XVI Istituto Comprensivo – Plesso Chindemi rovescio/Libro... · FATA PIUMETTA (DEI FRATELLI...

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XVI Istituto Comprensivo – Plesso Chindemi Classe 3 a A

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XVI Istituto Comprensivo – Plesso Chindemi

Classe 3a A

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Dedicato a tutti quelli che

verranno con noi

nel mondo fatato

per sognar …

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FIABE A ROVESCIO

(1a EDIZIONE)

Autori: Classe 3a A

Direttore responsabile: ins. Di Stefano Sofia

Si ringraziano, per la

gentile collaborazione,

I genitori degli alunni

della classe 3a A

Finito di stampare nell’anno 2011, presso il XVI Istituto Comprensivo “Chindemi”.

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Premessa

Queste fiabe sono nate così.

Dopo averne scritta una, come compito per casa, per la nostra “cara

maestra” che voleva da noi, ad ogni costo, una bella fiaba, ci venne

un giorno, l’idea di scriverne qualche altra.

All’inizio non ce n’era una che andasse bene, alla “cara maestra”

ma pian pianino ci siamo calati con gioia in quel meraviglioso

mondo di fate, di maghi, di re, di regine, di orchi, di incantesimi

e le nostre piccole menti sono, come per magia, rifiorite.

Vi chiediamo, cari lettori, di non giudicare questo volumetto ma

di considerarlo la nostra prima “opera d’arte”.

Esso raccoglie alcune fiabe famose rivisitate, altre in rima e altre

ancora a rovescio.

Insomma, per voi che leggete,

abbiamo scritto storie per scoprire ?

abbiamo scritto storie per sentire con il cuore

abbiamo scritto storie per ridere

abbiamo scritto storie per… per… pensare

abbiamo scritto, bene o male …. !

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FATA PIUMETTA

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FATA PIUMETTA

(DEI FRATELLI GRIMM)

C’era una volta una vedova che aveva due figliuole: una brutta e pigra, l’altra bella e lavoratrice. Le cure della madre erano tutte per la ragazza pigra, perché era la sua vera figliuola, mentre trascurava l’altra, sebbene fosse buona e operosa, perché era la sua figliastra. La figlia cattiva si chiamava Tilde, mentre la figlia bella, alla quale toccavano tutte le fatiche di casa, si chiamava Fiorenza. La povera Fiorenza, dopo aver sfacchinato per tutta la settimana, alla domenica, come unico svago, sedeva vicino alla fonte a lavorare col fuso. Una domenica tanto lavorò che, a un certo punto, le cadde il fuso nell’acqua della fonte. Tornata a casa senza fuso, la matrigna le ordinò di ritornare alla fonte a ripescarlo… la povera Fiorenza cadde nella fonte, perse i sensi e si risvegliò in un meraviglioso giardino, tutto pieno di fiori. La fanciulla si incamminò per un sentiero e si ritrovò davanti a una casetta. Affacciata alla finestra c’era una vecchina che non era altri che la Fata Piumetta. Fata Piumetta era molto vecchia e chiese a Fiorenza di aiutarla a spiumacciare i suoi cuscini. Fiorenza felice accettò. Trascorsero molti giorni e la fata restituì a Fiorenza il suo fuso e la invitò a fare ritorno a casa. Figuratevi la rabbia della matrigna e della sorellastra quando videro Fiorenza rincasare più bella e felice che mai. Fiorenza raccontò che la sua beltà e serenità le erano state donate da Fata Piumetta. -Bene, bene!- disse Tilde, - Andrò anch’io da fata Piumetta. -

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Tilde, a casa di Fata Piumetta, fece un disastro dietro l’altro, così un giorno, la fata la rimandò a casa. Tilde tornò a casa triste e sfinita, mentre la bella Fiorenza sposava un giovane principe.

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FATA PIUMETTA

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FATA PIUMETTA

(DI CRISTIAN SPATARO)

Fata: nella tradizione popolare e nelle fiabe, figura femminile dotata di poteri magici, di natura dolce e mite. In questa fiaba, invece, avrete modo di incontrare una Fata Piumetta non proprio perfetta. C’era una volta una vedova che aveva due figliuole: una brutta e pigra, di nome Tilde ed una bella e operosa di nome Fiorenza. Le cure della madre erano tutte per la ragazza bella e trascurava l’altra. La bella Fiorenza sfacchinava per casa tutta la settimana, unico suo svago era la passeggiata nel bosco ogni domenica mattina. Fiorenza, nel bosco, sedeva vicino a uno stagno e lavorava col fuso. Un triste giorno il fuso cadde nello stagno e la dolce Fiorenza tornò a casa senza fuso. Giunta a casa, Fiorenza fu sgridata dalla madre e dalla brutta sorella Tilde, e la costrinsero a ritornare alla fonte a ripescare il fuso. Fiorenza, nel tentativo di prendere il fuso, cadde nell’acqua, perse i sensi e … si risvegliò in uno strano giardino, tutto pieno di rovi e serpi. Era il giardino di fata Piumetta. Fata Piumetta era stata cacciata dalle altre fate perché i suoi incantesimi avevano procurato spesso guai, quindi si era rifugiata in questo sperduto giardino. Ma ritorniamo a Fiorenza: la giovane vagò per tutta la notte nel giardino e ad un certo punto arrivò davanti a un’orrenda casetta. Affacciata alla finestra c’ era una vecchina: era Fata Piumetta. Fata Piumetta invitò Fiorenza a entrare nella sua casa, e questa, impaurita, accettò.

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Dopo aver ascoltato silenziosamente la storia di Fiorenza, la fata disse: “Visto che questo fuso e così importante, ti aiuterò a ripescarlo, farò un incantesimo”. In un momento Fiorenza si ritrovò con una testa di rospo al posto della sua, cosi poté immergersi nello stagno e recuperare il fuso. Ringraziò la fata e le chiese di togliere l’incantesimo, questa provò e riprovò ma non ci riuscì. La povera Fiorenza salutò la vecchia fata e si allontanò in lacrime. Giunta a casa, con la testa di rospo, Fiorenza fu scacciata dalla matrigna e dalla sorella. Così pensò di ritornare da Fata Piumetta, si incamminò per il bosco, si immerse nello stagno e si ritrovò nel giardino della fata. Raggiunta la casa di questa, udì la fata gridare di gioia: “lo sapevo che saresti ritornata e questa volta per sempre!” Si racconta che ancora oggi Fata Piumetta e Fiorenza vivano in quell’orribile giardino, e passino le loro giornate a lavorare col fuso. Poi, verso sera, Fata Piumetta butta il fuso nello stagno e Fiorenza prontamente lo ripesca.

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IL MAGICO MONDO DELLE FATE

(CLASSE 3A A)

Quando entri nel mondo delle fate, cammina lentamente e parla a voce bassa

Osserva attentamente quest’albero di quercia e vedrai una fata sorridente tra i rami. Le fate degli alberi indossano un costume fatto di foglie cucite, a ogni cambio stagione, le fate ne confezionano uno nuovo. Se ti capita di avvicinarti ad un tronco d’albero, controlla con attenzione ogni sua cavità: potrebbe essere l’ingresso della casa della “Fata del sottobosco”. Secondo la leggenda, le fate del sottobosco danzano al chiaro di luna, intorno a un gruppo di funghi disposti in cerchio.

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Un giardino fiorito potrebbe nascondere un gran numero di fate. Se apri con estrema delicatezza un fiore chiuso, potresti trovarci una “Fata addormentata”.

Se passi accanto ad una siepe e vedi volare delle farfalle, fai attenzione! Le “Fate delle siepi” amano mescolarsi alle farfalle.

Pochi uomini si avventurano nelle paludi, se ti capitasse di andarci, cerca di fare molta attenzione, potresti incontrare il re e la regina delle fate… le “Fate delle paludi” sono creature sfuggenti, ma se segui delle piccole impronte sul terreno

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fangoso, potresti arrivare al nascondiglio di una fata delle paludi.

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R. Bielecka

CENERELLA

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CENERELLA

(DEI FRATELLI GRIMM)

C’era una volta una giovane e bella fanciulla, di nome Cenerella (Cenerentola). Un brutto giorno sua madre morì, e il padre si risposò con una vedova che aveva due figliole: Anastasia e Genoveffa. Quando morì pure il padre, matrigna e sorellastre, invidiose della bellezza di Cenerella, la costrinsero a vivere in soffitta e ad eseguire i lavori più umili. Cenerella era molto triste e godeva solo della compagnia degli animaletti amici. Un giorno, un messaggero del re si presentò alla casa di Cenerella e annunciò un ballo a corte, invitando tutte le ragazze del regno in età da marito. Prontamente, la matrigna e le due sorellastre, precisarono a Cenerella che lei sarebbe potuta andare al ballo solo se avesse finito di fare tutti i lavori di casa. Cenerella si affrettò e chiese aiuto ai suoi amici animaletti, i quali confezionarono un bellissimo vestito per la giovane fanciulla. Ma quando le sorellastre videro Cenerella in tutto il suo splendore, le si lanciarono addosso come furie, strappandole tutto il vestito. Cenerella pianse calde lacrime, maledicendo la sorte avversa che la perseguitava. Grazie all’intervento della fata Smemorina, Cenerella si recò al ballo e per tutta la sera danzò felice con il principe. Al rintocco della mezzanotte si liberò dalle braccia del principe, si precipitò per la scalinata e perse una scarpetta. Il giorno dopo, il principe fece calzare la scarpetta a tutte le ragazze del regno. Fu così che si scoprì che la misteriosa ragazza della festa era Cenerella. I due si sposarono e vissero felici e contenti.

