quattrogenerazioni.files.wordpress.com€¦  · Web viewJohn Steinbeck. Furore. 1939 Negli anni...

34
John Steinbeck Furore 1939 Negli anni '30, imperversò nelle pianure centrali degli Stati Uniti, un fenomeno climatico, chiamato dust bowl, caratterizzato da violentissime tempeste di polvere, tali da sommergere campi e abitazioni, causate probabilmente dall'eccessivo sfruttamento dei terreni e dalla monocoltura. Nello stesso tempo, la piccola proprietà contadina tendeva a scomparire, sopraffatta dalla speculazione delle banche e del grande capitalismo, che attraverso la coltivazione meccanizzata di immensi latifondi, rendeva impossibile la vita alle famiglie contadine tradizionali. Il romanzo di Steinbeck The Grapes of Wrath ha inizio proprio con la descrizione dei due fenomeni, quello climatico del dust bowl e quello sociale ed economico del latifondismo capitalistico. In questo quadro è narrata la vicenda della famiglia Joad che, costretta dalla siccità e dalla miseria, abbandona l'Oklahoma per tentare la fortuna all'Ovest. A bordo di un malandato autocarro, come migliaia di altri contadini costretti all'emigrazione, le 12 persone che compongono la famiglia Jaod più l'amico Casy si incamminano lungo la route 66, la strada che attraversa gli USA da Chicago alla California, dopo aver letto un volantino secondo il quale si cercano molti lavoratori nei frutteti californiani. A compiere il viaggio sono tre generazioni: i vecchi nonni paterni; la madre, che è il centro morale e affettivo e il punto di riferimento di tutto il gruppo; le deboli figure maschili del padre e dello zio; la giovane sposa Rosa Tea, in attesa di un bambino, e suo marito; Tom, da poco uscito dal carcere per aver compiuto un omicidio non intenzionale; altri quattro fratelli; e infine Casy, un ex-predicatore in crisi di fede e spesso assorto nelle sue meditazioni sulla condizione umana. Lungo l'estenuante viaggio, il gruppo si assottiglia: muoiono i nonni e si allontanano uno dei fratelli, il marito di Rosa Tea e Casy. Per gli otto rimasti, la felicità di essere giunti nella sognata California dura poco: non è il paese che avevano sognato, il lavoro è scarso e mal pagato, gli abitanti autoctoni sono ostili verso i nuovi arrivati. In una sorta di frutteto-lager, Tom ritrova ritrova Casy che, resosi conto delle condizioni di disumano sfruttamento dei lavoratori immigrati, si è dedicato a organizzare uno sciopero. La polizia californiana, impegnata nella repressione di ogni rivendicazione sindacale, lo ricerca come sovversivo e quando Casy viene rintracciato, un poliziotto lo uccide. Tom, presente al fatto, a sua volta uccide il poliziotto assassino, ed è costretto a fuggire. Al momento di separarsi dalla madre, manifesta il suo intento di continuare l'opera di Casy per la difesa dei diritti degli oppressi. Intanto i Joad continuano la loro lotta per la sopravvivenza. Durante le torrenziali piogge autunnali, Rosa Tea partorisce un bimbo morto. Il romanzo termina con un'immagine che richiama la leggenda classica nota come “pietà romana”: Rosa Tea che offre il suo latte a un uomo che sta per morire di fame. Un'osservazione va fatta sul titolo. The Grapes of Wrath significa letteralmente “i grappoli dell'ira”, ed è una citazione dell'Apocalisse (14,18-20), all'immagine della vendemmia e della pigiatura dell'uva che rappresenta l'ira di Dio sulle ingiustizie del mondo. L'idea di un'imminente resa dei conti, in cui l'esorbitanza dell'ingiustizia provocherà la violenta rivolta degli sfruttati, percorre il romanzo dall'inizio alla fine, senza però che l'attesa apocalittica/rivoluzionaria prenda realmente forma. Il titolo dell'edizione italiana, Furore, esprime solo in minima parte lo spessore del titolo originale. V [La banca e la trattrice. Mostri senza volto che divorano la terra] I latifondisti arrivavano sul posto, o più spesso i loro rappresentanti. Arrivavano in macchina, e saggiavano con le dita la terra arida, e qualche volta facevano eseguire dei sondaggi in profondità. I mezzadri, sulle aie assolate, stavano inquieti a seguire con gli occhi le vetture fare il giro degli appezzamenti. E finito il giro i latifondisti, o i loro rappresentanti, venivano sull’aia e senza scendere dalle vetture parlavano ai mezzadri attraverso il finestrino. Per qualche tempo i mezzadri restavano in piedi al fianco delle vetture, poi s’accoccolavano per

Transcript of quattrogenerazioni.files.wordpress.com€¦  · Web viewJohn Steinbeck. Furore. 1939 Negli anni...

John Steinbeck

Furore1939

Negli anni '30, imperversò nelle pianure centrali degli Stati Uniti, un fenomeno climatico, chiamato dust bowl, caratterizzato da violentissime tempeste di polvere, tali da sommergere campi e abitazioni, causate probabilmente dall'eccessivo sfruttamento dei terreni e dalla monocoltura. Nello stesso tempo, la piccola proprietà contadina tendeva a scomparire, sopraffatta dalla speculazione delle banche e del grande capitalismo, che attraverso la coltivazione meccanizzata di immensi latifondi, rendeva impossibile la vita alle famiglie contadine tradizionali. Il romanzo di Steinbeck The Grapes of Wrath ha inizio proprio con la descrizione dei due fenomeni, quello climatico del dust bowl e quello sociale ed economico del latifondismo capitalistico.

In questo quadro è narrata la vicenda della famiglia Joad che, costretta dalla siccità e dalla miseria, abbandona l'Oklahoma per tentare la fortuna all'Ovest. A bordo di un malandato autocarro, come migliaia di altri contadini costretti all'emigrazione, le 12 persone che compongono la famiglia Jaod più l'amico Casy si incamminano lungo la route 66, la strada che attraversa gli USA da Chicago alla California, dopo aver letto un volantino secondo il quale si cercano molti lavoratori nei frutteti californiani. A compiere il viaggio sono tre generazioni: i vecchi nonni paterni; la madre, che è il centro morale e affettivo e il punto di riferimento di tutto il gruppo; le deboli figure maschili del padre e dello zio; la giovane sposa Rosa Tea, in attesa di un bambino, e suo marito; Tom, da poco uscito dal carcere per aver compiuto un omicidio non intenzionale; altri quattro fratelli; e infine Casy, un ex-predicatore in crisi di fede e spesso assorto nelle sue meditazioni sulla condizione umana.

Lungo l'estenuante viaggio, il gruppo si assottiglia: muoiono i nonni e si allontanano uno dei fratelli, il marito di Rosa Tea e Casy. Per gli otto rimasti, la felicità di essere giunti nella sognata California dura poco: non è il paese che avevano sognato, il lavoro è scarso e mal pagato, gli abitanti autoctoni sono ostili verso i nuovi arrivati.

In una sorta di frutteto-lager, Tom ritrova ritrova Casy che, resosi conto delle condizioni di disumano sfruttamento dei lavoratori immigrati, si è dedicato a organizzare uno sciopero. La polizia californiana, impegnata nella repressione di ogni rivendicazione sindacale, lo ricerca come sovversivo e quando Casy viene rintracciato, un poliziotto lo uccide. Tom, presente al fatto, a sua volta uccide il poliziotto assassino, ed è costretto a fuggire. Al momento di separarsi dalla madre, manifesta il suo intento di continuare l'opera di Casy per la difesa dei diritti degli oppressi.

