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Lezione del 11\04\2016 Ginecologia 1° Parte Prof: Granese Patologie degli annessi fetali Gli annessi fetali sono : Placenta Cordone ombelicale Liquido amniotico Cominciamo con le patologie della placenta. La placenta deve essere valutata in base a: - morfologia - impianto - ci possono essere dei sanguinamenti, delle neoformazioni e dei tumori e possiamo avere anche delle membrane nell'inserzione del cordone o anomalie proprio del cordone come la mancanza di un'arteria ombelical. La placenta è formata da due facce. 1. FACCIA MATERNA: attaccata all'utero 2. FACCIA FETALE : che viene a contatto con il liquido amniotico e quindi col feto. Poi c'è un tessuto placentare interno che è questa parte che vedete. Per quanto riguarda forma e dimensioni della placenta,dobbiamo dire che normalmente sono normali,ma possono essere anche più piccole o più grosse. Più piccole in : - patologie della gravidanza come IUGR,patologia della crescita del feto - se ci sono delle trisomie,quindi anomalie cromosomiche - patologie dell'ipertensione,che determina anche una problematica a livello dei vasi e questo fa si che la placenta diventi un po' più piccola in quanto si formano dei piccoli trombi

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Lezione del 11\04\2016

Ginecologia

1° Parte

Prof: Granese

Patologie degli annessi fetali

Gli annessi fetali sono :

Placenta Cordone ombelicale Liquido amniotico

Cominciamo con le patologie della placenta.

La placenta deve essere valutata in base a:

- morfologia

- impianto

- ci possono essere dei sanguinamenti, delle neoformazioni e dei tumori e possiamo avere anche delle membrane nell'inserzione del cordone o anomalie proprio del cordone come la mancanza di un'arteria ombelical.

La placenta è formata da due facce.

1. FACCIA MATERNA: attaccata all'utero2. FACCIA FETALE : che viene a contatto con il liquido amniotico e quindi col feto.

Poi c'è un tessuto placentare interno che è questa parte che vedete.

Per quanto riguarda forma e dimensioni della placenta,dobbiamo dire che normalmente sono normali,ma possono essere anche più piccole o più grosse. Più piccole in :

- patologie della gravidanza come IUGR,patologia della crescita del feto

- se ci sono delle trisomie,quindi anomalie cromosomiche

- patologie dell'ipertensione,che determina anche una problematica a livello dei vasi e questo fa si che la placenta diventi un po' più piccola in quanto si formano dei piccoli trombi

- infezioni croniche e diabete severo con successive problematiche sempre vascolari.

Può essere grossa:

- in caso di diabete che si è instaurato in gravidanza,che determina macrosomia fetale e quindi una placenta più grande

- nel caso dell'idrope fetale

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Per quanto riguarda la PLACENTOMEGALIA la diagnosi la possiamo fare con :

Ecografia,misurando lo spessore della placenta. Uno spessore superiore a 4 cm ci fa pensare a una macrosomia placentare,perchè, anche se la placenta cresce durante la gravidanza,non supera mai queste dimensioni. Bisogna fare diagnosi differenziale sia con il distacco di placenta(spesso si potrebbe confondere,ma possiamo notare in questo caso una zona più disomogenea) oppure con la presenza di un mioma,che è una neoformazione e quindi si vede che rispetto al tessuto è differente, oppure con una mola vescicolare. Una corioamnionite può determinare un aumento della placenta perchè all'interno c'è un'infezione che può determinare anche la morte del feto.

Possiamo anche avere una PLACENTA MEMBRANACEA,quindi molto sottile e questo si può verificare quando ci sono aborti ripetuti oppure quando la donna ha avuto molti cesari. Può capitare che,non avendo una zona dove aumentare la vascolarizzazione,,la placenta si sviluppa in lunghezza perchè il tessuto uterino non è molto vascolarizzato,pieno di aderenze e zone fibrotiche,per cui,non trovando un buon nutrimento,aumenta le sue dimensioni. Vediamo infatti questa placenta molto sottile ma anche molto estesa.

Alla fine della gravidanza noi possiamo trovare delle CALCIFICAZIONI che sono dovute a piccoli infarti che si formano quando la placenta invecchia e il bambino deve nascere. Oppure ci possono essere delle emorragie o dei sanguinamenti per la rottura di piccoli capillari o delle vene retroplacentari. In ecografia ,quando ci sono delle calcificazioni della placenta,vediamo tutte queste zone bianche,che ci dimostrano un invecchiamento placentare.

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Abbiamo anche una patologia che riguarda l'inserzione della membrana sulla placenta, cioè una placenta CIRCUMVALLATA ,cioè una patologia in cui i margini placentari sono parzialmente ricoperti dalle membrane. Questo in ecografia lo valutiamo perchè vediamo come una zona che si può anche unire e sembra che ci sia un setto o una briglia amniotica,in realtà è una placenta circumvallata,che se parziale,non dà alcun tipo di problema,mentre se è molto circumvallata,può anche trovarsi all'interno della membrana dell'utero e determinare dei distacchi di placenta,parti pretermine e difetti di crescita. Anche in questo caso dobbiamo fare una D.D.,sempre in ecografia,con le sinechie oppure con le briglie amniotiche.

Altra cosa che dobbiamo andare a valutare è come si impianta la placenta. Di solito si impianta nel fondo e interessa parzialmente la decidua. La placenta può non impiantarsi regolarmente nell'utero ma per esempio in una zona un po' più bassa,lì dove si formerà il segmento uterino inferiore,una zona dove non c'è muscolatura,quindi se la placenta si impianta in questa parte,ogni volta che aumenta di volume, l'utero si

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può staccare e si possono avere delle perdite di sangue e questo porterà a delle problematiche a livello fetale. Si potrebbero anche avere delle emorragie massive e questo diventerebbe un'emergenza gravidica.

La PLACENTA PREVIA può essere:

Marginale: quando il bordo della placenta arriva al margine dell'orificio uterino interno Parziale:quando lo ricopre ma solo in parte Completa: la placenta si inserisce proprio in questa zona,ovviamente il feto non potrà uscire perchè

dilatandosi si avrà intanto emorragia,prima ancora che si instauri il parto e la donna si dovrà operare. Anche nella parziale il feto non potrà uscire perchè è parzialmente coperto e anche nella marginale in linea di massima si preferisce il cesareo. Comunque sia, una volta che cresce l'utero,l'emorragia fa interrompere la gravidanza prima. Se la placenta è marginale entro i 2 cm dall'orificio uterino interno, si può partorire.

