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GLI ENTI LOCALI: ANALISI DELLE CAUSE DI DEFAULT
Abstract
Il presente lavoro identifica gli indicatori utili a fornire un sostegno delle banche, per valutare il
merito creditizio degli Enti Locali. L’analisi effettuata stima la probabilità di default dei comuni
italiani grazie ad un modello logit ed utilizzando indicatori finanziari, indicatori di deficitarietà e
variabili di controllo. Il campione di partenza è comprensivo di 22.072 osservazioni tra il 2008 ed il
2010: 7.453 Comuni per il 2008, 7.434 nel 2009 e 7.185 per il 2010. Sono state fatte due analisi,
una per il 2008 e una per il 2009/2010. La prima analisi ha mostrato che il disavanzo di
amministrazione e la presenza di debiti fuori bilancio, sono cause ricorrenti di default, nella seconda
analisi invece, ciò che incide maggiormente sono i residui passivi, l’esistenza di procedimenti di
esecuzione forzata e l’esistenza al 31/12 di anticipazioni di tesoreria non rimborsate.
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Introduzione
Le recenti modifiche nell’assetto istituzionale locale ed il perdurare della crisi finanziaria hanno
ridimensionato le capacità finanziarie di Comuni e Province ed hanno accresciuto l’attenzione alla
solidità finanziaria degli Enti Locali (d’ora in poi Enti). I Comuni e le Province hanno finalità e
modalità di gestione molto diverse rispetto alle aziende private, e per questo motivo, la valutazione
del rischio di credito avviene con modalità differenti rispetto al credito alle imprese private. In
conseguenza del rigore finanziario degli enti pubblici (es. Spendig Review), diventa difficile
assicurare la sostenibilità finanziaria dei servizi comunali, poiché il grado di autonomia di bilancio è
molto basso per la maggior parte dei Comuni. L’imposizione di ingenti vincoli riduce la possibilità
per gli Enti di accumulare capitale destinato alla produzione dei servizi principali a cui deve far
fronte. La valutazione della solidità finanziaria degli Enti Locali è un elemento fondamentale nei
processi di programmazione e di controllo, ai fini della trasparenza dell’azione amministrativa e
soprattutto dell’individuazione degli Enti “virtuosi” (Giannola, 2011). Le amministrazioni locali si
trovano a dover fronteggiare da un lato la crisi finanziaria e dall’altro gli obblighi vincolanti di un
Patto di stabilità che impedisce, specialmente alle amministrazioni più virtuose, di poter spendere le
proprie disponibilità di cassa. In oltre, sono venuti ad aggiungersi, gli effetti di diverse manovre
correttive che prevedono ulteriori tagli. Queste preoccupanti nuove prospettive rischiano però di
rilevarsi insostenibili per i Comuni, che si trovano costretti a gestire un’elevata pressione fiscale. In
questa situazione di difficoltà, diventa importante analizzare il livello di solidità finanziaria di un
amministrazione comunale, o provinciale, analogamente a quanto avviene per le imprese private.
Identificare le principali cause di dissesto di un Ente, è sicuramente un punto di partenza di
autovalutazione e autocorrezione, al fine di migliorare l’efficacia delle azioni da intraprendere. Il
lavoro è organizzato come segue: il primo paragrafo è dedicato all’analisi della letteratura svolta in
materia; il secondo paragrafo alla descrizione delle variabili utilizzate; il terzo, mostra i dati presi in
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considerazione per l’analisi; il quarto illustra il modello econometrico e il quinto paragrafo è
dedicato ai risultati ottenuti; infine le conclusioni.