Intanto i Joad continuano la loro lotta per la sopravvivenza. Durante le torrenziali piogge autunnali, Rosa Tea partorisce un bimbo morto. Il romanzo termina con un'immagine che richiama la leggenda classica nota come “pietà romana”: Rosa Tea che offre il suo latte a un uomo che sta per morire di fame.

Un'osservazione va fatta sul titolo. The Grapes of Wrath significa letteralmente “i

grappoli dell'ira”, ed è una citazione dell'Apocalisse (14,18-20), all'immagine della vendemmia e della pigiatura dell'uva che rappresenta l'ira di Dio sulle ingiustizie del mondo. L'idea di un'imminente resa dei conti, in cui l'esorbitanza dell'ingiustizia provocherà la violenta rivolta degli sfruttati, percorre il romanzo dall'inizio alla fine, senza però che l'attesa apocalittica/rivoluzionaria prenda realmente forma. Il titolo dell'edizione italiana, Furore, esprime solo in minima parte lo spessore del titolo originale.

V [La banca e la trattrice. Mostri senza volto che divorano la terra]

I latifondisti arrivavano sul posto, o più spesso i loro rappresentanti. Arrivavano in macchina, e saggiavano con le dita la terra arida, e qualche volta facevano eseguire dei sondaggi in profondità. I mezzadri, sulle aie assolate, stavano inquieti a seguire con gli occhi le vetture fare il giro degli appezzamenti. E finito il giro i latifondisti, o i loro rappresentanti, venivano sull’aia e senza scendere dalle vetture parlavano ai mezzadri attraverso il finestrino. Per qualche tempo i mezzadri restavano in piedi al fianco delle vetture, poi s’accoccolavano per terra, e cercavano dei fuscelli per disegnare figure nella polvere.

Sulle soglie dei casolari le donne s’affacciavano a guardare, e dietro di loro i bambini: teste bionde, occhi dilatati, piedi nudi l’uno accavallato sull’altro, le dita nervosamente agitate dalla curiosità. Donne e bambini guardavano il capofamiglia conferire col latifondista. Immobili, silenziosi.

Taluno dei rappresentanti si mostrava umano perché odiava la parte ch’era costretto a recitare, e taluno era irritato di dover mostrarsi disumano, e taluno si mostrava freddo e insensibile perché da tempo aveva imparato che il padrone, per essere tale, deve necessariamente mostrarsi insensibile. E nel loro intimo tutti quanti si riconoscevano, a malincuore, strumenti d’una forza inesorabile. Alcuni di essi detestavano le cifre che li costringevano ad agire così, altri le temevano, altri ancora le veneravano perché offrivano loro un rifugio contro la ragione e il sentimento. Se il proprietario della terra era una banca, o una società fìnanziaria, i rappresentanti dicevano: La Banca (o la Società) intende... vuole... ha bisogno... esige... quasi che la Banca o la Società fosse un essere mostruoso, dotato di intelletto e sentimento, che li tenesse prigionieri tra i suoi tentacoli. Né s’assumevano alcuna responsabilità in nome della banca o della società, in quanto essi si ritenevano esseri umani e schiavi, laddove le banche erano al tempo stesso macchine e padroni. Alcuni rappresentanti erano orgogliosi d’essere schiavi di così possenti e inesorabili padroni. Sedevano sui cuscini della vettura e

spiegavano: Lo sapete anche voi che la terra è povera. Dio solo sa quanto lavoro e sudore ci avete sprecato su.

I mezzadri accoccolati annuivano, sconcertati, e disegnavano figure nella polvere. Sì, lo sappiamo, Dio lo sa. Se solo la polvere non se ne volasse via, se solo la pianta resistesse radicata nel terreno, la situazione potrebbe essere diversa.

I rappresentanti insistevano nel loro punto di vista: Sapete anche voi che la terra diventa sempre più povera. Sapete anche voi cosa fa il cotone alla terra: la impoverisce, ne succhia tutto il sangue.

Gli uomini accoccolati annuivano: Lo sappiamo, Dio lo sa. Se solo ci fosse consentita la rotazione delle colture, si potrebbe infonderle sangue nuovo.

Già, ma è troppo tardi. E i rappresentanti illustravano le necessità e il modo di ragionare del mostro che era più forte di loro. Se uno riesce a provvedere al suo sostentamento e a pagare le tasse, può conservarla, la terra, certo che può.

Sì, ma se un anno manca il raccolto, la banca deve venirci in aiuto, coi prestiti.Oh, ma la banca o la società non può, diamine! Non è una creatura che respira

aria, che mangia polenta. Respira dividendi, mangia interessi. Senza dividendi, senza interessi, muore, come morireste voi senz’aria o senza polenta. È triste, ma è proprio così.

Gli uomini accoccolati alzavano gli occhi cercando di capire. Ma se ci lasciano stare, forse l’anno venturo avremo un buon raccolto. Dio sa quanto cotone l’anno venturo. Con tutte queste guerre, Dio sa come andrà su il prezzo. Non fanno gli esplosivi col cotone? Non fanno le uniformi dei soldati? Combinateci delle guerre, e vedrete come va su il cotone. L’anno venturo, forse. Guardavano in su, con occhi pieni di speranza.

Eh, ma non si può contare sulle guerre. La banca... il mostro ha bisogno di dividendi costanti, non può aspettare, altrimenti va a rotoli. No, le tasse vanno pagate. Se il mostro cessa di crescere, è perduto. Non può fermarsi.

E bianche morbide dita cominciavano a picchiettare sul riquadro del finestrino, e dure dita callose serravan più stretti i fuscelli irrequieti. Sulle soglie dei casolari assolati le donne sospiravano, poi cambiavano posizione ai piedi e l’agitazione dei pollici ora denotava apprensione. S’avvicinavano, guardinghi, i cani a fiutare la vettura e bagnavano i quattro pneumatici l’uno dopo l’altro. Razzolavano le galline nell’aia soleggiata e s’arruffavano le penne per infiltrarsi la polvere fin sulla pelle. Nei porcili grugnivano i maiali levando il muso, come a reclamare, dagli avanzi melmosi della brodaglia.

Gli uomini accoccolati riabbassavano gli occhi. E cosa volete che facciamo? Non possiamo rinunziare a una parte del raccolto, siamo già mezzi morti di fame. I piccoli non hanno abbastanza da mangiare. Siamo coperti di stracci. Se non fossimo tutti nelle stesse condizioni, avremmo vergogna di farci vedere in chiesa.

E alla fine i rappresentanti venivano al dunque. La mezzadria era un sistema

che non funzionava più. Un uomo solo, sulla trattrice, ora sostituisce dodici, quattordici famiglie. Gli si dà un salario e si prende tutto il raccolto. Non c’è scampo. È doloroso, ma è così. Il mostro è malato: qualcosa gli è accaduto.

Ma a furia di cotone la fate morire, la terra.Lo sappiamo, ma prima che muoia vogliamo tutto il cotone che può darci. Poi

la venderemo. C’è un mucchio di famiglie, nell’Est, che non sognano altro che comprare un pezzo di terra.

