Fogar Galliano - Sotto l'occupazione nazista nelle provincie orientali - ebook corretto

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galliano fogarsotto l'occupazione nazista nelle provincie orientaliDEL BIANCO EDITOREtutti i diritti riservatitipografia domenico del bianco - udine 1961Questo ebookQuesto ebook fa parte della serie di sei volumi lotta politica e resistenza nella venezia giulia, edita da Del Bianco e scaricabile interamente da internet previa facile ricerca.

I titoli della collana sono:1. Ventura, Carlo - La stampa a Trieste : 1943-1945 2. Silvestri, Claudio - Dalla redenzione al fascismo : Trieste 1918-19223. Apih, Elio - Dal regime alla resistenza : Venezia Giulia 1922-19434. Fogar, Galliano - Sotto l'occupazione nazista nelle provincie orientali5. Vuga, Francesco - La zona libera di Carnia e l'occupazione cosacca : (luglio-ottobre 1944)6. Sala, Teodoro - La crisi finale nel litorale adriatico : 1944-1945

I libri presentano svariati errori di ortografia, quasi nessuno stato corretto per l'ebook.

LOTTA POLITICA E RESISTENZA NELLA VENEZIA GIULIASaggi e documenti:N. 1 C. Ventura : LA STAMPA A TRIESTE 1943-45 (lire 400)N. 2 C. Silvestri : DALLA REDENZIONE AL FASCISMO (lire 500)N. 3 E. Apih DAL REGIME ALLA RESISTENZA V. Giulia 1922-1943 (lire 500)N. 4 G. Fogar : SOTTO L'OCCUPAZIONE NAZISTA NELLE PROVINCIE ORIENTALI(lire 600)In preparazione:T. Sala : UN ANNO DECISIVO TRIESTE 1944-45F. Vuga : LA ZONA LIBERA DI CARNIA E L'OCCUPAZIONE COSACCAPREMESSAQuesta non vuol essere una storia ma una cronaca commentata delle vicende del movimento di resistenza italiano nella Venezia Giulia durante l'occupazione nazista fra l'8 settembre 1943 e il dicembre 1945, in particolare del CLN triestino e dei suoi rapporti col movimento slavo. Entro questi limiti, pu ritenersi un contributo a pi approfonditi studi sulla recente storia giuliana ed un motivo di interesse e di discussione per chiunque condivida l'opportunit di un riesame critico di situazioni e problemi nostri.Ci che importa, in questi casi, non di arrivare a delle conclusioni ma di gettare le basi per una ricerca pi ampia e articolata. Penso che solo in tal modo sia possibile favorire un dibattito serio. Le posizioni categoriche e definitive molto spesso appaiono sospette e congeniali a quel costume pubblicistico e storiografico (piuttosto diffuso dalle nostre parti) che si propone, fin troppo intenzionalmente, lo scopo di troncare ogni dialogo per coprire o difendere interessi particolari, per servire chi comanda, trasformando cronaca e storia in meri strumenti di potere.Una ricostruzione per quanto sommaria e provvisoria degli aspetti principali della lotta politica e della resistenza nella V. Giulia, incontra sempre ostacoli che la rendono faticosa ed esposta a contestazioni: incompletezza di documentazioni e di testimonianze, difficolt di liberarsi dalla suggestione politica e psicologica di vicende assai vicine nel tempo e del clima particolare che ha caratterizzato la vita giuliana di questi ultimi decenni.E' un ambiente il nostro, dove l'acuirsi di aspri conflitti nazionali e ideologici, di crisi interne, il susseguirsi di occupazioni straniere, hanno seminato odi e rancori. Ci ha rallentato sensibilmente il cammino del progresso, lo sviluppo della libert e delle stesse correnti di pensiero e di cultura e favorito, invece, l'incomunicabilit del dialogo e delle idee, i manicheismi nazionalistici, il conformismo e, di conseguenza, la paura di sottoporre a revisione critica miti e tradizioni, di modificare o aggiornare formule politiche e abiti mentali, nella presunzione di servire, o di non danneggiare, ragioni di stato, interessi di nazionalit, di classi, di caste.Chi si occupa delle nostre vicende si trova non di rado di fronte a un muro di reticenze e riserbi settarii, a diffidenze profonde e, molto spesso, all'indifferenza o al pigro sospetto dei pi. Il presente si dice quello che , il passato passato. Meglio non toccarlo, non discuterlo per non risollevare polemiche, per non creare divisioni. A volte, questa paura del passato si trasforma in insofferenza culturale e civile, in reazione violenta verso ogni obiezione o dissenso, ritenuti sintomo di tiepida fede nazionale, di tradimento della causa. Ma a questo proposito bisognerebbe fare un lungo discorso, spiegare ed esemplificare ma non questa la sede pi opportuna.Per maggior chiarezza ritengo utile fare alcuni rilievi di ordine tecnico e metodologico. Questo lavoro, ripeto, una cronaca commentata. Pu servire a dare un'idea di certe situazioni, a sollevare problemi, ad approfondire ricerche, a compirne altre in altre direzioni. L'attivit del C.L.N. triestino si basa su una documentazione nutrita e, nella misura del possibile, ben controllata, grazie alla infaticabile opera di ricerca e di sistemazione del materiale di archivio, compiuta in questi anni dalla Deputazione per la storia del movimento di liberazione italiano nella Venezia Giulia. Si possono anche confrontare atti e documenti del periodo esaminato, con le testimonianze rese successivamente dai superstiti, da osservatori diretti e con notizie e versioni di fonte straniera. Incompleto invece il materiale che riguarda il C.L.N. di Fiume e i gruppi italiani dell'Istria. Non solo i documenti son pochi ma scarseggiano testimonianze dirette di dirigenti politici e militari e attivisti, specie dei fiumani sparsi qua e l per l'Italia e difficilmente rintracciabili.L'indagine sul movimento di resistenza italiano in Istria appena agli inizi. Abbiamo delle versioni slave (gli slavi hanno scritto molto, gli italiani pochissimo), corredate anche da interessanti documentazione ma ci, ovviamente non basta. Scarse sono le fonti sulla storia dei reparti italiani in questo settore (Battaglione fiumano, Battaglione Budicin, gruppi albanesi), sulla presenza degli italiani (militari e civili) nelle formazioni slave, ed insufficente la documentazione sulle formazioni principali come la Brigata Garibaldi-Trieste di cui non si posseggono diarii, relazioni, testimonianze.Largamente incompleto il materiale relativo al partito comunista italiano di Trieste e a quello sloveno e, in genere, ai rapporti fra comunisti italiani e slavi nella regione. Poche, anche se indicative di certi stati d'animo e di orientamenti politici, sono le testimonianze dirette, i diari personali. Per i documenti ufficiali dobbiamo affidarci, in gran parte, ai testi riportati su pubblicazioni stampate nel dopoguerra dal P.C.I., dalla sue federazione triestina e da parte slava. Dopo la rottura fra il movimento comunista cominformista e quello jugoslavo, non sono mancate revelazioni e denuncie, da entrambe le parti, su episodi accaduti nel corso della lotta clandestina. Tenuto conto del carattere violentemente polemico di questo conflitto, esse vanno esaminate con cautela ma la loro importanza indubbia, tanto pi che c' la possibilit di compiere parziali verifiche, con l'aiuto di testimonianze di esponenti della resistenza italiana, appartenenti ad altre correnti politiche ed a formazioni, che allora ebbero con i comunisti frequenti contatti.Difficile , invece, poter documentare la natura di certi rapporti politici e l'esistenza di direttive particolari, fra la direzione Alta Italia del P.C.I. e alcune federazioni periferiche (Udine Trieste, Gorizia) in alcuni momenti cruciali della lotta (come nel conflitto fra Osoppo e Garibaldi, nei contrasti fra P.C.I. e Fronte sloveno, e dopo la svolta comunista a Trieste del settembre-ottobre 1944). E' un terreno sul quale ci si muove a fatica per mancanza non solo di documenti, ma anche di testimonianze autorevoli.Un altro aspetto da me trattato sommariamente, perch la sua esposizione dettagliata non rientrava nell'economia di questo lavoro, quello dei rapporti fra partigiani italiani e slavi nel Friuli orientale, nella zona di contatto e di frizione fra i due movimenti (Slavia italiana o Benecia, Collio, Isontino). E' un problema ancora aperto e mi sembra importante anche per la notoriet che alcuni episodi hanno avuto e per le aspre polemiche che hanno suscitato: vedi i fatti di Porzs e le relazioni fra Osoppo e Garibaldi-Friuli.Una cronaca, ma ancor pi una storia del movimento di resistenza italiano nella Venezia Giulia, non pu trascurare questo argomento e ci per molte ragioni: anzitutto una di ordine geografico e territoriale, in quanto gran parte del Friuli, compresa Udine, fino alla linea del Tagliamento, rientrava nell'ambito della Zona di operazioni del Litorale Adriatico, costituita dalle autorit naziste. Inoltre, fra il movimento friulano e giuliano ci furono rapporti di carattere militare, politico e ideologico che riguardarono sia gli italiani dei due settori, che gli slavi. Anche i friulani (C.L.N., formazioni partigiane, partiti), come i triestini e gli istriani, sia pur in misura minore, si trovarono a un certo punto di fronte a un problema nazionale e furono coinvolti in una controversia di carattere territoriale sollevata dagli slavi. Perci, sarebbe un errore isolare le vicende triestine da quelle friulane. Certi episodi accaduti nella Val Natisone e nel goriziano, possono essere capiti meglio se inquadrati in una prospettiva unitaria. La politica slava esercit un'influenza militare e ideologica ben oltre Trieste e oltre la linea dell'Isonzo. Naturalmente non basta esaminare alcuni episodi e situazioni come quello di Porzs ad esempio con il solo metro di un giudizio politico elastico e generalizzato o sulla base di coincidenze e analogie talvolta casuali. Ma neppure le conclusioni processuali relative a quelle vicende, possono costituire, da un punto di vista politico e storico, una spiegazione definitiva. Sappiamo che il giudizio dei tribunali , per sua natura, legato a formalismi e procedure obbligate ed ha perci dei limiti ben precisi e che nessuna preparazione giuridica pu agevolmente sostituirsi a quella storica e politica. Cos anche la sentenza del processo di Porzs non esaurisce tutti gli interrogativi sorti sull'episodio che non mi sembra riducibile alle proporzioni di un conflitto puramente locale, sia pur drammatizzato da antagonismi personali e politici.Credo sia compito del cronista ed ancor pi dello studioso, di raccontare i fatti spiegando le relazioni che essi hanno con una determinata realt politica, sociale, economica. Sotto questo profilo gli atti processuali, pur essendo utilissimi, non sono sufficienti per un giudizio storico approfondito. Per quanto mi riguarda, ho avuto il tempo di esaminare solo una parte di questi atti, assieme a documenti e deposizioni che meriterebbero, invece, uno studio pi attento e accurato. Pertanto, quanto ho scritto su questo problema solo un punto di partenza, una cronaca indicativa.G. F.

