William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui...

20
Cura e introduzione di Gabriele Baldini Con un testo di Harold Bloom Ho gettato via il tempo, ed ora il tempo getta via me. William ^ ^ C D Riccardoii Estratto della pubblicazione

Transcript of William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui...

Page 1: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

Cura e introduzione di Gabriele Baldini

Con un testo di Harold Bloom

Ho gettato via il tempo, ed ora il tempo getta via me.

William

C D

Riccardo ii

Estratto della pubblicazione

Page 2: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

Opere

William

Page 3: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

Gabriele Baldini (Roma, 1919-1969), saggista, traduttore, critico

letterario e cinematografico, è stato direttore dell’Istituto Italiano di

Cultura a Londra e docente di Letteratura inglese a Roma.

La sua fama, in Italia e all’estero, è legata ai suoi meriti accademici

in anglistica e americanistica: dai suoi studi sono nati saggi di rilie-

vo, come Poeti Americani 1662-1945, Melville o le ambiguità, John Webster e il linguaggio della tragedia. È stato il primo curatore di

una rigorosa edizione dell’intero corpo degli scritti di Shakespeare,

in tre volumi: Opere Complete nuovamente tradotte e annotate

(Classici Rizzoli, 1963). Fanno ancora scuola la sua storia del teatro

inglese – Teatro inglese della Restaurazione e del ’700, La tradizio-ne letteraria dell’Inghilterra medioevale, Il dramma elisabettiano –,

le sue lezioni su Le tragedie di Shakespeare e il fortunatissimo Ma-nualetto shakespeariano.

Estratto della pubblicazione

Page 4: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

Williamz z

Estratto della pubblicazione

Page 5: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

WILLIAM SHAKESPEARE - OPERE

Edizione speciale su licenza per Corriere della Sera

© 2012 RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Quotidiani, Milano

Direttore responsabile Ferruccio de Bortoli

ISBN 9788

Proprietà letteraria riservata

© 19 3-2012 RCS Libri S.p.A., Milano

Titolo originale dell’opera:

Traduzione di Gabriele Baldini

Per il testo di Harold Bloom tratto da Shakespeare. L’invenzione dell’uomo© 2001 RCS Libri S.p.A.

Titolo originale dell’opera:

Shakespeare: the Invention of the Human© 1998 by Harold Bloom

Traduzione di Roberta Zuppet

Quest'opera è protetta dalla Legge sul diritto d'autore.È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

via Sol erino 28, 20121 Milano

Sede Legale via Rizzoli 8, 20132 Milano

f

Prima edizione digitale da edizione LLIAM SHA ESPEARE - OPERE WI2012 2012K

e note

15 – Riccardo II

9788861261

The Tragedy of King Richard the Second

5

525

Estratto della pubblicazione

Page 6: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

PRESENTAZIONEdi Harold Bloom

Questo dramma lirico forma un trio con Romeo e Giu-lietta, una tragedia lirica, e con Il sogno di una notte di mezza estate, la più lirica tra le commedie. Benché sia la meno popolare fra le opere citate, Riccardo II è eterogenea ma superba ed è il migliore tra tutti i drammi storici di Shakespeare, fatta eccezione per la Falstaffiade, composta dalle due parti di Enrico IV. Gli studiosi hanno denomi-nato Enriade la tetralogia formata da Riccardo II, dalle due parti di Enrico IV e da Enrico V, ma al termine di Riccardo II Hal viene definito un buono a nulla dal padre, l’usurpa-tore Bolingbroke, e nelle due parti di Enrico IV il principe svolge un ruolo secondario rispetto al titanico Falstaff. A mio parere l’Enriade comprende soltanto Enrico V, per-ché in quell’opera il vivace Falstaff rimane lontano dalla scena, anche se il discorso più vivido del testo è il raccon-to della morte del cavaliere da parte di Mistress Quickly. Anche in Riccardo II si sente la mancanza di Falstaff, la cui assenza priva il dramma del principale punto di forza shakespeariano, l’invenzione comica dell’umano. L’autore, che amava sperimentare nuovi metodi, scrisse Riccardo II come una lirica metafisica allargata, concetto che parrebbe impossibile applicare a un dramma storico. Ma per Shake-speare tutto è possibile.

