costituzionale sulle leggi e sugli atti aventi forza di leggedello Stato, previa deliberazione del Giunta (ai sensi dell’articolo 32,comma 2, della legge n. 87 del 1953). Se il nuovo Senato dovràprevenire i conflitti tra Stato e Regioni sulle leggi, è opportuno chene siano membri anche coloro che quelle leggi sono chiamati aimpugnare (Castelli, Rivosecchi);

– si potrebbe in larga parte realizzare la cooperazione tra Statoe Regioni ‘a monte’, nel procedimento di formazione della legge(Rivosecchi);

– si potrebbe rafforzare la rappresentanza territoriale rispettoa quella dei partiti, « premiando alleanze e cooperazioni interregio-nali » (Luther).

I ministri Boschi ed Alfano hanno in proposito ricordato come,nel testo iniziale del Governo, la presenza dei Presidenti di Regione,fosse prevista di diritto. L’originario intendimento del Governo erainfatti nel senso di assicurare una forte rappresentanza delle Regioniattraverso la presenza di diritto dei loro organi di vertice. Nel corsodell’esame parlamentare, si è adottata una soluzione diversa: lapresenza in Senato dei Presidenti di Regione non è più necessitata marimessa al momento dell’individuazione dei componenti del Senato.

Secondo la ministra Boschi, la scelta di prevedere in modo piùstringente la presenza dei presidenti di Regione potrebbe forse essereaffrontata al momento della discussione della legge elettorale per ilnuovo Senato. La valutazione in merito non compete peraltroesclusivamente al Governo, perché dovrà essere il Parlamento apronunciarsi sulla nuova legge elettorale del Senato. Il Governo ritienecomunque auspicabile la presenza dei Presidenti di Regione, chepossono rappresentare al meglio un ruolo di vero coordinamento e diassunzione di responsabilità rispetto alla Regione che rappresentano.

Peraltro i ministri Boschi ed Alfano ed il sottosegretario Bressahanno riconosciuto che l’eventuale presenza dei Presidenti di Regioneha valore più da un punto di vista politico che sul piano strettamenteistituzionale o di assetto costituzionale, in quanto sia i Presidenti diRegione che gli altri componenti del Consiglio regionale eletti senatorisaranno legittimati sulla base della medesima elezione per il Senato,e quindi non solo e non tanto per il ruolo istituzionale che rivestono

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nell’ambito della Regione. L’eventuale presenza in Senato, dunque,avrebbe « riflessi più politici che istituzionali, nel senso che, pur nonincidendo formalmente sulla funzione di rappresentanza del Senato,finirebbe tuttavia per caratterizzarla in maniera più pregnante »(Alfano).

Per la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, tuttii Presidenti di Regione avrebbero dovuto essere membri di diritto, senon altro per il ruolo che le Regioni, a maggior ragione con lascomparsa delle province, assumeranno dentro il nuovo Senato. Sitratta tuttavia di una questione aperta, che non può non tenere contoche la rappresentanza delle Regioni sarà proporzionale al numerodegli abitanti, e che essa potrebbe anche non includere gli stessiPresidenti.

Anche gli esponenti della dottrina hanno sottolineato che fonda-mentale al riguardo sarà l’attuazione della riforma costituzionale conl’approvazione della nuova legge elettorale del Senato, che declineràil livello di rappresentanza regionale (fra gli altri, Carli, Morelli,Vandelli).

Secondo alcuni auditi, peraltro, i Presidenti di Regione nonpotrebbero far parte del Senato, in quanto l’elezione da parte delConsiglio regionale deve avvenire conformemente alle indicazioniespresse dal corpo elettorale « per i candidati consiglieri » in occasionedell’elezione del Consiglio medesimo. Il Presidente della Regione,quand’anche membro del consiglio, non è invece un candidatoconsigliere (D’Atena, Mangiameli). Lo stesso dovrebbe valere per ilcandidato presidente non eletto, cui spesso la legge elettorale riserval’ultimo seggio disponibile, sottraendolo alla distribuzione tra i can-didati consiglieri per attribuirlo a quest’ultimo come una sorta diricompensa (Mangiameli).

Altri si sono pronunciati nel senso dell’inopportunità della pre-senza dei Presidenti di regione nel futuro Senato, sulla base unragionamento complessivo che ha il proprio perno sull’esigenza dipoter « contare su un efficace circuito governativo a latere » (Mastro-marino, si veda in particolare il documento allegato agli atti dell’in-dagine conoscitiva). Tale presenza rischierebbe di snaturare il ruolodel Senato, conformandolo come un organo paragovernativo, secondoun’opzione che potrebbe recuperare funzioni storiche dei Senatifederali, ma che, tuttavia, non risulterebbe in linea con i principiinformatori del nostro assetto costituzionale (Morelli).

Nel complesso, dall’indagine conoscitiva è comunque emerso unconsenso piuttosto diffuso circa l’opportunità che i Presidenti diregione siedano in Parlamento e si è dibattuto in ordine allemodalità con cui tale presenza possa essere assicurata, sofferman-dosi in particolare sull’idoneità della legge statale ad imporre talepresenza.

Al riguardo, è stato fatto osservare, in particolare, che spetta allalegge statale fissare i principi delle leggi elettorali regionali (Carli). Inparticolare, il sistema delle ineleggibilità e delle incompatibilità, cheè rimesso dall’articolo 122 della Costituzione alla legge regionale neilimiti della legge di principio statale, dovrebbe favorire e non

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precludere la presenza dei Presidenti di Giunta regionale in Senato(Rivosecchi).

Secondo altri, la presenza o meno dei Presidenti di Regionedipenderà, in concreto, dal combinato disposto della legislazioneregionale e della nuova legge elettorale per il Senato (Castelli). È statoanche rilevato che la riforma costituzionale in itinere, nello stabilire(all’articolo 55, quinto comma) che il Senato « rappresenta le istitu-zioni territoriali », implica la presenza dei Presidenti (Carli), chesvolgono ai sensi degli statuti regionali proprio la funzione dirappresentanza delle Regioni stesse.

Altri auditi hanno sostenuto che non sarebbe invece possibileprevedere come obbligatoria la presenza in Senato dei Presidenti diRegione (fra gli altri, Iacop, Mangiameli, Morelli).

Occorre tener conto che:

– ove la legge elettorale prevedesse che i Presidenti di Regionesiano per legge senatori, si verificherebbe un contrasto con laprevisione costituzionale dell’elezione da parte del Consiglio regionale;questa elezione non può infatti essere predeterminata dalla leggeelettorale per il Senato (Lupo);

– l’elezione deve comunque avere luogo in conformità alle scelteespresse dagli elettori (Morelli);

– ai sensi del testo di legge costituzionale i senatori devonoessere scelti tra i componenti dei Consigli regionali e di quelli delleProvince autonome e possono esserci Presidenti che non sonoconsiglieri (Castelli, Mangiameli, Morelli; al riguardo Carli e Lupohanno fatto osservare che attualmente tutti i Presidenti sono ancheconsiglieri).

Sono stati inoltre segnalati argomenti che incidono negativamentesull’opportunità di una presenza obbligatoria dei Presidenti di Re-gione:

– per quanto possa essere importante il rapporto con ilrispettivo Consiglio regionale, i Presidenti hanno un ruolo di governoamministrativo dell’ente Regione e pare pertanto inappropriato ap-plicare loro l’articolo 68 della Costituzione sulle immunità parlamen-tari, che non dovrebbero coprire chi assume responsabilità di ordinegestionale (Mangiameli); – la presenza in entrambi gli organi deiPresidenti potrebbe sminuire eccessivamente le Conferenze (Mangia-meli);

– i Presidenti sarebbero poco presenti nella attività parlamen-tare quotidiana a causa degli impegni connessi al ruolo istituzionalesvolto (Iacop, Luciani); ciò creerebbe non poco squilibrio tra leRegioni grandi, per le quali gli ulteriori protagonisti dell’attivitàparlamentare sarebbero i consiglieri regionali-senatori, e le Regionipiù piccole, con soli due senatori, per le quali, essendo previsto unsolo consigliere-senatore, gli unici rappresentanti regionali sarebberoi Presidenti (Mangiameli, Iacop).

Il Presidente Iacop, in rappresentanza della Conferenza deiPresidenti delle Assemblee regionali, ha fatto in proposito presente

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che i lavori parlamentari preparatori della riforma costituzionaleconfermano tale orientamento: rispetto alla proposta originaria delGoverno, il legislatore di revisione costituzionale ha espresso unachiara volontà di espungere dal testo di riforma la presenza didiritto di alcuno, compresi i Presidenti (in questo senso ancheMangiameli); l’eventuale scelta del legislatore, in sede di approva-zione della legge elettorale, di prevedere meccanismi idonei aconsentire l’ingresso automatico dei Presidenti, anche qualora fossefrutto di un patto politico prestabilito, sarebbe una forma surrettiziadi rappresentanza di diritto, che il legislatore di revisione costitu-zionale non ha voluto.

In ogni caso, pur non essendo prevista la presenza di diritto deiPresidenti di Regione, non sussistono preclusioni a che le Assembleeregionali possano mandare il proprio Presidente, tenendo conto delleespressioni dell’elettorato (Vandelli). La presenza dei Presidenti po-trebbe dunque affermarsi – attraverso l’elezione da parte dei Consigliregionali – in tutte le Regioni in cui i Presidenti siano ancheconsiglieri e il loro ruolo potrebbe anche essere valorizzato dal nuovoregolamento del Senato, ad esempio nella formazione delle commis-sioni, considerato che il disegno di legge costituzionale specifica chesoltanto alla Camera, ma non appunto al Senato, le commissionidebbano essere composte in modo da rispecchiare la proporzione deigruppi parlamentari (cfr. nuovi artt. 72, quarto comma; 82, secondocomma, Cost.) (Morelli).

Quanto al richiamo alle difficoltà che i Presidenti di Regione (cosìcome i sindaci di grandi capoluoghi) incontrerebbero nel conciliarel’impegno di vertice dell’Esecutivo territoriale con quello di senatore,è stato osservato (ad esempio Morelli) che si pongono problemi praticidi non poco conto, poiché non sarà certo agevole per i titolari degliorgani di vertice degli Esecutivi regionali partecipare attivamente eproficuamente ai lavori del nuovo Senato, il quale rischia, in concreto,di risultare un organo poco frequentato e di scarso rilievo.

Al riguardo, è stato tuttavia affermato che il problema del doppioincarico può essere risolto sul piano organizzativo, e a tal fine è statarichiamata l’esperienza del Senato francese, che ha a lungo ospitatonei propri scranni titolari di cariche molto rilevanti, come sindaci digrandi città o Presidenti di Regione (Vandelli).

La questione del doppio incarico riguarda peraltro tutti i senatori,che devono essere necessariamente consiglieri regionali o sindaci, ciòche non potrà non ripercuotersi nell’attività degli organi di prove-nienza degli appartenenti alla Camera Alta. In proposito, il Presidentedella Conferenza delle Assemblee legislative regionali ha sottolineatoche la partecipazione dei consiglieri ai lavori del Senato – il cuiobbligo è sancito dal nuovo sesto comma dell’articolo 64 dellaCostituzione, a mente del quale « i membri del Parlamento hanno ildovere di partecipare alle sedute dell’Assemblea e ai lavori delleCommissioni » – in considerazione dei tempi ristretti di esame deiprogetti di legge non bicamerali (dieci giorni per la richiesta e trentagiorni per l’esame), non è affatto ininfluente rispetto al funzionamentodel Consiglio regionale di appartenenza. In taluni casi, quelli in cuici sono più consiglieri-senatori, proiettando la composizione attuale

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delle Assemblee regionali, si potrebbe non avere una maggioranza conun’evidente incidenza sull’ordine dei lavori dei Consigli stessi.

Alcuni intervenuti in audizione (ad esempio, Bifulco, Cecchetti,Mastromarino) hanno segnalato che la capacità del Senato di rap-presentare le istituzioni territoriali non può esaurirsi nel dibattitosulla presenza o meno dei Presidenti di Regione.

È stata al riguardo evidenziata la presenza di disposizionicostituzionali che favoriscono lo svolgimento del Senato dell’attività dirappresentanza delle istituzioni territoriali: i senatori non rappresen-tano la Nazione (articolo 55, terzo comma); in Senato non ci sono leopposizioni, ma le minoranze (articolo 64, primo comma, lettera a));le Commissioni in sede legislativa e le Commissioni d’inchiesta sonoformate in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi soloalla Camera (articolo 72, quarto comma, e articolo 82, secondocomma).

Il professor Cecchetti ha sostenuto che, « ai fini del riordino del‘sistema delle conferenze’, tanto la concreta configurazione dellarappresentanza nel nuovo Senato, con le due alternative possibili,ovvero logiche politico-partitiche o logiche di rappresentanza terri-toriale (a mio avviso sono entrambe possibili), quanto la presenza omeno nel nuovo Senato dei Presidenti delle Regioni potrebberorisultare variabili non decisive. [...] Gli elementi cruciali da cuimuovere sono le funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enticostitutivi della Repubblica attribuite al nuovo Senato e il concorsoal medesimo raccordo tra lo Stato, gli enti costitutivi della Repubblicae l’Unione europea ».

Particolare enfasi è stata poi posta sull’eventuale articolazione deigruppi secondo logiche territoriali e non partitiche, rimessa alRegolamento del Senato, che renderebbe effettiva la funzione dirappresentanza della autonomie territoriali (fra gli altri, Carli).

Sempre in tema di rappresentatività delle istituzioni territoriali, èstata richiamata nelle audizioni (ad esempio Vandelli) l’importanzadella presenza in Senato dei sindaci dei capoluoghi più rilevanti. Talepresenza potrebbe favorire l’emergere delle istanze connesse alleesigenze di milioni di cittadini amministrati nell’ambito dell’entelocale e, in ultima analisi, l’autorevolezza dell’organo.

Con riferimento alle modalità di scelta dei componenti del Senato,con particolare riferimento alla componente rappresentativa degli entilocali, secondo l’ANCI, sarebbe opportuno che la legge statale rical-casse il sistema di elezione di secondo grado applicato per l’elezionedei consigli metropolitani, chiamando a raccolta le assemblee disindaci per eleggere un proprio rappresentante.

Sempre in tema di senatori-sindaci, è stato ritenuto auspicabileche questi ultimi trovino una collocazione in un gruppo ad hoc, ciòche favorirebbe una rappresentanza unitaria degli interessi istituzio-nali dei comuni, secondo logiche diverse da quelle di appartenenzapolitica (Carli).

Dall’affermazione secondo cui la funzione di rappresentanza delleautonomie del Senato è collegata all’eventuale articolazione deisenatori in gruppi secondo logiche diverse da quelle politiche, sideduce che dipenderà dalla legge elettorale e dal regolamento del

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Senato la possibilità di favorire un’evoluzione dell’organizzazione e delfunzionamento del nuovo Senato nel senso di garantire la rappre-sentanza dei territori (Rivosecchi).

Con riferimento alle prime elezioni del Senato, che – comericordato (Carli, Lupo) – potrebbero svolgersi sulla base delladisposizione transitoria dell’articolo 39, comma 1, si segnala che,secondo un’opinione, la disciplina transitoria potrebbe essere integratada una legge elettorale che, sia pure a seguito di una faticosainterpretazione dei commi successivi dell’articolo 39, può essereapprovata nella legislatura in corso, senza tuttavia poter derogare, perl’elezione del primo Senato, alla disposizione transitoria dell’articolo39, comma 1 (Lupo); secondo un’altra opinione, occorre attenderel’avvio del funzionamento del nuovo Senato prima di procedereall’adozione della legge elettorale (Carli).

3.3.2 Il raccordo e le altre funzioni attribuite al Senato ed il ‘sistemadelle conferenze’

Dall’indagine è emersa una posizione condivisa sia dagli esponentiistituzionali che dalla dottrina sul fatto che le funzioni di raccordo tralo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica costituiscanoappannaggio esclusivo del nuovo Senato (Boschi, Alfano, Mangiameli)e costituiscano « la ragion d’essere del nuovo Senato, la sua “meta-funzione” » (Lupo) « elemento di sintesi tra tutte le funzioni attribuiteal Senato e una vera e propria core mission della nuova istituzione »(Cecchetti).

Come rilevato dalla ministra Boschi, la funzione di raccordo èattribuita al Senato come funzione fondamentale, connaturata allastruttura dell’organo, e rappresenta un punto di riferimento impre-scindibile e insuperabile nella declinazione delle funzioni che dovràeffettuarsi in sede di attuazione della riforma costituzionale di altriorganismi oggi presenti, che già esercitano attività di raccordo traStato, Regioni ed enti locali. Nel corso dell’esame parlamentare, ècambiato il nome, e, in parte, la composizione del Senato, ma èrimasta immutata la scelta di fondo che assegna al Senato il ruolo dirappresentanza delle istituzioni territoriali.

La ministra Lorenzin si è soffermata sull’espressa attribuzionedella funzione di raccordo al Senato con specifico riferimento alsettore sanitario, che potrà determinare un superamento delle fun-zioni oggi esercitate in particolare dalla Conferenza Stato-Regioni,rendendo più celere il processo decisionale. Al riguardo, ha richiamatoil procedimento per l’approvazione dei Patti per la salute: potrannoessere deliberati dal Senato, anche in considerazione del fatto chequest’ultimo sarà chiamato a partecipare al procedimento legislativovolto all’adozione delle leggi che, poi, dovranno recepire i contenutidei Patti (per l’adozione delle leggi di bilancio il testo di riformaprevede infatti l’intervento automatico del Senato). Per l’assunzionedelle « macrodecisioni » non dovrebbe più quindi essere necessarioricorrere al ‘sistema delle conferenze’.

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Secondo il Presidente Iacop, appare difficile ipotizzare che lefunzioni di raccordo del Senato, dipendenti dalle scelte di composi-zione del Senato stesso e di organizzazione dei lavori, possano esseretutte ricondotte a processi tipizzati preordinati all’esercizio di altrefunzioni, quali quella legislativa e quella di controllo e valutazione.Proprio perché il raccordo, per effetto della giurisprudenza costitu-zionale, è posto a fondamento del processo di collaborazione tra loStato e le Regioni, si potrà tradurre in diverse e flessibili forme, qualicodecisione, consultazione e informazione tra le istituzioni statali equelle regionali, non solo dunque attraverso i singoli consiglieri-senatori, che saranno di fatto i nuovi membri del Senato, nella loroduplice veste di senatori e, come precondizione, di consiglieri regionalio sindaci.

Inoltre, in termini di progettazione generale del nuovo sistema diconcertazione fra dimensione nazionale e dimensioni territoriali, icanali di raccordo verticale potrebbero ricomprendere tutti gli ambitid’intervento della cooperazione tra lo Stato e le autonomie, masaranno diversamente modulati a seconda che si riferiscano allefunzioni parlamentari o di governo.

Nella connotazione funzionale del Senato, una particolare atten-zione andrà a rivestire il dialogo con le Assemblee regionali nellapartecipazione all’iter parlamentare e all’attività legislativa, diversa-mente dalle sedi di concertazione statale tra Governo e giunteregionali, funzionali alle attività amministrative e all’esame degli attidel Governo (Iacop).

Quanto al contributo della dottrina, sono state per l’appuntosegnalate la centralità della funzione di raccordo del Senato, « in cuigli enti costitutivi della Repubblica sono resi co-responsabili per ilbene complessivo dello Stato-ordinamento » (Luther), e l’esigenza dicomprendere come nella prassi riuscirà a configurarsi questo ruolo(Caretti, D’Atena, Morelli, Olivetti, Rivosecchi).

Del resto, la norma contenuta nel testo di riforma costituzionalein itinere riveste un contenuto fondamentalmente programmatico,perché indica un fine ma non il modo in cui avviene il raccordo(D’Atena).

Secondo il professor Mangiameli, le funzioni di raccordo sono statesinora carenti nel nostro sistema, come dimostra la vicenda dell’articolo11 della legge costituzionale n. 3 del 2001. La riforma pone rimedio aquesta situazione. Anche se al Senato sembrano attribuite due forme diraccordo, una in via esclusiva e una in via concorrente, in realtà, in basead una lettura di tipo sistematico, le funzioni di raccordo non siprestano a essere viste in termini di esclusività e di concorrenza, perchéesse sono espressione del principio di leale collaborazione e hanno comefinalità quella di fluidificare le relazioni istituzionali, al fine dell’eserci-zio delle rispettive competenze. Di conseguenza, il Senato diventa illuogo in cui devono convergere i conflitti irrisolti per trovare unamediazione. Ciò colloca le altre sedi di collaborazione orizzontale everticale in una posizione privilegiata con il Senato. Questo rapporto dicoordinamento, di tipo funzionale, abbraccia più il Governo che nonl’altra Camera, con la quale il raccordo passa essenzialmente attraversola funzione legislativa.

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Per il professor Morelli, al fine di apprezzare le funzioni diraccordo del Senato, occorre infatti considerare che il nuovo Senatonon eserciterà funzioni esclusivamente normative, avendo il compito,oltre che di concorrere all’esercizio della funzione legislativa, anchedi svolgere competenze di altra natura (partecipazione alla formazionee all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unioneeuropea, valutazione delle politiche pubbliche e dell’attività dellepubbliche amministrazioni, verifica dell’impatto delle politiche del-l’Unione europea sui territori, concorso all’espressione di pareri sullenomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge everifica dell’attuazione delle leggi dello Stato). Riprendendo i tratti diorgani simili, presenti in altri ordinamenti di carattere federale, ilnuovo Senato si presenta, quindi, come un organo avente funzioni nonsolo camerali ma anche paragovernative, potenzialmente idoneo adassorbire buona parte delle competenze attualmente svolte dalleConferenze. Possono avanzarsi dubbi, tuttavia, sulla riuscita di unasimile trasformazione, considerando soprattutto l’assenza del mandatoimperativo, che mal si concilia con l’assunzione di funzioni esecutivee amministrative da parte dell’organo, il quale dovrebbe mantenerecomunque la propria connotazione di assemblea legislativa (Morelli).

Anche altri auditi hanno avanzato dubbi, nonostante il dettato delnuovo articolo 55 della Costituzione, circa la capacità del Senato disvolgere effettivamente in maniera corrispondente alle aspettative lafunzione di rappresentanza delle istituzioni territoriali e di valorizzareil punto di vista delle autonomie territoriali, a causa della debolezzadel legame con le istituzioni politiche regionali, dovuta alla libertà dimandato ed all’assenza di un voto unitario di delegazione (Pajno,Carli).

Il nuovo testo costituzionale assegna al Senato la funzione dirappresentare le istituzioni territoriali, ma non è sufficiente una« formula scritta in Costituzione » affinché questa funzione sia effet-tivamente esercitata; sussiste infatti il rischio che il nuovo Senato siasconfessato dalle istituzioni politiche regionali e dalle Conferenze deiPresidenti. Ci si trova dunque di fronte a una scelta: « valorizzare illibero mandato dei futuri senatori e, quindi, immaginare che questiultimi abbiano un margine di manovra ampio, però nel contesto diun’istituzione che rischia di essere depotenziata, oppure circoscriverela libera esplicazione di questo mandato in virtù di un raccordo forte,non giuridicamente strutturato ma politico, con le istituzioni terri-toriali, lasciando che si guadagnino sul campo il ruolo e l’autorevo-lezza del vero interlocutore territoriale ». La seconda opzione apparedi certo preferibile (Pajno). Sussiste infatti il rischio che, qualora ilSenato non sia in grado di svolgere al meglio la richiamata funzionedi rappresentanza, le istituzioni territoriali potrebbero continuare aprivilegiare il ‘sistema delle conferenze’, con la possibilità che siabbiano due luoghi diversi, uno per le istituzioni ed uno per i territori(Carpani).

È stato affermato al riguardo che occorra dunque valorizzare ilpiù possibile l’istituzionalizzazione di un raccordo con le conferenzedelle Regioni. « Nella misura in cui il Senato saprà farsi guidare eguidare esso stesso, e saprà agire in simbiosi con la Conferenza delle

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Regioni, ma anche, per le questioni di competenza, con la Conferenzadi tutti gli enti territoriali, allora [...] riuscirà ad affrontare » al meglioil nuovo ruolo che la Costituzione gli assegna (Pajno).

3.3.3 La funzione legislativa

Con le richiamate premesse di inquadramento dell’attività diraccordo, nel corso delle audizioni si è ampiamente dibattuto sullemodalità con cui essa sarà declinata alla luce delle funzioni chel’articolo 55, quinto comma, della Costituzione riformata assegna alSenato.