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R. Bielecka

PERFIDELLA

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PERFIDELLA

(DI ROBERTA BIELECKA)

C’era una volta una giovane vanitosa e perfida, aveva tutto per essere felice: era bellissima, viveva in una magnifica casa, godeva della compagnia di due bravissime sorellastre e dell’amore del suo papà e di una dolce e generosa matrigna. La fanciulla non era mai contenta e gentile con nessuno e perciò la chiamavano Perfidella. Perfidella, ai complimenti delle sorellastre, si arrabbiava spesso, batteva i piedi e faceva un baccano tremendo. Un mattino, mentre la sua dolce matrigna era in compagnia del suo vispo topino Ciak, Perfidella bastonò sulla testa il poverello. Un giorno a pranzo, c’erano gli spinaci: - Puah! - fece Perfidella, - Non ne voglio!- Ecco che arrivò prontamente Lucifero, il gatto di casa, che annusò gli spinaci, ma la perfida Perfidella mise il piede sugli spinaci lasciando Lucifero con le pive nel sacco. Il giorno dopo un messaggero del re si presentò alla casa di Perfidella e annunciò: ”Un gran ballo si terrà questa sera a palazzo: tutte le ragazze del regno, in età da marito, sono invitate”. Perfidella pensò tra se e se: “Si intende tutte, tranne quelle sguattere di Anastasia e Genoveffa, farò di tutto …, ma loro non verranno al ballo!” Così corse nel cortile in cerca di Tobia, il suo perfido cane. – Tobia, Tobia – gridò Perfidella – Devi entrare in casa nel cuore della notte e divorare le mie due sorellastre, così io sola andrò al ballo e sposerò il principe.- – Benissimo – disse il perfido Tobia – Ma verrò a vivere con te nel castello del principe.- Il giorno dopo Tobia raccontò a Perfidella di aver consumato il suo pasto, ma in realtà non aveva trovato nessuno in

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camera delle sorellastre, perché queste, impaurite da Pefidella, avevano dormito in camera con la matrigna. la giovane, traboccante di gioia, indossò un bellissimo abito e calzò le magiche scarpette di cristallo, regalatele dalla sua madrina, la fata Smemorina, il giorno del suo diciottesimo compleanno. Così, tutta impettita, uscì di casa per recarsi al ballo. Quando Pefidella giunse a corte, il principe, attratto dal potere magico delle scarpette di cristallo, le si fece incontro e la invitò a ballare. Poco tempo dopo, l’ignaro principe e Perfidella diedero una festa, per annunciare le loro nozze che si sarebbero celebrate di lì a poco. Durante la festa, apparve a Perfidella la fata Smemorina che la invitò ad essere più buona e gentile. Per tutta risposta, Perfidella esclamò: - Sono la futura moglie del principe e non prendo ordini da nessuno!- e le scagliò addosso una delle magiche scarpette di cristallo. Fu così che la scarpetta andò in frantumi, così come l’incantesimo che l’accompagnava. Perfidella improvvisamente si ritrovò vestita di stracci, in una casa sporca e buia, in compagnia del suo cane Tobia. Perfidella, in preda all’ira e alla perfidia, maledisse la fata Smemorina, artefice di quella sorte avversa che l’aveva colpita. E a corte… si riaprirono le danze, il principe sposò Genoveffa e vissero tutti a lungo felici e contenti!

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CAPPUCCETTO ROSSO

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CAPPUCCETTO ROSSO

(DEI FRATELLI GRIMM)

C’era una volta una bambina che tutti chiamavano Cappuccetto Rosso. Un giorno la mamma la pregò di andare dalla nonna, che viveva in una casetta al di là del bosco, per portale una bella focaccia. La mamma però raccomandò a Cappuccetto Rosso di non fermarsi mai lungo il percorso: ”Potresti incontrare il lupo che mangia le bambine!” Cappuccetto Rosso partì, ma lungo la strada vide dei fiori così belli che pensò di raccoglierne qualcuno per la nonna. Proprio in quel momento arrivò il lupo e chiese alla bambina dove stesse andando. - Vado a portare la focaccia alla nonna.- Appena udite queste parole il lupo andò di corsa a casa della nonna di Cappuccetto Rosso, si fece aprire la porta e si mangiò in un sol boccone la povera vecchietta, poi si mise nel letto al suo posto ed attese l’arrivo della bambina. Cappuccetto Rosso arrivò tranquilla a casa della nonna e il lupo si mangiò anche lei. Poi, però, gli venne un gran mal di pancia e cominciò a lamentarsi disperatamente. Attirò così l’attenzione di un cacciatore che passava di lì, il quale appena riconosciuta la voce del lupo, entrò nella casa e gli sparò. Fu così che la nonna e Cappuccetto Rosso poterono uscire sane e salve dalla pancia del lupo.

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SCARPUCCETTO ROSSO

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SCARPUCCETTO ROSSO

(DI GIULIA FOTI )

C'era una volta una bambina di nome Giulia, molto birichina e furba. La nonna le faceva sempre dei doni, e un bel giorno le regalò un paio di scarpette tutte rosse. Da quel momento tutti la chiamarono Scarpuccetto Rosso. Un giorno la nonna si ammalò e la bambina decise di andarla a trovare. La nonna abitava in una casetta nel bosco, a una mezz’ora dal villaggio. Quando giunse nel bosco, Scarpuccetto Rosso scoprì che le sue scarpette rosse avevano dei poteri magici. Quando camminava sbocciavano per lei strade fatte di fiori, quando muoveva i piedi il vento se ne andava a dormire in una grotta e tornava il sole, quando saltellava i ranocchi balzavano fuori dall’acqua dello stagno e si sdraiavano a gracidare felici su di un tronco. Ad ogni movimento dei suoi piedi diventava tutto così magico. Scarpuccetto Rosso era proprio felice e pensò di raccogliere dei fiori per le nonna, proprio in quel momento arrivò il lupo e chiese alla bambina dove stesse andando. Scarpuccetto Rosso rispose: - Sto andando a trovare mia nonna ammalata.- Alla furba bambina venne in mente di proporre al lupo un bel gioco, fare una gara a chi arrivasse prima a casa della nonna. Scarpuccetto Rosso, grazie alle sue magiche scarpette rosse, andò di corsa a casa della nonna, si fece aprire la porta e si mise nel letto al suo posto attendendo l’arrivo del lupo. Quando il lupo arrivò entrò e si avvicinò al letto. Proprio in quel momento, Scarpuccetto Rosso balzò dal letto e gridò in faccia al lupo:” Scherzetto!”

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Il lupo a bocca aperta vide che era Scarpuccetto Rosso, la quale rideva a crepapelle perché era riuscita a prenderlo in giro. A quel punto la nonna, che era nascosta dentro l’armadio, uscì fuori e vide la nipotina ed il lupo che ridevano felici e contenti. Per la meraviglia alla nonna scomparve la febbre e venne un certo appetito. Così, i tre apparecchiarono la tavola e presero un the con dei biscotti fatti dalla nonna. Proprio allora passò lì davanti il famoso cacciatore, il quale entrò nella casetta della nonna e, con forbici in mano, cercò la pancia del lupo per tagliarla; ma l’unica cosa che poté tagliare fu la sua giacca che si era impigliata nel chiavistello. Fu così che verso sera Scarpuccetto Rosso e il lupo s’incamminarono per fare ritorno a casa. Ma… la birichina Scarpuccetto Rosso pensò di proporre al lupo un nuovo gioco. Indossarono una scarpetta rossa ciascuno e, in men che non si dica, giunsero a casa sani e salvi. Mentre nel bosco… le strade sbocciavano di fiori, il sole brillava alto nel cielo, i ranocchi gracidavano felici su di un tronco… Credevate che la fiaba finisse in un altro modo, ma ci tocca finire come di consueto... e vissero tutti felici e contenti...

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LA TERRIBILE CAPPUCCETTO ROSSO

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LA TERRIBILE CAPPUCCETTO ROSSO

(DI ANASTASIA LO BELLO)

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C’era una volta un povero lupacchiotto

che portava alla nonna la focaccia in un fagotto.

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Un giorno s’imbatté nella terribile Cappuccetto

che gli fece un bello scherzetto.

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La terribile Cappuccetto Rosso

spinse il lupo in un grande fosso.

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Oh …! Povero lupacchiotto

si sporcò il suo bel cappotto.

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Intanto, la terribile Cappuccetto Rosso

arrivò dalla nonna che dormiva a più non posso.

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Arrivato il lupacchiotto, alla casetta della nonnina

ebbe, però, una bella sorpresina.

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Corri , Corri in fretta lupacchiotto

quella terribile vuol far di te un pranzo ghiotto – ghiotto.

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IL BRUTTO ANATROCCOLO

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IL BRUTTO ANATROCCOLO

(DI HANS CHRISTIAN ANDERSEN)

Nella covata di mamma anatra c’e’ un uovo più grande degli altri che non si vuole aprire... alla fine ne esce un pulcino grande e nero. Lo aveva detto la vecchia anatra che quello era un uovo di tacchino. Mamma anatra,allora, porta tutti i pulcini allo stagno per la prova di nuoto..i tacchini non sanno nuotare....lui invece nuota, forse meglio degli altri suoi fratelli che lo maltrattano di continuo. Vanno così alla scoperta del mondo, nel cortile, a far conoscenza con gli altri animali; nessuno e’ buono con lui, tantomeno il tacchino che a suon di beccate lo manda via dalla corte. Si ritrova così’ nella pericolosa palude dove incontra una anatra selvatica che viene colpita dai pallini dei cacciatori, un cane da caccia e’ sul punto di azzannarlo, ma alla fine lo risparmia. Così si avventura in un bosco dove vede una casa; l’autunno e’ già avanzato e dentro e’ cosi calduccio che si stende davanti al focolare. L’anziana padrona e’ ben lieta di avere ospiti e un nuovo amico: ma il gatto di casa non e’ dello stesso parere e lo caccia via in malo modo. Cosi si ritrova nuovamente da solo. Arriva l’inverno e, al limite del congelamento, viene trovato da una rana che lo porta nella sua tana, diventeranno amici durante il lungo inverno. Arriva la primavera e lui esce dalla sua tana diventata ormai piccola. E’ diventato un bellissimo cigno e nuota sulle calme acque del lago, la rana non crede ai propri occhi quando riconosce la sua voce e pensa di aver perso un amico; ma la vera

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amicizia non si dimentica e insieme se ne vanno per il mondo perché, come diceva mamma anatra: “Il mondo e’ grande e bello”.

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I L B R U T T O A N A T R O C C O L O S I R A C C O N T A

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IL BRUTTO ANATROCCOLO SI RACCONTA (IL DIARIO DEL BRUTTO ANATROCCOLO)

(DI SAMUELE VILLARI)

Caro diario: sono appena nato, da un grosso uovo, sono talmente brutto che alla mia povera mamma sono diventate le piume nere dallo spavento! Ciao, a presto! Caro diario: oggi e’ proprio una brutta giornata, mamma anatra ci ha condotto allo stagno e la vecchia anatra ha detto alla mia mamma che sono orripilante. Che rabbia! Buona notte. Caro diario: la mia vita sta peggiorando e, come se non bastasse, oggi allo stagno sono arrivati i cacciatori e per poco non mi facevano secco. Forse sarebbe stato meglio, sigh! sigh! Carissimo diario: oggi sono rimasto da solo, solo! Nooooo! I miei fratelli mi hanno cacciato via. Caro diario: ho trovato rifugio in una casetta sgangherata, abitata da una vecchietta, in compagnia di una gallina e di un gatto. Che felicità! Caro diario: quella rimbambita della vecchia mi ha cacciato, pensava che facessi le uova e quello stupido del suo gatto voleva insegnarmi a far le fusa. Caro diario: oggi sono più felice che mai!

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Ho visto uno stormo di grandi e meravigliosi uccelli: erano candidi come la neve e avevano un collo lungo e ali per volare, il mio cuore ha iniziato a battere forte, forte. Ho sentito di amarli come non ho mai amato nessuno. Caro diario: ieri ho incontrato un contadino e mi ha portato a casa sua, ma questa volta sono scappato io, i suoi figlioli mi avevano scambiato per un peluche e mi stavano spennacchiando vivo. Caro diario: oggi e’ la giornata più bella della mia vita, ho rivisto gli splendidi uccelli bianchi dal collo lungo, li ho raggiunti e, riflessa nell’acqua limpida del laghetto, ho visto la mia immagine. Sono un bellissimo cigno bianco. Non avrei mai immaginato quando ero ancora un brutto anatroccolo, che un giorno avrei provato tanta gioia! Addio! Mio caro diario.

