X LA TERRA DIMEZZO - Politecnico di Milano · 2020. 2. 27. · x la terra dimezzo tesi di: martin...

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X LA TERRA DIMEZZO Tesi di: MARTIN DI PIETRO SCUOLA DEL DESIGN POLITECNICO DI MILANO A.A. 2018-2019 Relatore: PROF. MARCO RONCHI Correlatore: PROF.SSA NEVA GANZERLA LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE COME LEVA PER ORIENTARE IN MODO STRATEGICO IL CONSUMO ALIMENTARE VERSO SCELTE CRUELTY-FREE

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  • X LA TERRA DIMEZZO

    Tesi di: MARTIN DI PIETRO

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    A.A. 2018-2019

    Relatore: PROF. MARCO RONCHICorrelatore: PROF.SSA NEVA GANZERLA

    LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALECOME LEVA PER ORIENTAREIN MODO STRATEGICO IL CONSUMO ALIMENTARE VERSO SCELTE CRUELTY-FREE

  • Tesi di Martin Di PietroMatricola 895711Corso di Laurea Magistrale in Design della Comunicazione,A.A. 2018-2019, appello di laurea del 18 Dicembre 2019.Relatore: Prof. Marco RonchiCorrelatore: Prof.ssa Neva Ganzerla

  • A Rocky (detto Rocco),il quale mi ha insegnato che la luce della vita ha un valore più grande dell’ombra che crea.

  • Indice/ 1. 2. 3.

    RicercaAbstract Analisi Progetto1.1 I problemi legati al consumo di prodotti animali, per i vegani

    1.1.1 Ambiente 1.1.2 Salute 1.1.3 Etica

    1.2 Il sentiment negativo verso i vegani

    1.2.1 La dissonanza cognitiva: amare gli animali e mangiarli 1.2.2 La reattanza psicologica: «faccio tutto ciò che non vuoi» 1.2.3 Il fenomeno "Vegano stammi lontano"

    2.1 Immersione

    2.1.1 Impostazione dello strumento di indagine 2.1.2 Risultati del questionario

    2.2 Insights

    2.2.1 L'importanza di non chiamarsi Vegan 2.2.2 La leva di marketing

    2.3 Case study: Beyond Meat

    2.3.1 La vera leva 2.3.2 La giusta strategia 2.3.3 Verso l'infinito e oltre

    2.4 Case study: Dott.ssa Silvia Goggi

    2.4.1 Plant-based is the new Vegan 2.4.2 La mia famiglia mangia green

    2.5 La domanda

    3.1 Posizionamento di mercato

    3.1.1 Market analysis 3.1.2 Product/service analysis 3.1.3 Target analysis

    3.2 Advocacy

    3.2.1 Value proposition 3.2.2 Naming e brand style 3.2.3 Promessa 3.2.4 Prospettiva 3.2.5 Messa a terra 3.2.6 Il fine

    3.3 Digital strategy

    3.3.1 Scopo e obiettivi 3.3.2 Insights 3.3.3 Concept e messaggio 3.3.4 Media mix 3.3.5 Funnel 3.3.6 User Journey 3.3.7 Digital strategy matrix 3.3.8 Piano editoriale

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  • / Ringraziamenti

    / Sitografia

    / Bibliografia

    / Filmografia

    / Indice delle figure

    / Reason whypag. 160pag. 169

    pag. 167

    pag. 158

    pag. 162

    pag. 163

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    The thesis wants first to analyze all the motivations that push the vegans to assume their lifestyle and that make them classify among the most hated categories of the last years; then, through an in-depth analysis, to explain how the problem of the vegan movement is linked to its identity, therefore to the perception that external people have of vegans. In particular, the name Vegan will be put to the gallows as a good bearer of an inquisitorial, exclusive, and therefore discriminating mind. So if the initial intention was to help the vegan movement to communicate more effectively, the final project will respond to this need by moving veganism directly to the bench and bringing all its values back into a new container, a brand with a new positioning market and a new identity, which comes to life thanks to the design of a digital strategy.

    The project is called "Per la Terra di-mezzo" with a naming designed to allude to the marketing lever that is eco-sustainability and to its central values , which are concreteness, inclusiveness, and co-participation.

    La tesi vuole in primo luogo analizzare tutte le motivazioni che spingono i vegani ad assumere il loro stile di vita e che li fanno classificare tra le categorie più odiate degli ultimi anni; poi, attraverso un’analisi approfondita, spiegare come il problema del movimento vegan, sia legato proprio alla sua identità, quindi alla percezione che le persone esterne hanno dei vegani. In particolare il nome Vegan verrà messo alla forca, poiché portatore sano di un mind inquisitorio, esclusivo e quindi discriminante. Se quindi l’intenzione iniziale era quella di aiutare il movimento vegan a comunicare in modo più efficace, il progetto finale risponderà a questa esigenza spostando direttamente in panchina il veganesimo e riportando tutti i suoi valori in un nuovo contenitore, un brand con un nuovo posizionamento di mercato e una nuova identità, che prende vita grazie alla progettazione di una strategia digitale.

    Il progetto si chiama infatti "Per la Terra di-mezzo", con un naming studiato per alludere alla leva di marketing che è l’eco-sostenibilità e a suoi valori principali che sono la concretezza, l’inclusività e la compartecipazione.

    / Abstract

    ABSTRACT

  • Ricerca1.

  • 1.1 I problemi legati al consumo di prodotti animali, per i Vegani

    I problemi non sono mai semplici, a ltrimenti sarebbero già stati risolti; i problemi sono raramente circoscriv ibi l i ad una singola causa e raramente generano una sola conseguenza. Questa regola è spesso proporzionalmente correlata alla quantità di interventi che un oggetto subisce da un soggetto, un ciclo da un’incognita, la natura dall’uomo. Anche in questioni più profonde che riguardano l’etica, dove non sono i numeri ad assumere importanza, quanto piut tosto la coerenza e l’integrità morale, i problemi possono complicarsi, subire classificazioni; basti pensare alle quantità di leggi che sono state create per differenziare un tipo di omicidio da un altro rispetto al disvalore univoco che viene dato all’uccisione di un uomo da chiunque non si occupi di Giurisprudenza.Il consumo di animali (e dei loro derivati) da parte degli esseri umani, per quanto sia una pratica accettata e promossa da millenni e da quasi la totalità delle "nostre" culture, inizia ad essere denunciata da sempre un maggior numero di comunità (animalisti, vegetariani, vegani ecc.ecc.). Il motivo che spinge queste ultime ad adottare uno stile di vita privo di prodotti animali non è solamente di tipo etico. Il consumo di carne, pesce, latticini e uova comporta anche gravi problemi alla salute umana e genera gravi danni ecologici.

    Il "problema" del consumo di animali non si può dire sia stato preso in esame solo negli ultimi anni, poiché Pitagora già nel vi secolo a.c. scelse di adottare e professare uno stile di vita vegetariano; poi nel corso della storia sposarono la stessa filosofia molti personaggi famosi tra i quali Leonardi Da Vinci, Lev Tolstoi e Mohandas "Mahatma" Gandhi. Pitagora e questi ultimi, ovviamente, scelsero di non mangiare la carne per motivi principalmente etici.Come detto prima, le scelte etiche, rispetto ad altre, sono quasi sempre scelte di integrità. Chi sceglie di non togliere la vita, non giustifica nessun tipo di pratica che abbia quel fine: per integrità morale non esiste un modo "etico" di uccidere. Non si può negare però che l’entrata in gioco dell’industria nel campo alimentare, per esigenze legate alla propria "natura" di massimizzazione produttiva, abbia complicato il problema etico così che, come detto prima, una scelta di integrità e di principio morale si complichi e si suddivida in ulteriori categorie (come il maltrattamento, la "morte cosciente", la tortura, ma come vedremo anche la "fame nel mondo").Quindi l’etica, l’ecosostenibilità e la salute umana, sono le tre grandi categorie che racchiudono i diversi problemi legati al consumo di prodotti animali e che han fatto nascere e crescere le comunità di vegetariani e vegani.

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    Quando si parla di grandi numeri, il modo più efficace di interpretarli è quello di paragonarli ad un’azione quotidiana, che potremmo compiere e/o abbiamo compiuto più volte nella vita.Se dovessimo parlare per esempio di quanto un semplice hamburger possa consumare in termini di risorse, potremmo paragonare il suo consumo d’acqua al consumo dato da un’azione pratica e necessaria come lavarsi sotto la doccia. Ancora meglio sarebbe chiedersi quale opportunità ci potrebbe precludere un’azione affamata di risorse in un previsto futuro (ormai presente) in cui le risorse stesse iniziano a non essere più disponibili ed accessibili, ad esempio: Rinunceresti a lavarti per 2 mesi in cambio di un hamburger (un hamburger consuma l’acqua equivalente a due mesi di docce1)? oppure Rinunceresti ad un viaggio in una

    capitale europea in cambio di una bistecca? (la produzione di un hamburger ha la stessa carbon footprint di un viaggio di 515 Km in macchina2)?.Questa è la strategia utilizzata nell’infografica d i Lu ke Jones per i l document a r io "Cowspiracy".3Come mostrato nella Figura 1.1 il consumo di prodotti animali, di carne e pesce soprattutto, ha delle conseguenze devastanti sull’ambiente terrestre. In termini di consumo di risorse, questa dieta non è sostenibile.Il problema ambientale legato al consumo di prodotti animali è quel tipo di problema che, come detto all’inizio, non è circoscrivibile attorno ad una sola causa e non produce tantomeno una sola conseguenza. Ogni singola causa di inquinamento è preoccupante, ma è nell’insieme che diventa spaventosa. Inquina mento del l’a r ia e del l’acqua,

    1.1.1 AMBIENTE

    1 Andersen & Kuhn (2014)2 cfr. Kateman, (2017)3 Andersen & Kuhn, op. cit.

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    CLIMATE CHANGEGLOBAL GREENHOUSEGAS EMISSION ANIMAL AND INSECT SPECIESARE LOST EVERY DAY FROM

    RAINFOREST DESTRUCTION

    LANS ISDESERTIFIED DUETO LIVESTOCK

    ANIMAL AGRICULTURE IS THE LEADING CAUSEOF SPECIES EXTINCTION OCEAN DEAD ZONES AND HABITAT DESTRUCTION

    DUE TO LIVESTOCK AND THEIR BYPRODUCTS

    PALM OIL: 26 MILLIONANIMALAGRICOLTURE: 136 MILLION

    ACRES OFRAINFOREST

    CLEARED

    WASTE FROM A FARMOF 2500 DAIRY COWS

    POUNDS OF EXCREMENT ARE PRODUCTED BY ANIMALS RAISEDFOR FOOD IN THE US

    WASTE FROM A CITY OF 411000 PEOPLE=

    DUE TO TRANSPORT (ROAD, RAIL, AIR & MARINE)