Capitolo I - L'8 SETTEMBRE E L'OCCUPAZIONE NAZISTAProdromi dell'aggressione - L'atteggiamento dei Comandi italiani - L'insediamento a Trieste, Istria, Fiume - L'amministrazione militare.Subito dopo la dichiarazione di armistizio annunciata per radio dal maresciallo Badoglio nel pomeriggio dell'8 settembre 1943, ha inizio anche nella Venezia Giulia la disintegrazione delle forze armate italiane, inquadrate nel 23 Corpo d'Armata comandato dal gen. Alberto Ferrero. La rapida dissoluzione dei reparti (oltre 50.000 uomini cui vanno aggiunti forti nuclei della R. Marina delle Scuole equipaggi di Pola ed altre decine di migliaia dei Corpi 5 e 11 affluenti dalla Slovenia e Croazia) lascia via libera agli agguerriti e mobili ma ancora esigui gruppi della 71ma divisione tedesca sopraggiunti dalla Slovenia dopo il 25 luglio (4-5000 uomini).Lo sfasciamento morale e materiale della grande Unit italiana di stanza nella regione, fiino a quel momento impiegata prevalentemente in compiti presidiari, di ordine pubblico, di sorveglianza dei nodi stradali e ferroviari e di repressione del ribellismo slavo che, al di qua del confine giulio, serpeggia in alcune zone del Postumiese, dell'Alto Isonzo, del Tarnovano in forme ancora non preoccupanti dal punto di vista militare, consente all'invasore nazista di impadronirsi in brevissimo tempo di un settore particolarmente importante e delicato del Paese. Ma l'occupazione militare germanica dei principali centri strategici della Venezia Giulia, ritenuta non facile e almeno in un primo momento contrastabile dalle forze italiane di questo scacchiere 1Giacomo Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia, Roma 1945, vol. 2.o pag. 145.

, anche per le caratteristiche del terreno favorevoli alla difesa una volta compiute le opportune (e gi predisposte) interruzioni delle linee di comunicazione, resa possibile soprattutto dall'atteggiamento assunto dai capi militari i quali, mediante una serie di accordi precedentemente conclusi con i comandi tedeschi fra la fine di agosto e i primi di settembre, hanno consentito alle piccole forze tedesche di attestarsi in posizioni-chiave e di controllare le principali vie di accesso ai gangli della regione, compreso lo stesso capoluogo triestino.In uno dei primi giorni del settembre 1943, il comandante del C. d'A., in altro incontro avuto col Comando tedesco accett che i reparti germanici, sempre col pretesto della protezione degli impianti, estendessero la loro infiltrazione fino a Villa Opicima (sull'estremo ciglione carsico dominante la citt e il porto di Trieste-n.d.a.). Si lasciava intatto di dispositivo delle truppe italiane impiegate nello stesso compito ; mia con l'inserimento dei distaccamenti di truppe tedesche, pur conservando il Comando italiano la responsabilit del servizio, veniva gi tracciata la linea di separazione della parte essenziale della Venezia Giulia dal resto d'Italia 2Giovanni Esposito, Trieste e la sua odissea Roma 1952, pag. 28.

.L'occupazione tedesca di Trieste, avviene cos con irrisoria facilit dopo che le truppe italiane del settore sono state poste nelle peggiori condizioni possibili e disorientate da ordini sconcertanti ed in contrasto fra di loro. Ad esempio, il Comando dell'8 Armata (gen. Gariboldi) da cui dipendeva il 23 Corpo, dopo aver dettato disposizioni per difendere il confine dalla minaccia delle truppe germaniche, successivamente le annullava per intervenuto accordo con tali forze, per rinnovarle in data 5 settembre contrordinando al Corpo d'Armata di difendere la citt da eventuali provenienze dall'est con un telegramma che precisava di non, dico non, fare uso delle armi 3Diario del colonnello di Stato Maggiore del XXIII Corpo d'Armata Dino Di Ianni, (inedito), in archivio della Deputazione Regionale del Movimento di Liberazione Italiano nella Venezia Giulia (Arch. Dep.) Trieste, XV/515. Vedi anche G. Esposito, op. cit. pag. 28.

.Nel pomeriggio del 9 settembre in una lunga discussione condotta con grande abilit da S. E. il Comandante 4Rapporto del Capo di Stato Maggiore del XXIII Corpo, pubblicato in Trieste e la sua odissea, pag. 36, 37, 38.

, si perveniva fra il colonnello tedesco Barnbeck e il gen. Ferrero alla risoluzione del problema tattico dell'occupazione della citt e della dislocazione dei reparti tedeschi nelle varie zone urbane. Alla sera dello stesso giorno il movimento avvenne ordinato e senza incidenti, con tutte le misure di sicurezza per garantire l'ordine pubblico 5Rapporto del Capo di S.M., cit.

. Invano nella mattina di quel giorno, il Fronte Democratico Nazionale, composto dai rappresentanti dei cinque partiti democristiano, d'azione, liberale, comunista, socialista, intervenuto presso il Ferrero reclamando la difesa ad oltranza della citt, offrendo volontari e chiedendo armi. Le generiche promesse rilasciate dal Ferrero in quella occasione si sono subito rivelate un espediente per guadagnar tempo e nessuna arma troveranno i volontari, cittadini, operai, studenti, accorsi numerosi alla sede dei Sindacati dell'Industria di via Duca d'Aosta dove l'azionista Gabriele Foschiatti e i comunisti Ernesto Radich e Giordano Pratolongo avevano iniziato gli arruolamenti 6Testimonianze di Ernesto Radich (comunista), archivio Deputazione Trieste XXIII/863; di Giovanni Tanasco (democristiano), ivi 11/101; di Ferdinando Gandusdo (liberale), ivi 11/102.

.Prevalente preoccupazione dei militari nella regione, era stata, prima e dopo il 25 luglio 1943, quella dell'ordine pubblico e del sovversivismo. La visuale di molti comandanti era offuscata da una mentalit poliziesca. In primo luogo venivano gli slavi e la dissidenza antifascista e operaia, definita indiscriminatamente comunista. Poi venivano i tedeschi 7G.F. Le colonne del disordine ne Il Mondo del 3-l1-1959.

. Cos anche in questa decisiva occasione l'ormai tradizionale e paralizzante timore politico dei capi militari, prevale su ogni altra considerazione di ordine nazionale, morale, professionale. Armare volontari poteva essere pericoloso perch la massa degli operai era notoriamente di tendenza comunista: non fu questa l'ultima ragione che sconsigli dall'affidare loro le armi 8Diario del col. Di Ianni.

. Nella mattinata del 9 la corvetta Berenice, in obbedienza ad ordini ricevuti dal Comando Autonomo Alto Adriatico di Venezia, aveva tentato di lasciare il porto ma era stata affondata dai cannoni di un mercantile tedesco ormeggiato nelle vicinanze e dai semoventi piazzati sul ciglione di Villa Opicina. I superstiti buttatisi in mare, erano stati massacrati a colpi di mitragliera. Ma neppure questo grave episodio, rivelatore delle intenzioni naziste e del disprezzo per ogni accordo concluso con gli italiani, era servito a modificare l'atteggiamento dei capi militari locali.Il 10 settembre il gen. Ferrero abbandona Trieste per sempre 9G. Esposito, op. cit., pag. 49.

, lasciandosi dietro una unit in disgregazione che finir in gran parte nei campi di deportazione, e un'ordinanza che stabilisce lo orario del coprifuoco e proibisce l'esercizio della caccia in tutto il territorio del C. d'A. 10Il Piccolo, 10-9-1943.

. La stessa decisione prende il prefetto Cocuzza, qui inviato dal governo Badoglio, dopo aver vietato con un manifesto qualsiasi dimostrazione pubblica o comunque che sia di offesa alle Forze Armate tedesche e l'immediata consegna di armi e munizioni. L'ordinanza avvertiva che le inosservanze sarebbero state punite con il massimo inflessibile rigore 11Il Piccolo, 11-9-1943.

.Commentando la situazione Il Piccolo invita la popolazione alla calma perch si tratta di far superare alla citt un periodo che i complessi avvenimenti di questa gigantesca crisi europea, e possiamo dire mondiale, le hanno riservato senza conseguenze profonde sui suoi sentimenti n sul suo destino 12La situazione cittadina ne Il Piccolo 11-9-1943.

.Nei giorni successivi la catastrofe militare e morale assume proporzioni immani. Le forze italiane, ingrossatesi per l'afflusso dalla Slovenia e Croazia di numerosi reparti, sino a raggiungere e superare tra Gorizia, Fiume, Pola, i 100.000 uomini, abbandonate a s stesse cadono, dopo qualche sporadico tentativo di resistenza per iniziativa di ufficiali subalterni, in mano tedesca o si disperdono in disordine alla ricerca di una via di salvezza. Passano per le lunghe vie, stanchi e umiliati, i nostri soldati abbandonati da coloro che avrebbero dovuto guidarli e precederli nel sacrificio, annota il vescovo Santin rivolgendosi ai fedeli della diocesi dalle pagine del periodico cattolico Vita nuova il 18 settembre. Sono rimaste lettera morta le direttive della circolare III C.T. dello Stato Maggiore Generale confermate nella prima decade di agosto, per la predisposizione di colpi di mano contro gli elementi pi sensibili e vulnerabili delle forze non nazionali sulla scorta di ordine diretto dello S.M. oppure, in mancanza di collegamenti, su iniziativa 13Circolare III C.T. in Guerra e catastrofe d'Italia, vol. 2.0, pag. 56 e segg.

.Nessuno dei comandanti superiori ha pensato di applicare almeno l dove era possibile la circolare O.P. 44 consegnata personalmente ai comandi di armata e di difesa territoriale (Trieste compresa) fra il 2 e il 4 settembre, assieme all'esatta dislocazione delle forze tedesche e che poteva entrare in vigore, in mancanza dell'ordine esecutivo (attuare disposizioni ordine pubblico memoria 44) anche su iniziativa dei comandanti di grandi unit a seconda della situazione contingente 14G. Zanussi op. cit., Vol. 2.o, pag. 144.

.L'attesa da parte italiana degli ordini convenzionali che non arrivano, la spiccata preferenza dei comandi a trattare piuttosto che a tentar di difendersi e di difendere quei sacri confini in nome dell'amor di patria e dell'onore nazionale, ripetutamente esaltati dalla propaganda ufficiale e dalla classe dirigente civile e militare, consente all'iniziativa tedesca di guadagnare tempo prezioso, di organizzarsi anche l dove isolati reparti germanici potrebbero venire a trovarsi, se attaccati, in drammatiche difficolt ed accelera il processo di disgregazione generale. Cos la sorte per decine di migliaia di uomini segnata e con essa quella della regione e della sovranit nazionale in queste terre, che l'esercito concretamente rappresentava.La gravissima crisi ha, nei vari settori, aspetti singolarmente uniformi. Le situazioni si ripetono, con poche varianti, e in modo quasi simultaneo a Trieste come a Pola, a Fiume come a Gorizia, nel Friuli e nell'Istria interna. A Fiume il gen. Gastone Gambara comandante dell'XI Corpo, arrivato in citt da Roma la sera dell'8 settembre con precise istruzioni di combattere i tedeschi, rinuncia a metterle anche parzialmente in esecuzione e il giorno 14 settembre tratta la resa con il comandante di una piccola unit motorizzata tedesca il col. Vlcher consegnandogli la citt. Gambara aveva fama presso lo SM. dell'esercito di essere non soltanto favorevole all'eliminazione di Mussolini ma fermamente, ferocemente antitedesco 15G. Zanussi op. cit., pag. 146.

. Inoltre aveva in precedenza allacciato contatti con il Fronte di Liberazione Sloveno e assicurava di essere in comunicazione con un'emittente inglese del Cairo 16Ivi pag. 146.

. Era stato scelto al posto dei comandanti d'armata Gariboldi (8.a) e Robotti (2.a) per guidare le forze mobili delle due armate destinate a difendere la Venezia Giulia dai tedeschi ed aveva accettato l'incarico.Arrivato a Fiume, Gambara aveva trovato la situazione compromessa; il giorno 10 il comandante della 2.a armata (Balcania: Corpi XI, V, VI) gen. Robotti aveva abbandonato Fiume 17Ivi, pag. 234.