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IL LUPO BUONO

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IL LUPO BUONO

(DI MATTEO BOCCADIFUOCO)

Sono il lupo Ezechiele

vi racconto storie vere

giravo per il bosco

e si presentò un tipo losco.

Mi guardò, mi ferì

e con un grugnito mi stordì

corsi, corsi a più non posso

ma mi acciuffò un tipo grosso.

E’ il fratello del maialaccio

Oh! Mi lega con un laccio.

Ecco arrivare un altro ancora

che mi punta un dito in gola.

In verità vi confermo

ero buono e fermo, fermo.

Così è andata…

tutto il resto è storia inventata.

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BIANCANEVE E I SETTE NANI

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BIANCANEVE E I SETTE NANI

(DEI FRATELLI GRIMM)

Biancaneve è una bellissima principessa che, appena nata, perde la madre. Quando aveva pochi anni il padre si risposa con la malvagia regina e strega Grimilde, che la costringeva ad occuparsi delle faccende più umili. Un giorno la regina interrogando il suo specchio magico si sente rispondere che la più bella del reame non è più lei bensì Biancaneve. Furiosa d'invidia, Grimilde ordina a un cacciatore di accompagnare la fanciulla nel bosco per ucciderla e, come prova che ciò avvenga, gli ordina di portarle il suo cuore. Ma l'uomo, all'ultimo momento, non si dimostra crudele e lascia scappare Biancaneve. La fanciulla terrorizzata inizia a vagare senza meta nella foresta e si perde fin quando ormai, presa dallo sconforto, raggiunge una casetta deserta e disordinata che con molta buona volontà, e con l'aiuto dei suoi amici animali, decide di rimettere in ordine, sperando che i suoi occupanti al loro ritorno, le permettano di restare. Gli abitanti della casetta, cioè i sette nani, una volta tornati dalla loro miniera di diamanti, rimangono folgorati dalla dolcezza e dalla bontà della fanciulla che fa subito breccia nel cuore di tutti loro e accettano di ospitarla. Ma la regina, dopo aver scoperto che Biancaneve è ancora viva, decide di passare all'azione in prima persona e, tramite un incantesimo, si trasforma in una orribile vecchia e si dirige quindi alla casetta dei nani per dare a Biancaneve una mela avvelenata per ucciderla. L'ingenua fanciulla, appena si ritrova davanti la vecchina, decide di accoglierla mentre i nani sono via per lavoro. La fanciulla, appena vede la splendida mela la addenta e, al primo morso, cade all’istante in un sonno mortale.

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La perfida regina rimane però uccisa cadendo in un burrone mentre cerca di schiacciare con un masso i nani che, avvisati dagli animali, accorrono subito da Biancaneve. Ma quando arrivano alla casetta era troppo tardi. I nani non se la sentono di seppellirla e la conservano in una bara di cristallo. Il Principe Azzurro che passa di là, vedendola riconosce in lei il suo vero amore e la bacia risvegliandola. La porta infine al suo castello si sposano e vissero per sempre felici e contenti.

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BIANCANEVE E I SETTE GIGANTI

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BIANCANEVE E I SETTE GIGANTI

(DI ALESSANDRA BELLASSAI)

C’era una volta, in un castello lontano, una bella regina che cuciva seduta accanto a una finestra. E così, cucendo e alzando gli occhi per guardare i fiocchi di neve che cadevano dal cielo, si punse un dito e nella neve caddero tre gocce di sangue. Il rosso era così bello su quel candore, ch’ella pensò: “Avessi una bambina bianca come la neve, rossa come il sangue!” Poco tempo dopo, diede alla luce una figlioletta bianca come la neve, e la chiamarono Biancaneve. Quando nacque, la regina morì. Dopo un anno il re prese un‘altra moglie: una donna dolce e bellissima. La presenza di un'altra donna tanto gentile e premurosa, le attenzioni che il re aveva per la nuova moglie, sconvolsero la vita della piccola Biancaneve. Invidia e bruttezza crebbero come le male erbe, così che ella si trasformò dall’esile fanciulla che era, in una fanciulla dalla corporatura pesante. Tutto in lei cambiò: la sua bianca pelle prese un colore rossastro, i suoi grandi occhi divennero piccoli e tristi, i suoi lisci capelli neri divennero arruffati e, soprattutto, il suo dolce cuore si riempì d’invidia e odio per la dolce e bella regina, sua matrigna. Biancaneve sempre più verde e gialla d’invidia decise di uccidere la regina, ma il suo tentativo fallì ed ella fu costretta a lasciare il castello. Vagò per tutta la notte nel bosco cercando un posto dove rifugiarsi, ma nessuno voleva ospitarla poiché anche le bestie più feroci scappavano alla sua vista. Corse finché le ressero le gambe. Era quasi sera, quando vide un’enorme casa ed entrò per ripararsi.

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Nella casona tutto era enorme ma lindo e leggiadro. C’era un’enorme tavola apparecchiata con sette enormi piatti, ogni piatto col suo enorme cucchiaio e sette enormi coltelli, sette enormi forchette e sette enormi bicchieri. Come avete capito Biancaneve, era entrata nella casa dei 7 giganti. Quando arrivarono, Brontolone, Dottone, Mammolone, Eolone, Gongolone, Pisolone e Cucciolone, s’impaurirono vedendola. Ma ella raccontò loro che la sua matrigna voleva ucciderla ed era stata costretta ad abbandonare il suo castello. I giganti credettero alla sua storia e le proposero di restare con loro per occuparsi della casa. Ma il suo carattere era aggressivo e il suo comportamento pigro: i giganti non vedevano l’ora che Biancaneve se ne andasse. Così, un giorno, chiusero la porta di casa a chiave e, quando Biancaneve ritornò dalla sua passeggiata, non poté entrare. Biancaneve vagò da sola nel più profondo del bosco. Cammina, cammina si trovò in un paese molto strano, in ogni angolo vi erano cartelli con scritto “MAI-MAI”. Biancaneve chiese aiuto a una vecchietta affacciata alla finestra, ma queste rispose: “MAI-MAI ti ospiterò a casa mia!” Biancaneve chiese aiuto ad un ciabattino che riparava delle scarpe ad una nobildonna, ma questo, con noncuranza rispose: “MAI-MAI ti aiuterò!” Disperata Biancaneve sedette su una pietra sotto un albero, all’improvviso passò un bel principe e la vide. Si fermò a guardarla e rabbrividì, tanto che scappò di corsa con il suo cavallo bianco. Biancaneve grido: - Per pietà, mi sposi? Sarò tua schiava per tutta la vita! - E… il principe, ancor più veloce, sul suo cavallo bianco gridò: “MAI-MAI ti sposerò!”

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Ecco, una fiaba che non finisce alla solita maniera… Biancaneve non visse MAI felice e contenta e … cosa ancor più strana, zitella restò e MAI-MAI si sposò.

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SE IO FOSSI…

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SE IO FOSSI…

(DI CHANTAL URSO)

Se io fossi Biancaneve chiederei a quegli opportunisti dei nanetti: la lavastoviglie, la lavatrice e l’aspirapolvere. In dieci minuti sbrigherei tutte le faccende di casa e… via davanti alla tv. Se io fossi Cappuccetto Rosso chiamerei un corriere per portare la focaccia alla mia cara nonna, invece di rischiare la vita. Se io fossi il principe ci penserei bene prima di baciare una che dorme da cento anni, e… se questa si riaddormentasse a settant’anni? Oooh no! Non ci voglio pensare.

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RAPERONZOLO

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RAPERONZOLO

(DEI FRATELLI GRIMM)

Una coppia di sposi, viveva accanto a un meraviglioso giardino protetto da alte mura che apparteneva a una strega, conosciuta come Dama Gothel. Essi desideravano ardentemente un figlio e, quando la donna rimase finalmente incinta, fu presa da una gran voglia di mangiare alcuni raperonzoli che crescevano nel giardino della vecchia megera. Il marito allora, durante la notte, scavalcò le alte mura per procurargliene qualche mazzetto. Ma alla terza incursione nel giardino si ritrovò faccia a faccia con la temibile strega. Questa, nonostante le giustificazioni dell'uomo, decise di punirlo, consentendogli di tornare a casa con i raperonzoli sottratti a condizione che, una volta nato, il bambino tanto atteso fosse consegnato proprio a lei, la quale prometteva di trattarlo bene. Disperato, l'uomo alla fine acconsentì. Il tempo passò e nacque una bella bambina. La strega la prese con sé e le diede il nome di Raperonzolo. Quando la bimba compì 12 anni, la chiuse in un'alta torre senza porte e senza scale nel mezzo del bosco. Raperonzolo aveva lunghi capelli dorati che teneva legati in una treccia e quando la strega andava a trovarla le gridava: "Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli, che per salir mi servirò di quelli". E così, arrampicandosi sulla sua treccia, poteva entrare nella celletta attraverso l'unica finestra della torre. Un giorno il figlio de Re, che per caso passava nei dintorni, sentì Raperonzolo cantare e fu rapito dalla sua incantevole voce. Non trovando alcun accesso alla torre, però, se ne andò sconsolato, ma si ripromise di tornare ogni giorno ad

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ascoltare quel canto meraviglioso, finché una volta vide la strega e scoprì il modo per salire dalla sua bella. Decise così quella notte di provare anche lui: recitò i versi che aveva sentito dalla vecchia e in un batter d'occhio si ritrovò nella torre con la bella fanciulla. Egli allora le dichiarò tutto il suo amore e le chiese di sposarlo. Raperonzolo, nonostante l'iniziale spavento, finì con l'accettare la proposta e, insieme al Principe, pianificò la fuga. Egli sarebbe tornato tutte le notti, poiché di giorno vi si recava la strega, e le avrebbe portato della seta, che lei avrebbe tessuto fino a darle la forma di una scala, con cui avrebbe potuto scendere dalla torre. Un giorno Raperonzolo parlò accidentalmente del Principe alla strega, che, accecata dall'ira, la punì tagliandole i capelli e abbandonandola nel deserto. Quando quella stessa notte il Principe si arrampicò sulla treccia dorata, si trovò di fronte la vecchia Dama Gothel, che gli disse che mai più avrebbe ritrovato la fanciulla. Egli allora saltò giù dalla torre e, caduto sui rovi sottostanti, ne venne accecato. Per anni errò nei boschi, finché un giorno giunse nel deserto, dove riconobbe la voce di Raperonzolo. Ella, piangendo insieme a lui, fece cadere le proprie lacrime sui suoi occhi, rendendogli così la vista. Il Principe la portò così nel suo regno dove vissero felici.

