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Alternanza Scuola-Lavoro, Legge 107/2015Progetto triennale 2016-2018 “La Scuola promuove il territorio”
Ente Parco Nazionale del Pollino – Liceo Scientifico “Galileo Galilei” Trebisacce (CS)
PARCO NAZIONALE DEL POLLINO Guida ai paesi del versante orientale
Plataci Cerchiara diCalabria
Francavilla Marittima
Alessandria del Carretto
San Lorenzo Bellizzi
Premessa
L’idea della realizzazione di una mini- guida naturalistico – ambientale del territorio orientale del
Parco Nazionale del Pollino, riguardante i comuni calabresi che gravitano su Trebisacce, è
scaturita durante la stesura del progetto di Alternanza Scuola Lavoro “ La scuola promuove il territorio” ambito naturalistico di durata triennale( 2015 – 2018).
Avendo il Liceo Scientifico “Galileo Galilei” di Trebisacce, stipulato con l’Ente Parco Nazionale del
Pollino la convenzione per la realizzazione dello stesso in ottemperanza alla legge 107 del 2015
“La buona scuola” che contempla che anche i licei devono svolgere nell’ambito del triennio un
percorso di Alternanza Scuola Lavoro.
Il percorso A. S. L. si è svolto dal 2015 al 2018 ed è stato seguito nelle parti generali, da tutti gli
alunni che durante l’anno scolastico 2015 – 2016 hanno frequentato il terzo , 2016 – 2017 il
quarto e che quest’anno hanno frequentato il quinto anno, il numero dei partecipanti è variato da
109 a 111, ma gli studenti che hanno realizzato questo lavoro sono coloro che hanno scelto di
partecipare nello specifico al progetto relativo.
Le attività operative organizzate per gruppi di studenti aderenti al modulo “La scuola promuove il
territorio”, guidati dal tutor aziendale, dott. Aldo Schettino (forestale) dal dott. Alberto Sangiuliano
(naturalista), entrambi funzionari dell’Ente Parco Nazionale del Pollino e dal referente e tutor
interno, prof. Pasquale Napoli docente di scienze naturali del Liceo, hanno consentito ai ragazzi,
veri promotori della promozione del proprio territorio, di elaborare, assemblare e redigere la
presente guida naturalistica.
La guida consta di due parti:
La prima, in linea generale descrive il Parco nazionale del Pollino nei vari aspetti: geografici,
naturalistici, paesaggistici, geomorfologici, culturali;
La seconda parte descrive gli aspetti fisico culturali più salienti e ritenuti importanti, inerenti i
cinque comuni calabresi che hanno il loro territorio nel perimetro del Parco Nazionale del Pollino:
Alessandria Del Carretto, San Lorenzo Bellizzi, Plataci, Cerchiara di Calabria, Francavilla
Marittima.
Questo lavoro non pretende di essere completo ed esaustivo, ma ci si augura che possa servire ai
redattori come punto di partenza per incrementare il legame con il proprio territorio e aiutarli ad
orientarsi per operare una scelta adeguata per pianificare il percorso di vita da seguire per il
proprio futuro dopo il diploma, per svolgere una professione /attività che più piace per vivere una
vita serena.
Il Parco Nazionale del Pollino, istituito nel 1993, è la più grande area protetta d’Italia.
Protegge e conserva il Pino Loricato che rappresenta il logo del Parco stesso. L'intera zona, 192.000 ettari di
superficie, è composta dalle montagne del massiccio del Pollino e Orsomarso. Dalle sue cime si possono
ammirare le coste tirreniche di Praia a Mare, Maratea e Belvedere Marittimo in direzione ovest, invece, le
coste dello Jonico da Sibari a Metaponto verso est.
A cavallo di 2 Regioni, Calabria e Basilicata, comprende parte delle province di Cosenza, Potenza e Matera
includendo 56 comuni: 24 lucani e 32 calabresi. Il Parco Nazionale del Pollino è la più grande area protetta
d’Italia con i suoi 192.000 ettari di superficie di cui 100 mila ettari nel versante calabrese e la restante parte
in Basilicata.
Il massiccio del Pollino, con 5 cime che superano i
2000 metri di quota è il più alto di tutto
l’Appennino meridionale. Le cime più elevate sono:
Serra Dolcedorme (2267m), Monte Pollino
(2248m), Serra del Prete (2181m), Serra delle
Ciavole (2130m) e Serra di Crispo (2053m).
Altre cime di minore altitudine sono: la Manfriana
(1981 m), Coppola di Paola (1919 m), Monte
Grattaculo (1890 m), Monte Sparviere (1713 m), la
Falconara (1656 m), Timpa di San Lorenzo (1652
m).
Il gruppo montuoso di Orsomarso comprende le cime di Cozzo del Pellegrino (1935 m), la Montea (1785
m), Monte Palanuda (1632 m), Monte la Caccia (1744 m).
Inoltre, rientra nel perimetro del Parco, il Monte Alpi (1900 m), ubicato nel settore Nord Ovest e isolato
dalla catena del Pollino dalla profonda valle del Sinni.