, imitato il giorno dopo dal gen. Souero comandante il V C. d. A. Il parere di molti generali era sfavorevole ad un'azione armata 18Zanussi, op. cit. pag. 234.

, la costituzione del raggruppamento mobile secondo il progetto originario era pressoch impossibile. Ma a Fiume erano affluiti molti reparti dalla Slovenia e Croazia, alcuni in discrete condizioni d'armamento. La citt era protetta da una cinta difensiva di opere montane in caverna e campali, saldamente presidiate e le vie di accesso facilmente ostruibili. Numerose formazioni partigiane croate controllavano le immediate adiacenze del vecchio confine minacciando i movimenti tedeschi. Fra il 9 e il 13 settembre quattro giorni preziosi nessun serio tentativo militare tedesco era stato compiuto contro la citt. Una autocolonna tedesca proveniente da Pola per la strada di Albona, dopo uno scontro cruento con partigiani locali era rientrata in sede. In quel periodo Gambara aveva disposto la sorveglianza del perimetro confinario della linea dell'Eneo lungo la quale si erano attestati (e fermati) i reparti partigiani croati. Aveva vietato la ricostituzione dei partiti politici precisando nell'ordinanza che nel grave momento che l'Italia attraversa, c' un solo partito per tutti, nessuno escluso: quello della concordia, dell'onore, dell'ordine. Nessuna iniziativa da qualunque parte venga sar da me tollerata 19Il Piccolo, 14-10-1943.

.Ma in sostanza, il suo atteggiamento e le sue disposizioni avevano conservato qualcosa di amletico, di irresoluto e una punta di ambiguit. Penosa impressione aveva suscitato la drammatica conclusione di una dimostrazione popolare reclamante la difesa della citt, promossa dal Comitato Politico cittadino (che raggruppava le correnti antifasciste italiane) la sera del 10, e risoltasi con l'appendice tragica della sparatoria contro la folla in via Roma presso le carceri dove erano ancora rinchiusi dei detenuti politici e in via XX Ottobre, da parte di carabinieri ed agenti, anche se la responsabilit immediata dell'assurdo eccidio sembrava ricadere sugli sparatori che avevano perso il controllo di s stessi 20A. Luksich Iamini, Fiume nella resistenza e nella lotta per la difesa dell'Unit italiana (1943-47), in Fiume rivista di studi fiumani, Roma luglio-dicembre 1955, pag. 145.

. Il giorno dopo i detenuti politici erano stati scarcerati.Il giorno 14 Gambara ordinava alla truppa di restar consegnata nelle caserme e in luogo di procedere alla difesa della citt concludeva con il col. Vlcher, sopraggiunto con una colonna tedesca, un'accordo al patto che i soldati italiani potessero difendere la citt dalla minaccia slava e sull'assicurazione dell'onore delle armi ai soldati e ufficiali rimasti fedeli 21Fiume dall'armistizio al 3-5-1945, in Bollettino di Informazioni del Centro Studi Adriatici anno IV, supplemento n. 141 del 10-10-1953.

. Dopo di che, il 19 settembre, egli abbandonava Fiume 22A. L. Jamini, Fiume etc., luglio-dicembre 1955, pag. 148.In un rapporto sugli avvenimenti fiumani del periodo 8-943 - maggio '45, inviato da esponenti politici fiumani al C.L.N. giuliano e portante la data del 27-545 (archivio Dep. XI/461) scritto: Fiume sper nel gen. Gambara, l'uomo destinato a salvaguardare i cittadini e l'italianit della citt dietro il suo pacifico impegno dinanzi alle truppe e alla cittadinanza. Il gen. Gambara non mantenne fede al suo impegno tradendo la giusta causa e favor l'ingresso delle truppe tedesche in citt.

dove la gran parte dei suoi soldati viene fatta prigioniera e deportata, e raggiungeva a Roma il gen. Rodolfo Graziani dal quale il 19 ottobre nominato Capo di Stato Maggiore dell'esercito fascista repubblicano in via di costituzione.A Pola le trattative di resa fra il comando italiano e il comandante della colonna tedesca sopraggiunta da Trieste l'11 settembre, risolvono rapidamente la situazione. Anche qui un comitato antifascista italiano di cui fanno parte elementi di vari partiti e correnti come Edoardo Dorigo, Sepetich, il prof. Guido Miglia, il prof. Giuseppe Stefanacci ed altri, appoggiato dall'ex deputato socialriformista Antonio De Berti, si era pronunciato per la difesa armata. Il 9 settembre una dimostrazione popolare era stata dispersa dal fuoco d carabinieri ed agenti (3 monti e oltre una decina di feriti fra cui il Sepetich). L'ordine era stato ristabilito, come sempre. Il giorno 12 arriva in citt il maggiore delle S.S. Hertlein che annulla immediatamente alcune clausole dell'accordo ritenute non sufficientemente drastiche, disponendo che i militari italiani non collaborazionisti siano deportati. Quasi 30.000 uomini finiscono in Germania 23Appunti sugli avvenimenti istriani degli anni 1943- 44-45, dattiloscritto di pag. 46 in Archivio Dep. X/418. Vedi anche L'Istria dal settembre '43 al maggio '45 in Trieste, rivista politica giuliana n. 7, 1955 nonch Testimonianza del prof. Guido Miglia in Archivio Dep. XXIII/881.

.A Gorizia lo sbandamento dei reparti assume, nella mattina dell'11, proporzioni gravi. Il giorno dopo verso sera entrano in citt truppe tedesche sopraggiunte da Salcano e il col. Scharenberg inizia subito le trattative con il locale Presidio, ponendo la condizione di aderire alla Germania oppure di finire in prigionia. Il comandante della Divisione Torino gen. Malagutti, rifiuta di collaborare imitato da numerosi ufficiali e viene arrestato. Il 14 cominciano per le migliaia di militari italiani concentrati nel campo sportivo Littorio le operazioni di trasferimento in Germania 24Iolanda Pisani, Gorizia dalla croce uncinata alla stella rossa, dattiloscritto inedito, pag. 5 e segg.

. Elementi dell'esercito partecipano volontariamente ad aspri combattimenti contro i tedeschi impegnati nelle adiacenze della citt da partigiani italiani e slavi. Da parte tedesca sono diffusi manifesti e volantini che illustrano ai soldati italiani il trattamento riservato in caso di resistenza. Saranno considerati franco-tiratori e gli ufficiali e comandanti di queste truppe verranno fatti responsabili della resistenza e fucilati senza piet 25Ibidem pag. 11.

. Nei giorni precedenti alcuni reparti di stanza a Canale d'Isonzo avevano combattuto fino ad essere sopraffatti.Rapida la dissoluzione dei presidi italiani dell'Istria interna : Albana, Pinguente, Pisino, Rozzo ecc., presidiati da reparti di alpini, fanteria costiera, mitraglieri, carabinieri e guardie di finanza, alcuni di notevole consistenza (Pisino oltre mille uomini con qualche pezzo di artiglieria, mortai, mitragliatrici ; Albona 1200 uomini, Pinguente circa 2000 compreso il presidio di Rozzo Castel Lupogliano; Parenzo un battaglione mitraglieri ecc.) Lo sbandamento non avviene generalmente per la diretta aggressione tedesca che nell'interno ancora non si manifestata, ma per la mancanza di iniziativa o la partenza di gran parte dei comandanti locali che in tal modo permettono ad improvvisate formazioni di insorti croati, composte prevalentemente da contadini del posto, inesperte e numericamente inferiori, di impadronirsi delle varie localit e di assumere il potere politico e civile senza dover trattare in condizioni di svantaggio o, per lo meno, di equilibrio di forze, con gli italiani 26L'Istria dal settembre '43 al maggio '45, art. cit.

. Gravi conseguenze ne deriveranno, specie nell'Istria centrale, per le popolazioni italiane che subiranno persecuzioni e rappresaglie per opera di elementi nazionalisti croati.Il primo periodo dell'occupazione nazista della regione (9 settembre-met ottobre 1943), caratterizzato dal predominio degli elementi militari. Dopo essersi impadroniti con insperata facilit dei tre vertici del triangolo strategico istriano (Trieste, Pola e Fiume), i comandanti tedeschi adottano una serie di misure di sicurezza e di provvedimenti amministrativi di emergenza nei grossi centri, i soli che sono finora sotto il loro controllo: avviamento delle operazioni di deportazione delle decine di migliaia di soldati italiani imbottigliati nelle citt ; sospensione della corrispondenza privata civile e blocco degli uffici postali; proibizione della circolazione a tutti gli autoveicoli e obbligo di denuncia degli stessi ai comandi di Presidio; blocco di tutti i depositi e giacenze di alimentari e obbligo di inventario anche per i negozi; controllo degli uffici anagrafici ed annonari ; sospensione temporanea del traffico stradale e ferroviario 27Vedi bandi e ordinanze pubblicati su Il Piccolo tra il 10 settembre e il 15 ottobre 1943.

.Sono tutte misure drastiche per agevolare il difficile campito dei comandi, ancora costretti a difendere i perimetri urbani ed a garantirsi le spalle per superare la crisi di assestamento in attesa dell'arrivo dei rinforzi motorizzati e corazzati che cominceranno ad affluire dopo il 15-20 settembre dal valico di Tarvisio. A tale scopo i militari si servono, in qualit di organi ausiliari e coadiuvatori, delle prefetture e delle questure, cui affidato, in posizione di assoluta subordinazione e obbedienza, il mantenimento dell'ordine pubblico. Sul piano politico, l'azione dei comandi tedeschi, brutale ed esplicita nella sostanza, pi abile e propagandistica nella forma. Essa si propone di sfruttare la collaborazione attiva di carattere amministrativo e poliziesco dei burocrati di tendenza fascista e di esponenti fascisti disposti a servire la causa tedesca, offrendo in cambio frettolosi riconoscimenti sull'italianit delle terre occupate ed assicurazioni sulle buone intenzioni delle truppe occupanti.A Fiume il col. Vlcher nomina commissario della Provincia il senatore Riccardo Gigante, esponente degli ambienti nazionalisti e fascisti fiumani, e svolge insieme ad esso una intensa opera tra i soldati e gli ufficiali italiani per ottenere la loro collaborazione con le forze militari del Reich 28A. L. Jamini, op. cit. pag. 150.

. In una riunione di ufficiali convocata dal Gigante, il col. tedesco sostiene che quanto si affermava di una cessione di Fiume alla Croazia era una menzogna, in contrasto con le notizie di radio Zagabria che il 10 settembre aveva annunciato la conclusione di un accordo tedesco-croato in tal senso, fra il rappresentante di Hitler presso il governo croato gen. Von Horstenau e Ante Pavelic 29Ivi.

.A Trieste il col. Barnbeck si incontra con il prefetto fascista Tullio Tamburini, tornato al suo posto il 16. Il comunicato sottolinea la franca e leale collaborazione raggiunta. Le sue truppe, afferma Barnbeck, sono giunte in terra italiana quali camerati di tutti i fronti che videro e vedranno la vittoria del Patto d'Acciaio 30Il prefetto Tamburini a colloquio con il comandante militare di Trieste ne Il Piccolo 17-9-1943.