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PINORONZOLA

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PINORONZOLA E IL PRINCIPE BIZZARRO

(DI RICCARDO BRUNO)

C'era una volta un taglialegna che viveva felice nella sua casetta, con la moglie, un cane e tre colombelle bianche. La coppia desiderava tanto una bambina, ma questa tardava ad arrivare, così il taglialegna decise di costruire una burattina di legno. Accanto alla casa della felice coppia vi era un giardino di pini, di proprietà di una strega malvagia. Il taglialegna al crepuscolo scavalcò il muro, entrò nel giardino della strega e tagliò un tronco di pino. Il giorno dopo si mise al lavoro e dopo una settimana mostrò alla moglie una bellissima burattina con delle lunghe trecce di pino come capelli. La giovane donna, intanto, aveva confezionato un vestito di foglie verdi con il quale coprì quel corpicino di legno. L'uomo e la donna decisero di chiamare la burattina Pinoronzola. La donna, qualche giorno dopo, chiese al marito di ritornare al giardino della strega e raccogliere altri rami di pino per rifare le trecce a Pinoronzola. Così', al crepuscolo, l'uomo scavalcò di nuovo il muro ma, quando mise piede a terra, si spaventò terribilmente perché aveva davanti a sè la strega. Il povero uomo tentò di raccontare la sua triste storia e la strega, fingendo falsa pietà, propose al taglialegna di affidargli la burattina; in cambio l'avrebbe trasformata in una bambina vera, bella ed intelligente. Il padre a malincuore accettò. La strega mantenne la promessa fatta e trasformò Pinoronzola in una bellissima bambina dalle lunghe trecce bionde. Passavano gli anni, la piccina cresceva e diventava sempre più bella.

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La strega, temendo che i genitori la rapissero, decise di rinchiuderla dentro una torretta, posta sopra una grossa pianta di fagiolo magico. L'unico modo per raggiungerla era cantare una canzoncina che faceva così:

“Fagiolino Fagioletto

Cresci fino al tetto.

Da Pinoronzola devo andare

sempre con me deve restare!”

Un giorno la strega andò a trovare Pinoronzola e cantò la consueta tiritera. Nascosto dietro un cespuglio vi era un principe, un tipo bizzarro, non era il solito principe alto con gli occhi azzurri, egli era zoppo e piuttosto bruttino. Quando questi senti cantare la strega, il sangue gli ribollì fino al cuore e, all'istante, l'amore arrivò. Sbucò fuori dal cespuglio e dichiarò alla perfida strega il suo amore, chiedendole la mano. A tale proposta ella rabbrividì. Mai nessuno, come ben immaginate, le aveva decantato tali parole. Così, temendo un ripensamento da parte del principe, accettò subito di sposarlo. Ecco la vera storia del principe Bizzarro che sposò una bizzarra strega che trasformo in bambina una bizzarra burattina che mi ha permesso di scrivere questa bizzarra fiaba.

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LA BELLA E LA BESTIA

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LA BELLA E LA BESTIA

( DI JEANNE-MARIE LEPRINCE DE BEAUMONT)

Molto tempo fa, un principe viziato ed egoista, viveva tra gli agi del suo palazzo. Un giorno, durante un temporale, una vecchia donna bussò al portone per chiedere rifugio offrendosi di pagare con una rosa, ed il principe la cacciò malamente. Ma questo fu un grosso sbaglio: la vecchia era in realtà una fata che lo stava mettendo alla prova. Lui non la superò e venne punito con la trasformazione in una creatura mostruosa. Tutto il castello pagò le conseguenze del sortilegio e ogni suo abitante fu trasformato in un curioso oggetto casalingo animato. Solo se avesse scoperto l'amore e se si fosse dimostrato capace di farsi amare entro il suo ventunesimo compleanno, il principe avrebbe spezzato l'incantesimo. In un piccolo paese vicino viveva Belle, una bella ed intelligente ragazza che adorava leggere libri e sognava di vivere le avventure che trovava nelle loro pagine. Il tronfio Gaston, un bullo del paese, decise di farla diventare sua moglie poiché era la ragazza più bella di tutte e non poteva che essere destinata a lui. Belle, ovviamente, non condivideva questa opinione. Gaston era un ragazzo di bell'aspetto, ma oltre all'immagine c'era ben poco: era infatti piuttosto scortese e talvolta ridicolo. Intanto, Maurice, l'eccentrico inventore padre di Belle, si preoccupava della solitudine di quest'ultima, ma il suo cruccio del momento era la costruzione di una macchina taglialegna da portare alla fiera annuale delle invenzioni. Quando la macchina fu completa e funzionante, Maurice partì ma, attraversando il bosco, si perse e venne attaccato dai lupi.

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Per sfuggire alle grinfie degli animali, l'anziano uomo cercò rifugio in un grande e maestoso castello che non conosceva. Qui scopre creature che neppure immaginava potessero esistere, come l'orologio Tockins, la teiera Mrs. Bric, il candelabro Lumiére, tutti dotati di parola e intelletto, nonché di simpatica personalità. Ma fu terribile l'incontro con il padrone del castello, la Bestia, un essere mostruoso ed enorme che lo fa prigioniero. L'amore che Belle nutriva per suo padre fece sì che la giovane partì alla sua ricerca e, una volta trovatolo, riuscì a convincere l'orrenda Bestia a imprigionare lei al posto dell'uomo vecchio e malato. Al castello si cominciò a sperare che l'incantesimo potesse essere spezzato grazie a lei. Lentamente, Belle vide il suo ruolo cambiare e da prigioniera si trasformò pian piano in ospite. Un giorno la Bestia salvò Belle dall'attacco dei lupi nel bosco, e si dimostrò gentile e premuroso, i due cominciarono a diventare amici. Passavano i giorni e Belle scoprì che le condizioni di suo padre erano peggiorate e, quindi, la Bestia decise di lasciarla libera perché potesse tornare da lui. Vederla soffrire era insopportabile per la creatura. Nel frattempo Gaston incoraggiò l'intero paese contro la terrificante Bestia. Lumiére, Tockins, Mrs Bric e gli altri si difesero. Quando Gaston trova, la Bestia era inerte e non reagì all'attacco del suo assalitore. Gaston avrebbe potuto uccidere facilmente Bestia, dato che l'assenza di Belle gli toglieva forza e coraggio. Ma Belle seppe dell'attacco al castello e tornò. Rivederla e difendersi da Gaston furono per la Bestia una cosa sola!

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Gaston scoprì che non era poi così semplice eliminare il suo rivale. Gaston perse il suo coraggio e la sua arroganza. La Bestia trovò un cuore che gli impedisse di ucciderlo. In quel momento, Belle appare ad un balcone e la Bestia andò da lei, voltando le spalle all'uomo che aveva appena risparmiato. Ma il vile e approfittatore Gaston, armato di pugnale, ferì a morte la Bestia per poi precipitare dal castello. Sul balcone la Bestia giacque in fin di vita, Belle in lacrime la assistette nei suoi ultimi momenti, osservata in silenzio dagli oggetti animati che popolano il castello. Le ultime parole che Belle dedicò al principe un tempo cattivo furono quelle che tutti aspettavano: “Io ti amo!” All'improvviso, mentre Belle piangeva sul gigantesco petto della Bestia, qualcosa cadde dal cielo: piccole gocce di luce trasformarono Bestia in un bellissimo principe. Tutti gli oggetti tornano ad essere delle persone. Finalmente Belle e la Bestia poterono sposarsi e vissero felici e contenti.

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LA BRUTTA E LA BESTIA

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LA BRUTTA E LA BESTIA

(DI GABRIELE MARTINELLI)

C’era una volta, in paese lontano, un principe che a causa di un maleficio, era stato trasformato in una bestia spaventosa. Il povero principe si sentiva triste e infelice, era sempre solo. Lui stesso non riusciva a guardarsi senza provare ribrezzo, per questo aveva ordinato ai suoi servitori di coprire tutti gli specchi del palazzo. Un giorno, preso dallo sconforto, decise di fare una lunga cavalcata. Cavalcando, cavalcando dopo un po’, il principe si accorse che si era addentrato in un bosco e non riusciva più a ricordare la strada del ritorno. Costeggiando un sentiero, nella speranza di incontrare qualcuno che potesse aiutarlo, la Bestia vide uscire del fumo da una casetta. ” Chi mai abiterà in questo posto così sperduto?” si domandò il principe. Decise allora, di avvicinarsi alla casetta per farsi indicare la strada che lo riconducesse al suo castello. TOC TOC…. nessuno apriva ed il principe insistette, TOC TOC… ad un tratto, la porta si aprì ma sembrava non esserci nessuno. Il principe, avendo paura di spaventare per il suo aspetto le persone che abitavano nella casetta, decise di gridare: “ Io sono un principe e chiunque sia il proprietario di questa casa, se mi aiuterà a ritrovare la strada per il mio ritorno a corte, lo ricompenserò con 30 monete d’oro”. Ad un tratto, da dietro la porta, spuntò una ragazza molto , ma molto brutta. Quando il principe la vide fu lui a spaventarsi…

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La ragazza gli si avvicinò e gli disse: “ La prego di entrare principe, le offro una torta appena sfornata e poi le indicherò la strada che la condurrà al suo castello.” Il principe non riusciva a guardare in viso la giovane tanto era brutta. Poi senza pensarci troppo le rispose: “ Non importa me la caverò, grazie lo stesso.” La giovane insistette ed il principe dovette entrare nella casetta. La brutta, servì al principe Bestia la torta di mirtilli. La Brutta non aveva mai incontrato un principe, per questo non voleva lasciarselo scappare. La Bestia, dopo aver mangiato la torta, disse alla Brutta: ” Se mi indica la strada..io toglierei il disturbo”. La giovane non aveva nessuna intenzione di farlo andare via. Quel principe a lei piaceva e non provava ripugnanza nel guardarlo. Poteva farlo suo prigioniero, era l’unico modo per averlo tutto per lei, così decise di sbarrare la porta. Bestia non sapeva che fare, voleva solo scappare da quella brutta ragazza, invece la giovane brutta era felice, poteva stare un po’ con lui per conoscerlo meglio. La Bestia la avvertì: “I miei servitori fedeli mi verranno a cercare e per lei saranno guai.” La Brutta, sicura di sapere quello che diceva, rispose al principe: ”Non credo proprio. Nessuno verrà fino a qui!” e continuo dicendo:“Perché vuole andare via, sono davvero cosi mostruosa?” Bestia voleva rispondere “Sii!!”, ma con gentilezza invece le replicò: “Ma no, … ehmm… voi non siete brutta, è che io… devo proprio andare “. Ormai il principe era suo prigioniero e brutta preparò tutta contenta la cena, così apparecchiò una bella tavola, con tante cose buone e genuine che lei stessa coltivava.

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Quando furono a tavola, Bestia evitava di guardare Brutta, lei, per rompere il silenzio, chiese: ” E’ di vostro gradimento?” e aggiunse: “Questi sono tutti cibi che coltivo io con molta cura.” Il principe non aveva mai incontrato una ragazza così dolce con lui e cominciò ad apprezzare Brutta. Timidamente, Bestia rispose: ”E’ tutto squisito, non avevo mai mangiato verdure così gustose.” Finalmente anche la Bestia si stava addolcendo con Brutta. La ragazza, curiosa, domandò al principe chi lo avesse ridotto in quello stato, anche se lei lo trovava bellissimo. Bestia raccontò a Brutta che una fata lo aveva trasformato in una bestia affinché nessuno potesse avvicinarsi a lui. Brutta, sorprendendo Bestia, esclamò: ”Comunque io vi trovo molto bello e sono felice di avervi conosciuto”. Bestia capì che Brutta si stava innamorando di lui e ne fu felice. ”Brutta vuoi venire con me al castello..?” disse tutto d’un fiato Bestia. Brutta non aspettava altro e rispose: ”Si ,grazie , vengo volentieri”. Giunti al castello, Bestia riunì i servitori e presentò Brutta. Tutti, atterriti, guardarono l’orribile coppia. I giorni passarono e i due erano sempre più felici di stare insieme, così decisero di sposarsi. Finalmente anche loro vissero insieme per sempre, BRUTTI, ma felici e contenti.

