XI Congresso Nazionale IGIIC – Lo Stato dell’Arte ......2015/11/03  · e per la prima volta...

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Il dipinto e le sue vicende storiche Il doppio ritratto con Bernardino Campi che ritrae Sofonisba Anguissola appartenente alla Pinacoteca Nazionale di Siena (Inv. 437) è un olio su tela che misura 111 x 109,5 cm, con cornice sagomata e dorata (fig. 1). La tela è arrivata alla Pinacoteca di Siena con la collezione Spannocchi: attribuita tradizio- nalmente ad un anonimo pittore di ambito veneto del XVI, fu grazie a Giovanni Morelli che nel 1890 vennero identificati i personaggi in essa raffigurati e per la prima volta fatto il nome di Sofonisba Anguissola: nel 1907 Bernard Berenson confermò quanto sostenuto dal suo illustre predecessore. Una composizione travagliata Nel 2012, grazie ad una convenzione stipulata tra la Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici di Siena e Grosseto e la Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell'Università degli Studi di Siena, si è potuto procedere ad una campagna di indagini approfondita volta a chiarire la genesi del dipinto e le trasformazioni apportate alla composizione dall’artista durante la sua realizzazione. Le indagini non invasive, sono state effettuate in situ, ed hanno affiancato le già citate radiografie: sono consistite in riprese riflettografiche IR, riprese in falsi colori, riprese della luminescenza UV, stereomiscroscopia ottica ed indagini della Fluorescenza di Raggi X (XRF). In una prima versione, la figura di Sofonisba aveva il braccio sinistro piegato verso l’alto con la mano sul petto ed al polso portava un ricco bracciale in oro e pietre preziose, assente nella redazione definitiva. Con il braccio in questa posizione, la mano di Sofonisba era seminascosta dal polso di Bernardino (figg. 8 e 9): per risolvere il problema, la collocazione dell’avambraccio venne variata dal gomito in giù, ridipingendo una nuova mano che stringe un guanto, a sfiorare il margine inferiore della tela sul cavalletto. Cronaca di un restauro: 1996 - 2002 Alla fine degli anni ‘70 del secolo scorso il quadro fu rintelato e fornito di un nuovo telaio, mentre non risulta siano state effettuate operazioni sulla superficie pittorica. Alla metà degli anni novanta si decise di intraprendere un nuovo intervento, questa volta teso a ripristinare la fruibilità del dipinto (fig. 2). Il restauro iniziò nel 1996 presso il Laboratorio di Restauro della Pinacoteca Nazionale di Siena ad opera di Elena Pinzauti e venne terminato l’anno successivo. Con i primi saggi di pulitura cominciò a chiarirsi l’effettivo stato di conservazione dell’opera e della superficie pittorica (fig. 3): quantità, dislo- cazione e morfologia delle lacune emerse al di sotto dei ritocchi e delle ridipinture, suggerirono che l’opera avesse subito in precedenza un evento trau- matico incidentale o fosse stata conservata per un lungo periodo di tempo senza telaio. Contestualmente al di sotto di una evidente ridipintura nera, emerse il colore originale dell’abito di Sofonisba, di un rosso vivace impreziosito da impunture a filo d’oro; altri saggi ese- guiti sulla capigliatura, mettevano in evidenza l’occultamento di una raffinata acconciatura con perline, come pure i pizzi del colletto, assai semplificati nella “versione nera” , apparivano più ricchi e preziosi. Inoltre con la pulitura ritornava in luce il pen- nello tenuto in mano da Bernardino, occultato nel rifacimento, restituendo così l’originale significato al gesto del pittore. Ma la scoperta più interessante è stata l’apparizione del “terzo braccio” di Sofonisba: in questo caso tutto lasciava intendere che si trattasse di un pentimento autografo riemerso a causa dei suddetti pregressi problemi conservativi, anch’esso occul- tato con il rifacimento dell’abito (fig. 4), motivo per cui si decise di sottoporre il dipinto ad un esame radiografico presso i la- boratori dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze (fig. 5). Il risultato della radiografia confortò l’ipotesi che si trattasse proprio di una variante in corso d’opera: alla luce di queste sco- perte, nell’intervento del 1996 si decise di riportare in vista tutto l’abito rosso, compreso l’avambraccio e la mano riapparsi. Il dipinto è stato esposto così fino al 2002, quando, si considerò che in effetti la presenza di due mani sinistre in vista, generava una certa perplessità e confusione nell’interpretazione della composizione (fig. 6): si ritenne opportuno allora, eseguire una leggera velatura con lacca rossa, per ovviare al problema: fu sufficiente collegare per pochi centimetri il gomito con la mano che tiene il guanto, e velare il polsino e l’avambraccio riemersi della prima versione, ripristinando in questo modo l’ultima versione dell’artista, quindi quella rispondente alla sua volontà (fig. 7). il ritratto di Bernardino Campi che ritrae Sofonisba Anguissola dal restauro alla ricostruzione della genesi Anna Maria Guiducci*, Mario Amedeo Lazzari**, Laura Martini***, Curzio Merlo**, Elena