Riccardo II è un re cattivo e un interessante poeta metafi-sico; i due ruoli sono antitetici, tant’è vero che la sua sovrani-tà diminuisce man mano che la sua poesia migliora. Alla fine, è un re morto, prima costretto ad abdicare e quindi assassi-nato, ma quel che ci riecheggia nelle orecchie è il suo finto

Estratto della pubblicazione

Page 7: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

lirismo metafisico. Sovrano sciocco e inetto, vittimizzato sia dalla propria psiche e dal proprio straordinario linguaggio sia da Bolingbroke, Riccardo non conquista tanto la nostra comprensione quanto la nostra riluttante ammirazione este-tica per il tramonto della sua musica cognitiva. È insieme un politico incompetente e un maestro della metafora. Se Riccardo II non è convincente come tragedia (a parere del dottor Johnson), ciò accade perché l’opera studia il declino e la caduta di un eccellente poeta, che, guarda caso, è anche un essere umano inetto e un pessimo re. È meglio conside-rare Riccardo II più una cronaca che una tragedia e vedere il protagonista non come un cattivo o un eroe, bensì come una vittima, soprattutto della propria indulgenza verso se stesso, ma anche del potere della propria immaginazione.

Nel dramma non troviamo alcun brano in prosa, in par-te perché non vi è un Falstaff a recitarlo. Benché Gaunt e altri personaggi pronuncino discorsi pregevoli, Shakespeare si concentra quasi esclusivamente su Riccardo. Bolingbroke, l’usurpatore, non possiede quasi alcuna interiorità e marcia inesorabile dalla politica al potere senza destare il nostro in-teresse. Sono d’accordo con Graham Bradshaw nell’affermare che il personaggio shakespeariano dipende dai legami e dai contrasti stabiliti all’interno di determinati drammi, per-ché, nei suoi momenti di maggior forza, la rappresentazione shake speariana è in grado di spezzare tutti i legami e offuscare tutti i contrasti. Riccardo non è poi una rappresentazione tanto forte, motivo per cui rientra in quella che potremmo chiamare legge di Bradshaw: Bolingbroke è il contrasto ne-cessario senza il quale Riccardo non sarebbe Riccardo, l’au-todistruttore lirico.

Lo stesso protagonista ribadisce più volte quest’idea me-diante potenti metafore. L’orizzonte trascendentale oltre il quale la legge di Bradshaw non potrebbe funzionare non esi-ste in Riccardo II che, a differenza del Sogno di una notte di mezza estate e Romeo e Giulietta, non contiene alcun elemento

Page 8: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

trascendentale paragonabile al sogno di Bottom e alla genero-sità di Giulietta. L’immaginazione del sovrano è intrappolata nella prigione solipsistica del suo irascibile io, anche quando, in veste di re consacrato, il protagonista invoca la sacralità del proprio ruolo. Nonostante l’opinione di molti studiosi, Shakespeare non dedica la sua arte a un profondo ricono-scimento della sovranità come fattore trascendentale. L’idea dei due corpi del re, uno naturale, l’altro quasi sacramentale, viene espressa più volte da Riccardo, ma la sua testimonianza è a dir poco equivoca. Anche le celebrazioni della sovranità contenute in Enrico V ed Enrico VIII presentano le loro sottili ironie. È impossibile attribuire a Shakespeare una posizione precisa, sia essa politica, religiosa o filosofica. Nei drammi vi è sempre qualcosa che preannuncia la spiegazione nietzschiana della metafora: il desiderio di essere diversi, il desiderio di trovarsi altrove.

