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Prof. Leandro Petrucci – classi quarte Effetti dei media La nozione secondo cui i media sono molto potenti e in grado di condizionare non solo le menti degli individui ma anche le istituzioni è ancora oggi molto diffusa nella coscienza comune. Oggi questo dibattito è ripreso e portato avanti da quanti sono preoccupati degli effetti deleteri causati dai contenuti divulgati apertamente Internet e sui Social. La ricerca sulla comunicazione ha inizialmente elaborato il modello degli "effetti forti", un modello in seguito messo in discussione da ricerche come The people’s choice di Paul Lazarsfeld e i Payne fund studies che hanno introdotto il modello degli "effetti limitati". Oggi gli studiosi sembrano sostenere una posizione che sta a metà strada fra questi due modelli. Vediamone una breve panoramica: La teoria dell’Ago ipodermico : spesso chiamata anche Bullet Theory è una teoria, tra gli anni ’20 e ’30 del Novecento in America, che considera i mass media come potenti strumenti persuasivi che agiscono direttamente su di una massa passiva e inerte: il messaggio sparato dal medium è iniettato direttamente nel cervello del ricevente, il quale ha un ruolo del tutto passivo. Il termine bullet significa "proiettile" ovvero il messaggio mediale che colpisce direttamente un soggetto, evidentemente senza possibilità di opporsi. Questa teoria si sviluppa negli anni in cui l'Europa è attraversata dal fenomeno nazista e fascista dove le masse, ancora inconsapevoli del reale potere dei mezzi di comunicazione di massa sono portate a sostenere tale tipo di regimi: infatti, i mass media sono in grado di inoculare sotto la pelle delle persone qualsiasi tipo di messaggio. È un modello comunicativo che può definirsi di stimolo-risposta: ogni messaggio produce naturalmente sul pubblico l’effetto desiderato poiché il pubblico è una massa di automi in balìa dei media. Harold Lasswell è stato il primo a tentare di mettere ordine nello studio dei media attraverso il “modello delle cinque W” (Who - emittente, What- i contenuti, Whom- i destinatari, Where- attraverso quale canale , What Effects – con quale effetto) che è stato il punto di partenza per studi successivi: secondo questo modello la comunicazione è un processo lineare, dove tra emittente e destinatario c’è una simmetria eccessiva e un’attenzione solo agli aspetti intenzionali e consapevoli 1

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Effetti dei media

La nozione secondo cui i media sono molto potenti e in grado di condizionare non solo le menti degli individui ma anche le istituzioni è ancora oggi molto diffusa nella coscienza comune. Oggi questo dibattito è ripreso e portato avanti da quanti sono preoccupati degli effetti deleteri causati dai contenuti divulgati apertamente Internet e sui Social. La ricerca sulla comunicazione ha inizialmente elaborato il modello degli "effetti forti", un modello in seguito messo in discussione da ricerche come The people’s choice di Paul Lazarsfeld e i Payne fund studies che hanno introdotto il modello degli "effetti limitati". Oggi gli studiosi sembrano sostenere una posizione che sta a metà strada fra questi due modelli.Vediamone una breve panoramica: La teoria dell’Ago ipodermico : spesso chiamata anche Bullet Theory è

una teoria, tra gli anni ’20 e ’30 del Novecento in America, che considera i mass media come potenti strumenti persuasivi che agiscono direttamente su di una massa passiva e inerte: il messaggio sparato dal medium è iniettato direttamente nel cervello del ricevente, il quale ha un ruolo del tutto passivo. Il termine bullet significa "proiettile" ovvero il messaggio mediale che colpisce direttamente un soggetto, evidentemente senza possibilità di opporsi. Questa teoria si sviluppa negli anni in cui l'Europa è attraversata dal fenomeno nazista e fascista dove le masse, ancora inconsapevoli del reale potere dei mezzi di comunicazione di massa sono portate a sostenere tale tipo di regimi: infatti, i mass media sono in grado di inoculare sotto la pelle delle persone qualsiasi tipo di messaggio. È un modello comunicativo che può definirsi di stimolo-risposta: ogni messaggio produce naturalmente sul pubblico l’effetto desiderato poiché il pubblico è una massa di automi in balìa dei media. Harold Lasswell è stato il primo a tentare di mettere ordine nello studio dei media attraverso il “modello delle cinque W” (Who - emittente, What- i contenuti, Whom- i destinatari, Where- attraverso quale canale , What Effects – con quale effetto) che è stato il punto di partenza per studi successivi: secondo questo modello la comunicazione è un processo lineare, dove tra emittente e destinatario c’è una simmetria eccessiva e un’attenzione solo agli aspetti intenzionali e consapevoli della comunicazione. Questa teoria è scientificamente insostenibile perché troppo deterministica, poiché non considera completamente il contesto e il pubblico è concepito come qualcosa di totalmente passivo, ma nonostante ciò ancora oggi gode di grande fama.