    51%13%

    ACRES RAINFORESTARE CLEAREDEVRY SECOND1-2ANIMAL AGRICULTUREIS RESPONSABLE FOR

    OF AMAZON DESTRUCTION91%

    LIVESTOCKIS RESPONSABLE FOR NITROUS OXIDE EMISSIONS65%

    A GHG MORE DESTRUCTIVE THAN CO2

    296x

    DEFORESTATIONLAND USE

    SPECIES EXTINCTION

    WASTE

    FISHERIES

    A PLANT BASED DIET CUTS YOURCARBON FOOTPRINT

    VEGAN NON-VEGANBY 50%

    EQUIVALENT TOSHOWERING FOR2 MONTHS

    OF EARTHS FRESH WATER

    THE MEAT & DAIRYINDUSTRY USE:

    = =

    1/3

    WATER USE

    1HAMBURGER

    660GALLONSOF WATER

    EVERYMINUTE

    7 MILLION

    110

    1/3 37000 LBS PLANTBASED FOOD OR375 LBS MEAT

    OF THE EARTH’STOTAL LAND

    LIVESTOCKCOVERS

    LAND NEEDED TOFEED 1 PERSON

    FOR 1 YEARVEGAN = 1/6TH ACREMEAT EATER= 18X VEGAN

    =ACRESLAND

    1.5

    45%

    OF THE WORLDFISHERIESARE EXPLOITED

    FOR EVERY 1 POUNDOF FISH CAUGHT5 POUNDS OF UNINTENDEDMARINE SPECIES ARE CAUGHTAND DISCARDED AS BY-KILL

    TONS OF FISH AREPULLED FROM THEOCEANS EACH YEAR3/4 90 MILLION DOMESTIC ANIMAL AGRICULTURE

    5% 55%

    USA WATER USE:

    Figura 1.1 Cowspiracy: the sustainability secret (2019), The facts

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    deforestazione, erosione, perdita della biodiversità, esaurimento di acqua dolce ed emissioni di gas serra sono le principali conseguenze degli allevamenti di animali destinati al consumo alimentare (cfr. Jacobsen & Riebel, 2006). Ognuna di queste conseguenze deriva da molteplici cause, a volte coincidenti ed altre concatenate: la deforestazione, ad esempio, è utile agli allevatori per il pascolo del bestiame e, insieme alla produzione continua di metano e ossido nitroso dei bovini, contribuisce all’aumento di gas serra (in percentuale quasi quattro volte superiore rispetto all’intero settore dei trasporti4).A riguardo di questo, Jonathan Safran Foer, nella sua opera "Se niente importa: perché mangiamo gli animali?", cita un documento della U.S.D.A. (United States Department of Agricolture):

    L’ALLEVAMENTO DI ANIMALI È RESPONSABILE DEL 37 PER CENTO DELLE EMISSIONI ANTROPOGENICHE DI METANO, CHE HA UN POTENZIALE DI RISCALDAMENTO GLOBALE (GWP) 23 VOLTE SUPERIORE A QUELLO DELLA CO2, E DEL 65 PER CENTO DELLE EMISSIONI ANTROPOGENICHE DI OSSIDO NITROSO, IL CUI GWP È 296 VOLTE QUELLO DELLA CO2, UN VALORE STRABILIANTE. (FOER, [2009] 2010, P. 67)

    Questi dati sorprendenti vengono confermati da ulteriori autorevoli fonti,5 le quali aggiungono che:

    • il settore zootecnico è «uno dei due o tre più importanti fattori di inquinamento

    ambientale a ogni livello, dal locale al globale. L’impatto è talmente rilevante che dovrebbe essere affrontato con urgenza»;

    • gli allevamenti sono probabilmente la più grande fonte di inquinamento dell’acqua di tutto il mondo. L’inquinamento proviene soprattutto dagli antibiotici e dagli ormoni, dalle sostanze chimiche prodotte dalle concerie, dai rifiuti animali, dai sedimenti dei pascoli erosi e dai fertilizzanti e pesticidi usati per produrre il mangime degli animali;

    • il 70 per cento dei terreni precedentemente boschivi della foresta amazzonica è ora ricoperto da pascoli per alimentare il bestiame;

    • il mercato agro-alimentare basato sul bestiame è causa del 55 per cento dell’erosione e dei sedimenti prodotti negli Stati Uniti. Inoltre, il 37 per cento di tutti i pesticidi e il 50 per cento di tutti gli antibiotici usati sono destinati alle industrie agro-zootecniche;

    • praticamente 1/3 della superficie terrestre ora utilizzata per il bestiame un tempo era un habitat per flora e fauna selvatica;

    • tra il 60 e il 70 percento del pesce pescato nel mondo è utilizzato per alimentare il bestiame;

    • Wsi stima che l’uso di antibiotici nei CAFOs (Concentrated animal feeding operation)

    aggiunga 1,5 miliardi di dollari all’anno ai costi per l’assistenza sanitaria;• ci vogliono più di 900 kg di grano per produrre carne e altri prodotti derivanti dall’allevamento per sfamare una persona per un anno. Se questa persona mangiasse il grano direttamente, anziché attraverso i prodotti animali, ne basterebbero solo 180 kg circa;• il metano prodotto dal bestiame e dal suo letame ha un effetto sul riscaldamento globale equivalente a quello di 33 milioni di automobili.

    Non deve quindi sorprendere il fatto che molte persone abbiano deciso di cambiare

    le loro abitudini alimentari a fronte di certe statistiche.Tuttavia il problema ambientale persiste poiché la maggior parte della popolazione continua ad alimentare il settore zootecnico, acquistando prodotti di origine animale e continuando quindi a tenere alta la domanda di mercato.Gli esseri umani sono quasi 8 miliardi, gli animali allevati sono circa 70 miliardi: una di queste cifre dovrà diminuire se non scomparire e sta a noi decidere quale delle due.

    4 Ibidem5 cfr. Center for Science in the Public Interest (2016); Jacobsen & Riebel, (2002); citati da Joy (2016), pagg. 92-93.

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    A 23RICERCAX LA TERRA DIMEZZO

    «Der Mann ist war er is» (L’uomo è quel che mangia). Già prima che Feuerbach, nel lontano 1855, esprimesse questa massima riguardo alla salute del corpo umano, si sapeva quanto importante fosse l’alimentazione per il proprio benessere. Infatti oltre un secolo prima, nel 1728, il grande uomo di Scienza e italiano Bartolomeo Beccari disse «Che cosa altro siamo se non quello che mangiamo?».Entrambi vegetariani, portarono avanti grandi studi nell’ambito dell’alimentazione legata alla salute del corpo umano, in particolare la scoperta dell’isovalenza tra proteine animali e vegetali (Beach, 1961, pp. 354-373).Ma andando ancora indietro nel tempo

    […] CI SI ACCORGE CHE QUESTA GRANDE VERITÀ AFFIORA NEL PENSIERO DI CULTORI DI VARIE DISCIPLINE, PER ARRIVARE ADDIRITTURA AI SUFI (ANTICHISSIMI

    MISTICI VEGETARIANI DELL’ISLAM) I QUALI IN SINTESI SOSTENEVANO “L’ESSERE UMANO È ANZITUTTO CIÒ CHE MANGIA E SULLA BASE DI QUESTO È CIÒ PENSA”. (D’ELIA, 2012, P. 13)

    La tematica della salute è senza dubbio, insieme a quella ambientale, la più correlata alla rivoluzione industriale. Dal secolo scorso, il sistema alimentare ha subito, drasticamente, dei cambiamenti enormi. Per migliaia di anni l’uomo si è nutrito di prodotti completamente naturali e in un certo senso, biologici. Gli alimenti venduti oggi nei supermercati sono invece frutto di elaborazioni industriali e raffinazioni che abbassano il valore nutritivo del cibo facendolo diventare quasi nullo, in molti casi (Ivi, p. 14).Tuttavia l’industria rende esponenziale un problema che v ive g ià a l la base dell’alimentazione della maggior parte della

    1.1.2 SALUTE

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    A 25RICERCAX LA TERRA DIMEZZO

    popolazione, occidentale principalmente: il consumo di carne e derivati animali.In questi anni importanti organizzazioni che si occupano di sanità (come l’Organizzazione Mondiale della Sanità), hanno dichiarato che le carni rosse, in particolare quelle lavorate (salumi e insaccati in generale), aumentano in modo elevato il rischio di sviluppare tumori.6 La fondazione AIRC per la ricerca sul Cancro aggiunge:

    [ … ] G L I I N D I V I D U I C H E SEGUONO DIETE RICCHE DI PROTEINE ANIMALI, SOPRATTUTTO CARNI ROSSE E LAVORATE, HANNO UN MAGGIOR RISCHIO DI SVILUPPARE PATOLOGIE COME  DIABETE,  INFARTO  E  PROBLEMI CARDIOVASCOLARI, OBESITÀ E CANCRO (AIRC, 2019)

    Una sola porzione di carne lavorata al giorno incrementa il rischio di sviluppo di diabete del 51 per cento7 e, per assurdo, è stato sfatato il mito della correlazione tra questa malattia e lo zucchero, dimostrando come una dieta ricca di carboidrati e zuccheri, appunto, non sia la causa principale di sviluppo del diabete.8Come nel "problema ambientale", anche in questo caso spiegare i numeri in modo metaforico è sempre un modo vincente per trasmettere un messaggio o dei dati che si allontanano molto dal focus quotidiano. I produttori di What the Health, spiegano così il grande numero di morti (più di 17 milioni all’anno9) per malattie cardiovascolari:

    IL NUMERO TOTALE DI PERSONE C H E M U O I O N O P E R M A L AT T I E CARDIOVASCOLARI È L’EQUIVALENTE DI QUATTRO AEROPLANI JUMBO JETS CHE SI SCHIANTANO OGNI SINGOLA ORA, OGNI SINGOLO GIORNO, OGNI SINGOLO ANNO. (ANDERSEN & KUHN, OP. CIT.)

    Pesce contenente mercurio, uova da galline geneticamente modificate e tutti gli altri prodotti animali meriterebbero dei capitoli interi, ma un caposaldo della dieta onnivora necessita un occhio di riguardo: il latte.Il latte è per definizione la secrezione delle ghiandole mammarie di un mammifero femmina. Esso si sviluppa naturalmente a seguito di una gravidanza, a disposizione del cucciolo mammifero che deve nutrirsi. L’essere umano è l’unico mammifero che beve il fluido mammario di un’altra specie. Questa controtendenza all’ordine naturale delle cose, ovviamente, non giova alla salute dell’uomo, che rimane pur sempre un animale progettato dalla natura.Infatti il latte prodotto da una femmina umana è diverso in caratteristiche e quantità di elementi da quello prodotto da una femmina di bovino, di capra e di qualsiasi altro mammifero.Come si può notare nella Figura 1.2, il latte umano è quello con la più bassa percentuale di proteine, poiché l’uomo è uno dei mammiferi con la più bassa velocità di accrescimento corporeo. Un eccesso di proteine infatti può portare ad un grave sovraccarico renale, del

    6 cfr. Aubrey & Allison, 2015; cfr. The Lancet Oncology, 2015; cfr. World Health Organization International Agency for Research on Cancer, 2015; citati da "What the health"7 cfr. Pan & An, 2011, American Journal of Clinical Nutrition; Micha & Michas, 2012, pp. 515-524; citato da "What the health"8 cfr. Greger, 2017; cfr. Physicians Committee for Responsible Medicine, 2019; cfr. Barnard & Levin, 2014; cfr. Petersen, 2004; citati da "What the health"9 cfr. Aubrey & Allison, op. cit.