I mezzadri alzavano gli occhi, pieni di spavento. E noialtri? Come si mangia?Eh, a voi non resta che andarvene altrove. Viene la trattrice.Ed ora gli uomini accoccolati si rizzavano in piedi, furenti. Ma questa terra l’ha

presa mio nonno agli indiani, rischiando la pelle. E mio padre c’è nato e l’ha lavorata, lottando da disperato contro i serpenti e le erbacce. È venuto un anno cattivo e ha dovuto ipotecare. E noialtri siamo tutti nati qui. Ecco là i nostri bambini... anche loro sono nati qui. Anche allora, quando mio padre ha fatto l’ipoteca, anche allora il padrone era la banca, ma ci ha lasciati stare, e ci spettava un tanto su ogni prodotto.

Tutto questo lo sappiamo, ma non siamo noi, è la banca. Una banca non è mica un uomo. E neanche è un uomo il padrone di cinquantamila acri. Non è altro che il mostro.

Va bene, gridavano i mezzadri, ma la terra è nostra. L’abbiamo misurata noi, dissodata noi. Siamo nati qui, qui ci hanno ucciso, qui siamo morti. Anche se non è buona, è nostra lo stesso. È l’esserci nati, l’averla lavorata, l’esserci morti, che la fa nostra. È questo che ce ne dà il possesso, e non una carta con dei numeri sopra.

È doloroso, ma noi non c’entriamo. È il mostro. La banca non è un essere umano.

Va bene, ma è una società di esseri umani.Niente affatto. Questo è il vostro errore. La banca è qualcosa di diverso da un

essere umano. Capita che chiunque faccia parte di una banca non approvi l’operato della banca, eppure la banca lo fa lo stesso. Vi ripeto che la banca è qualcosa di più di un essere umano. È il mostro. L’hanno fatta degli uomini, questo sì, ma gli uomini non la possono tenere sotto controllo.

I mezzadri gridavano. Per avere la terra mio nonno s’è battuto con gli indiani, mio padre s’è battuto coi serpenti, a noialtri ci toccherà di batterci contro le banche, che son peggio degli indiani e dei serpenti. Vuol dire che ci batteremo, per tenerci la nostra terra, come han fatto i nostri nonni e i nostri padri.

E adesso i rappresentanti montavano in collera. Dovete andarvene.Ma è nostra, urlavano i mezzadri. Noi...No, è della banca, è del mostro. Dovete andarvene.E se prendiamo i fucili, come il nonno quando vennero gli indiani? E allora?

In questo caso l’avrete a che fare con lo sceriffo, prima, e poi con la truppa. Non capite che, se v’ostinate a restare, contravvenite alla legge sulla proprietà, e che se fate uso delle armi siete dei delinquenti?

Il mostro non è un essere umano, ma può servirsi degli uomini per ottenere quello che vuole.

E se andiamo via, dove andiamo? Come andiamo? Non abbiamo un centesimo.

È doloroso, dicevano i rappresentanti, ma la banca, il padrone di cinquantamila acri, non è responsabile di questa situazione. Voialtri vi trovate su terreni che non vi appartengono. Fuori di qui, in un altro stato, adesso che viene l'autunno potete mettervi a coglier cotone. Potete magari ottenere il sussidio. Perché non andate in California? Là hanno bisogno di manodopera, il clima è ottimo, non fa mai freddo, basta allungare il braccio per cogliere un'arancia, c'è ogni sorta di lavoro; perché non ve ne andate là?

E i rappresentanti mettevano in moto e ripartivano.E i mezzadri s'accoccolavano di nuovo a disegnare figure nella polvere, a

calcolare, a considerare la situazione, brusche le facce abbronzate, minacciosi gli occhi riarsi dal sole. Dalle soglie dei casolari le donne si facevano avanti timorose verso i mariti, seguite dai bambini anch'essi timorosi e pronti a scappare al primo allarme. I ragazzi più alti s'accoccolavano vicino al padre, per sentirsi adulti. E dopo un poco le donne domandavano: Cosa voleva?

E i capifamiglia guardavano su per un attimo, con gli occhi dell'afflizione. S'ha da far fagotto. Viene la trattrice, e un sovrintendente, come nelle fabbriche.

E dove andremo? domandavano le donne.Non lo sappiamo. Non lo sappiamo.E le donne rincasavano in fretta e in silenzio, spingendosi innanzi i bambini.

Sapevano che l'uomo, in tale stato di preoccupazione e di angustia, può facilmente montare in collera e prendersela anche coi suoi. Lasciavano i mariti soli a calcolare e deliberare nella polvere.

Di lì a poco forse gli uomini si guardavano attorno: guardavano la pompa, inaugurata dieci anni prima, col glicine in fiore attorcigliato attorno al collo d'oca, guardavano il ceppo di legno sul quale eran stati scannati i polli a centinaia, guardavano l'aratro a mano nel locale degli attrezzi, guardavano la culla appesa alla trave lì dentro.

Nelle case i bambini facevano ressa attorno alle madri. Cosa andiamo a fare, mamma? Dove andiamo?

Non sappiamo ancora, rispondevano le donne, andate fuori a giocare, ma non andate vicino al babbo, potrebbe picchiarvi se gli andate d'intorno. E le donne tornavano alle loro faccende, lanciando continue occhiate ansiose agli uomini accoccolati nella polvere, preoccupati e intenti e pensierosi.

E arrivarono le trattrici. Strariparono dalle strade, invasero i campi, penetrarono dappertutto, strisciando come dinosauri dotati dell’incredibile forza degli insetti. Trattrici Diesel, frementi anche da ferme, tonanti in partenza, rombanti in azione. Mostri dal grifo appuntito che procedevano in linea retta sui loro cingoli entro nuvole di polvere, grufolando inesorabili, superando palizzate, cortili, avvallamenti, squarciando la terra, insinuandosi sotto gli atrii delle case coloniche, dissodando le aie, scalando ripe, abbattendo cinte, ignorando ogni ostacolo.

Sul suo sedile di ferro il conducente non aveva aspetto umano. Inguantato, occhialuto, mascherati il naso e la bocca contro la polvere, era parte integrante del mostro, era un fantoccio meccanico. Lo strepitio dei cilindri echeggiava su tutta la contrada, divenne un elemento come l’aria o la terra, e l’aria e la terra e lo strepitio sussultavano all’unisono sotto le identiche vibrazioni. Il conducente non poteva impedire al mostro di avanzare e retrocedere in linea retta per la campagna e di travolgere nella sua marcia dozzine di fattorie. Azionando leve e comandi si sarebbe potuto deviarlo, ma il conducente non poteva perché un altro mostro, il mostro che aveva costruito la trattrice, che l’aveva inviato sul posto s’era immesso nelle mani, nel cervello, nei muscoli del conducente, lo teneva imbrigliato e imbavagliato… imbrigliata la mente, imbavagliata la bocca, imbrigliate le sue facoltà di percezione, soffocata ogni sua voce di protesta. Non poteva vedere la campagna così com’era, né assaporare l’odore genuino della terra, né calpestarne le zolle, né sentirne il calore e la forza. Sedeva su uno sgabello di ferro e premeva pedali di ferro. Non poteva apprezzare né comprimere, o maledire o incoraggiare il proprio potere nei confronti della terra e di conseguenza era incapace di provare gioia o tormento, furore o sollievo. Non conosceva la terra, non era sua, non aveva fede in lei, non la supplicava. Se un granello di seme non germinava, egli non se ne dava pensiero. Se i teneri sprocchi appassivano nella siccità o affogavano sotto la pioggia, egli rimaneva indifferente, come la trattrice.

