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Attività illegali nella gestione delle risorse forestali in Italia (Sintesi della relazione a cura di Davide Pettenella, Diego Florian, Mauro Masiero, Laura Secco. Dipartimento Territorio e Sistemi Agro Forestali, Università degli Studi di Padova) EXECUTIVE SUMMARY Lo studio si concentra su due diversi campi di indagine: il settore forestale, inteso come le attività direttamente legate alla gestione dei boschi, e la filiera foresta-legno. In crescita dalla fine degli anni ‘40, la superficie forestale italiana totale ammonta a 10.467.537 ettari (ha), pari a circa il 34,7% dell’intero territorio nazionale. Quasi due terzi (63,5%) della superficie delle foreste è di proprietà privata, il 32,4% appartiene allo Stato (enti locali in particolare). Nel comparto delle utilizzazioni boschive sono attive 3.164 imprese, per un totale di 6.617 addetti. Le imprese italiane del settore legno- arredo sono 73.548, per un totale di 389.646 addetti e un fatturato complessivo di 32,8 miliardi di euro. La prima legge italiana a disciplina delle foreste risale al 1923 (Legge Serpieri), mentre il Titolo V della Costituzione assegna alle Regioni parte delle competenze in materia di agricoltura del settore forestale. La Legge Galasso (L. 431/1985), in seguito rivista e inclusa nel Testo Unico Ambientale (D.Lgs 231/2001), ha istituito poi il "vincolo paesaggistico". Il 7 luglio 2011, il Consiglio dei Ministri ha approvato un Decreto legislativo per l’attuazione della Direttiva Comunitaria 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente. La normativa internazionale regolamenta infine il commercio delle specie selvatiche e si propone di contrastare quello di legno illegale. L’organo istituzionale cui spetta la prevenzione e il controllo in campo forestale in Italia è il Corpo Forestale dello Stato (CFS), fondato nel 1948 e composto oggi di circa 8.500 unità. Importante, inoltre, l’azione di numerosi soggetti della società civile come le organizzazioni ambientaliste e non solo. La ricerca si basa sia su fonti primarie, ovvero interviste dirette a cinque funzionari del CFS, che su fonti secondarie, come banche dati, testi normativi, materiale del CFS e varie altre pubblicazioni. Nell’indagine si distinguono tre macrocategorie di illeciti. L’illegalità storica (1) fa riferimento a tutte quelle forme di illegalità maggiormente note e da tempo consolidate nel 1

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Attività illegali nella gestione delle risorse forestali in Italia(Sintesi della relazione a cura di Davide Pettenella, Diego Florian, Mauro Masiero,Laura Secco. Dipartimento Territorio e Sistemi Agro Forestali, Università degli Studi di Padova)

EXECUTIVE SUMMARYLo studio si concentra su due diversi campi di indagine: il settore forestale, inteso come le attività direttamente legate alla gestione dei boschi, e la filiera foresta-legno. In crescita dalla fine degli anni ‘40, la superficie forestale italiana totale ammonta a 10.467.537 ettari (ha), pari a circa il 34,7% dell’intero territorio nazionale. Quasi due terzi (63,5%) della superficie delle foreste è di proprietà privata, il 32,4% appartiene allo Stato (enti locali in particolare). Nel comparto delle utilizzazioni boschive sono attive 3.164 imprese, per un totale di 6.617 addetti. Le imprese italiane del settore legno-arredo sono 73.548, per un totale di 389.646 addetti e un fatturato complessivo di 32,8 miliardi di euro. La prima legge italiana a disciplina delle foreste risale al 1923 (Legge Serpieri), mentre il Titolo V della Costituzione assegna alle Regioni parte delle competenze in materia di agricoltura del settore forestale. La Legge Galasso (L. 431/1985), in seguito rivista e inclusa nel Testo Unico Ambientale (D.Lgs 231/2001), ha istituito poi il "vincolo paesaggistico". Il 7 luglio 2011, il Consiglio dei Ministri ha approvato un Decreto legislativo per l’attuazione della Direttiva Comunitaria 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente. La normativa internazionale regolamenta infine il commercio delle specie selvatiche e si propone di contrastare quello di legno illegale. L’organo istituzionale cui spetta la prevenzione e il controllo in campo forestale in Italia è il Corpo Forestale dello Stato (CFS), fondato nel 1948 e composto oggi di circa 8.500 unità. Importante, inoltre, l’azione di numerosi soggetti della società civile come le organizzazioni ambientaliste e non solo.La ricerca si basa sia su fonti primarie, ovvero interviste dirette a cinque funzionari del CFS, che su fonti secondarie, come banche dati, testi normativi, materiale del CFS e varie altre pubblicazioni. Nell’indagine si distinguono tre macrocategorie di illeciti. L’illegalità storica (1) fa riferimento a tutte quelle forme di illegalità maggiormente note e da tempo consolidate nel paese: tra queste, soprattutto gli incendi boschivi. Nell’ultimo decennio in Italia se ne sono osservati, in media, più di 7.200 all’anno, su una superficie di oltre 80.000 ha con un aumento dell’incidenza di quelli dolosi: dal 49% del totale registrato nel 1999 al 60% evidenziato dagli ultimi dati rilevati. Diffusi poi gli illeciti amministrativi rispetto ai tagli boschivi, mentre non mancano fenomeni illegali nei prelievi di legna da ardere, attività quest’ultima caratterizzata da scarsa trasparenza e da una incongruenza dei dati tra cifre ufficiali e stime avanzate da altri studi. A completare il quadro, anche l’abusivismo edilizio, la presenza di discariche illegali di rifiuti, il pascolo illecito, i reati di bracconaggio e traffico di specie di fauna e flora protette e le frodi nel campo della gestione degli incentivi pubblici. Quanto all’illegalità dimenticata (2), si segnalano il lavoro irregolare (in termini di contratti e rispetto della sicurezza dei lavoratori stessi, in particolare nei cantieri forestali) e l’importazione/commercializzazione di legname di provenienza illegale. Tra i fenomeni emergenti delle nuove illegalità (3) si segnalano il riciclaggio di denaro “sporco”, ad esempio tramite la vendita di lotti boschivi, e il commercio “in nero” degli imballaggi in legno (pallet). Al di fuori del comparto del legno, fenomeni di illegalità nel settore forestale interessano anche la raccolta e commercializzazione di funghi e tartufi, la coltivazione di cannabis indica e i rischi di frodi commerciali nella vendita di investimenti forestali per la compensazione dei crediti di Carbonio nel cosiddetto mercato volontario. In base ai risultati della ricerca, e pur nei limiti della disponibilità di dati parziali, possiamo stimare un valore complessivo delle attività illegali nel settore forestale italiano compreso tra 1.379,9 e 3.450,3 milioni di euro. In prima fila l’importazione illegale di legno, che rappresenta il 66,7-77,7% del valore del fenomeno illegale nel suo complesso; al secondo posto gli incendi, che incidono mediamente fino al 15,6%; al terzo posto, l’evasione fiscale collegata al commercio irregolare di pallet (fino al 11,5% del valore totale).

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Alla luce del quadro tracciato, che descrive un sistema con evidenti e ampie zone grigie o manifestamente illegali, è auspicabile l’adozione di buone prassi a cominciare da una maggiore attenzione e trasparenza nella spesa pubblica. Fondamentale, inoltre, il rispetto delle norme sulla salute e sicurezza del lavoro e una più rapida implementazione delle disposizioni comunitarie.

SOMMARIO1. Il campo d’indagine........................................................................................................................21.1 Il campo di studio...........................................................................................................................21.1.1 Il settore forestale italiano...........................................................................................................21.1.2 Filiera foresta-legno....................................................................................................................61.2 Reati e illeciti: normativa di riferimento........................................................................................81.2.1 Normativa nazionale e regionale.................................................................................................81.2.2 Normativa internazionale............................................................................................................91.3 Istituzioni di controllo..................................................................................................................101.3.1 Il ruolo della società civile........................................................................................................102. Metodologia di ricerca e fonti informative................................................................................103. Risultati.........................................................................................................................................113.1 Natura e dinamiche dei fenomeni di illegalità indagati................................................................113.1.1 Illegalità storica.........................................................................................................................113.1.2 Illegalità dimenticata.................................................................................................................133.1.3 Nuova illegalità.........................................................................................................................153.2 Le dimensioni dei fenomeni di illegalità indagati........................................................................163.3 Alcuni spunti di riflessione..........................................................................................................17Bibliografia.......................................................................................................................................17Allegati ..............................................................................................................................................21

1. Il campo d’indagine1.1 Il campo di studioLo studio si concentra su due insiemi, il settore forestale, inteso come le attività direttamente legate alla gestione dei boschi, e la filiera foresta-legno, ovvero la “catena di valore” che collega le attività economiche in bosco con quelle di lavorazione dei prodotti forestali (in primis il legname) fino al consumatore finale.

1.1.1 Il settore forestale italianoLa superficie forestale italiana è andata soggetta, a partire dalla fine degli anni ’40, a processi di graduale e continua espansione. Secondo le stime dell’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi di Carbonio (INFC)1 (2007) la superficie forestale nazionale totale ammonta a 10.467.537 di ettari (ha)2, pari a circa il 34,7% dell’intera superficie nazionale. Tale valore deriva dalla somma dei dati relativi a due distinte macrocategorie: “Bosco” e “Altre terre boscate” 3.

1 Salvo laddove diversamente indicato in maniera espressa, i dati riportati in questo paragrafo sono derivati da INFC (2007).2 Principali acronimi e abbreviazioni usati nel testo CE - Commissione Europea; CFS - Corpo Forestale dello Stato; D.Lgs. - Decreto Legislativo; EUTR - European Union Timber Regulation; FLEGT - Forest Law Enforcement Governance and Trade; Ha – ettaro; INFC - Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi di Carboni; M – milione; Mld. – miliardo; Ns. – nostra; PMI - Piccole e medie imprese; PMPF - Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale; PQSF - Programma Quadro del Settore Forestale; Reg. - Regolamento3 La macrocategoria “Bosco” comprende le superfici forestali che soddisfano la definizione di Forest adottata dalla FAO per il Forest Resources Assessment (FRA) 2000 (UNECE-FAO, 1997; FAO, 2000) e 2005 (FAO, 2005). Si tratta di aree forestali con ampiezza minima di 0,5 ha e larghezza minima di 20 m, caratterizzate da una copertura arborea superiore al 10% determinata da specie capaci di raggiungere 5 m di altezza a maturita in situ. La categoria “Altre terre boscate” comprende le aree forestali con ampiezza minima di 0,5 ha e larghezza minima di 20 m, caratterizzate da una copertura arborea compresa tra 5% e 10% di specie capaci di raggiungere 5 m di altezza a maturita in situ o, in alternativa, da formazioni con una copertura superiore al 10% determinata da specie arbustive o da specie arboree incapaci di raggiungere l’altezza in situ a maturita di 5 m.