    DONNA0,9

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    LUC

    IDI

    VACCA

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    ASINA

    CONIGLIO

    6,9

    3,5

    3,8

    3,9

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    10,4

    4,8

    4,9

    4,7

    5,2

    6,2

    2,1

    Figura 1.2 cfr. Senesi e Saccomani, 1981; citato da Armando D’Elia, op. cit. pag. 90

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    fegato e del sistema endocrino, in particolare ipofisi, tiroide e surrene (D’Elia, op. cit. p. 90).I glucidi invece sono presenti soprattutto sotto forma di lattosio, essenziale per lo sviluppo cerebrale del neonato umano. L’accrescimento cerebrale dell’essere umano è più veloce di quello del vitello, per questo motivo il lattosio nel latte materno è presente in quantità quasi due volte superiore a quella del latte vaccino (Ivi, p. 91).Se il latte vaccino è un fluido progettato per far crescere un vitello neonato fino a 200 kg, sicuramente non sarà adeguato tanto ad un cucciolo di uomo quanto ad un adulto.Il contenuto del latte vaccino è infatti un mix di GH (ormoni della crescita10),contaminanti11 e pus12, quest’ultimo dovuto alle gravi mastiti causate dalla sfrenata mungitura automatizzata e dalle condizioni in cui vivono le mucche da latte negli allevamenti. Le conseguenze sul corpo umano sono distruttive: malattie autoimmuni,13 osteoporosi1 4 e possibili diverse forme di cancro.15Come accennato precedentemente, anche molti altri prodotti alimentari di origine animale possono recare danno alla salute umana. Il pesce, per esempio, è facile che sia una miscellanea di vari elementi tossici, dal cadmio al mercurio, dal piombo fino ai difenili policlorurati, comunemente detti PCB (Ivi, p. 50). Questi ultimi possono recare danno al fegato, alla milza, ai reni e sono relazionati alla formazione di diossine.

    Il mercurio invece può avere esiti letali o recare gravi danni ai reni e al sistema nervoso, fino a provocare lesioni nervose irreversibili (Ivi, p. 49).Ammesso comunque di poter trovare del pesce non contaminato, le sue caratteristiche naturali, di possedere in quanto animale colesterolo e grassi saturi, non lascerebbero strada spianata all’organismo umano.16Infine le uova, possono riassumersi come ricettacolo di colesterolo (circa 17 volte tanto, a parità di peso, della carne), di possibile contaminazione da Salmonelle e Stafilococchi (la porosità del guscio, caratteristica naturale di questa cellula, rende accessibile l’interno a diversi tipi di batteri), con possibili conseguenze sul corpo umano, anche letali (Ivi, pp. 124-133). Il Professor Armando D’Elia si esprimeva in merito sentenziando:

    […] NON CONVIENE CORRERE TANTI RISCHI PER UN ALIMENTO, PERALTRO INNATURALE ED INDIGESTO E LA CUI IPERPROTEICITÀ TANTO NUOCE AL NOSTRO ORGANISMO IN GENERALE E AL NOSTRO FEGATO IN PARTICOLARE» (IBIDEM).

    In conclusione, utilizzare gli animali o i loro prodotti, come alimento, crea più danni che benefici al benessere fisico degli animali umani. Questo è un altro valido motivo che ha spinto molte persone a convertire la propria dieta tradizionale in una a base vegetale (detta appunto plant-based).

    10 cfr. BreastCancer.org, 2013; cfr. Malekinejad & Rezabakhsh, 2015; citati da "What the health"11 cfr. Energy Justice Network, 2012; Agency for Toxic Substances & Disease Registry, 2015; cfr. Greger, 2012; cfr. National Resources Defense Council, 2019; citati da "What the health"8 cfr. Pan & An, 2011, American Journal of Clinical Nutrition; Micha & Michas, 2012, pp. 515-524; citato da "What the health"12 Centers for Epidemiology and Animal Health, 2014; citato da "What the health"13 Klaper, 2018; Greger, 2013; "The Multiple Sclerosis and Diet Saga", McDougall, 2009; citati da "What the health"14 cfr. Canadian Dairy Information Center, 2013; citati da "What the health"15 cfr. Candyce, 2013; cfr. Canadian Cancer Society, 2019; citati da "What the health"16 Fatsecret, 2019; citato da "What the health"

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    A 29RICERCAX LA TERRA DIMEZZO

    Come accennato ad inizio capitolo, il problema etico ha molte sfaccettature e, di sicuro, nel tempo si è solo complicato e purtroppo ampliato.Se è vero che, come abbiamo detto, molti personaggi storici e luminari come Pitagora, Platone, Da Vinci, Tolstoi, Gandhi (e molti altri) scelsero di non cibarsi di animali per questioni prevalentemente etiche, quindi legate alla non-uccisione di un essere senziente, è vero anche che le motivazioni etiche dei vegetariani e vegani dei nostri giorni, sono legate non solo al principio di integrità morale che combatte l’uccisione di un altro essere vivente senziente, ma più in generale ad una dottrina di non-violenza che comprende non-sfruttamento e non-maltrattamento (quindi in modo inevitabile anche la non-uccisione). Questo perché il subentrare dell’industria nel settore alimentare ha fatto abbassare il

    prezzo unitario dei prodotti e di conseguenza aumentarne la richiesta. In una logica produttiva i costi devono essere minimizzati, senza chiedersi se nella catena di montaggio vengono spostati oggetti o esseri viventi: succede quindi che tutti gli animali/prodotti (chiamati infatti "animali da reddito" per differenziarli da quelli domestici o selvatici) vengono accatastati gli uni affianco agli altri in capannoni sudici e bui e, dopo aver passato una breve vita di maltrattamenti, stupri (l’inseminazione artificiale dei mammiferi femmina, per la produzione di latte) e torture, gli viene tolta la vita con metodi barbari dovuti all’insufficiente tempo a disposizione e mancanza di malizia da parte degli operatori per uno stordimento efficace.17 Questo sistema di uccisione di serie vale per la produzione di carne quanto per la produzione di latte e uova. Se un tempo le mucche

    1.1.3 ETICA

    17 Monson, 2015

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    A 31RICERCAX LA TERRA DIMEZZO

    venivano munte a mano dall’allevatore stesso e vivevano una vita molto più lunga, ora la maggior parte del latte viene prodotto da mucche rinchiuse in allevamenti intensivi, ingravidate artificialmente senza sosta per non far perdere il loro valore commerciale, subendo, subito dopo il parto, l’isolamento del proprio figlio (il vitello) in quanto naturale fruitore del latte che dev’essere invece venduto sui bancali del supermercato. Mentre le madri (le mucche) iniziano ad essere munte da un mungitore elettrico, che porta grande dolore e grosse infezioni alle mammelle, gli allevatori selezionano il vitello appena nato in base al sesso: se femmina, proseguirà la vita della madre, per la produzione di latte, se maschio, verrà rinchiuso in cucce isolate nelle quali verrà tenuto denutrito (per vendere poi una carne "morbida" e chiara, come si aspetterebbe di mangiarla il consumatore) e poi ucciso ancora cucciolo dopo pochi mesi.Per le uova il processo è simile, a differenza del fatto che i pulcini maschi vengono uccisi subito poiché sono geneticamente modificati in modo differente da quelli allevati per la carne (quelli allevati per la carne vengono ingrossati artificialmente); i nati maschi nell’industria delle uova diventano inutili, poco redditizi, perciò vengono eliminati direttamente senza grosse spese per l’uccisione (tritati vivi o fatti soffocare nei sacchi della spazzatura spesso) e fatti diventare carne mista di pollo economica.I pulcini femmina ovviamente seguono il processo delle madri: vengono cresciute in gabbie grosse quanto un foglio A4, ammassate tra loro, facendo passare così gli escrementi da una gabbia all’altra. Se in allevamento a terra,

    invece, sono ammassate dentro capannoni bui e sporchi, infestati da parassiti e quindi "caricate" di antibiotici. Senza anestesia gli viene tagliato il becco per non permettere di colpirsi tra di loro date le circostanze in cui vivono, che porterebbero a stati psicopatologici qualsiasi animale. I capannoni chiusi servono anche a regolare in modo artificiale luce e buio, in modo da ottimizzare i cicli circadiani degli animali e creare una produzione di uova senza interruzioni, con ovviamente conseguenze devastanti per l’animale. Quest’ultimo, diventato meno produttivo dopo pochi anni di vita, viene portato direttamente al macello per diventare carne.Per questo motivo il problema etico non è più circoscritto nell’uccisione diretta dell’animale, ma si estende anche ai vari maltrattamenti e pratiche di gestione dello stesso.A ricalibrare il proprio metro etico in base ai cambiamenti della società non sono stati solo dei singoli individui, ma anche alcuni culti come il jainismo.Per quanto possa sembrare moderna, vista la capacità di adattamento ai cambiamenti sociali, il jainismo è una delle più antiche religioni orientali, che si sviluppò circa 600-700 anni prima della nascita di Cristo. Il concetto base che c’è alle fondamenta di questa religione è quello della non-violenza. Infatti sia dai monaci che dai seguaci, è sempre stato praticato il vegetarismo. Ma nel 2001 gli U.S.A. e l’India vedono la pubblicazione di un aggiornamento dottrinale jainista, "The book of Compassion", nel quale viene aggiunta l’abolizione del consumo dei prodotti che

    comportano la violenza sugli animali, come uova, latte, burro e formaggi.La scrittrice Claudia Pastorino (2002) scrive del jainismo:

    CORAGGIOSAMENTE, CON LA DISCIPLINA E LA COERENZA CHE DA SEMPRE LI CONTRADDISTINGUE, I JAINA, IN SEGUITO ALLA CREAZIONE DELL’ANIMALE-MACCHINA, STANNO ADOTTANDO PER SE STESSI E PER LA PROPRIA CONDOTTA QUOTI D IANA R EG O LE S E M PR E PI Ù RIGOROSE»

    e continua approfondendo «È così che, attualmente, i monaci jainisti stanno, per esempio, sostituendo il latte animale (utilizzato in alcuni rituali all’interno dei templi) con il latte di soia e il latte di riso». Finisce poi sentenziando «A chi si stupisse di ciò, probabilmente non è mai capitato di vedere o leggere che cosa accade alle bovine da latte all’interno degli allevamenti intensivi…».Ovviamente, anche gli animali allevati per la loro carne non passano una vita migliore. Ai maialini per esempio vengono tagliate le code, senza anestesia, per lo stesso motivo per cui tagliano il becco alle galline e ai polli; vengono anche castrati senza anestesia. Le condizioni all’interno degli allevamenti sono così disastrose da dover essere imbottiti di antibiotici e medicinali attraverso il mangime (a volte inutilmente, poiché riescono comunque ad essere infestati da parassiti). La stessa situazione si trova all’interno degli allevamenti ittici. La lunga sofferenza dei pesci termina dopo ore di agonia per soffocamento, mentre quella dei maiali, o polli, o altri

    mammiferi da reddito, con la macellazione, spesso in stato cosciente.La violenza che riempie l’aria degli allevamenti, viene respirata anche dagli operatori stessi, che come li definisce Melanie Joy, diventano "Assassini condizionati" ( Joy, op. cit. p. 89). Citando un operatore di un macello in un’intervista della ricercatrice agricola Gail Eisnitz:

    LA COSA PEGGIORE, PEGGIORE DEL PERICOLO FISICO, È L’EMOTIVITÀ. SE LAVORI IN QUEL RECINTO DI SOZZAMENTE PER UN PERIODO DI TEMPO, SVILUPPI UN ATTEGGIAMENTO CHE TI PERMETTE DI UCCIDERE MA NON DI VOLERE BENE. POTRESTI GUARDARE NEGLI OCCHI UN MAIALE CHE GIRONZOLA NEL RECINTO INSANGUINATO E PENSARE: “DIO, IN REALTÀ NON È UN BRUTTO ANIMALE”. POTRESTI AVERE VOGLIA DI ACCAREZZARLO. SONO SPUNTATI FUORI DEI MAIALI DAL MATTATOIO E HANNO STROFINATO IL MUSO SU DI ME COME CUCCIOLI. DUE MINUTI DOPO HO DOVUTO UCCIDERLI – COLPENDOLI A MORTE CON UN TUBO. NON POSSO VOLERGLI BENE. (CFR. EISNITZ, [1997] 2006, P. 87)

    Non basterebbe un numero ragionevole di capitoli per parlare in modo esaustivo dello sfruttamento e della violenza che si nascondono dietro quest’industria. Sicuramente si può affermare che quando degli esseri viventi senzienti diventano dei prodotti, industriali e non, la violenza è inevitabile. Dai visoni scuoiati vivi per le pellicce, ai suini e bovini rinchiusi nei lager. Gli animali hanno coscienza di sé, instaurano relazioni tra di loro e con gli umani; vogliono vivere in serenità, proprio come gli animali umani.

  • 1.2 Il sentiment negativo verso i Vegani

    Da quanto precedentemente scritto, chiunque (o quasi) sarebbe d’accordo nel fermare una produzione che aggrava in modo così veloce il nostro pianeta, che reca sofferenze agli animali e che di certo non porta giovamento alla salute umana. Pochi però accettano che uno stile di vita Vegan possa diventare un nuovo modello da seguire, per quanto riguarda l’alimentazione soprattutto.L’essere Vegan viene percepito positivamente solo da chi fa parte di questo movimento, nonostante sia uno stile di vita che condivide più o meno gli stessi valori di chi non è vegano: il benessere animale, la sostenibilità ecologica e sociale. La percezione esterna del veganesimo è tutt’altro che positiva e può essere rappresentata con termini quali "setta", "estremismo" o addirittura con prefissi come "nazi".Questo stato dell’arte del veganesimo è stato causato nel tempo da molteplici fattori, riconducibili in gran parte anche ai Vegani stessi ed il loro modo di comunicare la propria scelta. Molte persone testimoniano di aver avuto conversazioni, con dei vegani, poco piacevoli e di tipo accusatorio nei propri confronti; spesso anche dovute solo al la percezione delle prime di essere attaccati (per il fenomeno di reattanza che sarà spiegato più avanti). Tuttavia

    i social network e il web in generale possono dimostrare che ci sia una gran parte di "leoni da tastiera" dell’universo vegano che fatichi a creare un ambiente rilassato per poter instaurare una conversazione costruttiva ed efficace.Certe associazioni animaliste (soprattutto fai-da-te) ne sono un esempio: "100% animalisti" è un’associazione no profit Vegan animalista che promuove i valori etici dell’antispecismo con un tono di voce aggressivo e violento. Partendo dal pay-off "amati, odiati, temuti" impresso sulle loro magliette nere, si può navigare questo stream di comunicazione impetuosa sul loro sito web, trovando citazioni dei fondatori che recitano «Per salvare la vita degli Animali, bisogna prima rovinare quella degli aguzzini» oppure la descrizione della loro filosofia, che inneggia quasi al terrore, tratta da un libro dal titolo "Una Dichiarazione di Guerra: Uccidere gli Umani per Salvare Animali e Ambiente". Inoltre, ci fu un’aggressione fisica da parte del gruppo di animalisti nei confronti del g iorna l ista Cruciani, che sapientemente colse l’occasione per provocare il focoso gruppo, creando uno scandalo mediatico palesemente dannoso nei confronti dell’immagine del veganesimo e dei suoi valori.

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    1.2.1 LA DISSONANZA COGNITIVA: AMARE GLI ANIMALI E MANGIARLI

    Escludendo però gli estremismi comunicativi,

    il pregiudizio sui vegani, riconosciuti come

    "aggressivi" (in senso psicologico soprattutto)

    e "giudicatori", è diffuso in tutta la società

    ed è facilmente riconducibile anche ad un

    fenomeno di dissonanza cognitiva. La teoria

    della dissonanza cognitiva spiega, in breve,

    come un individuo, quando scopre che

    le proprie azioni sono in contraddizione

    con ciò che ritiene corretto fare, arriva

    a provare una sensazione di disagio e

    frustrazione risolvibile solo: cambiando

    il proprio comportamento, cambiando il

    proprio ragionamento mentale o, infine,

    cambiando la percezione della realtà. Ogni

    individuo cerca il più possibile di evitare

    questa sensazione di disagio e, nella realtà di

    oggi, dove il traffico d’informazioni avviene

    principalmente sulla rete, le dinamiche di

    accesso alle stesse sono cambiate e hanno

    portato a diverse conseguenze, trasformando

    l’utente non più solo in un ricettore passivo,

    ma in un vero e proprio attore, cercatore

    di informazioni. Questo comportamento

    crea nell’utente la possibilità di installare

    un filtro delle informazioni, calibrato sulla

    propria soglia di dissonanza: per ogni

    argomento dibattuto si possono cercare

    solo informazioni comode, che non creino

    dissonanza e rendano ancora più monolitiche

    le proprie convinzioni (cfr. Lever, Rivoltella,

    Zanacchi, 2003).

    Questo, per quanto riguarda il veganesimo,

    è un problema bidirezionale: gli attivisti

    o i fautori del movimento in generale,

    rischiano spesso di chiudersi nelle proprie

    certezze e informazioni, perdendo d’occhio

    i diversi punti di vista e quindi indebolendo

    le proprie argomentazioni; il pubblico non

    convertito invece diventa più schermato e

    scettico, trovando sempre più motivazioni

    per loro valide, sfruttando anche le falle di

    molti comunicatori del movimento vegano.

    Un aspetto rilevante della dissonanza

    Una volpe affamata, come vide dei grappoli d'uva che

    pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in

    grado. Allontanandosi però disse fra sé: "Sono acerbi". Così

    anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono

    a superare le difficoltà, accusano le circostanze.

    La volpe ha il desiderio di assaggiare l’uva che si sporge

    da un ramo sopra la sua testa, ma la distanza tra lei e

    l’oggetto del desiderio non le permette di afferrarla;

    la dissonanza creata dal desiderio e l’impossibilità di

    compierlo, distorce la percezione della realtà della volpe,

    elaborando la conclusione che l’uva sia acerba.

    LA DISSONANZA COGNITIVA NELLE FAVOLE DI ESOPO

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    A 37RICERCAX LA TERRA DIMEZZO

    cognitiva, è la manifestazione del lo

    specismo. Lo specismo viene definito

    come «Un pregiudizio o atteggiamento di

    prevenzione a favore degli interessi dei

    membri della propria specie e a sfavore di

    quelli dei membri di altre specie» (Singer,

    [1975] 2003, p. 22). Semplicemente è il motivo

    per cui molte persone dichiarano di amare

    gli animali, ma al tempo stesso finanziano

    la loro uccisione e il loro maltrattamento.

    "Perchè amiamo i cani, mangiamo i maiali

    e indossiamo le mucche?" è il titolo del

    libro di Melanie Joy e vuole rappresentare

    infatti la classica domanda che dovrebbe

    generare una dissonanza nella coscienza

    dei lettori. Perchè un animale viene

    rispettato come un fratello e l’altro sfruttato

    senza indugio? Sono domande che creano

    dissonanza nella società onnivora e trovano

    le possibili risposte nelle tre "tecniche di

    neutralizzazione" citate precedentemente:

    Quest i esempi di tecniche di

    neutralizzazione della dissonanza, si

    riferiscono principalmente all’aspetto

    etico del consumo di carne. Ovviamente

    questa situazione di conflitto interiore si

    può generare su qualsiasi argomentazione,

    quale la sostenibilità ecologica e sociale

    della carne o le sue conseguenze sulla salute

    umana.

    La Prof.ssa Melanie Joy spiega come si possa

    verificare un vero e proprio intorpidimento

    mentale19 creato da una dissonanza cognitiva:

    Ma perchè i l s istema deve arrivare fino al punto di inibire la nostra empatia? Perchè tutte queste acrobazie psicologiche? La risposta è semplice: perchè teniamo agli animali e non vogliamo che soffrano. Anche perchè li mangiamo. I nostri valori e comportamenti sono incongruenti e tale incongruenza provoca in noi un certo grado di disagio morale. Per alleviarlo, abbiamo tre scelte: possiamo cambiare i nostri valori per farli corrispondere ai nostri comportamenti; possiamo cambiare i nostri comportamenti per farli corrispondere ai nostri valori; o possiamo cambiare la nostra percezione dei nostri comportamenti così da farli apparire in armonia con i nostri valori.

    • CAMBIARE IL PROPRIO COMPORTAMENTO,

    infatti le poche persone che cambiano

    dieta e stile di vita lo fanno perchè trovano

    incompatibile il fatto di amare gli animali e

    allo stesso tempo mangiarli;

    • CAMBIARE IL RAGIONAMENTO MENTALE O

    I PROPRI VALORI, come altri giustificano i

    propri comportamenti dicendo che non

    amano gli animali e mangerebbero anche il

    proprio cane o gatto senza problemi;

    • CAMBIARE LA PERCEZIONE DELLA REALTÀ,

    la modalità con cui la maggior parte delle

    persone reagisce, affermando per esempio

    che il cane è intelligente mentre il maiale è

    sporco e stupido,18 oppure creando proprie

    necessità salutistiche come l’assunzione di

    ferro, proteine e altri elementi che pensano

    di poter reperire esclusivamente dalla carne.

    Su questa terza opzione si è formato il nostro schema della carne. Fintanto che non daremo valore alla sofferenza animale non necessaria né smetteremo di mangiare gli animali, esso distorcerà la nostra percezione degli animali e della carne che mangiamo, così che ci sentiremo sufficientemente a nostro agio per continuare a mangiarli. (Joy, [2012] 2016 , p. 28)

    Cambiare i propri comportamenti significa

    cambiare le proprie abitudini e le proprie

    certezze e, probabilmente, è sempre una

    delle sfide più grandi e delicate per l’essere

    umano.