. Viene raggiunto un accordo sulla collaborazione italo-tedesca per l'esecuzione dei bandi restrittivi verso la popolazione civile e sulla questione alimentare. Il Piccolo fiancheggia la politica dell'occupatore scrivendo che nell'ora torbida che volge assurdo che questa sventura, ci trovi anemici, sfiniti, sordi noi dalla vitalit inestinguibile e non trasfonda invece, nelle beanti nostre arterie, come attraverso un sistema di vasi comunicanti, quell'energia di bronzo che ci iniett a suo tempo Caporetto... 31Prima di tutto ne Il Piccolo 18-9-1943.E' opportuno ricordare che la direzione del quotidiano triestino, tenuta fino al 27 luglio 1943 dal suo proprietario, il consigliere nazionale fascista Rino Alessi, sostituito nel periodo badogliano dal critico letterario e scrittore Silvio tienco, era passata l'11 dicembre 1943 nelle maini di Idreno Utinperghe che aveva ricostituito a Trieste il fascio mettendosi subito ad servizio dei tedeschi. Quando si erano impadroniti del giornale dopo le vicende armistiziali, i fascisti avevano trovato il Benco al suo tavolo di lavoro a differenza di coloro che al suo posto erano sempre fuggiti (A. G. Benco, Resistenza di Silvio Benco in Trieste n. 7 1955), pur essendosi lo scrittore largamente compromesso sotto il governo Badoglio con i suoi articoli di impostazione liberale. La direzione Utinperghe era durata solo quattro giorni dall'11 al 14 settembre, seguita da quella dell'addetto stampa alla Prefettura Herman Carbone che la tenne fino al 27 ottobre quando gli subentr il critico musicale del quotidiano Vittorio Tranquilli. Il 14 gennaio 1944, per decisione tedesca, il Tranquilli fu sostituito dal prof. Rodolfo Maucci che la mantenne fino al 30 aprile 1945. L'Alessi, allontanatosi da Trieste dopo il 25 luglio continu per ad interessarsi della vita del giornale sollecitando secondo quanto sostiene il Maucci interventi di natura politica e tentando con le sue conoscenze fra le gerarchie fasciste di Sal e con approcci presso i tedeschi di assumere il controllo sul quotidiano, sia pure per via indiretta (Rodolfo Maucci Diario, inedito, Trieste 1945, pag. 18, 19, 22, 39, 52). Sulla linea politica del quotidiano triestino nel periodo 194345 vedi in particolare: Carlo Ventura, La stampa a Trieste 194345, Trieste 1958, da pag. 21 a pag. 48.

. Il giornale esorta le madri di soldati a parlare loro come sapete, come solo le madri sanno, ravviando col pettine delle vostre dita i loro capelli sudati affinch riprendano le armi (a fianco dei tedeschi si intende) raccattando l'onore gettato sulla strada insieme allo zaino 32Madri di soldati, Il Piccolo 19-9-1943

. Collaborando agli sforzi per incrementare l'arruolamento di militari italiani alle stesse condizioni dei soldati della Wehrmacht, il quotidiano locale alterna ad una martellante campagna per la disciplina, l'ordine, la collaborazione con le truppe occupanti la condotta delle quali appare moralmente irreprensibile 33Disciplinata consapevolezza, Il Piccolo 23-9-1943.

, appelli continui ai soldati del disciolto esercito regio ricordando senza avvertirne la sconcertante contraddizione storica che anche gli uomini del 15 e del '16 erano stanchi.... ma n la stanchezza n la morte riuscirono a fermarli... Nessuno ha fissato un limite alla forza dell'anima e se capita che voi vediate un limite posto alla forza della vostra anima, varcatelo. Non sapete forse, come si danzi e si salti? Non avete ancora appreso a danzare e a saltare? 34Soldati Il Piccolo 22-9-1943.

.Gli appelli della stampa sono ribattuti dalle ordinanze e dalle notizie ufficiali tedesche che ammoniscono sulla sorte che spetta ai renitenti e agli oppositori. A tutti gli ufficiali, sottufficiali e soldati italiani verr chiesto se vogliono combattere con l'esercito tedesco contro i partigiani., coloro che non vogliono obbligarsi saranno internati e condotti fuori Trieste. Il giornale riporta la notizia della fucilazione del gen. Amico comandante la Divisione Marche gi operante nella Dalmazia meridionale. Egli aveva organizzato la resistenza in Ragusa e dintorni contro l'avanzata delle truppe tedesche e croate e si era rifiutato di consegnare la citt ai croati 35Ordinanza Barnbeck, Il Piccolo 18-9-1943.

.La prima fase dell'occupazione militare si conclude verso la fine di settembre. L'arrivo di rinforzi corazzati della Divisione S.S. Prinz Eugen e della Leibstandtarte Hitler consolida le posizioni tedesche nella regione dando l'avvio al grande rastrellamento dei primi di ottobre in Istria che disgregher l'ancor tumultuosa e impreparata organizzazione partigiana, estendendo l'occupazione anche alle zone interne. Alla provvisoria amministrazione militare sta per subentrare l'amministrazione politica. La stampa da notizia di una riunione delle autorit civili e militari della Provincia promossa da un alto capo delle S.S. qui stabilitosi per la trattazione dei problemi dell'alimentazione, dell'ordine pubblico e perfino delle questioni inerenti la vita culturale della nostra citt 36Il Piccolo 26-9-1943.

. Sta per nascere il Litorale Adriatico. Capitolo II - IL LITORALE ADRIATICOL'insediamento del gauleiter - Rainer e Globocnik - La posizione fascista.Nell'ottobre 1943 l'occupazione nazista da fatto prevalentemente militare diventa fatto politico di proporzioni allarmanti, per l'insediamento di un'amministrazione nazista la quale, sotto la direzione del gauleiter di Salisburgo Friedrich Rainer, Supremo Commissario della Zona di operazioni del Litorale Adriatico (nuova denominazione delle Provincie di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana), assume il potere politico civile giudiziario e il pieno controllo dell'economia di tutta la zona 37L'insediamento dell'Alto Commissario della Zona di Operazioni del Litorale Adriatico, Il Piccolo 15-10-1943.

.Nel Trentino-Alto Adige sono prese analoghe misure e il 17 settembre '43 il gauleiter del Tirolo e Voralberg, Franz Hofer di Innsbruck, assume il potere per ordine di Hitler, come annuncia a un gruppo di esponenti della vita civile ed economica di Trento da lui convocati nella sede della Banca d'Italia 38Antonio Radice, Costituzione e funzionamento della zona di operazione delle Prealpi ne Il Movimento di Liberazione in Italia, Milano, rassegna di studi e documenti, gennaio-marzo 1959 pag. 4.

. Le tre provincie di Trento, Belluno e Bolzano sono costituite in Zona di Operazioni delle Prealpi (Alpen Vorland).Anche a voler prescindere da ogni altra considerazione politica e da un'analisi accurata della stretta relazione esistente fra il Litorale Adriatico e i disegni annessionistici tedeschi sulla Venezia Giulia e il Trentino-Alto Adige che Hitler, come ricorda nel suo diario Goebbels, promuove e asseconda d'accordo con i potenti e impazienti gauleiter Hofer e Rainer 39J. Goebbels, Diario intimo, Milano 1948, pag. 591, 600, 632.

, l'attenzione del cronista non pu non soffermarsi sui lineamenti dell'amministrazione nazista nella regione. Questa viene esercitata con criteri dispotici smisurati, come un vero e proprio jus vitae necisque sulle popolazioni. Non il sopruso brutale dell'occupatore militare, o del vincitore, che si vendica del tradimento e reagisce spietatamente ai tentativi di ribellione. E' anche questo, ma assai pi di questo. E' l'applicazione codificata dei sistemi di politica interna del III Reich, dove Hitler Signore della Guerra diventato con decreto del Reichstag dell'aprile 1942 Oberster Gerichtsherr cio supremo signore delle leggi, provvisto dell'autorit di cassare sentenze e di sostituirsi ai tribunali 40John W. Wheeler-Bennet, La nemesi del potere Milano 1957, pag. 593 e 608.

; dove Himmler, Kaltenbrunner, Schellenberg, S.S., S.D. e Gestapo sono, assieme ai gauleiter, dei potentissimi vassalli i quali amministrano le loro fette di potere con i criteri di un assolutismo nichilista che segna la distruzione di ogni ordine naturale e positivo e il superamento di ogni tradizionale concezione dello Stato, per quanto gretta, poliziesca e totalitaria essa sia.Questo trasferimento di sistemi che riproduce nella Venezia Giulia la realt medioevale tedesca di per s stesso una prova delle intenzioni germaniche, altrettanto valida delle documentazioni e delle testimonianze. Qui Rainer come Hitler in Germania diventa il padrone assoluto nel gau di nuova costituzione. Un padrone che decreta con ordinanze che hanno il valore di leggi che il Supremo Commissario pu di sua iniziativa e su proposta dei capi delle S.S. e Polizia annullare le decisioni dell'autorit giudiziaria, sospendere processi pendenti, nonch ordinare che il processo sia tenuto presso una determinata autorit giudiziaria, mentre il diritto di grazia avocato al supremo commissario 41L'esercizio della giustizia nei territori del Litorale Adriatico ordinanza Rainer, il Piccolo 9.11.1943.

. Massimo ufficio giudiziario nel Litorale, stabiliscono le sue ordinanze, diventa il gauleiter, dal quale dipendono tutti i magistrati, avvocati, notai, Corti d'Appello, procure, tribunali e preture 42L'esercizio della giustizia nei territori del L.A. ordinanza Rainer, il Piccolo 13.11.1943. In proposito vedi anche Un anno di amministrazione germanica in Venezia Giulia, rapporto riservato alla persona del Duce datato Trieste 31.12.1944 e pubblicato ne Il Movimento di Liberazione in Italia n. 17-18 anno 1952, pag. 70-86.

. Egli pu modificare, innovare radicalmente, codici e ordinamenti interferendo sia nella legislazione penale che in quella civile.E' solo un esempio della portata e del significato del nuovo ordine di cose nella Venezia Giulia. Fatta eccezione per il Trentino-Alto Adige dove la situazione per molti aspetti analoga a quella giuliana, non c' misura di confronto con le altre provincie italiane. Lunghissimo l'elenco delle disposizioni in materia economica, sociale, amministrativa, scolastica. Tutto viene sconvolto: l'autorit tedesca estromette brutalmente da ogni settore quella fascista, costringe lo stesso Mussolini a subire oltre ai tanti fatti compiuti, anche quello estremamente umiliante, della nomina di prefetti e podest italiani da parte del gauleiter; a rinunciare rapidamente all'insediamento e alle visite ispettive di suoi funzionari ; ad accontentarsi che le raccogliticce forze armate repubblicane che possono venir reclutate solo su base volontaria siano poste agli ordini dei comandi tedeschi, che alcuni reparti prestino giuramento al III Reich 43G. Esposito, op. cit., pag. 90. Il libro riporta ampi particolari sulle formazioni fasciste nella Venezia Giulia.

, che la Guardia Nazionale Repubblicana si trasformi in Milizia per la Difesa Territoriale e sia posta sullo stesso piano dei reparti collaborazionisti slavi reclutati in zona e inquadrati, come quelli fascisti, in una landschutz territoriale sorvegliata dalle S. S. alle quali spettava, come depone il Rainer davanti ai giudici del tribunale della IV armata jugoslava, l'istruzione, il controllo e l'organizzazione di queste truppe 44Processo Rainer, ne Il Giornale idi Trieste del 15.7.1947. Sulle formazioni collaborazioniste slave vedi in particolare G. Esposito, op. cit., pag. 129 e segg.