Pinzauti**** * Coordinatrice Pinacoteca nazionale di Siena - Soprintendenza per il Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le Province di Siena e Grosseto, Via del Capitano 1, 53100 Siena - 0577 281161 [email protected] ** Docenti, Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici Università degli Studi di Siena, Via Roma, 56 - Villa Glicine, 53100 Siena, 0577 233536 [email protected] *** Curatrice pittura sec. XVI - XVII Pinacoteca nazionale di Siena - Soprintendenza per il Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le Province di Siena e Grosseto, Via del Capitano 1, 53100 Siena - 0577 281161 [email protected] **** Funzionario Restauratore Conservatore - Soprintendenza per il Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le Province di Siena e Grosseto, Via del Capitano 1, 53100 Siena - 0577 281161 [email protected] XI Congresso Nazionale IGIIC – Lo Stato dell’Arte – Accademia delle Belle Arti di Bologna, 10-12 ottobre 2013 L’analisi dei pigmenti, effettuata tramite XRF, ha evidenziato come gli incarnati siano costituiti da biacca unita con terre rosse e piccole quantità di cinabro, soprattutto nelle guance, labbra e nei mezzi toni delle mani. L’abito di Sofonisba è realizzato con una base di cinabro e biacca su cui è stata stesa una velatura di lacca rossa, non rilevata strumentalmente; la presenza di rame suggerisce l’uso di resinato per ottenere gli scuri e probabilmente quello che era l’effetto “velluto” della stoffa, ormai in gran parte perduto. Verde a base di rame, unito a terre rosse e/o ossidi di ferro e biacca formano il colore di fondo della tela su cui Bernardino dipinge il ritratto dell’allieva, elementi che costituiscono anche il colore del fondo del dipinto vero e proprio, anche se qui è presente una maggiore quantità di manganese (terre brune) e verosimilmente di nerofumo (quest’ultimo, organico, non rilevabile stru- mentalmente); il nero organico costituisce anche il colore fondamentale dell’abito del pittore, unito a terre e biacca. I capelli di Sofonisba ed il legno del cavalletto su cui poggia la tela sono costituiti entrambi sostanzialmente da terre, con un incremento di verde a base di rame in quest’ultimo, a conferirne un tono più scuro. Le indagini radiografiche e riflettografiche hanno evidenziato inoltre, tutta una serie di correzioni minori apportate alla composizione in corso d’opera. In una primo tempo, il colletto bianco di Sofonisba aveva una foggia diversa e copriva una porzione di collo maggiore rispetto alla redazione finale; il bavero rosso invece è stato ampliato e prolungato verso il basso, mentre è stata eliminata la parte che correva lungo la nuca (figg. 10 e 11). Il profilo delle spalle è ribassato, e sotto la mano sinistra, invece dei guanti, appare un oggetto obliquo di forma geometrica: forse la tavolozza tenuta in mano dal Campi nella prima versione dell’opera, e che dava un notevole impulso tridimensionale alla composizione. In fine va notato come i volti nelle radiografie, presentino lineamenti diversi rispetto alle stesure finali, più naturali, dovuti al fatto che nella primo abbozzo l’artista è principalmente concentrato sulla riproduzione fedele delle caratteristiche somatiche, quindi legato al soggetto vero, con i suoi even- tuali difetti: il processo di idealizzazione ed i condizionamenti degli stilemi caratteristici dell’epoca fanno il loro ingresso solo nella seconda fase e con le finiture. Figura 5. Radiografia (totale). Figure 1 e 2. Il dipinto nello stato attuale e prima della pulitura del 1996 GRAFICA|FORMAT Figura 6 . Il dipinto nel periodo 1997- 2002. Figura 8. Ricostruzione digitale della prima versione con indicata l’ipotetica posizione della tavolozza Figura 9. Particolare radiografico della zona sotto il braccio di Bernardino Campi. Figura 7. Luminescenza UV dell’intervento di correzione del 2002. Figure 3 e 4. I saggi di pulitura e durante la rimozione del rifacimento dell’abito Figure 10 e 11. Radiografia e riflettografia IR del volto di Sofonisba Anguissola Figure 12 e 13. Radiografia e riflettografia IR del volto di Bernardino Campi La variante venne realizzata “alla prima” direttamente sulla stesura di colore sottostante: il braccio fu dipinto con una velatura di lacca rossa e poco colore a corpo, senza considerare il fatto che l’assestamento legante- pigmento nel corso del tempo avrebbe prodotto un aumento di trasparenza della stesura, provocando la parziale riemersione del primo braccio; la mano, rea- lizzata invece con un colore a base di biacca, come di consuetudine per gli incarnati, pur impoverita nelle finiture, ha mantenuto un effetto coprente rispetto agli strati di colore inferiori. Durante un vecchio inter- vento di restauro, questa correzione autografa fu in- cautamente rimossa, ed il restauratore, trovandosi un personaggio con tre braccia, decise di risolvere la que- stione in modo radicale, ma in linea con la prassi del tempo: coprì quindi il braccio venuto in luce, vestendo Sofonisba di nero così da occultare il tutto sopra ogni dubbio.