MODELLOS (timolo) → R (isposta)

La teoria degli effetti limitati o Teoria dei flussi a due stadi: nasce, intorno agli anni Quaranta, all’interno del campo degli studi sociologici, dove si attua il superamento dei due presupposti fondamentali della teoria dell’ago ipodermico: l’esistenza solo dello stimolo e della risposta senza considerare il contesto sociale. In questa teoria non si parla più di persuasione, ma di "influenze" del messaggio che, per essere efficace, deve essere costruito tenendo conto del contesto e del tipo di

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destinatario. Il modello comunicativo di questa teoria è di Stimolo-Variabili Intervenienti- Risposta (S-IV-R): le variabili intervenienti sono i caratteri socio-demografici e psicologici che mediano l’impatto dello stimolo e indirizzano la risposta. Questa teoria è stata sviluppata studiando le campagne elettorali americane e l'utilizzo dei media allo scopo di promuovere i candidati da cui sono stati rilevati tre tipi di effetti sugli elettori: 1. L’effetto di attivazione degli indecisi; 2. L’effetto di rafforzamento degli elettori già convinti su chi votare; 3.L’effetto di conversione del voto, ovvero di cambiamento della preferenza verso altri candidati, mediante una ridefinizione del problema. Di questi, l'effetto di conversione ha percentuali statisticamente trascurabili, mentre l'effetto di rafforzamento, che è prodotto dai media, è quello quantitativamente più importante, con il quale si sono potute consolidare le intenzioni di voto degli elettori già decisi. Paul Lazarsfeld, inoltre, ha rilevato un altro elemento importante che si denota dalle indagini compiute sul voto degli elettori: “la presenza di opinion leaders (persone ben informate), in grado di influenzare il resto dell'elettorato, e quindi l'esistenza di un flusso comunicativo a due stati (two-step flow), in cui i leaders d'opinione, ma anche le reciproche relazioni di tutti i componenti della collettività, mediano il rapporto tra i mass media e la gente”.1 La comunicazione elettorale, allora si verifica anche tramite contatti personali, fra cui quelli con la famiglia, con i colleghi di lavoro, con le associazioni di appartenenza e con i gruppi sociali e religiosi, secondo un modello piramidale di questo tipo:

media|

leader ed altri contatti|

udiencesQuindi, per la teoria degli effetti limitati, non è possibile analizzare né comprendere gli effetti dei mass media senza considerare il contesto sociale in cui agiscono, dove per contesto sociale si intende l’insieme organizzato delle relazioni sociali che avvolgono ogni membro di una comunità. I media, inoltre, possono rafforzare le convinzioni già presenti, ma non possono crearne di nuove o mutare radicalmente quelle esistenti: le relazioni sono più importanti dei contenuti.

La teoria degli Usi e Gratificazioni (teoria funzionalista) si è evoluta all´inizio degli anni ´60 all’interno dell’approccio struttural-funzionalista dal sociologo e studioso della comunicazione americano Elihu Katz. Questo modello è stato un cambiamento di paradigma per la ricerca sui mezzi di comunicazione poiché si studiano gli effetti della comunicazione (spesso generali, inattesi, di lungo periodo) anziché i suoi obiettivi (situati, di breve periodo). Katz, infatti, ritiene che il pubblico abbia un ruolo attivo nell´uso dei mezzi di comunicazione di massa e non sia per nulla da considerare come un soggetto puramente passivo e soggetto agli effetti, com’è stato considerato fino a quel momento. Centrale, allora, è il concetto di funzione: la domanda chiave diventa “che cosa fanno le

1 http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_degli_effetti_limitati2