1. Analisi della letteratura
Attualmente esiste una crescente esigenza di misurare il rischio di credito degli Enti locali come di
altri soggetti, in particolare per il momento di crisi che stiamo attraversando. Per quanto riguarda gli
Enti locali, questo è dovuto sicuramente ad un insieme di fattori: il maggior ricorso al credito e
l’incremento del rischio dovuto alla riduzione dei trasferimenti statali; l’aumento delle emissioni e
lo sviluppo di un mercato di obbligazioni degli Enti locali stessi; l’introduzione con Basilea II della
possibilità di misurare il rischio tramite modelli interni di rating. L’analisi quantitativa costituisce,
chiaramente, una parte integrante del processo, in quanto rappresenta un punto di partenza utile per
determinare il rischio di credito. I rating sono in larga parte determinati dalla valutazione qualitativa
dei fattori di rischio e delle situazioni in grado di determinare una potenziale inadempienza alle
obbligazioni finanziarie. In questa fase di difficile congiuntura economica, l’accesso al credito da
parte dei diversi soggetti è un argomento molto attuale, che costituisce un punto fondamentale e di
prioritaria importanza. In questo contesto, assume quindi maggior rilievo l’affidabilità della singola
impresa, pubblica o privata che sia. Il giudizio sull’affidabilità espresso dal rating deve essere anche
il risultato della capacità della banca di valorizzare le informazioni di natura qualitativa
dell’impresa che si possono acquisire. Padovani (2011) attraverso l’analisi comparata di dieci
indicatori di bilancio ha individuato il livello di solvibilità finanziaria di un’amministrazione
comunale. I valori dei comuni selezionati sono messi a confronto con quelli appartenenti ad un
gruppo di riferimento, sulla base della popolazione residente e poi inseriti in un sistema di rating
articolato in 11 classi di merito. Venneri (2011) utilizza un modello econometrico probit
multinomiale per determinare i principali indicatori economico-finanziari che incidono sui sub
sovereign credit rating assegnati agli Enti Locali, le cui variabili dipendenti sono rappresentate dai
long-term issuer rating assegnati da Moody’s, S&P’s e Fitch. Zucchetti (2011) utilizzando modelli
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a componenti principali e modelli a fattori, valuta e certifica le performance delle amministrazioni
pubbliche, facendo emergere i punti di forza e di debolezza delle stesse. Grazie all’impiego di tale
metodologia di aggregazione si ottengono indici derivanti da combinazioni lineari ponderate degli
indicatori di base. L’obiettivo principale di alcuni studiosi indiani (Anoop, Prasun, Vigil, 2007) è
stato quello di validare l’efficienza del modello Z-Score di Altman per la valutazione del rischio di
credito attraverso dati empirici. Essi hanno sviluppato un ulteriore modello revisionato adattandolo
poi a quello di Altman (modificando alcune variabili) ed applicandolo alle banche indiane. In
questo modo si è dedotto un’equazione di Z-Score che permettesse alle banche di predire i default
futuri e quindi prendere le necessarie precuazioni. Niklis, Doumpos e Zopounidis (2012) hanno
creato un modello di rating per il rischio di credito combinando gli approcci basati sulle opzioni di
Black, Schole e Merton con quelli basati sulla contabilità che utilizzano indicatori finanziari. Dal
punto di vista metodologico, invece di utilizzare una regressione lineare, sono state impiegate delle
tecniche di supporto vettoriale (SVMs). Cohen, Neofytou, Doumpos e Zopounidis (2011) hanno
costruito un modello per la valutazione della volatilità finanziaria dei comuni in Grecia,
distinguendo quali presentano una sana gestione finanziaria da quelli che mostrano performance
povere. La metodologia utilizzata è implementata combinando un approccio di analisi di
simulazione (stochastic multicriteria acceptability analysis) con una tecnica di disaggregazione.
Zhou (1997) sviluppa un nuovo approccio strutturale per la valutazione dei rischi di default grazie a
modelli evolutivi per la valutazione del valore delle imprese con un processo di jump-diffusion.
Sotto questo tipo di processo, un’impresa può fallire istantaneamente a causa della mancata
valutazione di un improvviso calo. Il modello mostra il tasso di recupero del valore di un’impresa in
default, in modo naturale cosi che le variazioni possano essere generate endogenamente dal modello
stesso. Resti e Omacini, mostrano come i modelli statistici possono essere utilizzati per valutare i
sistemi di rating quando i dati passati non sono disponibili in un ammontare sufficiente. Per prima
cosa si è impostato un modello binomiale per catturare le principali cause che inducono al
fallimento di un debitore, in secondo luogo hanno costruito un modello multinomiale separato per 4
clonare la sentenza emessa dagli esperti. Infine si sono messi a confronto i due modelli: il grado di
coerenza tra di loro sembra ragionevole, ma è molto lontano dall’essere perfetto. Sono analizzate le
cause principali di queste divergenze, e vengono proposti alcuni miglioramenti del processo di
rating in corso. Per sviluppare un modello di classificazione che dividesse il sistema bancario in
funzione della stabilità, Garganis, Pasiouras, Doumpos e Zopounidis (2010), hanno sviluppato un
modello che utilizzasse tecniche di decisioni multiple, che si adattano bene ai problemi di oggi. Si
sono serviti di analisi discriminanti e regressioni logistiche.