Diagnosi : Ecografia transvaginale. Si visualizza il collo dell'utero e la placenta. Metrorragia perchè staccandosi i vasellini, il sangue fuoriesce all'esterno. La sintomatologia fa recare la donna dal ginecologo proprio perchè ha metrorragia. Si può parlare di placenta previa SOLO dopo la 28°- 30° settimana,quindi quando si è formato il segmento uterino inferiore,perchè questo,a volte, fa risalire la placenta e quindi quella placenta che sembrava previa,in realtà non lo è. Se è maggiore di 2 cm dall'orificio uterino interno, non impedisce il parto vaginale,se invece lo raggiunge,sia che sia parziale o centrale,il parto viene impedito. Tra 2 e 0 cm si può scegliere,può darsi che si possa anche partorire.

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Le cause di placenta previa sono :

Età materna avanzata Gravidanze multiple Precedenti placente previe Pregressi interventi sull'utero,per esempio cesari che hanno determinato cicatrici e la placenta non

riesce ad impiantarsi bene. Un taglio cesareo aumenta il rischio dello 0,6%. Più tagli cesarei,addirittura più di 4,il rischio è del 10%.

Fumo di sigaretta Raschiamenti che hanno diminuito la superficie di estensione della placenta e nell'utero non trova

spazio. Miomectomie

Il rischio di recidiva è possibile sopratutto nelle donne che hanno avuto una precedente placenta previa.

I sintomi sono :

Prima del parto possiamo avere metrorragia di sangue vivo non accompagnata da dolore,a differenza del distacco di placenta,che invece si accompagna al dolore. Nella placenta previa prima c'è il sanguinamento e poi una contrazione. Il sangue è vivo perchè non si coagula a differenza del distacco di placenta e questo perchè il sangue è vicino al canale.

Durante il parto possiamo avere metrorragia all'inizio del travaglio,nella fase in cui si dilata il canale

Diagnosi: Ecografia. Alcune volte la diagnosi si può fare anche senza sintomi durante un'ecografia di controllo. Secondo le linee guida la diagnosi è più accurata se fatta con ecografia transvaginale.

Se la pz ha avuto più cesari oltre alla placenta previa possiamo avere anche la placenta accreta,condizione molto grave in cui la placenta va oltre la decidua e quindi si impianta all'interno del miometrio. Può anche essere percreta e quindi superare il perimetrio. Nelle donne con gli stessi fattori di rischio e con più placente previe lo spessore dell'utero è tale che non riesce ad impedire il passaggio della placenta proprio all'interno e quindi aggredisce e supera l'utero e questo è un rischio perchè se la placenta non si stacca, alla volte è necessario effettuare un'isterectomia.

Diagnosi : Ecografia transvaginale con color doppler( possiamo visualizzare la vascolarizzazione della placenta e capire dove arriva il miometrio e se ci sono vasi previ) e se non siamo sicuri anche con la RM. Tutte le donne con più placente previe devono sapere che c'è il rischio che possano fare un'isterectomia post partum.

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MIGRAZIONE PLACENTARE: Se durante il secondo trimestre troviamo una placenta bassa non è detto che diventi previa perchè può migrare dopo che si sviluppa il segmento uterino inferiore. Ma se abbiamo una donna che ha subito più cesari e alla 23° settimana troviamo una placenta bassa, nel 50% dei casi rimarrà bassa.

Il problema si pone quando abbiamo metrorragie in donne che non sono arrivate ad una maturità fetale. In tal caso bisogna stabilire il trattamento in base alla settimana. Se è a termine facciamo il cesareo,altrimenti evitiamo visite ginecologiche che possano toccare la placenta (mettendo il dito nel canale possiamo staccare la placenta ) e quindi facciamo il trattamento per la maturità polmonare, in modo tale da preparare la donna al parto.

Un'altra anomalia è la PLACENTA BILOBATA O SUCCENTURIATA.

La placenta presenta o un lobo accessorio o due lobi uguali. Questo di per sè non è un problema,ma se si impianta non nel fondo ma in basso può succedere che un lobo va in una parete e un altro lobo va nell'altra per cui i vasi che li collegano si trovano davanti al canale attraverso il quale passa il bambino. La dilatazione,dunque,può far rompere i vasi e quindi rompe il nutrimento tra madre e feto,quindi metrorragie e problemi fetali di morte. A volte non sappiamo l'esistenza di un lobo accessorio quindi togliamo la placenta,lasciando il lobo accessorio. Se ne accorgerà dopo la donna stessa perchè avrà perdite di sangue. Questo è il lobo succenturiato: la placenta grande e il lobo piccolo. I collegamenti quindi ci sono. La diagnosi differenziale va fatta con una contrazione dell'utero perchè spesso la contrazione potrebbe creare un aspetto simile a una porzione di placenta.

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Altro problema potrebbe verificarsi in caso di PLACENTA ACCRETA,INCRETA E PERCRETA.

La placenta normale si trova a livello della decidua. La placenta accreta supera questo piccolo spazio,quindi diventa molto aderente ma non invade il miometrio. La placenta increta ingloba parzialmente il miometrio e quindi è molto più aderente del normale. La placenta percreta supera addirittura il miometrio,invade il perimetrio e alle volte ,se è posteriore ,invade vescica o anche retto, quindi in questo caso non solo si deve effettuare l'isterectomia,ma bisogna chiamare anche il chirurgo per valutare retto o vescica. Più facilmente possono esserci placente increte o accrete,le percrete non sono

frequenti,ma si verificano principalmente in donne con più cesari o placente previe. Si formano più facilmente nelle previe perchè in questa zona che già è sottile,quando si forma il segmento uterino inferiore, diventa più sottile e quindi invade facilmente la parete.

Con l'ecografia possiamo vedere come non ci sia più quella zona di distacco della placenta quindi è come se miometrio e placenta fossero un'unica cosa,non si riesce a visualizzare quella linea anecogena ,anche se mettiamo il doppler.

DISTACCO DI PLACENTA.

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Può essere:

Occulto : si trova in questa zona della placenta e non potendo uscire provoca innanzitutto dolore e,inoltre, questo sangue potrebbe riassorbirsi e andare a finire all'interno delle fibrocellule muscolari dell'utero e determinare l'utero di Couvelaire.

Può riguardare la zona laterale della placenta e questo è il tipico distacco che porta poi al sanguinamento,il sangue trova strada e fuoriesce lateralmente.

Il distacco può essere più grave o meno grave anche a seconda della zona del distacco. Ovviamente se il distacco è massivo, è molto più grave,ma piccoli distacchi si hanno in quasi tutte le gravidanze.