.Al gen. Esposito gi comandante della Difesa Territoriale di Trieste alla data dell'armistizio, nominato da Graziani capo di un comando regionale delle forze armate repubblicane della Venezia Giulia, il Rainer impone bruscamente, dopo averlo convocato davanti a una specie di tribunale di guerra, la revoca immediata del bando di richiamo obbligatorio degli ufficiali e sottufficiali dell'esercito emesso in conformit al decreto legge 27.10.43 sulla ricostituzione dell'esercito italiano. L'Esposito sottoposto ad un vero e proprio interrogatorio durante il quale il gauleiter gli fa seccamente osservare che egli-Rainer veniva proprio da Berlino e che dal Fuehrer in persona aveva avuto precise direttive sulla questione della Venezia Giulia 45Esposito, op. cit. pag. 93, 94.

. Richiami alle armi, sottolinea il funzionario nazista, potevano venir ordinati solo dal Comando tedesco. I fascisti devono accontentarsi di volontari e in una circolare segreta, citata da un rapporto fascista al duce del 31.12.44 46Un anno di amministrazione germanica

, il Supremo Commissario dispone, per quanto riguarda la ripartizione delle forze, affluenti attraverso il bandi di leva tedeschi nelle organizzazioni militari e paramilitari, che il 73% dei precettati vada alle forze armate germaniche, il 22% alla Difesa Territoriale, il 5% all'esercito repubblicano vero e proprio 47Un anno ecc.

. Nel giugno del '44 lo Sturmbahnfuehrer SS Mundhaenke proibisce a tutti i reparti di truppa e comandi dipendenti (nella regione), di issare bandiere e gagliardetti dei propri colori nazionali come pure simboli del genere e l'ordine notificato dallo stesso Esposito ai reggimenti italiani per osservanza e perch la dichiarazione di cui sopra sia portata a conoscenza e fatta osservare da tutti i distaccamenti e presidi dipendenti con circolare n. 748-RS-5 48Il tricolore fu ammainato a Trieste per ordine delle autorit della Repubblica di Sal, nel periodico Brancaleone del 30.4.1953 e 31.5.1953. Il giornale riporta i testi integrali delle circolari. Confronta anche Appunti sugli avvenimenti istriani ecc., op. cit. pag. 46.

, A Fiume il 17 agosto 44 impartito l'ordine tassativo di ammainare sul ponte di San Giovanni (dove passa il vecchio confine) le bandiere italiana e croata.Neppure esteriormente si tollerano i segni di una presenza ufficiale italiana, anche se fascista. (Nessuna reazione si ha da parte fascista alle proteste e lettere di cittadini che chiedevano al podest Sirola se la sua coscienza non gli suggeriva di cessare di fare, a quel prezzo, l'alleato dei nazisti 49A.L. Jamini, Fiume ecc., in rivista di studi fiumani n. 3-4 anno 1957, pag. 111-112.

.A Fiume, come del resto a Pola, Gorizia, Udine, il fascio si era ricostituito all'ombra delle baionette hitleriane, restando, malgrado tutto. legato al destino di queste 50A.L. Jamini n. 3-4 anno 1955, pag. 152.

. A Trieste la ricostituzione del fascio era stata decisa al termine di una festa indetta la sera del 10 settembre 43 dal Consolato germanico per celebrare l'avvenimento dell'occupazione tedesca 51Livio Grassi, Storia della Venezia Giulia, 8.9.1943- 12.6.1946, pag. 9.

.Con l'arrivo nella regione, nella tarda estate del 44, di reparti serbi dell'esercito del gen. Nedic che si aggiungono alle formazioni collaborazioniste slave dei belogardisti e pavlogardisti sloveni, si attua praticamente, per volont nazista, un condominio militare tedesco-jugoslavo 52A.L. Jamini, n. 1-2, anno 1957, pag. 18, 19.

. I fascisti repubblicani diventano sostanzialmente strumento delle SS 53L. Grassi, op. cit., pag. 24.

cio l'appendice di un'organizzazione poliziesca e persecutoria. Il fascio-scriver lo stesso podest di Trieste Pagnini, nominato da Rainer - in un suo rapporto giustificativo al governo di Roma di data 4.5.1945 per tutta la durata dell'occupazione fece funzionare il proprio Ufficio politico quale fucina di denunce firmate ed ufficiali oppure anonime alle SS 54Al governo nazionale d'Italia - Roma, prot. E/ 1/343, datato Trieste 4.5.1945, relazione di Cesare Pagnini pubblicata integralmente nel volume La lotta clandestina di Trieste nelle drammatiche vicende del C.L.N. della Venezia Giulia di Giovanni Paladin, Trieste 1954, appendice VI.

. Ma sotto questo profilo l'attivit inquisitoria dei reparti e uffici fascisti meriterebbe un capitolo a parte. Declassato politicamente, estromesso da ogni controllo del potere ed anche dalla, sia pur formale, compartecipazione all'amministrazione pubblica delle provincie per la quale si preferiscono elementi d'ordine, portavoce di grossi gruppi economici e industriali, o burocrati anodini il fascio repubblicano si adatta a collaborare con zelo alla parte esecutiva dei piani di repressione e di rappresaglia progettati dagli organi di sicurezza germanici, portando in questo campo un contributo non indifferente per la miglior conoscenza dell'ambiente, delle persone, dei luoghi. Nelle numerose sentenze della Corte straordinaria d'Assise di Trieste nel dopoguerra, la gran parte degli imputati fascisti collaborazionisti risulta composta da appartenenti agli Uffici politici dei reggimenti Milizia Difesa territoriale (ex Guardia Naz. Repubblicana) dove si praticava la tortura come metodo consueto di interrogatorio e di indagine, di confidenti delle SS, di gregari e ufficiali dell'Ispettorato speciale di P.S. massimo organo italiano di repressione al servizio diretto della polizia tedesca (alla quale vengono consegnati i seviziati, con i relativi verbali), dell'ispettorato di P.S. di via San Michele formato da ex squadristi e militi, di aggregati alle SS, di delatori al servizio dei vari comandi germanici 55Vedi in particolare Processo contro Gueli Giuseppe fu Emanuele ed altri, sentenze della Corte Straordinaria d'Assise di Trieste del 25.2.1947, 4.6.1947, 28.4.1948, fascicolo penale e documenti allegati. Processo Ribaudo, sentenze 9.11.1945, 28.5.1946. Processo Vincenzo Chiarenza, sentenza 7.6.1946. Procedimenti penali riguardanti agenti, confidenti ecc. dell'Ispettorato speciale di P.S. della V.G. e dell'Ispettorato di via S. Michele con Sentenze della Corte d'Assise di Trieste 29.10.1945, 22.1.1946, 19.11.1945, 28.5. 1946, 21.1,1946, 27.10.1945, 30.10.1945, 6.9.1945; nonch procedimenti penali relativi a collaboratori delle SS: Sentenze della C.d'A. di Trieste 22,1.1946, 19.11.1946, 4.3.1946, 13.9.1946, 24.6.'46,12.11/45, 1.4.'46, 13.6.'46, 8.7.'46 2.8,'46, 840,'45, 8,11/45; procedimenti penali contro militi e fascisti al servizio dell'occupatore tedesco: Sentenze 19.12.'46, 5.3.'46, 19.7.'46, 16.7.'46,20.9/46, 5.11/46 ecc. ecc. e relativi incarti processuali e documenti.

.L'intensificarsi delle misure antitaliane del gauleiter, che comprendono anche la limitazione del soggiorno degli italiani provenienti dalle altre provincie, nella zona del Litorale Adriatico, ad un massimo di sette giorni vincolandoli per una maggior durata ad un apposito permesso (ordinanza n. 29), la nomina di consulenti germanici che impartiscono direttive ai prefetti pur essendo quest'ultimi designati dalla stessa autorit occupante, la spoliazione del patrimonio economico e industriale della regione affidata alle operazioni di una societ all'uopo costituita (ordinanza n. 18), provocano persino in qualche fascista sussulti e proteste e nel rapporto del 31. 12.44 si invoca un intervento di Mussolini per allontanare da essi (fascisti) il tragico dubbio che la loro azione ed i loro sacrifici siano volti a danno di quella Unit e Grandezza d'Italia per la quale il Fascismo insorto e per la quale combatterono tutte le generazioni passate 56Un anno di amministrazione germanica pag. 82.

.Ad essere allontanati, invece, e con secche e minacciose disposizioni, saranno gli ispettori e i gerarchi mandati da Sal, gli elementi pi recalcitranti del fascio. Deve andarsene dal Litorale Adriatico la stessa X MAS che, al comando di Valerio Borghese, dopo aver partecipato fianco a fianco con SS, cosacchi e mongoli, a rastrellamenti nel vicino Friuli, si era insediata nel novembre 44 nelle provincie di Trieste, Gorizia e Pola 57G. Esposito, op. cit. da pag. 156 a pag. 160: Siamo ormai all'acutizzarsi della politica deleteria del Commissario Rainer. Egli pretende che la Decima (Mas) lasci la Venezia Giulia. Purtroppo vi poco da fare per reagire... (Dalle dichiarazioni di Valerio Borghese riportate dall'Esposito).

. Eppure il fascio triestino aveva dichiarato, per bocca dei suoi esponenti, di essere rinato puro dalle sue ceneri e di marciare con voi Alleati tedeschi, come sempre... 58Rinascita, Il PICCOLO 12.9.1943.

. Aveva esaltato il lealismo nazista, aveva gioito per l'occupazione tedesca della regione : Ma in quel momento la libert non la vedemmo morta... perch godemmo pure in tanta nostra caduta di un favore: quello della presenza non lontana dalla citt delle truppe germaniche nostre alleate 59Ciascuno pu giudicare, il Piccolo 14.9.1943.

. Eppure esponenti del fascismo repubblicano istriano avevano spinto il loro zelo filo-tedesco fino al punto da protestare contro organizzazioni della stessa Repubblica di Sal, accusandole di negare informazioni richieste dalle locali autorit naziste. A mio modesto parere scriveva un esponente del fascio di Pola in una lettera del 6. 3. 1944 al segretario del P.F.R. richiamandosi alla proibizione dell'Unione dei Lavoratori dell'Agricoltura di fornire dati che la concernevano mi permetto di fare presente che simili ordini impartiti da persone che ricoprono importanti cariche dimostrano come in Italia purtroppo ci sia ancora del marcio da pulire e come si continua nel tradimento, specie nei confronti dei camerati germanici, i quali, come tutto il mondo ammira, combattono e versano il loro sangue per la salvezza d'Italia e della civilt di Roma 60Processi contro Luigi Bilucaglia, Maracchi, Lodovico Artusi, Arturo Valdemarin, davanti alla Corte Straordinaria di Assise di Trieste, fascicoli penali.

.Nessuna gratitudine mostrano i tedeschi per queste manifestazioni di buona volont. Pi radicale ancora del suo collega Rainer il gauleiter Franz Hofer proibisce nella Zona di Operazioni delle Prealpi il partito fascista poco gradito al popolo italiano. Il fascismo, spiega Hofer, aveva dimostrato colpe e debolezze non lievi nel vicino passato, perch potesse cos di colpo sperare di riacquistare prestigio ed autorit in mezzo al pubblico. Purtroppo i fascisti si erano mostrati dei traditori mentre i tedeschi avevano se non altro il privilegio di presentarsi con le mani assolutamente nette 61A. Radice, art. cit.