Si è al riguardo registrata un’ampia convergenza sia da parte deirappresentanti del Governo, sia da parte degli esperti del settore sulriconoscimento della strategicità della funzione di raccordo fra Statoed autonomie territoriali che il Senato è chiamato a svolgerenell’ambito dell’esercizio della funzione legislativa e, conseguente-mente, dell’esigenza che siano riconsiderate le funzioni che attual-mente il ‘sistema delle conferenze’ svolge nel procedimento legislativo.

Un’ipotesi di riordino del ‘sistema delle conferenze’ non puòprescindere, in primis, dall’esigenza di riconoscere che le sensibilitàdei territori nell’ambito dell’iter di approvazione delle leggi sianorappresentate esclusivamente dal Senato.

Particolare attenzione è stata posta, in alcuni interventi inaudizione, nei confronti della capacità del Senato di svolgere lafunzione di raccordo tra Stato ed enti territoriali nell’ambito legisla-tivo e di come quest’ultima sarà strettamente misurata non solo intermini di codecisione sui provvedimenti ad approvazione bicamerale,ma anche (e per certi versi soprattutto) sulla capacità di incidere sulcontenuto dei provvedimenti esaminati dalla Camera su cui vieneattivata la procedura di richiamo (Carli). A tal fine, è stata sostenutal’utilità di forme di raccordo fra i due rami del Parlamento per farsì che la posizione espressa dal Senato, in rappresentanza dellesensibilità del territorio, possa essere discussa, approfondita edeventualmente fatta valere in sede di esame presso la Camera deideputati. Nell’ambito dei meccanismi che consentano la presa inesame e la valutazione delle proposte emendative del Senato nelprocesso decisionale, è stata richiamata l’opportunità che i regola-menti parlamentari possano riconoscere un ruolo centrale alla Com-missione bicamerale per le questioni regionali (Carli). In quella sede,la posizione del Senato potrebbe essere illustrata ed argomentata dallacomponente senatoriale e l’eventuale dibattito potrebbe consentire lamaturazione di una posizione prevalente, sintetizzata in un parere adhoc della stessa Commissione sul disegno di legge in esame, chepotrebbe favorire il recepimento, nell’ambito del prosieguo dell’iterlegislativo, delle sensibilità dei territori, almeno per gli aspetti ritenutistrategici da questi ultimi.

Altra variabile che potrebbe incidere in modo significativo sulmodo con cui il Senato riuscirà ad adempiere alle proprie funzioniè collegata alla personalità del primo Presidente del nuovo Senato. Inproposito, il sottosegretario Bressa, nel sottolineare che il Senato

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riformato assolve pienamente e in maniera compiuta alla necessità diraccordare le legislazioni, ha espresso il proprio avviso circa lacentralità del ruolo che il primo Presidente del Senato sarà chiamatoa svolgere, perché sarà colui il quale determinerà il rapporto traCamera e Senato nel procedimento legislativo. In quest’ambito laprassi e le convenzioni sono destinate ad incidere in modo determi-nante, più del dettato costituzionale.

Vi è poi chi ha osservato che le funzioni legislative del Senatoattribuite dalla riforma costituzionale non sembrano sempre idonee asostituire, in toto, l’attività svolta dal ‘sistema delle conferenze’ sulpiano legislativo, ed in particolare dalla Conferenza Stato-Regioni eProvince autonome (Caretti). Al riguardo, è stato rilevato che lamancata inclusione delle leggi settoriali, che incidono sulla legislazioneregionale, fra le leggi bicamerali, pone il Senato in una posizionesubordinata sia nei confronti delle leggi di potestà esclusiva delloStato, sia con riferimento alle leggi rientranti nella potestà residualeespressa, sulla base dell’articolo 117, comma terzo (Bifulco); talecircostanza non può considerarsi pienamente controbilanciata dallafacoltà del Senato, peraltro eventuale e condizionata da tempi ristretti,di disporre l’esame di tali leggi.

È stata in proposito argomentata l’opportunità che il ‘sistema delleconferenze’ possa fornire un proprio contributo per l’esame deglischemi di atti riferiti a materie di interesse regionale, specie conriferimento alle materie diverse da quelle di competenza bicamerale,nella fase della formazione dell’iniziativa legislativa da parte delGoverno (Caretti, D’Atena, Olivetti), ovvero prima della presentazionedegli stessi alle Camere.

Con riferimento alla clausola di supremazia – in ordine alla qualeè riconosciuto al Senato il potere di formulare proposte di modificaa maggioranza assoluta dei propri componenti che la Camera puòdisattendere solo pronunciandosi nella votazione finale con la me-desima maggioranza – è stato osservato che la posizione del Senatorisulta indebolita dalla circostanza che « con il nuovo sistema elet-torale (cd. Italicum) non sarà difficile avere una maggioranza assolutaalla Camera e quindi non sarà difficile per la Camera superarel’eventuale maggioranza assoluta del Senato » (Bifulco).

In senso adesivo alla tesi dell’opportunità che il ‘sistema delleconferenze’, sia pur riformato, continui a svolgere un ruolo nell’am-bito del processo legislativo, si sono registrati altri contributi delladottrina, che hanno sottolineato in particolare la capacità del ‘sistemadelle conferenze’ ad intercettare in anteprima gli atti normativi diinteresse regionale (D’Atena, Olivetti), eventualmente anche comestrumento di supporto all’esame parte del nuovo Senato. In proposito,è stato tuttavia osservato che, proprio per le materie diverse da quellecoperte da leggi bicamerali, tutto dipenderà dal ruolo che assumeràla procedura di proposta emendativa del Senato (D’Atena). Secondotale impostazione, bisognerà vedere se il Senato funzionerà come ilBundesrat tedesco, che compie un esame tecnico di tutta la legisla-zione, utilizzando anche in sede di Commissione le competenze deifunzionari regionali, nel qual caso riuscirà ad occupare gran parte delruolo di raccordo oggi svolto dal sistema delle conferenze.

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Il ruolo di raccordo del Senato, alla luce della riforma, non siesaurisce tuttavia nella partecipazione al procedimento legislativo. Inaltri termini, il Senato delineato dalla riforma – come ha osservatoil ministro Costa – « non è soltanto una Camera che partecipa inmodo variabile e talvolta anche differenziato al procedimento legi-slativo, ma è dotata di molte importanti funzioni che ne fannoun’assemblea che va ben oltre la partecipazione all’esercizio dellafunzione legislativa ».

A giudizio del sottosegretario Bressa, la riforma costituzionaleoltre ad attribuire al Senato la funzione collaborativa nel processolegislativo, circoscrivendola a determinate materie, gli riconosce infattiuna funzione politico-istituzionale di garanzia del sistema delleautonomie che non si risolve, né si esaurisce nella competenzalegislativa. Nella riforma il Senato, al pari delle Regioni, si pone acontatto con le esigenze di sviluppo del territorio.

3.3.4 La funzione di partecipazione ai processi decisionali dell’Unioneeuropea

La ministra Boschi nel suo intervento ha richiamato l’attenzionesulle modalità con cui verranno declinate sia la funzione di raccordocon l’Unione europea – nelle fasi ascendente e discendente – sia unafunzione del tutto nuova, quale quella di valutazione dell’impatto dellepolitiche europee sui territori (di quest’ultima si darà conto nelsuccessivo paragrafo).

Anche in tal caso molto sarà rimesso alla fonte regolamentare, cuispetta valorizzare un ruolo che il Senato in Italia già sta svolgendo,perché l’apporto che il Senato fornisce in fase di pareri e quindi dicontributo alla normativa europea nella cosiddetta fase ascendente giàoggi è molto forte. Basti pensare che, nel 2014, in tutta Europa, ilSenato è stato secondo soltanto al Parlamento portoghese per ilnumero di pareri resi nel percorso di formazione della normativaeuropea.

Il Presidente Iacop ha affermato che l’impegno comune e cre-scente delle Assemblee regionali sulle politiche europee in relazionealla fase ascendente, alla partecipazione all’esercizio del controllo disussidiarietà e al dialogo politico consente di immaginare dei mec-canismi di interazione e coordinamento tra l’attività della Conferenzadelle assemblee legislative regionali, nella sua funzione di sede diraccordo delle posizioni dei Consigli regionali, e il Senato comeCamera nazionale, con funzioni di mediazione e sintesi degli interessiterritoriali rispetto a tematiche che impattano a velocità crescentesulle politiche regionali.

Al riguardo, va ricordato che l’impegno comune delle Assembleelegislative regionali sulle politiche europee in relazione alla faseascendente, alla partecipazione all’esercizio del controllo di sussidia-rietà e al dialogo politico ha condotto nel settembre 2014 all’appro-vazione di una Risoluzione (doc. XXIV, n. 35) della 14a Commissionedel Senato con la quale si promuove la maggiore collaborazione trala Commissione e la Conferenza, ai fini di dare attuazione alle

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disposizioni della legge 24 dicembre 2012, n. 234. Tale collaborazionesi traduce in attività di programmazione che consentono di coordinarei lavori parlamentari e delle Assemblee legislative delle regioni e delleprovince autonome di Trento e di Bolzano, per la redazione dei pareriespressi nell’ambito del dialogo politico o relativamente ai profili disussidiarietà e proporzionalità degli atti europei, anche tenendo contodelle osservazioni regionali; in una reciproca condivisione delle attivitàdi partecipazione alla fase ascendente di formazione del dirittoeuropeo, con particolare riferimento all’individuazione dei principalidossier di interesse comune, attraverso l’esame simultaneo del Pro-gramma legislativo e di lavoro annuale della Commissione UE e dellaRelazione annuale programmatica del Governo in materia europea ele audizioni di rappresentanti della Conferenza presso la CommissionePolitiche dell’Unione europea del Senato.

È stato poi asserito che il Senato potrebbe assorbire le funzioni(o almeno parte delle stesse) attualmente attribuite alle Conferenzecon riferimento alla partecipazione alla formazione ed all’attuazionedegli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea, con parti-colare riguardo alle competenze della Conferenza Stato-Regioni di cuiagli articoli 22 e 23 della legge n. 234/2012 (Moavero Milanesi,Olivetti). Il riferimento è alle competenze, ad oggi esercitate dal‘sistema delle conferenze’ in materia di indirizzi generali relativiall’elaborazione e all’attuazione degli atti dell’Unione europea cheriguardano gli ambiti di interesse delle Regioni e delle Provinceautonome, di criteri e modalità di conformare l’esercizio dellefunzioni delle Regioni e delle Province autonome all’osservanza eall’adempimento degli obblighi di cui all’articolo 1 della legge 234 del2012, nonché di schemi di disegni di legge europea e di legge didelegazione europea (Olivetti).

Secondo il professor Moavero Milanesi, una simile opzionesarebbe coerente con le sue attribuzioni che riguardano, in partico-lare, la rappresentanza delle istituzioni territoriali e il raccordo fra loStato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Si eviterebbe, infatti,che gli indirizzi generali relativi all’elaborazione, oltre che all’attua-zione, degli atti dell’UE di interesse delle realtà territoriali, sianodiscussi in una sede diversa (quella delle conferenze) rispetto a quellacostituzionalmente vocata a rappresentare le istituzioni territoriali ea raccordarle con le esigenze dello Stato (il Senato).

Il Senato dovrà poi a suo avviso continuare a svolgere un ruolocentrale con riferimento alla verifica del rispetto del principio disussidiarietà a livello di Unione europea.

Infine, il professor Moavero Milanesi si è soffermato sul ruolo cheil Senato potrà svolgere in termini di miglior raccordo, nell’ambito delrapporto enti territoriali-Stato-Unione europea, con il Comitato delleRegioni (5).

(5) Il Comitato delle regioni – istituito dal Trattato di Maastricht – è un organo consultivodell’Unione europea, composto da rappresentanti degli enti territoriali presenti negli Stati membri,che opera affinché le esigenze e l’orientamento dei medesimi enti siano rappresentati nell’ambitodel procedimento legislativo concernente atti afferenti ai settori di interesse dell’amministrazionelocale e regionale. Quest’ultimo è un organismo che formula pareri potenzialmente su tutta lalegislazione europea, pareri di cui poi il legislatore europeo deve tenere conto, non fosse altro intermini di motivazione dell’eventuale mancato recepimento.

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Il professor Moavero Milanesi suggerisce in proposito che l’attuale‘sistema delle conferenze’ o, con la riforma costituzionale, il nuovoSenato possano acquisire funzioni specifiche riguardo all’individua-zione delle persone che poi formalmente il Governo comunica aBruxelles per la nomina, nonché riguardo al raccordo con dettoorganismo.

Ancora, con riferimento al ruolo di raccordo del Senato sui temieuropei, anche il professor Olivetti ha evidenziato il ruolo del Senatocome canale di comunicazione privilegiato con le assemblee legislativeregionali, per il tramite della Conferenza dei Presidenti, con riferi-mento all’esercizio del controllo sul rispetto del principio di sussi-diarietà da parte dei progetti di atti legislativi dell’Unione europea(Olivetti).

In tal senso, è stato sostenuto che lo studio comparato del ruolodei Parlamenti nazionali nel controllo di sussidiarietà dimostra chesono più efficaci le Camere alte perché, non partecipando al rapportodi fiducia con il Governo, non sono costrette a omogeneizzarsi allalinea politica di maggioranza che prevale nella Camera politica(Olivetti).

Secondo il professor Luciani, il terreno dell’integrazione europeaè molto significativo. Nella seconda Camera, infatti, si dovrebberealizzare il coordinamento alto fra il centro e la periferia in rapportoalle esigenze poste dall’integrazione europea. In tale sede sarebbe peròimpossibile un esame tecnico congiunto dell’impatto nell’ordinamentonazionale a tutti i livelli. Di conseguenza, è probabile che il Senatotenderà a occuparsi dell’impatto delle condizioni europee sullalegislazione, mentre le conferenze dovrebbero occuparsi essenzial-mente dell’impatto sull’amministrazione.

3.3.5 L’attività di valutazione

Fra le funzioni attribuite dall’articolo 55 della Costituzione, comemodificato dalla riforma costituzionale in itinere, al Senato spette-ranno la valutazione delle politiche pubbliche e dell’attività dellepubbliche amministrazioni, la verifica dell’impatto delle politicheeuropee sui territori e la verifica dell’attuazione delle leggi dello Stato.

In stretta attinenza con la funzione di partecipazione ai processidecisionali europei, come evidenziato dalla ministra Boschi, con lariforma costituzionale il ruolo del Senato è ulteriormente rafforzatodall’attribuzione della funzione valutativa riferita alla verifica del-l’impatto delle politiche europee sui territori, funzione che completal’intervento nella fase ascendente e consente di valutare gli effetti delprocesso decisionale europeo anche a valle del suo svolgimento. Talecompetenza chiamerà auspicabilmente in causa in modo molto forteanche le Regioni, che non potranno essere deresponsabilizzate dalpercorso di utilizzo, e quindi di buona gestione, delle risorse europee,dal momento che esse stesse dovranno renderne conto, anche ai finidi un’eventuale valutazione dell’attività svolta in ogni Regione da partedelle relative istituzioni nell’ambito del Senato.

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Secondo la ministra Boschi, inoltre, la nuova competenza delSenato in tema di valutazione della pubblica amministrazione e dellepolitiche pubbliche è collegata in generale sia alla possibilità delloStato di sostituirsi alle Regioni e quindi di esercitare la clausola disupremazia, sia alla possibilità di dare piena attuazione al cosiddettoregionalismo differenziato, istituto che nella riforma è stato ulterior-mente valorizzato e accentuato. Nell’attuazione concreta della ri-forma, la valutazione dell’attività della pubblica amministrazione e lavalutazione delle politiche pubbliche costituiscono infatti il presup-posto per verificare come valorizzare le singole Regioni, e quindi darepiena attuazione al regionalismo differenziato; ciò può contribuireinoltre alla valutazione sull’opportunità o meno di un intervento piùforte dello Stato in alcuni casi, eventualmente esercitando la clausoladi supremazia.

Anche il ministro Costa ha inteso richiamare l’attenzione sullacircostanza che il ruolo del Senato, alla luce della riforma, non ècircoscrivibile alla partecipazione al procedimento legislativo, ma èdotato « di molte importanti funzioni che ne fanno un’assemblea cheva ben oltre la partecipazione all’esercizio della funzione legislativa »,« tra le quali, accanto al raccordo con l’Unione europea, spicca anchela valutazione delle politiche pubbliche e il concorso alla verificadell’attuazione delle leggi dello Stato ».

Come sottolineato dalla ministra Lorenzin, il compito di valuta-zione delle politiche pubbliche e dell’attività delle pubbliche ammi-nistrazioni, unitamente a quello di raccordo tra i diversi livelli digoverno, dovrebbe portare a configurare il nuovo Senato dellaRepubblica come il luogo privilegiato per le funzioni valutative dellepolitiche di settore, compresa quella sanitaria, e fornire la baseinformativa più qualificata per l’assunzione delle decisioni necessariead assicurare la governance del sistema.

Al riguardo, è stato inoltre osservato che il Senato dovrà vagliarele politiche pubbliche e l’attuazione delle leggi non in generale, manella prospettiva del loro impatto sui territori. Si tratta dunque di unafunzione diversa da quella attualmente assolta dal ‘sistema delleconferenze’, ma che in qualche modo ad essa si raccorda. La verificae la valutazione in Senato viene prima dell’apporto delle Conferenzee queste ultime, dal canto loro, non potranno prescindere dallerisultanze di questa attività senatoriale (Luciani).

Per il Presidente della Corte dei conti Squitieri, il ruolo dicontrollo e valutazione delle politiche pubbliche del nuovo Senatorende auspicabile un rafforzamento del ruolo della Corte dei conti neiconfronti del nuovo Senato e il coerente sviluppo del rapportoistituzionale già da tempo instaurato dalla Corte con il Parlamento.

Le politiche pubbliche sono ordinariamente già oggetto di analisida parte della Corte, in occasione del giudizio di regolarità delrendiconto generale dello Stato oltre che di quelli regionali.

Per la nuova funzione di valutazione affidata al Senato, risultapalese il raccordo con l’attività referente della Corte. Un utilestrumento è dato proprio, per queste finalità, dalla corretta predi-sposizione di documenti contabili. Rileva a tal fine anche l’imposta-zione del bilancio per missioni e programmi introdotta per lo Stato

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a partire dalla legge del 2008, adottata sulla scia di quella franceseed ora estesa anche ai bilanci degli enti territoriali, nel quadrodell’armonizzazione.

Nella prospettiva di un’informazione obiettiva, sistematica efunzionale alle esigenze che si correlano ai compiti di raccordo e divalutazione intestati al nuovo Senato, è ipotizzabile una specificafunzione di referto modulato su obiettivi particolari o su fenomenitendenziali che posso riguardare gli aspetti gestionali o anche assettiordinamentali che servono ad orientare la funzione decisionale in sedelegislativa.

In merito al tema della valutazione delle politiche pubbliche, vaperaltro menzionato l’impegno profuso dalla Conferenza dei Presi-denti della Assemblee legislative, che ha promosso dal marzo 2006 ilprogetto CAPIRe (Controllo delle Assemblee sulle Politiche e gliInterventi regionali). Fin dall’inizio il progetto, avviato in una primafase dai Consigli regionali di Emilia-Romagna, Lombardia, Piemontee Toscana e realizzato su proposta e in collaborazione con l’Asso-ciazione per lo Sviluppo della Valutazione e l’Analisi delle PolitichePubbliche, ha avuto l’obiettivo di aiutare le assemblee a sperimentareprocedure, istituti e strumenti tesi a produrre conoscenze utilizzabiliin seno al processo legislativo regionale. Nell’ottobre 2013 la Confe-renza dei Presidenti ha approvato il documento programmatico« Imparare a spendere meglio. Manifesto delle Assemblee regionali afavore di un impiego diffuso di strumenti e metodi per valutarel’efficacia delle politiche », in cui si riconosce l’importanza che lavalutazione entri nell’abituale modo di operare delle pubblicheamministrazioni italiane e abbandoni lo status di lodevole, ma deltutto isolata, eccezione. Con la firma del protocollo d’Intesa del 3dicembre 2015 il Senato della Repubblica, la Conferenza e leAssemblee regionali hanno dichiarato l’intenzione di lavorare insiemeper far sì che tale impegno si traduca operativamente nella proget-tazione e nell’organizzazione di un master universitario di II livello.

3. 4. Le modifiche al titolo V ed il principio di leale collaborazione

L’assetto dei rapporti tra Stato e Regioni è destinato ad esseremodificato dalla riforma costituzionale in itinere a seguito delleincisive modifiche al titolo V della parte II della Costituzione.

A tal proposito, il ministro Costa ha sostenuto che la nuovaripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni « non puòessere vista solo come una riallocazione di competenze tra lo Statoe le Regioni » ma va inquadrata nell’ambito del nuovo disegno di« tutta l’architettura istituzionale della Repubblica delle autonomie ».Si tratta, a suo avviso, di una riforma « che non solo non marginalizzale regioni, ma le valorizza ulteriormente, assegnando loro la compe-tenza e la disciplina degli enti di area vasta, salvo i principi generalirelativi al loro ordinamento, che restano di competenza dello Stato ».

Ha dunque richiamato l’importanza del cosiddetto regionalismodifferenziato, come delineato dall’articolo 116, terzo comma, che,fermo restando il vincolo di equilibrio economico, « può riguardare un

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numero assai ampio di competenze legislative statali e può divenire,in effetti, una modalità di forte valorizzazione delle Regioni, basataanche sulla valutazione delle politiche pubbliche e l’attività dellapubblica amministrazione ad essa riconducibile ».

La stessa ridefinizione delle materie di competenza statale pre-suppone un dialogo forte, costante e molto costruttivo tra legislatoreregionale e legislatore statale in ordine alla modalità di attuazione ditali poteri, che si avvarrà anche del contributo della Conferenza deiPresidenti delle Assemblee legislative regionali.

Con particolare riferimento al settore della salute, secondo laministra Lorenzin, la riforma costituzionale ed in particolare il nuovoriparto delle competenze legislative dovrebbe ridurre la necessità difare ricorso al ‘sistema delle conferenze’, quanto meno nella fase diproduzione della normativa. In tal senso, ha osservato che conriferimento alla materia « tutela della salute », nella prassi, si è fattoampio ricorso al ‘sistema delle conferenze’ per diversi motivi: am-pliamento delle funzioni legislative attribuite alle Regioni e difficoltàdi distinguere, nell’ambito della potestà legislativa concorrente, iprincipi fondamentali, riservati alla competenza legislativa statale,dalle norme di dettaglio, affidate alla competenza regionale; impos-sibilità per lo Stato di adottare regolamenti in materie diverse daquelle attribuite alla sua potestà legislativa esclusiva (la tutela dellasalute è infatti ricompresa tra le materie di competenza concorrente,mentre le azioni in questo settore richiedono spesso un approccio dicarattere nazionale); infine, impossibilità per lo Stato di adottare attidi indirizzo e coordinamento nelle materie riservate alla potestàlegislativa concorrente o residuale delle Regioni.

In tale contesto, la legislazione ordinaria statale ha fatto semprepiù spesso rinvio ad intese o accordi da stipulare in sede diConferenza Stato – Regioni per l’emanazione dei dispositivi attuatividelle leggi statali e per la ricerca di un coordinamento dell’azione delleamministrazioni statali e di quelle regionali. La riforma costituzionale,eliminando la normativa concorrente, dovrebbe risolvere definitiva-mente il problema di distinguere l’ambito materiale riservato allalegislazione statale da quello riservato invece alla competenza regio-nale. Con riferimento a quest’ultima, peraltro, la riforma costituzio-nale non si limita a delimitare tale potestà ricorrendo unicamente alcriterio della « residualità » (cioè facendovi rientrare tutte le materienon riservate alla potestà legislativa statale, come nel testo attual-mente vigente) ma indica espressamente alcuni specifici ambiticonsiderati propri delle regioni, tra cui, per quanto di interesse delMinistero della salute, « l’organizzazione dei servizi sociali e sanitari ».

Più in generale, la ministra Lorenzin ha sottolineato che dal testodella riforma costituzionale emerge chiaramente la consapevolezzadella necessità di assicurare in alcuni settori uniformità di trattamentosull’intero territorio nazionale. A corollario della potestà esclusivastatale, è infatti prevista la possibilità per il legislatore statale di ema-nare disposizioni generali e comuni. Ad esempio, per quanto di interessedel Ministero della salute, sono previste disposizioni generali e comuniper la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezzaalimentare, mediante le quali si intende garantire la soddisfazione di

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quelle istanze unitarie, connaturate ad alcuni qualificati e specificiobiettivi di carattere generale, come appunto la tutela della salute, chegiustificano l’intervento legislativo dello Stato in via esclusiva. Ad ulte-riore garanzia delle esigenze unitarie, è stata introdotta la cd. ‘clausoladi supremazia’.