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La macrocategoria “Bosco”, con un’estensione stimata pari a 8.759.200 ha, costituisce l’84% della superficie complessiva, coprendo il 29% dell’intero territorio nazionale. All’interno di questa macrocategoria, oltre il 98% della superficie è rappresentato da Boschi (cedui e fustaie), mentre gli impianti artificiali di Arboricoltura da legno ammontano a 122.252 ha, corrispondenti allo 0,4% della superficie territoriale nazionale. Infine la superficie delle “Aree temporaneamente prive di soprassuolo” è stata stimata pari a 53.981 ha (0,2 % del territorio italiano). La distribuzione della superficie forestale sul territorio italiano è riportata nella seguente tabella.

Tabella 1.1 – Superficie forestale italiana (ha) per regioni e per macrocategorie

Regione Bosco (1) Altre terre boscate (2) Totale (1) + (2) %

Abruzzo 391.492 47.099 438.591 4,2%Alto Adige 336.689 35.485 372.174 3,6%Basilicata 263.098 93.329 356.427 3,4%Calabria 468.151 144.781 612.932 5,9%Campania 384.395 60.879 445.274 4,3%Emilia Romagna 563.263 45.555 608.818 5,8%Friuli Venezia Giulia 323.832 33.392 357.224 3,4%Lazio 543.884 61.974 605.858 5,8%Liguria 339.107 36.027 375.134 3,6%Lombardia 606.045 59.657 665.702 6,4%Marche 291.394 16.682 308.076 2,9%Molise 132.562 16.079 148.641 1,4%Piemonte 870.594 69.522 940.116 9,0%Puglia 145.889 33.151 179.040 1,7%Sardegna 583.472 629.778 1.213.250 11,6%Sicilia 256.303 81.868 338.171 3,2%Toscana 1.015.728 135.811 1.151.539 11,0%Trentino 375.402 32.129 407.531 3,9%Umbria 371.574 18.681 390.255 3,7%Valle d'Aosta 98.439 7.489 105.928 1,0%Veneto 397.889 48.967 446.856 4,3%Totale 8.759.202 1.708.335 10.467.537 100,0%

Fonte: INFC, 2007. Ns. elaborazione.

La proprietà privata (63,5%) prevale su quella pubblica (32,4%)4. Tra le forme di proprietà privata prevale in maniera netta (79%) quella individuale, mentre i restanti boschi privati appartengono per il 6,2% a società e imprese e per il 4,5% ad altri enti privati. Riguardo alla proprietà pubblica, prevale il ruolo di Comuni e Province (65,5%), seguiti dal Demanio statale e regionale (23,7%), mentre solo l’8,3% delle superfici appartiene ad altri enti pubblici. I dati medi di superficie sono fortemente influenzati dalla diffusione delle piccole aziende: quelle con ampiezza inferiore ai cinque ettari costituiscono quasi il 60% del totale, anche se arrivano a coprire solo il 6,4% della superficie boscata complessiva. La superficie media delle aziende con superficie inferiore a cinque ettari è pari a 0,76 ettari. E’ lecito supporre che molte di esse non siano gestite oppure lo siano in modo del tutto saltuario (APAT, 2003; Pettenella e Masiero, 2007). Le difficili condizioni orografiche costituiscono una delle principali ragioni del processo di abbandono gestionale. Poco meno del 60% della superficie boscata si trova in zone montane (ISTAT, 2005; INFC, 2007) mentre solo il 5% ricade in aree di pianura5 (ISTAT, 2005) dove

4 Quasi il 4% della superficie forestale italiana non e stata classificata dall’INFC con riferimento alla categoria “proprieta”.5 Per aree montane si intendono aree collocate a una quota superiore ai 600 m s.l.m., mentre per aree di pianura si intendono aree collocate a una quota inferiore ai 300 m s.l.m.

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prevalgono pioppeti specializzati e altri impianti da arboricoltura da legno. La forma di gestione più diffusa è il ceduo (42% dei Boschi italiani) (boschi di latifoglie tagliati per la produzione di paleria e legna da ardere); i boschi di alto fusto (conifere o latifoglie tagliate soprattutto per la produzione di legname da industria) rappresentano il 36% del totale. In entrambe i casi, prevalgono soprassuoli invecchiati proprio a causa dei fenomeni di abbandono. Gli habitat forestali caratterizzano la maggior parte delle aree naturali protette istituite ai sensi della L. 394/19991, e buona parte dei siti NATURA 2000 individuati ai sensi delle Direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE (MIPAAF-MATTM, 2008). Oltre a ciò, il 27,5% della superficie forestale nazionale (2.876.451 ha), per lo più rientrante nella macrocategoria Bosco, risulta tutelato da un vincolo naturalistico. In termini strettamente finanziari6, il valore del settore forestale italiano risulta piuttosto limitato, equivalendo allo 0,05% del Prodotto Interno Lordo (PIL) nazionale (Merlo e Croitoru, 2005). La produzione forestale primaria nazionale (materie prime legnose) assomma, come valore medio nell’ultimo ventennio, a poco più dell’1% della produzione totale del settore primario7, raggiungendo un valore di 1,45% se la si valuta in termini di valore aggiunto (MIPAAF-MATTM, 2008).Sebbene l’INFC classifichi l’81% della superficie forestale nazionale (8.510.104 ha) come potenzialmente utilizzabile per prelievi di legname, solo una parte di tale superficie e della massa legnosa8 presente è effettivamente oggetto di prelievi. Le attività di utilizzazione boschiva, in base ai dati registrati dall’ISTAT e pubblicati da Eurostat, sono molto contenute e, dai primi anni ‘80, sono caratterizzate da un trend negativo per la componente dei prelievi di legname da industria, compensato da un trend positivo per quella relativa alla legna ad uso energetico (Figura 1.1). Si stima che nel 2009 siano stati prelevati 4,9 M m3 di legna da ardere (65,7% dei prelievi totali) (Pettenella e Andrighetto, 2011) e che tali prelievi siano in aumento in questi ultimi anni, portando così il settore verso una despecializzazione produttiva (produzione di legname di minor valore). In prospettiva futura, i prelievi di biomassa a fini energetici sembrano destinati a rappresentare ancora il mercato di riferimento sia in termini relativi, che assoluti.

Figura 1.1 – Prelievi forestali in Italia (m3), 1950-2008

19501953

19561959

19621965

19681971

19741977

19801983

19861989

19921995

19982001

20042007

02,000,0004,000,0006,000,0008,000,000

10,000,00012,000,00014,000,00016,000,00018,000,00020,000,000

Legname da industria Legna ad uso energia

6 Si esclude pertanto, da tali valori, una valutazione del valore economico delle c.d. esternalita del settore forestale.7 E’ utile ricordare che la produzione totale del settore primario risulta, in termini di valore aggiunto, pari a circa 2,5% del PIL nazionale.8 Secondo i dati dell’INFC (2007) il volume di fusto e rami grossi all’interno della macrocategoria Bosco e pari a 1.269 milioni (M) m3 (mediamente 144,9 m3/ha). La stessa fonte fornisce il dato relativo all’incremento corrente totale delle foreste,

stimato pari a 35,9 M m3, equivalenti a un incremento corrente medio pari a 4,1 m3/ha (2,83% di incremento percentuale).

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Fonte: Istat, anni vari. Ns. elaborazione.Se è vero che tradizionalmente si riconosce al bosco una funzione primaria di tipo produttivo, associandola in particolare alla produzione di prodotti legnosi, è tuttavia innegabile che, su scala locale e nelle politiche di sviluppo rurale, un ruolo economico crescente è ricoperto dai servizi e dai prodotti forestali non legnosi9. Tra questi vanno ricordati ad esempio la caccia e la raccolta di funghi spontanei, attività che avvengono in Italia attraverso il rilascio e la vendita di licenze, permessi di raccolta e patentini d’idoneità, raggiungendo un valore economico consistente10. Con riferimento alla dimensione occupazionale, a fronte di una generale mancanza di statistiche ufficiali di dettaglio, l’Ottavo Censimento Generale dell’Industria (ISTAT, 2001) indica in 3.164, per un totale di 6.617 addetti, il numero delle imprese attive nel comparto delle utilizzazioni boschive. Si tratta di imprese di piccolissime dimensioni (2 addetti/impresa in media), prevalentemente a conduzione famigliare e scarsamente dotate di macchinari. Rispetto al Censimento precedente (1990) gli addetti sono quasi dimezzati, a fronte di un numero di imprese leggermente inferiore. L’attività delle imprese di utilizzazione a fini commerciali di legname (ditte boschive) non è tuttavia l’unica nel settore; oltre a questa, gli operatori forestali possono collocarsi in altre due categorie di attività (tabella 1.2).

Tabella 1.2 – Principali categorie di attività per gli operatori forestali italiani

Dimensioni settore

Attività prevalente

Professionalità e produttività

Sicurezza Regolarità Altro

Operai forestali alle dipendenze dirette di enti pubbliciDiverse decine di amministrazioni, 65-70.000 operai

Manutenzione e miglioramento dei soprassuoli, rimboschimenti, antincendio

Impieghi non ad alto grado di professionalità e rischio: produttività spesso limitata

Problematiche limitate in ragione del preciso quadro di responsabilità dei datori di lavoro

Inquadramento contrattuale regolare

Prevalenza nelle regioni del Sud (85-92% del totale), in particolare Sicilia (30.000 operai) e Calabria (11.200).Forte presenza manodopera stagionale, anche di età media superiore. Presenza femminile più accentuata rispetto agli altri ambiti.

Cooperative forestali500 imprese, 4-6.000 addetti

Manutenzione e miglioramento dei soprassuoli, rimboschimenti, taglio ed esbosco

Condizioni molto eterogenee in relazione ai settori di lavoro. In genere più elevate rispetto alla categoria precedente

Condizioni simili a quelle della categoria precedente, ma i ritmi di lavoro più elevati implicano maggiori livelli di rischio

Inquadramento contrattuale di norma regolare, ma influenzato dai volumi di lavoro e dalle condizioni operative delle singole imprese

Presenza significativa di giovani lavoratori. Prevalenza di impiegati a tempo determinato (stagionali)

Ditte boschive8-9.000 unità locali, 6-7.000 delle quali specializzate; 24-28.000 operai professionali affiancati da un numero imprecisato di addetti non professionali

Taglio ed esbosco Condizioni variabili in relazione al datore di lavoro (pubblico/privato) e ai contesti di lavoro (fustaia/ceduo)

Lavoro spesso condotto non nel rispetto delle norme, in condizioni di alta incidenza degli infortuni.

