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TUTTO FILA Quando incontri l’omino aiuta clienti, lui ti aiuterà a ogni costo. - Non lo prenda il numero le ripeto - Ma - Non lo prenda le dico, non c’è fila - Ma Mi strappa il numeretto dalle mani - lo dia a me questo, che dopo può servire a qualcun altro - Ma - Ora non c’è fila, vada, vada Quindici sportelli, una persona ad ogni sportello, anzi un utente, o meglio un cliente a ogni sportello. Mi metto in coda a uno a caso, quello che ora chiama il numero 245. Lo sportello si libera, il display avanza. Non c’è nessuno nei paraggi. Mi alzo, appoggio la borsa sulla mensolina davanti al vetro, sorrido alla signora e le passo i documenti. - Il suo numero prego

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TUTTO FILA

Quando incontri l’omino aiuta clienti, lui ti aiuterà a ogni costo.

- Non lo prenda il numero le ripeto

- Ma

- Non lo prenda le dico, non c’è fila

- Ma

Mi strappa il numeretto dalle mani

- lo dia a me questo, che dopo può servire a qualcun altro

- Ma

- Ora non c’è fila, vada, vada

Quindici sportelli, una persona ad ogni sportello, anzi un utente, o meglio un cliente a ogni sportello.

Mi metto in coda a uno a caso, quello che ora chiama il numero 245.

Lo sportello si libera, il display avanza.

Non c’è nessuno nei paraggi.

Mi alzo, appoggio la borsa sulla mensolina davanti al vetro, sorrido alla signora e le passo i documenti.

- Il suo numero prego

- Ma

- Il suo numero

- Ma

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- Numero?

- Ma

- 246, 247

- Ma

- Si sposti prego, 248

- Ma

La palla di fuoco che mi salta dall’esofago alla fronte nei casi di violenza, frustrazione, ingiustizia e insofferenza , la sento, è già arrivata sotto la lingua.

Mi avvicino al distributore di numeri e cerco, per incendiarlo, l’omino aiuta-clienti.

È uscito, dal vetro sembra più vecchio, fuma, no, non fuma, fa entrare la signora, le apre la porta, la porta

è a spinta, la precede, le fa strada, eccolo, torna fuori.

Prendo il numero da pulsante numero uno, nessun numero, mica dovrò metterci un euro. Cambio pulsante,

premo e niente. Resta solo il pulsante 3. Funziona. Numero 291.

Torno a sedermi davanti alla schiera di sportelli. La signora del vetro di prima fa karaoke col display

e chiama i numeri.

Arriva un collega, la chiama in disparte. Si parlano sottovoce. Lei tira fuori dalla borsetta il telefonino, cerca qualcosa da far vedere all’altro, ora ridono e continuano a parlare fitto fitto sempre gli occhi fissi sul display del telefonino.

Stavolta lo trovo seduto dietro di me, solerte e soddisfatto.

- Quello sportello è in pausa, si sposti più in là, vada di là che quello è libero, vede?- Ma

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Potrei cambiare sportello, ma le altre file sono scolpite nella roccia, fisse lì ormai da 35 minuti. Provo a ignorare il consiglio e continuo a puntare il mio sportello.

- Vada di là signora, quello sportello si libera subito

L’omino sorride e fa ancora capolino da dietro la mia sedia, mi passa il braccio sopra la spalla e tende il palmo della mano rivolto in su verso lo sportello, è rosa, molto rosa, è una mano da bambino.

- Ma

- Signora ascolti me, che son qua apposta

- Ma

- Su, su vada

Mi alzo spinta dalla palla di fuoco che è adesso alla radice dei capelli, sulla fronte e li tira verso l’alto

sollevandomi completamente, poi assume forma elicoidale e mi fa strada tra le sedie, unicorno di fuoco

che punta lo sportello consigliato, dove si sono appena bloccati i terminali e le relative signore, dietro e

davanti al vetro.

Dodici e quarantacinque. Al vetro del mio ex sportello torna la mia signora della pausa.

Si siede, mette in ordine dei fogli. Li conta.

- Vede, la signora di là è libera, vada vada

- Ma

- Vada che le passano avanti

- Ma

- Glielo consiglio

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- Ma

La palla di fuoco rientra alla base del cranio, passa ai timpani e preme forte, scotta sulle tempie, risuona

crepitìo di falò sulla nuca.

Dodici e cinquantacinque. Mi avvicino e ci provo.

- 254, 255, 256

- Ma

- 257? No? si sposti

- Ma

- Devono passare tutti i numeri, 258

- Ma

- 259? Allora si sposti prego

Mi risiedo, la palla di fuoco ha carbonizzato i denti e sta salendo alla narice destra. Apre il respiro e brucia

l’ossigeno, crea una lacrimazione all’occhio sinistro che presto fa evaporare. Si sdoppia, si divide anzi in

tre, in quattro piccole palle di fuoco che schizzano al pollice della mano destra, all’anulare della sinistra, alla

pianta del piede destro, al tallone del sinistro, quattro, cinque sei palle di fuoco che si autogenerano e

diventano dieci centocinquanta palline di fuoco pompate dal sangue nelle pieghe del collo del

ginocchio, sul lobo sinistro, destro e diventano sempre sempre più bollenti e piccole e veloci.