Il nuovo assetto delle competenze legislative dovrebbe pertantoconsentire pertanto allo Stato di recuperare anche parte della propriapotestà regolamentare, anche in settori – come quello della salute –che prima gli erano preclusi. Tali innovazioni, dovrebbero assicurarela risoluzione di molte delle criticità prima segnalate soprattutto selette in combinato con il superamento del bicameralismo perfetto ela radicale riforma del Senato.

Per quanto riguarda le osservazioni della dottrina, il professorBifulco ha rilevato che il modello che si prefigura con la riformacostituzionale individua la propria coerenza « nel ridurre fortemente ipoteri legislativi delle Regioni e nell’attribuire allo Stato maggioreefficacia ed efficienza » (Bifulco) e che vada interpretata in questo sensola scelta di trasferire nell’ambito della legislazione esclusiva statalealcune materie tradizionalmente di competenza delle Regioni, come adesempio il governo del territorio. Del resto, a suo avviso, la delimitazionedella competenza statale alle « disposizioni generali e comuni » nonsembra assicurare alle Regioni le medesime garanzie che, nella Costitu-zione vigente, esse potevano vantare in quanto titolari del potere dilegislazione concorrente. Nulla sembra infatti impedire alla Camera didefinire liberamente le « disposizioni generali e comuni », mentre laCorte Costituzionale, per quanto integrata con due membri di nominasenatoriale, potrebbe esercitare un opportuno self-restraint sul punto,soprattutto in considerazione del coinvolgimento del Senato e dunquedegli enti territoriali nell’ambito del procedimento legislativo. Anche ilprofessor Mangiameli ha evidenziato che le competenze esclusive statalisono in molti punti aperte a un riparto determinato di volta in voltadalla legge dello Stato che disciplina la materia.

Il professor D’Atena ha peraltro rilevato che i nuovi criteri per ilriparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni, ancora una volta,lasciano delle zone di ombra e di confine rispetto alle quali si possonoporre dei problemi di competenza, mentre, ad avviso del professorLuciani, il contenzioso costituzionale fra lo Stato e le Regioni nonsarebbe dovuto principalmente alle materie di competenza concorrente,in quanto le principali controversie sono state sollecitate dalle materiecosiddette « trasversali » di competenza esclusiva statale, quali la « tu-tela della concorrenza » e l’« ordinamento civile » e da una materia dicompetenza concorrente, ossia il « coordinamento della finanza pub-blica », che però la giurisprudenza costituzionale ha configurato, inrealtà, come sostanzialmente esclusiva statale.

Il professor Carli ha in proposito suggerito di favorire accordifra Stato e Regioni sul riparto di competenze, da approvare in sededi Conferenza Stato-Regioni, al fine di definire il riparto dellecompetenze per materia, il quale continua a presentare molte zonegrigie, che non possono essere eliminate scrivendo le norme inmaniera più chiara. Ha richiamato in proposito l’esempio del settoredella sanità, nel quale si è proceduto al riparto di competenze

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attraverso lo strumento del Patto per la salute, un accordo fra Statoe Regioni in cui sono stati dettagliatamente stabiliti i compiti deisoggetti interessati.

Diversi auditi si sono inoltre soffermati sui riflessi che il nuovoquadro costituzionale delineato dalla riforma in itinere avrà suiprincipi sinora elaborati dalla giurisprudenza costituzionale. Talenuovo quadro, caratterizzato dalla trasformazione del Senato inCamera rappresentativa delle istituzioni territoriali, da diversi criteridi riparto di competenze tra Stato e Regioni e dall’introduzione della‘clausola di supremazia’, che riprende il concetto di interesse nazio-nale, non pare infatti consentire un’applicazione automatica deiparadigmi elaborati dalla Corte costituzionale sotto il vigore del TitoloV novellato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001.

È stato così evidenziato che la giurisprudenza costituzionale sull’‘attrazione in sussidiarietà’ (o ‘chiamata in sussidiarietà’), che ricorrequando allo Stato è consentito intervenire su ambiti che, pur rimessialla competenza regionale, richiedano necessariamente l’elaborazionedi una strategia unitaria a livello nazionale, si fonda sul rilievodell’« assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari e,più in generale, dei procedimenti legislativi » che garantisca l’integra-zione del punto di vista dello Stato con quello delle autonomieterritoriali (Lupo, Pajno, Rivosecchi), nonché sulla cancellazione nel2001 del limite dell’interesse nazionale (Morelli). Dal momento che lariforma costituzionale realizza proprio quella « trasformazione delleistituzioni parlamentari » evocata dalla Corte e che con la ‘clausola disupremazia’ viene inoltre reintrodotto il limite dell’interesse nazionale,la giurisprudenza costituzionale in materia di sussidiarietà legislativaappare destinata ad un superamento, e con essa la relativa applica-zione del principio di leale collaborazione, che, come già più volterilevato, trova una delle sue principali forme di inveramento nel‘sistema delle conferenze’ (Lupo, Morelli, Pajno, Rivosecchi).

Appare invece riproponibile l’applicazione del principio dellaleale collaborazione nei casi di sovrapposizione tra competenzestatali e competenze regionali (Pajno, Rivosecchi). Anche in taliipotesi occorre però considerare, il nuovo ruolo del Senato, por-tatore delle istanze territoriali, nell’ambito del procedimento legi-slativo, che potrebbe rendere più difficile per la Corte sostenere lanecessità di un ricorso alla leale collaborazione (Pajno). Le pro-cedure collaborative incentrate sul ‘sistema delle conferenze’ ap-paiono comunque destinate ad essere mantenute nei procedimentidi attuazione delle leggi nei casi di forte ricaduta sulle funzioni cherimangono attribuite alle Regioni, sia sul piano della legislazione siasul piano dell’amministrazione (Rivosecchi).

Inoltre, in relazione alle materie di competenza esclusiva dellegislatore statale, è stato rilevato che la stessa lettura delle stessecome ‘materie trasversali’ (o ‘materie-non materie’) si basa sulriconoscimento della scomparsa del limite dell’interesse nazionale esulla sua « immanentizzazione » nel nuovo sistema costituzionale dellecompetenze legislative e amministrative. L’introduzione della ‘clausoladi supremazia’, quale strumento atto a legittimare l’intervento dellegislatore statale allo scopo di far valere l’interesse nazionale,

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potrebbe dunque legittimare letture meno estensive delle competenzelegislative statali da parte della giurisprudenza costituzionale. In altritermini, la Corte potrebbe anche abbandonare, ove possibile, l’indi-rizzo delle ‘materie trasversali’ in considerazione della circostanza chenel loro esercizio non potrebbe più farsi valere l’interesse nazionale‘immanente’, la cui salvaguardia appare ora affidata alla ‘clausola disupremazia’ (Morelli).

4. PROPOSTE DI RIORDINO DELL’ASSETTO DELLE CONFERENZE

Nell’ambito della riflessione sul riordino del ‘sistema delle con-ferenze’ alla luce della riforma costituzionale in itinere si è registrata,in sede di audizione, un’ampia condivisione in ordine all’esigenza diuna rivisitazione dell’attuale sistema di raccordo anche a prescinderedall’approvazione referendaria della riforma costituzionale. Come èstato segnalato nelle audizioni l’esigenza di un riordino del ‘sistemadelle conferenze’, anche in caso di mancata modifica della Cartacostituzionale, si spiega con la circostanza che esso è stato disciplinatoin un quadro costituzionale già superato dalla riforma del Titolo V del2001.

Nel paragrafo 4.1 saranno illustrate ipotesi di intervento norma-tivo che la Commissione per le questioni regionali, facendo tesorodegli ampi contributi conoscitivi e della approfondite riflessioniemerse nelle audizioni al fine di superare le criticità del ‘sistema delleconferenze’ (si veda in proposito il paragrafo 2.6), ritiene opportuneanche qualora l’esito referendario non sia approvativo della riforma.

Nel paragrafo 4.2 si darà invece conto delle proposte di riordinonell’ipotesi che la riforma costituzionale entri in vigore, fermorestando che la maggior parte delle soluzioni di riordino prospettatea costituzione vigente (nel paragrafo 4.1) si possono considerare valideanche nell’ipotesi di modifica della Costituzione, se opportunamentecalibrate al fine di tener conto in particolare del ruolo strategico diraccordo assegnato al Senato.

4.1. Proposte di riordino del sistema di raccordo a costituzione invariata

4.1.1 Attuazione dell’articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001

Come evidenziato nelle audizioni, una delle principali criticitàdell’assetto attuale è data dall’assenza di meccanismi che consentanoagli enti territoriali un’effettiva partecipazione ai processi decisionali,ed in particolare al procedimento legislativo.

Al riguardo, basti ricordare i numerosi richiami alla nota sentenzadella Corte costituzionale n. 6 del 2004 che aveva segnalato la« perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parla-mentari e, più in generale, dei procedimenti legislativi » idonea agarantire le autonomie territoriali, in quel caso per legittimare – comesoluzione transitoria – l’attività delle Conferenze, sedi di raccordo eperseguimento della leale collaborazione.

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Qualora il referendum dovesse avere un esito non approvativodella riforma in itinere, e non si potesse realizzare la trasformazionedel Senato in Camera di rappresentanza delle istituzioni territoriali,si riproporrà l’esigenza di individuare forme di raccordo che assicu-rino l’integrazione del punto di vista dello Stato con quello delleautonomie territoriali, che consentano di superare la richiamata« perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parla-mentari e (...) dei procedimenti legislativi ». Al riguardo, nel corsodell’indagine conoscitiva è stata a più riprese richiamata la mancataattuazione dell’articolo 11, commi primo e secondo, della leggecostituzionale n. 3 del 2001 che prevede la possibilità di integrare lacomposizione della Commissione parlamentare per le questioni re-gionali con rappresentanti di Regioni, Province autonome ed entilocali e attribuisce ai pareri resi dalla medesima Commissione, cosìintegrata, su disegni di leggi vertenti su materie di competenzaconcorrente o attinenti alla finanza regionale e locale, un valorerinforzato.

Come è stato osservato, il vigente ordinamento costituzionaleprevede dunque un’ipotesi molto particolare per avviare la presenzadei territori in seno al Parlamento, ossia l’integrazione della Com-missione parlamentare per le questioni regionali con i rappresentantidelle Regioni e delle autonomie locali (Mangiameli, Pietrangelo), anchese prefigura una soluzione temporanea, la cui vigenza è destinata acessare con la riforma del Titolo I della parte seconda dellaCostituzione, cioè del titolo che riguarda il Parlamento (Mangiameli).

Fra i contributi emersi nel corso delle audizioni, si segnala altresìl’enfasi sulla circostanza che nelle sentenze in cui la Corte costitu-zionale valorizzava il ricorso alle intese forti con le singole Regioniinteressate nella perdurante assenza di una trasformazione delleistituzioni parlamentari, essa puntava a incentivare anche l’integra-zione della Commissione bicamerale per le questioni regionali con irappresentanti delle Regioni (Pajno).

Poiché, come è stato affermato in audizione, proprio la mancanzadella richiamata funzione di raccordo ha contribuito al fallimentodella riforma del Titolo V e spesso alla paralisi del Paese (Lupo),nell’intento di superare tale criticità, occorrerà interrogarsi sullapersistenza delle ragioni che hanno impedito sino ad oggi l’attuazionedella richiamata disposizione di cui all’articolo 11 della legge costi-tuzionale n. 3 del 2001.

4.1.2 La razionalizzazione delle attuali conferenze

È stata da più parti avanzata la proposta di operare unarazionalizzazione delle attuali tre conferenze intergovernative: taluniauspicano l’istituzione di un’unica conferenza (Caretti, Castelli), men-tre altri ritengono auspicabile ricondurre a due le attuali conferenze(Carpani).

Tra i primi viene avanzata l’idea di istituire una conferenza unica,articolata in una sede plenaria e in due distinte sezioni (una regionalee una locale).

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La conferenza unica, con l’aiuto di altri organi comuni tra Statoe Regioni, potrebbe operare secondo lo schema che è stato seguito findall’inizio dell’esperienza delle Regioni a statuto speciale, con lecommissioni paritetiche che progressivamente hanno proceduto altrasferimento delle funzioni amministrative (Caretti).

Con riferimento alla proposta di estendere lo strumento dellecommissioni paritetiche nell’ambito delle negoziazioni tra Stato edenti territoriali appartenenti alle Regioni ordinarie, pur condividen-done la finalità, ne è stata rilevata la complessità (Olivetti). Nell’am-bito di tale riflessione, è stata colta l’occasione per ricordare che lostrumento per il trasferimento di competenze tra Stato e Regioni,almeno in teoria, dovrebbe essere l’articolo 116, terzo comma, dellaCostituzione, che dovrebbe però essere inteso come negoziazionepuntuale su singole materie, proprio come accade nelle paritetiche enon invece – come hanno ritenuto alcune Regioni del Nord – comevia verso uno statuto speciale (Olivetti).

Chi auspica la riduzione delle attuali tre Conferenze a due ritieneche queste ultime debbano essere sostanzialmente corrispondentiall’attuale Conferenza Stato-Regioni e alla Conferenza unificata (Car-pani).

In tema di razionalizzazione, appare opportuno segnalare ancheil contributo dell’ANCI, secondo cui il riordino dovrebbero risponderead un obiettivo generale di efficienza del sistema, che potrebbe, odovrebbe, accorpare nel suo ambito tutti i soggetti di partenariato emisti presenti nei vari settori; a tal proposito, si potrebbe spingere peruna tendenziale concentrazione nella conferenza di tutti i meccanismie soggetti di raccordo settoriale previsti dalla legislazione, configu-rando così una sede unica di raccordo con il Governo.

Ancora, sarebbe interessante istituire nella conferenza organiinterni di raccordo anche solo fra le autonomie territoriali.

Sempre ad avviso dell’ANCI, bisognerebbe assicurare maggiorevisibilità ai pareri resi sugli atti per cui è previsto un passaggioparlamentare, con l’obbligo di allegarli poi all’atto cui si riferiscono;si potrebbe altresì prevedere un rapporto annuale che dia conto ditutta l’attività svolta e degli atti adottati. In tal modo, secondo ilSegretario generale dell’ANCI, Nicotra, si potrebbe risolvere il pro-blema della inadeguata valorizzazione dei pareri della Conferenzanell’ambito del dibattito parlamentare, che è stato uno dei temi giàoggetto di attenzione in tutti i tentativi di riforma del sistema delleautonomie che si sono susseguiti negli anni, e si recupererebbe unacircolarità tra Parlamento, autonomie territoriali ed Esecutivi.

4.1.3 Maggiore autonomia dall’Esecutivo

Nell’ambito di un eventuale riordino delle Conferenze è statasostenuta l’opportunità di ridurre, se non di eliminare del tutto, laposizione di supremazia del Governo nella convocazione delle Con-ferenze e nella fissazione dell’ordine del giorno, al fine di garantireuna maggiore bilateralità (Morelli, Vandelli).

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Potrebbe dunque essere prevista la codeterminazione del pro-gramma delle attività della Conferenza Stato-Regioni e del suo ordinedel giorno da parte della Conferenza delle Regioni e del Consiglio deiministri, rafforzando quanto già previsto dalla normativa vigente, checonsente alla Conferenza di richiedere al Presidente del Consiglio deiministri di sottoporre alla Conferenza Stato-Regioni oggetti di inte-resse regionale (articolo 2, comma 4, del decreto legislativo n. 281/1997).

Si potrebbe introdurre, inoltre, una regola di rotazione dellaPresidenza o di co-presidenza (Morelli) o, in alternativa, prevedere unvicepresidente espresso dalle autonomie, al fine di concertare con ilPresidente i lavori e l’ordine del giorno (Vandelli).

È stato inoltre segnalato che una riforma legislativa dell’attivitàdel ‘sistema delle conferenze’ potrebbe rappresentare l’occasione peruna « procedimentalizzazione di questa attività, perché è vero chequeste conferenze hanno funzionato e hanno avuto un elemento divirtuosità nell’informalità del raccordo, ma è ancor più vero che unaprocedimentalizzazione consentirebbe di ottenere quantomeno tempicerti nella decisione e più trasparenza e pubblicità nei lavori delleconferenze stesse » (Cecchetti).

Tale auspicio è stato condiviso anche da ANCI, che ritieneopportuno un coinvolgimento formalizzato delle autonomie territorialinella fissazione dell’ordine del giorno, nella definizione del calendariodei lavori, proseguendo nella linea della previsione di sessioni dilavoro predeterminate (come la sessione comunitaria, o quella dedi-cata alla materia finanziaria, o alla legge di semplificazione).

4.1.4 La rappresentanza degli enti locali

In sede di riordino del ‘sistema delle conferenze’ ed in particolaredella composizione della Conferenza Stato-città, il sottosegretarioBressa ha evidenziato inoltre l’esigenza di una riflessione sullaquestione che riguarda l’efficacia e la serietà del modello rappresen-tativo degli enti territoriali. Per la Conferenza Stato-città, che ha unafunzione eminentemente consultiva, sarebbe a suo avviso estrema-mente difficile definire una disciplina, alternativa a quella vigente, ingrado di assicurare « una rappresentanza estremamente complessa,perché vi sono 8.000 comuni, di cui 5.000 al di sotto dei 5.000abitanti »; « risulta complicato stabilire il meccanismo in grado diindividuare realmente una rappresentatività capace di essere tale enon, invece, frutto di altre forme e altri tipi di accordi ». Nelriconoscere la debolezza dell’attuale sistema, basato sulle designazionidell’ANCI, che è un’organizzazione sostanzialmente privata, anche secomposta da enti pubblici e che continua ad avere carichi diresponsabilità decisionale sempre crescenti, il sottosegretario Bressaha richiamato l’attenzione sull’esigenza di spostare l’asse del problemadalle modalità di elezione o nomina dei rappresentanti nella Com-missione alla definizione del ruolo delle associazioni rappresentativedegli enti locali.

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4.1.5 Istituzione della Conferenza degli Esecutivi

Il ministro Costa e il sottosegretario Bressa, come già anticipato,ritengono che una delle criticità dell’attuale sistema sia rinvenibilenell’assenza di una sede ad hoc in cui il Governo nazionale e gliEsecutivi territoriali possano confrontarsi sulle politiche pubblichenazionali, sulle priorità e sulle scelte necessarie per attuarle. Riten-gono che questa non possa essere individuata dalla ConferenzaStato-Regioni nella sua configurazione attuale e che l’attuale ‘sistemadelle conferenze’ possa essere arricchito dall’istituzione di una Con-ferenza degli Esecutivi, composta dal Presidente del Consiglio deiministri e dai Presidenti delle giunte regionali e delle due Province diTrento e Bolzano, sulla falsariga di quelle operanti in Stati federali,come l’Australia (Council of Australian Governments) e il Canada (FirstMinisters’conference). Le riunioni di tale Conferenza dovrebberosvolgersi secondo procedure informali, una o due volte l’anno, edovrebbero avere ad oggetto temi di particolare rilievo politico. Sitratterebbe di una sorta di conferenza intergovernativa in cui Statoe Regioni espongano le rispettive priorità con l’obiettivo di influenzarel’agenda dell’attività di un Parlamento in cui le Regioni stesse sarannopienamente rappresentate.

Quanto alla composizione, considerato « il carattere pluralisticodel nostro ordinamento costituzionale, sarebbe opportuno prevedere[nell’ambito della richiamata sede politica] anche la presenza diun’adeguata componente di sindaci metropolitani e non, in rappre-sentanza dei comuni e delle loro associazioni ». In tendenziale sintoniacon l’opportunità di estendere la partecipazione anche agli enti locali,il sottosegretario Bressa ha segnalato che, in considerazione dellacomposizione del nuovo Senato, che vede al proprio interno rappre-sentanti dell’ente comunale, si apre la possibilità della presenza anchedi un rappresentante del livello comunale, nella figura, ad esempio,del Presidente nazionale dell’ANCI.

Relativamente ai rapporti della Conferenza degli Esecutivi con il‘sistema delle conferenze’ vigente, il sottosegretario Bressa ha evocatola definizione di un’organizzazione reticolare con al centro la Con-ferenza degli Esecutivi e intorno a essa l’attuale ‘sistema delleconferenze’.

4.2 Proposte di riordino del ‘sistema delle conferenze’ nel nuovo assettocostituzionale

Come illustrato in precedenza, nell’ambito dell’indagine conosci-tiva è emerso che la riforma in itinere non impone la soppressionedell’attuale ‘sistema delle conferenze’, bensì rende auspicabile un suoriordino, che tenga conto delle richiamate funzioni demandate alSenato. In questa sede, saranno richiamati i contributi informativiraccolti con riguardo alle funzioni che potrebbero essere svolte dal‘sistema delle conferenze’ qualora l’esito del referendum sia favorevolealla riforma costituzionale, e saranno formulate proposte operative diriordino.

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Come evidenziato dal ministro Alfano, l’attribuzione al Senato alivello costituzionale delle funzioni di raccordo tra lo Stato e gli entiterritoriali implica la necessaria trasformazione, sul piano funzionale,delle Conferenze, che dovranno conservare un ruolo limitato princi-palmente agli aspetti attuativi della legislazione, e quindi ad aspettiprevalentemente amministrativi e tecnici. In tal senso sono statirichiamati gli ordini del giorno accolti dal Governo nel corsodell’esame parlamentare.

Sono stati così delineati « due distinti ambiti del raccordo: ilprimo, che attiene ai ‘rami alti’ e che investe il momento delladecisione politico-legislativa, e il secondo, che invece verrebbe ariguardare le fasi discendenti o i livelli sottostanti, in cui il confrontoè destinato a riferirsi a profili di dettaglio, tra i quali bisognerebbeincludere la normazione secondaria e la regolazione tecnica » (Alfano).

Anche con riguardo a questo aspetto, è stato sottolineato che, aifini della definizione dei nuovi rapporti tra Senato e ‘sistema delleconferenze’, risulta peraltro decisivo il completamento della riforma,con l’adozione di una nuova legge elettorale del Senato e la revisionedei regolamenti parlamentari.

Con specifico riferimento al settore sanitario, la ministra Loren-zin, come già accennato, ha rilevato che il Senato è destinato adassorbire gran parte delle funzioni attualmente svolte dalle Confe-renze, che pertanto potrebbero conservare un ruolo di attuazionetecnico – amministrativa delle deliberazioni del Senato. In proposito,ha richiamato il procedimento per l’approvazione dei Patti per lasalute: essi potranno essere deliberati dal Senato, anche in conside-razione del fatto che quest’ultimo sarà chiamato a partecipare alprocedimento legislativo volto all’adozione delle leggi che, poi, do-vranno recepire i contenuti dei Patti (per l’adozione delle leggi dibilancio il testo di riforma prevede infatti l’intervento automatico delSenato). Anche con riguardo alla funzione di valutazione, conparticolare riferimento ai Piani di rientro e di monitoraggio dei servizisanitari regionali e della loro qualità, secondo la ministra il Senatoè destinato ad assorbire le funzioni attualmente svolte dal ‘sistemadelle conferenze’. Più in generale, per l’assunzione delle ‘macrodeci-sioni’ a suo avviso non sarà più necessario il ricorso al ‘sistema delleconferenze’.

Riguardo alla posizione espressa dalle associazioni rappresenta-tive degli enti locali, l’UPI ha proposto di strutturare un rapportocostante tra il nuovo Senato e le Conferenze, magari prevedendo nelSenato la segreteria di riferimento di tutto il ‘sistema delle confe-renze’, inteso in questo senso ampio, in modo che questo diventi ilpunto unitario di raccordo tra il Governo nazionale e i governiterritoriali a cui debbano necessariamente fare riferimento i diversiMinisteri.

Una scelta di questo tipo, secondo quanto indicato nella memoriadepositata dall’UPI agli atti dell’indagine conoscitiva, consentirebbe disviluppare organicamente il principio della leale collaborazione tra loStato e le autonomie territoriali: relativamente alle funzioni legislative,per applicare i nuovi criteri di riparto della potestà legislativa eregolamentare tra lo Stato e le Regioni e la c.d. ‘clausola di

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supremazia’, prevenendo i conflitti dinanzi alla Corte; relativamentealle funzioni amministrative, per assicurare la più funzionale attua-zione degli indirizzi politici e delle leggi, e dare stabilità alle proceduredi negoziazione tra Stato ed enti locali.

In tale contesto, l’UPI propone altresì di strutturare nel nuovoSenato anche un rapporto costante con le associazioni rappresentativedegli enti locali e con le Assemblee legislative regionali. Attraverso ilraccordo tra il Senato della Repubblica e il ‘sistema delle conferenze’si potranno rendere più trasparenti ed efficaci i processi decisionali,fornendo una sede istituzionale di riferimento autorevole e visibile aicittadini e alle imprese, in stretto rapporto con l’attività di valutazionedelle politiche pubbliche e di verifica sull’attuazione delle leggi che lariforma pone in capo al nuovo Senato.