Non amava la terra, non più di quanto l’amasse la banca; ma non amava nemmeno la trattrice. Si contentava di ammirarne le superfici lucenti, la potenza, il rombo dei suoi cilindri detonanti. A rimorchio rotavano i lucidi dischi che vivisezionavano la terra: non più col faticoso lavoro dell’aratro, ma con la fredda opera d’un chirurgo la terra smossa s’ammucchiava da un lato mentre il secondo ordine di dischi la incideva e l’ammucchiava dall’altro; rilucevano le lame taglienti per il costante lustramento della terra. E dietro ai dischi gli erpici rastrellavano le zolle con denti di ferro. E dietro agli erpici le lunghe seminatrici – dodici ferrei membri eretti – violentavano la terra, stuprando meccanicamente, sputando il seme. Il conducente sul suo sgabello di ferro s’inorgogliva dell’impeccabile dirittura dei solchi che non tracciava lui, della trattrice che non

era sua e ch’egli non amava, della potenza di cui si sapeva schiavo. E s’arrivava alla maturazione e alla mietitura senza che nessun essere umano avesse sbriciolato con le mani le tiepide zolle o setacciato la terra tra le dita, senza che nessuno avesse toccato il seme o ne avesse spiato con ansia la crescita. Gli uomini mangiavano ciò che essi non avevano coltivato, più nessun vincolo li legava al proprio cibo. La terra s’apriva sotto il ferro e sotto il ferro gradatamente inaridiva: nessuno c’era più ad amarla o a odiarla, nessuno più la supplicava o malediva.

A mezzodì il conducente fermava la trattrice talora nei pressi d'una cascina e apriva il pacco della colazione: sandwich ravvolti in carta oleata, pane bianco, carne in scatola, sottaceti, formaggini, una fetta di torta marchiata come il pezzo di ricambio d'una macchina. Mangiava senza gustare il cibo. E i mezzadri che non si decidevano a far fagotto venivano fuori a guardarlo mentre si levava gli occhiali e la maschera che lasciavano impronte curiose attorno ai suoi occhi e al naso e alla bocca. Il tubo di scappamento della trattrice continuava a spetezzare, perché il prezzo della benzina era così basso che risultava più economico lasciare acceso il motore, anziché spegnerlo e poi doverlo scaldare di nuovo per riavviarlo. La curiosità sospingeva soprattutto i bambini, coperti di stracci, col pezzo di polenta in mano.

Osservavano con dilatati occhi famelici il graduale apparire, fuor dalla carta oliata, dalla stagnola e dalle scatole di latta, dei prelibati cibi che costituivano la refezione del fantoccio meccanico convertitosi in uomo di carne e d'ossa. Non gli rivolgevano la parola. Guardavano la sua mano portare il cibo alla bocca. Non lo osservavano masticare; i loro occhi seguivano la mano che teneva il sandwich. Dopo un poco il mezzadro s'avvicinava anche lui, e s'accoccolava nell'ombra gettata dalla trattrice.

"To', sei il figlio di Joe Davis, vero?" "Sì," annuiva il conducente."E com'è che ti sei messo a fare questo lavoro, a danno dei tuoi?""Tre dollari al giorno. Non ne potevo più, sgobbare tutto il giorno per un tozzo

di pane. Ho moglie e bambini e si deve pur mangiare. Tre dollari al giorno, e tutti i giorni... "

"Già, ma pei tuoi tre dollari al giorno quindici o venti famiglie non hanno neppure il pane. Un centinaio di persone sul lastrico, vagabonde, pei tuoi tre dollari al giorno. Ti pare giusto?"

"Come posso pensare agli altri! Io penso ai bambini miei. Tre dollari al giorno, tutti i giorni. I tempi cambiano, caro, voi non ve n'accorgete? La terra non rende più al giorno d'oggi, a meno che se n'abbia duemila, cinquemila, diecimila acri, e la trattrice. Ai pesci piccoli come noi non rende più. Non vi dà retta nessuno, oggi, se non siete un industriale d'automobili o la società telefonica. Eh, oggi è così, non c'è niente da fare. Provate anche voi a fare tre dollari al giorno, in qualche altro

posto. È l'unica.""È proprio buffo," rifletteva il mezzadro. "Se uno possiede un pezzettino di

terra, egli è tutt'uno con la sua terra, ne è parte integrante. Se la terra che possiede può girarsela tutta e toccarla e causargli preoccupazioni se il tempo si mette al brutto e farlo felice quando arriva la pioggia, pure egli è tutt'uno con la sua terra e insomma si sente un signore per il fatto che quella terra è sua. E anche se l'annata non è buona, si sente un signore lo stesso. È così."

"Ma prendete ora," proseguiva il mezzadro, "uno che abbia una proprietà che non vede neanche, o perché non riesce a trovare il tempo di andarla a vedere o perché non può andarci a risiedere, ecco che allora quell'uomo è schiavo della sua proprietà. Non può fare né pensare quello che vorrebbe. La proprietà è il vero padrone, è più forte dell'uomo. E lui si sente un poveraccio, non un signore. Solo i suoi possedimenti sono importanti mentre lui ne è solo lo schiavo. Non è vero anche questo?"

Il conducente scartocciava i formaggini, buttava via la stagnola e continuava a mangiucchiare. "Son cambiati i tempi, non lo vedete? A ragionar così, i marmocchi restano a pancia vuota. Fatevi i vostri tre dollari al giorno, e pensate a sfamare i bambini vostri. Quelli degli altri non vi riguardano. Continuate pure a ragionare così e vedrete che non li farete mai tre dollari al giorno. Non troverete nessuno che ve li darà, fintanto che continuerete a preoccuparvi di tutto fuorché di quei tre dollari al giorno."

"Un centinaio di creature sul lastrico pei tuoi tre dollari al giorno. Ma mi dici dove s'ha da andare?"

"Ora che mi viene in mente," diceva il conducente, "sbrigatevi a sgombrare, sapete. Oggi stesso comincio a passarvi sull'aia."

"Il pozzo me l'hai già distrutto stamattina.""Eh, lo so; dovevo tener la linea retta. E per la stessa ragione oggi devo

passarvi sull'aia. Bisogna andare diritti. Oh, sentite, visto che conoscete Joe Davis, il mio vecchio, ho l'ordine, se ho da fare con una famiglia che non vuol sgombrare, ho l'ordine di non aver riguardi nemmeno per la casa, v' avverto. Son baracche di legno che basta toccarle, con la trattrice, per mandarle all'aria. Ci danno perfino un premio, in questi casi: due dollari di supplemento. Dei miei bambini, il più piccolo non ha ancora mai posseduto un paio di scarpe."

"La casa? Ma l'ho fabbricata io con le mie mani. lo l'ho costruita, usando dei vecchi chiodi per fissare le tavole, legando i travetti alle longherine con del fil di ferro da imballaggio. E mia. Provati a toccarla... Sto dietro alle finestre col fucile. Fa' tanto di avvicinarti e t ammazzo come un cane."