Per i lettori e gli spettatori moderni, una caratteristica cu-riosa di Riccardo II è il suo straordinario formalismo. Forse perché la sua unica azione è un’abdicazione rimandata, cui segue l’assassinio del re, questo dramma è l’opera shake-speariana più convenzionale prima di Enrico VIII e dei Due nobili congiunti. Talvolta il formalismo funziona perfetta-mente, come accade nella scena dell’abdicazione, ma in altri casi ci lascia perplessi. Ecco Riccardo e la Regina che si dico-no addio per sempre:

Regina. E dobbiamo essere divisi? Dobbiamo separarci?Riccardo. Sì, amor mio: la mano dalla mano, il cuore dal cuore.Regina. Esiliateci entrambi, e mandate il re insieme con me.Northumberland. Sarebbe in un certo senso amore, ma cattiva politica.Regina. Allora lasciate che vada anch’io dov’egli va.Riccardo. Così due, piangendo insieme, fanno un solo dolore. Tu va a piangere per me in Francia. Io piangerò per te qui.

Estratto della pubblicazione

Page 9: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

Meglio lontani che vicini quando la felicità resta più che mai lontana. Va’; tu misura i tuoi passi con i sospiri, io i miei con i lamenti.Regina. Così il viaggio più lungo avrà i più lunghi lamenti.Riccardo. Gemerò due volte ad ogni passo perché il mio viaggio è più breve, e col cuore grave lo renderò più lungo. Vieni, su, siamo brevi nel corteggiare il dolore giacché sarà tanto lungo il dolore che sposeremo. Un bacio ci chiuderà la bocca e ci separeremo in silenzio: così ti do il mio cuore, e così mi prendo il tuo.Regina. Restituiscimi il mio cuore; non sarebbe bene che m’impegnassi a tenermi il tuo per ucciderlo. Ecco, ora che ho di nuovo il mio, va’, perché io possa tentare di ucciderlo con un gemito.Riccardo. Facciamo del dolore un gioco frivolo indugiando in queste tenerezze.

[V.i.81-102]

Il brano citato qui sopra è dotato di grande eleganza formale, e le sue frasi solenni possono essere lette come espressioni di riserbo e nobile dignità, caratteristiche che accomunano la coppia reale. Vi sono inoltre alcune convenzioni letterarie che Shakespeare rispetta per l’intero passo, sfruttandole, quando è necessario, per ottenere un esito a volte ironico grazie alle variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal pathos. Ci stupiamo di Riccardo, ammiriamo il suo linguaggio, ma non soffriamo mai insieme a lui, nemme-no quando viene deposto e in seguito ucciso. Questo è il più controllato e stilizzato tra i drammi storici. Si tratta essenzial-mente di un’opera sperimentale, che cerca i limiti del lirismo metafisico e si rivela molto efficace se ne accettiamo i termini piuttosto rigorosi.

Page 10: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

2

Ignorando bellamente il Riccardo degli atti I e II, Walter Pa-ter elogia il regale masochista degli atti III, IV e V definen-dolo un «poeta squisito». Non dobbiamo mai sottovalutare le ironie di Pater; il grande critico dell’Aesthetic Movement non era affatto interessato ai moralismi e sapeva bene che Riccardo era un uomo vuoto, ma intendeva giudicare un poe-ta solo in quanto poeta. Come disse lui stesso con insolito vigore: «No! I re di Shakespeare non sono, e non sono nati, per essere grandi uomini». Vari critici illustri affermano che Riccardo II non è e non è nato per essere un grande e nemme-no un buon poeta. A.P. Rossiter pensa che il sovrano sia «un poeta davvero mediocre», e Stephen Booth afferma che non è in grado di distinguere la manipolazione delle parole dalla manipolazione delle cose. Riccardo II è ricco di ironie sintat-tiche e metaforiche, e Shakespeare sembra volerci mettere in difficoltà di fronte a ogni frase pronunciata dai personaggi del dramma. Almeno da questo punto di vista, l’opera è un preludio ad Amleto. Infatti, solo di rado il principe danese vuol dire quel che dice e dice quel che vuol dire; come ho osservato in precedenza, Amleto preannuncia l’affermazione di Nietzsche, secondo cui troviamo le parole solo per ciò che è già morto nel nostro cuore e nell’atto del parlare vi è dunque sempre una sorta di disprezzo. Quando, nell’atto V, Riccardo comincia ad assomigliare a una parodia prolettica di Amleto, diffidiamo più che mai del re, ma ci accorgiamo anche che il protagonista tenta di abbagliarci sin dall’atto III, scena ii, anche se con uno splendore esclusivamente verbale. Da quel momento in avanti, le iperboli di Riccardo sono così com-plesse che a volte mi domando se Shakespeare avesse letto alcune delle poesie giovanili di Donne, che rimasero inedi-te fino alla pubblicazione di Canzoni e sonetti, avvenuta nel 1633, due anni dopo la morte di Donne. Ciò è, ahimè, molto improbabile; Riccardo II fu scritto nel 1595, e, anche se di