Può essere distinto anche in completo e parziale. Può essere misconosciuto in quanto si manifesta con dolore e contrazione,senza perdite di sangue

anche ecograficamente non si vede subito,per cui non si diagnostica precocemente,però poi ci possono essere conseguenze gravi e si può arrivare anche all'isterectomia . I fattori che possono determinare un distacco di placenta sono :

Ipertensione materna, perchè i picchi ipertensivi possono far staccare i vasi di collegamento tra placenta e utero

Trombobofilia e quindi l'instaurarsi di trombi all'interno dei vasi Restrizione di crescita, sempre per problematiche vascolari Traumi

Il distacco può essere di tipo 1-2-3 in base alla quantità di sangue che fuoriesce,alla presenza o meno di contrazioni più o meno dolorose (si può arrivare anche alla tetania in caso di distacco completo). In tal caso cambia anche la prognosi fetale che può essere normale oppure il feto può essere sofferente o morire in caso di distacco completo . Può anche determinare delle patologie della coagulazione fino a portare ad una coagulopatia da consumo e questo perchè diminuisce il fibrinogeno e diventa un circolo vizioso.

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UTERO DI COUVELAIRE: l'utero si ingrossa e diventa blu perchè si infarcisce di sangue . L'utero non si contrae più perchè il sangue impedisce la contrazione delle fibrocellule e rimane una metrorragia anche dopo il parto e si deve agire subito con un'isterectomia o una chiusura delle arterie.

L'incidenza del distacco è dello 0,5-1%. L'80% dei casi si verifica prima del parto e nella maggior parte dei casi abbiamo un grado 1 e un grado 2; solo nel 15% arriviamo a un grado 3.

Ecograficamente possiamo visualizzare o meno il distacco,sopratutto se si è appena verificato. Dietro la placenta si forma un coagulo,però nel 50% dei casi non riusciamo a visualizzarlo.

Successivamente al distacco visualizziamo i coaguli che possono essere isoecogeni,ipoecogeni o iperecogeni.

La D.D. in ecografia va fatta con un fibroma,un corioangioma,con una lacuna vascolare o con una contrazione.

Se c'è dolore e metrorragia e la placenta non è previa ,possiamo indirizzarci verso un distacco di placenta e in ogni caso quello che ci fa sempre pensare ad un distacco di placenta è il dolore acuto e la perdita di sangue,mentre nella placenta previa prima c'è il sanguinamento e poi eventualmente il dolore.,ma potrebbe anche non esserci se la perdita è lieve.

In caso di distacco grave bisogna subito effettuare un taglio cesareo ,ovviamente valutare se c'è un'ipotonia uterina,se si è instaurata una CID oppure se c'è un utero di Couvalaire e in questo caso spesso si deve fare un'isterectomia. Possiamo anche avere sanguinamenti causati da piccoli capillari del collo dell'utero o quando si inizia a dilatare il collo e non hanno alcun tipo di significato patologico oppure possiamo avere sanguinamenti all'interno della placenta e sono delle piccolo aree che o si tombizzano o si fermano e se usiamo il doppler possiamo notare una circolazione molto veloce e turbolenta,ma anche queste non sono patologiche se interessano una piccola parte della placenta. Anche in questo caso la D.D. va fatta con i corioangiomi e le mole vescicolari.

Ci possono essere anche altre anomalie del tessuto placentare come cisti o infarti o le mole.

Per quanto riguarda le CISTI si tratta di zone che non danno alcun tipo di problema. Possono essere subamniotiche o all'interno della placenta,ma anche queste non hanno alcun tipo di significato patologico.

Sempre con l'ecografia possiamo visualizzare degli infarti.

Possiamo avere anche dei leiomiomi a livello placentare,sono un po' vascolarizzati ma non danno alcun problema tranne che on sono leiomiomi previ che in qualche modo ostacolano la discesa della testa fetale,sopratutto se molto grossi. Nell'1% dei casi possiamo anche visualizzare dei corioangiomi,che sono dei piccoli tumori(più di 4 cm) e possono determinare sanguinamento e ritardo di crescita perchè,interessando la placenta,impediscono lo scambio feto-placentare,sequestrando il sangue al feto. Anche qui la prognosi è buona,il rischio è il parto prematuro. Possiamo visualizzare la vascolarizzazione massiva e la D.D. va fatta con il fibroma,con un ematoma retroplacentare o una lacuna vascolare,perchè hanno una truttura simile,ma se mettiamo il doppler possiamo distinguerli.

C'è da dire inoltre che anche nella placenta possono essere presenti lipomi,altra patologia benigna. Solo il corioangioma può essere più problematico perchè sequestra più sangue e può determinare problemi a livello fetale.

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MOLA VESCICOLARE

Può essere:

Vescicolare : completa o parziale Invasiva Coriocarcinoma

La mola vescicolare è una degenerazione del tessuto placentare in cui i villi proliferano e sono idropici,molto grossi e può diventare patologia neoplastica sopratutto nel caso di mola completa,che poi diventa mola invasiva.

Diagnosi: - Ecografia

- Dosaggio Beta-HCG ,più elevata del normale

- Esame istologico, ci dà la conferma, sopratutto nella mola parziale,dove si può avere il feto,a . differenza della completa dove non c'è feto.La parziale sembra un aborto, mentre la completa si . diagnostica più facilmente.

Sono più colpite le donne con basse condizioni socio-economiche.

Fattori di rischio:

fattori genetici e costituzionali che influenzano lo sviluppo di questa patologia.

Età materna,nelle donne sopra i 40 anni o sotto i 20 anni è più elevato il rischio che si sviluppi la mola

Più aborti,il rischio aumenta in relazione al numero degli aborti,anche perchè quando si ha un aborto potrebbe anche essere una mola vescicolare parziale. Bisogna stare attenti e fare dei follow up con la Beta-HCG per vedere se si azzera.

La mola ha un corredo cromosomico di 46 XX,quindi sembrerebbe normale,ma in realtà è solo di origine paterna e questo perchè abbiamo un uovo vuoto e uno spermatozoo che porta il cromosoma X che entra in

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questa cellula vuota e si duplica,quindi è vero che sono due cromosomi X,ma sono entrambi di origine paterna.

Nel caso della mola completa XY abbiamo sempre un uovo vuoto,però in questo caso entrano sia uno spermatozoo X che uno Y. Non esistono mole con patrimonio genetico YY,ci deve essere sempre un cromosoma X,indispensabile per la sopravvivenza cellulare.

Ci può anche essere una mola triploide e questo si verifica quando all'interno della cellula uovo non è scomparso il gamete femminile e quindi si uniscono uno spermatozoo e un ovocita o due spermatozoi e un ovocita,quindi può essere XXX o XXY.