Il territorio del Parco offre una incredibile varietà di paesaggi e di biotopi. L’altitudine dei gruppi montuosi
unita alla breve distanza dal mar Jonio e Tirreno (solo 60 Km separano una riva dall’altra nel punto più
stretto), uniti alla presenza di tipi climatici diversi, costituiscono fattori determinanti della variabilità
ambientale del territorio e quindi della distribuzione della diversità vegetazionale. Nel breve spazio di pochi
chilometri si passa da una vegetazione di tipo macchia mediterranea ai circhi glaciali della alte quote. A
questi fattori naturali si aggiunge il fattore antropico che nel corso dei secoli, attraverso le attività agro-silvo-
pastorali, ha “costruito” un paesaggio e un sistema di vita.
Il PARCO NAZIONALE DEL POLLINO
Plataci è un comune della provincia
di Cosenza con una popolazione di
770 abitanti, posto ad una altitudine
di 950 m s.l.m.
Gli abitanti hanno origini
arbëreshe, preservando la lingua e
le tradizioni e fa parte della
comunità di Arbëreshë in Italia.
Nei tempi antichi, Plataci faceva
parte del villaggio di Cerchiara (Plattici e Plataci), il cui nome deriva probabilmente da "platanìa". Gli
albanesi si stabilirono qui nel 1476, approfittando di un terremoto che 20 anni prima rese questa terra
disabitata. All'inizio Plataci era una casa colonica del Marchesato di Cerchiara e poi divenne proprietà della
Famiglia Pignatelli, fino al 1806.
In Plataci possiamo vedere uno scenario proveniente dalla cultura albanese. Ci sono punti di interesse come:
la Chiesa di Giovanni Battista, la Chiesa
della Madonna di Costantinopoli, la Chiesa
di San Rocco e la Cappella della Madonna
del Monte.
È anche possibile vedere splendidi luoghi
naturali, come:
- Bosco della Montagnola: un bosco pieno
di aree gioco
- Monte Barone: un'area solitamente
utilizzata come area pic-nic. Si trova a 3
km da Plataci.
- Lago di Forano: situato sul monte Sparviere, a 15 km da Plataci, è una grande attrattiva naturale
- Una piccola torre, per vedere il paesaggio
- Percorsi naturali
Plataci
A Plataci c'è una grande tradizione del Carnevale, celebrata il 1 ° marzo. Durante questa celebrazione, molte
"maschere" sfilano per le strade, cantando una filastrocca vecchia e divertente in Arbëreshë, e pregando per
la prossima primavera.
Il Carnevale qui è molto simile al "Carnevale Ambrosiano" di Milano, perché un uomo di Arbëreshë che
viveva a Milano lo presentò a Plataci.
Plataci è noto come il paese dei murales, che raccontano la diaspora e l’insediamento degli albanesi in Italia
Tra gli eventi culturali sono di ampio rilievo gli ITINERARI GRAMSCIANI, importante convegno
internazionale sulla figura di Antonio Gramsci (1891-1937), politico ed intellettuale italiano di radici
platacesi, poiché il bisnonno Don Nicola ed il nonno Gennaro erano nati a Plataci.
Cerchiara diCalabria
Cerchiara di Calabria è un comune della provincia di Cosenza di 2344 abitanti situato nel Parco Nazionale
del Pollino, situato ad una altitudine di 650 m s.l.m.
Celebre per la produzione di un pane
tradizionale particolarmente apprezzato e noto
come pane “scanato” che viene impastato a
partire da farina di grano tenero
(preferibilmente della varietà maiorca o
carosone) e da crusca o farina integrale. A
Cerchiara è possibile visitare il Museo del
Pane, in cui sono conservati vari strumenti,
macchinari e macine della ruralità di un tempo,
manichini che impersonano il mugnaio e il
panettiere ed esempi di vere pagnotte di pane di Cerchiara
Cerchiara di Calabria ospita nel suo territorio il santuario della Madonna delle Armi. Costruito nel
Quattrocento, sui resti di un preesistente edificio di culto, è dedicato alla madonna delle Armi, di cui fu
trovata una lastra di pietra con l'immagine naturale.
Ampliata nel XVI-XVII secolo, col palazzo ducale ed
altri edifici, conserva opere seicentesche ed affreschi
del Settecento di scuola napoletana
Di grande interesse speleologico anche il celeberrimo
Abisso del Bifurto, detta anche"Fossa del Lupo". Si
tratta di un profondissimo inghiottitoio che scende in
verticale per 683 metri, esempio fra i più evidenti del
lavorio carsico sulle pendici del Pollino. Occupa il
quarantesimo posto nella graduatoria delle grotte
più profonde del mondo ed è, secondo gli speleologi, una delle cavità più difficili dell’intero Mezzogiorno.
Molto importante e conosciuto anche il Museo del Pino Loricato, simbolo del Parco Nazionale del
Pollino.Poco fuori il paese si trova la Grotta delle Ninfe di cui parla Omero, un'antica fonte di acqua sulfurea
che forma fanghi terapeutici e che sfocia oggi in una piscina termale.
Francavilla Marittima
Francavilla Marittima è un comune di 2.870
abitanti della provincia di Cosenza posto ad
un’altitudine di 273 m s.l.m. Il comune di
Francavilla Marittima ha origini remote che
risalgono al XV secolo. In località Timpone
della Motta, (uno dei siti archeologici più
significativi dell'alto Jonio), reperti archeologici
fanno supporre che vi fosse ubicata l'antica
Lagaria, fondata da Epeo, costruttore del cavallo
di Troia. Gli storici fanno risalire la fondazione
di Francavilla ai feudatari Sanseverino, principi di Bisignano, ai quali appartenne prima di passare ai Serra,
Duca di Cassano, che la tennero fino al 1806.