Estratto della pubblicazione

Page 11: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

certo Shakespeare lesse qualche componimento di Donne, messo in circolazione gratuitamente sotto forma di mano-scritto, è più verosimile che siano state le Elegie ovidiane a trasformarsi in Canzoni e sonetti. Non ha alcuna importanza, poiché Shakespeare inventa la poesia metafisica nei pianti e nei soliloqui del sovrano; forse Donne assistette a una rap-presentazione di Riccardo II, e l’influenza (o la parodia) andò così nell’altra direzione. In un modo o nell’altro, i due metodi hanno molto in comune, sebbene Donne sia il vero poeta metafisico e Riccardo sia un rapsodo noioso e problematico del martirio regale. I suoi paragoni tra se stesso e Gesù so-no intollerabili, anche se, sul piano tecnico, non appaiono blasfemi, poiché il re non crede di condividere qualcosa con Cristo se non il fatto di essere l’eletto di Dio.

Dal momento che non possiamo amare Riccardo e nes-suno riuscirebbe ad amare l’usurpatore Bolingbroke, Shake-speare non ha difficoltà a distanziarci dalle uniche due azioni del dramma, l’abdicazione e l’assassinio. A prescindere dal giudizio dei critici sul talento poetico del re, gli ultimi tre atti dipendono quasi del tutto dall’originalità e dal vigore del suo linguaggio. Forse potremmo dire che Riccardo possiede l’eloquenza di un grande poeta ma è carente dal punto di vista della varietà, poiché l’unico argomento sono le sue sofferenze, soprattutto le umiliazioni che è costretto a subire pur essendo il sovrano legittimo. La sua condotta regale è esemplificata, alla fine dell’atto I, dalla reazione di fronte alla malattia mor-tale dello zio, Giovanni di Gaunt, padre di Bolingbroke, che ora tornerà dall’esilio per deporre Riccardo. Il vero Giovanni di Gaunt era solo uno dei tanti aristocratici avidi, magari un po’ più onesto degli altri, ma Shakespeare, avendo bisogno di un oracolo per il dramma, gli assegnò il ruolo di profeta pa-triottico. L’atto I si conclude con l’insensibilità di Riccardo:

Ora, Dio, ispira al suo medico l’ideadi aiutarlo a scendere presto nella tomba.

Estratto della pubblicazione

Page 12: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

La fodera dei suoi forzieri servirà a fare le giubbedei nostri soldati che andranno a fare la guerra in Irlanda.Venite, signori, andiamo a fargli visita.Preghiamo Dio di farci arrivare troppo tardi pur facendo in fretta.

[I.iv.59-64]

Si tratta di uno splendido prologo antitetico alla famosa pro-fezia pronunciata da Gaunt sul letto di morte, e la sua palese malvagità fa da contrappunto alla spontaneità del nobile:

Mi pare d’essere un profeta illuminato da una nuova ispirazione,ed ecco il presagio che spirando faccio su di lui:la sua sfrenata, furiosa fiammata di dissolutezza non potrà durareperché gl’incendi violenti si consumano presto;le pioggerelle minute durano a lungo, ma i temporali improvvisi hanno breve durata;si stanca presto chi presto dà troppo di sprone;il cibo troppo avidamente ingozzato soffoca il mangiatore ingordo;la follia sconsiderata, cormorano insaziato,consumando i propri mezzi, divora rapidamente se stessa.Questo superbo trono regale, quest’isola scettrata,questa terra maestosa, questo seggio di Marte,questo secondo Eden, questo mezzo paradiso;questa fortezza che la natura s’è costruitaper difendersi dal contagio e dalla mano della guerra;questa felice razza d’uomini, questo piccolo mondo;questa gemma incastonata nell’argenteo mare,il quale la protegge dall’invidia di nazioni meno felicicome una muragliao come il fossato d’un castello;quest’angolo benedetto, questa terra, questo regno, quest’Inghilterra,questa nutrice, questo fecondo grembo di principi regali,temuti per la loro stirpe, famosi per nascita,celebrati per le loro impreseal servizio della fede cristiana e della vera cavalleria,compiute fin nella lontana caparbia Giudea,