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LA SPADA NELLA ROCCIA

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LA SPADA NELLA ROCCIA

(DI SIR THOMAS MALORY)

La vigilia di Natale, tutti i baroni del regno di Lo Gres andarono a Londra e, tra essi, Antor, con Keu e Artù, i suoi due figli, di cui non sapeva chi preferire. Tutti assistettero alla messa di mezzanotte con grande pietà. Mentre la folla usciva dalla chiesa, suonarono grida di stupore: una grande pietra tagliata, si trovava nel centro della piazza e sorreggeva un'incudine di ferro in cui era infissa una spada fino alla guardia. Subito fu avvertito l'arcivescovo che arrivò con l'acqua benedetta. E, nel chinarsi per aspergere la pietra, lesse ad alta voce le parole che vi erano scritte in lettere d'oro: “COLUI CHE ESTRARRA' QUESTA SPADA SARA ELETTO RE DA GESU' CRISTO.” Gli uomini più nobili e ricchi tentarono la prova ma nessuno riuscì ad estrarre la spada. Allora fu ordinato che tutti coloro che desideravano cimentarsi in quell'esercizio, ne avessero facoltà. Ma la spada incantata, tutta scintillante di luce, rimase dov'era, conficcata nel ferro fino al giorno di Capodanno. In quella ricorrenza, com'era tradizione, alle porte della città si doveva tenere un grande torneo. Keu, che era stato fatto novello cavaliere il giorno di Ognissanti, aveva deciso di prendervi parte. Per questo pregò il fratello di andare a prendere la spada che aveva lasciato nel suo alloggio. Artù si diresse verso l'alloggio, ma non riuscì a trovare la spada del fratello. Stava tornando, quando, passando davanti alla chiesa, pensò che non aveva ancora fatto la prova: subito si avvicinò alla pietra e, senza nemmeno smontare da cavallo, impugnò

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il gladio meraviglioso, lo estrasse senza alcuna fatica, lo portò al fratello sotto un lembo del mantello, e gli disse: - Non sono riuscito a trovare la tua spada, ma ti ho portato quella dell'incudine.- Keu la prese senza pronunciare parola, e si mise alla ricerca del padre. Antor chiamò Artù e gli ordinò di andare a rimettere il gladio dove l'aveva preso: il fanciullo riconficcò la lama nell'incudine con la stessa facilità con cui l'avrebbe immersa nell'argilla. Quello stesso giorno, quando il torneo finì, i baroni tornarono a riunirsi nella cattedrale. Fu allora che Antor chiese all'arcivescovo di permettere ad Artù, che non era ancora cavaliere, di effettuare la prova. Di nuovo il ragazzo ripeté il miracolo: sfilò la spada e la pose fra le mani dell'arcivescovo. Dalla folla che si era radunata si levò un mormorio di meraviglia. Ma i baroni, profondamente turbati, cominciarono a protestare, gridando che consideravano un disonore per se stessi e per il regno essere governati da un ragazzo di oscure origini. Ma l'arcivescovo disse ad Artù: - Se Nostro Signore vuole che siate voi a governare questo popolo, così sia.- Il popolo piangeva di gioia e di pietà; i baroni allora si rassegnarono a riconoscere in Artù l'eletto da Dio.

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IL SEGRETO DI MAGO MERLINO

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IL SEGRETO DI MAGO MERLINO

(DI GABRIELE FOTI)

In verità vi dico: “Nel bel mezzo della notte giunse a casa mia il re d'Inghilterra Uther e affidò alle mie cure il suo unico figlio Artù. Il giovane Artù era molto dispettoso, direi un po' stupido: non capiva e non imparava nulla, pensava solo a giocare, per lui tutto era un gioco. Vedendolo, la gente non avrebbe mai pensato che fosse il figlio di re Uther. Un giorno, pensai di condurre Artù a vivere presso un nobile cavaliere per apprendere l’arte del combattimento. Questi aveva un figlio di nome Caio che amava tanto gli animali. Ma Artù fece tanti di quei dispetti alle bestioline di Caio che decisi di riportarlo al regno. Dopo qualche mese appresi la notizia che il Re Uther era morto e a lui era succeduto il figlio Artù. Artù regnò solo pochi giorni, poiché fu trovato morto, steso su una roccia con la magnifica spada Excalibur conficcata nel petto. Si racconta che lo stupidotto di Artù, dopo aver bevuto tanto vino, si sia conficcato la spada giocando ai cavalieri con tutta la sua corte. Dopo la sua morte tutto il regno andò in rovina e alla famosa Tavola Rotonda non sedette proprio nessuno perché tutti morirono felici e contenti. In fede Mago Merlino

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HANSEL E GRETEL

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HANSEL E GRETEL

(DEI FRATELLI GRIMM)

C'era una volta ... un povero falegname che viveva in una casupola sul limitare del bosco. L'uomo aveva due bambini, Hansel e Gretel, nati dalla sua precedente moglie che era morta qualche anno prima. L'anno precedente aveva ripreso moglie ma questa non sopportava i due figliastri. Erano tempi duri e un giorno la moglie disse al padre di Hansel e Gretel: "Non abbiamo più niente da mangiare, porta i due bambini nella foresta ed abbandonarli, così avremo due bocche in meno da sfamare.” L'uomo, a malincuore acconsentì. Hansel aveva sentito tutto e, di nascosto sgusciò fuori, dove raccolse delle pietruzze. Il giorno dopo, il padre li accompagnò nella foresta e, durante il tragitto, poco per volta, Hansel lasciò cadere per terra le pietruzze. Giunti in una radura, si allontanò con una scusa. Gretel era disperata, ma Hansel ritrovò la strada di casa grazie alle pietruzze. Qualche giorno dopo, la matrigna ripropose la stessa cosa. Hansel risentì di nuovo, ma non poté prendere i sassolini. Il giorno dopo, sbocconcellò la pagnotta che aveva in tasca lasciando delle briciole. Come l'altra volta fu lasciato con la sorella in una radura, ma non poté trovare la strada di casa: gli uccellini avevano mangiato tutto. Con Gretel iniziò a vagare per la foresta, mentre scendeva la notte. Ad un certo punto giunsero in una radura dove c'era una casa tutta costruita di marzapane, dolci, biscotti e cioccolato. Hansel e Gretel avevano fame e si precipitarono a mangiarla.

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Ad un tratto, uscì una vecchietta che disse loro: "Ma non rimanete fuori, bambini! Entrate, entrate!" Hansel e Gretel non se lo fecero ripetere: la vecchina sembrava gentile, offrì loro un pranzo succulento e un letto dove dormire. Ma il mattino dopo rivelò la sua vera natura: in realtà era una strega che aveva già mangiato molti bambini. Chiuse Hansel in una gabbia per nutrirlo a dovere, farlo ingrassare e poi mangiarlo, e mise Gretel a fare i lavori più umili. Hansel, che era astuto, prese un ossicino di un pollo che aveva mangiato il primo giorno: si era accorto che la strega non ci vedeva bene, per cui, quando veniva a tastare le sue dita, lui le faceva sentire l'ossicino. La storia andò avanti per alcune settimane, poi un giorno la strega si spazientì: "Vuol dire che grasso o meno ti mangerò lo stesso!" La strega chiese a Gretel di accendere il forno. La bambina lo accese ma disse che non riusciva ad arrivare al piatto che era dentro il forno. La strega si sporse nel forno per prendere il piatto e Gretel la spinse nel forno, chiudendo la porta dietro. Poi Gretel liberò Hansel e prima di andare via trovarono tutti i tesori che la strega aveva accumulato. I due bambini si diressero verso casa, dove grazie ai tesori della Casa di Marzapane non soffrirono più la fame e diventarono una delle famiglie più ricche della città.

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LESNAH E LETERG

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LESNAH E LETERG

(DI NOEMI GIBILISCO)

C’ era una volta, tanto tempo fa, un povero boscaiolo che viveva con la sua famiglia, in una piccola casetta di legno e paglia sul limitar del bosco. La sua prima moglie era morta, lasciandogli in eredità la sua vecchia e ammalata madre, facendogli promettere che si sarebbe preso cura di lei. Il boscaiolo si risposò, ma la nuova moglie non sopportava la vecchina. Un tempo in cui ci fu una grande carestia il taglialegna e la nuova moglie decisero di abbandonare la vecchina nel bosco. L’ indomani, alle sette in punto, partirono per il bosco e dissero alla vecchietta di aspettare sotto un grande albero, che sarebbero ritornati a prenderla. Passarono le ore, ma nessuno si fece vivo. La vecchietta, per la stanchezza, si addormentò. L’ indomani si vegliò e si mise in cammino. Si diceva che nel bosco vivessero due terribili fratellini di nome LESNAH e LETERG, e la vecchina temeva tanto di incontrarli. Si mise a correre con tutte le sue forze e finalmente vide una casa, fatta di marzapane e di dolci, torrone e marmellata. Le tegole sul tetto erano fatte di cioccolato, il comignolo era di torrone, i muri erano fatti di pan di spagna e ricoperti di marmellata. La vecchietta adorava il torrone e la marmellata e ne mangiò un po’. Ancora affamata si precipitò in cucina, all’improvviso la porta di casa si chiuse e i due fratellini, di nome Lesnah e Leterg, si avvicinarono a lei, l’afferrarono e la misero dentro una gabbia.

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I due terribili bambini avevano intenzione di mangiare la vecchietta per il pranzo di Pasqua, così la rimpinzarono di dolci. La vecchia, golosona, mangiò tutto quanto e, dopo una settimana, i due fratellini decisero che la vecchina era abbastanza grassa per essere mangiata. Quella mattina Lesnah era uscito a combinare guai, come tutti i giorni, e Leterg dormiva come un sasso. Quando Lesnah rientrò e Leterg si svegliò la vecchina era svenuta: aveva avuto una crisi glicemica a causa dei troppi dolci mangiati!! I due furfantelli, stranamente mossi a pietà, riportarono la vecchia, che pensavano fosse morta, nel bosco. Lì, ad attenderla, c’erano il taglialegna e la moglie che, tormentati dal rimorso, riportarono a casa la vecchietta e le prepararono un bagno caldo. Quando alla poverina tolsero gli abiti sporchi, saltellarono per tutta la stanza perle e pietre preziose. La vecchietta raccontò loro che una sera i due furfantelli avevano dimenticato di chiudere la gabbia a chiave, e lei, andando in giro per la casa, aveva scoperto dei forzieri pieni di preziosi e se ne era riempita le tasche. Così finirono tutti i guai e i tre vissero felici e contenti. N.B. Certo, la vecchina morì dopo un annetto, il genero e la sua nuova moglie vissero ancora un tantetto e questa storia non è vera nemmeno un pochetto.