Successivamente con lo scorrere del tempo divenne una zona prettamente agricola e soltanto nel 1911
Francavilla divenne Comune e nello stesso anno si ebbe il primo insediamento industriale con una fabbrica
di legname. Il paese di VillaFranca, che significa "paese libero dai tributi", è poi rinominato in Francavilla e
nel 1863 è aggettivato come Marittima perché è vicino al mare.
TIMPONE DELLA MOTTA Si tratta di un terrazzamento naturale, denominato Timpone della Motta,
che sovrasta la sottostante piana. Il sito, ricadente nel comune di Francavilla Marittima, è di fatto
estremamente interessante in quanto uno dei più
importanti insediamenti indigeni precoloniali,
fondato dagli enotri. La ricca necropoli annessa
in località Macchiabate ha supplito alla scarsità
delle notizie storiche relative al villaggio enotro,
con i cospicui rinvenimenti archeologici.
L'antico villaggio è stato individuato in località
Timpone della Motta, da cui è emersa una
frequentazione del sito sin dall'epoca del Bronzo
tra il XIII e il X secolo a.C. e di un secondo abitato relativo al VIII secolo a.C.
NECROPOLI DI MACCHIABATE
La necropoli di Macchiabate è formata da quasi 200 sepolture, le tombe sono dei tumuli di pietra di forma
circolare od ellittica. I tumuli non hanno muretto di contorno o fossa o delimitazione del piano deposizione:
il morto era deposto con le gambe ritratte su uno strato di sabbia e vicino a lui era disposto il suo corredo
funebre composto da vario vasellame di ceramica ed oggetti in metallo, generalmente bronzo, che facevano
parte del vestiario del defunto o armi se si trattava di un uomo di rango elevato. Le tombe non avevano assi
o impalcature di legno e le pietre erano poste direttamente sul morto e sul suo corredo.
Tutto il ricco materiale rinvenuto nell'area archeologica di Francavilla Marittima è oggi esposta nel Museo
Archeologico della Sibaritide. La brusca interruzione della vita nel villaggio in località Timpone della Motta
e la distruzione dello stesso intorno al 730 a.C. è quanto induce a credere che l’arrivo dei coloni greci
fondatori di Sybaris abbia comportato la riduzione dei locali in stato di servitù. Del resto rivelatrice in tal
senso risulta l’edificazione di un tempio ad Atena sui resti del distrutto villaggio del Timpone della Motta.
Tale santuario di Atena è il principale testimone della presenza greca nella zona di epoca arcaica.
MUSEO CELESTINO
Il Museo è costituito da una collezione riunita da Francesco Celestino.
La collezione, organizzata secondo alcune sezioni tematiche, è costituita da oggetti d'uso domestico,
devozionale, estetico e da lavoro, che ripropongono gli spazi tradizionali della casa contadina, la stalla e le
botteghe artigiane. Sono presenti la sezione del riposo e della cucina con le relative suppellettili come un
letto e la struttura in legno di un camino; una serie di contenitori per l'acqua, il vino e l'olio; i banchi e gli
attrezzi del falegname, del fabbro e del calzolaio; gioghi, aratri e il necessario per la coltivazione dei campi;
alcune attrezzature per la lavorazione delle calze e delle maglie. La collezione è completata da prodotti di
artigianato locale contemporaneo, alcune maschere di carnevale ed un presepe di argilla e stalattiti.
Alessandria del Carretto
Alessandria del Carretto è un comune della provincia di Cosenza di 435 abitanti, con una densità di 11,62
ab./km2 e si estende su una superficie di 41,12 kmq .
Posto ad una altitudine di 1043 m s.l.m. è il comune più alto del Parco Nazionale del Pollino.
I comuni confinanti sono: Albidona, Castroregio,
Cerchiara di Calabria, Oriolo, Plataci, Terranova di
Pollino, Cersosimo, San Paolo Albanese, San
Lorenzo Bellizzi.
Fondato nel XVII secolo, per volontà del feudatario
il marchese Alessandro Pignone del Carretto, ad
opera di contadini provenienti dalla vicina Oriolo.
Alessandro Pignone del Carretto fu il 3° marchese
di Oriolo e dal 1653 1° principe di Alessandria,
sposato in prime nozze con Lucrezia Capecelatro, in seconde nozze con Porzia Ramirez de Montalvo. Il 13
dicembre 1647 fu costretto a rifugiarsi nel suo castello insieme ad Ettore Terranova, Anselmo dei Pucci
Francesco e Geronimo La Marra, ed una squadra di otto soldati calabresi, che sin dall'inizio della rivoluzione
di Masaniello (giugno 1647) aveva fatto venire per sua custodia, per difendersi dagli abitanti, stremati da
continui balzelli e tasse per sostenere economicamente le guerre degli spagnoli. Nel Regno d'Italia, alla
famiglia Pignone del Carretto vennero riconosciuti con decreto ministeriale del 22 marzo 1899, i titoli di
principe di Alessandria, marchese di Oriolo e marchese di Lupara, trasmissibili per maschi primogeniti;
patrizio napoletano trasmissibile a tutti i maschi; predicato di Farneto e Castroregio, trasmissibile a maschi e
femmine.