Estratto della pubblicazione

Page 13: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

dov’è il sepolcro del redentore del mondo, il figlio di Maria;questa patria di tali anime generose, questa cara, cara terra,cara per la reputazione che gode in tutto il mondo,è ora ceduta in affitto – ne muoio a dirlo –come un podere qualunque, come una comune cascina.L’Inghilterra, cinta dal mare trionfante,la cui costa rocciosa respinge l’invido assediodell’acquoso Nettuno, è ora assediata dalla vergogna,da carte macchiate d’inchiostro e da ipoteche scritte su cartapecora marcia.Quell’Inghilterra ch’era usa a sconfiggere gli altri,ha inflitto a se stessa un’ignominiosa disfatta.

[II.i.31-66]

Questa splendida tirata patriottica, insieme a una declama-zione analoga pronunciata da Enrico V nell’omonimo dram-ma, ebbe la sua eco più sonora nella Londra del 1940-1941, quando l’Inghilterra si oppose da sola a Hitler. Entrambi i discorsi sono ammirevoli dal punto di vista dell’eloquenza, ma sono difficili da analizzare. Shakespeare ci stupisce di-cendo che questo nuovo paradiso sarà il seggio di Marte, una divinità che di solito non viene associata all’Eden. Giovanni di Gaunt pronuncia inoltre un’involontaria profezia ironica (quella riguardante le crociate regali «al servizio della fede cri-stiana e della vera cavalleria»), poiché, alla fine del dramma, suo figlio Bolingbroke, salito al trono con il nome di Enrico IV dopo aver assassinato Riccardo II, giurerà di espiare l’omi-cidio guidando una crociata:

Farò un viaggio in Terrasantaper lavare la mia mano colpevole di questo sangue.

La «caparbia Giudea», già devastata dai re inglesi a York e a Gerusalemme, non aveva nulla da temere da Enrico IV, la cui crociata si limiterà alla sua stessa morte nella sala Geru-salemme del palazzo. Il fervore dei crociati sarà ereditato da Enrico V, che non lo sfogherà contro gli ebrei bensì contro i

Page 14: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

francesi, come il pubblico ben sapeva. Proviamo meno sim-patia per Giovanni di Gaunt nei suoi momenti profetici che nei momenti in cui rimprovera Riccardo per i suoi saccheggi commerciali: «Ora tu sei il padrone dell’Inghilterra, non il re». Una volta morto Gaunt, Riccardo ne confisca senza scru-poli «il vasellame, le monete, i redditi e tutti i beni mobili».

La vendetta arriva nei panni di Bolingbroke, che giunge in Inghilterra accompagnato da un esercito e riceve il benvenuto di molti aristocratici. Al termine dell’atto II cominciamo a comprendere il linguaggio della politica utilizzato nel dram-ma. Insieme ai suoi sostenitori, Bolingbroke afferma di essere tornato solo per l’eredità, per diventare duca di Lancaster, ti-tolo che un tempo era di suo padre, Giovanni di Gaunt. Tutti sanno però che il futuro Enrico IV è tornato per la corona, e Shakespeare tratterà approfonditamente tale ipocrisia con magistrale abilità fino al momento dell’abdicazione forzata. Così, mentre Riccardo è impegnato nella guerra in Irlanda, Bolingbroke giustizia, a nome di Riccardo, tutti gli amici del re che riesce ad acciuffare e invia messaggi affettuosi alla re-gina di Riccardo, il che significa che la donna è ormai prigio-niera. Shakespeare ci ha preparati per uno dei maggiori colpi di scena dell’opera, quando Riccardo, di ritorno dall’Irlanda, sbarca sulla costa gallese, ignaro di essere già stato deposto.