2. Le Variabili
Le variabili utilizzate è possibile suddividerle in tre categorie: indicatori finanziari, indicatori di
deficitarietà e variabili di tipo strumentale. Ognuno di queste categorie, con le proprie
caratteristiche, contribuisce a dare una quadro generale di ciò che dovrebbe esser tenuto conto nella
stima della probabilità di default di un Ente locale. Gli indicatori finanziari si riferiscono ai dati di
bilancio. La scelta è ricaduta su una serie di variabili che potessero esprimere la situazione degli
enti dal lato delle entrate e delle uscite, allo scopo di verificarne la solidità finanziaria in relazione
agli investimenti previsti e attuabili. L’analisi delle entrate di bilancio di un ente locale rappresenta
un’operazione prioritaria e fondamentale per valutare la capacità di gestione ordinaria e
straordinaria. I parametri di deficit strutturale sono dei particolari tipi di indicatori previsti
obbligatoriamente dal legislatore per tutti gli Enti locali. Lo scopo di questi indici è quello di fornire
al Ministero dell’Interno ed alle altre Istituzioni con competenza sugli enti locali, una valutazione
che rilevi il grado di solidità della situazione finanziaria dell’ente o comunque l’assenza di una
condizione di dissesto strutturale. Secondo il testo unico sull’ordinamento degli enti locali (TUOEL,
Art. 242) infatti, sono considerati in condizioni strutturalmente deficitarie gli Enti locali che
presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio, individuate dalla presenza di almeno
la metà degli indicatori con un valore dell’indice non coerente (fuori media) con il corrispondente
dato di riferimento nazionale. In relazione alla serie storica presa in considerazione va sottolineato
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che gli indicatori sono cambiati dal anno 2008 al 2009. Gli indicatori quantitativi sono stati inseriti
nel modello in quanto identificano il quadro generale del triennio esaminato, sulla base di variabili
non espressamente legate all’andamento economico finanziario dell’ente stesso.
[ Inserita Tabella 1 ]
3. I Dati
Gli anni presi in considerazione per l’analisi sono stati il 2008, il 2009 ed il 2010. I dati sono stati
forniti dal Ministero dell’Interno, in particolare dalla Direzione Centrale della Finanza Locale e dal
Dipartimento della Pubblica Sicurezza, dall’Avis e dall’Istat. Il campione di partenza è
comprensivo di 22.072 dati, suddivisi come segue:
a) 7.453 Comuni per il 2008;
b) 7.434 Comuni per il 2009;
c) 7.185 Comuni per il 2010.
I comuni in Italia, attualmente sono 8.100, ma si è deciso di escludere gli enti appartenenti alle
regioni speciali (Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta), in virtù delle loro
diverse normative. Si precisa che in fase di elaborazione non è stato possibile utilizzare tutte le voci
dell’intero campione in quanto si è riscontrata l’anomalia di alcuni dati, che sono stati quindi
scartati. Va inoltre considerato che alcuni comuni non hanno valorizzato le voci del certificato
utilizzate per l’analisi. Tale operazione non compromette le valutazioni, in quanto i dati non
risultano necessari per spiegare le cause del default dell’ente. Gli Enti Locali nel comunicare al
Ministero dell’Interno il valore degli indicatori di deficitarietà, sono tenuti ad esprimerli tramite la
seguente valutazione: NO, se hanno rispettato il limite imposto dalla legge, SI se lo hanno superato.
In questo modo la classificazione dei comuni sani da quelli a rischio default risulta immediata. Una
prima suddivisione è stata fatta dal punto di vista territoriale. Ogni comune è stato codificato in base
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alla provincia e regione di appartenenza, con indicazione anche della zona geografica: Nord, Centro
o Sud. Tenendo conto del cambiamento nel tempo degli indicatori deficitari, l’analisi si è
focalizzata su due diversi campioni: il primo relativo al 2008, il secondo invece contenente i dati
corrispondenti al 2009 ed al 2010.
4. Il Modello Econometrico
Il modello econometrico utilizzato per l’individuazione delle cause del possibile rischio default, è
stato quello di una regressione logistica. Questo tipo di modello viene utilizzato per studiare la
relazione esistente tra una variabile dipendente (y) e una o più variabili indipendenti (x). La
variabile y è una variabile le cui modalità rappresentano alternative escludibili tra loro. Si
attribuiscono valori 1 alla probabilità del verificarsi dell’evento, ed 0 alla probabilità che l’evento
non si manifesti. Tramite gli indicatori deficitari, grazie alla loro valenza biunivoca nel rispettare i
valori (NO/SI), è stata possibile la creazione di variabili Dammy: è stato attribuito un valore 0 a tutti
gli enti locali risultanti SANI (con più della metà degli indicatori rispettati), ed un valore 1 agli enti
risultanti RISCHIO DEFAULT (con più della metà degli indicatori non rispettati). Inoltre vi è stata
la creazione di un’ulteriore colonna nella quale, con lo stesso criterio, sono stati inseriti i dati degli
Enti realmente dissestati negli anni 2008, 2009 e 2010. Il loro numero è notevolmente esiguo: 29
nel 2008, 29 nel 2009 e 19 nel 2010, questo perché l’iter di risanamento è piuttosto lungo nel
tempo, e quindi avendo preso una serie storica triennale, gli stessi valori si ripetono
automaticamente. L’analisi vera e propria è composta da due Fasi. Nella Fase 1 la variabile degli
enti locali dissestati è stata utilizzata come variabile dipendente, mentre gli indicatori deficitari
(dall’1 all’8 nel 2008, e dall’1 al 10 nel 2009/2010) come variabili indipendenti. Dopo aver
individuato i valori più significativi (con il p-value inferiore allo 0,1) si è proceduto alla seconda
Fase. Nella Fase 2 le variabili risultanti significative nella Fase 1 sono divenute a loro volta
variabili dipendenti degli indicatori finanziari, in modo da mostrare quali siano i fattori di bilancio
più incidenti nel “non rispetto” dei limiti di deficitarietà, e quindi nell’aggravamento della posizione
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dell’ente che corre il rischio di un possibile default. Questa seconda fase è comprensiva di diversi
Step, ciascuno rappresentante l’indicatore di deficitarietà risulto significativo nella Fase 1. Anche
in questo caso le variabili più incidenti sono quelle con una significatività elevata (p-value inferiore
allo 0.1), che come detto, possono essere spiegazioni valide delle cause dei default.