"Ma non son io, io non posso far niente, io perdo il posto se non eseguo gli ordini. Del resto, cosa credete di risolvere ammazzando me? Vi impiccheranno, certo, ma prima ancora d'impiccarvi ne manderanno un altro qui, con la trattrice, a

buttarvi giù la casa. Come vedete, è inutile ammazzare me.""Vedo," mormorava il mezzadro. "Ma questi ordini chi te li dà? Vuol dire che

andrò a scovare lui. E lui che ammazzo.""Non volete proprio capire: anche lui riceve degli ordini dalla banca. La banca

gli dice: Sbatti fuori quella gente o ci rimetti il posto.""Ma ci sarà pure un presidente, una direzione; io prendo il fucile e vado alla

banca a fare una carneficina."Diceva il conducente: "Anche la banca, da quello che so io, riceve ordini,

dall'Est. Gli ordini dicono: O ci mostrate degli utili, o vi mettiamo in liquidazione."

"Da chi si deve andare allora? Ci sarà pure un responsabile da far fuori. Io non ho nessuna intenzione di crepare di fame senza ammazzare chi mi assassina."

"Non so cosa dirvi. Forse non esiste un responsabile da poter far fuori. Forse non ci sono neppure degli uomini a capo della faccenda. Probabile che, come dite voi, responsabile di tutto è la proprietà. Comunque, io v'ho detto i miei ordini."

"Devo pensarci," diceva il mezzadro, "tutti noi dobbiamo pensarci. Ci dev'essere un modo per risolvere questa faccenda! Non è come il fulmine, come il terremoto; è un sistema che l'ha fatto qualcuno, degli uomini come me e te, e dunque si può trovare il modo di correggerlo..." Il conducente faceva rombare il motore e partiva lasciando l'uomo accoccolato al sole. I cingoli si snodavano e scorrevano, gli erpici raschiavano il terreno e gli spunzoni della seminatrice slittavano per terra. La trattrice procedeva per l'aia coi dischi taglienti e la terra dura, battuta, si trasformava in terreno da semina. Avanti e indietro marciava la trattrice finché l'aia era ridotta a una striscia di tre metri. Di nuovo indietro e lo sperone di ferro urtava contro lo spigolo della baracca e la parete crollava e tutta quanta la baracca, divelta dalle fondamenta, rovinava al suolo, disintegrata. E il conducente portava gli occhiali e la maschera che gli proteggeva il naso e la bocca. La trattrice procedeva oltre in linea retta e l'aria e la terra vibravano all'unisono col suo ruggito. Il mezzadro, col fucile impugnato, la moglie al fianco e i bambini silenziosi dietro, osservavano immobili l'opera della trattrice.

XII [Route 66, la strada madre]L'arteria 661 è il grande itinerario dei popoli nomadi. Infinito nastro d'asfalto

gettato sul continente per allacciare regioni grigie e regioni rosse, si adatta a tutte

1 La route 66, inaugurata nel 1926, era una strada nazionale (highway) lunga oltre 3700 km, che collegava Chicago (Illinois) con Santa Monica, sulla costa della California. Durante gli anni del dust bowl fu percorsa da decine di migliaia di americani degli Stati centrali (Oklahoma, Missouri, Kansas) diretti verso l'Ovest.

le pieghe del terreno, serpeggia su pei fianchi delle catene montane, valica i crinali e si precipita in basso nel terribile deserto, divora il deserto e si lancia all'assalto di altre montagne, le conquista e irrompe nelle ricche vallate della California.

L'arteria 66 è il calvario dei popoli in fuga, di gente che migra per salvarsi dalla polvere e dall'isterilimento della terra, dal rombo della trattrice e dall'avarizia dei latifondisti, dai venti devastatori che nascono nel Texas e dalle inondazioni che invece d'arricchire il suolo lo defraudano della poca ricchezza che ancora possiede. Son questi i malanni che i nomadi fuggono confluendo da ogni dove per strade secondarie e tratturi e sentieri sull'arteria 66, la strada maestra, la direttrice di fuga2.

Clarksville, Ozark, Van Buren e Forth Smith, e qui finisce l'Arkansas. Tulsa, McAlester, Wichita Falls, Enid, Edmond, McLoud, Purcell, Oklahoma City, El Reno, Clinton, Hydro, Elk City e Texola, e qui finisce l'Oklahoma. Shamrock, McLean, Conway, Amarillo la gialla, Wildorado, Vega e Boise, e qui finisce il Texas. Tucumcari, Santa Rosa, Albuquerque dove immette la strada di Santa Fe, e sul Rio Grande Los Lunas, e di nuovo a ponente Gallup, e qui finisce il Nuovo Messico.

Ed ecco le montagne gigantesche. Holbrook, Winslow, Flagstaff sull'altopiano dell'Arizona, Ashfork, Kingman, dove l'acqua si trasporta a braccia e si vende, poi le verdi sponde del Colorado, e qui finisce l'Arizona. L'altra sponda è già California al cui confine s'incontra la graziosa cittadina di Needles, sul fiume. Ma il fiume è ostile, in queste zone. Da Needles ha inizio una distesa assolata, ed ecco il deserto, il deserto rosseggiante di bagliori lontani e disseminato di gigantesche scure rupi, che la 66 divora fino a raggiungere Barstow, per poi scavalcare serpeggiando altre montagne, oneste, su su fino al passo che s'apre inatteso e mostra, sotto, le valli benedette, cosparse di orti di vigne e di casette bianche e, all'estremo orizzonte, una città. Grazie a Dio il viaggio è finito!

I profughi sciamavano sulla 66 in automobili isolate, talora, ma più spesso raggruppate in carovane. Durante il giorno intero rotolavano adagio, e a sera sostavano vicino all'acqua. Durante il giorno interi radiatori sconquassati eruttavano getti di vapore, e bielle matte martellavano e ponzavano instancabilmente. E i conducenti degli autocarri e delle vetture sovraccariche ascoltavano intenti e pieni di apprensione i rumori sospetti. Che distanza di qui all'abitato? Nei tratti lunghi tra un luogo abitato e un altro imperava il terrore. Se capita un guasto? Be', se capita un guasto si fa tappa dove si è, e Jim fa una corsa fin nel più vicino luogo abitato e torna col pezzo di ricambio... ma da mangiare ce n'è? Per quanti giorni?

2 Il testo originale dice: mother road, road of flight, via madre, via di fuga. In seguito alla diffusione del romanzo di Steinbeck, la definizione della route 66 come “mother road” è divenuta proverbiale e tuttora usata negli Stati Uniti.

Orecchio al motore. Orecchio alle ruote. Ma ascoltare oltre che con gli orecchi, con le mani sul volante, ascoltare con la palma posata sulla leva del cambio, e con le piante dei piedi che premono i pedali. Con tutti i sensi vigilare: un mutamento di tono, una variazione di ritmo può significare, quanto? tre giorni, una settimana, forse più, di sosta obbligatoria nel più completo isolamento. Quello? Bah, solo un pistone che batte in testa, non fa nessun male; ma quell'altro stridore piuttosto, lo senti?, quello sì mi fa paura, può esser la distribuzione dell'olio; forse una bronzina logora. Dio, se è una bronzina cosa si fa? I soldi vanno ch'è un piacere.E perché scalda così, oggi, quel bastardo d'un radiatore? Non s'è in salita. Vado a dare un'occhiata. Puttana della miseria, saltata la cinghia del ventilatore. Qua, Jim, facciamo una cinghia con questo pezzo di corda. Misuriamo la lunghezza... così. Ora aggiuntare i due capi. Mah, mi sa che non regge per molto. Se si va piano, pianissimo, probabile che si riesca ad arrivare fino al prossimo paese.