Ampie e crescenti dimensioni del lavoro irregolare, anche mediante ricorso (sfruttamento) a manodopera extracomunitara

Assenza di lavoratrici. Senilizzazione degli operatori italiani. Scarsi o nulli livelli di controllo pubblici delle condizioni di lavoro

9 Tra gli altri servizi e prodotti forestali non legnosi si possono menzionare la raccolta di tartufi, castagne, nocciole, erbe medicinali e aromatiche, bacche e piccoli frutti (lamponi, mirtilli, ecc.), la produzione di sughero, nonché tutti i vari tipi di attivita ricreativa che si possono svolgere in bosco.

10 Nell’altipiano dei Sette Comuni (Asiago), in Veneto, le entrate derivanti dalla vendita dei permessi di raccolta funghi nel 2005 ammontavano a ben 250.000,00 € (Rigoni, 2006).

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Fonte: Ns. elaborazione da Pettenella e Secco, 2004 e Manzato, 2004.

Tra le altre figure professionali presenti si segnalano liberi professionisti, terzisti e vivaisti. Ad oggi operano in Italia circa 200 vivai forestali pubblici, quasi sempre inadeguati per dimensioni (2 ha in media), dotazione infrastrutturale, ed altro ancora, mentre si rileva lo sviluppo di vivaistica forestale privata. Va comunque detto che la capacità produttiva del comparto italiano resta, per qualità e prezzi, incapace di competere con la concorrenza straniera.Nel settore forestale italiano si evidenzia una concentrazione dell’offerta sui prodotti a basso valore (legna da ardere) legati a forme di autoconsumo o di consumo locale, in mercati per loro natura meno trasparenti, più facilmente caratterizzati da lavoro irregolare e da transazioni informali, in violazione delle norme fiscali e sulla tutela del lavoro.

1.1.2 Filiera foresta-legnoLa filiera foresta-legno è intesa come l’insieme di tutte le attività che vanno dalla produzione (impianti arborei e foreste) e utilizzazione del legname, alla sua trasformazione in prodotti semilavorati, per giungere infine alla produzione del prodotto finito e alla sua commercializzazione al pubblico (Brun e Magnani, 2003). Secondo i dati consuntivi riferiti al 201011 diffusi dall’Ufficio Studi Cosmit/FederlegnoArredo, le imprese italiane del settore legno-arredo sono 73.548, per un totale di 389.646 addetti. Il settore legno-arredo costituisce uno degli assi portanti del Made in Italy, con un fatturato complessivo di 32,8 miliardi di Euro (nel 2010) ed un volume della produzione che incide per il 6% sul totale dell’industria manifatturiera italiana (tabella 1.3).

Tabella 1.3 – Dati consuntivi del settore legno-arredo italiano, dicembre 2009 e 2010, variazioni anni precedenti (Milioni di Euro, prezzi correnti)

2009 2010 Variazione % 2009-

10

Variazione % 2009-08

Variazione % 2008-

07

Variazione % 2007-

06Fatturato alla produzione (a) 32.856 33.496 1,9% -18,2% -5,6% 4,5%Esportazioni (b) 10.925 11.628 6,4% -21,9% -2,0% 8,4%Importazioni (c) 4.244 5.059 19,2% -19,1% -8,6% 9,6%Saldo (b - c) 6.681 6.568 -1,7% -24,0% 5,9% 6,9%Consumo interno apparente 25.944 26.712 3,0% -16,8% -7,8% 4,0%Export/fatturato (% b/a) 33,2% 34,7% 4,4% - -  - Addetti 396.964 389.646 -1,8% -3,1% -0,6% 0,3%Imprese 73.618 73.548 -0,1% -2,4% -2,8% -2,4%

Fonte: Federlegno, 2011. Ns. elaborazione.

Il settore è principalmente basato su piccole e medie imprese (PMI), prevalentemente artigiane (88% quelle del legno, 80% circa quelle dei mobili), con cultura orientata alla produzione e per lo più bassi investimenti in ricerca e sviluppo. I maggiori vantaggi competitivi sono legati alla qualità del design e alla flessibilità offerta dai distretti industriali specializzati. Il consumo di legname di alta qualità - soprattutto di latifoglie (temperate e tropicali) da fonti non nazionali - ha un ruolo cruciale nello sviluppo del settore. Infatti, il mercato italiano rappresenta il primo mercato per l’export di tronchi e altri prodotti legnosi da Camerun, Costa d’Avorio, Romania, Bosnia Erzegovina, Albania e Serbia, tutti Paesi riconosciuti a livello internazionale per gli alti livelli di illegalità nei settori del taglio e commercio dei prodotti forestali, con impatti negativi a livello ambientale (deforestazione e degrado delle foreste) e sociale (ISPRA, 2009). Escludendo le imprese

11 Cioe riferiti al 31 dicembre 2010.

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di utilizzazione boschiva, già prese in considerazione nel paragrafo 1.1.1, le imprese che fanno parte della filiera del legno possono essere classificate secondo quanto riportato in tabella 1.4.Tabella 1.4 – Classificazione delle imprese della filiera foresta-legno

Categoria Codice Ateco

N. imprese (% su totale)

N. addetti (% su totale)

Localizzazione geografica prevalente

Note

Imprese di prima lavorazione (segagione)

[DD201]

2.141 (2,7%)

18.000 (4,7%)

Italia nord-occidentale, Appennino tosco-romagnolo e Calabria.

Diffusa la piccola dimensione aziendale (8,4 addetti in media), con le imprese artigiane che costituiscono circa il 67% del totale (con 6,1 addetti in media). Forte dipendenza dall’import di materie prime

Imprese di prodotti semifiniti in legno (compensati, tranciati, pannelli)

[DD202]

856 (1,1%) 13.000 (3,4%)

Pianura Padana e Friuli Venezia Giulia

Imprese con dimensioni in media superiori rispetto agli altri settori produttivi (14,9 addetti in media). In aggiunta a ciò il reddito di questo comparto è il più alto fra le industrie del sistema legno.

Imprese di seconda lavorazione (mobilifici)

[DN361]

32.000 (39,9%)

204.000 (53,1%)

Settore particolarmente interessato dall’organizzazione in Distretti Industriali (da 10 a 20, secondo il metodo identificativo usato) collocati per lo più al centro-nord Italia (Lombardia, Veneto, Friuli VG, Trentino A.A., Emilia Romagna, Marche, Toscana, ecc).

Si possono distinguere tre tipologie industriali: (i) imprese di piccole dimensioni, a conduzione famigliare, che operano in ambito locale e producono mobili di pregio; (ii) grandi imprese, con un numero di addetti medio-alto e forti capitali impiegati. Si distingue un sotto-gruppo più ricercato, che usa materiali e accessori di pregio e produce mobili di design, e un sotto-gruppo con produzioni “di massa”; (iii) contoterzisti per altre imprese di maggiori dimensioni

Imprese di imballaggi in legno

[DD204]

1.800 (2,2%) 13.000 (3,4%)

Tutto il territorio nazionale, con maggiore concentrazione sulle coste adriatiche, il Nord-Italia, la Campania e la Sicilia

-

Falegnamerie industriali

[DD203]

32.500 (40,5%)

96.000 (25%)

Tutto il territorio nazionale

Produzioni tipiche delle falegnamerie industriali sono gli infissi, i parquet e le scale in legno. Si tratta di assortimenti che hanno come destinazione il comparto dell’edilizia.

Imprese che producono

[DD205] 11.000 (13,7%)

40.000 (10,4%)

Tutto il territorio nazionale

Comprendono differenti tipologie produttive, ivi

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prodotti in legno, sughero, paglia e materiali da intreccio

comprese la produzione artistica, artigianale e industriale di oggettistica in legno, la realizzazione di parti di mobili (gambe, pomelli, maniglie di legno, ecc.) nonché la produzione di articoli di paglia, vimini, giunco e sughero, come in Sardegna. 

Fonte: Istat, 2001; Brun e Magnani, 2003; Bernetti e Romano, 2007; Federlegno, 2011. Ns. elaborazione.

Nell’ultimo decennio, per conservare una posizione di leadership nel mercato rispetto a Paesi con forti vantaggi competitivi in termini di costo della manodopera e di approvvigionamento della materia prima legnosa, in Italia si è privilegiato dapprima il decentramento delle attività produttive a livello locale e, in seguito, internazionale (delocalizzazione all’estero). Ciò è stato reso possibile dalla flessibilità tecnologica dei processi di lavorazione del legno e dall’introduzione di innovazioni di prodotto. Un’ulteriore conseguenza di tali processi è rappresentata dallo sviluppo di imprese specializzate nella subfornitura, piuttosto che dall’accorpamento di cicli produttivi in grandi strutture aziendali (Bernetti e Romano, 2007). A completare il quadro, vi sono infine le industrie del settore carto-tecnica e dell’editoria [DD21] che nel 2001 contavano circa 4.570 imprese, occupando circa 83.600 addetti (ISTAT, 2001). Concentrandosi sul comparto che produce carta, cartoni e paste per carta, i dati di settore più aggiornati diffusi da Assocarta attraverso il proprio sito web12 indicano che in Italia operano 139 aziende, che gestiscono 180 stabilimenti e impiegano circa 21.800 addetti con una produzione annua pari a circa 9,5 M tonnellate, un terzo delle quali destinate all’export. Tale livello della produzione segna un recupero del 6,9% rispetto ai livelli del 2009, ma restano ancora lontani i valori record fatti registrare nel 2007 (oltre 10,1 M tonnellate) (Assocarta, 2011). Se si escludono i possibili rischi di import di materie prime illegali, il settore della carta e dell’editoria non riveste un ruolo significativo nelle problematiche di illegalità.