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I TRE PORCELLINI

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I TRE PORCELLINI

(DEI FRATELLI GRIMM)

Questa è la storia di tre porcellini e di un grosso lupo cattivo. Un giorno la mamma disse ai suoi figli: "E' ora di andare per la vostra strada." "Si, è giunto il momento!" esclamarono i tre fratellini. Fatti i bagagli e salutata la mamma, si incamminarono. Ben presto trovarono un grosso albero da dove si diramavano tre strade, ognuno di loro ne scelse una, alla ricerca di un luogo dove costruire la propria casa. Il primo porcellino costruì una casa di paglia, il secondo una casa di legno e il terzo una casa di mattoni. I tre, però, non sapevano che un grosso lupo cattivo e goloso di porcellini, li stava osservando. Il lupo bussò alla porta del primo porcellino, ma quando questo non lo fece entrare, si arrabbiò e con un soffio spazzò via la casa, il maialino allora si rifugiò a casa del secondo fratello. Il lupo lo seguì e busso alla porta, i due fratellini spaventati non gli aprirono e il lupo sempre più arrabbiato con un soffio ancora più forte, fece volare via la casa di legno. I due porcellini allora, scapparono nella casa del terzo maialino, inseguiti dal lupo cattivo. Anche questa volta il lupo bussò per farsi aprire e, quando i tre non lo fecero entrare, si arrabbiò ancora di più e soffiò una, due, tre volte ma, non successe nulla. Tentò allora di calarsi dal camino, ma non riuscì ad entrare perché il terzo porcellino, furbo, aveva acceso il fuoco, tentò di buttare giù la porta , ma era troppo solida, a quel punto il lupo triste e sconfitto, se ne andò; adesso ancora grosso, ma non più cattivo, non è più tanto goloso di porcellini.

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IL LUPETTO E I 3 MAIALACCI

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IL LUPETTO E I TRE MAIALACCI

(DI ALESSIO SALEMI)

Stava arrivando l'inverno e pioveva a dirotto, un povero lupo vagava nel bosco, in cerca di un rifugio per ripararsi dalla pioggia. Camminò per molte ore, aveva tanta fame e tanta paura. Camminò e camminò da mane a sera, ma non riuscì a trovare riparo, la pioggia diventava sempre più fitta, era così stanco e infreddolito che si addormentò sotto un albero. Ma d'un tratto sentì dei rumori: erano i tre maialacci. Su di loro il povero lupo ne aveva sentite di cotte e di crude, aveva sentito dire che avevano un fiuto finissimo ed erano ghiotti di lupi. Così, il povero lupetto si diresse di corsa verso una casa di paglia, ma i tre maialacci l'abbatterono. Sempre di corsa raggiunse una casa di legno, ma di nuovo i tre maialacci la distrussero. Infine, il povero lupetto, tutto bagnato e in preda alla disperazione, si diresse verso una casetta di mattoni. Bussò alla porta e si ritrovò davanti i tre maialacci che lo spinsero nel camino acceso. In men che non si dica, il povero lupo morì … … e i tre maialacci se ne stettero e se la godettero e a noialtri nulla dettero.

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IL GATTO CON GLI STIVALI

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IL GATTO CON GLI STIVALI

(DEI FRATELLI GRIMM)

C’era una volta…un mugnaio che, morendo, lasciò ai suoi tre figli: un mulino, un asino e un gatto. Al figlio maggiore lasciò il mulino, al secondo lasciò l’asino, al terzo lasciò invece il gatto. Quest’ultimo, dopo la spartizione, si sedette avvilito su una pietra e pensò: “Un gatto… cosa me ne faccio?” ma, con suo grande stupore, si sentì rispondere: “Padrone, non affliggetevi! Datemi un sacco, un paio di stivali e un cappello piumato e vedrete che vi farò ricco e felice.” Indossati stivali e cappello, si avviò verso il bosco. Nel bosco prese un coniglio e lo infilò nel sacco e lo consegnò al re, dicendogli che era da parte del marchese di Carabas. Nei giorni che seguirono continuò a portare a corte, sempre a nome del marchese: lepri, pernici e altra cacciagione. Il Re e la Regina, sempre più incuriositi, chiesero al gatto di voler conoscere il marchese di Carabas. Il gatto andò dal padrone e gli chiese di presentarsi per incontrare il Re e la Regina. Quando la Regina vide il giovane figlio del mugnaio disse alla sua figliola: “Un bel giovane, non ti sembra?” La principessa annuì: “E’ vero, mamma, è proprio bello!” Il gatto, che era lì vicino, nel sentire quelle parole rispose: “Oltre ad essere bello è pure ricchissimo!” la Regina a quel punto prese sottobraccio il giovane mugnaio: ”Caro marchese, voi non siete sposato,vero?“ Il giovane rispose: “No, maestà, ma sarei molto felice di avere una moglie!” Il piano ideato dal gatto si stava realizzando e di lì a poco furono celebrate le nozze fra il giovane, che ormai era diventato per tutti il marchese di Carabas, e la figlia del Re…e vissero per lunghi anni felici e contenti.

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IL GATTO SENZA STIVALI

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IL GATTO SENZA GLI STIVALI INCONTRA PREZZEMOLINA

(DI MATTEO RUSSO)

C'era una volta un giovane dal cuore puro e leale, scacciato di casa con il suo gatto con gli stivali, dai fratelli dopo la morte del padre mugnaio. Un giorno il gatto con gli stivali sentì dire dal suo padroncino: "Vorrei tanto incontrare una fanciulla ed essere felice.” Il gatto disse: "Ci penso io, toglimi questi scomodi stivali e mettiamoci in cammino!” I due camminarono per alcune miglia, arrivati in mezzo al bosco, il gatto disse: "Adesso restituiscimi i miei stivali" ed iniziò a miagolare a più non posso. L'insistente miagolio del gatto, attirò l'attenzione di una giovane e bellissima fanciulla: Prezzemolina. Conoscete Prezzemolina? Prezzemolina era la figlia di una povera donna che aveva commesso l’incauto gesto di raccogliere un pò di prezzemolo dal campo di una strega malvagia, questa sottrasse la piccina alla madre e la rinchiuse in una torre altissima. Ritorniamo al figlio del mugnaio. Quando il giovane vide Prezzemolina affacciata alla finestra della torre, se ne innamorò e chiese al gatto di aiutarlo a liberarla. Quella notte il giovane e Prezzemolina fuggirono; il gatto, invece, si tolse gli stivali e si nascose dietro un cespuglio di prezzemolo. Quando la strega rientrò e si accorse della scomparsa di Prezzemolina, scese giù al campo e iniziò ad imprecare. Il suo affanno fu così grande che non riuscì a dominarsi: urlò e scalciò.

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Ad un certo punto vide gli stivali del gatto, li urtò e all'improvviso il cielo si oscurò ed ella si ritrovò trasformata in un piccolo topo che il gatto, in un sol boccone, ingoiò. Intanto il figlio del mugnaio e Prezzemolina erano giunti in prossimità di un bellissimo castello, ad attenderli c'era un re che aveva avuto la sfortuna di non avere figli. Il re accolse nel suo castello i due giovani e ordinò nozze con gran splendore. Alla fine invitarono anche il gatto al quale non mancò mai nulla, a parte gli stivali.

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PINOCCHIO

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PINOCCHIO

(DI COLLODI)

C'era una volta un falegname di nome Geppetto. Aveva costruito un burattino di legno e l'aveva chiamato Pinocchio. "Come sarebbe bello se fosse un bambino vero!" sospirò quando finì di dipingerlo. Quella notte, una buona fatina esaudì il suo desiderio. "Destati, legno inanimato, la vita io ti ho donato!" esclamò toccando Pinocchio con la bacchetta magica. "Pinocchio, dimostrati bravo, coraggioso, disinteressato" disse la Fata, "E un giorno sarai un bambino vero!" Poi, rivolta al Grillo Parlante: "Io ti nomino guida e consigliere di Pinocchio" aggiunse prima di svanire tra mille bagliori di luce. Figurarsi la gioia di Geppetto quando scoprì che il suo omettino di legno poteva muoversi e parlare. La mattina dopo lo mandò a scuola: "Addio figliolo, torna presto!" Pinocchio, disubbidiente, andò invece da Mangiafuoco, un burattinaio che promise di renderlo famoso. Si divertì molto a cantare e ballare con le altre marionette. Ma, finito lo spettacolo, Mangiafuoco lo chiuse in una gabbia. All'improvviso, ecco apparire la Fata Azzurra: "Perché non sei andato a scuola?" gli chiese. Pinocchio rispose con una bugia e subito il suo naso cominciò a crescere... Solo quando disse la verità, la Fata lo liberò e il naso ritornò normale. Tornando a casa, Pinocchio vide una diligenza carica di ragazzi festanti. Il postiglione gli disse che era diretta al Paese dei Balocchi, dove i bambini potevano fare tutto quello che volevano.

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"Pinocchio, torna indietro!" lo rincorse il Grillo. Ma il burattino non lo ascoltò. Lì, Pinocchio fece amicizia con Lucignolo: i due mangiavano dolci a più non posso e si divertivano moltissimo. Ma ben presto scoprirono che i ragazzi svogliati e maleducati che finivano in quel paese venivano tramutati in asinelli. Quando anche a lui spuntarono due orecchie lunghe e la coda, Pinocchio scappò disperato, seguito dal fedele amico Grillo. Insieme, tornarono poi alla casa di Geppetto, ma non trovarono nessuno: "Chissà che cosa gli sarà accaduto!" In quel momento, una colomba portò loro un messaggio: Geppetto, mentre cercava Pinocchio, era stato inghiottito da una balena e adesso era suo prigioniero. "Voglio salvarlo!" decise il burattino. Giunto al mare, si tuffò e sul fondo trovò il babbo nella pancia della balena. Ma come uscire di là? Accesero allora un gran fuoco: il fumo fece starnutire la balena, che spalancò la bocca. Pinocchio e Geppetto scapparono su una zattera. Il burattino aiutò il suo babbo a nuotare in mezzo alle altre onde: giunti a riva però, per il grande sforzo svenne. Addolorato, Geppetto lo portò a casa. Ma la Fata risvegliò Pinocchio e, come promesso, premiò il suo coraggio e la sua bontà trasformandolo in un bimbo vero!