Oh, se solo ce la facessimo ad arrivare in California, dove ci sono tutti quegli aranci, con questa vecchia carretta, prima che si sfasci del tutto! Se solo ce la facessimo!

E i copertoni. Due strati di tela già consumati; e son quattro strati soli, in questo tipo. Attento a scansare i sassi, dannazione, se vogliamo fare i centocinquanta chilometri di qui al rifornimento. Che dici, conviene tirare avanti e fare tutti quei chilometri e rischiare di far scoppiare la camera d'aria? Cosa? Centocinquanta chilometri, c'è proprio da stare allegri. Tutte rattoppate quelle camere d'aria della malora!

Capace che appena ci si muove, scoppia. Perché non la cambiamo subito? No, si possono far altri sette ottocento chilometri. Meglio andare avanti finché scoppia. Certo è che i copertoni bisogna cambiarli, se non tutti almeno uno. Solo che ti chiedono una valanga di quattrini, ti squadrano da capo a piedi, e vedono subito che devi tirar avanti a ogni costo, che non puoi aspettare, e ti chiedono un occhio della testa.

Prendere o lasciare, caro voi. Son mica qui per ordine del medico. Le gomme io le vendo, mica le do via. Mica posso farci niente se vi capitano questi guai. Ho da pensare agli affari miei, io.

Quanto c'è di qui al prossimo rifornimento?Ieri ho contato fino a quarantadue autocarri del genere del vostro qui. Da dove

diavolo venite tutti? E dov'è che ve ne andate?Ah, la California è grande, certo, ma se credete ci sia posto per tutti sbagliate.

Se credete ci sia posto per ricchi e poveri, grassi e magri, galantuomini e delinquenti, sbagliate di grosso. Perché non ve ne tornate a casa vostra?

Ma questo è un paese libero e uno non può forse andare dove gli pare e piace?Già, questo è quanto credete voi. Mai sentito parlare della guardia di frontiera

ai confini della California?Della polizia di Los Angeles? Vi fermano, sapete; son

capaci di farvi tornare indietro. Vi chiedono la licenza di guida, e se non l'avete, se l'avete persa, non vi ci vogliono. Se non siete in grado di comperare terreni, vi dicono, non vi ci vogliamo. Un paese libero! Certo lo è, ma solo per chi può pagarsela, la libertà.

Però le paghe son alte. C'è scritto qui sul volantino della propaganda.Buggerate. Ne ho visti parecchi, tornare indietro, e ho le mie idee sulle paghe

alte della California. Comunque, il copertone lo prendete o no?Per forza lo devo prendere, ma, signore, mi portate via tutto quel che ho. Mi

resta quasi niente.Eh, questo è mica un istituto di beneficenza. Salute a voi e buon viaggio.Un momento, un momento, fatelo vedere. Figlio d'un cane! E questo strappo,

largo come la mia mano?Strappo, dove? To' non l'avevo visto.Ah, non l'avevate visto, eh? Sicuro, non l'aveva visto, l'imbroglione! Ma i miei

quattro dollari, quelli volevate vederli, eh? Meritereste che vi spaccassi il muso.Ohilà, badate come parlate, sapete. Vi ripeto che non l'avevo visto. Vuol dire

che ve lo do a meno, ve lo do a tre e cinquanta.Ma va' al diavolo! Vieni via, Jim, si va al prossimo rifornimento.Con quel copertone? Non ce la facciamo.Andiamo, andiamo. A costo d'andare sul cerchione, pur di non dare una lira a

quel figlio di puttana.Farabutti tutti dal primo all'ultimo! Assistenza Automobilistica. Ottima

Accoglienza ai Viaggiatori. Servizio Di Tutto Punto a Macchine e Persone. Tutti ladri. L'essenziale per loro è rubare. Ma se io rubo un copertone mi metton dentro, mentre se lui mi ruba i quattro dollari è un uomo che sa fare i suoi affari. Girala come vuoi, fregati siamo sempre noi.

Il piccolo ha sete. C'è modo d'avere un bicchiere d'acqua?Qui no, bisogna aspettare.Maledizione! È partita! Era inevitabile. Be', rattoppiamo; non c'è altro da fare.Vetture e autocarri fermi, cofani alzati, gomme a terra. Bruchi feriti striscianti

sulla 66 a venti chilometri l'ora, ansanti, traballanti, radiatori bollenti, bielle ubriache, bronzine logore, carrozzerie rumorose.

Il piccolo vuole un bicchier d'acqua.I profughi confluiscono sulla 66 e il nastro d'asfalto splende nel sole come uno

specchio. Duecentocinquantamila sventurati sulla strada. Cinquantamila decrepiti catenacci, feriti, fumanti. Relitti, macchine abbandonate lungo il cammino, macchine morte. Che ne sarà dei loro passeggeri? Avranno continuato il viaggio a piedi? Dove saranno ora? Dove avranno trovato il coraggio di proseguire? Dove la fede?

E c'è una storiella che pare incredibile, ma è vera. È divertente, e bella. C'era

una famiglia di dodici, sfrattata dalla trattrice. Non poteva comprarsi l'automobile. Han caricato la roba sul carro, han tirato o spinto a braccia il carro sulla 66, si sono arrampicati tutti e dodici in cima al carico, e hanno aspettato. Passa una berlina, e li piglia a rimorchio, e in quattro salti li porta fino in California. Il padrone della berlina badò lui alle spese di mantenimento di tutta la famiglia durante il viaggio.

È storia vera, e riconforta. Perché risolleva la nostra fiducia nella carità umana3.

XXI [I maledetti Okies. Come nasce l'odio per gli immigrati] Ora gli emigranti sono trasformati in nomadi. Quella gente che aveva vissuto

di stenti sui magri prodotti d'un pezzetto di terra, adesso ha l'intero Occidente in cui spaziare. E lo va rovistando da un capo all'altro, e le strade son convertite in fiumane di gente, e gli argini dei corsi d'acqua son presidiati da falangi di straccioni.

Finché erano rimasti nei loro poderi del Middle West e del South West, erano stati tutti coloni, coloni che l'industria aveva lasciati intatti, contadini che non sentivano il bisogno di ricorrere alle macchine per lavorare la terra, né conoscevano la potenza e il pericolo delle macchine nelle mani di privati. Non si erano assuefatti ai paradossi dell'industria. Vedevano distintamente il lato assurdo e ridicolo della vita industriale.

Ed ecco che, spodestati e sfrattati dalle macchine, si ritrovano a trascinarsi senza meta sulle strade. Il moto li trasforma totalmente; la strada li trasforma, e la vita nella tenda, e la paura della fame, e la fame stessa. E li trasformano i bambini senza cibo, e gli interminabili spostamenti. Ormai sono solo dei nomadi. E li trasforma l'ostilità che incontrano dappertutto, e che li cementa, li salda insieme... quell'ostilità che induce i paesini a organizzarsi e ad armarsi come per respingere un invasore, con bande armate di bastoni, impiegati e commercianti coi loro fucili da caccia, preparati a difendersi contro i loro stessi fratelli.