5. I Risultati
5.1. Risultati anno 2008
Nella Fase 1 gli enti in default (variabile y) sono stati posti funzione degli indicatori di deficitarietà
(variabili x). Il numero di osservazioni rilevate è stato di 7376 con uno Pseudo pari allo 0.1912. Il
modello di regressione osservato complessivamente non è statisticamente significativo in quanto
solo il 19% degli enti dissestati è spiegato dalle variabili esplicative. Sei variabili mostrano
coefficienti statisticamente significative: ID1.1 e ID5. Al 99.9%, ID6.1 al 99% mentre ID2.1, ID3.1
e ID7.1 al 95%. Riguardo l’indicatore n. 6 c’è da aggiungere che il coefficiente rispecchia la natura
dello stesso, infatti trattandosi di entrate proprie è corretto che il valore sia negativo, in quanto al
diminuire delle entrate proprie aumenta la possibilità di default dell’ente.
[ Inserita Tabella 2 ]
Nella Fase 2, dello stesso campione, al primo step solo la variabile RCASPRES ha un potere
esplicativo statisticamente significativo sulla variabile dipendente (indicatore deficitario 1) con un
livello di confidenza del 99,9%. Per quanto riguarda le altre: ECORR e RPASS 99% mentre SPRES
95%. Altresì, anche i segni dei coefficienti rispettano i segni attesi. Al secondo step molte sono le
variabili statisticamente significative che incidono sull’indicatore deficitario 2: RCASPRES, RATT,
RPASS, FINRIC e DEBCON (99.9%) e solo ECORR significativa al 99%. Il segno dei coefficienti
non è rispettato solo dall’ultima variabile (debiti contratti), le altre variabili in base alla correlazione
con l’indicatore deficitario sono conformi alle attese. Il modello logit risulta complessivamente
significativo. Tuttavia la bontà del modello è limitata al solo 12% circa, ovvero la percentuale degli
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indicatori finanziari che riescono a spiegare l’andamento dell’indicatore deficitario. Le variabili con
un p-value significativo (99.9%), che rendono più sensibile la variazione del volume dei residui
passivi (indicatore deficitario 3), risultano essere: RCASPRES, RBIL, RATT, RPASS e DEBCON,
mentre al 95% AFIN. I segni dei coefficienti rispecchiano le attese previste tenendo in
considerazione anche la correlazione tra le varie variabili (Step 3). Solo quattro variabili su nove, al
quarto step (indicatore deficitario 4), risultano essere statisticamente significative di cui al 99.9%,
RCASPRES FINRIC DEBCON, ed al 95% SPERS. Allo step 5 il numero delle osservazioni è 7079
e lo Pseudo pari a 0.6747. In questo caso, quest’ultimo dato, ci mostra che ben il 68% circa delle
variabili considerate spiegano l’andamento dell’indicatore deficitario 6. In particolare ECORR,
RCASPRES, SPRES sono significative al 99,9%, AFIN al 99% mentre DEBCON al 90%.
Purtroppo però nessun coefficiente rispecchia i valori attesi. All’ultimo step (indicatore deficitario
7) la bontà del modello è spiegata dal 44% delle variabili statisticamente significative. Nello
specifico: ECORR, AFIN, SPERS, RBIL al 99,9% mentre SPRES al 99%. Ugualmente i
coefficienti rispecchiano le aspettative ad esclusione dell’indicatore di rigidità di bilancio.