3

L’autodistruzione di Riccardo II, già in fase avanzata prima del ritorno del re, viene sancita dai discorsi e dai gesti del suo rientro. Il suo saluto alla terra gallese, con cui implora quest’ultima di sollevarsi contro Bolingbroke, e le parole pro-nunciate in difesa della propria iperbole sono infatti patetici:

Non c’è niente da ridere nella mia invocazione a cose insensibili, signori.

Estratto della pubblicazione

Page 15: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

Deve pure avere sensibilità questo suolo, e queste pietrecomportarsi come guerrieri armati che il sovrano della terra natiavacilli sotto i colpi vibrati dalle armi della turpe ribellione.

[III.ii.23-26]

Il pathos aumenta quando Riccardo paragona se stesso al sole nascente, l’immagine meno adatta per un uomo su cui il sole è già tramontato:

Così, quando questo ladro, questo predone, Bolingbroke,che in tutto questo tempo s’è sfrenato di nottementre noi viaggiavamo agli antipodi con altri uomini,ci vedrà sorgere all’oriente sul nostro trono,le sue fellonie appariranno nel rossore della sua faccia,ed egli, incapace di reggere lo sguardo del giorno,tremerà atterrito da se stesso per il proprio peccato.Nemmeno tutta l’acqua del mare rude e violentopuò portar via il crisma d’un re consacrato.La voce di creature terrene non può deporreil vicario eletto dal Signore.Per ogni uomo che Bolingbroke ha costrettoa levare il suo acciaio acuminato contro la nostra aurea corona,Dio per il suo Riccardo mantiene al suo soldo celesteun angelo sfolgorante. E se gli angeli combatteranno,gli uomini impotenti dovranno soccombere, perché sempre il Cielo protegge il diritto.

[III.ii.47-62]

La visione delle schiere di angeli armati tradisce la curiosità di Riccardo sulla posizione dell’esercito gallese, che si è sciolto il giorno precedente, dopo aver udito voci sulla morte del sovrano. Quando si accorge di essere stato abbandonato da tutti, il protagonista si lascia andare a un’eccessiva disperazio-ne, espressa da Shakespeare con tanta ricchezza da superare in eloquenza i drammi precedenti:

Estratto della pubblicazione

Page 16: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

Non importa dove sia. Nessuno dica parole di conforto.Parliamo di tombe, di vermi, di epitaffi;facciamo della polvere la nostra carta e con occhi che piovon lagrimeiscriviamo il dolore sul seno della terra.Scegliamo gli esecutori testamentari e dettiamo le nostre ultime volontà.E nemmeno questo, perché quale eredità possiamo trasmetterese non i nostri corpi distesi alla terra?I nostri possedimenti, le nostre vite, tutto è di Bolingbroke,e noi non possiamo più dir nulla nostro tranne la morte,e quel pugno di sterile terra che servirà di pastae involucro per il calco delle nostre ossa.Per amor di Dio, sediamoci sul terrenoe raccontiamo tristi storie di come muoiono i re:come alcuni siano stati deposti, altri uccisi in guerra,altri perseguitati dagli spettri di coloro che essi avevano deposto,o avvelenati dalle proprie mogli, uccisi nel sonno,assassinati tutti; perché nel cavo della coronache cinge le tempia mortali d’un re,la morte tiene la sua corte; lì siede quella buffona,ne schernisce la maestà e ne irride la pompa,concedendogli un breve respiro, una piccola parte sulla scena,perché tiranneggi, sia temuto e uccida con gli sguardi;gonfiandolo di fatuo orgoglio e vane fisime,come se questa carne, che cinge la nostra vitacome una muraglia, fosse di bronzo inespugnabile. E, dopo averlo così illuso,arriva alla fine e con uno spillinoperfora il muro del suo castello, e addio re!Copritevi il capo, e non beffate la carne e il sanguecon solenne ossequio; gettate via il rispetto,le tradizioni, le forme, la cerimoniosa riverenza,perché in tutto questo tempo non avete fatto che scambiarmi per quello che non sono.Io vivo di pane come voi, sento le necessità,

Estratto della pubblicazione

Page 17: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

provo il dolore, ho bisogno di amici come voi: se sono come voi soggetto a tutto questo,come potete dirmi che sono re?