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Il dipinto e le sue vicende storiche Il doppio ritratto con Bernardino Campi che ritrae Sofonisba Anguissola appartenente alla Pinacoteca Nazionale di Siena (Inv. 437) è un olio su tela chemisura 111 x 109,5 cm, con cornice sagomata e dorata (fig. 1). La tela è arrivata alla Pinacoteca di Siena con la collezione Spannocchi: attribuita tradizio-nalmente ad un anonimo pittore di ambito veneto del XVI, fu grazie a Giovanni Morelli che nel 1890 vennero identificati i personaggi in essa raffiguratie per la prima volta fatto il nome di Sofonisba Anguissola: nel 1907 Bernard Berenson confermò quanto sostenuto dal suo illustre predecessore.

Una composizione travagliataNel 2012, grazie ad una convenzione stipulata tra la Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici di Siena e Grosseto e la Scuola diSpecializzazione in Beni Storico Artistici dell'Università degli Studi di Siena, si è potuto procedere ad una campagna di indagini approfondita volta achiarire la genesi del dipinto e le trasformazioni apportate alla composizione dall’artista durante la sua realizzazione. Le indagini non invasive, sono stateeffettuate in situ, ed hanno affiancato le già citate radiografie: sono consistite in riprese riflettografiche IR, riprese in falsi colori, riprese della luminescenzaUV, stereomiscroscopia ottica ed indagini della Fluorescenza di Raggi X (XRF).In una prima versione, la figura di Sofonisba aveva il braccio sinistro piegato verso l’alto con la mano sul petto ed al polso portava un ricco bracciale inoro e pietre preziose, assente nella redazione definitiva. Con il braccio in questa posizione, la mano di Sofonisba era seminascosta dal polso di Bernardino(figg. 8 e 9): per risolvere il problema, la collocazione dell’avambraccio venne variata dal gomito in giù, ridipingendo una nuova mano che stringe unguanto, a sfiorare il margine inferiore della tela sul cavalletto.