ANCI ed UPI hanno poi convenuto sulla necessità di evitare chein sede di riordino delle Conferenze si determinino sovrapposizionicon il Senato: in particolare, hanno evidenziato che occorre evitareche si duplichi nelle Conferenze il confronto sulla legislazione, chedovrà invece essere affidato tutto al Senato riformato. Il nuovo ruolodelle Conferenze dovrebbe essere definito con una nuova legge – i cuicontenuti dovrebbero essere delineati parallelamente alla concretadefinizione del ruolo legislativo del Senato – che riconosca ad essecompetenze di tipo amministrativo o eminentemente politico (si vedaquanto richiamato nel capitolo precedente).

Pur essendovi condivisione di vedute sulla necessità di operare undistinguo fra una funzione « alta » di raccordo affidata in via esclusivaal Senato e una funzione di raccordo di carattere più squisitamenteattuativo e tecnico-amministrativo da mantenere tendenzialmente incapo al ‘sistema delle conferenze’, nel corso delle audizioni diaccademici ed esperti della materia sono emersi spunti di riflessionee posizioni non sempre convergenti di cui si ritiene opportuno dareconto in modo analitico. Si sono in particolare registrati due indirizziprevalenti: parte della dottrina si è focalizzata sulla possibilità diindividuare una netta distinzione fra funzioni attribuibili al Senato, edin primis, quella legislativa, e quelle (di carattere amministrativo)attribuibili al ‘sistema delle conferenze’. Parte, di contro, ha invitatoa riflettere sui limiti di individuare una linea di demarcazione nettafra le richiamate funzioni.

Secondo alcuni, la più razionale distribuzione delle competenzetra il nuovo Senato e le Conferenze sembra essere proprio quella chedistingue tra legislazione e amministrazione (Castelli Cecchetti, Mo-relli), assegnando al primo il ruolo di sede privilegiata di eserciziodella leale cooperazione nell’ambito della funzione di produzionenormativa e alle seconde quello di assicurare il luogo di eserciziocooperativo dell’amministrazione (Morelli). Risulta quindi necessariodelineare una più netta divisione dei compiti tra le due istituzionidella leale collaborazione, in modo che il Senato sia il dominus dellacodecisione nella formazione della legge, la Conferenza il dominusdella codecisione nella sua attuazione (Bassanini, Castelli, Morelli).

È stato dunque osservato (Rivosecchi) che al Senato dovrebberospettare « in via esclusiva i raccordi relativi all’attività legislativa,riservando invece al ‘sistema delle conferenze’ i raccordi con riguardo

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all’esercizio delle funzioni amministrative »: il ‘sistema delle confe-renze’ non interverrebbe più ‘a monte’ nel procedimento legislativocon pareri sui disegni di legge governativi; il Senato, per l’esercizio diquesta funzione, dovrebbe raccordarsi direttamente con la Conferenzadelle Regioni; sul versante amministrativo, la competenza spetterebbeal ‘sistema delle conferenze’, anche se su provvedimenti più signifi-cativi non dovrebbe essere preclusa la possibilità del Senato di fornireun contributo; le Conferenze dovrebbero continuare a svolgere attivitàattuativa delle disposizioni legislative attraverso lo strumento delleintese, specie per gli ambiti riguardanti le leggi statali recantidisposizioni generali e comuni, riservate al procedimento legislativo aprevalenza Camera.

Il professor Bassanini ha rilevato a sua volta che, tenendopresente la grande distinzione tra la formazione delle scelte dipolitiche pubbliche, la loro definizione normalmente attraverso normeprimarie, il controllo e la valutazione da una parte, e l’esecuzione egestione dall’altra, che richiede anche una funzione di definizione discelte tecnico-amministrative secondarie, si hanno le guideline per unaridefinizione del ruolo delle Conferenze. Fino ad ora infatti il ‘sistemadelle conferenze’ ha avuto una forte connotazione sul versantedell’esecuzione, gestione e attuazione delle politiche pubbliche. Molticompiti affidati in concreto alle Conferenze non potrebbero, a suoavviso, essere trasferiti ad un’Assemblea parlamentare, perché riguar-dano essenzialmente il raccordo tra esecutivi. Ne consegue che lafunzione di raccordo, di concertazione e di coordinamento, in alcunicasi paritario, non può essere assorbita nel ruolo di raccordo delSenato. In primo luogo si finirebbe con l’aggravare ma anche con ildegradare il ruolo proprio del Senato a una funzione di negoziazione,contrattazione e coordinamento a livello amministrativo. In secondoluogo, ciò sarebbe contrario alla summa divisio, intendendosi per talela distinzione fondamentale tra ruolo proprio del Parlamento e ruoloproprio degli Esecutivi, ossia del governo nazionale e dei governiregionali e locali, in quanto vertici delle amministrazioni chiamate adattuare le decisioni e le scelte di politiche pubbliche tradotte negli attilegislativi e anche in atti di indirizzo politico delle assembleelegislative.

Resta dunque al di fuori dall’area del raccordo esercitato dalSenato la sfera relativa all’« amministrazione », intendendosi per tale« l’esecuzione, la gestione e l’attuazione delle politiche pubbliche [...]che sono pur sempre affidate allo Stato, ma in particolare all’areadelle attività di governo », comprendendo in tale area la normazionesecondaria, i piani e i programmi, la ripartizione delle risorse. Ciòanche al fine di evitare di « confondere indebitamente controllore econtrollato », in quanto al Senato è attribuita dalla Costituzione lafunzione di valutazione delle politiche pubbliche (Cecchetti).

Il ‘sistema delle conferenze’, del resto, per quanto presentidisfunzioni e difetti che meriterebbero correzioni anche sul pianodella disciplina regolatrice della materia, costituisce ad oggi il prin-cipale strumento effettivamente operativo di svolgimento, sul pianopolitico-istituzionale, del principio di leale collaborazione e la mol-teplicità di funzioni svolte dalle Conferenze, la quantità e il livello

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delle questioni in esse affrontate, nonché la frequenza delle riunionidelle stesse testimoniano l’importanza di tale sistema nella dinamicainter-istituzionale (Morelli).

Secondo il professor Bassanini, il ruolo delle conferenze dovrebberestare fondamentale, per ciò che attiene alla funzione di raccordo tragli esecutivi, che non sarebbe utile porre in capo al Senato, se nonal costo di snaturarne il ruolo e di soffocarlo in funzioni che non èin grado di svolgere. Il Senato dovrebbe essere invece chiamato avalutare e a controllare se gli esecutivi, anche nel raccordo tra loro,riescano ad attuare e ad implementare le scelte politiche che ilParlamento, nello schema del nuovo bicameralismo differenziato, haeffettuato. Spostando invece funzioni esecutive-gestionali dal lato degliesecutivi al lato del Parlamento, si verificherebbe una coincidenza trachi deve controllare e valutare e chi è controllato e valutato, con unasoluzione non accettabile dal punto di vista di un’efficiente architet-tura istituzionale.

Benché, inoltre, la formula « funzioni di raccordo tra lo Stato egli altri enti costitutivi della Repubblica », utilizzata dal nuovo articolo55, quinto comma, sia tanto ampia da poter assorbire, almeno inteoria, tutte le funzioni di coordinamento e di raccordo di tipoverticale, essa non include necessariamente quelle di tipo orizzontale,che anzi dovrebbero rimanere di competenza della Conferenza delleRegioni e delle Province autonome e della Conferenza dei Presidentidelle Assemblee legislative, sedi certamente più idonee a tali compiti(Rivosecchi, Morelli). Peraltro, anche in riferimento al coordinamentoverticale, il nuovo Senato non sembra essere la sede adatta perl’adozione delle intese e degli accordi previsti dalla legislazionevigente, perché non è certa la presenza dei vertici degli Esecutiviregionali e l’adozione dell’intesa presuppone la partecipazione del-l’organo in grado d’impegnare l’ente territoriale di appartenenza(Morelli).

Del resto la maggior parte del lavoro del ‘sistema delle con-ferenze’ si incentra sulla risoluzione di questioni amministrative etecniche. Se le Conferenze affrontano anche questioni di granderespiro per le autonomie e per la legislazione statale, ciò deve esserericollegato, per usare la stessa espressione della Corte costituzionale,alla « perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioniparlamentari » (Vandelli, Lupo). Le Conferenze hanno infatti assuntoin questa fase una funzione supplente impropria rispetto al disegnocomplessivo degli equilibri tra i vari soggetti (Vandelli); ma trat-tandosi appunto di una supplenza e, quindi, di un’opera che nonè stata svolta nel modo in cui avrebbe dovuto se il sistema avessefunzionato nella sua fisiologia, si è rivelata inevitabilmente parzialee insufficiente (Lupo).

Quanto alla funzione di raccordo che il ‘sistema delle conferenze’potrebbe svolgere nell’ambito delle funzioni amministrative, ne è statasottolineata la centralità, tenuto conto che il nuovo modello diregionalismo delineato dalla riforma costituzionale appare orientatoprevalentemente sul versante amministrativo e che la riallocazionedelle funzioni amministrative secondo i principi dell’articolo 118 dellaCostituzione diventa un elemento decisivo (Caretti).

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In tale direzione, è stato rilevato che l’articolo 118 della Costi-tuzione resta immutato a seguito della riforma costituzionale e che,pertanto, il trasferimento di funzioni legislative dalle Regioni alloStato non dovrebbe necessariamente significare anche un ulterioretrasferimento di funzioni amministrative dalle Regioni e dal sistemadegli enti locali verso lo Stato (Olivetti). In tale contesto, benché nonsi possa immaginare una sostanziale « pietrificazione » dell’attualeriparto delle funzioni amministrative, si potrebbe presumere che vi siaun onere di motivazione molto forte per giustificare lo spostamentoverso l’alto delle funzioni amministrative, ai fini del controllo diragionevolezza delle eventuali leggi che dovessero disporre in tal senso(Olivetti).

Un punto di vista diverso è stato espresso fra gli altri dal professorLuciani, che ha criticato l’ipotesi che la linea di demarcazione fra lecompetenze del nuovo Senato e quelle del ‘sistema delle conferenze’passi lungo il crinale che divide la legislazione dall’amministrazione,in quanto si tratta di un criterio eccessivamente meccanico. Anzituttoil crinale ha un carattere problematico da definire, perché all’am-ministrazione sono affidati sovente compiti regolatori che sono statiabbandonati dalla legge; specularmente, la legge invade il campodell’amministrazione sempre più di frequente con le cosiddette« leggine ».

Se in alcuni campi, quali la questione dell’impatto delle politicheeuropee, la distinzione tra legislazione e amministrazione può essereutilizzata, attribuendo al Senato il campo della legislazione ed al‘sistema delle conferenze’ quello dell’amministrazione, il quadro è piùcomplesso. Poiché il ‘sistema delle conferenze’ resterà pur sempreprotagonista delle procedure negoziali fra lo Stato e le autonomie, èbene prendere atto che in quelle procedure la distinzione fralegislazione e amministrazione non risulta affatto chiara. QuandoStato e autonomie si confrontano sulla definizione in concreto delleloro competenze – che sono stabilite dalle norme costituzionali soloa grandi linee, mentre ci sono margini di apprezzamento lasciati alleparti – oppure sull’assegnazione di certi beni della vita, quali inparticolare le risorse finanziarie, essi non possono certo distinguerefra il dominio della legge, quello dell’atto normativo dell’amministra-zione e quello dello stesso provvedimento amministrativo. Anche segeneralmente l’intesa si muove sul terreno dell’amministrazione, lasua formalizzazione richiede sovente e prioritariamente un passaggiolegislativo.

Nonostante l’assenza di alcuni elementi essenziali del disegno diriforma, quali il contenuto della legge elettorale del Senato e lacomposizione dello stesso, alcune prime considerazioni, ad avviso delprofessor Luciani, possono essere sviluppate. Innanzitutto, la ridefi-nizione della composizione e delle attribuzioni del Senato non toglieragion d’essere al ‘sistema delle conferenze’.

Il principio di leale collaborazione, imposto dalla costante giuri-sprudenza costituzionale e che diviene ancora più centrale nelmodello cooperativo delineato dalla riforma costituzionale, opera, adavviso del professor Luciani, su quattro distinti piani: il primo è lapartecipazione ai processi decisionali; il secondo è quello delle intese

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e degli accordi generali; il terzo è quello delle intese e degli accordiindividuali; il quarto è quello della definizione di determinazionicentrali che siano ispirate a ragionevolezza, proporzionalità e sussi-diarietà. Quest’ultimo piano attiene al contenuto delle singole decisionie, quindi, non ha rilevanza in questa sede.

Per quanto attiene agli altri tre, innanzitutto l’avvento del nuovoSenato comporterebbe un diverso coinvolgimento delle autonomie sulprimo terreno, quello della partecipazione al procedimento legislativo,che sarebbe già garantita per molti profili in Senato.

Il secondo terreno, le intese e gli accordi di carattere generale, èil terreno tipico di intervento del ‘sistema delle conferenze’, che nonpuò venir meno con la nuova struttura costituzionale. Il nuovo Senatonon può infatti essere la sede di accordi intersoggettivi, ma solo diaccordi intrasoggettivi. È vero che il Senato rappresenta le istituzioniterritoriali, ma queste non sono direttamente presenti nella forma didistinte delegazioni, sicché non è possibile che esse vi stipulinopattuizioni giuridicamente qualificate. Le intese, che per consolidatagiurisprudenza costituzionale sono strumento essenziale del regiona-lismo cooperativo, avendo carattere intersoggettivo, non possonoconcludersi in Senato. È dunque necessario individuare un’altra sede,che talora sarà quella dei rapporti bilaterali fra lo Stato e la Regioneo la Provincia autonoma interessata, talaltra e più frequentementesarà una sede collegiale, quale la Conferenza Stato-Regioni, o, in casodi coinvolgimento degli enti locali, la Conferenza Stato-Città e laConferenza unificata.

Cionondimeno, è ragionevole immaginare che l’avvento di unanuova sede partecipativa quale quella del Senato determini l’oppor-tunità di un alleggerimento di alcuni compiti attualmente assegnatialle Conferenze. Tra questi assume particolare rilievo, la sfera deipareri. Del resto, una delle principali criticità che sembrano carat-terizzare oggi il ‘sistema delle conferenze’ è proprio il sovraccarico diattività consultiva; se le Conferenze si concentrassero dunque sulterreno dell’interlocuzione diretta con lo Stato per il profilo dellastipulazione di intese e di accordi, questo sarebbe opportuno.

Anche per il professor Lupo non è pienamente corretto ragionareoperando una distinzione rigida tra funzioni legislative e funzioniamministrative. Da un lato, infatti, nelle forme di governo parlamen-tari il Governo è il principale promotore dell’iniziativa legislativa e deiprocessi di attuazione delle leggi e, dall’altro, il Parlamento è chiamatoa indirizzare e a controllare l’attività del Governo, anche conriferimento alle opzioni in concreto, che vanno definite congiunta-mente alle autonomie territoriali.

Secondo il professor Lupo, la soluzione del nodo sul ruolo delleConferenze è strettamente legata a un altro nodo, che è quello deirapporti tra i governi e il nuovo Senato.

L’articolo 64, quarto comma, ai sensi del quale « i membri delGoverno hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedutedelle Camere », si riferisce ad entrambe le Camere; il Governo èpertanto presente in Parlamento non solo presso la Camera deideputati, ma anche presso il Senato. In qualche misura è inoltreprevisto che anche i governi regionali e locali abbiano un’interazione

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con il Senato, come desumibile dall’articolo 63, secondo comma, aisensi del quale il regolamento del Senato « stabilisce in quali casil’elezione o la nomina alle cariche negli organi del Senato dellaRepubblica possono essere limitate in ragione dell’esercizio di funzionidi governo regionali o locali ». I governi regionali dunque hannofisiologicamente, ai sensi del testo costituzionale, una loro proiezionenel Senato.

Ne consegue che il ‘sistema delle conferenze’ permarrà, ma nonpotrà non operare in stretto e costante raccordo con il nuovo Senato.Le Conferenze rappresentano i governi e i governi in Senato ci sono,non sono una realtà diversa rispetto al Senato: in Senato, esse devonoportare la risultanza del confronto che c’è stato tra i governi inConferenza. Resta naturalmente da definire come si debba articolarein concreto questo contatto.

I governi, sia quello statale che quelli regionali e comunali,saranno nel Senato, ed è nel nuovo Senato che nodi quali, ad esempio,quello della dislocazione di un’opera pubblica, del riparto degli oneridel Servizio sanitario nazionale e della distribuzione dei tributi devonotrovare una soluzione, o quantomeno devono essere oggetto di unadiscussione sulle opzioni compiute e sui risultati fino a quel momentoraggiunti.

Il ‘sistema delle conferenze’ ha funzionato bene quando leautonomie territoriali sono state chiamate ad assumere una posi-zione comune. Il suo grande pregio è proprio quello di spingere illivello regionale e quello autonomistico a trovare una posizionecomune. A volte questa posizione comune non si riesce a raggiun-gere e ciò ha portato al rinvio e, in qualche caso, alla paralisi.Questo è il momento in cui devono emergere le potenzialità delnuovo Senato. Non è detto che ogni decisione debba essere presanecessariamente in Senato, ma deve almeno emergere una chiaraassunzione di responsabilità politiche ed amministrative. Non a caso,quelle che saranno le procedure di voto del nuovo Senato dovreb-bero servire a questo fine.

La soluzione migliore, in sintesi, secondo il professor Lupo, èquella di appoggiare le Conferenze e le loro strutture presso il Senato.Volendo, potrebbe invertirsi il meccanismo previsto dalla legge n. 42del 2009, la quale, all’articolo 3, comma 4, in mancanza di un Senatodelle autonomie e di una Commissione parlamentare per le questioniregionali integrata, ha stabilito, con una norma che poi è rimastasostanzialmente inattuata, di affiancare alla Commissione bicameraleper l’attuazione del federalismo fiscale un comitato di rappresentantidelle autonomie territoriali, « al fine di assicurare il raccordo dellaCommissione con le regioni, le città metropolitane, le province e icomuni ». Questi ultimi avrebbero dovuto essere designati dallacomponente rappresentativa di Regioni ed enti locali nell’ambito dellaConferenza unificata.

A seguito delle domande poste, il professor Lupo ha precisatoulteriormente la sua posizione, rilevando che il Governo in Senatonon deve essere necessariamente solo il Governo dello Statocentrale, ma è il Governo dello Stato centrale che matura la suaposizione nelle Conferenze. Non vi è pertanto alcun problema a che

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questo Governo sia rappresentato in Senato, in Commissione e forseanche in Assemblea, sia dal Governo centrale sia dal rappresentantedelle Regioni. In Senato potrà intervenire oltre al Governo centrale,che avrà avuto voce in capitolo alla Camera nell’approvazione inprima lettura della legge a prevalenza della Camera dei deputati,se il regolamento del Senato così disponesse, anche un Presidentedi Regione o un assessore che rappresenti, insieme al Governocentrale, la sintesi delle posizioni emerse a monte in sede diConferenza. Ciò tanto più se le posizioni degli enti territoriali nonpossano essere già assicurate dalla presenza generalizzata, fra isenatori, di Presidenti o consiglieri a essi molto vicini.

Dal punto di vista delle fonti del diritto, un ruolo potrà esseregiocato dal nuovo Regolamento del Senato, che peraltro potrebbe farefatica a regolamentare soggetti che non sono parlamentari. Nondovrebbe essere scartato a priori il meccanismo degli accordi interi-stituzionali, che, per esempio, in sede europea hanno un ruolorilevante. Un ipotetico accordo interistituzionale, che coinvolga tuttele Regioni, il nuovo Senato e in ipotesi anche la nuova Camera e ilGoverno sulle procedure, potrebbe probabilmente essere uno stru-mento che integra, dettaglia e arricchisce i contenuti del nuovoRegolamento del Senato.

Con riferimento alla difficoltà di circoscrivere l’attività diraccordo del Senato e della Conferenza sulla base della dicotomiafra funzioni legislative e funzioni amministrative, si segnala, altresì,quanto affermato dal professor Luther, ad avviso del quale secondola riforma in itinere, le funzioni di raccordo del Senato « nonpossono che abbracciare tutte le funzioni legislative ed esecutivedello Stato e degli enti costitutivi della Repubblica nonché dell’UE.Sono funzioni trasversali riferibili a tutte le funzioni nelle quali sirealizza una cooperazione tra lo Stato e le autonomie territorialida un lato e tra queste ultime e l’Unione europea dall’altro. (...) Lefunzioni di raccordo possono, ma non devono, includere la stipu-lazione di intese ed accordi, escluse quelle interregionali. Possonoincludere anche il coordinamento della programmazione statale eregionale finora svolta in Conferenza, perfino i criteri di ripartizioneterritoriale di risorse finanziarie, l’attuazione di direttive UE ecc. (...)In ultima analisi, il Senato potrà rivendicare ed esercitare anchefunzioni di raccordo amministrativo ed intergovernativo nella mul-tilevel governance. Più forte sarà la rappresentanza degli Esecutiviregionali, più idoneo sarà il Senato a svolgere funzioni di parte-cipazione alla governance.

Ciò premesso, osserva che la « riforma costituzionale ponetuttavia anche dei limiti alle funzioni di raccordo del Senato » che« non potrà assorbire oltre alle funzioni di raccordo legislativo anchetutte quelle di raccordo amministrativo, sacrificando del tutto laseparazione tra primo e secondo potere. Spetterà alla legge « or-ganica » – peraltro monocamerale – individuare funzioni di rac-cordo amministrativo adeguate, cioè solo laddove esista effettiva-mente un bisogno di raccordo non realizzabile senza accorgimentiorganizzativi o procedimentali. Inoltre non può assorbire le funzionidi raccordo amministrativo endoregionali, né quelle di cooperazione

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interregionale e intercomunale spontanea, né le funzioni dellecommissioni paritetiche ».

Secondo il professor Luther, la funzione di raccordo del Senatoinoltre « non potrà diventare luogo di esercizio unitario di funzioni diamministrazione attiva », deve essere rispettosa dei principi di sem-plificazione e trasparenza dell’azione amministrativa e di buonandamento delle amministrazioni, non può incidere sull’attivazione diconflitti di attribuzione inter-istituzionali e, più in generale, non puòpresumersi, ope constitutionis, conforme ai principi di sussidiarietà,differenziazione ed adeguatezza.

4.2.1 Proposte di riordino nell’ambito della funzione legislativa

Dall’indagine conoscitiva è emersa una sostanziale condivisionesull’idea che tutta la fase di concertazione e interlocuzione traGoverno e istituzioni territoriali ai fini della presentazione dei disegnidi legge governativi trasmigri necessariamente dal ‘sistema delleconferenze’ al nuovo Senato. L’attività attualmente svolta dalle Con-ferenze nell’ambito del procedimento legislativo sarà dunque assorbitanelle funzioni del nuovo Senato (Bassanini, Cecchetti, Carli, Carpani,Castelli, Rivosecchi).

Anche con riferimento alla legislazione delegata, è apparsaprevalente l’esigenza di riservare l’espressione dei relativi pareri alSenato, facendo venir meno la relativa funzione delle Conferenze,anche al fine di evitare orientamenti contrastanti dei diversi organi.Le Commissioni del Senato potrebbero comunque avvalersi delcontributo della Conferenza delle Regioni, in caso affiancata dagliapporti delle autonomie locali (Carli, Carpani, Vandelli).

Al riguardo, il professor Pajno ha sottolineato l’importanzadell’istituzionalizzazione di un legame tra Senato e conferenze, alfine di evitare il rischio che il Senato non disponga neanche delknow how sufficiente per individuare le esigenze del sistemaregionale da rappresentare nell’ambito del procedimento legislativoe per interloquire efficacemente sulle singole questioni. Occorredunque « far sì che la conferenza orizzontale possa esprimereposizioni politiche, possa richiedere di richiamare leggi della Cameraaffinché possa essere espresso un voto sulle medesime, possa inqualche modo orientare politicamente i lavori della futura assembleasenatoriale ».

In proposito, anche il professor Rivosecchi ha sottolineatol’opportunità di favorire forme di sinergia fra il Senato, da un lato,e la Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative e laConferenza delle Regioni, dall’altro. In particolare, ha sostenuto che« le funzioni di impulso, che (...) [quest’ultima] « oggi di fatto svolgenei confronti delle Conferenze intergovernative, nel rinnovato assettoistituzionale potrebbero essere prevalentemente indirizzate nei con-fronti del Senato ». Una sinergia, finalizzata a favorire il tempestivoscambio di dati informativi e statistici, che potrebbe a suo avvisospingersi sino a forme di integrazione funzionale e strutturale frale amministrazioni coinvolte.