[III.ii.144-177]

Per capire ciò che questo discorso non vuole essere, pensate al «Pompa regale, ecco la tua medicina!» di Lear. Nel ricono-scimento della mortalità umana da parte del grande Lear, vi è un’apertura verso tutti gli altri, verso i poveri nudi miserabili, ovunque essi siano, che subiscono l’impietosa tempesta insie-me a lui. Riccardo si apre solo a Riccardo e a tutti i sovrani uccisi prima di lui. Si apre però anche alla più nobile poesia, con un’intensità vernacolare che ci lascia di stucco:

Per amor di Dio, sediamoci sul terrenoe raccontiamo tristi storie di come muoiono i re.

Ancor più efficace è quel «e con uno spillino», un tocco di nuo-va grandezza poetica. Il tono masochista del lungo discorso si illumina quando Riccardo apprende che anche il duca di York, suo reggente, si è schierato dalla parte di Bolingbroke, tanto che i sostenitori del re sono ormai ridotti a un misero gruppetto:

[Ad Aumerle] Ti colga un malanno, cugino, che m’hai distoltodal dolce sentiero sul quale m’ero avviato verso la disperazione.

[III.ii.204-205]

A questo punto, la disperazione di Riccardo si accresce, in-ventando forse quella che è diventata un’ulteriore caratteri-stica dell’umano, la nostra tendenza a parlare come se le cose non potessero andare peggio, e, dopo aver origliato il nostro stesso discorso, a peggiorarle. Riccardo si trasforma nell’an-titesi di Edgar, l’anti-Riccardo di Re Lear, che ci commuove con il suo grande discorso all’inizio dell’atto IV:

Estratto della pubblicazione

Page 18: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

Però è meglio così, sapere che si è disprezzatipiuttosto che essere disprezzati e adulati a un tempo. L’essere il peggio, la cosa più infima e infamata dalla sorte fa pur sempre sperare, e non temere. I cambiamenti davvero lamentevoli sono dal meglio;dal peggio si ritorna alla risata. Sii dunque benvenuta,aria senza sostanza che ora abbraccio!Il disgraziato che hai sospinto al peggionulla deve alle tue raffiche.

[Re Lear, IV.i.1-9]

Qui e altrove, il lettore si chiede se i contrasti tra Riccardo II e re Lear non siano voluti. Riccardo non riesce a credere che «dal peggio si ritorna alla risata» più di quanto riesca a imitare le sgomente preoccupazioni di Lear per gli altri esseri umani. Edgar si pone su un piano ancor più subli-me rispetto a Riccardo quando guarda il padre accecato: «Il peggio non è peggio finché si può ancor dire “Questo è il peggio”». Tuttavia, Riccardo non smette mai di assecondare il gioco di Bolingbroke, cedendo un regno mentre costrui-sce litanie metafisiche:

Che deve fare il re adesso? Deve fare atto di sottomissione?Il re lo farà? Deve essere deposto?Il re si rassegnerà. Deve perdereil nome di re? In nome di Dio vada anche quello.Darò i miei gioielli per una corona del rosario,il mio sontuoso palazzo per una cella d’anacoreta,i miei sgargianti vestiti per un saio di mendicante,i miei calici cesellati per una ciotola di legno,il mio scettro per un bordone di palmiere,i miei sudditi per un paio di santi scolpitie il mio vasto regno per una piccola tomba,una tomba piccina piccina, una tomba oscura;oppure mi farò seppellire in una fossa scavata sotto una delle vie maestre del mio regno,una via battuta da tutti, dove i piedi dei sudditipossano ad ogni ora calpestare la testa del loro sovrano;