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Nella mola completa sono assenti i residui embriofetali e gli annessi embrionali e quindi ci sarà una degenerazione della placenta molto più evidente e quindi ecograficamente si evidenzierà una "placentona" ma non si visualizzerà l'embrione e poi,ovviamente, la Beta-HCG sarà molto alta,perchè prodotta dai villi.

Il quadro clinico della mola è molto simile a quello della minaccia d'aborto e raramente possono esserci metastasi sia nel caso delle mole vescicolari complete che parziali (ancora più arre nelle parziali).

All'ecografia avremo un aspetto "a nido d'ape" perchè la placenta presenta come una raccolta di piccole cisti e quindi c'è un'emorragia e a livello ovarico avremo una cisti luteinica.

Nel caso della mola parziale è possibile che ci sia un "embrioncino" spesso anche vitale e se dovesse persistere il feto vivo questo potrebbe essere affetto da anomalie di organo o cromosomiche e quindi, in ogni caso, non sarebbe una gravidanza con esito positivo. Nella mola parziale spesso può anche esserci un ovulo vuoto. In questo caso i livelli di Beta-HCG sono un po' più bassi e l'ecografia può sembrare meno sospetta rispetto alla mola completa. quello che ci fa sospettare una mola è una camera molto grande in relazione a un feto molto piccolo. Molto spesso la diagnosi è istologica perchè sembra il quadro di una minaccia di aborto.

Diagnosi mola completa:

sanguinamento Crescita di trofoblasto eccessiva Utero molto grosso Beta-HCG molto alta Cisti luteinica

Diagnosi mola parziale:

Nel 94% dei casi si manifesta con un aborto L'utero non è cresciuto in maniera eccessiva, si fa l'esame istologico e si vede Quando persiste,si vede la placenta piccola e piena di cisti e il feto con idrope fetale. In seguito ad amniocentesi si mette in evidenza un problema della gravidanza

Dopo la mola è possibile che si sviluppino dei TUMORI TROFOBLASTICI GESTAZIONALI. Questo avviene nel 20%dei casi di mola completa e nel 7% dei casi di mola parziale.

In caso di mola si esegue( tutto questo quando abbiamo già diagnosticato una malattia persistente):

Emocromo Elettroliti Funzionalità epatica e

renale RX del torace Dosaggio Beta-HCG

Bisogna fare una revisione cavitaria,come in caso di

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aborto, e nel 90% si ha guarigione. Se la pz,in seguito all'esame istologico,ci fa sapere che era una mola bisogna fare un follow up diverso rispetto alla gravidanza normale. Bisogna dosare la Beta-HCG e in caso di mola completa una volta al mese per almeno un anno e, se si azzera, bisogna confermarlo con tre prelievi successivi a distanza di una settimana e poi non c'è più bisogno di far nulla. In caso di mola parziale,sopratutto se è triploide, quindi più benigna, si può fare un prelievo al mese per sei mesi;se il valore non si azzera ma tende ad aumentare,si deve proseguire il follow up per altri sei mesi o un anno. Bisogna dunque essere certi che non ci siano residui di Beta-HCG in circolo,perchè questo significherebbe la presenza in circolo di villi che poi possono dare la malattia persistente.

Le malattie del trofoblasto possono essere:

Mola invasiva : a metà tra coriocarcinoma e mola vescicolare completa. E' aggressiva solo localmente e metastatizza a distanza in maniera molto rara.

Coriocarcinoma : vero e proprio cancro della placenta perchè può determinare metastasi al polmone,vagina, fegato e reni,però si può tranquillamente trattare con la chemioterapia e quindi è importante diagnosticarlo.

Tumore del sito placentare : forma molto rara, non chemiosensibile,se diagnosticato bisogna fare l'isterectomia.

Mola invasiva e coriocarcinoma sono sensibili al methotrexate, che rappresenta la terapia di prima scelta. In base ad un punteggio che si fonda su età,Beta-HCG,diametri della camera ecc.,non valutiamo e scegliamo la dose del methotrexate. Se quest'ultimo non funziona ci sono dei farmaci alternativi.

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Altro elemento da valutare nella camera gestazionale è il liquido amniotico. Può essere diminuito o aumentato e la valutazione può essere fatta in maniera oggettiva o soggettiva.

Oggettiva: viene fatta misurando la tasca massima o si può fare anche l' AFI (Amniotic fluid index) cioè la somma delle quantità di liquido amniotico in tutti i quadranti dell'addome. Però quello che noi generalmente facciamo è valutare se la tasca massima è > 2 o < 8. - Se > 2 cm è un oligoidramnios ,che può essere idiopatico (molto raro) o secondario. Per esempio se la gravidanza è oltre il termine e la placenta non produce più liquido oppure in caso di rottura delle membrane. E' anche possibile che ci sia un problema genito-urinario ( più urinario) del feto e quindi bisogna visualizzare la vescica e in reni oppure anche in caso di difetti di crescita. Se c'è un oligoidramnios noi stimoliamo la donna a partorire. - Se < 8 cm è un polidramnios. Se non c'è nessuna causa la prognosi è buona,però spesso è associato a un diabete e macrosomia o idrope fetale. Questo può causare una rottura delle membrane e quindi un parto pretermine.

Cordone ombelicale , che normalmente ha tre vasi: due arterie e una vena e la gelatina di Wharton che lo ricopre. Quello che dobbiamo valutare è l'inserzione del cordone sulla placenta. Può essere

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Velamentosa,se si inserisce sulle membrane Centrale,come dovrebbe

essere normalmente Eccentrica

Possono esserci dei problemi,sopratutto per l'inserzione velamentosa perchè può ritrovarsi davanti all'orificio uterino interno e noi non ce ne accorgiamo. Per quanto riguarda quella eccentrica è un'inserzione un po' più laterale. Non succede nulla di particolare se l'inserzione è lontana dall'orificio uterino interno. L'inserzione velamentosa potrebbe portare ai vasi previ e se non mettiamo il doppler non ce ne accorgiamo. Quando il feto si incanala potrebbe provocare la rottura delle connessioni e quindi la morte del feto. I vasi previ sono vasi presenti davanti all'orificio uterino interno e possono essere di tipo 1 e di tipo 2:

1. Quando c'è un'inserzione velamentosa del cordone,quindi placenta normale e vasi previ.2. Si verificano in caso di placenta bilobata o con un lobo accessorio ( placenta succenturiata) e quindi

i vasi decorrono tra due lobi.In questo caso non si può partorire perchè,se si rompono,il feto non ha più nutrimento e muore.

Diagnosi: Ecografia e doppler. Bisogna fare la D.D. con vasi uterini e vasi di placenta previa. Con il doppler possiamo valutare se sono vasi del cordone ombelicale o della placenta.