    19 "un procedimento psicologico attraverso cui ci dissociamo, mentalmente ed emotivamente, dalla nostra esperienza"18 Il maiale è un animale molto più intelligente del cane e possiede un corredo genetico tra i più simili a quello dell’uomo

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    1.2.2 LA REATTANZA PSICOLOGICA: «FACCIO TUTTO CIÒ CHE NON VUOI»

    Perciò un primo contatto con una realtà che

    promuove i tuoi valori morali ma al tempo

    stesso ti comunica indirettamente che questi

    sono incongruenti con le tue azioni, non può

    che suscitare una reazione di distacco ed una

    percezione di offesa personale; anche senza che

    ci sia stata una reale conversazione.

    Questo fenomeno, accennato precedentemente,

    viene spiegato dalla teoria della reattanza

    psicologica, formulata nel 1966 dallo psicologo Jack

    Brehm  che, non a caso, da giovane lavorò con

    Leon Festinger, lo psicologo che formulò la

    teoria della dissonanza cognitiva. La reattanza

    psicologica è una reazione dell’individuo alla

    minaccia o all’eliminazione di una propria libertà;

    addirittura se un comportamento libero prima

    veniva percepito dall’individuo come al pari

    di altre libertà, nel momento della minaccia o

    dell’eliminazione di questo comportamento, esso

    viene percepito come prioritario, fondamentale,

    insostituibile (vedi Figura 1.3).20

    È ciò che succede comunemente nelle famiglie:

    i genitori vietano un comportamento al proprio

    bambino e quest’ultimo trova tutti i modi per

    attuarlo, poiché per ristabilire la propria libertà

    di scelta, quel comportamento è diventato per lui

    prioritario.21

    Risulta quindi evidente che nel momento in cui

    un individuo senta minacciata la propria libertà

    di poter mangiare la carne piuttosto che un altro

    prodotto di origine animale, la prima reazione che

    egli possa avere sia quella di rigetto dell’ideale,

    fino ad arrivare proprio ad una reazione contraria

    di propaganda dell’ideale opposto a quello del

    veganesimo. È come se il principio di Archimede

    "ad ogni azione corrisponde una forza di reazione

    uguale e contraria", potesse trasferirsi dalla

    dinamica dei fluidi ad una dinamica comunicativa.

    Da questo spostamento di ideologie si son visti

    nascere movimenti pro-carne, anti-vegani,

    provocazioni come l’inserimento di hashtag vegani

    nelle didascalie di grigliate a base di carne. Si

    può affermare che siano nate delle vere e proprie

    faide, vegane e anti-vegane, che lottano come

    degli eserciti, creando una guerra che ha come

    unico risultato l’opacizzazione di una possibile

    comunicazione assertiva ed efficace.

    Un esempio di fenomeno di reattanza a livello

    sociale verso il mondo vegan, è la community

    "Vegano stammi lontano".

    20 Bert, 2006, pp. 548-55521 È un fenomeno che viene utilizzato spesso nella psicologia inversa. La psicologia inversa è una strategia di manipolazione che si utilizza per far compiere azioni a qualcuno che non vuole compierle.

    Figura 1.3 Schermate tratte dalla trasmissione Dritto e Rovescio di Rete4

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    A 41RICERCAX LA TERRA DIMEZZO

    1.2.3 IL FENOMENO "VEGANO STAMMI LONTANO"

    Un nome che racchiude un sentimento condiviso

    nei confronti della comunità vegana: "Vegano

    stammi lontano" non è solo una pagina fb, non

    è solo una pagina Instagram e nemmeno solo un

    sito web. È una vera e propria community italiana,

    che può vantare più di 150mila seguaci solo su

    facebook.

    "Vsl", per abbreviare, è diventato un punto di

    incontro virtuale per tutti quelli che in modo più

    o meno grave sono stati coinvolti dal fenomeno di

    reattanza psicologica al trend Vegan (vedi Figura

    1.4). Un vero e proprio sintomo della crescita

    esponenziale del veganesimo che, visto come

    minaccia alle tradizioni culinarie italiane, ha

    portato ad un’esaltazione smodata di un alimento

    che prima di questo fenomeno veniva consumato

    regolarmente, senza celebrazioni pubbliche così

    sensazionali.

    Se quindi, quello dei vegani, dall’osservatore

    esterno era considerato già come un club esclusivo,

    una community come quella del "Vsl" ha solo

    accentuato questo pregiudizio, richiamando a

    sé anche chi non possedeva opinioni consolidate

    ed estreme in merito alla propria dieta, ma

    sicuramente avrebbe abbracciato più facilmente

    un’opinione conservatrice in condizioni di lotta tra

    le due fazioni (soprattutto per quanto riguarda le

    abitudini alimentari in Italia).

    Figura 1.4 Commenti nei post della pagina Facebook "Vegano stammi lontano" (http://www.facebook.com/VSLpaginaufficiale/)

  • Analisi2.

  • 2.1 Immersione

    Senza scomodare i caldi rifugi delle alpi bergamasche o le bucoliche trattorie emiliane, potremmo fare esperienza del pensiero pubblico riguardo al movimento Vegan anche soltanto provando a chiedere se ci sono opzioni vegane in un qualsiasi comune ristorante o bar di città e provincia. Le risposte sono varie e pittoresche, partendo dai più indifferenti "non abbiamo quelle cose lì" fino agli ottimisti "Certo, abbiamo le brioche integrali burro-e-miele", il tutto accompagnato spesso da commenti o domande che dipingono il vegano come un soggetto affetto da una qualche patologia o addirittura una strana forma di egoismo.

    “…MA QUINDI LA PASTA LA PUOI MANGIARE?”Ma ciò che accomuna certe reazioni non è solo "ignoranza" («…nel senso che [si ignora]»22), ma anche la costruzione di preconcetti e stereotipi che legano il veganesimo alla celiachia, al salutismo o in ogni caso a tutto ciò che viene visto come una rinuncia e una restrizione verso il cibo.

    Le esperienze personali possono fungere da spia e talvolta suggerire la giusta direzione per risolvere un problema, tuttavia rischiano di essere delle semplici euristiche e non permettono di clusterizzare con metodo scientifico i comportamenti e i sentimenti delle persone.

    22 Baglio, Poretti, Storti, 1997, in "Tre uomini e una gamba"

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    A 47ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    2.1.1 IMPOSTAZIONE DELLO STRUMENTO DI INDAGINE

    Per distaccarsi quindi da un’osservazione

    ingenua,23 è stato necessario fare un primo

    passo che prevedesse l’indagine tramite

    questionario. Questa survey ha accolto la

    risposta di persone di qualsiasi età, sesso e

    scelta alimentare, proprio perchè ha avuto

    lo scopo di profilare il target in base ai

    loro bisogni, le loro abitudini, le possibili

    leve di marketing e solamente infine il

    loro rapporto con il veganesimo. Infatti

    già il titolo "Indagine su: ambiente, salute

    ed etica" cerca di nascondere lo scopo del

    questionario e, insieme al posizionamento

    in ultima battuta delle domande relative

    al proprio rapporto con il tema Vegan,

    vuole evitare nelle risposte qualsiasi tipo

    di condizionamento ed errore sistematico,

    detto anche bias cognitivo, dato da qualche

    possibile pre-giudizio.

    Il questionario è stato diviso in primo

    luogo nelle tre macro-aree che rientrano

    nella sfera del veganesimo, "ambiente",

    "salute" ed "etica", con lo scopo di indagare

    la conoscenza e il rapporto dei rispondenti

    con queste.

    Per quanto riguarda l’area "ambiente",

    si è voluto approfondire l’interesse e la

    conoscenza del pubblico riguardo al tema e

    le soluzioni che vengono adottate per essere

    più eco-sostenibili o perlomeno verso ciò

    che si pensa possa essere un comportamento

    eco-sostenibile; la medesima procedura,

    in modo relativo, è stata applicata per il

    campo "salute". Per indagare invece sulla

    Supponiamo che per misurare l’aggressività venga

    somministrato ai soggetti un questionario composto da

    domande del tipo "Ti è mai capitato di picchiare un tuo

    compagno?", le cui possibili risposte sono "mai", "qualche

    volta", "mediamente", "spesso" e "quasi sempre". Nelle istruzioni

    di presentazione e spiegazione del questionario viene

    inserita erroneamente una raccomandazione del tipo "Non

    bisogna aver paura di manifestare la propria aggressività

    e anzi le recenti ricerche indicano che l’aggressività ha

    una funzione positiva e liberatoria nei rapporti sociali".

    È probabile che tutti i soggetti siano portati da questa

    istruzione a indicare un livello di aggressività maggiore

    di quello che effettivamente hanno: tutti coloro che non

    hanno mai picchiato nessuno indicheranno "qualche volta",

    coloro che hanno picchiato un compagno solo qualche

    volta indicheranno "mediamente", e così via. (Gnisci &

    Pedon, 2016, p.239)

    IL BIAS COGNITIVO NELL’INDAGINE SOCIOLOGICA

    23 Gnisci & Pedon, 2016, p. 217

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    ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    questione etica, è stato utilizzato un criterio

    differente, con un avvicinamento moderato

    al tema del maltrattamento animale,

    senza mai evidenziare in modo esplicito la

    condizione di sofferenza degli animali da

    reddito, sempre per evitare una misurazione

    viziata. L’obiettivo specifico era infatti quello

    di capire come il pubblico si rapportasse

    con gli animali in generale e quale tipo di

    comunicazione (in particolare il tono di

    voce) risultasse per loro più efficace quando

    vengono trattati temi a sfondo sociale.

    Soltanto alla f ine vengono presentate

    domande del loro rapporto con il veganesimo.

    Una prima domanda in particolare, vuole

    indagare in modo indiretto ma efficace il

    rapporto degli intervistati con l’etichetta

    Vegan associata ai prodotti. La domanda

    infatti è stata posta nel seguente modo: «Come

    pensi si debba chiamare una mozzarella

    fatta con il latte di riso al posto di quello

    vaccino?», conferendo una possibilità di

    risposta tra le seguenti, "Mozzarella vegana",

    "Mozzarella di riso", "Non si deve chiamare

    mozzarella" e "Altro…". Il questionario giunge

    al termine poi con domande riguardanti

    l’età e il tipo di alimentazione seguita (per

    favorire la clusterizzazione del target) ma

    anche le loro reti sociali, per esempio come

    sono venuti a conoscenza del veganesimo

    e quante persone vegane/vegetariane

    conoscono.

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    A 51ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    2.1.2 RISULTATI DEL QUESTIONARIO

    Il campione di utenti esaminato

    corrisponde a 139 persone, di tutte le età e

    generi. Infatti la lettura dei risultati ha avuto

    la funzione principale di far evidenziare

    possibili problemi che si ripetono con

    sostanziale frequenza o che interagiscono

    tra di loro portando ad interessanti

    intuizioni, in modo da poter capire come

    impostare una rotta che con l’implemento

    di ulteriori ricerche specifiche e affidabili

    possa stilare una topografia della risoluzione

    del problema.

    Nelle differenze di età e genere non sono

    state riscontrate differenze abbastanza

    salienti da dedicarne momentaneamente

    un approfondimento. Forse anche la modica

    quantità di risposte non ha permesso di

    sottolineare i diversi aspetti sociologici,

    lasciando infatti l’onere ad una ricerca di

    informazioni ulteriore che verrà presentata

    in fase di progetto, nell’ultimo capitolo della

    tesi.