. Al tradimento si aggiunge l'accusa di sgoverno di cui parla Rainer a proposito dell'amministrazione fascista nella Venezia Giulia 62G. Esposito, op. cit. pag. 94.

dove la situazione presenta, tuttavia, aspetti diversi e pi complessi sia dal punto di vista politico-nazionale (per l'assenza o quasi di un nucleo etnico tedesco e la presenza di una grossa minoranza slava) che economico e geografico e militare. La Zona delle Prealpi pu essere considerata un vero e proprio antemurale del sistema difensivo dello stato germanico ormai stretto da vicino dall'avanzata degli eserciti alleati, mentre nel Litorale Adriatico la preoccupazione difensiva appare, in un primo momento almeno, subordinata ad una politica di rilancio dell'espansionismo germanico verso Sud e Sud-Ovest, ai disegni ambiziosi e sconcertanti di una ripresa imperialistica tedesca nel settore adriatico e balcanico nella fase crepuscolare del III Reich, quando la sconfitta batte alle porte. Naturalmente la ragione principale del disprezzo verso i fascisti deriva, sia nella mentalit del Hofer che del Rainer che in quella stessa di Hitler, dalla convinzione del loro tradimento verso la Germania, un'accusa dalla quale si salva a stento il solo Mussolini la cui personalit ha perduto per ogni fascino e prestigio presso il Fuehrer 63J. Goebbels, op. cit. pag. 627.

.La massiccia presenza germanica schiaccia, cos, col peso delle sue iniziative e della sua volont, la vecchia impalcatura burocratica politica ed amministrativa fascista e sopprime i segni della sovranit italiana. A questa realt bisogna che tutti si adeguino. Pericolosi potevano essere i frutti di una preconcetta ostilit ammonisce il gauleiter Hofer. Persino Cesare Battisti ai suoi tempi aveva conchiuso poco col suo strano eroismo 64A. Radice, art. cit.

. L'avversione all'Italia si manifester anche nella distruzione dei monumenti. Nella Venezia Giulia, a Capodistria, smantellato dai soldati nazisti il monumento a Nazario Sauro mentre a Gorizia militari collaborazionisti sloveni (domobranzi) fanno saltare, con la protezione delle SS, il monumento ai caduti della guerra del '15. Questo atteggiamento si accompagna, nel Litorale Adriatico, ad una feroce politica di persecuzioni razziali, nazionali e ideologiche che trova un realizzatore deciso nella persona del Gruppenfuehrer delle SS Odilo Globocnik (l'esecutore del piano di sterminio degli ebrei polacchi). Globocnik, capo della Polizia e SS del Litorale Adriatico di origine carinziana, conosce la lingua slovena e svolge un ruolo importante in questo settore centro-europeo nella politica di repressione, specie della guerriglia partigiana che assume nella zona dimensioni preoccupanti per l'iniziativa e la tenacia dei reparti slavi di Tito e di quelli italiani del Friuli orientale.Globocnik si sente investito della duplice missione di reprimere il banditismo (con la deportazione in massa, la rappresaglia collettiva e immediata e, s'intende, la distruzione del gruppo razziale ebraico) e di risolvere il problema dell'inserimento degli sloveni, quale popolazione subalterna, nello spazio vitale germanico, appoggiando e organizzando gli elementi collaborazionisti anche se ci significa l'umiliazione degli italiani, verso i quali non nasconde il suo disprezzo.Per raggiungere questi obiettivi i nazisti si servono dei mezzi pi spettacolari e brutali. E' messo in funzione a Trieste un vero e proprio forno crematorio (la Pilatura di Riso di San Sabba), sinistra prerogativa di Trieste fra tutte le altre citt italiane e dell'Europa occidentale. Spesso si da alle esecuzioni un carattere di macabra pubblicit esponendo alla vista di tutti, i corpi dei trucidati (i 51 impiccati di via Ghega, i 10 di Prosecco, i 71 fucilati di Opicina, i 4 impiccati di v. D'Azeglio, per citare alcuni esempi). Globocnick asseconda la politica slava del gauleiter che istituisce scuole slovene e croate, nomina podest e viceprefetti slavi a Gorizia, Postumia, Pola, Fiume e in altri centri della regione, sovvenziona giornali slavi di intonazione antitaliana, aiuta le formazioni ustasci cetniche e belogardiste 65Un anno di amministrazione. Vedi in proposito anche Bruno Coceani, Mussolini Hitler Tito alle porte orientali d'Italia, Bologna 1948 pag. 73, 90, 91, 102, 207 e segg.

, riafferma che la Venezia Giulia e l'Istria in particolare sono un miscuglio di popoli accusando l'amministrazione italiana di essere stata, oltre che responsabile della decadenza economica dell'emporio triestino, infelice e ignara della situazione per aver oltre misura inasprito i contrasti nazionali 66G. Esposito, op. cit. pag. 135.

.E' questo un aspetto importante della politica nazista che, naturalmente, non solo terrore e distruzione, ma si propone di costruire un ordine nuovo nella zona per adattare le istituzioni e l'ambiente giuliano alla realt germanica, per ridimensionare la presenza italiana privandola delle prerogative finora ingiustamente godute perch in fondo, come ribadisce il quotidiano nazista Adria Zeitung che si stampa a Trieste, il Litorale un territorio con una babilonica confusione di lingue ed un compenetrarsi di popoli 67Deutsche Adria Zeitung, quotidiano nazista di Trieste, 27.1.1944 .

.Nella nuova sistemazione va debitamente valorizzata la funzione economica dell'emporio triestino, crocevia europeo. Vanno ripristinate le condizioni che gli permetteranno di svolgere il suo ruolo particolare nella Europa gerarchizzata di Hitler: quello cio di porto principale delle Provincie meridionali del Reich e di citt mediatrice degli interessi tedeschi verso il Mediterraneo e i Balcani.Cos si spiega la paradossale contraddizione di una politica bifronte fatta di misure punitive e repressive a carattere collettivo e di quasi bonarie iniziative propagandistiche, di rievocazioni nostalgiche della belle epoque absburgica (Trieste saluta Vienna Vienna saluta Trieste). Appartiene a questo secondo tema anche la tendenza a sottolineare le funzioni sociali e le tradizioni economiche di alcuni gruppi della grossa borghesia industriale, commerciale e armatoriale triestina, gi primeggianti nell'aureo periodo austriaco (Ponti verso il nuovo Reich chiama l'Adria Zeitung del 2 maggio 1944 la partecipazione ad una nostalgica celebrazione a Klagenfurt di una rappresentanza di giuliani gi appartenenti all'imperial regio esercito austriaco e capeggiata dal barone Banfield, direttore di una societ triestina di navigazione).E non senza significato che alle cariche di prefetto, di podest e vice podest a Trieste siano nominati dal Rainer a pochi giorni dalla formazione del Litorale Adriatico, alcuni esponenti di questo mondo conservatore, in pieno accordo con l'Unione degli Industriali : il Coceani consigliere nazionale fascista e vicepresidente dell'Unione stessa, il Pagnini gi consigliere dell'Ass. italo-germanica 68Sull'insediamento del prefetto a Trieste vedi in particolare B. Coceani, op. cit. da pag. 31 a pag. 37.

. A prescindere dalle riserve mentali dei designati e dalle velleit di resistenza legale 69B. Coceani op. cit. pag. 32

che essi si sarebbero proposta, sta il fatto che i nazisti, che esercitano sui neo-funzionari triestini un oculato controllo, mostrano di apprezzarne la collaborazione, non si adirano di fronte alle loro proteste private, ritengono proficui i rapporti fra autorit dominante e i ristretti ma potenti gruppi economici locali e non dimostrano preoccupazione per il passato irredentista o nazionalista di alcune delle personalit insediate. Pensano probabilmente di potersene fidare 70Deposizione Rainer al processo di Lubiana ne Il Giornale di Trieste del 15.7.1947. Davanti ai giudici diel Tribunale della IV Armata Jugoslava il Rainer afferm che egli veniva informato sul conto dei viari gruppi e personaggi dell'ambiente triestino, ancor prima dell'occupazione, dal suo consigliere il barone Wolsegger che per lunghi anni aveva dimorato a Trieste.

o comunque contano di sfruttare gli innegabili vantaggi psicologici e politici derivanti dalla partecipazione di noti elementi locali all'amministrazione civile.A Trento il Hofer spiega infatti agli esponenti locali che il collaboratore civile della nuova autorit sono una condizione pregiudiziale per un alleggerimento dell'occupazione germanica almeno per quanto riguardava il settore amministrativo ed in certo modo pure quello generale della quotidiana attivit di ciascuno 71A. Radice art. cit.

.L'insieme degli espedienti e delle misure propagandistiche e nostalgiche che stimolano la rinascita di un municipalismo a tinta separatista e rinverdiscono il mito della Trieste absburgica ricca di traffici e di lavoro, proiettata oggi verso un felice avvenire per la sua condizione di centro dell'espansionismo economico e politico tedesco, ha un sapore cosmopolita. Ma come osserva lo studioso triestino Elio Apih un cosmopolitismo qualunquista, artificiosamente riesumato da uno Stato furiosamente nazionalista per risolvere realisticamente ed a proprio esclusivo vantaggio il problema nazionale di popolazioni vassalle 72Elio Apih, La stampa nazista a Trieste, in Trieste n. 9 anno 1955.

.Capitolo III - LA RESISTENZA ITALIANAIl movimento clandestino e il problema slavo - Il C.L.N. triestinoLa pressione slava che si aggiunge a quella dell'occupazione tedesca, d alle vicende giuliane un carattere di estrema drammaticit ed una complicazione di natura internazionale. Dopo l'8 settembre '43 il movimento di resistenza slavo, ormai controllato e diretto dei partiti comunisti sloveno e croato, assume ardite iniziative nella guerra partigiana e nella lotta nazionale nella Venezia Giulia. Mobilita le popolazioni contadine, promuove un'insurrezione generale che porta all'occupazione temporanea della maggior parte dell'Istria interna, del Postumiese, dell'Isontino, dove i presidi italiani si sono disciolti per l'inerzia o la fuga dei comandanti.Si insedia a Pisino un governo provvisorio croato che proclama il distacco dell'Istria dall'Italia e la sua unione alla madrepatria Croazia e alla Iugoslavia 73Istarski Narode ! (Popolo Istriano): copia autentica del manifesto a stampa in archivio Dep. Trieste VIII/341.

. Posizioni analoghe assumono i comitati sloveni che fanno capo al Fronte di Liberazione Sloveno (O.F.) di Lubiana 74Istra j Slovensko Primorje - Borba za slobodu krozviekone, Beograd 1952 parte 2a, pag. 351 della traduzione italiana.