1.2 Reati e illeciti: normativa di riferimento1.2.1 Normativa nazionale e regionaleLa prima legge forestale nazionale è coincisa con il R.D. 3967/1877, che istituiva un sistema di vincoli per la protezione del territorio. Nel 1923 tale norma è stata sostituita dalla Legge Serpieri13 che disciplina ancora oggi il settore forestale a livello nazionale per gli aspetti non trattati dalle modifiche al titolo V della Costituzione che hanno assegnato alle Regioni le competenze in materia di agricoltura e foreste. Con il R.D. 1126/1926 di applicazione, sono state disciplinate anche le procedure amministrative funzionali all’utilizzazione e alla gestione delle risorse forestali (con l’aggiunta dell’obbligo alla predisposizione di Piani economici per la gestione dei boschi pubblici) e definite le Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale (PMPF) che regolano gli interventi ai fini del vincolo idrogeologico per prevenire dissesti ed erosioni del suolo. Oggi, oltre il 76% della superficie forestale nazionale è soggetto all’attuazione delle PMPF, mentre le diverse forme di Pianificazione riguardano circa il 16,2% della superficie forestale totale (IFNC, 2007). Con il D.P.R. 11/1972, le funzioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste sono state trasferite alle Regioni14, avviando il lungo processo di attribuzione delle competenze in questo settore agli enti locali, completato poi con il D.Lgs 143/97 e con la Legge Costituzionale 3/2001. IN 12 Si veda: www.assocarta.it/it/dati-di-settore.html13 R.D.L. n. 3267/1923 “Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani”.14 In tale quadro e anche avvenuto il parziale trasferimento alle Regioni delle proprieta dello stato gestite dall’allora Azienda di Stato per le Foreste Demaniali (ASFD), oggi Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

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questo contesto, l’assenza di un coordinamento tra normativa ambientale e forestale, assieme alla mancanza per molti anni di un documento programmatico nazionale di settore che fornisse un quadro di riferimento comune alle 21 Leggi Forestali (formulate dalle varie Regioni e Province Autonome), ha spesso determinato interpretazioni non univoche delle norme. L’Allegato 1 presenta una sintesi della principale normativa e degli strumenti di programmazione regionale in ambito forestale, ma il primo vero documento programmatico e normativo rilevante per il settore forestale è rappresentato dalla Legge Pluriennale di spesa per il settore agricolo (L.752/1986), che ha permesso la redazione del primo Piano e programma forestale nazionale15. Con l’approvazione del D.Lgs. 227/2001 e le successive Linee guida nazionali per il settore forestale, l’Italia si è impegnata a formulare e/o implementare programmi forestali o strumenti equivalenti (nazionali e regionali). Solo nel 2008 il Programma Quadro per il Settore Forestale (MIPAAF-MATTM, 2008) ha definito una cornice programmatica di riferimento per l’intervento pubblico nel settore. Si tratta comunque di strumenti esortativi, di scarso impatto operativo e privi di misure finanziarie o di regolamentazione. Con la Legge Galasso (L. 431/1985), poi rivista e inclusa nel Testo Unico Ambientale (D.Lgs 231/2001), è stato istituito il “vincolo paesaggistico” che, riconoscendo i boschi come “bellezze naturali”, impone la loro tutela. Il D.Lgs. 42/2004 ha introdotto uno specifico iter autorizzativo per quegli interventi che possono modificare in modo permanente l’aspetto esteriore dei boschi. Il 7 luglio 2011, il Consiglio dei Ministri (n. 145) ha approvato con un decreto legislativo16 l’attuazione della Direttiva Comunitaria 2008/99/CE17. Tra le fattispecie specifiche di reato ai danni del patrimonio forestale un ruolo di primo piano è indubbiamente giocato dagli incendi. L'incendio boschivo, sia doloso che colposo, costituisce un delitto contro la pubblica incolumità e, come tale, è perseguito con la reclusione da 4 a 10 anni che sono aumentate della metà se l'incendio induce un danno grave, esteso e persistente all'ambiente (CFS, 2011). Altre nuove fattispecie di reato penale introdotte riguardano l’uccisione/distruzione/possesso in forme non consentiti di specie animali o vegetali selvatiche protette e la distruzione/deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto. La raccolta e commercializzazione funghi, infine, è regolamentata in termini generali dalla L. 352/1993 e dal D.P.R. 376/1995, anche se resta di competenza regionale18. Per i tartufi, le attività di raccolta, coltivazione e commercio sono disciplinate dalla L. 752/198519.

1.2.2 Normativa internazionaleLa Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora (CITES) è stata approvata a Washington nel 1973 ed è attualmente ratificata da 175 Paesi tra i quali l’Italia (L. 874/1975 entrata in vigore il 31 dicembre 1979). Con i Regolamenti comunitari 338/1997, 865/2006 e 100/2008, l’Unione Europea (UE) ha voluto applicare in modo più rigoroso, uniforme e su un numero maggiore di specie (36.000) la Convenzione nei 27 Paesi membri. L’autorità pubblica responsabile in via principale dell’implementazione di questa Convenzione è il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) (Direzione Conservazione Natura), presso il quale è anche costituita la Commissione Scientifica CITES, alla quale competono valutazioni di carattere tecnico-scientifico relative all’applicazione della Convenzione in ambito nazionale. Spetta invece al Ministero delle Attività Produttive il rilascio delle licenze di importazione ed esportazione previste dai Regolamenti Comunitari, mentre l'autorità competente per l'assegnazione dei certificati di (ri)export è il Corpo Forestale dello Stato (CFS), che è anche responsabile dei controlli CITES alle dogane italiane. In Italia sono presenti, oltre al Servizio

15 Approvato dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) il 2.12.1987.16 Consiglio dei Ministri n.145 del 07/07/2011. Si veda: www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/testo_int.asp?d=6426417 Direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla tutela penale dell’ambiente. Gazzetta ufficiale n. L 328 del 06/12/2008, pp. 28 – 37.18 Per un quadro di dettaglio della normativa regionale si veda il link: http://www.fungocenter.it/normativa.php.19 L. 16 dicembre 1985, n. 752 “Normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo”.

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CITES Centrale, ospitato presso l’Ispettorato Generale del CFS a Roma, 23 unità di controllo (Nuclei Operativi CITES, NOC) nei porti marittimi e negli aeroporti internazionali, per verificare i permessi d’importazione-esportazione per animali e piante. Sono inoltre presenti 28 uffici di certificazione (Servizi CITES Territoriali, SCT) nelle maggiori città italiane e in ogni capoluogo di regione, al fine di completare il lavoro di investigazione.Nella UE opera il Piano d’Azione per il Forest Law Enforcement, Governance and Trade (FLEGT Action Plan) del novembre 2003, seguito poi dai Regolamenti 2173/2005 e 1024/2008. Tra le varie misure (in 7 diverse aree d’intervento) e strumenti previsti, il principale è l’approvazione di accordi bilaterali volontari (Voluntary Partnership Agreement, VPA) tra Paesi produttori e UE relativamente all’introduzione di un sistema di licenze in grado di garantire la legalità dei prodotti legnosi esportati verso i mercati europei. Ad oggi sono 6 i VPA già siglati (Camerun, Ghana, Indonesia, Liberia, Repubblica Centroafricana e Repubblica del Congo), mentre altri 4 sono in corso di negoziazione (Gabon, Malesia, Vietnam e Repubblica Democratica del Congo)20. Infine, la EU Timber Regulation (EUTR), disciplinata dal Regolamento 995/2010, proibisce la commercializzazione sul mercato europeo di legno di provenienza illegale. Più in dettaglio, gli operatori sono tenuti all’esercizio della c.d. “Dovuta Diligenza” (Due Diligence), che prevede la raccolta d’informazioni adeguate circa l’origine del legno, l’attuazione di procedure di verifica del rischio e, se del caso, l’implementazione di procedure di mitigazione del rischio stesso, con l’eventuale supporto di Organismi di controllo (Monitoring organisation) riconosciuti dalla CE e sotto la sorveglianza delle Autorità Competenti (responsabili in ogni Paese membro del controllo periodico sia degli operatori/commercianti che degli Organismi di controllo).

1.3 Istituzioni di controlloL’organo istituzionale cui spettano le principali responsabilità di prevenzione e controllo in campo forestale è il Corpo Forestale dello Stato21 (CFS), fondato nel 1948 e composto oggi di circa 8.500 unità. L’Ispettorato Generale coordina 15 Comandi Regionali, 83 Comandi Provinciali e 1.061 Comandi Stazione a livello comunale. Tra i reparti specializzati vi sono 76 Nuclei Investigativi Provinciali di Polizia Ambientale e Forestale (NIPAF) coordinati a livello centrale; il Nucleo Investigativo Antincendio Boschivo (NIAB), che opera in collaborazione con i Comandi Stazione e 491 strutture d’identificazione dei reati d’incendio boschivo sul territorio; il Nucleo Agroalimentare e Forestale (NAF), per le frodi, contraffazioni e sofisticazioni nel settore; il Nucleo Operativo Antibracconaggio (NOA); il Nucleo Investigativo Reati in Danno degli Animali (NIRDA) e la Sezione Investigativa del Servizio CITES (vedi 1.2.2). Nelle Province e nelle Regioni a statuto speciale, infine, operano Corpi di polizia forestale provinciali o regionali, prevalentemente con funzioni tecnico-gestionali.Accanto al CFS operano (in sinergia e talvolta in sovrapposizione) altri organi di polizia: in particolare, il Comando Carabinieri Politiche Agricole e Alimentari ed il Comando Carabinieri Tutela Ambientale. Il primo, posto alle dipendenze funzionali del MIPAAF e articolato in 3 Nuclei Antifrodi (NAC) ed un Nucleo di Coordinamento Operativo (NCO), si impegna nel controllo sull’erogazione e la ricezione di aiuti comunitari nel settore agroalimentare, della pesca e dell’acquacoltura, nonché sulle operazioni di ritiro e vendita di prodotti agroalimentari. Il secondo, alle dipendenze funzionali del MATTM e articolato in una struttura centrale e 29 Nuclei Operativi Ecologici (NOE), assolve funzioni di polizia giudiziaria in materia ambientale22. Rilevante è anche il contributo del Comando per la per la Tutela della Salute Pubblica, che si avvale del supporto di 37 Nuclei Antisofisticazioni e Sanità (NAS). 20 Per aggiornamenti si veda la pagina web: www.euflegt.efi.int/portal/home/vpa_countries/21 Le informazioni riportate in questo paragrafo sono riprese - salvo laddove diversamente indicato - dal sito web www.corpoforestale.it.22 Ad esclusione degli accertamenti di natura tecnico-scientifica, per i quali il Comando si avvale di organismi quali ISPRA, ARPA, SSN e RaCIS. Tra gli ambiti d’intervento vi sono l’inquinamento del suolo. Idrico, atmosferico ed acustico; la salvaguardia del patrimonio naturale; l’impiego di sostanze pericolose e attivita a rischio di incidente rilevante; materiali radioattivi; esposizione a campi elettrici/magnetici; organismi geneticamente modificati.