    Ovviamente l’unica selezione preliminare

    che è stata fatta, è quella riguardante la

    scelta alimentare. L’analisi del questionario

    si è specializzata nelle risposte di tutti

    pienamente il significato, dichiarando infatti

    nel questionario di mangiare poche verdure

    e pochi legumi e sfoderando la più grande

    panacea della storia dell’alimentazione,

    praticamente sempre associata alla dieta

    mediterranea, il dogma "mangiare un po’

    di tutto". Questo è il motivo per cui, anche

    se la dieta mediterranea si avvicina molto

    a quella vegetariana/vegana, i rispondenti

    questa scelta sono stati considerati come

    onnivori.

    Prendendo perciò all’unanimità

    i risultati, si è notato, mediamente, un

    comune interesse per le tre macro aree già

    citate. Partendo dall’ambiente: l’interesse

    verso il tema è risultato molto elevato, non

    lasciando spazio alla minima indifferenza.

    Tuttavia, ciò che le persone ritengono

    un comportamento eco-sostenibile, è

    anche specchio delle grandi azioni di

    sensibilizzazione globale che sono state

    attuate negli ultimi anni, senza tener conto

    di altri aspetti fondamentali che vengono

    tutt’ora nascosti ed ignorati. Per questo

    motivo, una delle più grandi cause di

    coloro che non seguono una dieta vegana

    o vegetariana. Infatti nella richiesta della

    scelta alimentare sono state proposte

    diverse opzioni, innanzitutto perché c’è

    effettivamente una grande eterogeneità di

    diete o scelte alimentari in questo periodo

    storico, infine perché molti si rispecchiano

    in certi tipi di scelte anche per un fattore di

    desiderabilità sociale. Questo fenomeno si

    presenta frequentemente nei questionari e

    bisogna prevederlo o saperlo gestire: si tratta

    di una risposta non oggettiva del rispondente,

    bensì basata sull’immagine che vuole dare

    di sé, quindi l’immagine che ha di sé o che

    vorrebbe avere. È il caso della famigerata

    "dieta mediterranea", che molti italiani

    sbandierano fieri con orgoglio nazionale,

    poiché il nome fuorviante fa supporre che

    basti vivere a ridosso del Mar Mediterraneo

    per poter giovare di questa dieta. La dieta

    mediterranea prevede un’alimentazione

    prevalentemente vegetale, a base quindi

    di verdure, cereali, legumi e frutta, con

    pochissime introduzioni proteiche da fonti

    animali, ma ciò nonostante se ne fanno

    paladini persone che non ne conoscono

    inquinamento e di impatto ambientale in

    generale, che è il consumo di carne, pesce

    e derivati, viene ancora sottovalutata e

    considerata un problema minore rispetto

    ad altri.

    Come mostrato nel la Figura 2 .1 , la

    complementarietà dei grafici fa dedurre

    che i problemi legati all’ambiente sono

    di grande interesse per i l pubblico

    onnivoro, ma una delle maggiori cause di

    questi problemi viene ignorata in modo

    significativo, forse per non conoscenza o

    forse per una dissonanza cognitiva che

    manipola la percezione della realtà in

    favore delle proprie credenze. Quest’ultimo

    assunto viene in parte confermato da una

    discordanza tra le risposte delle diverse

    sezioni del questionario: chi ha dichiarato

    che "Ridurre o evitare il consumo di carne,

    pesce e derivati" sia un’azione poco utile

    alla risoluzione dei problemi ambientali,

    ha sostenuto successivamente che una dieta

    come quella vegetariana/vegana, che quindi

    rispecchia i principi sopracitati, sia in effetti

    rispettosa dell’ambiente e possa aiutare a

    salvare il pianeta.

  • PAG

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    A 53

    ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    1 2 3 4 5

    15,7% 30,4% 54%

    1 2 3 4 5

    67,3% 40,4% 28,9%

    D: DA 1 A 5, QUANTO SEI INTERESSATO ALLA SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE?

    D: DA 1 A 5, QUANTO, SECONDO TE, LE SEGUENTI AZIONI POSSONO RISOLVERE I PROBLEMI AMBIENTALI? [RIDURRE O EVITARE IL CONSUMO DI CARNE E PESCE E DERIVATI]

    Figura 2.1 Dati estratti dai risultati del questionario

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    A 55ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    Anche riguardo al tema "salute", gl i

    intervistati hanno mostrato un grande

    interesse. A lla domanda "Quanto sei

    interessato alla salute personale?", con

    possibilità di risposta da 1 a 5, l’85% dei

    rispondenti ha dichiarato 4 e 5.

    Il trend salutista degli ultimi anni viene

    confermato anche dalla domanda successiva.

    Come mostrato nella Figura 2.2, una dieta

    sana ed equilibrata è al giorno d’oggi uno

    dei principali comportamenti che le persone

    assumono per garantire a loro stessi un

    corpo in salute. Addirittura "Seguire

    un’alimentazione sana" condanna ad un

    secondo posto "Evitare il fumo" insieme al

    perseguimento di attività fisica regolare, che

    sono state due delle più grandi asserzioni

    con cui siamo cresciuti.

    Sembra che il pensiero comune verta sul

    fatto che una giusta prevenzione possa

    anche diminuire i controlli medici, ma forse

    questo è anche sintomo di un impulsivo fai-

    da-te, che contraddistingue l’era di internet,

    dei social network e delle fakenews.

    Ribadendo il dato citato inizialmente (che

    manifesta palesemente un alto grado

    di attenzione alla salute personale) e

    confrontandolo con la Figura 2.2, ci si accorge

    a colpo d’occhio che c’è una discrepanza tra

    le intenzioni e i reali comportamenti. Infatti

    l’alcol, nonostante la sua pessima fama nel

    campo del benessere, viene apparentemente

    consumato senza problemi da chi si dichiara

    molto attento alla propria salute.

    Questo fat to sembra v iziare a lcune

    risposte del questionario sempre per una

    componente psicologica di desiderabilità

    sociale: gli intervistati, forse, non sono

    realmente interessati alla salute (o non nella

    misura in cui lo dichiarano), oppure il mito

    "un bicchiere di vino al giorno…" è ancora

    fortemente radicato nella nostra cultura.

    ALIMENTAZIONE SANA

    EVITARE IL FUMO

    FARE ATTIVITÀ FISICA

    CONTROLLI MEDICI

    EVITARE ALCOLICI

    88%

    73%

    71%

    62%

    34%

    D: QUALI DELLE SEGUENTI AZIONI FAI PER TENERTI IN SALUTE?

    Figura 2.2 Dati estratti dai risultati del questionario

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    A 57ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    Per indagare, quindi, quanto alcune

    affermazioni arrivino di fatto da un

    background culturale piuttosto che da una

    piena consapevolezza dell’argomento, è

    stata analizzata la domanda successiva

    del questionario. La domanda vuole

    approfondire la concezione di "alimentazione

    sana" di chi precedentemente ha dichiarato

    quest’ultima come azione per mantenersi in

    salute. Sia i risultati che la domanda stessa

    del questionario, sono rappresentati nella

    Figura 2.3, qui accanto.

    È già evidente come le risposte di maggior

    successo richiamino allo stereotipo della

    dieta variegata, come già accennato

    precedentemente in relazione alla dieta

    mediterranea. Anche "mangiare molte

    verdure" ha riscosso grande seguito: ci è

    stato sempre insegnato, fin da piccoli, che

    le verdure sono importanti. È inevitabile

    quindi osservare come gli intervistati

    conoscano la grande importanza delle

    verdure nella nostra dieta, ma son pronti

    a condannarla quando la dieta viene

    presentata come vegana: questo sarà oggetto

    di approfondimento nel prossimo paragrafo

    (v. par. 2.2.1).

    Risulta intuitivo capire dal grafico della

    Figura 2.3, che la carne bianca e il pesce

    vengono ancora visti come alternative

    salutari ad altri cibi di origine animale

    come la carne rossa, che comunque riesce

    a rimanere in piedi nonostante le grandi

    accuse da parte del l’Organizzazione

    Mondiale della Sanità e di molte figure

    professionali nel campo medico. In ogni

    caso, l’importanza data nel questionario ad

    una dieta povera di grassi saturi, produce

    un forte attrito con la scelta consapevole di

    mangiare prodotti animali, i quali sono i più

    grandi portatori di grassi saturi in tutta la

    piramide alimentare.

    Questo è l’ennesimo indizio che suggerisce

    una possibile mancanza di conoscenza

    approfondita delle diverse diete e che

    spinge probabilmente la maggior parte

    delle persone ad "intuire" il proprio piano

    alimentare sulla base del cosiddetto word of

    mouth (passaparola) e dell’adattamento della

    propria percezione della realtà.

    MANGIARE UN PO’ DI TUTTO

    PREDILIGERE INGREDIENTI INTEGRALI E NON RAFFINATI

    EVITARE CARNE ROSSA

    68%

    63%

    54%

    37%

    29%

    27%

    15%

    4%

    MANGIARE MOLTE VERDURE

    MANGIARE POCHI GRASSI SATURI

    EVITARE FORMAGGI E/O UOVA

    MANGIARE BIOLOGICO

    EVITARE CARNE BIANCA E/O PESCE

    D: SE HAI SCELTO “SEGUIRE UN’ALIMENTAZIONE SANA”, QUALI DELLE SEGUENTI AZIONI FAI PER TENERTI IN SALUTE CON L’ALIMENTAZIONE?

    Figura 2.3 Dati estratti dai risultati del questionario

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    A 59ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    Come accennato precedentemente, per

    quanto riguarda l’indagine nel campo

    etico, è stata utilizzata una strategia di

    generalizzazione del sentimento provato

    verso gli animali, senza distinzione

    particolare tra animali cosiddetti "da reddito"

    e quelli domestici. Inizialmente è stato

    chiesto agli intervistati se, generalmente

    parlando, sono amanti degli animali, con

    la possibilità di scegliere una risposta

    tra: "Sì", "No", "Non in modo eccessivo".

    Successivamente è stata posta la domanda

    che chiedeva se i rispondenti fossero o meno

    possessori di animali.

    Incrociando i dati di queste due domande

    iniziali, si è potuto risalire alla differenza

    di sentimento verso gli animali che,

    statisticamente, distingue i possessori dai

    non possessori. Come si può notare nella

    Figura 2.4, c’è un generale sentimento

    positivo verso gli animali, con un prevedibile

    aumento sostanziale nei possessori, fino

    ad arrivare all’86,5%. I rispondenti "No" alla

    domanda "[…] sei un amante degli animali?"

    fanno parte solo della categoria dei non

    possessori e, comunque, corrispondono

    solamente al 2,4%. Tutti gli altri rispondenti

    che non hanno scelto la risposta "Sì", hanno

    comunque dimostrato solo un leggero

    interesse verso gli animali.

    Infine, come mostrato nell’infografica di

    Figura 2.4, i possessori di animali vivono

    principalmente con cani e gatti, come

    prevedibile.