Possiamo avere anche CISTI del cordone ombelicale. Anche se fanno spaventare,non sono patologiche,sono cisti semplici e hanno una buona prognosi. Bisogna differenziarle dall'ematoma del cordone ombelicale o dall'aneurisma dell'arteria ombelicale.

Altra anomalia è L'ARTERIA OMBELICALE UNICA,quindi l'assenza di un'arteria

ombelicale. Vari studi hanno dimostrato che,se è isolata,quindi non associata ad anomalie di altri organi, non succede nulla e non bisogna fare nemmeno l'amniocentesi ( teoricamente potrebbero sviluppare un difetto di

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crescita ma quasi mai si hanno problemi). Si visualizza ecograficamente. La sx è quella più frequentemente mancante. Se l'assenza si associa ad altre anomalie dobbiamo fare l'amniocentesi e uno screening per valutare il corredo cromosomico perchè c'è un rischio di anomalie fetali molto alto.

Possiamo avere anche GIRI DI CORDONE che però spesso non si vedono. C'è in quasi tutte le gravidanze ma non danno problemi. Spesso però porta ad effettuare un cesareo non necessario perchè si altera il tracciato cardiaco. Possono essere di tipo A e di tipo B oppure possono essere attorno al collo,a bandoliere o attorno al piede. Il nodo vero,invece, è più rischioso e può provocare la morte fetale, se non è molto stretto il sangue passa,ma se molto stretto abbiamo un ostruzione. Spesso in questo caso possiamo anche avere delle alterazione flussimetriche e ciò porta a fare un cesareo.

2° PARTE

Prof: Triolo

CARCINOMA DELLA VULVA

Non è una neoplasia molto frequente,abbiamo 1 caso su 100.000 donne l'anno. In genere sono donne con un'età superiore ai 65 anni. Rappresenta il 5% delle neoplasie dell'apparato genitale. Nella maggior parte dei casi si tratta,dal punto di vista istologico, di un carcinoma squamoso.

La diagnosi è spesso tardiva e qui viene difficile da comprendere ,anche per noi ginecologi,perchè il carcinoma della vulva non è una neoplasia che insorge dall'oggi al domani,ma sia la neoplasia sia le lesioni che la precedono, hanno un'evoluzione molto lenta, per cui spesso all'anamnesi risulta che le pazienti si portano dietro queste lesioni e la sintomatologia da parecchi anni.

In questi ultimi anni,però,si sta notando un aumento dell'incidenza di questa neoplasia in donne più giovani,intorno alla terza-quinta decade di vita e adesso vedremo le motivazioni.

La localizzazione è prevalentemente a livello delle grandi labbra,mentre le piccole labbra sono meno interessate. Altre localizzazioni possono essere il clitoride e le ghiandole di Bartolini. Possiamo anche avere delle localizzazioni multifocali e queste sono le condizioni per lo più legate ad agenti specifici,che determinano una sorta di insemenzamento,per lo più per contatto, ad esempio tra un piccolo labbro e l'altro,che,essendo giustapposti,fanno si che la lesione si impianti nella sede di contatto.

Le forme preneoplastiche,che possono progredire per diversi anni,sono rappresentate da:

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Lichen Sclerosus ,che può essere confuso con lesioni tipiche dell'atrofia post-menopausale,che insorge in genere tra la sesta e la settima decade di vita.

Lichen Planus Neoplasie intraepiteliali vulvari (VIN) ,che sono delle forme preneoplastiche vere e proprie,delle

forme in situ. Queste lesioni la paziente se le porta dietro per diversi anni.

E' importante valutare l'evoluzione della patologia,non soltanto la tipologia dell'evoluzione stessa,ma anche l'invasione stromale (in genere inferiore a 1 mm) e non si associa a rischio di localizzazione linfonodale,perchè la via di diffusione si verifica attraverso la via linfonodale (?).Questo è importante per l'approccio terapeutico. Le prime stazioni linfonodali che vengono coinvolte sono quelle inguinali e il salto della stazione linfonodale è una evenienza del tutto eccezionale. In prima istanza però la neoplasia diffonde localmente, a seconda di dove inizia. Può infatti coinvolgere uretra,vagina e in qualche caso anche il perineo,specie se inizia nei distretti posteriori. Nelle fasi più avanzate può andare a coinvolgere anche il retto e le ossa pelviche,ma queste sono condizioni che,per fortuna,osserviamo sempre più raramente. Le metastasi a distanza per via ematica sono molto rare e tardive.

Diametri e localizzazioni della neoplasia condizionano il trattamento e la prognosi. Indici prognostici possono essere:

Margini di resezione indenni. Numero e tipo di metastasi linfonodali Grading Infiltrazione dei piani profondi Aploidia cellulare Indici di proliferazione Espressione di oncogeni e geni oncosoppressori Eventuale presenza di un'infezione di HPV. Ultimamente si sta delineando sempre più la

convinzione che, anche alla base del meccanismo patogenetico del carcinoma della vulva, abbiamo un'infezione di HPV. Più precoce è l'infezione,più precoce può essere l'insorgenza del carcinoma,ecco perchè ultimamente lo riscontriamo in donne più giovani.

La stadiazione ci interessa relativamente,ma è molto importante. Valutiamo il diametro della neoplasia,la profondità di invasione,l'interessamento linfonodale e le metastasi a distanza.

Sintomatologia: è un aspetto importante perchè spesso il sintomo non viene preso in considerazione e sopportato per lunghi periodi di tempo.

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Il sintomo più importante,più frequente e più fastidioso è rappresentato dal prurito a livello vulvare. Quindi pazienti anziani, per motivi psicologici o per vergogna, non manifestano questa loro sintomatologia nemmeno nell'ambito familiare e lo fanno solo quando si rende evidente la lesione.

Comparsa di una tumefazione Dolore Sanguinamento,sopratutto nelle forme avanzate. Spesso il sanguinamento può essere determinato

dalle lesioni di grattamento.

Diagnosi: Innanzitutto si basa sull'ispezione. Possiamo vedere una neoformazione nodulare,poi anche una superficie irregolare e fortemente polipoide. Possiamo avere delle aree di indurimento e rugosità. Altre volte possiamo avere delle forme ulcerate, si possono sviluppare lesioni crateriformi ricoperte da tessuto satinoso e necreotico, con aloni di infiltrazione attorno. Possiamo avere fissità ai piani profondi e in qualche caso la neoplasia può coinvolgere il clitoride,in questo caso spesso è anche coinvolta l'uretra e la porzione vaginale. L'estensione verso il basso può portare al coinvolgimento della cute perianale e a volte anche al coinvolgimento dello sfintere anale. Ovviamente per raggiungere questi stadi la neoplasia può impiegare anche diversi anni.