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persone coi media?”. Questa teoria si basa su quattro pilastri fondamentali: 1) il pubblico è considerato come attivo: gli spettatori sono orientati verso uno scopo che essi cercano di realizzare attraverso l´uso dei mass media e questi ultimi cercano di colmare e rispondere ai bisogni del pubblico che utilizza il mezzo di comunicazione; 2) nel processo di comunicazione di massa gran parte dell’iniziativa nel collegare il bisogno di gratificazione e la scelta di quali media utilizzare rimane al pubblico: le persone utilizzano i media per il loro proprio vantaggio più di quanto i media usino loro; 3) i mass media competono con altre risorse per la soddisfazione dei bisogni del pubblico. Ogni persona ha diversi bisogni: i bisogni cognitivi, quelli affettivi-estetici, quelli integrativi a livello di personalità, quelli integrativi a livello sociale e quelli d’evasione. In risposta a questo, sono stati creati un largo raggio di possibilità per soddisfare queste necessità come la comunicazione diretta; 4. molti dei successi nell’uso dei media attraverso il soddisfacimento di informazioni possono essere raggiunti anche dalle persone con le loro personali capacità: le persone sono consce delle loro motivazione e scelte e che sono capaci di esporle verbalmente se necessario.

I cultural studies Si sviluppano dagli anni ’60 in Gran Bretagna e sono centrati sulle condizioni socio-economiche e sulle culture/sotto-culture. Condivide con gli “usi e gratificazioni” la sensibilità verso l’audience, ma si mostra ben più articolata nel rendere ragione della dimensione relazionale del consumo, attraverso la focalizzazione sulla ricezione nel contesto in cui essa ha effettivamente luogo. Nei C. S. è molto rilevante il ruolo del pubblico, che può leggere in modo diverso i codici del messaggio e del testo. E quindi si avrà:

Encoding

Emittente Messaggio/prodotto Mezzo Pubblico

DecodingLa cultura è quell’insieme di processi socialmente e storicamente situati attraverso i quali le persone comuni attribuiscono senso alla realtà. Il pubblico, quindi, interpreta i messaggi in modo differenziato e strategico, per conseguire obiettivi autonomi. Con questa teoria si passa dell’idea del pubblico singolo all’idea dei pubblici. Viene sviluppato il Modello Encoding-Decoding secondo cui il prodotto mediale è il risultato di un processo di “messa in codice” (Encoding) e di decodifica (Decoding) dove l’interpretazione può seguire strade e linee diverse. Ogni messaggio è un testo polisemico che il fruitore contribuisce attivamente a costruire. Il contributo fondamentale di qs scuola è l’aver sottolineato che ogni prodotto mediale (un film, articolo di giornale, ecc.) è oggetto di interpretazioni molto diverse, con il variare delle condizioni socio-culturali degli spettatori.

A partire dagli anni settanta del Novecento si assiste ad un progressivo abbandono del paradigma degli effetti limitati, in quanto l’attenzione si sposta dai cambiamenti di opinione a breve termine all’influenza delle comunicazioni di massa sulla costruzione sociale delle realtà, processo che presuppone tempi lunghi ed effetti cumulativi come l’

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Agenda setting. L’assunto di base è che la conoscenza e l’esperienza sono costruite in modo crescente attraverso i media, per cui l’ipotesi fondamentale di “agenda setting” afferma che sono i media stessi che affermano quali sono i temi e le problematiche importanti e su quali vale la pena soffermarsi. Stabiliscono, inoltre, l’ordine di priorità tra gli argomenti in agenda influenzando la rilevanza che il pubblico attribuisce ai problemi stessi. I media non dicono all’individuo che cosa pensare, ma definiscono gli ambiti rispetto ai quali pensare qualcosa, anche se si tiene conto degli interessi dell’individuo stesso. I media, quindi, esercitano una funzione di priming cioè un’attivazione differenziata delle informazioni che costituiscono gli ingredienti del giudizio e della decisione. Nella propaganda politica, i sondaggi assolvono tre funzioni indirette che riguardano la persuasione: la prima funzione è quella di consolidare e rilanciare l’immagine positiva di un determinato candidato e indebolire quella dell’avversario;la seconda è quella di indurre un effetto di agenda setting e l’ultima è quella di indurre un consenso vero e proprio tramite i meccanismi dell’influenza maggioritaria. Con l’avvento dei nuovi media, però, parte del potere dell’agenda potrebbe essere restituito agli individui, così di fronte alla difficoltà di catturare l’attenzione di questo tipo di pubblico sulle trasmissioni politiche, la propaganda si è orientata in maniera sempre più crescente sull’impiego di spot, un tipico strumento commerciale, che riguardano i leader contendenti, sulle loro caratteristiche personali o sugli aspetti inattesi o sorprendenti. Le ipotesi che stanno alla base di quest’idea sono due: la prima è che ci si aspetta che le persone che osservano frequentemente i telegiornali, privilegino criteri di decisione di voto che si basano più sull’immagine del candidato piuttosto che sulle posizioni politiche; la seconda ipotesi è che la frequenza delle discussioni con altri, concorre a rinforzare il legame fra identificazione e scelta di voto. I risultati di queste ricerche sulla propaganda politica sono diversi: a) è stato confermato che l’identificazione con uno schieramento, la distanza percepita fra sé e il candidato su un certo numero di temi del programma politico, il giudizio di competenza del candidato e il giudizio sulla persona del candidato sono tutti fattori predittivi del voto; b) è stato osservato che all’aumento dell’esposizione ai telegiornali aumenta il peso del giudizio di competenza del candidato e diminuisce il peso della distanza sé/candidato sui temi della scelta di voto; c) è stato notato, infine, che all’aumento delle discussioni interpersonali aumenta il peso dell’identificazione e aumenta anche il peso della distanza percepita sé/candidato sui temi della scelta di voto. Questi studi pionieristici, quindi, si sono concentrati prevalentemente sugli effetti individuali e di breve periodo cioè che si verificano subito dopo l’esposizione. Col passare del tempo e l’evoluzione dei media, gli studi su questi ultimi si sono spostati sugli effetti su scala collettiva e a medio-lungo termine cioè quegli effetti che avvengono dopo periodi di tempo più lunghi anche mesi o anni, anche se in molti casi sono difficili da studiare attraverso valori e schemi cognitivi.