    Questi dati possono risultare particolarmente

    interessanti per eventuali leve di marketing

    da utilizzare successivamente nel progetto,

    ad esempio cercando di a l largare la

    sensibilità, già presente per gli animali

    domestici, verso gli altri cuccioli o animali

    sfruttati negli allevamenti.

    D: IN GENERALE, SEI UN AMANTE DEGLI ANIMALI?

    NON POSSESSORI DI ANIMALI

    2%

    45% 52%

    POSSESSORI DI ANIMALI

    13%

    87%

    Sì NON IN MODOECCESSIVO NO

    D: IN GENERALE SEI UN AMANTE DEGLI ANIMALI?

    D: SE POSSIEDI ANIMALI, QUALI?

    Figura 2.4 Dati estratti dai risultati del questionario

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    ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    Nell’ultima parte del questionario, è stato

    chiesto indirettamente agli intervistati,

    di esprimere la propria opinione in merito

    al veganesimo. Inizialmente è stata posta

    una domanda che ha voluto indagare su

    come la vegan label venga percepita dal

    pubblico onnivoro, ponendo una semplice

    domanda come mostrato nella Figura 2.5

    accanto. All’interrogativo "Come pensi si

    debba chiamare una mozzarella fatta con

    il latte di riso al posto di quello vaccino?",

    la maggioranza delle persone intervistate,

    precisamente il 60%, ha risposto che la

    mozzarella in questione si debba chiamare

    con il nome del proprio ingrediente, senza

    dover quindi aggiungere un’etichetta, forse

    superflua. A seguire, meno della metà dei

    rispondenti "Mozzarella di riso" hanno

    dichiarato che secondo la loro opinione il

    prodotto in questione non abbia il diritto di

    utilizzare il nome "Mozzarella", in quanto

    per definizione "non è un prodotto caseario"

    (citando una risposta del questionario).

    Infine, praticamente una persona onnivora

    su dieci, pensa che la mozzarella prodotta con

    il latte di riso, posso portare con sé il suffisso

    "vegana". Questi risultati suggeriscono

    chiaramente che l’etichettatura "Vegan" non

    sia ben accetta o addirittura, in buona fede,

    neanche consigliata.

    È stato poi chiesto ad ogni partecipante

    di rispondere ad una domanda aperta

    che indagava sull’opinione del pubblico

    onnivoro riguardo ad una scelta vegetariana

    e vegana. I risultati sono stati sorprendenti,

    trovando gran parte della popolazione

    indagata in accordo con il fatto che essere

    vegani sia una scelta estrema e quasi

    pericolosa. Vince piuttosto il vegetarismo,

    che viene paragonato ad un veganesimo

    soft, simpatico, accettabile. Un altro

    fattore interessante e di cui tener conto è

    quello dell’associazione unica e immediata

    del veganesimo al cibo: in realtà i vegani

    seguono uno stile di vita, non solo una dieta,

    che prevede quindi l’applicazione dei suoi

    principi in svariati campi, come ad esempio

    quelli dell’abbigliamento, dei cosmetici e

    dei farmaci; esternamente, invece, "Vegan"

    assume il significato di pratica estremista

    dedita al rifiuto di certi tipi di cibo. Parte

    degli estratti di queste risposte vengono

    rappresentati nella Figura 2.6.

    MOZZARELLAVEGANA

    NON SI DEVE CHIAMARE

    MOZZARELLA

    MOZZARELLADI RISO 60%

    26%

    14%

    D: COME PENSI SI DEBBA CHIAMARE UNA MOZZARELLA FATTA CON IL LATTE DI RISOAL POSTO DI QUELLO VACCINO?

    Figura 2.5 Dati estratti dai risultati del questionario

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    ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    “la vegana per me è troppo estremista.”"La scelta vegetariana è comprensibile, mentre la scelta vegana la considero estrema."

    "Non sono d'accordo, essendo onnivori, abbiamo bisogno di varietà nella dieta"

    "Sono favorevole alla scelta vegetariana. La vegana mi sembra eccessivamente limitante."

    "Una dieta di esclusione non può apportare tutti gli elementi

    di una dieta completa e bilanciata."

    "Non condivido la scelta vegana e apprezzo di più quella vegetariana.""Il troppo stroppia."

    "Non sono d’accordo sull’estremismo."

    "È una scelta difficile e forse estrema."

    "Folle, estremista, poco equilibrata."

    "Capisco quella vegetariana ma non quella vegana."

    "Vegetariana lo condivido ma non lo pratico. Vegano non lo capisco."

    Figura 2.6 Citazioni tratte dal questionario

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    ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    2.2 Insights

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    ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    2.2.1 L’IMPORTANZA DI NON CHIAMARSI VEGAN

    Come dimostrano i risultati del questionario,

    l’attenzione verso temi quali la salute e

    l’ambiente è elevata in questo periodo

    storico e coinvolge persone di ogni età. In

    ultima battuta è stato dimostrato inoltre

    un sentimento profondo e benevolo verso

    gli altri esseri viventi, che consideriamo

    dei veri e propri individui appartenenti al

    nucleo familiare. Tutti questi sono valori

    ormai radicati nella nostra società che nel

    tempo potranno solo essere approfonditi e

    tramandati.

    Esiste quindi un contenitore che si

    dichiara portavoce di questi valori, quali

    la sostenibilità ambientale, sociale e il

    benessere umano e animale?

    Ovviamente si sta parlando di quel

    movimento che ha preso l’attenzione di tutti

    i precedenti capitoli: il veganesimo.

    È stato dimostrato però che in generale,

    il sentiment provato verso tutto ciò che

    viene chiamato vegano non è in alcun

    modo positivo. Perché, quindi, le persone

    dovrebbero ripudiare uno stile di vita che

    rispecchia in gran parte tutti i loro valori?

    Per capire questa discordanza dobbiamo,

    a l lora, cambiare punto di v ista ed

    allontanarci dal contenuto valoriale del

    movimento vegan e delle persone che lo

    rinnegano. Probabilmente questi valori

    non sono stati percepiti nel modo corretto,

    quindi non sono stati comunicati in maniera

    efficace: è ciò che rappresenta questi valori

    che le persone ripudiano maggiormente.

    Questo spiega anche il motivo per cui la

    gente mangia volentieri vegano fintanto che

    non ne è a conoscenza. Dalla pizza marinara

    di "Gennaro", alla pasta e fagioli della nonna,

    dai famosi biscotti Oreo od i classici Oro

    Saiwa ad un più caratteristico panino coi

    falafel di "Mimmo il kebabbaro", il cibo

    vegano viene consumato quotidianamente

    e con gusto anche dagli onnivori: è quando

    viene inserita l’etichetta "Vegan" che anche

    una semplice pasta al pomodoro può

    diventare cibo incriminato.

    […] un altro (più modesto) esempio di odio verso il Vegan,

    si è verificato durante il mio compleanno, l'altro giorno.

    Per festeggiare ho portato in ufficio una borsa vegana

    di Candy Kittens per i miei colleghi. Mentre l’editore si

    è stupito di quanto fossero deliziosi, gli altri giornalisti

    hanno rifiutato di prenderne uno dopo aver scoperto che

    erano vegani.

    "Assolutamente no", rispose uno, "Non mi fido di questo

    – perché dovrei desiderare un dolce vegano?"

    Preferiva mangiare un dolce pieno di ossa di manzo bollite

    piuttosto che di piante. (cfr. Larbinov, 2018)

    “DULCE ET DECORUM EST”

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    A 69

    ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    Questo accade perché la parola Vegan

    nel tempo ha accumulato una serie di

    connotazioni legate ad una vera e propria

    guerra di pensiero per l’ottenimento di

    diritti per gli animali, una rivoluzione

    pacifica nelle azioni ma aggressiva nella

    comunicazione, portando a pregiudicare

    un individuo vegano come un hippie, un

    ribelle, una minaccia. Se un tempo questo

    ruolo veniva aggiudicato ai vegetariani,

    con l’avvento dei vegani i primi sono stati

    graziati dall’opinione pubblica. Il vegano è

    diventato l’estremista, colui che ha voluto

    esasperare il concetto di vegetarismo. Anche

    la consonanza tra le due parole ha creato

    inevitabilmente una gerarchia di gravità

    che porta il vegano ad essere un vegetariano

    estremo e radicalista.

    Per questo motivo la vision di tutti i genitori

    è vedere i propri figli mangiare frutta e

    verdura, ma nel momento in cui si realizza

    attraverso il veganesimo, iniziano ad

    avere serie preoccupazioni e insicurezze a

    riguardo.

    L’essere Vegan, posa poi le sue fondamenta in

    un concetto comunicativamente esclusivo:

    pone l’individuo davanti ad una scelta di

    appartenere o meno ad un gruppo, togliendo

    indirettamente la possibilità a chi non ne fa

    parte, di poter mangiare il cibo etichettato

    col nome del gruppo stesso. È così che si

    costruisce un muro tra chi è vegano e chi

    non lo è, tra il cibo vegano e il cibo normale,

    generando una connotazione assolutamente

    negativa e di privazione in tutto ciò che

    viene associato alla parola Vegan. Come

    lo zucchero "dei diabetici" o la pasta "per

    celiaci", qui si è creato il cibo "per vegani".

    A proposito di questo Pat Brown, CEO di

    Impossible Food dichiara:

    P E R M O LT E P E R S O N E , L A CONCEZIONE DI VEGANO È QUELLA DI QUALCUNO CHE PUNTA LORO UN DITO SE MANGIANO PRODOTTI DI ORIGINE ANIMALE. IO SONO VEGANO. MA PER MOLTE PERSONE QUESTA PAROLA – È QUASI COME UN CULTO. (CFR. SABUR, 2018)

    Non è importante essere qualcosa,ma fare qualcosa.

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    A 71ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    Sono stati analizzati i vari aspetti della scelta vegan, in rapporto all’interesse del consumatore non vegano. Ambiente, salute ed etica sembrano prendere negli ultimi anni una grande fetta di attenzione pubblica, in maniera abbastanza bilanciata tra loro.Possono quindi, questi tre aspetti, diventare una motivazione abbastanza granitica per spingere il consumatore ad acquistare un prodotto senza ingredienti di origine animale?Per rispondere a questa domanda bisogna innanzitutto capire quanto l’interesse del pubblico verso ognuna di queste tematiche, si trasformi poi in azioni concrete, che il pubblico stesso sia disposto a perseguire fermamente ed autonomamente.

    Partendo dall’etica, si può dedurre che, per quanto le persone siano affezionate agli animali (in particolare quelli domestici), la dissonanza cognitiva (v. par. 1.2.1) che si manifesta quando li trovano nel piatto, impedisce la maggior parte di loro di

    prendere consapevolezza riguardo le proprie azioni. Per lo stesso motivo, molte delle campagne di sensibilizzazione risultano poco efficaci quando mostrano le crudeltà degli allevamenti: molti spettatori possono chiudere il contenuto ad alto impatto emotivo e il messaggio si ferma lì, nel canale dove è stato distribuito. A proposito di questo, Melanie Joy al seminario "Comunicazione vegan efficace",24 ha spiegato a molti attivisti vegani quanto sia importante non rendere le altre persone dei «testimoni involontari». Continua affermando che non è sempre eff icace mostrare apertamente delle scene di violenza, poiché c’è il rischio che involontariamente generiamo dei traumi nello spettatore: traumatizzare è un iter comunicativo decisamente scorretto, che può creare nell’interlocutore un senso di violenza psicologica, ponendo se stesso come vittima e l’attivista come carnefice.