La diagnosi principalmente va fatta con la biopsia e abbiamo diversi mezzi a disposizione.

Escissione con bisturi a freddo,previa somministrazione locale con anestetico Keyes punch,strumento adatto a fare una biopsia vulvare. Si tratta di un tubicino fortemente

tagliente che va appoggiato sulla superficie,si effettua una rotazione e questo ci consente di asportare un cilindro di tessuto fino in profondità.

Anse diatermiche che ci consento di circoscrivere la lezione e di asportarla.

Il vantaggio delle prime tipologie di biopsia è che i margini non sono alterati perchè si tratta di escissione a freddo, mentre per quanto riguarda l'escissione con ansa diatermica, in questo caso abbiamo un danneggiamento dei margini per l'azione termica che non consente all'anatomopatologo di stabilire se sono indenni o meno dalla lesione.

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Dal punto di vista antomopatologico possiamo avere:

VIN (Neoplasie intraepiteliali vulvari). Distinguiamo una forma classica, che possiamo riscontrare anche in donne giovani e con scarsa tendenza invasiva, e una forma differenziata, che possiamo riscontrare in donne più anziane ,preceduta da dermatosi croniche. Fattori concomitanti possono essere o il diabete o infezioni sovrapposte,che possono fare ascrivere a queste lesioni stesse il sintomo del prurito, piuttosto che al processo neoplastico in evoluzione. Spesso queste dermatosi vanno a determinare dei processi di tipo distrofico,come il lichen sclerosus,che riscontriamo in età avanzata.

Forme invasive,come il carcinoma squamoso a grandi cellule,che osserviamo nelle donne in età avanzata,lichen correlato e poi la forma basaloide,che ritroviamo nelle donne più giovani e che sono HPV correlate. Anche le forme a cavolfiore le ritroviamo nelle donne giovani e la caratteristica della crescita di queste neoformazioni è proprio la correlazione con HPV. Il carcinoma verrucoso lo osserviamo nelle donne che hanno una età ancora più avanzata (80-90 anni) e si manifesta con forme simili ai condilomi giganti che si osservano nelle donne più giovani e nelle quali esiste la correlazione con HPV. Sono caratterizzate dal fatto che hanno un basso rischio di invasione linfonodale e un alto rischio di recidiva locale. Altra forma è l'adenocarcinoma vulvare che origina dalla ghiandola di Bartolini oppure dalle ghiandole vulvari minori come le ghiandole di Skene.

Queste sono alcune forme che possiamo osservare. Forme esofitiche e ulcerate.

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Terapia: Nelle forme in situ attuiamo una terapia di attesa,sopratutto nelle donne giovani o in gravidanza oppure in caso di lesioni simil condilomatose in quanto si tratta di lesioni ad eziologia virale,quindi, se regredisce l'infezione,la lesione può anche regredire spontaneamente. In alcuni casi possiamo attuare un trattamento escissionale e in questo caso è opportuno asportare la lesione sopratutto se sussiste una

vicinanza con vagina o orifizio anale. Per queste lesioni è stato proposto un trattamento medico a base di farmaci immunomodulatori,che vengono somministrati localmente e permettono di ottenere la remissione senza intervento chirurgico,in modo da evitare,sopratutto nei soggetti giovani,probabili esiti cicatriziali. La terapia delle forme più avanzate è essenzialmente chirurgica e consiste nella vulvectomia che può essere totale o settoriale a seconda delle dimensioni della lesione. Se la lesione è limitata si può effettuare una tumorectomia,quindi una semplice escissione della sola lesione,senza asportare la vulva. Può essere accompagnata dalla linfoadenectomia inguino-femorale sopratutto se,istologicamente, è stata accertata un'invasione stromale superiore a 1 mm,se invece l'invasione è inferiore a 1 mm ci si può astenere dalla linfoadenectomia che comunque è un intervento abbastanza indaginoso,che può portare anche a delle complicanze nel post-operatorio. E' opportuno accertarsi che la lesione venga asportata completamente con margini indenni di malattia superiori a 1 cm. In passato si faceva un'incisione a farfalla (incisione di Way),che comportava un'ampia escissione del tessuto cutaneo per poter effettuare in blocco sia l'esportazione del tumore vulvare che dei linfonodi inguinali,però l'ampia soluzione di continuo faceva si che questa,nonostante la sutura,andasse incontro a deiescenza e infezioni e molto spesso guarivano per seconda intenzione impiegando anche settimane e mesi . Tra l'altro consideriamo che le infezioni frequenti,data anche la vicinanza con vagina e ano,sopratutto nelle persone anziane,potevano determinare addirittura l'exitus. Oggi come oggi,invece,proprio per evitare l'impatto chirurgico,viene

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effetuata la vulvectomia e poi l'incisione dei linfonodi viene effettuata separatamente. La linfoadenectomia può essere:

Monolaterale,se la lesione si trova tutta da una parte Bilaterale,se la lesione si trova al centro, in basso o in alto,in corrispondenza del clitoride.

La linfoadenectomia è importante per aumentare la sopravvivenza post intervento.

Negli stadi più avanzati possiamo procedere con terapie integrate per esempio Radiochemioterapia neoadiuvante,quindi effettuata prima della chirurgia,sopratutto quando ci troviamo di fronte a lesioni particolarmente voluminose per cui bisogna attuare degli interventi distruttivi che richiedono l'aiuto del chirurgo plastico (innesti e trasposizione di lembi cutanei). In questi casi infatti con la radiochemioterapia neoadiuvante si riesce a ridurre queste masse e l'intervento chirurgico può essere meno distruttivo.

CARCINOMA DELL'OVAIO

Importante anche nell'ambito della diagnosi differenziale. E' una neoplasia che molto spesso ha un'insorgenza asintomatica e un'evoluzione lenta. Frequentemente la sintomatologia,se presente, può essere misconosciuta o addebitata a tante altre patologie pelviche e addominali extraginecologiche,per cui diagnosi e trattamento possono essere abbastanza tardivi. Rappresenta il 90% dei tumori della gonade femminili ed è la più comune causa di morte per neoplasie ginecologiche,anche perchè tuttora nel 70% dei casi, la diagnosi viene fatta in stadi avanzati. Soltanto in pochi casi occasionali,magari eseguendo un'ecografia per altri motivi,può capitare di fare una diagnosi abbastanza precoce e quindi di poter intervenire. L'incidenza nel nostro paese è di 14 casi su 100.000 donne l'anno e un altro aspetto molto importante è rappresentato dalla familiarità,correlata alla mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2, come nel tumore della mammella .Dal punto di vista eziopatogenetico abbiamo infatti una forma genetica, che possiamo ritrovare nel contesto della sindrome di Lynch 2,dovuta a una mutazione di geni che codificano per enzimi preposti alla riparazione del DNA e in questo caso possiamo ritrovare associate anche altre neoplasie in altri distretti. Un'altra condizione simile è la Sindrome di Li- Fraumeni dovuta alla mutazione del gene TP53,molto importante per la regolazione degli oncogeni.