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4.2.2 Proposte di riordino nell’ambito della funzione regolamentare edella funzione amministrativa

Nell’ambito dell’indagine conoscitiva si è registrata un’ampiaconvergenza in ordine all’esigenza che le questioni riguardanti l’at-tuazione delle disposizioni legislative e, più in generale, le questionidi carattere tecnico-amministrativo non possano prescindere daun’interlocuzione fra gli Esecutivi statale e regionali.

Salvo quanto riguarda la partecipazione al procedimento diformazione dei regolamenti di esclusiva spettanza dello Stato, è statoauspicato che tale competenza permanga in capo al ‘sistema delleconferenze’ (Vandelli, Caretti, Carli, Rivosecchi), in particolare per ciòche attiene alla regolamentazione attuativa e alla regolamentazionetecnica (Bassanini).

Ad avviso della Conferenza delle Regioni, il raccordo sul versantedei provvedimenti di normazione secondaria rappresenta un’attivitàpropria del ‘sistema delle conferenze’.

Al riguardo, è stato ricordato che la Corte costituzionale hacostantemente valorizzato gli atti delle Conferenze affermando l’effi-cacia non solo politica ma anche giuridica delle intese o degli accordi,come istituti privilegiati di integrazione del parametro sulla lealecollaborazione. « Questo valore delle intese e dei pareri in Conferenza(...) dovrebbe essere perpetuato anche nel nuovo quadro costituzionaleperché non cambiano le norme costituzionali sulla leale collabora-zione e sui criteri di riparto della potestà regolamentare » (Rivosecchi).

Analoga sorte potrebbe essere riservata agli atti delle Conferenzein relazione alle materie che transitano dalla competenza concorrentea quella esclusiva dello Stato, ma limitatamente alle « disposizionigenerali e comuni ». In questi casi è ragionevole ritenere che possaessere chiesta l’intesa ‘a valle’ in Conferenza per l’attuazione delleleggi statali che incidono comunque sulle materie regionali o susignificative funzioni amministrative regionali (Rivosecchi).

Come segnalato dal professor Vandelli, nella « grandissima partedel loro lavoro, le Conferenze funzionano come motore della con-nessione tecnica e amministrativa puntuale del sistema amministrativostatale con il sistema amministrativo regionale e locale », come delresto confermano i dati a disposizione, secondo cui nel 2015 laConferenza si è riunita 28 volte, mentre le commissioni si sono riunite175 volte e ci sono state 183 riunioni dei coordinamenti tecniciinterregionali e 129 riunioni di confronto tecnico con le amministra-zioni.

Nell’ambito della riforma, ad avviso del sottosegretario Bressa, il‘sistema delle conferenze’ deve essere concentrato sull’attuazioneamministrativa di tutti i provvedimenti, che coinvolge competenzetecniche e richiede la presenza di addetti ai lavori. A suo giudizio, « aldi là di una dimensione amministrativa, che deve essere perfezionatae razionalizzata, il senso del permanere delle Conferenze (...) stanell’istituto dell’intesa, che rappresenta lo strumento attraverso ilquale si raggiunge un accordo su politiche fondamentali tra il Governoe le Regioni ».

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A tal riguardo, è stato tuttavia osservato (Luther) che « nellamisura in cui il Senato svolgerà effettivamente funzioni di raccordo,dovrebbe avere non solo conoscenza, ma potrebbe anche acquisire unpotere di approvazione e veto, sospensivo o definitivo, rispetto alleintese » stipulate in Conferenza. In questo modo spetterebbe al Senato,rappresentante delle autonomie territoriali, (e non alla Corte costi-tuzionale) garantire la lealtà della ricerca di intesa e rivedere scelteeventualmente affrettate della Conferenza.

Tenuto conto del nuovo modello di regionalismo delineato dallariforma costituzionale, orientato prevalentemente sul versante ammi-nistrativo, è stata in particolare sottolineata la centralità del contri-buto all’attuazione dell’articolo 118 della Costituzione da parte del‘sistema delle conferenze’, ovvero della Conferenza unica che spo-trebbe sostituire l’attuale ‘sistema delle conferenze’ (Caretti).

Pur nell’ambito di una generale condivisione in ordine almantenimento di funzioni amministrative alle Conferenze intergo-vernative, è stato osservato tuttavia che allorché si intreccino « sceltead alto tasso di politicità (programmazione economico-finanziaria,delle opere pubbliche, delle politiche ambientali e di governo) escelte relative all’attuazione concreta delle politiche (intese e pareridelle Conferenze sulle modalità di attuazione delle leggi, sui criteridi realizzazione delle opere fissati dal CIPE...) non dovrebbe esserecomunque precluso al Senato di intervenire anche nelle proceduredi raccordo che, pur non formalmente riferite all’esercizio difunzioni legislative, investono scelte politiche di primario rilievo,destinate a condizionare l’esercizio della legislazione e le scelte diprogrammazione » (Rivosecchi). Il riferimento è anche « agli accordisui criteri di riparto di risorse finanziarie stanziate da leggi, o, piùdiffusi in tempi recenti, a quelli sui criteri di riparto degli onerifinanziari degli enti territoriali per conseguire gli obiettivi di finanzapubblica » (Rivosecchi). In questo modo il Senato potrebbe recu-perare scelte riguardanti ambiti fondamentali di interesse regionale,come nel caso della finanza locale, della cooperazione tra Stato eRegioni, in riferimento ai quali rischierebbe di svolgere un ruolomarginale anche perché l’esercizio della funzione legislativa prevedeun iter di approvazione monocamerale.

Il principio secondo cui le decisioni di carattere amministrativodi maggiore interesse debbano transitare dalla Conferenza al Senatoè stato riconosciuto anche da esponenti del Governo. Con specificoriferimento al proprio settore di competenza, la ministra Lorenzin, nelsottolineare il ruolo svolto sino ad oggi dal ‘sistema delle conferenze’in ordine alla definizione dei livelli essenziali di assistenza (LEA), alladeterminazione del fabbisogno sanitario nazionale, al relativo ripartotra le Regioni, alla definizione del ripiano dei disavanzi sanitari, e allastipulazione dei cosiddetti Patti per la salute, ha affermato che in talisettori (« in tutti settori che ho sinteticamente illustrato ») « la riformacostituzionale (...) potrà determinare un superamento delle funzionioggi esercitate dalla Conferenza ».

Il coinvolgimento delle Conferenze è meno ipotizzabile – anchenella fase dell’attuazione amministrativa – nelle materie di compe-tenza esclusiva statale piena per quelle materie qualificate in ragione

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dell’interesse nazionale, in quanto espressione della preminenzadell’indirizzo politico statale (Rivosecchi).

4.2.3 Ulteriori proposte di riordino:

a) nell’ambito della funzione di valutazione

Quanto alle funzioni di monitoraggio e verifica, è stato rilevato ilrischio di una possibile duplicazione con la valutazione delle politichepubbliche e dell’attività delle pubbliche amministrazioni, che l’articolo55, quinto comma, Cost., affida al nuovo Senato. In presenza di similisovrapposizioni, il ‘sistema delle Conferenze’ dovrebbe retrocedere alcospetto delle attribuzioni del nuovo Senato, che sono attribuzionicostituzionalmente garantite (Castelli).

Appare pertanto auspicabile che nell’ambito di un processo diriordino tutte le funzioni attualmente svolte dalle Conferenze inter-governative in tale ambito siano dismesse, affinché esse siano affidateal Senato, in ossequio a quanto previsto del novellato articolo 55 dellaCostituzione.

b) nell’ambito della partecipazione ai processi decisionali dell’Unioneeuropea

Con riguardo alla partecipazione ai processi decisionali dell’Unioneeuropea, è stata segnalata l’esigenza di individuare soluzioni affinchè siaassicurato un attento coordinamento dell’attività delle autonomie terri-toriali in funzione di contrasto all’elevato numero di procedure diviolazione del diritto UE, e alle conseguenti condanne della Corte digiustizia dell’Unione, nonché il migliore utilizzo dei finanziamenti stan-ziati dal bilancio dell’UE, ed in primis dei fondi strutturali europei. A talfine, nel quadro della riforma costituzionale, il prof Moavero Milanesiha proposto che le « funzioni che, attualmente, dovrebbero essereesercitate – e non sempre lo sono, accuratamente – esercitate dal‘sistema delle conferenze’ nell’ambito della stessa « sessione europea »(...) possano essere svolte dal nuovo Senato ».

In quest’ottica il Senato assumerebbe il ruolo di sede privilegiatadelle principali questioni europee, sarebbe chiamato a svolgerefunzioni rafforzate rispetto a quelle già svolte nell’ambito dellacosiddetta « fase ascendente », di coordinamento ed impulso rispettoall’attuazione da parte delle regioni della normativa dell’UE, epotrebbe procedere all’individuazione dei componenti del Comitatodelle Regioni dell’UE (Moavero Milanesi).

4.2.4 Proposte di coordinamento fra il Senato e il ‘sistema delleconferenze’

Da quanto precede emergono due aspetti centrali, fra loro soloapparentemente inconciliabili. Da un lato, l’esigenza di definire con

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precisione le competenze attribuite al Senato e quelle spettanti al‘sistema delle conferenze’. Esigenza che parte dalla considerazione cheil Senato potrebbe non essere in grado di svolgere, senza il supportodel ‘sistema delle conferenze’, talune funzioni di raccordo nell’ambitodell’attuazione delle disposizioni legislative e amministrative in con-siderazione della composizione prefigurata in Costituzione (che nongarantisce la presenza dei Presidenti di Regione), della possibilità cheal suo interno possano prevalere logiche di appartenenza politica (enon territoriale), nonché dell’assenza di un patrimonio di conoscenzeed esperienze nell’ambito delle funzioni di raccordo, invece possedutodalle Conferenze. Per tali attività, che includono profili più squisita-mente regolamentari e tecnico-amministrativi, e richiedono di potercontare sulla presenza di esperti ed ‘addetti ai lavori’, è emersa nelleaudizioni l’opportunità di non rinunciare al contributo delle Confe-renze in cui è stato possibile, sino ad oggi, realizzare un efficaceconfronto fra gli Esecutivi statale e territoriali.

Dall’altro, nell’ambito dell’indagine, come ricordato, si sono re-gistrate sollecitazioni ad evitare rigide delimitazioni di competenza frai compiti del Senato (funzioni legislative) e quelli delle Conferenze(funzioni amministrative), definibili più sul piano teorico che su quellopratico. Occorre infatti considerare che « nelle forme di governoparlamentari il Governo è il principale promotore dell’iniziativalegislativa e dei processi di attuazione delle leggi » e che « il Parla-mento è chiamato ad indirizzare e a controllare l’attività del Governo,anche con riferimento alle opzioni in concreto, che vanno definiteassieme alle autonomie territoriali » (Lupo).

In merito a possibili sinergie fra l’attività del Senato e quella delleConferenze, il professor Cecchetti ha rilevato la necessità per unefficace esercizio delle funzioni di raccordo tra Stato ed entiterritoriali dell’« istituzionalizzazione nell’ambito dell’attività del Se-nato del ruolo delle Conferenze orizzontali e delle associazioni deglienti locali », richiamando anche il ruolo della Conferenza dei Presi-denti delle Assemblee legislative regionali nelle procedure di forma-zione e attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unioneeuropea.

Circa le modalità per strutturare questo legame, sono stateprospettate diverse soluzioni.

Al riguardo, è stato asserito che le funzioni di impulso, che laConferenza delle Regioni oggi svolge nei confronti delle Conferenzeintergovernative, « nel rinnovato assetto istituzionale potrebberoessere prevalentemente indirizzate nei confronti del Senato, soprat-tutto svolgendo compiti di ausilio nella predisposizione del materialedocumentale e di ricerca, sul modello dei comitati previsti, a variotitolo, dal diritto dell’Unione europea, i quali svolgono funzioni« spurie » tra tecnica e politica, essenziali nei procedimenti deci-sionali » (Rivosecchi). I senatori potrebbero in tal modo disporre intempo quasi reale del punto di vista proveniente dagli enti terri-toriali e di istruttorie già mature » e al tempo stesso effettuare unmonitoraggio continuo sull’applicazione della legislazione primaria(Cecchetti). Ciò può essere perseguito attraverso un « riordino delleburocrazie e degli uffici degli organi coinvolti, a partire dal Senato,

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anche in relazione alle « nuove » funzioni di valutazione dellepolitiche pubbliche e dell’attività delle pubbliche amministrazioni »(Rivosecchi).

Al riguardo le richiamate riflessioni si inquadrano in un processoavviato negli ultimi anni, quindi ben prima dell’approvazione dellalegge costituzionale, di potenziamento e valorizzazione delle compe-tenze dell’amministrazione parlamentare nel settore della valutazionedelle politiche pubbliche, dei processi decisionali dell’Unione europea,nonché di rafforzamento delle esistenti sinergie con le Conferenze, inparticolare la Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislativeregionali.

Come è stato argomentato, lo strumento regolamentare, allamedesima stregua con cui oggi disciplina il ruolo del Governoall’interno del Senato, potrebbe disciplinare la modalità per assicurarela partecipazione o addirittura la presenza stabile e organizzataall’interno del Senato delle Conferenze orizzontali (Mangiameli,Pajno). Per quanto riguarda nello specifico il ruolo dei Presidenti diRegione, taluni hanno sostenuto che il regolamento del Senatopotrebbe intervenire anche su questo aspetto (Pajno). È stato peraltrosegnalato che se la richiamata sinergia dovesse giungere sino ad unformale incardinamento della Conferenza delle Regioni all’interno delSenato, potrebbe non essere sufficiente la fonte regolamentare eoccorrerebbe prefigurare l’approvazione di una legge costituzionale(Pajno).

Nell’interesse della funzionalità e della coerenza complessiva delsistema di raccordo, appare di particolare interesse la proposta,emersa nel corso delle audizioni, di far sì che il confronto fra gliesecutivi possa avvenire in Senato, nell’ambito del processo dirivisitazione dei regolamenti parlamentari che la riforma costituzio-nale presuppone.

Ciò può essere assicurato dalla duplice presenza del Governonazionale e di rappresentanti dei Governi degli enti territoriali. Laprima è sancita all’articolo 64, quinto comma, della Costituzioneriformata (« I membri del Governo hanno diritto, e se richiestil’obbligo, di assistere alle sedute delle Camere. »), che riproducesostanzialmente il quarto comma del testo della Costituzione vigente.

Quanto alla presenza dei Governi delle Regioni, essa innanzituttonon è esclusa dalla riforma costituzionale, che anzi la presuppone –come segnalato dal professor Lupo – ai sensi dell’articolo 63 Cost.,secondo comma, secondo cui « il Regolamento stabilisce in quali casil’elezione o la nomina alle cariche negli organi del Senato dellaRepubblica possono essere limitate in ragione dell’esercizio di funzionidi governo regionali o locali. »

La partecipazione ai lavori del Senato dei rappresentati deiGoverni degli enti territoriali può nello specifico essere disciplinata dalregolamento del Senato.

Il regolamento potrebbe contemplare uno strumento per consen-tire ai rappresentanti dei Governi regionali di poter parteciparenell’ambito di specifiche sessioni di lavoro nelle quali si discutono, allapresenza del Governo, questioni di particolare rilievo o « macrodeci-sioni », come ad esempio potrebbero essere, nel settore sanitario: la

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definizione dei livelli essenziali di assistenza (LEA); la determinazionedel fabbisogno sanitario nazionale, il relativo riparto tra le Regioni;l’approntamento di strumenti e procedure per il ripiano dei disavanzisanitari, attraverso i cosiddetti piani di rientro; nonché la stipulazionedei cosiddetti Patti per la salute, ambiti in riferimento ai quali secondola ministra Lorenzin « la riforma costituzionale (...) potrà determinareun superamento delle funzioni oggi esercitate dalla Conferenza ».

Quanto alla rappresentanza in Senato dei governi delle autonomieterritoriali, auspicata – come già richiamato – nell’ambito delleaudizioni svolte, essa potrebbe essere demandata al portavoce desi-gnato dalla Conferenza delle Regioni per la discussione di atti oquestioni non esaminati, in precedenza, nell’ambito delle conferenzeintergovernative.

Tale forma di rappresentanza potrebbe essere riconosciuta alleConferenze intergovernative (ovvero al soggetto o ai soggetti istitu-zionali che dovessero risultare dal processo di razionalizzazione delleattuali tre secondo quanto auspicato nel corso dell’indagine conosci-tiva, si veda il paragrafo 4.1.2) in tutti i casi in cui la questione postaall’attenzione del Senato abbia registrato già un confronto preliminarefra gli Esecutivi in tali sedi.

Nei casi in cui l’interlocuzione diretta fosse con le Conferenzeintergovernative, in Senato sarebbe opportuno che, oltre al compo-nente dell’Esecutivo nazionale che presiede la Conferenza (nellapersona del Ministro per gli affari regionali nel caso della ConferenzaStato-Regioni e della Conferenza unificata; ovvero del Ministrodell’interno nel caso della Conferenza Stato-città) o suo delegato,possa partecipare almeno un rappresentante degli Esecutivi territoriali(verosimilmente il portavoce della Conferenza delle regioni qualora siverta su questioni di competenza della Conferenza Stato-Regioni) cuisi potrebbe aggiungere un portavoce degli enti locali appositamentedesignato dalla Conferenza unificata o dalla Conferenza Stato-città(qualora si verta su questioni di competenza di questi ultimi orga-nismi).

Inoltre, l’interlocuzione diretta con la Conferenza unificata (ov-vero con la Conferenza Stato-città) appare particolarmente appro-priata per consentire al Senato di svolgere la funzione di raccordoanche con riferimento a questioni di particolare rilievo per gli entilocali, sempre che il regolamento parlamentare non intenda delineareuna procedura in cui si preveda la partecipazione diretta ai lavori delSenato, a seconda delle circostanze, dei rappresentanti di comuni,città metropolitane, enti di area vasta, magari affiancati da rappre-sentanti delle Regioni.

La forma di raccordo prefigurata appare in linea, fra gli altri, conl’auspicio emerso nel corso delle audizioni in ordine alla idea « di unsistema reticolare, stellare, con al centro il Senato e intorno questosistema di tavoli, di conferenze » (Bifulco); con l’affermazione (Luther)secondo cui la riforma costituzionale consentirebbe « il mantenimentodi alcune strutture di raccordo in seno al governo, purché funzio-nalmente chiaramente subordinate e non competitive rispetto a quelledel nuovo Senato »; nonché con l’affermazione secondo cui in alter-nativa alla presenza di diritto in Senato dei Presidenti, è ipotizzabile

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un raccordo tra Senato e conferenze intergovernative, che favoriscaforme di inserimento di queste quantomeno in funzione istruttoria e/oconsentendo la rappresentanza di membri degli Esecutivi regionali nelSenato tramite le conferenze, prevedendo sessioni di lavoro del Senatointegrate con i rappresentanti delle conferenze (Rivosecchi).

Con riferimento a forme di sinergia con le conferenze orizzontali,è stata posta l’esigenza di un forte raccordo anche tra Senato eConferenza dei Presidenti delle assemblee legislative.

Secondo il Presidente Iacop, l’idea di fondo dovrebbe esserebasata su un’organizzazione interna dello Stato fondata su una retedi raccordo con i territori tra il Parlamento e i Consigli regionali,attraverso il Senato e la Conferenza delle assemblee da una parte eun rivisitato circuito intergovernativo Stato-Regioni-autonomie dal-l’altra.

A suo avviso, se è vero che i legislatori regionali partecipanodall’interno alle decisioni legislative e di controllo dello Stato, attra-verso la presenza in Parlamento dei consiglieri regionali-senatori,ancor più devono essere coinvolti nel nuovo circuito di coordinamentoi Consigli regionali, attraverso la Conferenza, in quanto depositaridella competenza legislativa insieme al Parlamento e già partecipi informe crescenti nella dinamica dei processi decisionali europei e nelleattività di valutazione delle politiche pubbliche. La connessione tra ledue sedi di cooperazione appare di tutta evidenza, se si consideral’incidenza che il doppio incarico dei consiglieri-senatori avrà sul-l’organizzazione dei lavori sia del Senato che delle Assemblee regio-nali.

È dunque possibile ipotizzare che le sedi di raccordo orizzontaleinteragiscano con il Senato per il miglior funzionamento dell’organo.Si pensi, ad esempio, alla possibilità dell’istruttoria preventiva che giàin sede di Conferenza può essere fatta o all’attività di documentazionee ricerca congiunta tra Senato e Conferenza dei Consigli regionali.

In sintesi, si potrebbero individuare soluzioni che pongano unraccordo a rafforzamento del circuito Camera alta-Assemblee regio-nali per il tramite della loro Conferenza per tutte le funzioni cheafferiscono alle prerogative delle Assemblee legislative, e un coinvol-gimento degli Esecutivi regionali, per il tramite del ‘sistema delleconferenze’, laddove necessario. Entrambe le forme di raccordopotrebbero essere procedimentalizzate nel regolamento parlamentaredel Senato.

Una strutturata interazione del Senato con le sedi di raccordoorizzontale, ad esempio sul piano dell’istruttoria preventiva e dell’at-tività di documentazione e ricerca, oltre ad essere funzionale almiglior funzionamento dell’organo, può infatti contribuire a compen-sare l’identità istituzionale e territoriale rispetto alla dimensionepartitica, in considerazione della possibile prevalenza della dimen-sione politica in seno al Senato.

Tale impostazione risulta sostanzialmente condivisa dal ministroCosta, che ha riconosciuto il ruolo ampio e significativo dellaConferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative regionali « che siconfigura sin da ora come un interlocutore necessario del Parlamentoe specificatamente della Camera rappresentativa delle istituzioni

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territoriali », specialmente nei casi in cui il legislatore debba affron-tare « aspetti che incidono direttamente, sia in modo ampliativo chelimitativo, rispetto alla competenza del legislatore regionale ».

Nell’ambito delle riflessioni in ordine all’opportunità di svilupparesinergie fra Senato e ‘sistema delle conferenze’, si è dibattuto nelleaudizioni sulla possibilità di individuare nel Senato la sede in cuiincardinare le strutture di raccordo attualmente operanti e, conte-stualmente, di procedere sin da subito ad uno stretto coordinamentofra le strutture amministrative, al fine di assicurare una forma diistruttoria preventiva, completa e condivisa. Detto coordinamentopotrebbe spingersi sino alla concentrazione in una struttura ammi-nistrativa unica delle complessive funzioni di raccordo.

L’evocata sinergia favorirebbe la maturazione di un orientamentocomune su questioni legislative, con ricadute anche sul piano ammi-nistrativo, con l’effetto di evitare che Senato e Conferenze possanoassumere posizioni contrastanti, a detrimento, in primis, della capacitàdel sistema di recepire, rappresentare e far valere le esigenze deiterritori, nell’ambito di un bilanciamento complessivo con le esigenzestatali.

Inoltre, tale sinergia potrebbe favorire il superamento di una dellecriticità evidenziate circa l’attuale ‘sistema delle conferenze’, e di cuisi è già dato conto, riguardante il loro incardinamento presso laPresidenza del Consiglio, che, secondo parte della dottrina, incide sullaloro effettiva autonomia organizzativa e di programmazione delleattività.

4.2.5 La Commissione bicamerale per le questioni regionali nell’ambitodella riforma

L’articolo 36 del testo di legge di riforma costituzionale, modi-ficando l’articolo 126 della Costituzione, trasferisce al Senato lacompetenza ad esprimere il parere sul decreto motivato del Presidentedella Repubblica con il quale sono disposti lo scioglimento anticipatodel Consiglio e la rimozione del Presidente della Giunta. Nel testovigente della Costituzione tale funzione consultiva è assegnata allaCommissione parlamentare per le questioni regionali.

Il trasferimento della funzione consultiva riconosciuta alla Com-missione per le questioni regionali risulta riferito esclusivamente alleRegioni a statuto ordinario, mentre la Commissione mantiene talefunzione per le Regioni a statuto speciale. Le modifiche apportatedalla riforma costituzionale all’articolo 126 non si applicano infattialle Regioni a statuto speciale sino alla revisione dei rispettivi statuti,che contemplano il parere della Commissione nella procedura discioglimento dei consigli regionali (con l’eccezione dello statuto dellaRegione siciliana).

La Commissione dunque, nonostante la formulazione della ru-brica dell’articolo 36 del testo di legge di riforma costituzionale, nonpare poter essere soppressa, almeno fino al compimento del processodi revisione degli statuti speciali.

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Attualmente l’attività prevalente della Commissione è costituitadall’attività consultiva nell’ambito del procedimento legislativo, per iprofili inerenti all’attività legislativa e amministrativa delle Regioni.Questa funzione non appare riproponibile nel nuovo sistema inconsiderazione della nuova configurazione del Senato.