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Funzioni di polizia locale nel campo della tutela ambientale e dell’attività venatoria sono esercitate da organismi operanti su scala provinciale e locale. Può essere utile rilevare che nessun altro Paese europeo ha un numero così ampio di corpi di polizia che si occupano di reati ambientali e forestali. 1.3.1 Il ruolo della società civileAccanto agli organismi istituzionali deputati allo svolgimento di azioni di controllo, è da segnalare l’azione di numerosi soggetti della società civile. Si tratta soprattutto (ma non solo) di organizzazioni ambientaliste – tra cui Legambiente, la Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU), il World Wildlife Fund Italia (WWF) e Greenpeace Italia - che svolgono un’azione importante in termini di denuncia e monitoraggio, assicurando un presidio capillare del territorio, ma anche di proposta, fornendo visibilità a buone pratiche e iniziative virtuose. La buona gestione forestale promossa attraverso la certificazione delle foreste e della c.d. chain-of-custody (tracciabilità) dal Gruppo FSC Italia e dal PEFC23 Italia è un altro strumento di contrasto all’illegalità forestale utilizzato da imprese, commercianti, consumatori e organizzazioni varie della società civile.

2. Metodologia di ricerca e fonti informativeLa raccolta delle informazioni ha richiesto l’utilizzo tanto di fonti primarie, quanto di fonti secondarie. Per quanto riguarda le fonti primarie, sono state compiute interviste dirette a cinque funzionari del CFS, con un focus principale sul Centro-Sud Italia (il questionario è in Allegato 2), e a quindici imprese del settore legno-arredo in Puglia, Basilicata e Lazio. Infine, sono state raccolte indicazioni e testimonianze da circa altri dieci operatori ed esperti del settore. Piuttosto lungo l’elenco delle fonti secondarie: banche dati di ambito giuridico (Banca dati della Cassazione e altre Banche dati di sentenze), testi normativi, i Dossier Attività annuali e i comunicati stampa del CFS, le pubblicazioni consultabili all’interno del sito web dell’Osservatorio sul Lavoro in Bosco (OLAB24), report di Associazioni di categoria (ad esempio Federlegno), bollettini mensili Istat, documenti di analisi e approfondimento tematici predisposti da organismi istituzionali (ad esempio l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA, del MATTM), report e comunicazioni di organizzazioni non governative e altre pubblicazioni.Vanno sottolineate le notevoli difficoltà incontrate nel reperimento di dati e informazioni relative a reati e illeciti nel settore forestale. In assenza (o carenza) di riferimenti certi e solidi in letteratura, molti dei dati raccolti si basano su deduzioni e assunzioni sviluppate sulla scorta dell’esperienza empirica, nonché su testimonianze e segnalazioni fatte da operatori ed esperti del settore. Nonostante la discrepanza di dati tra fonti diverse (ad esempio nella stima dei tassi di taglio illegale in vari paesi del mondo), vi è una sostanziale convergenza sulla rilevanza dei fenomeni di illegalità più diffusi e ricorrenti, che possono quindi essere tratteggiati con sufficiente precisione.

3. Risultati3.1 Natura e dinamiche dei fenomeni di illegalità indagatiI fenomeni di illegalità riscontrati nel corso dell’indagine sono stati raggruppati in tre ampie categorie: l’illegalità “storica”, l’illegalità “dimenticata” e le nuove forme di illegalità. Ciascuna delle tre categorie sopra citate viene presentata in dettaglio nei prossimi paragrafi.3.1.1 Illegalità storicaCon la denominazione “illegalità storica” ci si riferisce a forme d’illegalità da tempo riscontrabili sul territorio e contro le quali si esplica buona parte dell’azione di indagine, prevenzione e contrasto da parte delle istituzioni competenti, in primis il CFS. In tale gruppo rientrano fenomeni illegali quali incendi dolosi e colposi, tagli boschivi irregolari, pascolo abusivo in bosco, discariche di rifiuti in bosco, abusivismo edilizio, bracconaggio e frodi nell’utilizzo di contributi pubblici. Solo il 2% degli incendi boschivi è dovuto a cause naturali, mentre il rimanente 98% è dovuto all’uomo (spesso in situazioni di natura dolosa o colposa). Nell’ultimo decennio in Italia si sono osservati, in media, più di 7.200 incendi/anno, con una superficie interessata di oltre 80.000 ha, di

23 Rispettivamente, Forest Stewardship Council e Programme for Endorsement of Forest Certification schemes. 24 http://www.selvicoltura.it/OLAB/OlabInforma/DOlabInforma.htm

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cui più del 45% (40.000 ha) rappresentato da superfici boscate. Va detto che rispetto ai decenni precedenti risultano comunque in calo sia il numero degli incendi sia la superficie incendiata (ISTAT, 2010)25. Di contro, l’incidenza relativa della componente dolosa è andata aumentando: di poco inferiore al 49% nel 1999, sfiora ora il 60% (CFS, 2002; CFS e Legambiente, 2007; CFS, 2010). Oltre a ciò si assiste a una crescente incidenza degli incendi dolosi sulle formazioni boscate di pianura, piuttosto che di collina o montagna con effetti evidenti sulla percezione del fenomeno. Nonostante il numero crescente degli eventi, infatti, la visibilità degli incendi in pianura e in collina rischia di essere inferiore, poiché l’estinzione dei focolai risulta più facile e veloce di quanto accade in aree impervie e più difficilmente accessibili. Ne consegue una tendenza a sottostimare la portata dei fenomeni e dei danni correlati (che non sono solo ambientali ma di ordine e sicurezza pubblica).Nel periodo 2000-2009 il CFS ha segnalato all’Autorità Giudiziaria sul territorio nazionale 3.875 persone, di cui 131 tratte in arresto o sottoposte a custodia cautelare (CFS, 2010). Le ragioni individuabili alla base dei fenomeni di dolo sono molteplici e possono includere sia azioni finalizzate alla ricerca del profitto, sia manifestazioni di protesta o più semplicemente incuria verso il bosco (CFS, 2002). Si possono ricordare, tra le altre, l’azione di pastori finalizzata a favorire il ricambio della vegetazione erbacea per la produzione di foraggio, incendi appiccati dagli stessi addetti allo spegnimento, motivazioni correlate all’attività di bracconaggio, estorsione o speculazione con la possibilità di beneficiare dell’eventuale cambio di destinazione d’uso del suolo o di effettuare interventi di riforestazione nelle zone percorse dal fuoco (Vadalà, 2009; CFS, 2010). Rispetto ai tagli boschivi, si riscontrano problemi soprattutto in termini di illeciti amministrativi (sul numero di matricine effettivamente rilasciate e sugli eventuali danni derivanti dalle operazioni di utilizzazione) piuttosto che di reati penalmente rilevanti. Nel 2005 (ultimo anno di disponibilità dei dati ISTAT) sono stati registrati solo 84 illeciti penali su un totale di circa 7.000 illeciti in questo campo, con ruolo preponderante del Centro (40%) e del Sud (37%) Italia. Il maggior numero di illeciti (in termini assoluti) si riscontra, nell’ordine, in Lazio, Toscana, Sicilia, Umbria e Lombardia (ISTAT, 2005a). Secondo i dati più recenti distribuiti dal CFS (2010), nel 2009 non sono stati riscontrati reati legati alle utilizzazioni e ai tagli boschivi, mentre gli illeciti amministrativi sono stati 4.276. Negli ultimi anni si è tuttavia osservato un aumento nel numero dei reati e degli illeciti connessi al disboscamento, furto e danneggiamento di piante (oltre 500 casi nel corso del 2009). Va ricordato come all’interno di questa categoria di illeciti vi siano spesso casi che, se un tempo potevano provocare danni ambientali anche gravi, oggi – con le mutate condizioni socio-economiche e ambientali – potrebbero non avere conseguenze rilevanti. Purtroppo, le leggi in materia non si sono del tutto adeguate26. In relazione al problema del controllo dei tagli un’area “grigia” nel panorama forestale italiano è rappresentata dai prelievi di legna da ardere. Sebbene in questo caso non si possa parlare di illegalità tout-court, è innegabile che vi siano elementi di scarsa trasparenza sufficienti a sollevare legittimi dubbi sulla piena regolarità dei flussi di utilizzazione e commercio. In particolare uno dei problemi osservati si riferisce all’incongruenza tra i dati ufficiali sui prelievi forestali pubblicati (sino a due anni fa) dall’ISTAT e le stime derivabili sulla base di diversi studi e modelli basati sui consumi. Si ritiene che i dati sulle superfici tagliate, e quindi sui relativi volumi di legna prelevati siano sottostimati (APAT, 2003; Magnani, 2005). Ad esempio, il rapporto tra una valutazione realizzata sulle superfici di boschi cedui tagliati a raso rilevate con immagini satellitari ad alta definizione (Corona et al. 2007) e quelle rilevate dal CFS (che costituiscono la base dei dati ISTAT) 25 Non mancano, in realta, dati in controtendenza. Ad esempio il 2007 e stato definito “l’annus horribilis” per l’estensione e la gravita degli incendi. Il CFS ha contato in totale 10.614 incendi, il 50% in piu dell’anno precedente, con 23 vittime, 227.729 ettari di superficie percorsa dal fuoco di cui 116.602 boscata. Il 27% di essi ha riguardato aree protette: 62.309 ettari di terreno di cui 34.106 boscati (CFS e Legambiente, 2007; WWF, 2008).26 Sono stati sanzionati ad esempio il prelievo di pochi metri steri di legna da ardere a fini non commerciali, i tagli non autorizzati di robinia in uliveti abbandonati in fase di recupero produttivo (in aree sottoposte a vincolo idrogeologico), lo sconfinamento di un capo di bestiame da aree di pascolo al bosco. Cosa, quest’ultima in particolare, che richiama un’Italia di un secolo fa, quando - in un’economia rurale di sussistenza - i boschi erano soggetti al morso del “fessipede dall’unghia luciferina” (come veniva definita la capra negli atti parlamentari alla fine dell’800). Il quadro attuale dei problemi e delle priorita e ben diverso e richiederebbe un adeguamento normativo.