Nel 2017 il comune ha ricevuto da parte del FAI (Fondo Ambientale Italiano) un riconoscimento. Codesta
associazione ha promosso il censimento dei luoghi italiani da non dimenticare denominato i "Luoghi del
Cuore". Questa iniziativa, ormai giunta all'ottava edizione, ha raggiunto il risultato notevolissimo di oltre 1
milione e mezzo di voti a favore di più di 33 mila luoghi in oltre 6000 comuni. Questi eccezionali risultati
sono serviti a portare all'attenzione nazionale tesori più o meno noti. In sostanza i "Luoghi del Cuore" è la
più estesa mappatura spontanea in Italia di luoghi ritenuti di valore dalla popolazione: tra questi luoghi uno
facente parte del comune di Alessandria: l'acereta del monte Sparviere. Sul sito i “Luoghi del Cuore”
testualmente recita: “Le suggestioni offerte da un'esplorazione che consente di svelare il volto più
solitario, sconosciuto, silenzioso e anche un po’ malinconico del Pollino. Il percorso si snoda lungo
stradelle ben tracciate e attraversa due ampie vallate, abbastanza integre e ancora non compromesse dai
segni dell'uomo: attraverso boschi e prati si giunge fino a un popolamento di aceri unico, forse, in Italia.
In località la Difesa, pendice NE del Monte Sparviere, è stato osservato da vari organismi ed enti: WWF,
Comitato Parchi Italia, Parco Nazionale del Pollino, Università della Calabria e della Basilicata e dai
tecnici dell'Istituto per la Selvicoltura di Cosenza un popolamento di aceri di grande interesse sia
botanico che forestale: è stato segnalato come unico in Italia perché al suo interno sono state catalogate
ben sei specie di aceri (Acer pseudoplatanus, A. lobelii, A. opalus, A. campestre, A. platanoides, A.
monspessulanum).”
Straordinaria è la presenza del A. platanoides (acero riccio) che cresce spontaneamente solo sulle Alpi e nei
Paesi Balcanici.
Altri posti da visitare sono:
● Il museo del lupo, istituito dal parco nazionale del Pollino in seguito ad un abbattimento di lupi sul monte
Sparviere nell'agosto del '94, si propone di sensibilizzare ed avvicinare turisti, visitatori e scolaresche alla
storia del lupo narrata attraverso una serie di diorami.
● La casa- museo del famosissimo cardiochirurgo Guido
Chidichimo che racchiude la sua biblioteca personale, i
suoi trofei ed una serie di testimonianze sulla
cardiochirurgia italiana.
Il Chidichimo, nativo di Alessandria, oltre che medico, è
considerato un uomo di altissimo rigore scientifico,
morale ed intellettuale; ha effettuato oltre 35000
interventi di chirurgia generale ed oltre 10000 di
cardiochirurgia; tutto il territorio gli è stato grato, oltre
che per la fama, per il suo impegno costante
nel vedere realizzato un ospedale.
● Orto botanico, nelle vicinanze di casa Chidichimo, in contrada Difisella, dove, attraverso un percorso
guidato, è possibile ammirare una grande varietà di erbe officinali; di spessore è la presenza dei cerri
folgorati e di 3 piccoli esemplari di pino loricato.
Le tradizioni:
● Festa della Pitë e festa del santo patrono
Si svolge l'ultima domenica di aprile. Un grosso abete, pitë nel vernacolo
alessandrino, viene tagliato nelle montagne del Massiccio del Pollino e trascinato
a braccia fino al paese. Durante il trasporto della pianta, che è sempre preceduta
dal "cimahë" (sommità dell’abete che viene reciso con una tecnica particolare per
far sì che i rami restino integri), partecipa tutto il paese dai più vecchi ai ragazzi
che "tirano" "u traviettë", una piccola trave di legno. Una volta veniva utilizzata
per questa festa l’esemplare di abete più superbo, ora si sceglie, in genere un
albero abbattuto dalle intemperie invernali. Il trasporto è accompagnato da vino
locale, canti, balli e suoni di zampogne, organetti e tamburelli. Giunti alla Difisella ci si ferma per rifocillarsi
con un pranzo a base di prodotti tipici. Il trasporto termina nella piazzetta S.Vincenzo. Il giorno che precede
la festa del patrono Sant'Alessandro, richiamati dal suono della campana della cappella di S. Vincenzo, i
volontari si riuniscono in squadre per pulire l'albero. Esso viene privato della corteccia e lavorato con
pialletti per renderlo levigato. Il mattino del 3 maggio, viene apprestato, con cura, l’innesto del "cimahë"
all’abete, mediante "tortë" (funi ricavate da rami di pruno selvatico) e con l’inserimento delle "vrocchë"
(grossi cavicchi di legno), quindi dopo avervi appeso i premi, si iniziano, al suono di organetti, ciaramelle e
banda musicale, le operazioni per raddrizzare l’albero tramite l’esclusivo utilizzo di scale, travi legate e
pertiche.