    Per quanto riguarda la salute, già è stata osservata la copiosa mole di preconcetti riguardo alla salubrità della scelta vegana (v.

    par. 1.1.2). È sufficiente quest’informazione per capire quanto sarebbe dispendioso utilizzare una leva così svantaggiosa, che richiederebbe essa stessa un lungo impegno strategico per poter almeno ridurne il pregiudizio. È forse necessario ribadire il concetto che gli obiettivi di questo lavoro non vertono sul recupero diretto dell’equity vegana, ma innanzitutto sull’avvicinamento del pubblico al consumo di prodotti cruelty-free, con la conseguente diminuzione dei prodotti animali.

    L’ambiente invece risulta essere la scelta migliore sulla quale far leva e non solo per l’incompatibilità delle prime due opzioni. L’attenzione verso l’eco-sostenibilità in questo momento storico è vertiginosa e lo confermano i dati del questionario come anche il movimento del "Fridays for future" sviluppatosi dalle proteste di Greta Thumberg, che coinvolge ormai milioni di adulti e ragazzi in manifestazioni che si espandono a macchia d’olio nelle maggiori capitali mondiali e non solo (https://www.

    fridaysforfuture.org/statistics/list-towns). Data l’emergenza climatica prevista, si può essere sicuri del fatto che questo sarà un trend che non potrà permettersi di calare in breve tempo, quindi se l’interesse per l’ambiente ora è stato guadagnato con l’esigenza, più avanti verrà mantenuto alto dalla consapevolezza.L’unico fattore che ancora proscrive le persone da l l ’a ssu n z ione d i u n comportamento sostenibile nel contesto alimentare, è semplicemente una mancanza di conoscenza ed educazione al tema, che può diventare un elemento cardine nella progettazione della strategia digitale.

    2.2.2 LA LEVA DI MARKETING

    24 tenutosi a Milano il 13 e 14 Aprile 2019

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    A 73ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    2.3 Case study: Beyond Meat®

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    A 75ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    2.3.1 LA VERA LEVA

    L’oltre-carne? Che cos’é? Beyond Meat® è

    una start-up americana che ha re-inventato

    la carne, ottenendo un successo mondiale e

    posizionandosi in borsa con crescite viste

    raramente nel mondo finanziario degli

    ultimi anni (Gennai, 2019).

    Il prodotto di lancio dell’azienda è stato il

    Beyond Burger, definito da loro come "il

    primo burger al mondo che assomiglia, si

    cucina e gratifica come un burger di manzo,

    ma è fatto interamente da piante, senza

    OGM, soia o glutine".

    Il CEO di Beyond Meat®, Ethan Brown, ha un

    obiettivo preciso che è fondamentalmente

    quello di cambiare nella testa delle persone la

    loro definizione di carne. La leva di marketing

    utilizzata maggiormente dall’azienda è

    l’eco-sostenibilità del prodotto, rispetto al

    suo concorrente principale, che è la carne.

    Ethan Brown e il suo team hanno capito che

    in questo momento storico e, per cause di

    forza maggiore, nel futuro prossimo, ciò che

    farà la differenza sul mercato sarà il basso

    impatto ambientale delle aziende e dei

    prodotti. Questo è ciò che vuole il pubblico,

    i giovani e, quindi, il mondo di oggi e di

    domani. Tutto lo scopo della loro attività

    viene infatti racchiuso nella dichiarazione

    "Noi crediamo che esista un modo migliore

    per sfamare il pianeta", che continua con la

    sanzione dei loro obiettivi e la loro missione:

    LA NOSTRA MISSIONE È QUELLA DI CREARE IL FUTURO DELLE PROTEINE (THE FUTURE OF PROTEIN ®) – DELIZIOSI BURGER VEGETALI, SALSICCE E ALTRO – DIRETTAMENTE DALLE PIANTE. IL NOSTRO OBIETTIVO È QUELLO DI PERMETTERE ALLE PERSONE DI MANGIARE IN MAGGIOR QUANTITÀ CIÒ CHE AMANO, COME DEGLI HAMBURGER DALL’OTTIMO SAPORE, FORNENDO UN’OPZIONE MIGLIORE PER LA SALUTE UMANA E PIÙ SOSTENIBILE PER IL PIANETA. (BEYOND MEAT OFFICIAL WEBSITE, 2019)

    Beyond Meat® promette infatti

    un’alternativa che riduce più del 90% i

    consumi di acqua, suolo, gas serra e il 46% in

    meno di energia (come mostrato nella Figura

    2.7). Questo è possibile grazie all’utilizzo

    esclusivo di ingredienti vegetali, che come è

    stato mostrato nel capitolo 1, ha un fattore di

    conversione delle risorse in cibo nettamente

    favorevole rispetto ai prodotti animali o

    derivati.

    Figura 2.7 Infografica di Beyond Meat che spiega la sostenibilità dei propri processi produttivi

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    A 77ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    2.3.2 LA GIUSTA STRATEGIA

    Il successo di questa azienda però è

    molto più recente della sua nascita, nel 2009;

    la motivazione è correlata principalmente

    alla storia del suo "posizionamento di

    mercato", o meglio, al suo "posizionamento

    nel supermercato".

    Brown ed il suo team decisero che il modo

    migliore per veicolare il messaggio che

    Beyond Meat® fosse «una carne fatta

    meglio» e quindi riuscire ad entrare nel

    ventaglio di scelte del consumatore, era

    quello di presentare il loro prodotto al

    supermercato, nello scaffale della carne,

    affianco quindi al convenzionale hamburger

    di manzo. Tuttavia, quando il prodotto

    uscì, i supermercati lo presentavano al

    consumatore nella sezione vegetariana/

    vegana. Il prodotto non ebbe il successo

    previsto e Brown capì che i supermercati

    non credevano nella loro mission. L’azienda

    ritirò i prodotti dagli scaffali.

    Brown non si scoraggiò e infine la catena

    Whole Foods decise di dargli una chance,

    proponendo i Beyond Burger nel reparto

    carne dei propri supermercati. Da quel

    momento, il prodotto iniziò a decollare e

    si guadagnò l’ingresso nel listino di tutta la

    catena Whole Foods. Man mano l’hamburger

    conquistò terreno, sino ad entrare nei

    centinaia di ristoranti Carl’s Jr. e Tyson Food;

    Brown non perse tempo e fece debuttare

    Beyond Meat® al NASDAQ, con un valore di

    1,5 miliardi di dollari. Nei mesi successivi le

    Ipo subirono un violento strappo al rialzo,

    con un balzo del 500% (Ibidem).

    Questo è un esempio eclatante di come una

    giusta comunicazione e strategia, possano

    decidere le sorti di un brand e, più in grande,

    anche del mondo (tenendo conto della

    missione preposta). La scelta di inserire

    il prodotto nel reparto carne e, quindi,

    dissociarlo dalla vendita di cibo vegetariano/

    vegano, si è dimostrata vincente. Questa

    strategia però, comprendeva anche altre

    scelte comunicative, nascoste agli occhi del

    consumatore: Beyond Meat® non ha nessun

    legame con la parola Vegan!

    Nelle linee guida di comunicazione del brand,

    viene assolutamente raccomandato di non

    associare in nessun modo l’hamburger in

    questione al mondo vegano: sul packaging

    non c’è scritto "Vegan", non viene certificato

    dall’etichetta "VeganOk", il panino presentato

    nel menù dei ristoranti non può contenere la

    parola "Vegan" al suo interno.

    Questa è una dimostrazione di come

    l’eliminazione dell’etichetta Vegan possa

    aprire le porte ad un mondo disposto a

    non mangiare animali, ma non disposto a

    sentirsi in colpa.

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    A 79ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    2.3.3 VERSO L'INFINITO E OLTRE

    Il Beyond Burger non si ferma ai tradizionali ristoranti stelle

    e strisce, ma riesce a mettere il piede dentro l’enorme scarpa dei fast

    food. McDonald’s introduce per la prima volta un hamburger

    di finta carne nei suoi menù e l’esperimento sarà limitato

    inizialmente a 28 punti in vendita in Canada, inclusa

    Toronto, dove per 12 settimane da lunedì sarà

    possibile ordinare un P.L.T., ovvero "plant,

    lettuce, tomato". La scalata non si ferma al

    Sig. Ronald, ma continua conquistando già

    635 ristoranti Subway con il The Beyond

    Meatball™ Marinara, oppure con la salsiccia

    Beyond Sausage™ nel menù di Dunkin.

    L’ultimo nuovo prodotto che promette un altro

    grande cambiamento delle abitudini di consumo

    alimentare, è la finta carne di pollo. Visti i consumi

    estremi di questo alimento negli ultimi anni,

    Beyond Meat® ha visto bene di sperimentare

    una nuova linea di prodotto dedicata. Il Beyond

    Chicken è in fase di test nei punti vendita del

    colosso del pollo Kentucky Fried Chicken

    (KFC), che finora ha riportato risultati

    sorprendenti, con un sold-out del

    prodotto in meno di cinque ore dal

    lancio.

  • 2.4 Case study: Dott.ssa Silvia Goggi

    Con grande piacere ho avuto la possibilità di incontrare faccia-a-faccia la Dott.ssa Silvia Goggi, Medico Specialista in Scienze dell’Alimentazione.Silvia, come si farebbe chiamare lei, oltre ad essere coautrice delle linee guida internazionali per la pianificazione di diete a base vegetale, esercita nel suo studio privato e presso l’Humanitas San Pio X, dove risiede il primo ambulatorio dedicato a mamme e bebè che seguono un’alimentazione vegetale.Si può intuire quanto possa essere delicato il ruolo del medico che affronta il tema dell’alimentazione durante la gravidanza e lo svezzamento, soprattutto se si parla di alimentazione vegana. Gli stereotipi e la paura delle carenze proteiche creano alti muri attorno a questo argomento e i mass-media approfittano della situazione per costruirvi un tetto e chiudere definitivamente la questione.In questo clima inquisitorio, anche la via più democratica dei social-media diventa un terreno difficile su cui far coltivare conoscenza e innovazione. Gli unici che sopravvivono e che possono trasmettere in modo efficace un messaggio, sono i bravi comunicatori.Silvia è un grande medico non solo per le sue conoscenze e la sua esperienza, ma anche per aver capito che il bene del paziente dipende dalla sua volontà di stare bene e quindi, prima di tutto, da come gli viene comunicato il problema e come gli viene comunicata la soluzione.

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    ANALISIX LA TERRA DIMEZZO

    Seguo la Dott.ssa su Instagram da quasi un anno. Oltre all’interesse personale riguardo agli argomenti trattati, ho sempre apprezzato il modo inclusivo con il quale comunica e il suo derivante seguito di pubblico non vegano: per ironia della sorte, chi mi ha informato del suo profilo, è stato proprio un conoscente onnivoro.Perché il profilo "silviagoggi