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è stato di 1,45 a 1. In effetti, mentre i dati ISTAT parlano di prelievi oscillanti, secondo l’anno, tra 3 e 5 M m3, diversi studi basati sui consumi di legna da ardere a uso domestico suggeriscono valori nettamente più elevati. Hellrigl (2002), citando le indagini campionarie sui consumi ad uso residenziale effettuate dall’ENEA nella seconda metà degli anni ’90 (Gerardi et al., 1998; Gerardi e Parrella, 2001) ha ipotizzato un livello di consumi nel periodo 1997-1999 tra i 16 e i 20 M t/anno. Tali dati, se assunti nelle stime nazionali, consentirebbero di raggiungere livelli di produzione e consumo coerenti con quelli di altri paesi europei (Hellrigl, 2002a). Altri studi confermano queste ipotesi, stimando consumi di legna da ardere ad uso residenziale in Italia variabili tra 16,5 e 23,0 M m3 (Pettenella e Andrighetto, 2011) o pari addirittura a 19 M t (nel 2006) (APAT-ARPA Lombardia, 2007). Anche tenendo conto del contributo dell’import27 dunque, i dati Istat risultano assolutamente insufficienti nel dare ragione dei possibili consumi interni di legna da ardere. Naturalmente ciò non significa che i valori in difetto comportino automaticamente la presenza di fenomeni di illegalità. Nondimeno, quanto sopra riportato, da un lato conferma le difficoltà nel recuperare dati attendibili e certi relativi al settore forestale, con conseguenti limiti anche per l’azione di monitoraggio e contrasto di eventuali irregolarità; dall’altro, autorizza a parlare, anche sulla scorta dell’esperienza empirica, di ampie zone “opache” associate alla raccolta e vendita di legna da ardere, che potrebbero essere legate tanto a prelievi in eccesso rispetto a quelli dichiarati quanto alla commercializzazione “in nero” della legna (con correlati fenomeni di evasione fiscale). L’abusivismo edilizio e la presenza di discariche illegali di rifiuti in bosco restano fenomeni diffusi - pur su scale diverse - in tutto il Paese, spesso concentrati in territori di pregio naturalistico e/o paesaggistico. Pur sulla base di informazioni riferite soprattutto a singoli episodi, la casistica degli illeciti è ampia. In ogni caso, come ha osservato da uno dei funzionari del CFS intervistati, il diffondersi degli incendi e delle conseguenti misure e azioni di contrasto, ha avuto anche un’azione deterrente nei confronti dell’abusivismo. La ex L. 353/2000 (Catasto incendi boschivi) proibisce, per almeno 15 anni, il cambio di destinazione d’uso per le zone boschive e i pascoli che siano stati percorsi dal fuoco. Tra le forme storiche di illegalità sicuramente si può annoverare il pascolo in bosco di tipo abusivo (condotto su terreni altrui senza alcuna autorizzazione, e con il rischio di provocare danni al bosco – ad esempio alle giovani piantine in boschi degradati – e/o al suolo – per l’erosione e il calpestamento dovuto ad un carico eccesivo di bestiame) o non legittimato (presenza di animali non segnalati alle autorità locali attraverso il c.d. Fido Pascolo). Anche i reati contro la tutela della fauna selvatica autoctona (bracconaggio) rappresentano una delle forme storiche di irregolarità riscontrabile nei boschi italiani. Nel corso del 2009 sono stati registrati 938 reati, con l’aggiunta di quasi 2.300 illeciti amministrativi e sanzioni pecuniarie per 2,4 M di euro (CFS, 2010). In generale, laddove sussistono interessi economici28 e operano organizzazioni criminali con fortissimo controllo del territorio, come avviene in Sicilia, Calabria e Campania, c’è spesso connessione tra la criminalità organizzata e l’attività di cattura illegale della fauna selvatica, assumendo anche un carattere simbolico29. In generale, il mercato del bracconaggio appare florido, tanto che nel corso dell’anno i bracconieri si spostano da una regione all'altra, soprattutto nel Centro-Sud Italia, seguendo i flussi e le disponibilità della fauna. Tali dinamiche contribuiscono a spiegare perché in alcune regioni (Abruzzo, Campania, Basilicata, Calabria, Lazio, Puglia, Toscana e Sicilia) si registrano maggiori reati rispetto ad altre: molti bracconieri agiscono “in trasferta” contribuendo a mantenere i dati degli illeciti elevati con riferimento a regioni diverse rispetto a quella di residenza. Benché non vi sia un dato omogeneo e completo sul fenomeno, Legambiente (2005) ha stimato che in almeno il 50% dei casi il bracconaggio è esercitato per 27 Secondo dati riportati dal Sistema Faostat, nel 2009 sono stati importati 0,95 M m3 (0,48 M t) di legna da ardere e carbone di legna (+22,0% rispetto all’anno precedente) e 1,4 M m3 (0,7 M t) di cippato e scarti in legno. Va, comunque, tenuto presente che tali quantita vengono impiegate anche per la produzione di pannelli di particelle, di fibre e, in misura minore, per paste ad uso cartario (Gargiulo e Zoboli, 2007).28 In Puglia, si arrivano a pagare anche 1.000 euro per 2-3 notti di caccia abusiva agli uccelli acquatici in aree umide.29 In provincia di Reggio Calabria, ad esempio, il ghiro e oggetto di una intensa attivita di bracconaggio per il suo ruolo di cibo pacificatore tra le ‘ndrine in lotta (Malara, 2010); la sua carne può costare anche 50,00 Euro/kg.

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ragioni di lucro, essendo parchi e aree protette le zone più interessate dai fenomeni di illegalità. Nel bresciano e nel bergamasco la vendita di piccoli uccelli può arrivare a fruttare a un singolo cacciatore di frodo fino a 20.000 Euro/anno (Furlan, 2009). In provincia di Reggio Calabria, si stima che almeno il 70% dei cacciatori che fanno la posta ai tordi utilizzino richiami elettronici illegali (Malara, 2010). Il Friuli Venezia Giulia, pur non rientrando tra le Regioni italiane con il maggior numero di cacciatori, si caratterizza per la collocazione lungo importanti rotte migratorie e per una tradizione venatoria che risale all’epoca dell’Impero romano; antica è pure la pratica del bracconaggio30, tant’è che attualmente essa rientra tra le aree a maggior rischio di caccia illegale (hot-spots).Una breve considerazione a parte deve essere fatta per i richiami e le sanzioni comminati dalla Commissione Europea all’Italia per il non corretto recepimento della Direttiva 70/409/CEE, disciplinante la tutela dell’avifauna31. Il riferimento è in particolare alla c.d. “caccia in deroga”, per la quale 13 Regioni italiane sono state fatte oggetto di procedura e la Regione Veneto è già stata riconosciuta responsabile dell'infrazione comminata all'Italia dalla Corte di Giustizia in data 11 novembre 2010, con conseguente sanzione amministrativa32.Al tema del bracconaggio “in casa” si collega senz’altro anche quello relativo al traffico di specie di fauna e flora protette, nell’ambito di quanto previsto dalla CITES. Complessivamente nel 2010 il Servizio CITES del CFS ha accertato 202 reati penali nel contrasto al commercio illegale delle piante e degli animali e ha contestato 277 illeciti amministrativi per un totale di quasi 370.000 Euro. Il valore complessivo delle specie sequestrate nel corso del 2010 risulta di poco inferiore ai 3 M Euro. E’ utile ricordare che l’Italia rappresenta uno dei più grandi mercati di articoli e prodotti derivanti da specie animali e vegetali protette, un mercato che genera un giro di affari, a livello internazionale, superiore ai 100 Mld di Euro/anno (CFS, 2011a). Un ultimo ambito di illegalità storico è quello relativo alle frodi nel campo della gestione degli incentivi pubblici e in particolare dei contributi comunitari nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale. Tale settore riveste un ruolo di rilievo nel panorama nazionale, come testimoniato dai numeri dell’attività operativa del Comando Carabinieri Politiche Agricole e Alimentari (2011): il valore totale dei contributi illeciti accertati nel 2010 ammonta ad oltre 17,6 M di Euro.

3.1.2 Illegalità dimenticataSotto la categoria “illegalità dimenticata” si annoverano forme d’illegalità spesso sottovalutate o scarsamente fatte oggetto di attenzione da parte degli addetti ai lavori e dal pubblico in genere. Tra queste, soprattutto gli aspetti di salute e sicurezza - e, in termini più ampi, di regolarità del lavoro - rappresentano un cono d’ombra nell’ambito del sistema forestale italiano. I dati e le informazioni disponibili su questo argomento sono purtroppo scarsi e di cattiva qualità, per di più la stagionalità del lavoro e l’attività svolta generalmente in aree remote ed economicamente marginali non facilitano la raccolta di informazioni. Come segnalato già qualche anno fa dal Consiglio Editoriale della Rivista Sherwood (2002) “[…] esiste però la diffusa percezione, da parte degli operatori del settore, che in Italia il lavoro in foresta, soprattutto nelle aree appenniniche, stia cambiando […] verso l’impiego di manodopera dequalificata, non adeguatamente equipaggiata, ingaggiata senza un regolare contratto, esposta a gravi rischi di incidenti sul lavoro e sottopagata”.

30 Nel periodo 2000-2006, le forme di bracconaggio piu diffuse in Friuli Venezia Giulia sono risultate essere l’uccellagione praticata con reti, vischio o trappole (complessivamente 295 casi); l’utilizzo di mezzi vietati di caccia/cattura, quali il laccio (156 casi); l’abbattimento e la detenzione di specie protette (in 67 casi su 103 nel periodo di riferimento, tale reato ha riguardato specie di avifauna – anche in relazione al traffico internazionale con l’area balcanica) (Baretta, 2008).31 Si veda ad esempio la Sanzione 2006/2131 “Non corretto recepimento della direttiva 70/409/CEE relativa alla conservazione degli uccelli selvatici (caccia)”.32 Si veda la Sentenza della Corte (Quarta Sezione) 11 novembre 2010 - Commissione europea/Repubblica italiana (Causa C-164/09) pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea n. 12 del 15 gennaio 2011. Va tuttavia ricordato che negli ultimi mesi del 2011 tanto il TAR, quanto la Corte Costituzionale hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri contro la delibera regionale di autorizzazione della caccia in deroga per la stagione 2010-2011.