Una volta tirata su, nell’apposita buca e fermata con corde, puntelli e pietre può suonare la campana che
annuncia la messa, al termine della quale c’è la processione. Nel passato la processione era preceduta da
giovani che con destrezza muovevano, mantenendolo in equilibrio, una pertica di legno, alta più di tre metri,
ricoperta con un panno e terminante con uno stendardo su cui era raffigurata l’immagine di S. Alessandro
("gioco del palio"). Il pomeriggio iniziano i tentativi di scalata dell’abete. Coloro che si cimentano
nell’impresa possono aiutarsi solo con la forza delle braccia e delle gambe e una volta raggiunta la cima,
dopo aver scelto il meritato premio si esibiscono in spettacolari giochi di acrobazia che lasciano con il fiato
sospeso gli astanti, considerato che il tutto si svolge alla ragguardevole altezza di diciotto metri. Terminato
l’ardito e spettacolare gioco si provvede a far cadere l’albero, il tutto salutato da fragorosi applausi e, quindi
tutti i presenti possono prelevare un rametto da portare a casa in ricordo della partecipazione alla festa. Per
coloro che vivono lontano dal paese, ritornati per l’occasione, rappresenta il trofeo che funge da legame con
l’atavico paesello.
● Radicazioni
E’ il festival delle culture tradizionali ed ha luogo dal 20 al 22 agosto. La prima edizione fu nel 2003. Tre
giornate di dibattiti, teatro, muralismo e musica, organizzati dall'Associazione Culturale "Francesco Vuodo -
Tillë Tillë". L’evento, ormai noto a livello nazionale, registra ogni anno numerosi partecipanti che si recano
nella cittadina per ascoltare canzoni e musiche folkloristiche e partecipare a convegni riguardanti le
problematiche del territorio.
● Il carnevale alessandrino
Le maschere della tradizione alessandrina sono due: “u pohicinelle biell” e “u pohicinelle brutt”. Il primo è
vestito con pantaloni bianchi, camicie chiare, anfibi e sul viso porta una maschera bianca. Il secondo è
vestito con pelli di capra o pecora di colore nero, armato di catene e campanacci, girava tra le persone
spargendo cenere e facendo scherzi pesanti. Le due maschere si differenziavano anche dalla tipologia di
“coriandoli” che spargevano lungo il loro cammino: farina la prima e cenere la seconda. Con il passare del
tempo il “pulcinella brutto” (l’Uerse) è quasi del tutto scomparso lasciando sempre più spazio all’ altro.
Il “pulcinella bello” è legato alla tradizione dei fidanzamenti ufficiali, per questo le
donne che vestono i propri figli li preparano come se veramente dovessero convolare a
nozze. Oltre al succitato abbigliamento, la vera e propria opera d’arte consiste nel
cappelletto, abbellito con fantasiosi nastri colorati, piume, coccarde, medaglie, medaglioni, fazzoletti
ricamati e addobbi vari.
A completare il vestito c’è “u scuriazzo”, bastone di legno, lavorato con incisioni varie dai falegnami locali
con in cima palline di lana colorate. Questa maschera è entrata fortemente nella tradizione locale, al punto
da essere utilizzata anche nei periodi non carnevaleschi; infatti, la prima volta che il fidanzato faceva il suo
ingresso a casa della promessa sposa, si presentava vestito da Pohicinelle bielle e come suo primo dono,
portava “u scuriazzo”.
RICETTE TIPICHE- ‘Past cu a mullic’Schiacciare 2 spicchi di aglio, strofinandovi il fondo della padella in cui si versa olio d’oliva e le acciughe sminuzzate e il peperoncino secco finemente tritato. Quando le alici saranno sciolte e il composto risulterà cremoso si spegne il fuoco e si mette da parte. Nel frattempo si prepara la mollica, che deve essere preferibilmente di pane raffermo di grano duro. Dopo averla sbriciolata, si mette a tostare insieme a un filo di olio evo fino a quando diventa uniformemente dorata. Cotta la pasta al dente la si salta con la mollica e il composto di alici e peperoncino. Dopo aver impiattato si aggiunge prezzemolo fresco tritato e, a piacimento, altro peperoncino. In alternativa alla composta di alici si può utilizzare sugo di pomodoro con baccalà. Quest’ultima ricetta viene preparata in tutte le case in occasione della vigilia di Natale.-Agnello al forno con patateSi inizia la preparazione la sera precedente lavando i pezzi di carne con acqua e aceto per togliere l’odore tipico dell’agnello, che potrebbe risultare poco gradevole. Poi si mettono in un contenitore aggiungendo gli aromi: rosmarino, alloro, cipolla finemente tagliata, uno spicchio d’aglio schiacciato, olio evo e vino bianco. Il giorno seguente, sbucciate e tagliate a pezzettoni le patate, si aggiunge sale grosso alla carne abbondantemente marinata e, infine si inforna il tutto per circa un’ora verificando periodicamente il grado di cottura.-Cicorie e fagioliI fagioli vanno messi in ammollo la sera precedente, le cicorie pulite e lavate vanno sbollentate e scolate. In una casseruola si fa soffriggere olio con aglio e qualche pomodorino. Infine si aggiungono le cicorie e i fagioli cotti in precedenza. Si fa bollire giusto il tempo per far ben insaporire il tutto. Anticamente questa ricetta era cucinata con la tradizionale “pignata” vicino al focolare e rappresentava un pasto unico sia per il pranzo che per la cena. Le varianti prevedevano l’utilizzo di altre erbe spontanee quali, borragine o tarassaco e l’aggiunta di cotiche di maiale o “nugglia” (salsiccia preparata con carne di scarto del maiale).-Stigliola di agnelloConsiste in budella di agnello, lavate in acqua e sale, condite con prezzemolo, con o senza cipolla, infilzate in uno spiedino o legate con dello spago e cucinate direttamente sulla brace oppure in padella.-”Cannilette ”Fare un unico impasto e mescolare tanta farina finché non si ottiene un impasto abbastanza morbido, far riposare per 2 ore circa. Prendere a poco a poco l’impasto e modellarlo su un ripiano come se fosse un grande gnocco, mettere a soffriggere in abbondante olio.- ”Viscuotte ”Fare un unico impasto e mescolare tanta farina finché non si ottiene un impasto abbastanza morbido, far riposare per 2 ore circa. Modellare a forma circolare, eventualmente fare un solco con il coltello sulla parte esterna, immergere in acqua bollente finché tornano in superficie, farli raffreddare e infornare a circa 200°C-” Scavdetielle”Fare un unico impasto e mescolare tanta farina finché si ottiene un impasto abbastanza morbido, modellare formando una forma circolare con incrocio centrale, immergere in acqua bollente finché tornano in superficie, farli raffreddare e infornare a circa 200°.