Sono stati avanzati alcuni assunti che ritengono che la neoplasia ovarica possa essere determinata dall'ovulazione ininterrotta,cioè dal menarca fino alla menopausa, e quindi vi sono dei soggetti più predisposti,perchè un eccesso di questi meccanismi determina una continua rottura del follicolo,poi l'invaginazione dell'epitelio,determina la formazione di cisti inclusionali che hanno un'elevata tendenza ad andare incontro ad una trasformazione neoplastica.

Fattori protettivi,che ci permettono di mettere in atto una serie di condizioni che favoriscono la prevenzione,sono:

Gravidanze multiple,quindi lunghi periodi di assenza di ovulazione. Allattamento al seno,perchè prolunga il periodo dell'amenorrea. Trattamento contraccettivo con estro-progestinici, che, oltre alla contraccezione in sè,determina anche una protezione,ormai ampiamente

riconosciuta da diversi studi,nei confronti del carcinoma ovarico,in quanto blocca l'ovulazione.

Queste condizioni determinano un blocco dell'ovulazione,una riduzione dei livelli di gonadotropine circolanti e una ridotta stimolazione dell'ovaio.

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Al contrario i fattori di rischio sono:

Menarca precoce,l'età del menarca infatti si è abbassata drasticamente dai 15 ai 10 anni. Nulliparità,oggi sono sempre di più le donne che non hanno gravidanze o ne hanno pochissime.

L'indice di riproduzione nel nostro paese,infatti, è di 1.2. Menopausa tardiva Induttori dell'ovulazione. In conseguenza del fatto che la gravidanza viene affrontata in età

molto avanzata,ci possono essere problemi di fertilità ed è sempre maggiore il numero di donne che si sottopongono a tecniche di fecondazione assistita che prevedono l'induzione di ovulazioni multiple,mediante terapia farmacologica,in modo tale da ottenere più ovociti da fertilizzare in vitro e reimpiantarli successivamente. Stanno infatti sorgendo i primi dubbi riguardo la correlazione tra queste terapie e l'insorgenza del carcinoma stesso.

Sintomatologia: è estremamente vaga e subdola. Talvolta può anche essere assente finché il carcinoma non raggiunge gli stadi avanzati.I sintomi che riscontriamo sono:

Aumento del volume addominale,che la donna nota per un fattore pratico,perchè per esempio non riesce più ad abbottonare i pantaloni

Senso di pesantezza Tensione a livello pelvico e addominale Irregolarità dell'alvo,in quanto,sviluppandosi a livello del cavo del Douglas, molto spesso le

formazioni neoplastiche vanno a comprimere retto e sigma,interferendo con il transito del materiale fecale. Possiamo avere a volte stipsi e a volte diarrea

Pollachiuria, se la massa neoplastica va ad interferire con il riempimento vescicale

Diagnosi: A differenza di altre neoplasie farmacologiche,l'ovaio,sia per dimensioni e forma,che per la sua locazione,non è accessibile dall'esterno come per la patologia vulvare o per il tumore del collo dell'utero,la cui incidenza è stata abbattuta grazie alla campagna di screening mediante citologia vaginale,oppure lo stesso endometrio,accessibile grazie all'isteroscopia. Questo comporta che la diagnosi precoce può essere fatta solo ed esclusivamente con l'ecografia e da operatori esperti,quindi essendo una metodica non invasiva,ma indaginosa, è impensabile una campagna di screening di massa per tale neoplasia. Quindi ecografia trans-addominale o ,ancor meglio, trans-vaginale,associata a ecodoppler e dosaggio del CA 125, ha una sensibilità molto elevata e permette eventualmente una diagnosi precoce. Per quanto riguarda la diagnosi clinica si ricercano metastasi linfonodali superficiali inguinali(più vicine) e sovraclaveari,versamento peritoneale e pleurico(in alcune forme),edemi agli arti inferiori (ma già siamo in stadi avanzati). Con la visita ginecologica soltanto in alcuni casi è possibile apprezzare queste formazioni a livello ovarico, a maggior ragione se ci troviamo di fronte a pazienti con un pannicolo adiposo abbastanza rappresentato o addirittura obese. Palpazione e percussione sono utili soprattutto negli stadi avanzati,quando abbiamo ascite e coinvolgimento dell'omento con formazione di cotenne neoplastiche.

Difficile è anche la diagnosi differenziale sia con altre condizioni patologiche,sia con condizioni parafisiologiche che con condizioni del tutto benigne.

Dislocazione del cieco,che si ritrova vicino agli annessi di dx,per esempio per esiti cicatriziali da pregressa appendicectomia

Dolicosigma,cioè un'ansa del sigma che scende giù e va ad adagiarsi in corrispondenza del cavo del Douglas,simulando una massa pelvica.

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Globo vescicale Gravidanza con mola vescicolare Raccolta di pus o sangue dentro l'utero che ne aumenta il volume Ascesso appendicolare Cisti paraovarica,patologia del tutto benigna Utero bicorne gravido Fibromi uterini peduncolati Gravidanza tubarica Fecaloma Carcinoma del retto Diverticolite Rene pelvico

Anni fa ci capitò un caso,che poi presentammo,in cui un carcinoma ovarico si presentò come una tumefazione inguinale che venne scambiata per un'ernia,in realtà era un linfonodo metastatico da neoplasia sconosciuta. TAC e altre indagini erano negative,ma dopo due anni questa paziente sviluppò un carcinoma ovarico.

Diagnostica per immagini: utilizziamo l'ecografia trans-addominale e trans-vaginale,supportata dal colordoppler,che consente di individuare degli elementi di sospetto,per esempio la presenza di una formazione cistica multilobulata,con aree solide miste ad aree liquide, oppure sempre una formazione cistica ,ma unilobulata e con una vegetazione all'interno oppure ancora una formazione complessa con setti irregolari. Il doppler può inoltre mostrare la ricca vascolarizzazione. In alcuni casi possiamo effettuare una TC e una RM ma queste non sono indagini di prima istanza,quanto più che altro di supporto per la stadiazione e quindi per mettere in evidenza metastasi linfonodali e altre localizzazioni a livello addominale alto ,che non riusciamo ammettere in evidenza con l'ecografia. In qualche caso può anche essere utilizzata la PET,tenendo presente che questa indagine può darci dei falsi positivi,sopratutto in pre-menopausa, dove patologie infiammatorie possono simulare un processo neoplastico. Può essere evntualmente indicata in casi asintomatici,in quelle pazienti in cui non si riscontra una massa neoplastica,però facendo il dosaggio di alcuni marker ,come il CA125, questo risulta elevato.