5.2. Risultati anni 2009/2010
Nella Fase 1 del secondo campione il modello di regressione osservato complessivamente non è
statisticamente significativo in quanto solo il 15% degli enti dissestati è spiegato dalle variabili
esplicative. Solo quattro variabili su dieci mostrano coefficienti statisticamente significativi: ID4.2,
ID5.2 e ID9.2 al 99.9%, e ID7.2 al 99%. In compenso tutti i coefficienti rispecchiano i valori attesi.
[ Inserita Tabella 3 ]
La fase successiva, comprensiva anch’essa di una serie di step, riporta i seguenti risultati: Otto
variabili su dieci risultano essere statisticamente significative al 99.9%, con un p-value < 0.001,
nello specifico: ECORR, AFIN, RCASPRES, SPRES, RBIL, RPASS, FINRIC e DEBCON.
Tuttavia la bontà del modello è molto limitata , ovvero, solo il 10% circa degli indicatori finanziari
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riescono a spiegare l’andamento dell’indicatore deficitario n. 4. I coefficienti sono tutti in linea con
le aspettative tranne che RBIL e DEBCON, correlate negativamente con l’indicatore deficitario
(Step 1, indicatore deficitario 4). Le variabili con un p-value significativo, che rendono più
sensibile la variazione dei procedimenti forzati contro l’ente, risultano essere: RCASPRES, RATT,
RPASS, FINRIC, DEBCON (99,9%) e AFIN (99%). Anche in questo caso la bontà del modello è
molto limitata , ovvero, solo il 14% circa degli indicatori finanziari riescono a spiegare l’andamento
dell’indicatore deficitario n. 5. Allo stesso modo i coefficienti delle variabili RPASS e DEBCON
non corrispondo ai valori attesi, causa la correlazione negativa (Step 2, indicatore deficitario 5). Il
modello logit risulta complessivamente significativo. Sette variabili su dieci risultano essere
statisticamente significative al 99.9%, (con p-value < 0.001), nello specifico: ECORR, AFIN,
RCASPRES, SPRES, RATT, FINRIC e DEBCON. Tuttavia la bontà del modello è davvero molto
limitata , ovvero pari al 5% ma i coefficienti delle variabili significative sono tutti in linea con le
aspettative (Step 3, indicatore deficitario 7). Il modello di regressione osservato complessivamente è
statisticamente significativo in quanto il 48% circa dell’andamento dell’indicatore deficitario n. 9 è
spiegato dalle variabili esplicative congiuntamente considerate. Solo quattro variabili su dieci
mostrano coefficienti statisticamente significativi: ciascuna variabile, ECORR, AFIN, RCASPRES,
SPRES, SPERS, RATT, RPASS, è significativa al 99.9%. Tuttavia, il coefficiente della variabile
RATT non conferma il segno atteso (Step 4).
6. Le Conclusioni
Il presente studio ha mostrato quali variabili finanziarie influiscono maggiormente nel “non”
rispetto dei limiti degli indicatori di deficitarietà. Questi, a loro volta, sono alcune delle cause
principali dei dissesti degli Enti Locali. È stato necessario suddividere i dati disponibili in due
campioni, a causa del cambiamento degli indicatori deficitari, tra l’anno 2008 e l’anno 2009. Il
primo campione di riferisce all’anno 2008, il secondo invece, agli anni 2009/2010. Nel 2008 gli enti
risultanti a rischio default sono stati 20, un numero esiguo rispetto al campione di 7453 comuni, ma
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pur sempre un dato che mette in evidenza le debolezze dei nostri enti pubblici, molto spesso non
conformi nel rispetto delle leggi. Di questi 20 comuni è stato interessante analizzare nello specifico,
quali enti a livello regionale, non abbiano rispettato gli indicatori deficitari, che come descritto
pocanzi hanno contribuito al dissesto. I risultati mostrano chiaramente una forte concentrazione di
enti nella Regione Sicilia.
[ Inserita Tabella 4 ]
L’analisi per dimensione anagrafica, distinguendo i comuni in due gruppi, quelli di modesta
dimensione (inferiori a 5.000 abitanti) e quelli di ampia dimensione (maggiori di 5.000) fa emergere
che in questo anno gli enti a rischio default, appartenenti alla fascia minore, sono lo 0,15% del
gruppo, mentre quelli superiori a 5.000 abitanti sono lo 0,53% del gruppo di appartenenza. Va
inoltre considerato che gli indicatori deficitarietà nell’anno 2008 non erano più attuali perché dopo
nove anni di applicazione avevano portato a compimento l’obiettivo di stimolare gli enti verso una
gestione più conforme a questi benchmark. Negli anni 2009 e 2010, sono quindi intervenuti i nuovi
ed aggiornati parametri di deficitarietà, che hanno dato più senso a questa operazione intercettando
un maggior numero di situazioni a rischio. In quel biennio gli enti a rischio default sono 101 ed il
rapporto, tra enti sani e enti a rischio, cambia considerevolmente mostrando per i comuni con meno
di 5.000 abitanti, un valore del 1,11 % del gruppo, mentre per i comuni maggiori di 5.000 abitanti il
rapporto è dello 0,61% della fascia demografica di appartenenza. Quindi con i nuovi indicatori si
evidenzia un rischio doppio di default per i comuni piccoli. Nel biennio 2009/2010, l’analisi
territoriale evidenzia la criticità elevata nelle regioni meridionali della Campania, Calabria e Sicilia.