San Lorenzo Bellizzi
San Lorenzo Bellizzi è un comune di 659
abitanti della provincia di Cosenza posto ad
una altitudine di 659 m slm. Poco si sa sulle
origini di S. Lorenzo, è certo che nel 1324 il
nome della chiesa di S. Lorenzo Martire
dipendesse da quello di Cerchiara di
Calabria.
Nel 1624 il principe Pignatelli, ha concesso
alla popolazione di coltivare nuove terre e di
costruire il proprio mulino.
Nel 1806 i francesi abolirono il feudalesimo, con ciò San Lorenzo acquisì la sua piena autonomia.
A seguito della grande emarginazione della gente è aumentato il brigantaggio.
Dagli anni Cinquanta in poi c'è stata una massiccia emigrazione (come è successo in tutta l'Italia
meridionale) verso nord, e verso quei paesi fortemente industrializzati, come Germania, Svizzera, Belgio,
ecc.
A causa della totale emarginazione, c'è stata anche una grande emigrazione nelle pianure e in quei centri
agricoli come Villapiana. Francavilla, Trebisacce ecc.
Infatti, hanno contribuito alla creazione di una grande colonia di Sanlorenzani a Centoquattordici, una
famosa località balneare dello Ionio.
Ciò ha portato allo svuotamento del paese, lasciandolo nella sua totale solitudine.
Oggi questo fenomeno sembra essersi fermato, anche grazie all'approvazione della legge del 1990 di
assegnare l'area del Pollino a Parco Nazionale.
In quegli anni non c'è un angolo di terra che non sia coltivato, persino i luoghi più inaccessibili; sulle rive
scoscese dei torrenti ci sono i giardini di coloro che non hanno un pezzo di terra. Gli animali domestici a
volte vivono con i proprietari, le galline sono di casa. L'asino è il mezzo di trasporto più diffuso; il maiale
sostentamento della famiglia. Sintomatica La disgrazia di Rocco di Giuseppe Pittelli: "Piangeva Rocco, /
piangeva il figlio, / piangeva la cognata: / lento lento, / calavano il maiale / nella fossa" (L'ultimo Sud).
Per quelli che oggi vanno a San Lorenzo Bellizzi, non sembrerà che siano passati solo cinquanta anni. È una
città così piacevole per la sua bellezza naturale, per le sue vecchie case in miniatura, per la sua pulizia, per il
silenzio che regna lì, per rendere difficile anche la persona più fantasiosa questa realtà descritta sopra. Le
montagne, i legni, il Raganello che un tempo rappresentavano le difficoltà, la fatica, la paura, le avversità,
oggi sono un ricordo dei turisti, degli amanti della natura. Uno spettacolo affascinante anche per i
Sanlorenzani. San Lorenzo è un'oasi di pace nel Parco del Pollino, punto di partenza per le Gole del
Raganello, per la Grande Porta, dove il pino loricato ha per secoli fatto il suo habitat naturale e con il suo
aspetto increspato attende solennemente le stagioni.
Spartaco a San Lorenzo Bellizzi?
Don Vincenzo Barone nel suo ultimo libro "Calabria acqua viva di terra nostra" (Castrovillari, il Coscile,
2004) sviluppa l'ipotesi sull'origine di San Lorenzo Bellizzi formulata per la presentazione del libro "San
Lorenzo Bellizzi".
Le fonti citate sono Plutarco, Sallustio, C.Giordanelli.
Spartaco (+ 71 aC) proveniente dalla Tracia, arruolato come soldato romano riuscito a fuggire, catturato, fu
inviato a Capua alla scuola dei gladiatori.
Anche da qui ha trovato un modo per fuggire, e questa volta ha provato, con successo, a formare il proprio
esercito di schiavi per combattere contro i Romani, vincendo diverse battaglie. Bellizia, secondo l'etimologia
data da don Vincenzo, segna il luogo dell'inizio della fine terrena dell'eroe, che rimane un simbolo della
redenzione dei popoli oppressi.