La coltivazione televisiva: Secondo questa teoria il pubblico sostituisce gradualmente le concezioni assorbite dalla televisione a quelle soggettivamente maturate con l’esperienza. George Gerbner, negli anni settanta, parte dalla riflessione che i media sono agenti di socializzazione,

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di sostituzione della realtà e che il tempo determina l’effetto cumulativo della dipendenza. Blumer, però, già negli anni trenta aveva osservato le influenze dei media nell’impatto sugli schemi di vita dei giovani, ma solo con Gerbner si avrà uno studio degli effetti cumulativi a lungo termine dei media. L’idea principale, quindi, è che la televisione è un grande agente di socializzazione nei confronti di ampie comunità e che questo avviene attraverso la costruzione d’immagini e rappresentazioni mentali della realtà. Si vuole, in altre parole, individuare eventuali differenze tra chi dedica molto tempo al mezzo televisivo e chi è definito un telespettatore debole. Il processo di coltivazione, un processo gravitazionale, non è altro che un processo di “interazione” tra il telespettatore e il messaggio dei media. I limiti di questa teoria sono diversi: l’idea molto vicina alla teoria dell’ago ipodermico di un pubblico passivo, la mancanza di attenzione alla dimensione qualitativa, l’indimostrabilità dei nessi casuali tra quantità di esposizione televisiva e rappresentazione della realtà e l’idea che la televisione è la fonte primaria della cultura quotidiana. E’ in tal senso che i media, e in particolare la TV, coltivano rappresentazioni del mondo stereotipate, appiattite. L’individuo sarebbe così coltivato dalla televisione e tenderebbe ad assumere schemi di atteggiamento/comportamento dettati da essa. Ne consegue che l’individuo non soddisfa affatto il proprio bisogno originario (di interpretazione del reale), ma un bisogno di affabulazione (di sostituzione del reale con il verosimile).

Teoria della spirale del silenzio: Elizabeth Noelle-Neumann e il suo testo La Spirale del silenzio è stato pubblicato in Germania per la prima volta nel 1980, ma la sua teoria era già presente in un articolo del 1974. Rappresenta il ritorno alla riflessione sul potere dei media, in critica alle teorie degli effetti limitati. Nell’introduzione all’edizione italiana della Spirale del Silenzio, si sottolinea il paradosso che nonostante in democrazia si dia per acquisita la libertà di espressione, ancora esistono sanzioni, sulla base di «una minaccia alla reputazione che fa parte di leggi non scritte, ma non per questo meno evidenti». Se per Gerbner i media ci dicono cosa non pensare, secondo Noelle-Neumann essi ci dicono cosa non dire. La teoria di Neumann è stata la prima critica ufficiale al paradigma degli effetti limitati che sosteneva l’attività selettiva del ricevente. Attraverso una serie di test e la consultazione di sondaggi, E. Noelle-Neumann rileva che la sensazione di possedere un’opinione dissonante rispetto a quella dominante induce gli individui interrogati a non esprimere un’opinione o a conformarsi all’opinione percepita come maggioritaria. L’idea principale è che le persone sono molto motivate a evitare l’isolamento che è «la forza propulsiva che mette in atto il processo di spirale del silenzio». E per farlo elaborano rappresentazioni del clima di opinione dominante e tendono a comportarsi in linea con questa percezione. L’opinione pubblica ricopre una funzione di controllo sociale creando conformismo. Chi percepisce la propria opinione come minoritaria, tende a esporsi di meno creando, così, un processo a spirale: chi è portatore di opinioni di maggioranza, tende a dominare la scena, chi non lo è, tende a scomparire ed essere ridotto al silenzio per paura di essere isolato come “diverso”. Il processo di