Diagnostica di laboratorio: utilizziamo marker come il CA125 che è il più importante,anche se sappiamo che non è patognomonico per le neoplasie ovariche. Troveremo dei valori superiori a 35 U/ml nell'80% dei carcinomi non mucinosi ,nel 50% degli stati iniziali,nel 90 % delle forme avanzate. Questo marker può essere elevato anche in altre neoplasie ginecologiche,come endometrio e tuba, o in altre neoplasie non ginecologiche,come quelle dl distretto bilio-pancreatico e del colon-retto. L'importanza di questo marker non è tanto diagnostica,proprio perchè abbiamo visto che può essere appannaggio di altre

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neoplasie, quanto più che altro nel follow up,quindi nel post operatorio ci permette di cogliere la comparsa di eventuali recidive in base all'andamento dei valori. Potrebbe essere elevato anche in patologie non neoplastiche,come neoformazioni ovariche benigne,cisti endometriosiche ,nella PID,nelle gravidanze o anche in caso di flusso mestruale. La differenza è che in queste condizioni raramente il CA125 supera il valore di 80 U/ml. Altri markers sono:

- CA 19-9,che riscontriamo maggiormente nelle forme mucinose

- CEA nel 60% dei casi lo ritroviamo nel tipo mucinoso

- Alfa-fetoproteina che si riscontra elevata sopratutto nei tumori del seno endodermico.

Trattamento chirurgico: Oggi disponiamo di una tecnica che è la laparoscopia. In prima istanza si può iniziare con un approccio laparoscopico ed eventualmente asportare la cisti,avendo cura di non romperla, e inviarla all'anatomopatologo. Se la risposta è positiva per neoplasia, si converte la laparoscopia in laparotomia. L'accesso laparotomico è spesso un'incisione abbastanza estesa,xifo-pubica,perchè bisogna andare ad effettuare i vari tempi previsti sia per la stadiazione ,che per cercare di ottenere al massimo livello l'asportazione della massa

neopalstica. E' importante un lavaggio peritoneale per individuare eventuali cellule libere,anche in caso di formazioni apparentemente capsulate. Bisogna evitare rotture o spilling (nelle forme con componente liquida) delle cisti in modo da evitare il versamento di piccole quantità di liquido,che contiene cellule neplastiche, nel cavo peritoneale e quindi l'insemenzamento e le recidive. L'esame istologico estemporaneo ha una certa importanza perchè ci permette di avere contezza del tipo

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istologico della neoplasia e dell'aspetto macroscopico,quindi dimensione , forma , consistenza,caratteristiche.

Il trattamento chirurgico prevede l'isterectomia totale con annessectomia bilaterale,omentectomia intracolica,sopratutto se ci sono lesioni macroscopiche. Nelle forme mucinose è importante l'asportazione dell'appendice. E' poi necessario un'accurata esplorazione della cavità addomino-pelvica

con biopsia di ogni lesione sospetta. Se ci sono lesioni microscopiche si fanno delle biopsie random a livello del peritoneo,del cavo del Douglas e delle docce parieto-coliche e vanno effettuate anche delle biopsie a carico dei linfonodi pelvici e lomboaortici. Importante è anche la chirurgia citoriduttiva, il cosiddetto debulking, cioè cercare di asportare quanto più possibile le masse neoplastiche,quindi non lasciare tracce visibili e macroscopiche di patologia neoplastica o quantomeno che non sia superiore a

1 cm. In alcuni casi sono necessari degli interventi accessori che magari possono coinvolgere anche il chirurgo,per esempio si potrebbe effettuare una splenectomia,resezioni intestinali,interventi demolitivi che possono riguardare anche il colon. Se c'è una condizione molto avanzata e non è possibile un debulking completo,bisogna rassegnarsi e optare per un trattamento chemioterapico.

Negli stadi avanzati infatti si fa una chirurgia citoriduttiva primaria e si fanno sei cicli di chemioterapia con platino. Poi si fa la cosiddetta chirugia di intervallo ,dopo tre cicli di chemioterapia

neoadiuvante e dopo altri tre cicli di chemio.

Un'altra tappa fondamentale è il cosiddetto "second look" che si utilizza in caso di pazienti inseriti in studi controllati (La chirurgia di "second look" viene talvolta

realizzata a trattamento ultimato, dopo un primo intervento chirurgico e la somministrazione della chemioterapia per valutare l'effetto delle prime fasi del trattamento e determinare il da farsi. Approccio ormai sistematico da alcuni anni, questo tipo d'intervento viene proposto da alcuni staff medici o nell'ambito dei protocolli di ricerca. Si tratta di norma di un intervento chirurgico più semplice mirante a realizzare delle biopsie in dati punti. I risultati dell'approccio chirurgico “second look” integreranno gli esami realizzati a fine trattamento per valutare la qualità del recupero e l'utilità o meno di proseguire e modificare la chemioterapia. FONTE: Internet).

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In alcuni casi si può prendere in considerazione la radioterapia,ma ha un'efficacia limitata. Viene utilizzata in alcuni casi a scopo adiuvante,sopratutto nelle neoplasie in stadio precoce e ad alto rischio,oppure come terapia di consolidamento nelle malattie in stadi avanzati. Può essere effettuata la radioterapia di salvataggio in caso di recidive isolate.

Un altro approccio è rappresentato dalla chemioterapia intraperitoneale in cui si infonde direttamente nel peritoneo il chemioterapico e in questo caso vengono raggiunte delle concentrazioni più elevate rispetto alla via endovenosa. La sopravvivenza è maggiore.

La chemioipertermia intraperitoneale è stata proposta solo in alcuni casi. Oltre all'infusione dell'antiblastico a livello intraperitoneale,si serve di una tecnica che prevede di aumentare la temperatura,in modo da associare l'effetto termico all'effetto del farmaco stesso

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Per il follow up è fondamentale l'esame obiettivo generale e il follow up del CA125. Se c'è un sospetto di ripresa di malattia,il protocollo prevede l'esecuzione di ecografia,TAC, RM o PET (a seconda dei casi),per cercare di individuare le recidive e mettere in moto la strategia tarapeutica.

E' importante che il carcinoma ovarico,proprio per la sua complessità,venga affrontato esclusivamente in quei centri altamente specializzati,dove è possibile di disporre di tutti i supporti.

Francesca Galletta