Leggo. Rileggo, imparo a memoria il giornale.

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- Signora posso aiutarla?

Lui, lui di nuovo ha le mani sempre più rosa, aperte coi palmi verso l’alto, sopra vedo un batuffolo rosa più

acceso fingo di non vederlo però devo capire, è una Bigbabol, una Bigbabol, e un’altra ce l’ha in bocca sa

di fragola, troppo.

- Vuole?

- Ma

- Peccato ho solo questa, vediamo se quel signore laggiù ha una caramella per lei

- Ma

- Comunque come vede manca poco, è fortunata signora, non c’è fila

- Ma

- Glielo avevo detto, che ci sto a fare?

Il display è veloce, i numeri passano e schizzano via come le palline di fuoco che ormai a milioni mi giocano

a rubabandiera sulla schiena, e a due a due le sento che si strappano a gara la palla gigante che le ha generate,

che torna e mi scende e risale dalle scapole, la sento, scivola e poi viene afferrata da quelle più piccole che la

trascinano via e poi torna e il fuoco e il fumo là dentro mi appannano gli occhi e vedo solo il collo della

signora del vetro che si gonfia e inspira a numero precedente e espira a quello dopo.

Cerco complicità tra gli avventori, nessuno intorno a me reagisce.

Adesso le minuscole particelle si stanno chiamando cercando tutte tornano al punto unico e si radunano qua

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sotto l’ascella, e ridiventano la palla di fuoco che ormai risale compatta dalla spalla al collo fino all’occhio

destro di nuovo. Chiazze. Vedo a chiazze l’omino che torna e mi porge una caramella al latte e menta. E’ dai tempi dell’asilo che mi fa vomitare latte e menta

- Ma

- Si ha ragione vada faccia in fretta

- Ma

- Ne ho trovata solo una, intanto vada che là è libero.

Scatto in piedi e vado allo sportello.

- 292, 293

- Ma

L’omino mi raggiunge, mi strattona.

- Lei non avrà mica il 291? Faccia vedere

- Ma

La palla di fuoco è all’occhio sinistro adesso e sta avviandosi alla fronte.

- Lei ha preso il numero per file rapide

- Ma

- Doveva prendere fila generica

- Ma

- Meno male che sono qua. Un attimo che chiedo cosa si può fare

Si alza e va dalla signora dietro lo sportello. Le parla all’orecchio. Lui scuote la testa e allarga le braccia. Eccolo che ritorna.

- Per questa volta va bene ma state attenti con questi numeri

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- Ma

- È facile c’è scritto, ma sbagliate sempre

- Ma

- Sono le tredici lo sa che chiudiamo alle tredici?

- Ma

- Eh? Va bene mancano due minuti veloce però.

Passo sotto il vetro i miei documenti

-Spiacente non c’è linea.

- Ma

- 292, 293

- Ma

Poi chiude la tendina. La palla di fuoco mi spinge ormai dalla nuca, preme e faccio fatica a guardare davanti,

mi piega la testa col mento fino al collo, è pesante la palla di fuoco, è di fuoco.

Mi allontano guardando ormai solo a terra e l’omino aiuta-clienti mi segue felice per accomiatarmi all’uscita.

All’improvviso mi sento leggera leggera, riesco a sollevare la testa e sento un gran fresco, frescura

d’estate, venticello soave.

Mi volto e vedo solo un piccolo uomo che brucia e gente che scappa e i vetri dei dodici sportelli che si

sciolgono. Mi siedo a guardare vicino alla macchina dei numeri che sta vomitando i bigliettini, i pulsanti

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sono ormai liquidi. Le poltroncine dell’attesa sono tanti falò nel deserto della sala, i display sono rossi

fluorescenti e lampeggiano numeri non in sequenza, qualcuno ride forte, mi accorgo che sono io, gli

impiegati portano in salvo i soldi ma le monete sono intoccabili e le banconote solo cenere. Stendo le gambe,

il fuoco mi circonda e non mi raggiunge, la mia palla di fuoco rotola allegra intorno ai cartelloni della

pubblicità “clientefelice”, rotola e diventa due, tre, dieci, venti palline di fuoco e ogni palla di fuoco ne genera

altrettante ed è tutto un prato di girasoli infuocati e fiammelle feroci soavi che divampano e fuochi rampicanti che arrivano ai bocchettoni dell’aria e li fondono.

Poi in sincrono le palle di fuoco convergono verso l’omino aiuta clienti, un girotondo di palle di fuoco che si riuniscono fino a diventare una sola di nuovo una unica palla di fuoco gigante.

La mano rosa dell’omino aiuta clienti mi scuote il braccio.

- Se si addormenta, ci credo che le passano avanti- Ma- Come scotta signora, avrà mica la febbre?

Mi porge un numeretto che qualcuno ha buttato a terra andandosene disperato.

- Le volevo dare questo ma lei dormiva e non me la sono sentito di svegliarla- Ma- Solo che ora chiudiamo. Ci vediamo domani. Tanto come vede non c’è fila.