Nel corso dell’indagine conoscitiva, è stato proposto di riconoscereuna funzione consultiva alla Commissione nell’ambito della secondalettura alla Camera delle leggi ad approvazione monocamerale,quando si porrà il problema di valutare l’accoglimento delle propostedi modifica del Senato. In tal modo, deputati, da una parte, e senatori,dall’altra, in rappresentanza, i primi, dell’unità nazionale, e, i secondi,della differenziazione, esaminerebbero le proposte del Senato per poiriferire alle Commissioni di merito che dovranno istruire l’affare(Carli).

Inoltre, la Commissione parlamentare per le questioni regionali,per la sua natura di organo paritetico composto da un uguale numerodi deputati e di senatori, potrebbe svolgere un ruolo di mediazione trale due Camere, sulla falsariga degli organismi di conciliazione operantiin altri ordinamenti, ove in tal senso si orientassero i regolamentiparlamentari (ad esempio, quale organo di consulenza dei Presidentidelle Camere ai fini del raggiungimento dell’intesa sulle questioni dicompetenza inerenti al procedimento legislativo oppure nell’ambitodel procedimento legislativo bicamerale).

5. PROFILI DI DIRITTO COMPARATO

5.1 Premessa

Molti auditi hanno fatto riferimento a quanto è previsto in altriordinamenti costituzionali, sia con riguardo al nuovo Senato sia inrelazione al ‘sistema delle Conferenze’. In particolare, sono statifrequenti i richiami al Bundesrat austriaco, che, sebbene sia in fasedi superamento nell’ordinamento di quello Stato, risulta essere ilmodello più vicino all’assetto del futuro Senato, così come si è venutodelineando all’esito del procedimento parlamentare.

Al diritto comparato è stata, poi, dedicata un’apposita sessione diaudizioni, al fine di cogliere, dalle esperienze maturate in alcuni Paesi,utili indicazioni per un migliore funzionamento delle sedi di incontroe di rappresentanza delle autonomie territoriali. L’esame di questiprofili appare particolarmente utile se si considera che l’eventualeapprovazione della riforma costituzionale e la nascita di un Senatorappresentativo delle autonomie territoriali rischiano di delegittimarel’esistenza dell’attuale ‘sistema delle Conferenze’. Si tratta, dunque, diindagare sulle forme e sulle modalità di un’eventuale coesistenza trauna Camera delle autonomie e una o più sedi di incontro dello Statoe delle stesse autonomie.

Da questo punto di vista la comparazione offre « un menù didispositivi normativi e pratici » che possono servire a tali propositi(Luther). Le scelte possono essere fatte nella prassi o attraverso unintervento normativo, che potrebbe riguardare le norme del regola-

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mento del Senato oppure potrebbe consistere nell’approvazione di unalegge « organica » idonea a coordinare le funzioni del Senato conquelle del sistema delle conferenze.

5.2. Sulla provenienza dei componenti delle Camere territoriali

Con specifico riferimento alla provenienza dei componenti delfuturo Senato, il Professor Luther ha compiuto una disamina di alcunidei più importanti ordinamenti stranieri evidenziando quanto segue:

a) La funzione di rappresentanza territoriale, intesa comerappresentanza di domini feudali o comunità, non era estranea albicameralismo aristocratico fino alla rivoluzione francese e fu svi-luppata successivamente soprattutto nei modelli federali delle secondecamere elettive. Gli studi e le statistiche sulla rappresentativitàterritoriale della House of Lords, da tempo in attesa di una riformache la rafforzi, evidenziano che su 601 ben 387 lords hanno un titolocon una denominazione territoriale, 185 Lords sono stati eletti incircoscrizioni regionali e locali, 137 sono o sono stati consiglieri locali,27 consiglieri regionali. Nel 2015 si registra la presenza di 4 Lords chesono anche consiglieri nelle assemblee regionali e altri 23 Lords giàconsiglieri, dei quali 3 hanno rivestito anche la carica di « FirstMinister » regionale;

b) Rispettando il principio di separazione dei poteri orizzontalee verticale nei sistemi federali, il Senato statunitense pare che nonabbia mai conosciuto governatori senatori, ma oggi ben 11 senatorisono ex-governatori. Un buon ex-governatore potrebbe anche in Italiaavere buone chances di essere eletto a senatore. Una candidatura degliex-presidenti alle elezioni per il consiglio regionale potrebbe alloradiventare una candidatura per il Senato. Ma questo riconoscimentodell’esperienza non è comune a tutti i sistemi federali;

c) La forma di governo presidenziale non è decisiva per questomodello di premiazione degli elder statesmen. I 46 deputati delloStänderat svizzero sono eletti direttamente dai corpi elettorali deicantoni e non sono incompatibili con posizioni del potere esecutivocantonale (articolo 144 Cost., articolo 14 legge federale del 13. 12.2002). Tuttavia, nella prassi sono elette persone che hanno avutoesperienza di governo cantonale;

d) Piuttosto rileva il sistema elettorale, anche perché il premioall’esperienza non viene dato ovunque. Nel Senato australiano, adesempio, le elezioni dirette dei senatori con il sistema proporzionalenon premia gli ex-governatori;

e) Le candidature ed elezioni possono in effetti essere anchedominate da utilità partitiche. In India è stato conservato il modellostatunitense originario delle elezioni indirette della Rajya Sabha, macon metodo proporzionale da parte dei parlamenti dei vari Stati(articolo 80). Il bicameralismo deve essere conservato anche a livello

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regionale (articolo 168 Cost.), con un terzo dei consiglieri regionalieletti dai consigli locali (articolo 171 Cost.). Questi eletti possono, manon devono, essere membri dei corpi elettorali che li eleggono. Nellaprassi elettorale, la rappresentanza territoriale e l’esperienza dilegislatore pertanto non contano affatto;

f) In Sudafrica invece, i membri del National Council ofProvinces sono per il 60 per cento eletti da, ma non necessariamente« tra », i consiglieri provinciali, anche perché il consigliere provincialeperde la propria carica non appena viene eletto consigliere nazionale.Nella prassi, spesso vengono eletti consiglieri che hanno perso leelezioni nazionali o provinciali. Per questi consiglieri eletti indiret-tamente è ammesso il « recall » da parte dei consigli provinciali seperdono la fiducia del partito che ne ha proposto l’elezione o secambia la maggioranza in consiglio (articolo 62 Cost.). A questiconsiglieri eletti indirettamente si aggiungono altri quattro « specialdelegates »: uno è il premier del governo provinciale e tre sonoconsiglieri provinciali che restano consiglieri e rappresentano ilparlamento provinciale solo temporaneamente nella trattazione diargomenti particolari (articolo 61 Cost.);

g) La rappresentanza territoriale non è una funzione esplici-tamente attribuita, ma può ritenersi implicita nel mandato imperativopraticato al Bundesrat tedesco quando il Minsterpräsident o il sindacogovernatore della città-stato delegano altri ministri o assessori ofunzionari accreditati nei loro uffici di rappresentanza presso laFederazione (articolo 52 LF), modello originale prodotto dal federa-lismo monarchico ottocentesco e conservato in una forma depoten-ziata al fine di rendere possibile un quasi-monocameralismo e dievitare momenti di duplicazione del Governo. Il Bundesrat non siarticola formalmente in gruppi politici, ma è composto dai membri deigoverni dei Länder, peraltro con presenza dei Ministerpräsidenten eRegierende Bürgermeister anche nelle commissioni dello stesso, adesempio, nella Commissione affari europei. Questo non significaescludere la politica dei partiti dal Bundesrat, ma quanto menoalleggerire le pressioni verso l’omologazione delle coalizioni nei varilivelli di governo e favorire ricerche di posizioni bipartisan;

Va inoltre segnalato che nella maggior parte dei Länder sononominati appositi ministri per gli affari federali ed europei, l’equi-valente funzionale di un ministro degli esteri. Una simile soluzionepotrebbe essere anche adottata dalle regioni italiane, specialmente ovevolessero integrare i consiglieri eletti senatore nella giunta regionale;

h) Il riformato Senato italiano si ispira più al modello delBundesrat austriaco, eletto dai consigli dei Länder e integrati, condiritto di ascolto e di parola, ma senza diritto di voto o di istruzione,dai presidenti dei Länder (Landeshauptmänner) i quali possono esseremembri anche del Landtag e devono avere dei supplenti (articolo 101,co. 2 e 3, 105 B-VG), ma – a quanto pare a fortiori – non possonoessere anche eletti consiglieri federali (articolo 36 co. 4 BV-G). Talesoluzione del solo diritto di parola, in sostanza un diritto di censuranei confronti di senatori che volessero interpretare gli interessi

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regionali in modo divergente dalla posizione del capo di governo delLand, richiederebbe in Italia almeno una norma del regolamento delSenato;

i) Necessiterebbero indagini empiriche più approfondite alcunealtre seconde camere europee elette indirettamente. Il Senato francese« assure la représentation des collectivités territoriales de la Républi-que » (articolo 24, co. 3), con senatori eletti indirettamente e incom-patibili con cariche esecutive locali e regionali, non invece con lacarica di consigliere locale o regionale. Dei 348 senatori francesiattuali 266 rivestono altre cariche elettive, di cui due la caricaesecutiva di presidenza di un consiglio regionale, 14 quella dipresidenza di consiglio dipartimentale. Nel 2017 si applicherà unanuova legge che esclude un cumulo di mandati per le principalicariche esecutive delle istituzioni territoriali;

k) Nel Senato belga, 50 su 60 senatori sono eletti daiparlamenti delle comunità linguistiche tra i propri componenti, glialtri sono cooptati ma incompatibili con la carica di membro delparlamento di una comunità o regione (articolo 119), incompatibilitàestesa dalla legge sulle elezioni provinciali a tutti i senatori. Nonsono previste in Costituzione incompatibilità per i membri deigoverni regionali, ma – secondo uno studio del senato francese –la carica di senatore cessa se egli è eletto nel governo di unacomunità linguistica ed è anche incompatibile con una caricanell’esecutivo di comunità e regioni;

l) La Eerste Kammer olandese è stata democratizzata solo nel1923, in base al sistema elettorale proporzionale costituzionalmentegarantito per entrambe le camere (Generalstaaten). Gli stati provin-ciali, presieduti da un commissario del re, eleggono i « senatori » dellaprima camera. L’articolo 57, co. 2, stabilisce un’incompatibilità per iministri e segretari di stato, non invece per le cariche di governo delleprovince. Fino al 1971, il membro della prima camera aveva anchealtre cariche, in particolare quella di sindaco o ministro di provinciao anche quella di leader sindacale, successivamente pare essersistabilizzata una tendenza ad escludere altre cariche politiche opubbliche;

m) Il modello corporativo dello Seanad Eireann irlandese hauna componente territoriale in quanto 43 su 60 senatori sono elettidai parlamentari della prima camera e della seconda camerauscente e membri designati dai consigli municipali e di contea, lacui scelta è tuttavia vincolata a cinque cd. Vocational Panels, deiquali solo uno valorizza esperienze amministrative. Per questo panelpossono essere fatte proposte anche dalla Association of Irish LocalGovernment. La Costituzione impone ai ministri di essere membridel Parlamento, ma solo due ministri possono essere membri delSenato. La carica di senatore quindi non è incompatibile confunzioni di governo, ad eccezione con quelle di primo ministro(Taoiseach), del suo vice e del ministro delle finanze (articolo 28.7Cost.) ma di tale norma è stato fatto uso solo due volte (nel 1957

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e nel 1981). I senatori eletti nel 2016 non dichiarano appartenenzeneanche a consigli locali;

n) Nel Senado spagnolo, sono eletti indirettamente dai parla-menti regionali solo i senatori delle Comunidades autonomas (articolo69, co. 5, Cost. e fonti procedurali autonome), attualmente 58 su 266.È stabilita espressamente l’incompatibilità della carica di deputato edi componente di assemblea della Comunidad (articolo 67), mentregran parte degli statuti delle Comunidades autorizza il cumulo e lasincronizzazione di mandati tra centro e periferia;

o) Anche nel Consiglio Nazionale della Slovenia, 22 su 40membri sono eletti dagli enti locali, con norme costituzionali diincompatibilità che non includono le cariche locali;

p) Nel Senato della Polonia, l’elezione diretta dei 100 senatoriè governata da regole di incompatibilità che ammettono esplicitamentel’assunzione di funzioni governative (articolo 103 co. 1 Cost.), anchea livello locale;

q) Analoga è la disciplina del Senato della Repubblica Ceca(articolo 22 Cost), dove i ministri sono tuttavia esclusi dalla presidenzadelle commissioni e del plenum (articolo 32 Cost.).

In conclusione, secondo il Professor Luther, la presenza deiPresidenti delle Regioni accanto ai senatori consiglieri e sindaci nonpuò essere vietata dal legislatore statale. Potrebbe rafforzare l’auto-revolezza e la legittimazione democratica del Senato. Potrebbe raf-forzare la rappresentanza territoriale rispetto a quella dei partiti,disincentivando la formazione di gruppi e premiando alleanze ecooperazioni interregionali. Non implicherebbe la fine del “sistemadelle conferenze”, anzi potrebbe garantire una leale collaborazione del“sistema delle conferenze” anche rispetto al Senato. Per evitare unsovraccarico di lavoro e riunioni, molto dipenderà dalla capacità diauto-organizzazione del Senato e dalla creatività del suo regolamento.Il regolamento potrebbe infatti prevedere sul modello tedesco pro-cedure di approvazione anche senza seduta, cioè in riunione telema-tica, e consentire una istruttoria in commissioni alle quali partecipinoanche esperti e che siano supportate sia dalle strutture parlamentariintegrate (articolo 40 co. 3) sia da una struttura comune delle giuntee dei consigli regionali e locali.

5.3. Sul ‘sistema delle conferenze’

La comparazione dei ‘sistemi delle conferenze’ intergovernativenei Paesi con seconde camere dimostra innanzitutto che la coopera-zione degli Esecutivi è per lo più un fenomeno informale e politico,ma che esiste una tendenza crescente a disciplinarlo anche nellaCostituzione (ad es. articolo 145 Cost. Spagna, articolo 35-37, 91a-91eLegge fondamentale Germania, articolo 15a, 23d, 59b Cost. Austria;esemplare da ultimo gli articolo 44-49 Cost. Svizzera). In secondoluogo, dove le secondo camere sono organi federali, devono parteci-

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pare alla supremazia del potere centrale su quello periferico. L’in-formalità delle conferenze implica una loro strumentalità rispetto airaccordi organici offerti dalle seconde camere:

a) Storicamente le Länderkonferenzen tedesche sono nate solodopo il Bundesrat dell’Impero Germanico, con una norma delregolamento interno del governo dell’Impero nel 1924. Per il mezzodel Bundesrat tedesco attuale, i Länder collaborano alla legislazionee all’amministrazione federale (articolo 50), mentre per mezzo delleconferenze esercitano autonomamente in forme comuni o concertateo con la collaborazione di organi federali le proprie competenze.Le 16 commissioni del Bundesrat rispecchiano pertanto le compe-tenze dei ministeri federali, inclusi gli affari esteri e difesa, mentrele 18 conferenze ministeriali coincidono solo in parte con lecommissioni del Bundesrat (Europa, interni, salute, ambiente, cir-colazione, economia, finanze) sono più orientate verso i ministeriregionali, ad es. unendo famiglia e anziani, parità e giovani(Bundesrat: gioventù e famiglia) o separando agricoltura da tuteladei consumatori, interni da sport e integrazione da lavoro e affarisociali (uniti nel Bundesrat). Mentre una conferenza si occupadell’edilizia, ben due commissioni del Bundesrat si occupano ri-spettivamente di governo del territorio e di edilizia abitativa. Soloin materia di scienza esiste una commissione con un rappresentantedel Land. Mentre il Bundesrat ha sede e un apparato proprio aBerlino, le conferenze non sono unificate e hanno sede nei Länderche a turno la presiedono, anche se le strutture amministrative delle4 principali (economia, circolazione, interni, finanze) sono domici-liate presso la segreteria del Bundesrat. In entrambe le istituzionisono possibili deleghe e sostituzioni, nelle commissioni del Bundesratper lo più a funzionari degli uffici regionali di rappresentanza aBerlino. La conferenza non è vincolata all’ordine del giorno checomprende di solito tra 10 e 15 affari e tiene sedute non pubbliche,il Bundesrat ha in genere da 60 a 80 affari all’ordine del giornoche sono dibattute in seduta pubblica, ma preparate dalle com-missioni in seduta non pubblica. A differenza del Bundesrat, leconferenze non sono organi costituzionali della Federazione e nonsi occupano di affari federali, ma soprattutto di affari autonomi equestioni di status comuni. Pertanto le conferenze non devono inalcun modo menomare le competenze del Bundesrat. Nel 1992, laConferenza dei presidenti, la Ministerpräsidentenkonferenz (MPK) hadeliberato formalmente di non discutere affari pendenti nel Bun-desrat. I regolamenti delle conferenze contemplano norme proce-durali analoghe rispetto a quelle del Bundesrat e hanno abbando-nato sin dal 2004 la regola dell’unanimità. Quello della conferenzadei ministri della cultura (Kultusministerkonferenz), ad esempio,stabilisce che le delibere sono prese all’unanimità se « servono aprodurre la necessaria unitarietà e mobilità nell’istituzione dellaformazione, se producono effetti per i bilanci regionali, se riguar-dano la stessa conferenza o l’istituzione di istituzioni comuni »,altrimenti serve una maggioranza di 13 su 16 Länder, mentre ledelibere di procedura sono prese a maggioranza semplice. Lapartecipazione del Bundesrat all’amministrazione del Bund consiste

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essenzialmente in un potere di approvazione di fonti normativesecondarie, in particolare di regolamenti (Rechtsverordnungen) e dinorme amministrative (Verwaltungsvorschriften). Questo vale pertutte le fonti secondarie che derivano da leggi che richiedonol’approvazione del Bundestag o la cui esecuzione spetta ai Ländercome affare autonomo o delegato, ma anche per principi e tariffeper i servizi delle poste e telecomunicazioni e costruzione, gestionee prezzi delle ferrovie (articolo 80 co. 2 LF). Per queste materie,il Bundesrat ha anche un diritto di iniziativa nei confronti delgoverno (articolo 80 co. 3 LF). L’approvazione viene deliberataspesso in forma condizionata, costringendo il governo a modificaretali fonti prima che entrino in vigore;

b) Per quanto riguarda i rapporti tra il Bundesrat austriaco ela Landeshauptleutekonferenz dei nove presidenti dei Länder austriaci,la legge costituzionale federale si limita a garantire ai governatori deiLaender diritto di parola nel Bundesrat. L’organo è implicitamentericonosciuto dalla norma che disciplina l’istituzione di una commis-sione mista per la determinazione delle retribuzioni dei funzionaripubblici eletti in una delle camere, composta da 3 membri nominatidai presidenti della prima camera (articolo 59b BV-G), 2 membrinominati dal presidente del Bundesrat, e 5 membri nominati dalpresidente federale su proposta dei presidenti dei Laender (2),dell’associazione dei comuni (1) e di quella delle città (1), cui siaggiunge un ex-magistrato. Come nel Bundesrat tedesco, accanto aquella dei presidenti esistono conferenze dei membri di governoregionali, dei direttori amministrativi che preparano le sedute (Lan-desamtdirektorenkonferenz), dei presidenti dei parlamenti regionali edi esperti regionali. Il coordinamento è realizzato dall’Ufficio dicoordinamento dei Länder con sede presso il governo del Niederö-sterreich (Verbindungsstelle der Bundesländer). Alla Conferenza deipresidenti sono invitati anche il Kanzleramtminister e il direttore delservizio costituzionale del Bundeskanzleramt. Il potere politico diquesto sistema sembra crescere, mentre quello del Bundesrat sembradiminuire. Nella prassi, il Bundesrat austriaco si organizza a diffe-renza delle conferenze in gruppi politici. Il Bundesrat austriaco hacompetenze non solo legislative. Pur non partecipando al rapportofiduciario, può esercitare tutti i poteri di controllo ed indirizzospettanti anche alla prima camera del parlamento: interpellanze,question-time, richiesta di comparizione, accesso ad informazioni,risoluzioni. A questo si aggiunge il diritto a un ricorso in via principaledi un terzo dei membri del Bundesrat e il diritto alla censura disussidiarietà e altre prerogative negli affari europei (infra sub 6),peraltro sin dal 2015 con un diritto di parola degli europarlamentari.Durante l’inchiesta del 2014 sulla riforma del Bundesrat è statochiesto anche un diritto di veto in materia di finanze. Una totaleparificazione dei poteri di controllo tra le due camere sarebbe in Italiaincompatibile con il nuovo articolo 55, comma quarto, Cost., unatotale esclusione di qualsiasi strumento di indirizzo e controllo sullefunzioni di raccordo sarebbe invece incompatibile con il nuovoarticolo 55, comma quinto, Cost;

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c) Lo Ständerat svizzero è stato affiancato solo nel 1993 dallaconferenza dei governi dei cantoni (Konferenz der Kantonsregierun-gen (KdK), inizialmente coinvolta soprattutto nei lavori per lariforma costituzionale. La convenzione che la istituisce definiscecome scopo il rinnovamento e lo sviluppo del federalismo, ladivisione dei compiti tra federazione e cantoni, la formazione dellavolontà e delle decisioni all’interno della Federazione, l’esecuzionedi compiti della Federazione da parte dei cantoni nonché la politicaestera e di integrazione (articolo 1 co. 2). La conferenza devecooperare con le autorità federali e realizzare un coordinamento« con altre istituzioni della cooperazione verticale » (articolo 3 co.3) nonché cooperare con la conferenza dei direttori amministrativie con le altre conferenze intercantonali, incluse quelle regionali(Zentralschweizer Regierungskonferenz (ZRK), Westschweizer Regie-rungskonferenz (WRK), Nordwestschweizer Regierungskonferenz(NWRK) Ostschweizer Regierungskonferenz (ORK) (articolo 4). L’uf-ficio di collegamento pubblica una relazione annuale delle attivitàdelle conferenze nonché i nominativi degli esperti che compongonoi vari gruppi di lavoro, per lo più competenti per politiche europeee accordi con UE, ma anche ad esempio per l’attuazione del dirittofederale e per le convenzioni intercantonali. La conferenza decidecon la maggioranza di 18 su 26 governi cantonali. Nel 1998 la KdKha convenuto con lo Ständerat un’intensificazione della coopera-zione. Al di là dei due incontri annuali, lo Ständerat informa laconferenza preventivamente sull’ordine del giorno delle propriesessioni per consentire una partecipazione di delegati della confe-renza alle proprie sedute su temi di interesse cantonale;

d) In Spagna, il sistema delle conferenze include la Confe-rencia de Presidentes, le Conferencias Sectoriales e le ComisionesBilaterales de Cooperación, sistema che è stato razionalizzato dallarecente Ley 40/2015, de 1 de octubre, de Régimen Jurídico del SectorPúblico. La Conferenza dei presidenti delle comunità autonomespagnole, istituita nel 2004, si riunisce finora solo raramente perdeliberare accordi con lo Stato o raccomandazioni. Sono finorapoche sia le convenzioni sulla gestione di servizi propri, dacomunicare al Parlamento, sia gli accordi di cooperazione, daautorizzare da parte del Parlamento (articolo 145 co. 2, Cost.). Ilregolamento della conferenza approvato nel 2009 stabilisce comeobiettivi un dialogo sulle politiche pubbliche, settoriali e territorialidello Stato, su attuazioni congiunte di carattere strategico e suquestioni di competenza bilaterali, il potenziamento delle relazionidi cooperazione tra Stato e autonomie, nonché l’impulso e l’orien-tamento delle conferenze settoriali e di altri organi di cooperazionemultilaterale (articolo 2). La conferenza ha sede nel Senato, ma puòtenere sedute anche nelle sedi dei governi autonomi partecipanti(articolo 4 co. 4). Il centro del sistema delle conferenze sono leConferencias Sectoriales che devono ora essere informate sui progettidi legge e di regolamento dello Stato e delle Comunità autonomeche possono interessare l’ambito delle competenze anche di altreamministrazioni pubbliche, il tutto al fine di evitare duplicazioni econsentire una pianificazione congiunta della produzione normativa.