Cronaca di un restauro: 1996 - 2002Alla fine degli anni ‘70 del secolo scorso il quadro fu rintelato e fornito di un nuovo telaio, mentre non risulta siano state effettuate operazioni sullasuperficie pittorica. Alla metà degli anni novanta si decise di intraprendere un nuovo intervento, questa volta teso a ripristinare la fruibilità del dipinto(fig. 2). Il restauro iniziò nel 1996 presso il Laboratorio di Restauro della Pinacoteca Nazionale di Siena ad opera di Elena Pinzauti e venne terminato l’annosuccessivo. Con i primi saggi di pulitura cominciò a chiarirsi l’effettivo stato di conservazione dell’opera e della superficie pittorica (fig. 3): quantità, dislo-cazione e morfologia delle lacune emerse al di sotto dei ritocchi e delle ridipinture, suggerirono che l’opera avesse subito in precedenza un evento trau-matico incidentale o fosse stata conservata per un lungo periodo di tempo senza telaio.

Contestualmente al di sotto di una evidente ridipintura nera,emerse il colore originale dell’abito di Sofonisba, di un rossovivace impreziosito da impunture a filo d’oro; altri saggi ese-guiti sulla capigliatura, mettevano in evidenza l’occultamentodi una raffinata acconciatura con perline, come pure i pizzi delcolletto, assai semplificati nella “versione nera”, apparivano piùricchi e preziosi. Inoltre con la pulitura ritornava in luce il pen-nello tenuto in mano da Bernardino, occultato nel rifacimento,restituendo così l’originale significato al gesto del pittore.Ma la scoperta più interessante è stata l’apparizione del “terzobraccio” di Sofonisba: in questo caso tutto lasciava intendereche si trattasse di un pentimento autografo riemerso a causadei suddetti pregressi problemi conservativi, anch’esso occul-tato con il rifacimento dell’abito (fig. 4), motivo per cui si decisedi sottoporre il dipinto ad un esame radiografico presso i la-boratori dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze (fig. 5).Il risultato della radiografia confortò l’ipotesi che si trattasseproprio di una variante in corso d’opera: alla luce di queste sco-perte, nell’intervento del 1996 si decise di riportare in vistatutto l’abito rosso, compreso l’avambraccio e la mano riapparsi.Il dipinto è stato esposto così fino al 2002, quando, si consideròche in effetti la presenza di due mani sinistre in vista, generavauna certa perplessità e confusione nell’interpretazione dellacomposizione (fig. 6): si ritenne opportuno allora, eseguire unaleggera velatura con lacca rossa, per ovviare al problema: fusufficiente collegare per pochi centimetri il gomito con lamano che tiene il guanto, e velare il polsino e l’avambraccioriemersi della prima versione, ripristinando in questo modol’ultima versione dell’artista, quindi quella rispondente alla suavolontà (fig. 7).

il ritratto di Bernardino Campiche ritrae Sofonisba Anguissola

dal restauro alla ricostruzione della genesiAnna Maria Guiducci*, Mario Amedeo Lazzari**, Laura Martini***, Curzio Merlo**, Elena Pinzauti****

* Coordinatrice Pinacoteca nazionale di Siena - Soprintendenza per il Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le Province di Siena e Grosseto, Via del Capitano 1, 53100 Siena - 0577 281161 [email protected]

** Docenti, Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici Università degli Studi di Siena, Via Roma, 56 - Villa Glicine, 53100 Siena, 0577 233536 [email protected]

*** Curatrice pittura sec. XVI - XVII Pinacoteca nazionale di Siena - Soprintendenza per il Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le Province di Siena e Grosseto, Via del Capitano 1, 53100 Siena - 0577 281161 [email protected]

**** Funzionario Restauratore Conservatore - Soprintendenza per il Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le Province di Siena e Grosseto, Via del Capitano 1, 53100 Siena - 0577 281161 [email protected]

XI Congresso Nazionale IGIIC – Lo Stato dell’Arte – Accademia delle Belle Arti di Bologna, 10-12 ottobre 2013