Tutti i comuni a rischio default hanno superato il limite del parametro 9 (le anticipazioni di tesoreria
non rimborsate al 31 dicembre superiori al 5 %) dimostrando che le difficoltà di cassa possono
essere il campanello di allarme di situazioni finanziarie e gestionali compromesse. L’esperienza che
può trarsi dall’andamento così diverso nei due periodi studiati, è che la tecnica del benchmark
risulta più efficacie a condizione che questi indicatori vengano rinnovati e modificati in un arco
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temporale ristretto. La valutazione del grado di rigidità delle risorse proprie di un ente, nonché la
flessibilità e discrezionalità delle sue decisioni di spesa, sono fonti imprescindibili per la
determinazione di possibili default, come del resto la puntualità, la completezza e l’affidabilità dei
bilanci redatti dall'ente. Per tale motivo, il sistema di valutazione proposto, come del resto quelli
adottati dalle agenzie internazionali di rating, oltre ad essere utilizzato per la valutazione degli enti
che intendono indebitarsi, potrebbe essere adoperato come uno strumento di autovalutazione e di
autocorrezione per gli enti, al fine di migliorare l’efficacia delle azioni intraprese. L’evoluzione
territoriale dello sviluppo finanziario, sebbene siano molto evidenti le differenze nelle strutture e nei
flussi finanziari, sembra confermare l’esistenza di un nesso causale tra il grado di sviluppo ed
efficienza del sistema bancario e la crescita delle economie locali. L’analisi compiuta evidenzia che
la strada intrapresa è quella giusta per individuare, nell’ambito delle ampia e diversificata platea
degli enti locali, quali indicatori possano essere quelli che pongono le basi di ulteriori
approfondimenti.
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Bibliografia
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D’Alessio L.: Le aziende pubbliche: Management, Programmazione, Controllo, Liguori Editore,
2008.
Della Rosa M.D.: Finanziare gli investimenti degli enti locali, Ipsoa, 2008.
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Azienditalia 10/2011.
Giannola: Rapporto SVIMEZ 2011.
Leonori, Ricci : Enti locali: dal bilancio al sistema di bilancio, Azienditalia n°8/2003.
Ottanelli C.: Le fonti esterne di finanziamento degli investimenti degli Enti locali, n°1, 2009
Azienditalia.
Pica F. Villani S.: Rapporto SVIMEZ 2011 sulla finanza dei comuni.
Salvemini M.T.: Il credito agli enti locali in Italia e in Europa: Cassa Depositi e Prestiti, banche
pubbliche e private, mercato finanziario, Edibank, 2002.
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Tabella 1
Gli indicatori utilizzati per l’analisi delle cause di default degli Enti Locali.
DENOMINAZIONE ACRONIMO SIGNIFICATO FONTE
INDICATORI FINANZIARI VARIABILI QUANTITATIVE
ENTRATE CORRENTI ECORR Entrate tributarie + Trasferimenti correnti + Entrate extra tributarie Ministero dell'Interno
INDICE AUTONOMIA FINANZIARIA AFIN (E.tributarie+E.extratributarie)/(E.trib.+Trasf.corr.
+Entr.extratrib) Ministero dell'Interno
INDICE (RIMBORSI ANTICIPAZIONI CASSA/SPESE RIMBORSO PRESTITI)
RCASPRES Rimborsi anticipazioni di cassa/Spese per rimborso prestiti Ministero dell'Interno
TOTALE SPESE RIMBORSI PRESTITI SPRES Somme spese per rimborsare prestiti o quote di prestiti Ministero dell'Interno
TOTALE SPESE PER PERSONALE SPERS Totale delle spese sostenute per il trattamento economico dei
dipendenti Ministero dell'Interno
INDICE RIGIDITÀ DI BILANCIO RBIL Spese per il personale/Entrate correnti Ministero dell'Interno
RESIDUI ATTIVI RATT Somme accertate ma non riscosse entro l’anno finanziario di competenza Ministero dell'Interno
RESIDUI PASSIVI RPASS Somme impegnate ma non pagate entro l’esercizio finanziario di competenza Ministero dell'Interno
FINANZIAMENTI RICEVUTI FINRIC
Debiti finanziari non assistiti da contributi statati, regionali o altri enti amministrativi pubblici, Debiti di finanziamento assistiti da Stato e/o Regioni e Debiti di finanziamento assistiti da altri enti delle amministrazioni pubbliche.