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IL GRANDE SOGNO DI PINOCCHIO

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IL GRANDE SOGNO DI PINOCCHIO

(DI ANTONIO QUADARELLA)

C’era una volta un vecchio falegname, di nome Geppetto, che viveva di stenti in una casa sgangherata. Sul povero Geppetto vegliava una fata bellissima, dagli occhi azzurri, la Fata Turchina. Tutte le sere Geppetto diceva tra sé e sé: ”Ah, se avessi un bambino! Non sarei più solo e triste.” Così un giorno costruì un burattino di legno e lo chiamò Pinocchio. Geppetto trattava il burattino come se fosse un vero bambino e tutte le sere, quando si metteva a letto, pensava: ”Come sarebbe bello se potesse parlare, correre e piangere come tutti i bambini del mondo.” La Fata Turchina decise di accontentarlo e trasformò il burattino Pinocchio in un bambino. Pinocchio era proprio un bravo ed ubbidiente bambino: andava tutti i giorni a scuola, faceva sempre i compiti e non diceva mai bugie. Geppetto era proprio orgoglioso del suo bambino. Gli anni passavano e Pinocchio diventava sempre più un bel giovanotto ma, un giorno, manifestò il desiderio di sposare una principessa. Geppetto cercò di dissuaderlo ma, un giorno, Pinocchio incontrò il gatto e la volpe: due personaggi poco raccomandabili. Questi raccontarono a Pinocchio di un paese lontano, dove vi era un re che avrebbe concesso la mano della sua unica figlia a colui che fosse riuscito a dirgli la bugia più grossa che lui avesse mai sentito. Quella notte Pinocchio non riuscì a dormire, pensò sempre alle parole dei due furfanti, così il mattino dopo si svegliò, salutò Geppetto e andò ad inseguire il suo sogno. Quando giunse alla regia, si presentò al re e disse:

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”Vostra Maestà, fui per anni un burattino, grazie ad un incantesimo sopraffino diventai un elegante giovanottino!”

“Questa è una bugia bella e buona!” gridò il re. Pinocchio: ”No, Vostra Maestà, è la verità, ma se una bugia la volete considerare, vostra figlia mi dovrete fare sposare.” Fu così che Pinocchio sposò la principessina e … vissero a lungo felici e contenti! Ah dimenticavo, Geppetto e la Fata Turchina si trasferirono al castello. Si racconta che Geppetto si innamorò della fatina ma questa lo trasformò in un grillo, parlante … ovviamente.

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GLI GNOMI

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GLI GNOMI

(DEI FRATELLI GRIMM)

C’era una volta un povero ciabattino, che viveva miseramente perché la vista indebolita gli impediva di lavorare come un tempo. Una sera se ne andò a letto sconfortato, lasciando a metà la riparazione di un paio di scarpe… La mattina dopo trovò il lavoro terminato… ciò accadde per molti giorni: il ciabattino la sera lasciava il lavoro in sospeso e la mattina lo trovava ultimato. Una notte volle vedere cosa accadeva…fu così che si nascose e scoprì degli gnomi che, a mezzanotte in punto, entravano nel negozio e preparavano le scarpe nuove. Il ciabattino, per ricompensarli, fece confezionare delle giacchette rosse per gli gnomi. La mezzanotte seguente gli gnomi indossarono le giacche e se ne andarono via per sempre, lasciando con un palmo di naso il ciabattino e sua moglie.

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GLI GNOMI DISPETTOSI

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GLI GNOMI DISPETTOSI

(DI FRANCESCO TURINO)

C’era una volta… un ricco ciabattino che viveva splendidamente perché aveva tante, tante scarpe da riparare. Viveva in fondo al bosco, lontano dal villaggio. Una sera, se ne andò a letto felice di aver riparato un paio di scarpe per un cliente importante, ma la mattina dopo, con grande stupore e sconforto, sul tavolo trovò il paio di scarpe tagliate e bucate. Quando arrivò il cliente, insoddisfatto di ciò che era accaduto, non pagò il ciabattino e andò via. Il calzolaio, confuso, si chiese che cosa stesse succedendo. Queste brutte vicende si ripeterono per tanto tempo ogni giorno. La sera il lavoro veniva terminato e l’indomani era disfatto. La moglie, insospettita, chiese al marito di nascondersi durante la notte per scoprire la verità. Fu così che, di nascosto, scoprirono degli “gnomi dispettosi” che a mezzanotte in punto entravano nel negozio del ciabattino e, cattivi e determinati, in quattro e quattr’otto distruggevano tutto. Allora il ciabattino e la moglie, la mezzanotte seguente, lasciarono la finestra della cucina aperta, così entrarono tutti gli uccellini del cielo che presero gli gnomi dispettosi e li ricondussero nel loro villaggio dove, ad attenderli, vi era il vecchio gnomo, capo del villaggio. Il vecchio gnomo si avvicinò agli gnomi dispettosi e disse loro: ”Cari miei, sono alquanto dispiaciuto, ho saputo che vi siete comportati proprio male con un povero ciabattino di un villaggio qui vicino” e consegnò loro centinaia di scarpe incomplete e rotte, intimandogli di completarle e sistemarle. Gli gnomi di giorno riparavano e completavano le scarpe e la mattina successiva le ritrovavano tagliate e bucate; ciò accadde per molti e molti anni...

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E il ciabattino e la moglie? Vi chiederete. Il ciabattino e la moglie vissero a lungo felici e contenti… e agli gnomi ci s’allegano i denti.

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FIABA MESCOLATA

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FIABA MESCOLATA

(DI CARLO MARLETTA)

C’era una volta un principe che voleva sposare una principessa vera. Girò tutto il mondo ma senza successo. Così, una notte buia e tempestosa, decise di tornare al suo castello, quando vide una bellissima fanciulla in lacrime che calzava una sola scarpetta di cristallo. Il principe si avvicinò quando, all’improvviso, saltò fuori una strega malvagia con una mela in mano. Questa si arrabbiò molto e fece un incantesimo al principe: lo trasformò in un rospo gigantesco che con quattro salti arrivò in un fitto bosco, dove incontrò una fanciulla dagli occhi azzurri come il mare. La giovane prese il rospo tra le sue mani, si chinò e lo baciò. L’incantesimo si sciolse e il rospo ritornò ad essere un bellissimo principe.

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POLLICINO

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POLLICINO

(DEI FRATELLI GRIMM)

La miseria e la carestia regnano nel paese. Un boscaiolo e sua moglie, non avendo più di che sfamare i loro sette figli, decidono di abbandonarli nel bosco. Il più piccolo dei fratelli, Pollicino, avendo udito per caso la conversazione dei genitori, si riempie le tasche di sassolini bianchi. Il giorno dopo, quando i genitori conducono i figli nella foresta con una scusa, Pollicino lascia cadere i sassolini dietro di sé; seguendo questa traccia riesce a riportare i fratelli a casa. Il giorno dopo la cosa si ripete, ma questa volta Pollicino ha a disposizione, per segnare il sentiero, solo briciole di pane, che vengono mangiate dagli uccelli. I sette fratellini, perduti nel bosco, chiedono ospitalità in uno stupendo palazzo. La padrona di casa decide di accoglierli ma li avverte che il marito è un orco che mangia i bambini, e nasconde i sette fratelli con cura per proteggerli. Quando il marito rientra, però, sente odore di "carne fresca" e presto scopre gli intrusi, decidendo di mandarli a morte il giorno successivo. Nel frattempo, Pollicino scopre che l'orco ha sette figlie, che egli ama tanto da aver donato a ciascuna di loro una coroncina. Nottetempo, si introduce nella camera delle orchette, sottrae loro le corone, e le appoggia sulla testa dei propri fratelli. L'orco, svegliatosi nella notte con l'intento di sgozzare i bambini, viene tratto in inganno dalla "sostituzione" e sgozza le proprie figlie. Pollicino e i suoi fuggono, e l'orco, avendo scoperto della tragedia avvenuta a causa dell'astuzia di Pollicino, indossa

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gli stivali delle sette leghe per raggiungere i bambini in fuga. Anche questa volta Pollicino lo supera in furbizia; aspettando che l'orco si addormenti, Pollicino gli ruba gli stivali e torna dalla moglie dell'orco. Le racconta che l'orco è stato rapito dai briganti che vogliono un riscatto. La donna dà tutto l'oro che possiede a Pollicino, che può tornare con i fratelli dal padre con denaro sufficiente a liberarli per sempre dalla fame.

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COME POLLICINO SPOSO’ UNA PRINCIPESSA

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COME POLLICINO SPOSO’ UNA PRINCIPESSA

(DI DANIELE SALERNO)

C’era un volta, un boscaiolo e sua moglie che avevano 7 figli, tutti maschi. Il più piccolo di questi non era più alto di un pollice, infatti lo chiamarono Pollicino. Pollicino non crebbe mai, rimase quel che era stato sin dal primo momento: era piuttosto stupido, non capiva e non imparava nulla. Vedendolo, la moglie diceva al marito: ”Sarà un bel peso per noi, caro marito.” Quando Pollicino divenne adulto, la moglie disse al marito:”Ascolta, caro marito mio, questo nostro figliuolo deve sposarsi, non possiamo mantenerlo per tutta la vita.” Egli rispose: ”Cara mogliettina, penso che sia un’ottima idea, ma non troveremo mai una fanciulla bassa quanto il nostro sventurato figliuolo”. La donna, nonostante le parole del marito, preparò il cavallo, salì insieme a Pollicino sul carretto e si diresse verso il bosco. Nel bosco incontrò un taglialegna, la donna gli raccontò la sua storia e gli chiese se sapesse dell’esistenza di una fanciulla piccina, piccina. L’uomo le disse che la regina del suo paese aveva portato, anni addietro, una principessa bellissima ma piccina, piccina, però il re e la regina, per vergogna, la tenevano chiusa in una stanza del palazzo reale. La donna ringraziò l’uomo e si diresse verso il palazzo del re di quel paese e di sua figlia. Camminarono tutta la notte e, alle prime luci del giorno, giunsero al palazzo reale. La principessina s’innamorò subito del suo piccolo corteggiatore e, di lì a poco, furono celebrate le nozze. Fu un pranzo nuziale in pompa magna, con molti ospiti e molte pietanze.

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Tutto procedette nel miglior modo, finché Pollicino e la sua mogliettina potettero mangiare dal piatto. Ma quando portarono una grande scodella piena di brodo di gallina, gli sposini per raggiungere il cibo, sedettero sul bordo della scodella. Ahimè! Di lì a poco caddero nella scodella e affogarono nel brodo di gallina. E … una gallina cantò:

“Chicchirichì, la storia anche se non vera

è finita qui, chicchirichì!”

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LA BELLA ADDORMENTATA

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LA BELLA ADDORMENTATA

(DEI FRATELLI GRIMM)

C’era una volta una bella principessa che, per l’incantesimo di una strega, dormiva da più di cento anni nella stanza di un castello, circondata da una fitta boscaglia di spine. Dopo molti anni giunse al castello un principe. Quando il giovane si avvicino alle siepi di rovi e di spine improvvisamente si apri un varco. Il principe penetrò nel fitto bosco ed entrò nel castello. Là trovò tutta la corte che dormiva, compresi il re e la regina giunse poi nella stanza della principessa. Appena la vide se ne innamorò, si chinò e le diede un bacio. Subito la fanciulla aprì gli occhi. In quello stesso istante anche tutti gli abitanti del castello si risvegliarono. Nel giro di pochi giorni, il principe e la principessa si sposarono e vissero felici e contenti.