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I dati Istat evidenziano come, nel periodo 1992-2001, a fronte di un calo complessivo dell’occupazione agricola, il peso relativo degli occupati non regolari sia aumentato di circa 10 punti percentuali. In termini di unità di lavoro, il tasso di irregolarità nel settore Agricoltura, selvicoltura e pesca (unità di lavoro non regolari rispetto a quelle totali) va da un massimo di 50% in Calabria a un minimo del 18,6% in Toscana. Una stima di grande massima dell’incidenza del lavoro irregolare in selvicoltura è stata realizzata da Pettenella e Secco (2004). Assumendo la presenza in Italia di 24-28.000 addetti stabili professionali, nello “scenario massimo” (stima dei prelievi legata ai consumi effettivi di legna da ardere, probabilmente quello più vicino alla realtà rispetto ai dati ufficiali Istat) su un addetto professionale sono stimati 2-3 addetti occasionali, presumibilmente operanti al di fuori di un contesto di regolarità rispetto alla normativa sulla salute e sicurezza e dei rapporti contrattuali di lavoro33. Questa ipotesi collocherebbe l’attività delle ditte boschive al primo posto in una graduatoria nazionale della mancata tutela del lavoro nei diversi settori economici (Pettenella, 2009). In generale, come è stato ricordato da un Funzionario del CFS in un Congresso sul Lavoro irregolare in bosco tenutosi ad Arezzo nel 200434, il mancato rispetto delle norme più elementari (l’uso dei Dispositivi di Protezione Individuale, per esempio) è talmente diffuso che le condizioni di irregolarità nelle attività di utilizzazione boschiva sono l’assoluta norma e quelle del rispetto della legge un’eccezione35. Ciò nel lavoro (assieme a quello in miniera) a più alta incidenza di infortuni. Rispetto all’importazione di legname di provenienza illegale36, va ricordato che l’Italia occupa il sesto posto mondiale e secondo posto europeo per volumi d’import di legno e derivati, intrattenendo stretti rapporti commerciali con Paesi nei quali i fenomeni di illegalità nel settore forestale risultano piuttosto noti e di fatto conclamati (ISPRA, 2009). In particolare il nostro Paese è il primo partner commerciale per l’export di legname e derivati da parte di Camerun, Costa d’Avorio, Romania, Bosnia Erzegovina, Albania e Serbia. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’Italia non importa solamente prodotti di elevato valore unitario: dall’analisi delle statistiche internazionali di fonte FAO risulta che il nostro Paese è il primo importatore mondiale di legna da ardere e il quarto di cippato e scarti in legno. Una stima conservativa (ISPRA, 2009) quantifica la percentuale di legno illegale importato dall’Italia variabile tra il 7 e il 10% dell’import totale, per un valore complessivo di 1,3-2,8 Mld di Euro. Con riferimento ai fenomeni di illegal logging si guarda con attenzione all’attuazione del Regolamento Comunitario 995/2010 (EUTR) che entrerà in vigore nel marzo del 2013 proibendo in sostanza la commercializzazione sul mercato europeo di legno di provenienza illegale (vedi par. 1.2.2.). Come già accaduto con il Regolamento FLEGT, l’Italia non sembra dimostrarsi particolarmente reattiva nel prepararsi all’attuazione di simili misure, a differenza di quanto fatto da altri paesi, quali Regno Unito37 e Spagna38.

33 A titolo di esempio si riporta quanto emerso nel corso di controlli effettuati nel 2007 presso ditte boschive in Toscana. In tali circostanze il CFS ha rilevato come 17 imprese su 58 verificate (29%) presentassero delle irregolarita. Rispetto alle 186 persone complessivamente registrate nei cantieri corrispondenti, 41 (22%) non disponevano di un regolare contratto di lavoro, trattandosi quasi esclusivamente di lavoratori extracomunitari, un quarto dei quali clandestini (ARSIA, 2007).34 Convegno: Professionalita - Regolarita - Sicurezza. Presupposti per un settore forestale di qualita. Organizzato da Sherwood, con il patrocinio della Regione Toscana e della Provincia di Arezzo. Arezzo, 30 Gennaio 2004.35 Una verifica delle ordinarie condizioni di illegalita dei cantieri forestali in Italia in relazione alla normativa di tutela della salute e scurezza degli operatori e di come queste condizioni rappresentino la norma e facilmente effettuabile con una ricerca su Youtube. Qualche esempio illuminante:Abbattimento piante: http://www.youtube.com/watch?v=Z4lpT6vqTHwLavorazione legna: http://www.youtube.com/watch?v=nyloh-azAyEEsbosco con verricello: http://www.youtube.com/watch?v=91OJiJTxx4I&feature=relatedEsbosco via cavo: http://www.youtube.com/watch?v=_kOCDI-g9Ew&NR=1Esbosco con mulo: http://www.youtube.com/watch?v=OyoMc6OsXNw&feature=relatedCarico legname: http://www.youtube.com/watch?v=OLUo6NQa90s&feature=related.36 Si potrebbe mettere in discussione alla luce della normativa attuale che l’importazione di legname di origine estera illegale non comporta necessariamente responsabilita legali per gli importatori in Italia. In questa sede l’attenzione e tuttavia posta ai problemi di violazione delle leggi collegate alla gestione delle risorse forestali in genere, e non a quelle esclusivamente italiane. Peraltro, come gia ricordato, il Reg. 995/2010 estende delle responsabilita legali anche agli importatori in Italia di legname prodotto e messo sul mercato illegalmente all’estero.

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3.1.3 Nuova illegalitàCon questa terza e ultima categoria ci si riferisce a nuovi ed emergenti fenomeni di illegalità che si sono affacciati sulla scena nazionale (e, talvolta, internazionale) solamente negli ultimi tempi o, quanto meno, solo di recente hanno cominciato a essere oggetto di attenzioni da parte degli addetti ai lavori. In questi ambiti rientrano i fenomeni di riciclaggio di denaro “sporco” tramite acquisto di lotti boschivi a prezzi artatamente gonfiati nel corso di aste pubbliche di acquisto, soprattutto nel Centro-Sud Italia, come ricordato dal Rapporto sulle Ecomafie di Legambiente 201039. L’aumento dei prezzi ha normalmente un effetto di spiazzamento delle imprese regolari che non sono in grado di competere con imprese sostenute da ingenti capitali di provenienza dubbia o notoriamente illecita. Tuttavia, informazioni emerse nel corso delle interviste con funzionari del CFS evidenziano come questi fenomeni siano in espansione e quindi non più limitati al Meridione ma riscontrabili ormai anche nel Centro Italia. Accanto al riciclaggio per mezzo dell’acquisto di lotti boschivi, inoltre, sta prendendo piede anche il riciclaggio connesso all’acquisto di terreni forestali, la cui domanda è aumentata negli ultimi anni, ad esempio al fine di costituire riserve di caccia. Situazioni di illegalità si registrano anche nel settore degli imballaggi in legno (pallet) attraverso (Assoimballaggi, 2006): 1) circolazione di pallet non conformi agli standard tecnici eppure marchiati come tali; 2) importazione di imballaggi in legno da paesi dell’Est Europa, con rischi di minore qualità tecnica del prodotto e di uso di legno di provenienza illegale, 3) sviluppo di un mercato nero degli imballaggi in legno con conseguente evasione fiscale40, aumento dei costi per l’industria e la distribuzione, mancato riutilizzo della risorsa e 4) riduzione dei prezzi sino al 25% rispetto alla quotazione media. Tra gli altri esempi di “nuova illegalità” si evidenzia la produzione e commercializzazione di pellet realizzati con legno e scarti di legno trattato (di derivazione industriale con residui di colle e vernici) e non conforme ai requisiti di legge. Al di fuori del comparto del legno, fenomeni di illegalità nel settore forestale interessano anche la raccolta e commercializzazione di funghi e tartufi, con differenti fattispecie. La prima si configura come evasione fiscale e sfrutta il cosiddetto regime di esonero che solleva i raccoglitori dagli obblighi documentali e contabili normalmente previsti (fatturazione, registrazione, liquidazione periodica, versamento e dichiarazione annuale) purché abbiano volume d’affari costituito per almeno i due terzi da cessioni di prodotti inclusi nella Parte I della Tabella A riportata come Allegato 1 al DPR 633/1972 e comunque non superiore a 2.582,28 Euro a prescindere dal luogo in cui sia esercitata l’attività41. Coloro che acquistino da produttori agricoli esonerati devono autofatturare gli acquisti con diritto alla detrazione dell’IVA senza, comunque, alcun obbligo di versare l’imposta. All’interno di questo quadro, l’esperienza empirica segnala numerosi casi di sovrafatturazione, con le imprese acquirenti (commercianti e trasformatori di funghi) che emettono autofatture maggiorate al fine di ridurre i pagamenti dell’IVA a proprio carico42. Una seconda fattispecie segnalata da funzionari del CFS nonché da esperti e operatori del settore, ma rispetto alla quale non esistono al momento vere e proprie evidenze documentali di riscontro, si riferisce a processi di riciclaggio di denaro operati da aziende italiane che acquistano funghi a prezzi superiori alla media in paesi dei Balcani, dell’Europa Centro-Orientale e in Svezia e Finlandia, per poi rivenderli su altri mercati, ivi compreso quello italiano, spesso facendo prima transitare i prodotti

37 Si veda a titolo di esempio il portale www.cpnet.org.38 Gia a fine agosto 2011 il Ministero dell’Ambiente spagnolo ha pubblicato una proposta di Decreto per dare attuazione a misure relative sia al Regolamento FLEGT, che al Regolamento EUTR.39 “Nel 2009 sono stati arrestati esponenti di un vero e proprio cartello, frutto dell’alleanza di ben quattro ‘ndrine […]. Ogni appalto per il taglio dei boschi, per esempio, fruttava almeno 5.000 Euro di pizzo” (Legambiente, 2010). 40 Circa il 30% dei pallet risulta commercializzato illegalmente, al prezzo medio di 5,50 Euro/pallet; l’evasione fiscale dovuta al mancato pagamento dell’IVA si stima pari a 396 M Euro/anno (Fava et al., 2009). 41 La soglia massima e innalzata a 7.746,85 Euro se l’esercizio dell’attivita avviene esclusivamente nei comuni montani con meno di 1.000 abitanti, nonché nelle zone abitate con meno di 500 abitanti ricomprese negli altri comuni montani individuati dalle Regioni.42 Meccanismi analoghi sono adottati per altri prodotti forestali non legnosi, quali asparagi selvatici e pinoli.

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per paesi terzi (ad esempio, Romania) al fine di renderne meno agevole la tracciabilità. Lo stesso meccanismo può essere adottato per l’evasione dell’IVA.Una terza fattispecie di illecito è costituita dalla commercializzazione del Tuber indicum, il noto surrogato del tartufo nero, importato illegalmente dalla Cina all’Italia nonostante il divieto di immissione sul mercato, ma non mancano altri esempi43. Da segnalare infine il fenomeno della coltivazione di cannabis indica all’interno di aree boscate (soprattutto in Calabria, Campania e Sicilia, ma anche in Emilia Romagna, Liguria, Toscana e Lombardia), nonché i rischi di frodi commerciali nella vendita di investimenti forestali per la compensazione dei crediti di Carbonio nel cosiddetto mercato volontario. Per come è stato effettuato il calcolo della capacità complessiva dei nostri boschi di fissare anidride carbonica, sembrerebbe che la realizzazione di piantagioni e il miglioramento della gestione dei boschi esistenti siano già inseriti nel Registro nazionale dei serbatoi (sink) forestali – utilizzati dallo Stato per dimostrare il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati per l’Italia nell’ambito del Protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici. Un rischio concreto è quindi quello del doppio conteggio dei crediti44 (già entrati nel calcolo effettuato dallo Stato a compensazione delle emissioni del sistema paese, ma venduti sul mercato volontario anche ad altri investitori per compensare le proprie emissioni). Oltre a ciò, esistono già evidenze in merito a frodi inerenti il sistema di commercio dei crediti di Carbonio, anche al di fuori del settore forestale: all’inizio del 2010, l’Interpol ha denunciato la presenza di fenomeni di evasione fiscale per circa 5 Mld di Euro nella compravendita di crediti nell’ambito dello EU Emissions Trading Scheme (ETS). Tali fenomeni interessano anche l’Italia, dove ventuno persone risultano indagate in un’inchiesta coordinata dalla Procura di Milano e condotta dalla Guardia di Finanza per una frode fiscale stimata in 500 M di Euro. Sulla scorta di queste esperienze l’Interpol ha indicato che l’immissione massiccia di crediti di carbonio provenienti da progetti forestali potrebbe - in assenza di adeguati meccanismi di trasparenza e garanzia - favorire l’aumento di processi fraudolenti (FERN, 2010).