Ministero dell'Interno
DEBITI CONTRATTI DEBCON
Finanziamenti concessi dalla Cassa Depositi e Prestiti, Aziende di Credito (banche) ed Altri Finanziatori (Istituti di previdenza amministrati dal Tesoro, Istituto per il credito sportivo, Istituti speciali di credito, Istituti di assicurazione, Stato, Prestiti esteri, Prestiti obbligazionari, Altri finanziatori).
Ministero dell'Interno
INDICATORI DI DEFICITARIETA' VARIABILI DAMMY: 0 SE SI RISPETTA IL LIMITE, 1
SE NON SI RISPETTA
INDICE DEFICITARIO 1, 2008 ID1.1
Disavanzo di amministrazione complessivo superiore al 5% delle spese, desumibili dai titoli I e III della spesa, con esclusione del rimborso di anticipazioni di cassa;
Ministero dell'Interno
INDICE DEFICITARIO 2, 2008 ID2.1
Volume dei residui attivi di fine esercizio provenienti dalla gestione di competenza, con esclusione di quelli relativi all'ICI ed ai trasferimenti erariali superiori al 21% delle entrate correnti desumibili dai titoli I, II e III delle entrate correnti;
Ministero dell'Interno
INDICE DEFICITARIO 3, 2008 ID3.1
Volume dei residui passivi di fine esercizio provenienti dalla gestione di competenza delle spese correnti superiori al 27% delle spese di cui al titolo I della spesa.
Ministero dell'Interno
INDICE DEFICITARIO 4, 2008 ID4.1
Esistenza di procedimenti di esecuzione forzata nei confronti dell'ente per i quali non sia stata proposta opposizione giudiziale nelle forme consentite dalla legge.
Ministero dell'Interno
INDICE DEFICITARIO 5, 2008 ID5.1
Presenza di debiti fuori bilancio riconosciuti ai sensi dell'articolo 194 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per i quali non siano state reperite le necessarie fonti di finanziamento.
Ministero dell'Interno
INDICE DEFICITARIO 6, 2008 ID6.1
Volume complessivo delle entrate proprie, desumibili dai titoli I e III rapportato al volume complessivo delle entrate correnti, desumibili dai titoli I, II e III, inferiore.
Ministero dell'Interno
INDICE DEFICITARIO 7, 2008 ID7.1
Volume complessivo delle spese per il personale a qualunque titolo in servizio, con esclusione di quelle finanziate con entrate a specifica destinazione da parte della regione o di altri enti pubblici, rapportato al volume complessivo delle spese correnti desumibili dal titolo I, superiore al 48% per i comuni sino a 2999 abitanti, superiore al 46% per i comuni da 3000 a 59999 abitanti, superiore al 41% per i comuni da 60000 a 250000 abitanti, superiore al 44% per i comuni con oltre 250000 abitanti.
Ministero dell'Interno
INDICE DEFICITARIO 8, 2008 ID8.1 Importo complessivo degli interessi passivi sui mutui superiore al
12% delle entrate correnti. Ministero dell'Interno
INDICE DEFICITARIO 1, 2009/2010 ID1.2
Valore negativo del risultato contabile di gestione superiore in termini di valore assoluto al 5 per cento rispetto alle entrate correnti (a tali fini al risultato contabile si aggiunge l’avanzo di amministrazione utilizzato per le spese di investimento).
Ministero dell'Interno
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INDICE DEFICITARIO 2, 2009/2010 ID2.2
Volume dei residui attivi di nuova formazione provenienti dalla gestione di competenza e relative ai titoli I e III, con l’esclusione dell’addizionale Irpef, superiori al 42 per cento dei valori di accertamento delle entrate dei medesimi titoli I e III esclusi i valori dell’addizionale Irpef.
Ministero dell'Interno
INDICE DEFICITARIO 3, 2009/2010 ID3.2
Ammontare dei residui attivi di cui al titolo I e al titolo III superiore al 65 per cento (provenienti dalla gestione dei residui attivi) rapportata agli accertamenti della gestione di competenza delle entrate.
Ministero dell'Interno
INDICE DEFICITARIO 4, 2009/2010 ID4.2
Volume dei residui passivi complessivi provenienti dal titolo I superiore al 40 per cento degli impegni della medesima spesa corrente;
Ministero dell'Interno
INDICE DEFICITARIO 5, 2009/2010 ID5.2 Esistenza di procedimenti di esecuzione forzata superiore allo 0,5
per cento delle spese correnti; Ministero dell'Interno
INDICE DEFICITARIO 6, 2009/2010 ID6.2
Volume complessivo delle spese di personale a vario titolo rapportato al volume complessivo delle entrate correnti desumibili dai titoli I, II e III superiore al 40 per cento per i comuni inferiori a 5.000 abitanti, superiore al 39 per cento per i comuni da 5.000 a 29.999 abitanti e superiore al 38 per cento per i comuni oltre i 29.999 abitanti (al netto dei contributi regionali nonché di altri enti pubblici finalizzati a finanziare spese di personale).