. I partigiani slavi riempiono il vuoto politico e militare che si creato dopo lo sfasciamento dell'organizzazione militare e dell'amministrazione civile italiane, ormai incapaci, del resto, di fronteggiare una crisi che esse stesse hanno contribuito a provocare. Si alterano i rapporti di forza fra i due gruppi nazionali. E' una situazione che, aggravata brutalmente dalle vicende tumultuose dell'armistizio, acquista dimensioni massiccie.Ma una situazione che ha il suo antefatto, le sue cause politiche, militari ed ideologiche, nella linea di condotta perseguita nella regione dal regime fascista che ha voluto deliberatamente troncare ogni dialogo fra italiani e slavi, che ha esasperato con un'azione sopraffatoria sul piano scolastico, giuridico, civile, fiscale e economico, le popolazioni contadine slovene e croate, che ha trasformato il tradizionale contrasto tra citt e campagna in violento conflitto con sfumature razzistiche ed accentuazioni classiste fra due civilt che si incontrano in una tipica zona di transizione. Lo scontro fra i due patriottismi visto dallo stato fascista, dalla sua burocrazia, come un antagonismo totale tra gruppi razziali e sociali diversi. I protagonisti della lotta diventano la borghesia dominante italiana e i contadini oppressi slavi. Impegnandosi su questi temi con particolare accanimento propagandistico oltre che poliziesco, il fascismo ha provocato questa degenerazione del conflitto, rifiutandosi di riconoscere che nell'ambiente nazionale giuliano la realt etnica e sociale presenta aspetti e pone problemi non riducibili o definibili nei termini delle rigide ed equivoche schematizzazioni e semplificazioni che costituiscono invece il leit-motiv della propaganda ufficiale.Perch, malgrado tutto, malgrado le deformazioni mentali e storiche che nascono dai pregiudizi correnti, non neppure vero che gli italiani nella Venezia Giulia siano soltanto i borghesi delle citt. Oltre ai grossi nuclei proletari urbani, nell'Istria occidentale, l'Istria veneta, gli italiani costituiscono la massa dei pescatori, degli operai, dei piccoli coltivatori diretti, a contatto con i piccoli proprietari slavi per cui i rapporti sociali, fatta eccezione per alcune localit, non sono quelli che generalmente intercorrono tra sfruttatori e sfruttati. Ma quando si arriva all'8 settembre le distinzioni sono ormai sbiadite. Il fascismo ha imposto una sua educazione, una sua spiegazione dell'italianit e dello slavismo e molti italiani sono rimasti vittime dei luoghi comuni di cui infarcita la pedagogia politica del regime. Non pochi ignorano i termini essenziali della realt e dell'ambiente in cui vivono e che la guerra, l'occupazione nazista, l'insurrezione slava e il crollo dell'apparato militare statale hanno brutalmente esasperato. C' chi ancora fermo all'enfatica identificazione della nazionalit con la romanit, alla contrapposizione pura e semplice di una aristocratica civilt italiana alla barbarie slava o scambia la difesa di interessi municipali, settoriali e di privilegi di gruppo da compiersi con mezzi e forme legali con la difesa della comunit ed unit nazionali minacciate da un occupatore che, come quello tedesco, non rispetta nessuna legge n riconosce alcuna fonte di diritto che non promani dalla sua volont di conquista e di sovversione dei preesistenti ordinamenti politici, nazionali, giuridici e di ogni civile concezione della societ.Trieste ha assunto, da tempo, la grigia fisionomia di una citt impiegatizia. Il distacco tra il ceto medio, in gran parte concentrato negli istituti bancari, assicurativi e nelle societ di navigazione, (controllati dai notabili della vecchia classe dirigente, fascista per opportunismo e per antica vocazione protezionistica e parassitaria), e proletariato industriale, netto e profondo. La lunga crisi economica, il mancato ricambio della classe politica, il conformismo dei ceti dominanti che aderendo al fascismo rinunciano, in cambio della protezione ottenuta, ad ogni seria iniziativa per risollevare la depressa economia cittadina, appiattiscono ed umiliano lo spirito pubblico, impoveriscono moralmente la piccola e media borghesia, esercito di impiegati sottomessi in lotta per la sopravvivenza materiale, aggravano la diseducazione politica, impediscono un risveglio ed uno sviluppo della cultura. Il carattere italiano della citt rimasto una realt insopprimibile. Ma, conclusosi l'esaltante periodo delle lotte nazionali, l'italianit di molti triestini diventata sempre pi retorica e provincialesca, burocratica e spiritualmente stagnante. Si sente che Trieste la citt di una provincia italiana di confine, non pi una citt europea abitata da italiani. Nella stessa gerarchia nazionale del partito, gli esponenti triestini od occupano gli ultimi posti in fatto di operosit e spirito di iniziativa, o i primi per cortigianeria, fanatismo, intolleranza.Grave stata in modo particolare la decadenza della cultura, il diffuso disprezzo dei suoi valori, la mancanza di una comprensione critica delle vicende umane in questa terra di confine, abitata da popolazioni diverse qui conviventi da secoli a stretto contatto e in certo modo legate come gi Scipio Slataper aveva intuito 75Scipio Slataper, Il mio Carso.

da destini e interessi comuni. Grave l'insofferenza passivamente accettata dalla massa umiliata per ogni indagine obiettiva della struttura del mondo triestino, dei suoi lineamenti sociali ed economici, delle sue contraddizioni politiche; la poca consapevolezza del risveglio nazionale e delle aspirazioni all'elevazione sociale che agitano da tempo il mondo slavo : realt e problemi che gi il quasi isolato e disprezzato Angelo Vivante aveva cercato di spiegare 76Angelo Vivante, Irredentismo Adriatico.

e che il richiamo alle tradizioni irredentistiche e la rozza ideologia dei ceti dominanti non potevano n risolvere n mascherare. Sono insufficienze profonde che oggi si proiettano sulla realt politica locale, che diminuiscono la vitalit e la stessa capacit di difesa della presenza italiana, che rendono pi faticoso e demoralizzante il tentativo dei gruppi intellettuali e politici di avanguardia dei circoli democratici e antifascisti, di risvegliare un'opinione pubblica in parte pigra e disorientata, di richiamarla alla necessit di liberarsi da certi miti, pregiudizi e illusioni e di partecipare direttamente alla lotta per la libert ideologica, politica, nazionale (perch tutto ora in gioco) che i popoli d'Europa stanno combattendo e dalla quale meno che mai possono restare assenti gli italiani.C' molto smarrimento in giro. La rivoluzione nazionale slava si abbattuta sull'avvilita popolazione italiana come un'oscura nemesi. Il fascismo che da un lato ha lasciato molti italiani nel disorientamento morale e politico, dall'altro ha paradossalmente raggiunto una delle sue mete suscitando in molti slavi la convinzione che Italia e fascismo siano la stessa cosa, che non corra alcuna differenza tra l'Italia legale e quella reale, fra nazione e regime dominante. E' un equivoco che coster caro agli italiani della Giulia e che scatener contro di essi la triste spirale delle vendette.Dopo l'8 settembre si accentua nell'ambito del movimento generale di resistenza ai tedeschi lo squilibrio di forze, di organizzazione, di peso politico, fra italiani e slavi. Non tanto dal punto di vista della partecipazione di elementi italiani alla guerra partigiana che ragguardevole (e si concreta in migliaia di giovani, tra goriziani Monfalconesi muggesani triestini e istriani che in essa combattono) quanto sotto il profilo delle condizioni di questa partecipazione, dei gravi squilibri e lacerazioni politico-nazionali prodotte dal fascismo in questa terra di confine, della situazione obiettiva in cui l'antifascismo italiano ed i suoi organi direttivi vengono a trovarsi e delle gravi difficolt che incontrano i suoi tentativi di espansione e le sue iniziative. L'eredit che la resistenza italiana costretta ad assumere nella Venezia Giulia all'indomani dell'armistizio pu essere, pertanto, definita, senza esagerazioni, fallimentare. Fallimentare la politica fascista di odio e di oppressione che ha scatenato la rivolta slava, fallimentare la politica totalitaria che ha reso larga parte della popolazione politicamente ottusa e fatalisticamente rassegnata al peggio..77Enzo Collotti, Il valore morale della resistenza giuliana, in Trieste riv. cit. n. 7, 1955.

Cos sotto l'urto degli avvenimenti, chi resta isolata e messa in condizioni competitive precarie questa resistenza nazionalmente qualificata, rappresentativa cio delle forze non legate alle organizzazioni slave e che si propone di ripristinare, almeno entro certi limiti, i rapporti di forza fra i due gruppi, di stabilire un dialogo su di un piano di parit, di piegare la parte slava al riconoscimento di un'unit di lotta non equivoca o sopraffatoria, fondata sul reciproco rispetto dei diritti nazionali, sull'accantonamento delle controversie territoriali, su una collaborazione tra eguali.L'organo direttivo dei resistenti italiani il C.L.N. di Trieste ideologicamente affine ai comitati nelle altre Provincie d'Italia. E' il C.L.N. che esprime con il suo atteggiamento e la sua propaganda, la volont unitaria degli italiani democratici e, indirettamente, di gran parte della popolazione italiana. Sin dagli inizi il C.L.N. ribadisce in una situazione cos confusa, i suoi fini politico-morali che si riassumono anzitutto, come scrive nell'opuscolo clandestino Fede Unitaria, uno dei suoi maggiori esponenti Gabriele Foschiatti organizzatore del movimento di Giustizia e Libert e del Partito d'Azione, caduto poi a Dachau, nella volont di vegliare e vigilare e tenere gli occhi bene aperti ed i pugni bene stretti sulla nostra sorte... (essere padroni del proprio destino l'affermazione coniata e diffusa in molti manifesti da un altro dirigente, Giovanni Paladin)... la quale (sorte) sar o con l'Italia o via dall'Italia. Si tratta di un si o di un no all'Italia... non all'Italia contraffatta dei Savoia e di Mussolini, ma all'Italia degli italiani nascente oggi dal sangue di un popolo martire che nella lotta contro i tedeschi e i fascisti compie oggi il suo secondo Risorgimento... E' insomma, dice il Foschiatti, un atteggiamento politico-morale e piuttosto morale che politico, che viene richiesto ad ognuno di noi, dalla nostra stessa coscienza, in quest'ora grave per noi italiani di queste terre e per l'intera Nazione, di fronte al problema dell'unit nazionale 78Gabriele Foschiatti, Fede unitaria, opuscolo clandestino ottobre 1943, in archivio Dep. Trieste II/108.

.Unit nazionale e democratica che vuole distinguersi dalle formule politiche dei blocchi patriottici dei nazionalfascisti giuliani che qui hanno avuto una certa fortuna e mantengono ancora una certa attrazione. Unit intesa come adesione inequivoca ai Comitati di Liberazione Nazionale, alla loro battaglia di libert in quanto rileva il Foschiatti sin da quel tragico settembre del '43, ogni italiano, soldato della libert, che muore con le armi in pugno contro i tedeschi, un pegno per la nostra integrit nazionale perch riscatta l'onore della Nazione dalle vergogne e dai delitti della monarchia e del fascismo 79G. Foschiatti op. cit.

.Ma il CLN venuto a trovarsi subito dopo l'armistizio in una situazione che non ha confronti con quella degli altri Comitati italiani e che metter a dura prova le sue capacit di iniziativa politica e il generoso moralismo di alcuni dirigenti ostili, per antica educazione ideologica mazziniana, ai compromessi ed ai patteggiamenti e portati dalle stesse crescenti difficolt ad irrigidirsi su posizioni di strenua difesa dei principi (indipendenza e unit nazionale, libert, diritto dei popoli di disporre di s stessi ma anche opposizione totale ad ogni forma di attendismo o agnosticismo accomodante e manovriero che si fanno strada in alcuni settori dell'opinione pubblica e in alcuni circoli patriottici e nei collaborazionisti con riserva mentale, impressionati dalla minaccia slava e dalla durissima realt in cui guerra e occupazione hanno gettato la citt e la regione, per cui ad un certo punto le forze tedesche appaiono a costoro come forze dell'ordine in grado di garantirli dai sovversivi e dallo...straniero). A poco a poco il Comitato si trova ad agire in un isolamento sconfortante, impegnato da un lato nella lotta antinazifascista che richiede spirito di sacrificio, mobilitazione di mezzi e di uomini, organizzazione militare, collegamento assiduo con le formazioni e gli organi partigiani delle altre provincie italiane, specie del Veneto; dall'altro dalla pressione degli slavi che puntano sul monopolio politico e combattentistico della Resistenza e influiscono su uno dei partiti del CLN, il comunista, per spingerlo su posizioni separatiste e cio al riconoscimento del distacco della Venezia Giulia dall'Italia.La lotta del CLN diventa lotta di sopravvivenza nazionale 80E Collotti, Il valore morale ecc.: L'ipoteca nazionale scrive il Collotti grava sulla resistenza giuliana dalla nascita, ne anzi una delle premesse che la condizionano e che, al tempo stesso, le imprimono un duro limite.