Ed ecco che nel West subentra il panico, ora che i nomadi vanno

3 La traduzione italiana riduce in modo sensibile la conclusione del capitolo. Il testo originale dice: They got to California in two jumps. The man who pulled them fed them. And that's true. But how can such courage be, and such faith in their own species? Very few things would teach such faith. The people in flight from the terror behind - strange things happen to them, some bitterly cruel and some so beautiful that the faith is refired forever.(Furono in California in due salti. L'uomo che li prese su li mantenne. E questo è vero. Ma come può esserci un coraggio del genere, e una fede del genere nella specie umana? Ben poche cose potrebbero insegnare una fede del genere. Alla gente in fuga dal terrore alle proprie spalle strane cose accadono, a volte amaramente crudeli, a volte così belle che la fede è riaccesa per sempre.)

moltiplicandosi per le strade. I ricchi sono terrorizzati dalla loro miseria. Individui che non avevano mai provato la fame, ora vedono gli occhi degli affamati. Individui che non avevano mai provato desideri intensi per qualche cosa, vedono ora l'ardente brama che divampa negli occhi dei profughi. Ed ecco gli abitanti delle città e della pigra campagna suburbana organizzarsi a difesa, dinanzi all'imperioso bisogno di rassicurare se stessi di essere loro i buoni e i cattivi gli invasori, come è buona regola che l'uomo pensi e faccia prima della lotta.

Dicono: vedi come sono sudici, ignoranti, questi maledetti Okies4. Pervertiti, maniaci sessuali. Ladri tutti dal primo all'ultimo. È gente che ruba per istinto, perché non ha il senso della proprietà. Ed è giustificata, se vogliamo, quest'ultima accusa; perché come potrebbe, chi nulla possiede, avere la coscienza angosciosa del possesso?

E dicono: vedi come son lerci, questi maledetti Okies; ci appestano tutto il paese. Nelle nostre scuole non ce li vogliamo, perdio. Sono degli stranieri. Ti piacerebbe veder tua sorella parlare con uno di questi pezzenti?

E così le popolazioni locali si foggiano un carattere improntato a sentimenti di barbarie. Formano squadre e centurie, e le armano di clave, di gas, di fucili. Il paese è nostro. Guai, se lasciamo questi maledetti Okies prenderci la mano. E gli uomini che vengono armati non sono proprietari, ma si persuadono di esserlo; gli impiegatucci che maneggiano le armi non possiedono nulla, e i piccoli commercianti che brandiscono le clave possiedono solo debiti. Ma il debito è pur qualche cosa, l'impiego è pur qualche cosa. L'impiegatuccio pensa: io guadagno quindici dollari la settimana; mettiamo che un maledetto Okie si contenti di dodici, cosa succede? E il piccolo commerciante pensa: come faccio a sostenere la concorrenza di chi non ha debiti?

E i nomadi defluiscono lungo le strade, e la loro indigenza e la loro fame sono visibili nei loro occhi. Non hanno sistema, non ragionano. Dove c'è lavoro per uno, accorrono in cento. Se quell'uno guadagna trenta cents, io mi contento di venticinque.

Se quello ne prende venticinque, io lo faccio per venti. No, prendete me, io ho fame, posso farlo per quindici.

Io ho bambini, ho i bambini che han fame! io lavoro per niente; per il solo mantenimento. Li vedeste, i miei bambini! Pustole in tutto il corpo, deboli che non stanno in piedi. Mi lasciate portar via un po' di frutta, di quella a terra, abbattuta dal vento, e mi date un po' di carne per fare il brodo ai miei bambini, e io non chiedo altro.

E questo, per taluno, è un bene, perché fa calar le paghe mantenendo invariati i prezzi. I grandi proprietari giubilano, e fanno stampare altre migliaia di prospettini 4 Okies: è l'appellativo dispregiativo dato in California agli immigrati dall'Oklahoma, ma attribuito poi per estensione a tutti i migranti poveri provenienti dagli Stati centrali degli USA.

di propaganda per attirare altre ondate di straccioni. E le paghe continuano a calare, e i prezzi restano invariati.

Così tra poco riavremo finalmente la schiavitù.E ora i latifondisti e le società inventano un metodo nuovo. Metton su

fabbriche di frutta in conserva, e quando le pesche e le pere e le susine sono mature fanno calare il prezzo della frutta fresca al di sotto del costo di produzione. Così comprano la frutta fresca a prezzo irrisorio, ma tengono alto quello della frutta in conserva, e realizzano enormi profitti. E i contadini, i contadini che non possiedono fabbriche di frutta in conserva, perdono i loro frutteti; e i frutteti vengono assorbiti dai latifondisti e dalle banche e dalle società che possiedono le fabbriche di frutta in conserva. I contadini allora si trasferiscono in città, e in poco tempo vi esauriscono il loro credito, e perdono gli amici e s'alienano i parenti e finalmente si riducono anch'essi sulla strada. E le strade sono affollate di gente avida di lavoro, ma avida al punto da esser disposta ad assassinare pur di trovarne.

E le banche e le società si scavano la fossa con le proprie mani, ma non lo sanno. I campi sono fecondi, e sulle strade circola l'umanità affamata. I granai sono pieni, e i bimbi dei poveri crescono rachitici e pieni di pustole. Le grandi società non sanno che la linea di demarcazione tra fame e furore è sottile come un capello. E il denaro che potrebbe andare in salari va in gas, in esplosivi, in fucili, in spie, in polizie e in liste nere.

Sulle strade la gente formicola in cerca di pane e lavoro, e in seno ad essa serpeggia il furore e fermenta.

XXVI [Lo sciopero e la repressione. Casy e Tom]Il sole s'avvicinava allo zenit e l'ombra dell'autocarro si ritirava sotto le ruote.

"Siamo quasi a Pixley," disse Al, "ho visto un cartello poco fa."Attraversarono il paesetto e voltarono a destra per una strada secondaria. "Chi

sa se avremo difficoltà a trovare il posto," disse Tom.La mamma disse: "Quel signore ha detto il ranch di Hooper, ha detto che

chiunque ci sa dire dov'è. Spero che ci sarà una bottega nelle vicinanze, mi faranno credito, con quattro uomini che lavorano. Potrei prepararvi proprio una buona cena, se mi fanno credito; zuppa di bollito, magari."

"E caffè," disse Tom, "e magari un pacchetto di tabacco; è un secolo che non fumo."

Poco dopo trovarono la strada bloccata. Sulla destra erano fermi alcuni veicoli, simili al loro, e sulla sinistra parecchie motociclette bianche in fila. "Qualche incidente," disse Tom. Ma quando raggiunsero la coda dei veicoli fermi, un agente della polizia di stato, in cinturone e stivaloni, uscì dalla fila e fece loro segno di

fermare, si avvicinò e domandò ad Al, con tono amichevole: "Dove andate?"Al disse: "Un signore ci ha detto che c'è da coglier pesche da queste parti.""Così siete venuti in cerca di lavoro?""Avete indovinato," disse Tom, "proprio così."''Aspettate qui un momento." Si trasportò sul lato della strada e gridò in avanti:

"Ne è arrivato un altro. Fanno sei. Potete cominciare a far avanzare questo drappello."

Tom lo chiamò: "Ehi! Che è successo?"L'agente si riavvicinò con comodo, e rispose: "Un po' di disordine. Non c'è da

preoccuparsi. Seguite solo la colonna."La colonna si mosse, con due motociclette in testa e due in coda. Tom disse,

preoccupato: "Cosa sarà successo?""Ci sarà la strada interrotta," disse Al."Mica ci sarebbe bisogno di quattro poliziotti a farci da scorta. No, non mi

piace proprio."Le motociclette in testa accelerarono l'andatura, i vecchi veicoli incolonnati

stentavano a mantenere il contatto, Al stesso faticava a non lasciarsi distanziare. "È tutta gente come noi," disse Tom. "No, non mi piace."