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Anche la Ley 7/1985, de 2 de abril, Reguladora de las Bases delRégimen Local nella sua versione attuale rafforza la centralità delsistema delle conferenze settoriali nel quale è anche integrata unaConferencia de Ciudades. La dottrina auspica una revisione integraledel sistema delle conferenze, ma anche delle riforme che trasfor-mino il Senato in organo permanente;

e) Per quanto riguarda la Francia, va segnalata innanzituttol’avvenuta istituzione della prima conferenza delle collettività terri-toriali nella sede del Senato Francese nel dicembre 2014, peraltropartecipata dal Presidente del Senato. Le più recenti riforme delterritorio e delle Regioni hanno rafforzato le conferenze amministra-tive (conférence territoriale d’action publique, conférences régionales del’aménagement et du développement du territoire, conférence de coor-dination des collectivité territoriales). È stata invece archiviata laproposta di creare un « Haut Conseil des territoires ». Il recenterapporto di Claudy Lebreton (Une nouvelle ambition territoriale pourla France en Europe – Mission sur l’Aménagement du territoire :refonder les relations entre Etat et collectivités territoriales, 2016)propone invece la creazione di un « Conseil des collectivités » sulmodello del Comitato delle Regioni dell’UE, con compiti di meraconsulenza sull’esecuzione delle leggi e non concorrenti con lecompetenze del Senato, e una riforma del sistema di elezione delSenato che tenga maggiormente conto dei risultati delle elezioniamministrative. Anche altre misure dovrebbero rafforzare la colla-borazione tra Stato ed istituzioni territoriali, specialmente per ilgoverno del territorio;

f) Cenni ulteriori meritano i poteri di nomina e di controllopolitico sussidiario del Senato polacco, anche in assenza di informa-zioni su eventuali rapporti tra il Senato e la conferenza dei voivo-deship marshals. La legge che disciplina lo statuto dei parlamentariautorizza i senatori come i deputati a chiedere informazioni espiegazioni a membri dei governi nazionale, regionale e locale echiedere alle amministrazioni di prendere in considerazione certesituazioni. Possono inoltre partecipare a sedute di consigli delleistituzioni territoriali, invitare rappresentanti di tutte le istituzioni allesedute delle proprie commissioni ed esaminare le relazioni dell’om-budsman;

g) Qualche cenno ulteriore merita ancora il sistema statunitensedelle Governors’s conferences. Tali riunioni sono organizzate sin dal1908 all’interno della National Governors Association (NGA) che svolgefunzioni di lobbying di categoria in aggiunta a quella individuale edè dotata di un esecutivo bipartisan e di proprie strutture di supporto,sin dal 1967 in particolare di un Office for Federal Relations prepostoall’elaborazione di posizioni di policy e scambio di best practices. GliStati si avvalgono sin dal 1933 inoltre del Council of State Govern-ments (CSG) con sede a Lexington. Alla commissione che ne revisionale norme organizzative partecipano tre senatori, ma l’executive boarddel CSG è formato esclusivamente da delegati degli Stati rappresen-tativi di tutti i loro poteri, incluso quello giudiziario. L’obiettivo del

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consiglio, anche secondo la bozza attuale, non contempla l’adozionedi atti o negoziazione di accordi.

5.4 Sulle forme di partecipazione delle seconde camere alle politiche UE

Per quanto riguarda le forme di partecipazione delle secondecamere ai raccordi con l’UE, particolari esperienze sono offerte dalleseconde camere dei membri dell’associazione dei senati europei i cuiscopi statutari includono peraltro: « development of relationshipsbetween members, promotion of bicameralism in the framework ofparliamentary democracy, and strengthening of European identity andawareness ». In questa sede interessano in particolare Germania,Austria, Spagna e Francia:

a) Il ruolo del Bundesrat tedesco e dei parlamenti regionali nellepolitiche dell’integrazione europea è stato ampiamente disciplinatonella costituzione riformata, ma risulta nella prassi ancora menovisibile di quello del Bundestag. I dettagli sono disciplinati da unalegge federale la « Legge sulla collaborazione tra Federazione e Ländernegli affari dell’Unione europea » del 12 marzo 1993 (EUZBLG 1993e succ. mod.), che include nel suo allegato punti di un accordo tra laFederazione e i Länder e riserva la disciplina di ulteriori dettagli adaccordi ulteriori (§ 9). La collaborazione del Bundesrat si svolge daun lato nella Europakammer, la camera europea prevista in costitu-zione (articolo 52 co. 3 a LF), dall’altro lato in una « Commissione perle questioni dell’Unione europea » (Ausschuss für Fragen der Europäi-schen Union), i cui precedenti risalgono fino al 1957. Essendo ilBundesrat un organo di rappresentanza dei governi dei Länder,entrambi gli organi sono composti da delegati dei governi regionali,cioè dai ministri competenti per materia, in genere appositi ministriper gli affari federali ed europei o gli stessi presidenti dei governi deiLänder (Niedersachsen, Mecklenburg, Berlin, Hamburg) o anche mi-nistri per o con altre materie (interni, giustizia, ecc). Nella maggiorparte, un membro della Kammer svolge in un’unione personale anchefunzione di membro della Commissione. In base alle fonti costitu-zionali e legislative sopra individuate cui si aggiungono le disposizionidelle costituzioni dei Länder e il regolamento interno del Consigliofederale (Geschäftsordnung des Bundesrats del 26 novembre 1993,GO-BR), la Europakammer svolge le funzioni di partecipazione delBundesrat negli affari dell’UE in tutti i casi d’urgenza o di riservatezzadelle quali non può essere investito il plenum nella sua riunionemensile (§ 45d GO-BR). Le delibere della Europakammer sonopreparate dalle altre commissioni (§ 45e GO-BR), in particolare dallacommissione per le questioni dell’UE che si occupa di tutti gli affaridell’UE che rientrano nei titoli di competenza del Bundesrat o deiLänder, cioè dall’agricoltura fino ai servizi, pagamenti, asilo e immi-grazione, traffico, concorrenza ecc., incluse le questioni di sussidia-rietà e di proporzionalità e tutti i profili delle politiche di integrazioni,in ogni caso in cui si esprime una posizione vincolante per il governoo in cui si esercitano diritti in base alla legge sulla responsabilità per

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l’integrazione. Le sedute della Europakammer sono di norma pub-bliche (§ 45f GO-BR), mentre quelle della commissione non sonopubbliche. Le delibere della Europakammer sono di norma pubblicatecon motivazione, mentre il resoconto delle sedute resta riservato (§ 45jGO-BR). I resoconti dei lavori della commissione nella legislaturaattuale e di quella precedente sono secretati, mentre tutte le altrepossono essere visionate solo nella biblioteca dell’organo. Alle sedutedella Europakammer possono partecipare membri e incaricati deigoverni federali e regionali nonché « altre persone se ammesse dalpresidente » (§ 45g GO-BR), ma non è dato sapere chi partecipa aquale titolo e se sono invitati anche ad es. i membri del Comitato delleRegioni. È appena il caso di ricordare che alla commissione affarieuropei del Bundestag partecipano con diritto di parola anche glieuroparlamentari dei partiti che hanno superato la soglia di sbarra-mento per il Bundestag. Nella realtà, le convocazioni della Euro-pakammer sono rare. Se il presidente ritiene che la decisione nonnecessiti di dibattito, la deliberazione viene presa di norma in via diconsultazione ad interpello (« Umfrage ») verbalizzata dalla segreteria(§ 45i GO-BR);

b) Per quanto riguarda il Bundesrat austriaco, la legge costi-tuzionale federale garantisce un’informazione tempestiva da parte delGoverno federale che consente al Consiglio federale di esprimerepareri su tutti i progetti in ambito UE (Art. 23 e co. 1). La posizioneè di norma vincolante se il parere ritiene necessaria l’approvazione diuna disposizione di legge costituzionale (co. 4). La Costituzionegarantisce inoltre una sostanziale parità dei diritti delle due camerecon riguardo agli affari europei, inclusi i controlli di sussidiarietà ela richiesta di ricorsi alla Corte di giustizia dell’UE. Ciascun Ministrofederale, all’inizio di ogni anno, riferisce all’inizio di ogni anno adentrambe le Camere sulle iniziative che si devono attendere in taleanno da parte del Consiglio e della Commissione nonché sullaprevedibile posizione austriaca al riguardo (articolo 23f co. 2 B-VG).Mentre nel consiglio nazionale esiste una subcommissione dellacommissione principale (Hauptausschuss) che si occupa di tutti gliaffari UE non avocati dalla commissione principale e le cui deliberepiù importanti sono riferite nel servizio informazioni parlamentari(Parlamentskorrespondenz) nonché un’apposita commissione per loESM (European Stability Mechanism), nel Bundesrat è stata istituitacon apposite norme regolamentari (§ 13 a e b GeschäftsordnungBundesrat) una commissione affari UE le cui sedute, a differenza dellealtre 22 commissioni settoriali e della conferenza bicamerale per lefinanze, sono di norma pubbliche, tranne che quando vertono su attisecretati secondo le norme generali in materia. A richiesta di più dellametà dei consiglieri di tre dei nove Länder, la deliberazione di unaffare è riservata al plenum dietro istruttoria della commissione. Ilministro componente, la stessa minoranza, un quarto dei membri delBundesrat o, in casi urgenti, un singolo consigliere possono chiederedi mettere all’ordine del giorno della commissione un progetto dell’UE.In tal caso, il presidente della commissione richiede un’informazionescritta del ministro competente secondo le norme della legge sulleinformazioni UE (EU-Informationsgesetz – EU-InfoG, BGBl. I Nr.

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113/2011). Ogni gruppo rappresentato in commissione può chiederealmeno tre volte per anno informazioni scritte dettagliate su docu-menti europei. Ulteriori richieste possono essere fatte dal presidente,sentita la conferenza dei capigruppo. Alle sedute della commissionepossono partecipare con diritto di parola tutti i membri del consiglioe gli europarlamentari eletti in Austria. Il presidente può mettereall’ordine del giorno anche questioni di attualità. Possono esseresentiti ministri e loro delegati;

c) Nel Senato spagnolo, articolato come quello austriaco pergruppi politici, non esiste una commissione affari europei, essendostata invece istituita una commissione mista bicamerale per gli affariEuropei con la Ley 8/1994 e con risoluzioni congiunte. In tale sedepossono chiedere di comparire anche i membri dei governi dellecomunità autonome.

Il regolamento del Senato attribuisce alla « Comisión General delas Comunidades Autónomas » inoltre le seguenti funzioni:

« p) Ser informada, por el Gobierno y la Comisión MixtaCongreso-Senado para las Comunidades Europeas, sobre los procesos deadaptación normativa o actos de los órganos de la Unión Europea contrascendencia regional o autonómica;

q) Formular al Gobierno sus criterios respecto a la represen-tación española en todos aquellos foros internacionales donde haya unaparticipación territorial;

r) Conocer la cuantía y distribución de los Fondos de la UniónEuropea destinados a la corrección de los desequilibrios regionales ointerterritoriales en España, así como efectuar el seguimiento de laejecución de los proyectos de inversión que se financien a su cargo. »;

d) Nel Senato francese è stata istituita una commissione affarieuropei per volontà della riforma costituzionale del 2008 (articolo88-4 co. 4 Cost.). Secondo le disposizioni del regolamento del Senato,la Commissione ha finora 36 e in futuro 41 membri nominati « defaçon à assurer une représentation proportionnelle des groupespolitiques et une représentation équilibrée des commissions perma-nentes » (articolo 73-bis). Il regolamento non consente una parteci-pazione di altri soggetti e dispone la comunicazione delle posizionisolo al Governo e all’altra camera. Con sentenza del 25 giugno 2009,il Conseil constitutionnel ha deciso che le proposte della commissionepossono essere riconsiderate dal Senato stesso a norma del proprioregolamento: « le Gouvernement ainsi que les groupes d’opposition etles groupes minoritaires dans le cadre du jour de séance mensuel quileur est réservé ont le droit de demander que le Sénat se prononce surcette proposition avant l’expiration du délai d’un mois prévu par lequatrième alinéa de l’article 73 quinquies ». Nel 2015, la commissioneha peraltro tenuto una seduta comune con l’analoga commissione delSenato italiano.

In conclusione, secondo il Professor Luther, la comparazionedimostra che potrebbe essere considerato anche insufficiente tra-

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sferire semplicemente la sede della conferenza al Senato. Se ilnuovo Senato si dovrà occupare della qualità delle pubblicheamministrazioni e dell’attuazione delle politiche, la qualità dellefunzioni di raccordo del Senato sarà decisiva per la riuscita di unariforma complessiva del regionalismo che riesca a rilegittimare leistituzioni territoriali attraverso una migliore performance delleautonomie amministrative. Il sistema delle conferenze dovrebbeessere subordinato a questa esigenza e avere una struttura diffe-renziata per materie, pienamente interattiva con le commissioni delSenato.

5.5 Sulla cosiddetta ‘clausola di supremazia’

Per quanto riguarda le esperienze costituzionali comparate, laclausola di supremazia recepisce sostanzialmente concetti dell’articolo72, co. 2, della Legge fondamentale tedesca, omettendo tuttavial’obiettivo della « realizzazione di condizioni di vita equivalenti nelterritorio federale » che attua il principio dello Stato federale sociale(articolo 20 co. 1 LF). Nella misura in cui l’articolo 3, secondo comma,Cost. impone alla Repubblica la realizzazione dei diritti sociali, latutela dell’unità giuridica ha comunque una funzione dinamica,riconosciuta anche all’analoga formula tedesca nella giurisprudenzadel Bundesverfassungsgericht di Karlsruhe.

a) Al riguardo va ricordato che la giurisprudenza costituzionaletedesca pratica tradizionalmente una forma di sindacato materialelimitato (weak), limitandosi a verificare la non arbitrarietà delle sceltedi unitarizzazione del legislatore. Questa linea restrittiva – che nonva confusa con una insindacabilità totale – ha tuttavia anche unaragione storica specifica nella circostanza che la clausola dell’unità erastata inserito nella Legge fondamentale su richiesta del governomilitare degli alleati e che sviluppava l’articolo 9 della costituzione diWeimar secondo cui « nella misura in cui sussiste un bisogno perl’emanazione di disposizioni uniformi », l’Impero legiferava su welfaree pubblica sicurezza, i pilastri dello Stato sociale. La cd. Grundsa-tzgesetzgebung, cioè il potere dell’Impero di stabilire principi per unaserie di materie di legislazione regionale (articolo 10) era considerataun caso speciale di necessità presunta di tutela dell’unitarietà. L’unitàdel diritto e dell’economia era stata raggiunta invece per altre vie nellaprecedente costituzione germanica del 1871. L’Impero aveva compe-tenza legislativa « nella misura in cui di quanto è necessario perl’esercizio dei poteri costituzionalmente conferiti e per la tutela delleistituzioni concesse » (articolo 62). Nell’esercizio di questo poterelegislativo, la legge dell’Impero poteva contenere delle disposizioni didettaglio meramente sussidiarie e quindi cedevoli nei confronti dellalegislazione dei Länder. In questo senso si potrebbe anche interpretarela nuova clausola di supremazia, cioè come potere dello Stato diintervenire con un mix di norme cogenti e derogabili per lalegislazione regionale;

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b) Nel 2004, in Svizzera è stata abrogata tramite referendum lanuova disposizione costituzionale che consentiva alla federazione disvolgere « compiti che esigono una disciplina uniforme » (articolo 1 co.2 Cost. federale), ma i giudici non possono sindacare l’incostituzio-nalità di leggi federali. Dal 1815 al 1848, la legislazione della primaconfederazione era basata su una legislazione comune « concordata »tra i cantoni. L’articolo 7 della costituzione federale del 1848 avevasalvaguardato il diritto di concludere « Vorkommnisse » (occorrenze)« su oggetti della legislazione, della giustizia e dell’amministrazioneche dovevano essere comunicate e potevano essere bloccate dalleautorità federali ». Nell’ottica comparata si potrebbe concludere che lanecessità di una tutela dell’unità giuridica del Paese potrebbe nonsussistere qualora le regioni presentassero nella seconda Camera (eanticipassero nel sistema delle conferenze) un accordo sull’eserciziouniforme delle proprie competenze;

c) Un sistema non federale, ma rilevante per l’Italia fu quelloaustriaco designato dalla Legge fondamentale austriaca sugli affaricomuni dei Länder e sulla loro trattazione del 1867 che distinguevacompetenze per leggi comuni, approvate anche per l’Ungheria, da cd.« leggi pattuite », cioè approvate simultaneamente dal Reichsrat au-striaco e da quello ungherese, per affari amministrati a livelloregionale « secondo principi eguali da concordarsi di volta in volta »:commercio, dogane, produzione industriale, moneta, linee ferroviarie,sistema di difesa. Nella costituzione austriaca odierna esistono tuttoracompetenze federali per la legislazione su principi fondamentali dellalegislazione regionale (ad es. assistenza ai poveri e diritto deilavoratori, articolo 12 B-VG) accanto a competenze legislative federalicondizionate da particolari necessità soggettive o oggettive (ad es.smaltimento rifiuti, procedimento amministrativo, limiti di emissioni,articolo 10 co. 1 n. 12 B-VG, articolo 11 co. 2 e 5) e molto ristrettedi legislazione pattuita tra Bund e Laender per le amministrazionifederali delegate dai Laender in materia di polizia delle strade nonlocali e polizia della navigazione interna (articolo 15 co. 4 B-VG);

d) Il modello svizzero potrebbe aver indotto infine anche gliStati Uniti a creare nel 1890 la National Conference of Commissionerson Uniform State Laws (UCL), una conferenza di ca. 300 espertidelegati degli Stati che hanno elaborato ca. 200 atti di legislazioneuniforme per le legislature regionali, prefiggendosi l’obbiettivo « topromote uniformity in the law among the several States on subjectsas to which uniformity is desirable and practicable ». Una conferenzaanaloga, la Uniform Law Conference of Canada fu istituita nel 1918in Canada. Sin dal 2004 esiste anche il Mexican Center of UniformLaw.

5.6 Sulle procedure di negoziazione tra lo Stato e le autonomieterritoriali

Per quanto riguarda le esperienze di diritto comparato, occorredistinguere la disciplina della cooperazione negoziale nei sistemi

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federali da quelli degli Stati con garanzie costituzionali di decentra-mento. Nei sistemi federali, la cooperazione può essere autorizzata danorme costituzionali specifiche o vietata da una norma generale cheistituisce un potere di autorizzazione del parlamento:

a) Nella Costituzione statunitense esiste la compact clause(articolo 1 sect. 10 cl. 3): « No State shall, without the Consent ofCongress, (...) enter into any Agreement or Compact with another State,or with a foreign Power, (...) unless (...) in such imminent Danger aswill not admit of delay ». La giurisprudenza applica questa clausolasolo ad accordi che istituiscono strutture amministrative comuni ostatuiscono doveri reciproci, non avendo finora dichiarato nullo alcunaccordo interstatale per mancanza di autorizzazione;

b) L’articolo 15a della Costituzione austriaca stabilisce che leintese vincolanti per la legislazione federale devono essere approvatedalla prima camera. Le altre intese tra Bund e Länder riguardanti« affari dei rispettivi ambiti di azione » sono autorizzate ope consti-tutionis, quelle tra i Länder devono essere comunicate al governofederale;

c) L’obbligo di comunicazione è sancito anche dall’articolo 48della Costituzione svizzera che autorizza i cantoni a stipulare intesee creare istituzioni per svolgere in comune funzioni di interesseregionale, vietando accordi « contrari al diritto e agli interessi dellaFederazione o ai diritti di altri cantoni ». I cantoni possono chiedereche la Federazione dichiari accordi su certe materie efficaci anche peri cantoni che si rifiutino di aderire (articolo 48a Cost.);

d) Il potere dei Länder tedeschi di stipulare strumenti pattizi traloro è sancito implicitamente nella clausola di competenza generaleresiduale di cui all’articolo 30 LF. Si distinguono tradizionalmente gliaccordi (inter-)amministrativi dai cd. « Staatsverträge », cioè strumentipattizi nei quali si disciplinano rapporti tra i Länder nella loro residuastatualità e i cittadini, ad es. in materia di radiotelevisione o diammissione agli studi in corsi di laurea soggetti a numero chiuso.Questi ultimi richiedono l’assenso dei parlamenti regionali e sonodisciplinati secondo parte della dottrina, almeno per analogia, da fontidel diritto internazionale. La partecipazione del Bund all’eserciziodelle funzioni dei Länder e una cooperazione amministrativa tra Bunde Länder sono consentiti solo al fine di « migliorare le condizioni divita », in particolare nelle materie di « miglioramento della strutturaeconomica regionale » e della « struttura agraria (articolo 91a LF), dipromozione della ricerca scientifica (articolo 91b), di sistemi diinformatica (articolo 91c), di studio della performance delle ammini-strazioni (articolo 91d) e di sicurezza sociale di base per i disoccupati(articolo 91e LF). Controversa è invece la questione se la competenzapattizia può essere esercitata anche tramite intese o convenzioni cherisolvono questioni inerenti alla delimitazione delle sfere di compe-tenza del Bund e dei Länder. Particolare attenzione meritano alriguardo il cd. Koenigsteiner Abkommen e il cd. Lindauer Abkommen.Il primo accordo fu concluso in data 30 agosto 1950 da membri delBundesrat tedesco in una riunione nella sede dello stesso a Königstein

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e prevede che la carica di presidente del Bundesrat ruota annualmentetra i presidenti o sindaci dei Länder o stati-città, seguendo il numerodecrescente della popolazione degli stessi. In questo caso, i « signori »del Bundesrat trovarono tra di loro un accordo bipartisan su comeesercitare i propri poteri all’interno del Bundesrat. La secondaconvenzione, formalmente stipulata in data 14 novembre 1957 tra ilGoverno federale e le cancellerie dei Länder, serviva a risovere unacontroversia sull’interpretazione del potere dei Länder di stipulare conl’assenso del Governo federale trattati con stati esteri ai sensidell’articolo 32 co. 3 LF, secondo una dottrina federalista competenzaesclusiva, secondo la dottrina unitarista solo competenza concorrente.Si trattava sostanzialmente di una transazione che consentiva dievitare conflitti fra il Bund e i Länder davanti alla Corte di Karlsruhe.La convenzione stabilisce in quali casi i Länder acconsentono (ossiatollerano) un’interpretazione estensiva del potere pattizio della Fede-razione in alcune materie, mentre in altre materie di competenzaesclusiva dei Länder richiede che il governo federale chieda al piùtardi con la presentazione dello strumento pattizio al Bundesratl’assenso dei governi dei Länder senza il quale lo strumento non puòdiventare efficace sul piano del diritto internazionale. Infine per ognicaso in cui un trattato internazionale tocca interessi essenziali deiLänder, il governo federale deve informare al più presto i Länder perconsentire loro la rappresentazione di propri interessi e posizioni. Atal fine fu istituita una commissione permanente dei Länder per itrattati internazionali che interloquisce con il ministero degli esteri ei dicasteri competenti per materia. Altre convenzioni (Vereinbarungen)tra il governo federale e i governi dei Länder disciplinano ad es. lemodalità di informazione del Bundesrat in materie di politica europea.

e) I modelli federali sembrano aver condizionato anche quellospagnolo. L’articolo 145 co. 1 Cost. vieta innanzitutto accordi difederazione tra Comunità sul modello svizzero del Sonderbund. Ilsecondo comma demanda invece agli statuti autonomi la disciplinadelle ipotesi, dei requisiti e dei termini nei quali le Comunitàautonome possono procedere a convenzioni (convenios de colabora-cion) per la gestione e prestazione di servizi, da comunicare alleCortes, mentre gli accordi di cooperazione che potrebbero sortireobblighi non solo amministrativi richiedono l’autorizzazione delleCortes.

Ad avviso del Professor Luther questi cenni di diritto comparatoconsentono di concludere che le procedure di negoziazione di inteseo accordi potranno essere svolte sempre nel sistema delle conferenze,ma non potranno vincolare il parlamento che anzi deve potersiriservare strumenti di controllo anche quando si negoziano soltantole competenze amministrative.

Nella misura in cui il Senato riuscisse effettivamente a rafforzarela cooperazione orizzontale tra le autonomie (e all’interno delleistituzioni territoriali), l’informalità e il carattere politico di intese edaccordi non dovrebbe essere eccessivamente gravata da vincoli dicalendario e di sede. Semmai occorre trovare delle modalità che

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garantiscano la concretezza e completezza operativa delle scelteconcordate e garantiscano procedure di controllo idonee a smasche-rare pseudo-intese o accordi.

Infine, gli accordi potrebbero avere per oggetto peraltro anche lastessa conformazione del futuro Senato, fermo restando che il suoregolamento potrà essere approvato pure solo a maggioranza assoluta.

5.7 Sulla Conferenza delle assemblee legislative regionali

Per quanto riguarda i profili di diritto comparato, in questa sedeè possibile solo un cenno alla Germania. Una conferenza deipresidenti dei parlamenti dei Laender (Landtagspräsidentenkonferenz,LPK) si era già costituita nel 1925 nella Repubblica di Weimar.Ricostituita nel 1947 ha avuto un ruolo significativo nelle ricostru-zione della Germania, anche dopo la riunificazione. Includendo anchei presidenti di Bundestag e Bundesrat, la conferenza si unisce di regoladue volte all’anno e ogni due anni associa anche le assembleeaustriache e dell’Alto Adige. La conferenza si occupa tradizionalmentedel diritto parlamentare comparato e comune, ma anche dellepolitiche del federalismo e dell’integrazione europea.