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allineamento all’opinione dominante è un processo a spirale, in cui l’allineamento del singolo è rafforzato dall’allineamento degli altri: si crede in ciò che gli altri credono. Non a caso, l’autrice riprende Tocqueville e il concetto di tirannia della maggioranza, come il frutto di «un’insaziabile tensione all’uguaglianza» presente nell’opinione pubblica. Questo meccanismo rende un gruppo più forte di quanto non sia in realtà perché la sua forza è un’illusione ottica. Davison, poi, ha definito l’effetto terza persona: si tratta della tendenza a stimare l’influenza dei messaggi persuasivi veicolati dai mezzi di comunicazione di massa come più efficaci sulle altre persone rispetto all’influenza esercitata su di sé. I singoli, allora, mostrerebbero la tendenza a considerare se stessi come più capaci di altri di cogliere il tentativo di persuasione dei media. I media, data la loro immediatezza e la loro pervasività, sono la fonte di informazione principale e più accessibile per comprendere i clima di opinione prevalenti, cosicché un'idea dominante sugli schermi o nelle pagine di un giornale tenderà ad affermarsi nella formazione e nelle espressioni delle opinioni pubbliche. In tal senso, i media diffondono “miti”, opinioni dominanti che influenzano non solo le opinioni individuali, ma limitano attraverso l'effetto della spirale del silenzio,anche la qualità del dibattito pubblico e civile, escludendo dallo spettro del dialogo quelle idee eccessivamente stridenti se confrontate con quelle principali. La Neumann in questo modo afferma che i media di massa hanno il potere di scavalcare e di aggirare la legge della percezione selettiva, che è il fondamento della teoria degli effetti limitati, provocando sia un effetto di rafforzamento delle opinioni dominanti che un effetto di modifica e conversione delle opinioni contrastanti. La televisione, allora, secondo questa teoria, sottrae al pubblico la possibilità di selezionare tempi, modi e contenuti della fruizione per effetto della consonanza – fenomeno legato alla rappresentazione omogenea presentata dalle varie emittenti televisive -, della cumulatività – fenomeno legato ai caratteri di pervasività del mezzo e alla serialità e ripetitività dei contenuti - e dell’omogeneità. Questa teoria, nata per analizzare la comunicazione politica, è utile anche in altri contesti mediali per studiare il mutamento dei modelli culturali.

EXCURSUS: LA FINESTRA DI OVERTONThe Overton Window («La finestra di Overton»). Questo modello è stato elaborato negli anni '90 da Joseph P. Overton (1960-2003), l'ex vice-presidente del centro d'analisi americano Mackinac Center For Public Policy. La sua teoria è un intervallo di idee che possono essere recepite dalla società in un determinato momento e che possono essere apertamente enunciate dai politici che non vogliono passare per estremisti. Le idee attraversano le seguenti fasi: 1) Impensabili (inaccettabile, vietato); 2) Radicali (vietato, ma con delle eccezioni); 3) Accettabili; 4) Sensate (razionali); 5) Diffuse (socialmente accettabili); 6) Legalizzate (consacrazione nella politica statale).

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La tecnologia di manipolazione della coscienza della società per una graduale accettazione da essa delle idee considerate in precedenza aliene (ad esempio la revoca di un tabù), si basa sull'utilizzo di The Overton Window. La sostanza di questa tecnologia consiste nella divisione di un desiderato spostamento delle opinioni in alcuni step, ciascuno dei quali sposta l'accettazione delle idee di una fase, e una norma universalmente accettabile verso il suo margine. Ciò causa il successivo spostamento della «finestra» cosicché la posizione raggiunta si trova di nuovo al centro, il che dà una possibilità di compiere un ulteriore passo verso la fase successiva. I think tank producono e diffondono le opinioni oltre The Overton Window allo scopo di rendere la società più ricettiva a diverse idee. Quando un simile centro vuole introdurre un'idea che la società ritiene inaccettabile usa gradualmente il modello della «finestra».

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