3.2 Le dimensioni dei fenomeni di illegalità indagati In base ai risultati della ricerca, e pur nei limiti della disponibilità di dati parziali, possiamo stimare un valore complessivo delle attività illegali nel settore forestale italiano compreso tra 1.379,9 e 3.450,3 M di Euro. In prima fila l’importazione illegale di legno, che rappresenta dal 66,7 al 77,7% del valore del fenomeno illegale nel suo complesso. Al secondo posto gli incendi, che incidono mediamente fino al 15,6% dei costi totali dell’illegalità. Rilevanti (terzo posto e quarto posto rispettivamente) anche l’evasione fiscale associata al commercio irregolare di pallet (fino al 11,5% del totale) e della legna da ardere (fino al 9,2%). I risultati complessivi sono riportati in tabella 3.1. Va evidenziato come i dati si riferiscano solo a valori di carattere finanziario, che non incorporano le esternalità negative (costi ambientali e sociali), presumibilmente di ingente portata, che si suppone siano provocate dalle attività illegali nel settore forestale (ad esempio, nel caso degli incendi boschivi, si è considerato ai fini della stima il solo costo di ricostruzione del bosco, senza tener conto del danno dovuto alla perdita di biodiversità o di degradazione del paesaggio).

Tabella 3.1Stime della dimensione economica delle attività illegali nel sistema foresta-legno italiano45

43 Un problema simile di frode commerciale interessa il Choiromyces meandriformis (“trifola bianca matta”), presente in Paesi del centro-nord Europa la cui commercializzazione e vietata in Italia in quanto ritenuto tossico ma che si ritrova saltuariamente in partite di tartufi bianchi pregiati che hanno lo stesso aspetto esteriore. Del tutto simile il problema del Tuber oligospermum (Tul & Tul.) Trapp di provenienza marocchina utilizzato in sostituzione del nostro T.magnatum (Zambonelli e Iotti, 2011). 44 In un recente dibattito pubblico sul mercato volontario dei crediti di Carbonio, un alto funzionario del CFS ha paragonato la vendita di investimenti forestali compensativi realizzati in Italia alla vendita del Colosseo ad ignari turisti. 45 NOTE METODOLOGICHE(a) Si e considerato il 98% della superficie percorsa mediamente da incendi nel corso degli ultimi dieci anni, adottando un costo medio di solo ripristino pari a 5.500 Euro/ha.

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Attività illegaleValore

stimato (M Euro)*

% su Totale*

Fonte

Incendi dolosi e colposi (a) 215,6 15,6-6,2% AIB, 2008, WWF, 2008

CFS, 2010Commercio illegale animali e piante (CITES) 3 0,2-0,1% CFS, 2011aEvasione fiscale per vendita irregolare legna da ardere (b) 126 - 176 9,2-5,1% Ns. stime su dati Istat, anni

variImport legno illegale 934 - 2.658 66,7-

77,0%ISPRA, 2009

Evasione fiscale commercio irregolare pallet 100 - 396 7,2-11,5% Assoimballaggi, 2006; Fava et al., 2009

Evasione fiscale per sovrafatturazione raccolta funghi (c) 1,3 - 1,7 0,1% Ns. stime su dati Istat, anni vari

Totale 1.379,9 – 3.450,3

100%

Fonte: Ns. elaborazione.

3.3 Alcuni spunti di riflessione Nell’analizzare i possibili fenomeni di illegalità e irregolarità nel settore forestale italiano si riscontra anzitutto un’oggettiva difficoltà di accesso ai dati. Spesso e volentieri, infatti, le informazioni non sono organizzate in maniera organica e non sempre sono reperibili presso fonti ufficiali, ma sono costituite più spesso da indicazioni informali e segnalazioni ad opera di esperti e operatori del settore. In maniera analoga, non esistono linee investigative già attive ad opera delle istituzioni di vigilanza che, al contrario, si muovono più spesso in base a opportune segnalazioni.Il quadro tracciato descrive comunque un sistema con evidenti e ampie zone grigie o manifestamente illegali. Un sistema plastico, capace di adeguarsi all’evoluzione dei tempi, come testimoniato dall’emergere di nuove e più recenti forme di illegalità che sembrano assecondare le dinamiche del settore forestale e l’affermarsi di nuovi spazi e opportunità di mercato. Alla luce di queste considerazioni, è auspicabile l’adozione di buone prassi in grado di giocare un ruolo di reale ed efficace contrasto tanto dei fenomeni di irregolarità, quanto delle condizioni anomale e distorte che ne favoriscono o assecondano la genesi. Risulta quindi opportuna, in particolare, una maggiore attenzione e trasparenza nella spesa pubblica (investimenti, partecipazioni pubbliche in aziende del settore delle biomasse, gestione degli operai forestali, ecc.), che possa orientare la stessa verso soluzioni più responsabili e virtuose, ma anche a una maggiore capacità di organizzazione centralizzata e controllo delle aste pubbliche di vendita del legname, così da limitare fenomeni di riciclaggio e di infiltrazione malavitosa. Maggiori attenzioni meritano anche le norme sulla salute e sicurezza degli operatori forestali, ad esempio incoraggiando più di quanto già non si sia fatto l’adozione di albi e patentini per ditte operanti in bosco e procedure di autorizzazione ai tagli coordinate tra le Regioni. Tali pratiche, inoltre, dovrebbero essere completate da un severo rafforzamento dei controlli in merito all’attuazione della normativa sul lavoro delle ditte boschive. Maggiore prontezza, poi, dovrebbe essere dimostrata nel recepire e implementare le disposizioni (b) Si sono assunti i seguenti valori di riferimento: consumi interni oscillanti tra 18-22 milioni di tonnellate; prelievi interni pari a 3 milioni di tonnellate; legna proveniente da import e altri fonti interne (scarti lavorazione, recupero, ecc.) pari a 5 milioni di tonnellate. Si assume che la legna da ardere proveniente da prelievi e fonti interne sia commercializzata in maniera regolare senza evasione fiscale. Ne consegue una stima di 10-14 milioni di tonnellate di legna commercializzata irregolarmente Si considera infine un prezzo di vendita medio su strada pari a 60 euro/t. (c) E’ stato calcolato un dato medio relativo al valore della produzione di funghi e tartufi (bianchi e neri) con riferimento agli ultimi anni di disponibilita dei dati (2006-2008). Assumendo un range di evasione dell’IVA compreso tra il 70 e il 90% e adottando un’aliquota IVA del 4% si può stimare l’IVA evasa sia pari al 70-90% del valore medio dei prelievi.* laddove siano riportati 2 valori, questi sono da intendersi come gli estremi di un intervallo di riferimento. Il primo valore percentuale s’intende calcolato sul corrispondente valore monetario inferiore, mentre il secondo s’intende calcolato sul corrispondente valore monetario superiore.

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comunitarie in materia forestale, ad esempio con riferimento all’attivazione di un chiaro quadro informativo e di supporto ai fini dell’attuazione del Regolamento 995/2010 (EUTR).

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(seguono allegati)

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ALLEGATO 1Quadro della principale normativa e strumenti di programmazione regionale sulle foreste

Fonte: MIPAAF-MATTM, 2008.

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Gestione forestale (pascolo, prodotti forestali non legnosi, strade, diradamenti, conversioni, …)

Taglio ed esbosco (regolarita di contrattazione, salute e sicurezza, gestione cantieri, danni, tagli irregolari, …)

Altro (gestione incentivi e permessi, attivita venatoria specie protette, abuso edilizio in aree forestali, ecc…)

ALLEGATO 2Questionario usato nel corso delle interviste ai testimoni privilegiati

Finalità: Il Dip. TeSAF è uno dei sette partner coinvolti nel progetto europeo “SCORE: STOP CRIMES ON RENEWABLES AND ENVIRONMENT”, finanziato dal Programma “Prevenzione e lotta alla criminalità” dell’Unione Europea.Il progetto si propone di promuovere l’impegno diretto di imprese, Pubbliche Amministrazioni e società civile nel contrasto al crimine organizzato e alla illegalità, nei settori foresta/legno ed energie rinnovabili; di fornire agli attori interessati metodologie e strumenti di valutazione, controllo e prevenzione dei rischi di illegalità e di creare un network degli attori interessati per lo scambio di buone prassi e informazioni provenienti da ricerche e sperimentazioni. Il Dip. TeSAF è stato incaricato di approfondire gli aspetti specifici riguardanti i rischi di illegalità e criminalità presenti nel settore della produzione di legname di biomasse legnose a scopo energetico.L’obiettivo specifico di questa indagine è quello di integrare le informazioni sui reati già disponibili in base ai rapporti e alle BD disponibili con informazioni raccolte presso testimoni privilegiati più di tipo qualitativo: tendenza nelle attività illegali, nuovi soggetti, modalità di risposta da parte delle forze dell’ordine, delle istituzioni in genere e della società civile, carenze e iniziative che dovrebbero essere tenute in considerazione nell’azione di contrasto.

Metodo: l’indagine prende a riferimento le diverse fasi della filiera, come da schema. Area (geografica e ambito operativo)di riferimento a cui si riferisce l’intervistato:

Con riferimento alle attività illegali sopra ricordate può fornire informazioni in merito alle seguenti aspetti (è possibile fare riferimento al n. delle attività riportate nella tabella)?

I soggetti delle attività illegali (pubblici/privati, tipi di imprese – interne al settore od esterne, …):

Modalità di contrasto da parte delle forze dell’ordine (sorveglianza sul terreno, verifiche documentazione amministrativa, informatizzazione, …):

Attività illegali di maggior rilevanza

Tendenze (++,+, =, -, - -)

Diffusione(++,+, =, -, - -)

1.2.3.4.5.6.7.8.9.10.11.12.13.14.15.16.17.18.19.20.21.22.23.24.25.26.27.28.29.30.

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Ruolo delle istituzioni (Amministrazione regionale, Uffici del lavoro, Comuni, …):

I ruoli della società civile (proprietari forestali, ditte, imprese del legno, volontari, …):

Carenze e iniziative che dovrebbero essere tenute in considerazione nell’azione di contrasto:

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