Estratto della pubblicazione

Page 19: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

giacché ora che son vivo calpestano il mio cuore.Aumerle, tu piangi, cugino dal tenero cuore!Faremo il cattivo tempo con le nostre lagrime disprezzate;i nostri sospiri e le nostre lagrime faranno coricare il grano estivoe porteranno la carestia a questa terra in rivolta.O ci baloccheremo con i nostri dolorie faremo una bella gara a chi versa più lagrime?Per farle cadere tutte in un postoe così scavarci due tombe per esserci sepolti: «Qui giacciono due congiuntiche si scavarono la tomba con le lagrime dei loro occhi!»Un tal pianto non farebbe colpo? Bene, bene, m’accorgoche parlo a vanvera e tu ridi di me…Potentissimo principe, mio signore Northumberland,che cosa dice re Bolingbroke? Vorrà Sua Maestàdare a Riccardo licenza di vivere finché Riccardo non morrà?Se gli fate un inchino voi, Bolingbroke dirà di sì.

[III.iii.143-175]

Quando comincia, Riccardo non riesce più a fermarsi, come accade in «una piccola tomba, una tomba piccina piccina, una tomba oscura». Questa ossessiva autocommiserazione offende i critici moraleggianti, ma emozionò Yeats, il grande poeta irlandese che riconobbe in Riccardo un’immaginazione apocalittica. La brillante fantasia che produce le lacrime di Riccardo possiede un’ironia visionaria nuova in Shakespeare e anticipatrice di Donne. Il primo dialogo tra Riccardo, il re che si è autodistrutto, e il vincitore Bolingbroke conferisce a tale capacità ironica una complessità teatrale anch’essa nuova per la produzione shakespeariana:

Bolingbroke. Fate largo tutti e rendete omaggio a Sua Maestà. (Inginocchiandosi) Mio grazioso signore.Riccardo. Buon cugino, voi umiliate il vostro principesco ginocchio lasciando che la vile terra s’inorgoglisca baciandolo. Preferirei che il mio cuore sentisse il vostro affetto

Estratto della pubblicazione

Page 20: William - storage.googleapis.com · variazioni di tono. A differenza di Romeo e Giulietta, in cui l’effetto è travolgente, Riccardo II cerca di distanziarci il più possibile dal

e non che il mio occhio vedesse, senza compiacersene, la vostra genuflessione. Su, cugino, alzatevi. Il vostro cuore è su, lo so, tanto su almeno, sebbene il vostro ginocchio sia in basso.Bolingbroke. Mio grazioso signore, vengo soltanto a chiedere ciò ch’è mio.Riccardo. È il vostro, sono vostro io, è vostro tutto.Bolingbroke. Siate mio, veneratissimo signore, in proporzione all’affetto che i miei lealissimi servizi meriteranno da voi.Riccardo. E lo meritate bene; meritano bene di avere coloro che conoscono il modo più forte e più sicuro di ottenere. (A York) Zio, datemi le vostre mani; no, asciugatevi gli occhi; le lagrime dimostrano il loro amore ma difettano dei rimedi. (A Bolingbroke) Cugino, sono troppo giovane per essere vostro padre, sebbene abbiate l’età per essere mio erede. Quello che vorrete, io darò, e volentieri anche, perché dobbiamo fare ciò che la forza vuole che noi facciamo: partire per Londra. Cugino, non è deciso così?Bolingbroke. Sì, mio buon signore.Riccardo. Allora non debbo dire di no. (Fanfara. Escono)

[III.iii.187-209]

Ci si potrebbe chiedere: «Ma che cos’altro potrebbe fare Ric-cardo?». La risposta è: «Niente, se non semplificare ancor più le cose a Bolingbroke». Qui Riccardo si compiace delle proprie ironie, ma queste ultime si riveleranno fatali per lui, anche se, sul piano estetico, sono molto appaganti per Shake-speare e per noi.

Il delicato interludio che segue (atto III, scena iv) dà modo alla Regina di parlare della catastrofe che si è abbattuta sul marito definendola «una seconda caduta dell’uomo danna-to», ma tale dichiarazione non è più convincente dei tentativi di Riccardo di paragonare la propria prova a quella di Cristo.

Estratto della pubblicazione