L’analisi dei pigmenti, effettuata tramite XRF, ha evidenziato come gli incarnati siano costituiti da biacca unita con terre rosse e piccole quantità dicinabro, soprattutto nelle guance, labbra e nei mezzi toni delle mani. L’abito di Sofonisba è realizzato con una base di cinabro e biacca su cui è statastesa una velatura di lacca rossa, non rilevata strumentalmente; la presenza di rame suggerisce l’uso di resinato per ottenere gli scuri e probabilmentequello che era l’effetto “velluto” della stoffa, ormai in gran parte perduto. Verde a base di rame, unito a terre rosse e/o ossidi di ferro e biacca formano ilcolore di fondo della tela su cui Bernardino dipinge il ritratto dell’allieva, elementi che costituiscono anche il colore del fondo del dipinto vero e proprio,anche se qui è presente una maggiore quantità di manganese (terre brune) e verosimilmente di nerofumo (quest’ultimo, organico, non rilevabile stru-mentalmente); il nero organico costituisce anche il colore fondamentale dell’abito del pittore, unito a terre e biacca. I capelli di Sofonisba ed il legno delcavalletto su cui poggia la tela sono costituiti entrambi sostanzialmente da terre, con un incremento di verde a base di rame in quest’ultimo, a conferirneun tono più scuro.

Le indagini radiografiche e riflettografiche hanno evidenziato inoltre, tutta una serie di correzioni minori apportate alla composizione in corso d’opera.In una primo tempo, il colletto bianco di Sofonisba aveva una foggia diversa e copriva una porzione di collo maggiore rispetto alla redazione finale; ilbavero rosso invece è stato ampliato e prolungato verso il basso, mentre è stata eliminata la parte che correva lungo la nuca (figg. 10 e 11). Il profilodelle spalle è ribassato, e sotto la mano sinistra, invece dei guanti, appare un oggetto obliquo di forma geometrica: forse la tavolozza tenuta in manodal Campi nella prima versione dell’opera, e che dava un notevole impulso tridimensionale alla composizione.

In fine va notato come i volti nelle radiografie, presentino lineamenti diversi rispetto alle stesure finali, più naturali, dovuti al fatto che nella primoabbozzo l’artista è principalmente concentrato sulla riproduzione fedele delle caratteristiche somatiche, quindi legato al soggetto vero, con i suoi even-tuali difetti: il processo di idealizzazione ed i condizionamenti degli stilemi caratteristici dell’epoca fanno il loro ingresso solo nella seconda fase e conle finiture.Figura 5. Radiografia (totale).

Figure 1 e 2. Il dipinto nello stato attuale e prima della pulitura del 1996

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Figura 6 . Il dipinto nel periodo 1997- 2002.

Figura 8. Ricostruzione digitale della prima versionecon indicata l’ipotetica posizione della tavolozza

Figura 9. Particolare radiografico della zona sotto ilbraccio di Bernardino Campi.

Figura 7. Luminescenza UV dell’intervento di correzione del 2002.

Figure 3 e 4. I saggi di pulitura e durante la rimozione del rifacimento dell’abito

Figure 10 e 11. Radiografia e riflettografia IR del volto di Sofonisba Anguissola Figure 12 e 13. Radiografia e riflettografia IR del volto di Bernardino Campi

La variante venne realizzata “alla prima” direttamentesulla stesura di colore sottostante: il braccio fu dipintocon una velatura di lacca rossa e poco colore a corpo,senza considerare il fatto che l’assestamento legante-pigmento nel corso del tempo avrebbe prodotto unaumento di trasparenza della stesura, provocando laparziale riemersione del primo braccio; la mano, rea-lizzata invece con un colore a base di biacca, come diconsuetudine per gli incarnati, pur impoverita nellefiniture, ha mantenuto un effetto coprente rispettoagli strati di colore inferiori. Durante un vecchio inter-vento di restauro, questa correzione autografa fu in-cautamente rimossa, ed il restauratore, trovandosi unpersonaggio con tre braccia, decise di risolvere la que-stione in modo radicale, ma in linea con la prassi deltempo: coprì quindi il braccio venuto in luce, vestendoSofonisba di nero così da occultare il tutto sopra ognidubbio.