Bellizia: Belli-initia, l'inizio della guerra; il Canale Malamorta sarebbe il nome dato al luogo, dove Spartacus
sarebbe stato massacrato e Salere avrebbe ricordato l'aspetto salato dell'acqua descritta da Plutarco "(p.47).
La località "Salere" si trova al confine "tra Bellizia e Lagofarano" (Limmes Lucandos) dove secondo
Plutarco, Crasso vinse contro Spartaco.
Le gole di Barile
E' certamente la valle più spettacolare e selvaggia del parco del Pollino:
Qui in uno scenario veramente impressionante traviamo: pareti rocciose alte centinaio di metri, gole
profondissime e impressionanti, boschi di faggio (nella località Fagosa) e di querce (Bosco di Santa Venere),
sorgenti fiabesche, sono solo alcune delle sue attrattive.
Il Raganello nasce nella foresta ai piedi della Serra delle
Ciavole e lambisce alla base l'impressionante parete della
Timpa di San Lorenzo ricevendo le acque delle numerosi
sorgenti che scorgano nella Fagosa. Sprofonda nella
profondissima Gola di Barile e ne esce dopo circa tre
chilometri, di fronte a San Lorenzo Bellizzi; qui la valle è
aperta e luminosa ma solo per pochi chilometri dove si
richiude nuovamente formando lo straordinario Canyon
del Raganello.
Dopo circa sette chilometri di corso tortuoso e oscuro in quella ce è la gola più lunga, più bella e interessante
di tutto il Pollino e se non addirittura di tutta la catena appenninica, il torrente torna a scorrere libero
all'altezza di Civita; subito dopo il ponte del Diavolo, sotto l'abitato, la valle si apre verso il Golfo di Sibari
in un'ampia fiumara abbellita in estate dagli oleandri in fiore.
Gole del Raganello costituiscono un canyon lungo circa 17 km, che si diparte dalla Sorgente della Lamia,
fino a raggiungere un'area attigua all'abitato di Civita, dove sorge il caratteristico Ponte del Diavolo. Qui il
corso del torrente Raganello diventa più regolare e scorre lungo una valle più aperta, che si mantiene tale
fino alla foce. Il canyon del Raganello viene distinto dagli esperti in due parti: le Gole alte e le Gole basse.
Gole alte del Raganello
Le Gole alte del Raganello o Gole di Barile si dipartono dalla Sorgente della Lamia fino a raggiungere la
cosiddetta Scala di Barile, nei pressi dell'abitato di San Lorenzo Bellizzi, in un percorso di circa 9 km. La
conformazione del torrente è molto accidentata, ma di grande interesse naturalistico ed escursionistico. Il
canyon è costituito da due imponenti pareti rocciose: la Timpa di Porace-Cassano e la Timpa di San Lorenzo
(1652 m). Esse sovrastano il torrente per un'altezza di circa 600-700 metri. Il percorso è costituito da rocce
multicolori, levigate per secoli dalle acque che scorrono lungo questo corso. Gli escursionisti possono
percorrere il canyon, con l'ausilio di semplici dispositivi di autoassicurazione (caschi rigidi, corde,
moschettoni), riuscendo a contemplare scenari di ispirazione dantesca: il Grande Diedro, il Masso delle
Rudiste, la Sorgente degli Equiseti, l'Anfiteatro del Diavolo.
Gole basse del Raganello
Le Gole basse del Raganello si dipartono dalla zona Pietraponte, dove si erge il Ponte omonimo, un
singolare macigno incastonato tra le pareti, fino a raggiungere la zona sottostante lo spettacolare Ponte del
Diavolo, nei pressi di Civita, in un percorso di circa 8 km. Gli accorgimenti per gli escursionisti e per
chiunque abbia il piacere di contemplare questi incantevoli paradisi del torrentismo sono i medesimi. Il
percorso è simile per conformazione a quello superiore, ma più difficoltoso da percorrere, data la maggiore
quantità d'acqua del bacino e la presenza di punti maggiormente scoscesi e accidentati: la Forra d'Ilice, la
Conca degli Oleandri, la Tetra Fenditura.
La timpa di San Lorenzo
La timpa di San Lorenzo è uno dei monti più orientali del Massiccio del Pollino, la cui cima raggiunge i
1652 metri di quota s.l.m.
Osservato dal borgo di San Lorenzo Bellizzi, di cui è parte integrante del territorio, si presenta come una
grande cresta rocciosa che si alza dalle Gole dell’Alto Raganello, dette anche Gole di Barile, sovrastando il
torrente Raganello che scorre alla base di circa
600 metri.
Le spettacolari gole separano la Timpa di San
Lorenzo dalla Timpa di Cassano e da quella di
Porace, creando un contesto naturale molto
suggestivo.
La parte alta appare priva di alberi d’alto fusto, mentre sono presenti esemplari di pino loricato in varie
parti del monte.
La fauna è caratterizzata da animali tipici del Massiccio del Pollino come la volpe, la faina, la donnola, il
tasso, l’aquila reale, il falco pellegrino, il gheppio, il corvo imperiale, il cardellino, etc…
In prossimità della Timpa di San Lorenzo, dopo l’area di Sant’Anna si erge il cozzo detto La Falconara.
Nella parte bassa del monte è presente la sorgente denominata Palma Nocera, nei pressi della quale c’è il
ponte di Donna Marsilia che conduce su di un’altura dove sono presenti i ruderi di un antico abitato
denominato Palma Nocera.