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LA BRUTTA ARRABBIATA

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LA BRUTTA ARRABBIATA

(DI SIMONE GRECO)

C’era una volta un re e una regina che speravano di non aver un figlio. Un giorno però nacque una bambina ma non fecero nessuna festa e non invitarono le fate. Questa principessa non era mai contenta ed era brutta come un rospo, sempre arrabbiata e giocava solo in cucina con le padelle, nonostante il re e la regina le regalarono i giochi più meravigliosi. Un giorno venne una strega e le fece una maledizione, cioè: raggiunta l’età di ventidue anni, sarebbe morta pungendosi con un fuso. La principessa appena ebbe diciannove anni, pensò di andare dalla strega e rompergli una padella in testa. Passarono gli anni e un giorno, durante una passeggiata nel bosco, la principessa incontrò una vecchietta che lavorava con il fuso. La principessa le rubò il fuso e le diede una padellata in testa. Passavano gli anni e il re e la regina erano sempre più in pena per quella loro figlioletta così brutta e sempre arrabbiata. Nessuno nel regno, a causa delle arrabbiature della principessa, osava ridere. Ma un giorno il re e la regina, piangendo, scongiurarono la figlia di accennare un lieve sorriso e questa, per tutta risposta, li prese a padellate in testa. Accadde in quell’anno che il re e la regina decisero di condurre la figlia, ormai giovinetta, nel loro castello in campagna e la costrinsero a sposare un giovane principe. Si racconta che furono nozze oltre ogni dire, checché il principe dicesse, la principessa non gli dava retta, lo sgridava e lo prendeva sempre a padellate in testa.

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Si racconta che al castello il silenzio era tale che ciascun invitato poteva udire il proprio respiro. Si racconta che la principessa offrì alla corte confetti in padelle d’argento e, una volta vuote, le sbatté in testa agli invitati. Si racconta che ancora oggi il principe e la principessa, con tutta la corte, vivano nel vecchio castello, infelici e sempre più arrabbiati. Oh! Notate bene, la principessa non dorme neanche la notte, il suo chiodo fisso è quello di svegliare la servitù a colpi di padellate in testa.

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RICCIOLI D'ORO

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RICCIOLI D'ORO

(DI ROBERT SOUTHEY)

C'era una volta una bambina di nome Riccioli d'oro, un giorno la madre le disse: “Vai a prendere le fragole.” La bambina andò nel bosco, e camminando, ad un certo punto, scorse una casetta. Ci entrò e vide tre piatti pieni di zuppa, assaggiò la prima zuppa ed era amarissima, assaggiò la seconda zuppa ed era amara, assaggiò la terza zuppa ed era molto gustosa. Salì al piano di sopra e c'erano tre sedie, si sedette nella prima sedia ed era dura, si sedette nella seconda sedia ed era troppo morbida, si sedette nella terza sedia ed era giusta per lei. Era una sedia a dondolo e gli piaceva talmente tanto che il dondolio spezzò la sedia e cadde a terra, e disse: “Ora i padroni di casa si arrabbieranno parecchio con me!” Così salì al secondo piano e vide tre letti. Si coricò sul primo letto ed era duro, si coricò sul secondo ed era morbido, si coricò sul terzo ed era giusto per lei e ci stava talmente bene che si addormentò. Nel frattempo arrivarono i proprietari della casetta: mamma orsa, papà orso e il figlioletto orsettino. Quando arrivarono a casa papà orso si accorse che qualcuno era stato dentro casa e disse: “Chi ha mangiato la mia zuppa?” E mamma orsa. “Chi ha sporcato la tavola?” Il piccolo orso disse: “Chi si e' pappata la mia zuppa?” Salirono al piano di sopra e videro tutto scombinato il papà orso disse: “Chi ha toccato la mia sedia?” la mamma pure e il figlio orsettino disse piangendo: “Chi ha rotto la mia sedia?” Salirono al piano dove si dormiva e papà orso disse: “Chi ha buttato la mia coperta a terra?” La mamma orsa disse: “Chi ha scombinato i letti?”

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E il figlioletto si accorse che nel suo lettino ci dormiva qualcuno così chiamò la mamma e il papà. Nel frattempo Riccioli d'oro si svegliò e, vedendo gli orsi, scappò via. l'orsetto allora disse: “Non scappare così, dimmi almeno il tuo nome!” Ma riccioli d'oro scappò a gambe levate... E per farsi perdonare fece una bella crostata di miele e mele, che portò a casa degli orsi, ormai diventati amici.

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L'ORSO VA IN CITTA'

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L'ORSO VA IN CITTA'

(DI NOEMI TACITO)

C'era una volta... una famiglia di orsi che vivevano in una grotta nel bel mezzo del bosco. Un giorno papà chiamò tutta la sua famiglia, ma mancava all'appello l'orso più piccolo di nome Billy. Billy era stato fin dal primo momento, un orso molto intelligente ed intraprendente, da sempre aveva espresso il desiderio di abbandonare il bosco e recarsi in città. Tutto iniziò un giorno, l'orso Billy si trovava nel bosco e sentì due cacciatori che parlavano fra loro, raccontavano di belle case, con tavoli, sedie e letti enormi e comodi. Raccontavano di belle fanciulle vestite a festa. Da quel giorno, l'orso Billy aveva un solo un chiodo fisso: la città. Fu così che alla prima occasione si nascose nella macchina dei cacciatori e si recò in città. Giunto in città, dapprima fu assalito da una terribile paura, troppe macchine, più volte cercò di finire sotto una di esse, troppi rumori, la sua testa andava in tilt, ma finalmente vide una casetta.

“Era una casa molto carina con un soffitto e una bella cucina

si poteva entrare dentro e c'era un bel pavimento...

Era bella,bella davvero in via dei matti numero 0.”

(V. De Moraes)

Sull'uscio della casetta vi era una graziosa bambina dai riccioli d'oro, la piccina incitò l'orso ad entrare. Gli offrì una calda zuppa, lo fece sedere su una bella sedia e gli propose di riposarsi in un comodo letto.

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Quando l'orso si svegliò, ringraziò la bella piccina ma preferì ritornare nel bosco, dove ad attenderlo vi era la sua famiglia. Raccontò loro, che la città era bellissima ma scomodissima. Disse che la zuppa non era squisita, il miele lo era molto di più, la sedia era piccola, sedersi sull'erba era di gran lunga più comodo, per non parlare del letto così piccolo e corto, dormire per terra era piacevolissimo. A quel punto papà orso e mamma orsa lo abbracciarono forte, forte e vissero per sempre nel bosco felici e contenti.

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IL PRINCIPE ROSPO

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IL PRINCIPE ROSPO

(DEI FRATELLI GRIMM)

C'era una volta un re che aveva tanta figlie la più piccola un giorno si era fermata presso una sorgente. Mentre giocava gli cadde la pallina d'oro nell'acqua profonda e si mise a piangere. Allora mentre piangeva spuntò un ranocchio e gli disse: “Non piangere, se mi prometti che mi farai mangiare a tavola con tè e mi farai dormire sul tuo letto, ti ripesco la pallina d'oro. La principessa gli rispose di si, allora il rospo si tuffò e riemerse con la pallina e la diede alla principessa. Questa non ringraziò e se ne andò al palazzo. Dopo un po’, il rospo bussò alla porta della principessa per reclamare quanto promessogli. La principessa lo stava cacciando via, quando intervenne il re e, saputa la storia, obbligò la figlia a mantenere la promessa. Così la principessa fece mangiare mal volentieri il rospo sul suo piatto è lo porto nella sua stanza per farlo dormire sul suo letto. Quando poggiò il rospo sul piumino del letto, accade una cosa fantastica: il rospo si trasformò in un bellissimo principe dagli occhi azzurri e disse alla principessa: “Un incantesimo mi ha trasformato in rospo e tu con la tua promessa lo hai rotto.” Allora il principe per ringraziare, chiese alla principessa di sposarlo dicendo che anche un povero rospo ha un cuore d'oro.

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IL PRINCIPE RANOCCHIO

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IL PRINCIPE RANOCCHIO

(DI LORENZO MAGNANO)

C'era una volta un re molto egoista che aveva sette figlie tutte graziose tranne la più piccola che era al quanto brutta: era calva, aveva un’enorme bocca e degli occhi che sembravano uscire dalle orbite. La principessa, però, era la più affettuosa e gentile delle figlie. Un giorno la principessa si recò vicino ad uno stagno ed incontrò il rospo. -Vuoi giocare con me?- chiese la piccina al rospo. -Ma certo!- esclamò questi che non credeva alle sue orecchie. Il rospo e la principessa iniziarono a giocare con una pallina d'oro, ad un certo punto la pallina cadde in acqua, la principessa allungò la mano per ripescarla ma sparì nell'acqua profonda nella sorgente. Il rospo si tuffò, ripescò la giovane e la rianimò. La principessa ringraziò il rospo che gentilmente gli propose di seguirla al suo castello. Quando il re vide la figlia accompagnata dal rospo, le ordinò di cacciarlo via ma ella, di nascosto dal padre, lo portò nella sua stanza e lo adagiò sul suo lettino. Meraviglia delle meraviglie, il rospo consegnò alla principessa una bacchetta magica. La fanciulla afferrò con entusiasmo la bacchetta ed iniziò a trasformare tutto quello che trovava accanto a lei. Il suo aspetto divenne meraviglioso, si trasformò in una bella fanciulla dai capelli biondi e lucidi, il suo babbo divenne buono e gentile, le sue sorelle divennero calve e brutte, e il rospo si trasformò in un giovane ed elegante principe. La principessa e il principe rospo (lo chiamarono sempre così) si sposarono...e vissero a lungo felici e contenti.

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SOGNI SON DESIDERI…

Londra, in una giornata di foschia, nacque Kate: una bimba paffutella con grandi occhi e con la manina sempre alzata a salutare come una regina, anzi sembrava proprio regale nel suo n modo di fare. Il padre della bimba era un pilota d’aereo e la madre un’hostess, si erano innamorati su un volo, tra le nuvole che sovrastavano il cielo di Londra. La loro bambina, Kate, fin dalla sua prima recita all’asilo, manifestava il desiderio di diventare principessa. Così, durante i suoi giochi, negli anni in cui diventò una signorina, i suoi racconti preferiti erano quelli sulla nascita del figlio di lady Diana: il principe William. Ben presto la sua cameretta era tappezzata di tutte le foto di William. Anche la madre di Kate, donna ambiziosa, decise di assecondare il sogno della figlia: diventare la principessa d’Inghilterra. Kate si iscrisse allo stesso college di William, il principino sembrava ignorarla ma, durante una sfilata di moda, il suo sguardo incontrò quello ammaliante di Kate. Così William se ne innamorò perdutamente. I fotografi di tutta Londra cominciarono a fotografarli insieme, fin dalle prime uscite tutti rotocalchi parlavano della loro storia. William un giorno lasciò Kate per la vita militare, e Kate si disperò ma, grazie al suo mezzo magico, ovvero i suoi grandi occhi, riuscì a riconquistarlo. I due giovani si sposarono il 29 aprile del 2011, sfilarono su una carrozza trainata da quattro cavalli bianchi, che attraversò tutte le vie di Londra. Kate salutava il popolo con la manina alzata, come faceva già sin dai suoi primi giorni di vita: in modo elegante e regale e… il suo sogno divenne, così, realtà.

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I LUOGHI DELLE FIABE