, resa complessa e difficile dal fatto che il movimento slavo occupa un ruolo preminente nello scacchiere della Resistenza europea ed alleato di quelle Nazioni Unite al fianco delle quali combattono l'Italia dei CLN e l'Italia del Sud. In queste condizioni difficile difendere l'italianit senza scivolare su posizioni equivoche per gli Alleati impegnati a fondo nella guerra contro Hitler e perci poco disposti ad interessarsi dei nazionalismi locali e ostile agli atteggiamenti neutralistici o, peggio, collaborazionistici. Forse mai la democrazia giuliana si trovata cos disarmata ed esposta. Il CLN resta attaccato con ostinazione ai suoi principi e ribadisce nelle sue intenzioni e nella sua stampa clandestina la necessit di difendere l'Italia in nome della libert, di respingere le formule e le suggestioni del passato.Questa difesa implica il riesame del grosso problema dei rapporti fra italiami e slavi nella regione. Nel momento attuale ci significa affrontare la questione dei rapporti fra Resistenza italiana e Resistenza slava alla luce delle prospettive pi immediate ed anche di quelle future per le conseguenze che sul piano locale e su quello internazionale possono nascere da una rottura violenta, da un conflitto fra i due movimenti. In circostanze simili bisogna fare politica col cervello e non solo col sentimento, tener fede ai principi ma saper trattare con pazienza e dignit.Il C.L.N. giuliano cerca di fare tutto questo. Anche se i risultati dei suoi sforzi politici e militari sono modesti e, in taluni casi, votati all'insuccesso perch la situazione compromessa da lungo tempo, il Comitato compie numerosi tentativi per evitare da un lato, il fatto compiuto di un monopolio politico e militare jugoslavo nella regione destinato a sfociare nell'occupazione e nell'insediamento di un governo civile straniero anche nelle zone e citt italiane; dall'altro, per trovare una soluzione che eviti e rinvii una rottura totale fra i due movimenti che rischia di isolarlo definitivamente e di compromettere le sorti della popolazione italiana pregiudicando la causa che esso vuole difendere, anche di fronte agli Alleati. Ad aggravare il fardello, gi reso pesante dalle continue perdite e persecuzioni sopraggiunger la crisi nel partito comunista italiano che del comitato parte integrante e che occupa una posizione di avanguardia nella lotta in citt e nel territorio. Una crisi che elemento di ulteriore complicazione all'interno dello schieramento Italiano dove la Federazione triestina del P.C.I. svolge una funzione particolare perch collega il proletariato urbano di Trieste e di Muggia al movimento ciellenistico, cio ad un qualificato movimento nazionale ed inoltre assicura i collegamenti fra C.L.N. e formazioni partigiane italiane sul Carso e nell'alta Istria, fornendo alla politica del Comitato una forza militare che ne rafforza il prestigio e documenta la volont di lotta degli italiani.La crisi comunista, che ha precedenti sia di ordine ideologico che politico ed organizzativo sui quali non ci soffermiamo 81Vedi in proposito Elio Apih, Dal regime alla resistenza - V. Giulia 1922-1943 - Udine 1960.

, scoppier dopo l'eliminazione per opera nazista dei pi attivi e capaci dirigenti della Federazione di Trieste, come Luigi Frausin e Vincenzo Gigante e lo stesso Natale Collarich, un comunista sloveno che condivideva il pensiero del Frausin 82OJ.: Natale Kolaric (Boso) in Almanacco Triestino 1955 ed. Il Lavoratore organo del Partito Comunista del Territorio Libero di Trieste, pag. 104.

. Essi sono fautori di un'unit di lotta italo-slava, fondata per sul reciproco riconoscimento dell'individualit nazionale e sul rinvio di ogni questione territoriale al dopoguerra 83M. Bernetic, Aspetti della lotta di liberazione nelle nostre terre, in Almanacco Triestino 1954, pag. 180, 181.

. Fra il settembre '43 e il settembre '44 la Federazione triestina mantiene questo atteggiamento malgrado il sorgere di non lievi difficolt anche di natura organizzativa militare e psicologica dovute, in parte, alla tendenza slava di controllare l'operato dei comunisti italiani e di imporre le direttive del movimento di Tito sulle formazioni partigiane di altra nazionalit qui operanti, nonch di diffondere tra le masse operaie della citt un programma ideologico sintetizzato nel binomio comunismo-Jugoslavia.Capitolo IV - ISTRIA, SETTEMBRE OTTOBRE 1943Eccidi e violenze slave - Il grande rastrellamento tedesco.Nelle vicende giuliane del 1943, l'occupazione partigiana slava di una parte della regione, del settembre-ottobre, un avvenimento rilevante per le conseguenze di carattere politico, nazionale, militare che esso determina, specie in Istria che sin da allora viene praticamente avulsa dal territorio nazionale. In Istria la situazione diventa gravissima sia per la spietata reazione tedesca della prima met di ottobre, che provoca lutti numerosissimi fra la popolazione civile e distruzioni immani con il sistema della rappresaglia indiscriminata e della terra bruciata ; sia per le violenze di alcuni esponenti partigiani slavi che suscitano il terrore fra gli abitanti italiani delle zone colpite (ed forse quesito uno dei risultati psicologici che essi vogliono raggiungere). Questi fatti hanno negative ripercussioni sui rapporti fra resistenza italiana e slava. 84Esperienze dell'occupazione partigiana dell'Istria dell'autunno 1943, relazione del C.L.N. giuliano in archivio Dep. Trieste IT/113.

Uno degli aspetti pi gravi degli avvenimenti in Istria in quel periodo, l'eccidio di alcune centinaia di italiani che sono fucilati o scaraventati nelle voragini carsiche (foibe) dopo sommari processi 85Nella Relazione ratta dall'interrogatorio di un sottufficiale dei Vigili del Fuoco del 41.o Corpo di stanza a Pola, in archivio Dep. VIII/346, sono minuziosamente descritte con particolari tecnici e geografici le esplorazioni delle foibe istriane compiute da squadre dei Vigili del Fuoco di Pola fra l'ottobre e il dicembre 1943 per il recupero delle salme, con l'appoggio saltuario della squadra- soccorso delle miniere di Albona. Dalle foibe di Vines, Terli, Castellier, Pucicchi (Gimino), Surani, Cregli, Carnizza, furono estratte duecentotr salme di cui centoventuno riconosciute (12 erano di militari tedeschi). La relazione parla di altri 19 civili che furono fucilati e gettati in mare nei pressi di Santa Marina di Albona. Ma non in tutte le foibe fu possibile sopratutto per insormontabili difficolt tecniche procedere ad un recupero anche parziale dei corpi, come ad esempio nelle voragini di Cregli, Barbana, e in quielle di Semi (Castel Lupogliano). In altre esplorate dai Vigili non fu possibile accertare il numero delle salme giacenti. Un tentativo di ricostruzione statistica pu essere fatto, tenendo conto del numero degli scomparsi nelle varie localit istriane nel periodo settembre-ottobre '43 e 1944. Stando a tali elementi si pu approssimativamente calcolare che il numero degli infoibati e fucilati in quell'epoca si aggira sulle 4-500 persone. La sopraoitata Relazione, resta, comunque, una delle pi importanti e documentate testimonianze dirette sulle uccisioni collettive in Istria del settembre 1943. Nei suoi allegati riporta anche gli estremi delle cronache pubblicate sui quotidiani giuliani Il Piccolo e il Corriere Istriano nel periodo ottobre-dicembre 1943. Sulle foibe vedi anche Appunti sugli avvenimenti istriani ecc. dattiloscritto cit., nonch Albona d'Istria sotto il dominio di Tito in riv. Triste sett.ott. 1954 e G. Paladin op. cit. pag. 9, 10. Secondo il Paladin il numero ideile persone infoibate e uccise dagli slavi in Istria in quel periodo di circa 500.

, ha il carattere di una rappresaglia brutale aizzata da alcuni croati autoctoni che vogliono indirizzare l'insurrezione partigiana sul binario di una rivincita nazionale e sociale contro l'Italia e la sua odiata classe dirigente borghese, terriera, burocratica, alimentando nei contadini slavi la speranza di un totale e rapido capovolgimento di posizioni da cui il dominatore tradizionale deve uscire battuto per sempre 86G. Paladin, op. cit. pag. 10.

. E' la lotta di classe identificata con quella nazionale per cui nazionalismo e socialismo diventano sinonimi nella guerra al nemico italiano. Uno degli obiettivi che alcuni dirigenti slavi vogliono conseguire, il pi presto possibile, la distruzione della classe dirigente istriana, quasi tutta di origine italiana, oltre che il passaggio agli slavi delle terre dei proprietari fascisti, in modo da assicurarsi il controllo totale del potere. In alcune zone, ogni limite di un programma cos radicale sar per superato e la politica di forza con i suoi metodi rivoluzionari, si abbatter talora indiscriminatamente su tutto il gruppo etnico italiano, aggredendolo anche nei sentimenti nazionali, nelle tradizioni morali civili, nel costume.E' la stessa presenza italiana in Istria che viene minacciata a fondo e non pu essere diversamente quando ci si propone di risolvere secolari e complessi problemi di nazionalit e di civilt con la imposizione violenta di nuovi sistemi, con l'inquadramento forzato di una popolazione di altro ceppo in una nuova realt nazionale e sociale. Ci malgrado, la responsabilit delle violenze e delle uccisioni indiscriminate ricade generalmente sulla volont, sulla tolleranza o sulla complicit di singoli dirigenti politici e militari che lungi dal comportarsi come soldati pionieri di libert e di giustizia furono apportatori di persecuzioni informando il loro atteggiamento a quello di puri nazionalisti slavi 87L'esperienza dell'occupazione partigiana dell'Istria, rapporto del C.L.N. giuliano, ottobre 1943 in arch. Dep. II/113.

, o su gruppi di estremisti, e quasi mai pu essere attribuita collettivamente alle popolazioni slave locali che, nella loro maggioranza, pur appoggiando l'insurrezione partigiana danno aiuti e solidariet ai numerosi militari italiani sbandati o in ritirata, facile preda per qualunque avversario.In alcuni dei protagonisti di questa rivincita slava, la passionalit e il disprezzo assoluto per la vita umana si accoppiano a istinti politici elementari che non accettano distinzioni di sorta che non siano quelle di nazionalit. La domanda siete italiano, siete fascista? corre sulle bocche di alcuni accusatori. Il piano di epurazione sbrigativa che essi si sono proposti anche il prodotto fatale di una mentalit esasperata da ventanni di repressioni fasciste, di odi a lungo covati, di prolungate miserie sociali e dell'aggressiva propaganda nazionalistica dei gruppi politici slavi: la risposta comunque non ammissibile alla soluzione fascista che per molti slavi significava solo italiana, la reazione all'invasione della Jugoslavia ed alle notizie allarmanti sull'occupazione italo-tedesca della Balcania.Ad un dato momento la situazione precipita. Quando le truppe tedesche si irradiano con tremende puntate nell'interno dell'Istria accompagnate da guide fasciste, la sorte per molti prigionieri civili italiani segnata. La paura dei carcerieri si sfoga in matta bestialit e per far presto essi uccidono senza esitare. Ai tedeschi importa ben poco la liberazione dell'italianissima provincia, essi mirano alla distruzione dei comunisti e dei terroristi e alla cattura dei soldati badogliani per garantirsi le comunicazioni e l dove non hanno troppo tempo da perdere sparano su italiani e slavi, carcerieri e prigionieri, banditi e inermi cittadini. A Pinguente la liberazione dei prigionieri avviene senza incidenti ma a P