La Timpa di San Lorenzo è un Sito di Interesse Comunitario (SIC).
Folklore e tradizione
Per quanto piccolo possa essere San Lorenzo Bellizzi, il paese è comunque ricco di riti, feste, tradizioni legate al folklore della comunità oltre al magnifico patrimonio riguardante il panorama e la geomorfologia del territorio, che caratterizzano San Lorenzo come uno dei paesi più belli da questo punto di vista.
EVENTI E FESTE- “Ungavedarotte" (ultima domenica di carnevale): persona coperta con un mantello nero "a cappa" trasportata su un asino in giro per il paese, seguita da suonatori di vari strumenti .- "Corpus Domini" (giugno): in quasi tutti i vicinati vengono costruiti piccoli altari (decorati con nastri , lenzuola , coperte , fiori e piante) dedicati al SS. Sacramento.- Escursione in località Montagnola (penultima domenica di luglio).- "S. Anna" (ultima domenica di luglio): festa religiosa in onore di S. Anna che si svolge nei pressi dell'omonima chiesetta , in località Falconara nel cuore del Parco.- "S. Lorenzo Martire" (festa patronale 8-9-10 agosto, con fiera, processione e serate canore).- "S. Rocco" (24 agosto): processione con "cirij" (trattasi di castelli di candele , nastri e coccarde) portati in testa dalle donne durante la processione in segno di devozione, per grazie ricevute o da ricevere.- "Sagra dell'uva" (mese di ottobre).- "L'Immacolata" (8 dicembre): con fiera.
PRODOTTI TIPICI E PIATTI TIPICI- Prosciutto , soppressate , formaggio pecorino , pane casereccio , funghi , salsicce , capicolli , pancetta , vino locale , frutta secca , dolci , marmellate , miele , peperoni secchi .- "firrazzuli", cucinati con sugo di carne di capretto o di pollo ruspante;- "pasta ca mudrica" (mollica di pane soffritto con olio, alloro e aglio), con sugo di baccalà (piatto della vigilia di Natale);- "filatidr", pasta condita con sugo di osso di maiale e salsiccia grassa (piatto di carnevale).- "laganidr", pasta condita con ceci e finocchio;-"scurz", pane raffermo bollito e condito con olio e "pipazzo";- capretto con patate;- salsiccia di maiale con patate e peperoni - cucinati sul fuoco con "tign" tradizionali.
Un altro importante rito è l' “uccisione” del maiale, tradizione tramandata fino ai giorni nostri anche nei paesi limitrofi sia della Calabria, sia della Basilicata, grande esempio di autosufficienza della popolazione contadina, che un tempo, non permettendosi di acquistare la carne (un bene una volta molto raro nelle tavole dei più poveri), “crescevano” il maiale accuratamente per poi ammazzarlo nei periodi invernali e ottenere prodotti tipici quali la salsiccia e il prosciutto, oltre alla carne che veniva consumata dopo poco tempo, non disponendo di tutti i metodi di conservazione che abbiamo oggi.Dopo aver ucciso il maiale (in sallorenzano: “accise u purcu”), ancora oggi si fa una grande festa con balli, canti, suoni, innaffiata da un buon bicchiere di vino.
Come in ogni paese della Calabria, anche a San Lorenzo Bellizzi c'è una grande tradizione di musica popolare, dove giovani e anziani amano suonare e ballare la tipica tarantella con strumenti musicali come l'organetto, la zampogna, la fisarmonica e i tamburelli (che vengono addirittura costruiti da artigiani e contadini spesso con una membrana ricavata dalla pelle di capra incastrata in un cerchio di legno insieme ai “cincianiddr”, i sonagli).
A cura di:ALUNNI AMBITO NATURALISTICO AMBIENTALE LICEO TREBISACCE
N. COGNOME NOME
1 ADDUCI FELICIA2 AMENDOLARA FRANCESCA3 AURELIO MICHELE4 BASILE ANTONIO5 BASILE COSTANTINO6 BLOISE GIUSY7 BONGIORNO MARIA PIA8 BRUNI FRANCESCA9 BUOMPANE MARCO10 BRANCACCIO VINCENZO11 CALCAGNO TATIANA12 CAPPUCCIO ROSA MARIA13 DANIELI ANTONELLA14 DATTOLI FRANCESCO15 DE MARCO MARA PIA16 DRAMISINO MATTEO17 DURSI MICHELA18 FARINA SIMONE19 FERRARA ANTONIO20 FERRARO DOMENICO21 GUARDIA PATRICK E.22 LA VOLPE SAMANTHA23 LA VOLPE SIMONE24 LESCI MARIKA25 MATURO SALVATORE P.26 MAZZEO ROSSELLA27 MINIACI FRANCESCO28 MORANO DAVIDE29 NAPOLI ELISA ROSA30 NOIA LUDOVICO 31 PERRONE ITALIA32 PESCE ANGELA33 PELLICORI LUDOVICA P.34 PUCCI FRANCESCO M.35 RANGO MATTIA36 RINO VINCENZO37 ROMANO LUANA38 RUSCIANI ILARIA39 TARANTO NOEMIPIA40 TUFARO ROSA41 SPATOLA GERARDO42 VINCENZI VALENTINA