Ministero dell'Interno
INDICE DEFICITARIO 7, 2009/2010 ID7.2
Consistenza dei debiti di finanziamento non assistiti da contribuzioni superiore al 150 per cento rispetto alle entrate correnti per gli enti che presentano un risultato contabile di gestione positivo e superiore al 120 per cento per gli enti che presentano un risultato contabile di gestione negativo (fermo restando il rispetto del limite di indebitamento di cui all’articolo 204 del TUOEL).
Ministero dell'Interno
INDICE DEFICITARIO 8, 2009/2010 ID8.2
Consistenza dei debiti fuori bilancio formatisi nel corso dell’esercizio superiore all’1 per cento rispetto ai valori di accertamento delle entrate correnti (l’indice si considera negativo ove tale soglia venga superata in tutti gli ultimi tre anni).
Ministero dell'Interno
INDICE DEFICITARIO 9, 2009/2010 ID9.2
Eventuale esistenza al 31 dicembre di anticipazioni di tesoreria non rimborsate superiori al 5 per cento rispetto alle entrate correnti.
Ministero dell'Interno
INDICE DEFICITARIO 10, 2009/2010 ID10.2
Ripiano squilibri in sede di provvedimento di salvaguardia di cui all’art. 193 del TUOEL riferito allo stesso esercizio con misure di alienazione di beni patrimoniali e/o avanzo di amministrazione superiore al 5% dei valori della spesa corrente.
Ministero dell'Interno
ENTI IN DEFAULT EIDSi tratta di un dato elaborato grazie agli indicatori di deficitarietà. Gli enti realmente dissestati negli anni 2008, 2009, 2010 vengono utilizzati per individuare le cause principali del dissesto.
Ministero dell'Interno
INDICATORI QUANTITATIVI VARIABILI QUANTITATIVE
POPOLAZIONE POP. Di rilevanza per individuare i cambiamenti negli anni presi in considerazione Ministero dell'Interno
PIL PRO-CAPITE PILAnalizzato a livello regionale e non comunale, non essendo disponibile quest’ultimo, in quanto gli Enti Locali non sono tenuti a pubblicare o calcolare il prodotto interno lordo
ISTAT
INDICE DI CRIMINALITÀ ICRIM Mostra la complessità della relazione fra particolari condizioni
socio-economiche Ministero dell'Interno
NUMERO DONATORI DI SANGUE DONS
Il maggior numero di donatori può indicare un livello maturo di coinvolgimento nelle esigenze della società e di chi ne fa parte , nonché e di partecipazione alle esigenze della collettività.
AVIS
Fonte: Elaborazione propria.
Tabella 2
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Analisi degli indicatori deficitari risultanti significativi alla
variabile enti in default nell’anno 2008.
ENTI IN DEFAULT COEFFICIENTE(β)
ID1.1 2,693 ***(0.633)
ID2.1 1,168 *(0.583)
ID3.1 1,079 *(0.425)
ID4.1 0,435 (-1,042)
ID5.1 2,399 ***(0,840)
ID6.1 -1,369 **(0,742)
ID7.1 1,591 *(0.726)
ID8.1 0
COSTANTE -7,208 (0,504)
Leggenda: * p<0,05; ** p<0,01; *** p<0,001
Fonte: Elaborazione propria
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Tabella 3
Analisi degli indicatori deficitari risultanti significativi alla variabile
enti in default negli anni 2009, 2010.
ENTI IN DEFAULT COEFFICIENTE(β)
ID1.2 0,469
(0,525)
ID2.2 0,506
(0,349)
ID3.2 0,232
(0,382)
ID4.2 1,348***
(0,351)
ID5.2 1,836***
(0,463)
ID6.2 -0,254
(0,573)
ID7.2 0,777**
(0,340)
ID8.2 -0,592
(0.6505)
ID9.2 1,379***
(0,358)
ID10.2 1,087
(0,736)
COSTANTE -7,311
(0,330)Leggenda: * p<0,05; ** p<0,01; *** p<0,001
Fonte: Elaborazione propria
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Figura 4.
Distribuzione geografica degli Enti Locali a rischio default.
2008 2009 20100
102030405060708090
100
CENTRO NORD SUD
indi
cato
ri de
ficita
ri no
n ris
pett
ati
Fonte: Elaborazione propria
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