Nel 2014 ha adottato ad es. una risoluzione che richiama ad unmaggiore coinvolgimento dei parlamenti regionali nelle politichedell’Unione europea. Particolare attenzione meritano al riguardoanche le norme costituzionali regionali che disciplinano la parteci-pazione dei parlamenti regionali tedeschi agli affari europei. Lacostituzione del Land di Berlino del 1995 statuisce ad es. un obbligodi informazione tempestiva del governo (Senat) nei confronti delparlamento (articolo 50). I dettagli sono stabiliti dal regolamentoparlamentare.

La costituzione del Baden-Württemberg (1953/2008) è stata mo-dificata nello stesso anno come segue: « Artikel 34a. (1) Il governo delLand informa al più presto possibile il Landtag su tutti i progetti inambito di Unione europea che sono di significato politico eminente peril Land e toccano direttamente interessi essenziali del Land, dandol’opportunità di prendere posizione. (2) In caso di progetti che toccanoessenzialmente competenze legislative del Land, il governo del Landtiene conto delle prese di posizione del Landtag. Lo stesso vale in casodi cessione di diritti di sovranità dei Länder all’Unione europea. (3) Iparticolari dell’informazione e della partecipazione del Landtag sonoriservati ad un accordo tra governo e dieta del Land. » La disciplina deidettagli è stata riservata ad una legge. Un accordo inter-oganico èstato stipulato in diversi altri Länder ed è stato in Baviera allegato alregolamento interno del Landtag.

La partecipazione dei parlamenti regionali alle politiche europeeper mezzo delle commissioni affari europei dei Länder risale peraltrosino all’anno 1978, anno in cui ne fu istituita una prima « commis-sione per affari federali e questione europei » in Baviera. Similiistituzioni sono state create sin dal 1990 anche in tutti gli altriparlamenti regionali. Rispecchiando i dicasteri nei governi regionali,non di rado tali commissioni svolgono funzioni ulteriori, ad es. in

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materie di relazioni regionali (Bayern), cooperazione allo sviluppo(Nordrhein-Westfalen), media e cooperazione (Brandeburgo), partner-ship interurbane (Hamburg), cooperazione nell’area del mare baltico(Schleswig-Holstein), economia e tecnologia (Sachsen-Anhalt), giustizia(Thüringen 1994-1999), affari legali (Mecklemburg-Vorpommern).Trattando affari tra di loro spesso eterogenei e trasversali, il pesopolitico di questi organismi è piuttosto limitato. La loro funzione dicoordinamento è considerata non sempre effettiva.

Le modalità di partecipazione dei parlamenti regionali differi-scono in più di un dettaglio e solo alcuni parlamenti dei Länder piùgrandi (Brandenburg, Baden-Württemberg, Bayern, Hessen und Nor-drhein-Westfalen) hanno propri uffici a Bruxelles.

6. CONCLUSIONI

Con il presente documento conclusivo la Commissione parlamen-tare per le questioni regionali intende fornire il proprio contributo aldibattito sul rinnovamento del sistema dei rapporti tra Stato edautonomie territoriali.

L’indagine conoscitiva si è conclusa in un momento istituzionaleparticolarmente delicato, essendo ormai prossimo lo svolgimento delreferendum confermativo della riforma costituzionale approvata dalleCamere.

Al momento di licenziare il documento conclusivo ci si trova cosìdi fronte a due possibili scenari, molto diversi: il primo, a Costituzionevigente, che si prospetta in caso di esito non confermativo delreferendum; il secondo, a Costituzione modificata, che seguirebbeall’esito confermativo.

I risultati dell’attività di approfondimento e studio, in entrambi icasi, evidenziano l’opportunità di ripensare l’attuale assetto deirapporti tra Stato e Regioni, sia nell’ambito delle procedure parla-mentari che all’interno del ‘sistema delle conferenze’.

A Costituzione vigente, appare ineludibile l’esigenza di portare acompimento la riforma del 2001, adeguando finalmente ad essa leprocedure parlamentari e riordinando il ‘sistema delle conferenze’,tuttora regolato da una disciplina precedente alla riforma del 2001.

A Costituzione modificata, la nuova configurazione del Senatocome Camera di rappresentanza delle istituzioni territoriali aprenuove prospettive suscettibili di essere sviluppate in diverse direzioni.

Come dimostra l’esperienza della riforma costituzionale del 2001,la riuscita di una riforma dipende soprattutto dalla sua successivaattuazione. È stata proprio l’assenza di un chiaro disegno attuativoche ha in sostanza condizionato negativamente l’efficacia di quellariforma, che sulla carta poneva le premesse per un nuovo rapportotra Stato ed autonomie territoriali, basato sui principi di differen-ziazione, sussidiarietà ed adeguatezza, in un sistema in cui ilriconoscimento di una piena autonomia degli enti territoriali sarebbedovuto andare di pari passo con una chiara individuazione delleresponsabilità dei diversi livelli di governo.

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Fra le diverse possibili soluzioni attuative della nuova riformacostituzionale, la Commissione parlamentare per le questioni re-gionali ha cercato di individuare quelle che meglio rispondono aquell’obiettivo di semplificazione del sistema istituzionale che lariforma ha l’ambizione di realizzare, soluzioni che si fondano sullavalorizzazione del Senato quale Camera politica di rappresentanzadelle autonomie territoriali e sul conseguente riassetto del ‘sistemadelle conferenze’.

6.1. Prospettive a Costituzione vigente: possibili interventi di riordino delsistema di raccordo tra Stato e autonomie.

L’assetto dei rapporti tra Stato e Regioni successivo alla riformadel 2001 risulta caratterizzato da un quadro ancora incerto di ripartodelle competenze, da frequenti sovrapposizioni di funzioni tra livellocentrale, regionale e locale e da una forte conflittualità tra Stato edautonomie.

La legge costituzionale n. 3 del 2001 individuava peraltro,all’articolo 11, uno strumento volto a garantire alle autonomieterritoriali la partecipazione al procedimento legislativo attraversol’integrazione della Commissione parlamentare per le questioniregionali con rappresentanti di Regioni, Province autonome ed entilocali e attribuendo un valore rinforzato ai pareri resi dallamedesima Commissione su disegni di leggi concernenti materieincidenti su competenze regionali o sull’autonomia finanziaria re-gionale e locale.

La Corte costituzionale ha del resto più volte fatto riferimento,nelle sentenze volte a dirimere i conflitti tra Stato e Regioniapplicando il principio di leale collaborazione, alla « perduranteassenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari e, più ingenerale, dei procedimenti legislativi – anche solo nei limiti di quantoprevisto dall’articolo 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001,n. 3 » (sentenze n. 7/2016, n. 278/2010, n. 401/2007, n. 383/2005,n. 6/2004).

Nel corso dell’indagine conoscitiva, la mancata integrazione dellaCommissione è stata più volte richiamata come una delle cause chehanno contribuito all’insorgere dell’elevato contenzioso.

Una modifica dei regolamenti parlamentari volta a dare attua-zione all’articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001 potrebbedunque costituire uno strumento per assicurare ‘a monte’, nell’ambitodel procedimento legislativo, il rispetto del quadro delle competenzedelineato dal titolo V della Costituzione. Tale rispetto allo stato attualeè rimesso esclusivamente alle sentenze della Corte costituzionale, chepossono intervenire solo ex post e a distanza di lungo tempodall’approvazione della legge, collocandosi in un momento in cui lalegge è spesso già in fase di avanzata attuazione e determinandofrequentemente situazioni di impasse.

La Commissione parlamentare per le questioni regionali integratapotrebbe poi divenire il punto di riferimento per valorizzare ilrapporto tra conferenze (anche orizzontali) e Parlamento. Tramite

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questo collegamento il Parlamento potrebbe fruire dell’ampio lavoroistruttorio svolto in quelle sedi sul piano legislativo e conoscere laposizione delle autonomie territoriali nel corso dell’iter parlamentaredei provvedimenti.

Un secondo intervento necessario è la razionalizzazione del‘sistema delle conferenze’, mai adeguato alla riforma del titolo V.

Possono essere in tal caso riprese proposte di semplificazione giàavanzate nel corso degli anni, con la riduzione delle tre attualiconferenze intergovernative a due (in sostanza corrispondenti allaConferenza Stato-Regioni e alla Conferenza unificata) o, come piùfrequentemente suggerito e come previsto anche dai più recentidisegni di legge di riforma del sistema, con l’istituzione di unaConferenza unica, articolata in una sede plenaria e in due distintesezioni (regionale e locale).

Nell’ambito delle Conferenze, appare auspicabile una maggiorebilateralità, attenuando la posizione di supremazia del Governo, conla previsione di forme di rotazione nella Presidenza o di unaco-Presidenza ed assicurando una maggiore partecipazione degli entiterritoriali alla formazione dell’ordine del giorno.

Auspicabile è anche l’introduzione di più ampie forme di tra-sparenza e di pubblicità degli atti e delle sedute delle Conferenze, alfine di rendere conoscibile la posizione dei vari soggetti per unacorretta assunzione di responsabilità.

L’attività potrebbe essere poi maggiormente procedimentalizzata,rispondendo alla più volte richiamate esigenze di razionalizzazione evelocizzazione. Ad esempio, gli atti di natura più squisitamente tecnicapotrebbero essere esaminati adottando iter specifici semplificati, qualequello attualmente riservato alla materia agricoltura, con riferimentoalla quale opera efficacemente il Comitato tecnico permanente dicoordinamento, istituito già nel dicembre 1997 presso la ConferenzaStato-Regioni con funzioni istruttorie, di raccordo, collaborazione econcorso alle attività della Conferenza.

Nell’ambito delle Conferenze potrebbero poi essere individuateapposite procedure per i casi in cui occorra procedere all’adozione diatti di rilevanza sovraregionale che però interessino solo alcuneRegioni o per i casi in cui debba essere presa in considerazione ladiversa posizione istituzionale delle Regioni ad autonomia speciale.

Sotto diverso profilo, si registra l’assenza di una vera sedepolitica in cui il Governo nazionale e gli Esecutivi territoriali siconfrontino sulle grandi scelte strategiche per il Paese. È stata inproposito proposta l’istituzione di una Conferenza degli esecutivi,composta dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai Presidentidelle Regioni e delle Province autonome, che si riunisca una o duevolte l’anno per delineare un’agenda politica condivisa tra Governocentrale e territori.

In un’ottica di più ampia razionalizzazione, dovrà inoltre esserevalutata l’opportunità di una disciplina anche delle conferenze oriz-zontali e dovrà essere affrontata la questione della rappresentanza delsistema delle autonomie locali, anche con riguardo allo specifico ruolodelle Città metropolitane ed alla diversa posizione degli altri enti diarea vasta.

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6.2. Prospettive a Costituzione modificata: la revisione del sistema diraccordo tra Stato e autonomie.

La mancata trasformazione del Senato in una Camera delleRegioni è sempre stata considerata l’elemento mancante della riformadel 2001, cui non ha fatto seguito un adeguamento dei procedimentilegislativi, neanche nella forma dell’integrazione della Commissioneparlamentare per le questioni regionali, che avrebbe consentito unachiara emersione già in sede parlamentare del punto di vista delleautonomie territoriali.

Il riparto di competenze legislative delineato dall’articolo 117 haperaltro ben presto dimostrato la sua insufficienza nella composizionedegli interessi nazionali, regionali e locali, anche a causa dellamancata attuazione dell’autonomia finanziaria – anche nell’ambitodei decreti attuativi della legge delega sul federalismo fiscale – chel’articolo 119 riconosce sulla carta agli enti territoriali.

Come noto, è stata conseguentemente la Corte costituzionale adover risolvere i continui conflitti tra Stato e Regioni, svolgendo difatto un ruolo di arbitro che non dovrebbe competere ad un giudicedelle leggi. L’abnorme mole del contenzioso costituzionale sul titolo Vcostituisce infatti il segno più evidente della crisi del sistema.

Come già ricordato, la Corte stessa ha più volte fatto riferimentonelle sue sentenze alla « perdurante assenza di una trasformazionedelle istituzioni parlamentari » che garantisca, già a livello di proce-dimento legislativo, la partecipazione dei livelli di governo coinvolti.

La configurazione del nuovo Senato quale organo di rappresen-tanza delle istituzioni territoriali costituisce dunque un’occasione perporre fine alla stagione del conflitto ed aprire una nuova fase deirapporti tra Stato ed autonomie territoriali.

Allo stato non è dato conoscere la fisionomia del nuovo Senato,composto da consiglieri regionali e da sindaci, né quali saranno lemodalità della sua organizzazione e le procedure per il suo funzio-namento. Mancano infatti alcuni tasselli fondamentali, in primis, lalegge elettorale ed il nuovo regolamento del Senato. Molto dipenderànaturalmente dalle dinamiche politiche e dagli equilibri che sarannoraggiunti, che decideranno se il Senato sarà organizzato secondologiche partitiche o in base a criteri di rappresentanza territoriale.

È però possibile al momento svolgere una riflessione suglielementi che dovranno caratterizzare il Senato per essere in condi-zione di assolvere pienamente il ruolo di garante di un nuovoequilibrio del sistema territoriale, dimostrandosi una Camera incisiva,determinante dal punto di vista degli interessi e delle dinamicheterritoriali, diversa e complementare rispetto alla Camera dei deputati,che mantiene la titolarità del rapporto di fiducia con il Governo.

Dall’indagine conoscitiva svolta è infatti emersa con chiarezzal’idea che la funzione di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutividella Repubblica costituisce la funzione fondamentale del Senato,connaturata alla struttura stessa dell’organo e rappresenta la vera epropria core mission della nuova istituzione. Essa costituisce un puntodi riferimento per la declinazione delle altre funzioni riconosciute dalnuovo articolo 55, segnatamente della funzione legislativa, della

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funzione di raccordo e di partecipazione agli atti dell’Unione europeae della funzione di valutazione delle politiche pubbliche. Questerilevanti funzioni inoltre inseriscono pienamente il Senato nel circuitodelle responsabilità politica « diffusa ».

Il nuovo Senato funzionerà dunque quanto più riuscirà a diveniresede di composizione degli interessi nazionali e dei territori, inquell’ottica di leale collaborazione che costituisce principio fondativodei rapporti tra Stato ed autonomie.

Al fine di assicurare al Senato una vera capacità di rappresen-tanza degli enti territoriali, sia esponenti istituzionali che accademicihanno sottolineato la rilevanza strategica della presenza dei Presidentidi Regione.

Tale soluzione peraltro presta il fianco ad una serie di rilievi didiversa natura.

La presenza di diritto dei Presidenti di Regione in Senato,contemplata dal disegno di legge governativo di riforma costituzionale,è stata espunta nel corso dell’esame parlamentare. Secondo l’opinioneprevalente, essa potrebbe essere assicurata solo dalla legge elettoraledel Senato, peraltro mediante un meccanismo di particolare com-plessità tecnica che potrebbe irrigidire ulteriormente tale legge.

Ove si ammettesse la possibilità per la legge elettorale di imporretale presenza, vi sarebbero comunque molte Regioni (quelle che sonochiamate ad individuare due senatori) che sarebbero rappresentatesolo dal Presidente e da un sindaco, che in virtù dei carichi di lavoroistituzionali potrebbero non essere in grado di assicurare unapresenza costante all’attività del Senato.

In assenza di una scelta in tal senso della legge elettorale, lapresenza dei Presidenti sarebbe in ultima analisi rimessa alla volontàdei singoli Consigli regionali.

In ogni caso, i Presidenti sarebbero presenti in Senato non infunzione del ruolo di vertice nella Regione ma in virtù dell’elezioneda parte del Consiglio regionale, al pari di tutti gli altri consiglieri-senatori; la loro presenza pertanto potrebbe rilevare più sul pianopolitico che su quello dell’assetto istituzionale.

Dunque, anche in considerazione della circostanza che la leggeelettorale potrebbe non imporre di diritto tale presenza, è apparsoopportuno valorizzare pure i contributi e le proposte che non dannoper scontata tale partecipazione.

Appare dunque più utile proporre anche un approccio di tipodiverso, che consideri come punto di partenza non la composizionedel Senato, ma le sue funzioni, sulla scorta del fondamentaleinsegnamento di Massimo Severo Giannini, in base al quale « inprincipio sono le funzioni », individuando le modalità organizzativeche consentano di assolvere pienamente a quelle funzioni.

Come già ricordato, la funzione essenziale del nuovo Senato ècostituita dal raccordo tra lo Stato e gli enti territoriali, funzione diraccordo che allo stato risulta in massima parte affidata al ‘sistemadelle conferenze’.

Il ‘sistema delle conferenze’ ha infatti finora svolto un ruolo disupplenza all’assenza di una sede parlamentare di confronto emediazione tra centro ed autonomie, un ruolo improprio ma neces-

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sario. Il rapporto tra Senato e conferenze diviene dunque centrale nelnuovo assetto istituzionale.

L’indagine conoscitiva ha evidenziato che il « sistema della con-ferenze » non può ritenersi superato dalla riforma costituzionale. Lamolteplicità di funzioni svolte fa sì che molti compiti delle attualiconferenze, soprattutto quelli meramente amministrativi e tecnici, nonpossano essere trasferiti al nuovo Senato. In particolare, mal siprestano ad essere trasferite ad un ramo del Parlamento quale è ilSenato, le procedure di carattere negoziale che tipicamente sfocianonelle intese o negli accordi.

L’esperienza comparatistica del resto dimostra come, nei Paesi distampo federale o comunque caratterizzati da un ampio riconosci-mento delle autonomie territoriali, le Camere delle Autonomie con-vivano con organi intergovernativi analoghi alle conferenze italiane.

Il ‘sistema delle conferenze’ non può dunque essere soppresso madovrà essere ampiamente rivisitato per essere adattato al nuovosistema di bicameralismo differenziato, ripensandone il ruolo, lamissione ed il concreto funzionamento, in considerazione del trasfe-rimento nella sede parlamentare della mediazione politico-istituzio-nale oggi assegnata alle conferenze.

Occorre inoltre considerare che sull’esercizio delle funzioni diraccordo incidono in maniera rilevante le modifiche apportate dallariforma costituzionale al titolo V, che segnano nel loro complesso unriaccentramento delle competenze. Se larga parte delle modificheappare confermativa e rafforzativa di orientamenti già emersi nellagiurisprudenza costituzionale, quest’ultima appare destinata ad esseresuperata proprio in alcune sue statuizioni relative al principio di lealecollaborazione su cui si è sinora fondato il coinvolgimento delleconferenze, nella forma più pregnante dell’intesa, nelle grandi sceltestrategiche per il Paese.

Per l’individuazione delle funzioni attribuite alle conferenze chedevono essere traslate al nuovo Senato, è stata proposta la tradizio-nale distinzione tra funzioni di carattere legislativo e funzioni dicarattere amministrativo: le prime dovrebbero essere trasferite alSenato, mentre le seconde resterebbero di competenza delle confe-renze.

Se appare condivisibile l’assunto che la funzione consultiva svoltadalle conferenze nell’ambito dei procedimenti legislativi debba rite-nersi assorbita dal ruolo del Senato nel procedimento legislativodelineato dal nuovo articolo 70 Cost., il riferimento alle funzioni dicarattere amministrativo non sembrerebbe sufficiente per tracciareuna linea di demarcazione.

Queste funzioni riguardano un ambito vastissimo di atti, spa-ziando da decisioni di assoluto rilievo politico direttamente incidentisulla vita dei cittadini (basti pensare al Patto per la salute) allapartecipazione ad atti di carattere microsettoriale o riferiti a singolienti.

In tal caso gli atti di maggior rilievo politico, in cui si concretanoscelte o indirizzi che incidono sui diritti dei cittadini o sulla vitaeconomica del Paese (si pensi ai grandi piani infrastrutturali, al giàcitato Patto per la salute, ai piani sociali di rilievo nazionale)

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dovrebbero essere riservati alla sede parlamentare e quindi al Senato.In questa sede potrà inoltre essere garantita la necessaria trasparenzadegli atti e delle procedure, spesso carente nell’ambito delle confe-renze.

Le conferenze continuerebbero quindi ad adottare gli atti piùpropriamente amministrativi e tecnici, a cui meglio si attaglia quellaflessibilità delle procedure che le caratterizza e che garantiscequell’informalità talora necessaria per addivenire ad una posizionecondivisa.

Nulla impedisce – e sembrerebbe anzi auspicabile – che attiunitari possano essere affidati al Senato per ciò che attiene alladeterminazione degli indirizzi generali e rimessi alle Conferenze peri profili amministrativi meramente attuativi e tecnici.

In tal modo sia il Senato che le Conferenze svolgerebbero unruolo volto alla ricomposizione degli interessi statali e territoriali,agendo il primo nel campo della mediazione politico-istituzionale e leseconde sul piano più propriamente amministrativo ed attuativo.

Come è evidente, i due piani non sono impermeabili tra loro, sonoanzi necessariamente comunicanti, dovendosi assicurare nelle due sediuna concorde rappresentazione degli interessi degli enti territoriali. Incaso contrario, l’intero sistema rischierebbe di arenarsi, riproponendodistorsioni che con l’introduzione del bicameralismo differenziatodovrebbero essere superate.

Dall’indagine conoscitiva sono emersi molti spunti che induconoa puntare su una sinergia tra il nuovo Senato e le conferenze.

Al fine di realizzare questa sinergia, possono prospettarsi duediverse soluzioni, suscettibili anche di operare congiuntamente.

In primo luogo, potrebbe essere riconosciuta in Senato la pre-senza degli esecutivi regionali, prevedendo la partecipazione, oltre chedel rappresentante del Governo nazionale anche di un rappresentantedei Governi regionali, espresso dalla Conferenza delle Regioni e delleProvince autonome (e dunque dalla conferenza orizzontale).

Se la presenza del Governo nazionale è espressamente mantenutain Costituzione (articolo 64 Cost.), nulla esclude che il Regolamentodel Senato disciplini quella dei Governi delle Regioni. In tal modoparrebbe anche superata la questione della presenza di diritto deiPresidenti, in quanto la posizione degli esecutivi regionali troverebbeun riconoscimento formale.

Questa soluzione avrebbe il pregio di garantire un confrontodiretto ed immediato, nella dialettica del procedimento parlamentare,tra Governo centrale ed autonomie territoriali, rendendo chiari fin dasubito punti di incontro e punti di divergenza e agevolando la ricercadi soluzioni condivise.

In secondo luogo, appare condivisibile l’idea di una istituziona-lizzazione dei rapporti tra Senato e conferenze, da realizzare anche,nella sua forma più compiuta, con l’incardinamento delle stesse pressoil Senato.

Attraverso questo rapporto diretto, si assicurerebbe la formazionedi un orientamento comune del Senato e delle conferenze, evitandol’assunzione di posizioni contrastanti, a detrimento della capacità delsistema di recepire, rappresentare e far valere le esigenze dei territori.

Camera dei Deputati — 93 — Senato della Repubblica

XVII LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTI — DOC. XVII-BIS N. 7

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Questa istituzionalizzazione dei rapporti dovrebbe interessaretanto le conferenze intergovernative quanto le conferenze orizzontali,con forme e modalità naturalmente differenziate che tengano contodella diversa natura di questi soggetti.

L’intervento richiederebbe, per le conferenze intergovernative,l’adeguamento – che peraltro dovrebbe avvenire con legge ad appro-vazione monocamerale – della legislazione in materia, che dovrebbeoperare una razionalizzazione delle stesse ed il superamento del loroincardinamento presso la Presidenza del Consiglio.

La disciplina dei rapporti tra il nuovo Senato e le conferenzespetterà invece al Regolamento del Senato.

Se appare opportuno valorizzare il rapporto anche con leconferenze orizzontali, più problematico appare il riconoscimento nelSenato delle posizioni degli enti locali, per i quali si riscontra unproblema di rappresentatività. Su questo punto le soluzioni possonoessere diverse: può essere considerata come punto di riferimento lacomponente rappresentativa degli enti locali in seno alla Conferenzaunificata (riformata), può essere riconosciuto un ruolo alle associa-zioni rappresentative degli stessi, che però hanno carattere privati-stico, può essere valorizzata la posizione dei 21 senatori-sindaci, chepotrebbero farsi congiuntamente portatori degli interessi degli entilocali medesimi.

Le soluzioni delineate potranno consentire al Senato di operarecompiutamente quale Camera politica di rappresentanza delle istitu-zioni territoriali e di svolgere pienamente le funzioni di raccordo tralo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica.

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