D'un tratto le motociclette di testa sterzarono fuori dalla strada e imboccarono l'ingresso inghiaiato d'una tenuta privata, sempre seguite dalla colonna dei veicoli. Sembrava che i motociclisti facessero rombare apposta i motori il più forte possibile. Tom vide, nel fosso che costeggiava la strada, forse un centinaio di uomini e donne schiamazzanti, con voci e gesti minacciosi, all'indirizzo dei sei veicoli in colonna. La colonna si inoltrò per un cancello che venne richiuso immediatamente. Le quattro motociclette fecero dietro front e ripartirono nella direzione donde eran venute; e appena si furono allontanate, si poterono udire chiaramente le grida e gli schiamazzi della gente vista lungo il sentiero.

Due uomini armati di fucile si presentarono alla testa della colonna. ''Avanti, avanti! Cosa diavolo state aspettando? Avanti!" I sei veicoli ripresero la marcia, imboccarono una curva e si trovarono d'un tratto in un frutteto.

Tutti peschi. Su un lato stavano, in varie file che formavano un quadrato, una cinquantina di casotti in legno, ciascuno munito d'un solo finestrino, e lì vicino c'era un alto serbatoio per l'acqua e una bottega di derrate alimentari. Alle estremità di ciascuna fila stavano due uomini armati di fucile, con una grossa stella d'argento appuntata sul petto. I sei veicoli si fermarono. Due contabili s'avvicinarono ai veicoli uno dopo l'altro.

"Cercate lavoro?"Tom rispose: "Certo, ma che succede?" "Non vi riguarda. Volete lavoro?" "Certo."

"Nome.""Joad.""Quanti uomini?""Quattro.”"Donne?""Due.""Bambini?""Due.""Tutti in grado di lavorare?""Be'... credo di sì.""Bene. Casotto sessantatré. Paga cinque cents la cassetta. Ma le pesche

ammaccate non contano. Andate pure. Potete cominciare subito."Ogni casotto era numerato. "Sessanta," disse Tom, "dev'essere questa fila,

sessantuno, sessantadue... eccolo."Al fermò l'autocarro dinanzi alla porta. La famiglia smontò e si guardò attorno

sconcertata. Sopraggiunsero due agenti, scrutando ognuno in faccia."Nome?""Joad," sbottò Tom con impazienza. "Ma insomma, si può sapere che succede

qui?"Uno degli agenti stava scorrendo un lungo elenco di nomi: "Non c'è. Mai visto

queste facce? Vediamo la licenza. Niente da dire.""Dunque state attenti. Non vogliamo grane. Fate il vostro lavoro, non

occupatevi di ciò che non vi riguarda, e andrà tutto bene." Fecero dietro front e s'allontanarono e in fondo alla fila si misero a sedere, su due cassette, in modo da sorvegliare lo stretto passaggio tra i casotti.

Tom li aveva accompagnati con lo sguardo. "Certo che ci fanno sentire come a casa nostra," disse.

La mamma aprì la porta ed entrò nel casotto. Sul nudo e sudicio pavimento non c'era che la stufa: una stufetta di ferro posata su quattro mattoni, col tubo che usciva dal tetto. C'era puzzo di sudore e di lubrificante. Rosa Tea 5 disse: "Dobbiamo venire a stare qui dentro?"

La mamma non rispose subito, ma poi si decise: "Perché no? È passabile, una volta che abbiam fatto pulizia."

"Meglio la tenda," disse Rosa Tea."Ma quando piove," disse la mamma, "è meglio il pavimento di legno." Si

5 Rosa Tea: nel testo originale la ragazza si chiama Rose of Sharon, nome che ha un riferimento biblico (cfr. Cantico dei cantici 2,1 nella versione inglese classica detta King James Version). Il romanzo di Steinbeck è ricco di echi e allusioni alla Bibbia, come è proprio della cultura popolare protestante americana. Purtroppo la traduzione italiana di Carlo Coardi spesso elimina tali riferimenti.

voltò e ordinò: "Meglio scaricare."Gli uomini scaricarono senza parlare. Erano sconcertati e un po' impauriti. Tra

i casotti, nessun rumore. Passò una donna, a testa bassa, con la sottana sfilacciata agli orli; e non li guardò nemmeno. Ruth e Winfield erano come paralizzati, non corsero attorno per ispezionare il luogo, restarono appiccicati alla famiglia, contentandosi di lanciare sguardi desolati su e giù lungo la corsia tra i casotti. Winfield, trovato un pezzo di fil di ferro, lo torceva tra le dita, finché lo ruppe, ed il pezzetto rimastogli in mano diede la forma di una manovella, che continuava a rigirarsi tra le dita.

Tom e il babbo stavano trasportando i materassi quando arrivò un impiegato, con gli occhiali a lenti molto convesse; sguardo da miope ma penetrante. Si sporse in avanti per parlare a Tom. "Devo registrarvi," disse. "Quanti siete a lavorare?"

"Quattro uomini," disse Tom. "Lavoro duro?""Coglier pesche. Paga cinque cents la cassetta.""Mica c'è per caso qualche ragione che impedisca ai bambini di aiutare?""Certo no, se fanno bene."La mamma stava in piedi sulla soglia. ''Appena sistemati aiuto anch'io. Solo

voglio sapere una cosa: non abbiamo niente da mangiare, ci pagano subito?""In denaro no, ma in buoni, che potete scontare in bottega." ''Allora sbrighiamoci," disse Tom, "stasera voglio mangiare un pezzo di carne.

Dite un po', dove s'ha da andare al lavoro?""Sto andando sul posto; venite con me."I quattro uomini lo accompagnarono lungo la polverosa corsia finché

raggiunsero i peschi. Le strette foglioline cominciavano ad ingiallire, i frutti pendevano dai rami come globi gialli e rossi. Tra gli alberi erano ammucchiate in colonne le cassette vuote. I lavoranti formicolavano attorno, riempiendo di pesche le secchie che portavano infilate in un braccio, vuotando le secchie nelle cassette, e portando le cassette al deposito, dove le cassette s'ammucchiavano in attesa dei camion, e dove stavano gli impiegati incaricati di controllare lo stato dei frutti e registrare i nomi dei raccoglitori.

"Eccone altri quattro," disse l'impiegato a un suo collega. "Mai fatto questo lavoro?" domandò costui.

"Mai," rispose Tom."Be', attenti a non ammaccare le pesche, e non cogliete quelle a terra. I frutti

guasti, o ammaccati, vengono respinti. Prendete lì le secchie."Tom ne prese una e vi guardò dentro. "Piena di buchi sul fondo." ''Apposta,''

dichiarò l'impiegato, "se no ce le rubano. Via, prendete questo settore; svelti."I quattro Joad presero le loro secchie e si inoltrarono tra gli alberi. "Non ci fan

perder tempo," disse Tom."Puttana della miseria," bofonchiò Al, "cento volte meglio il lavoro in un

garage."Il babbo, che finora si era mosso docilmente come un automa, si voltò stizzito.

"Piantala, Al, con questo garage. Mettiti a lavorare; non sei ancora alto abbastanza da impedirmi di lasciarci andare una sberla."

Al, rosso di rabbia, stava per rispondere, ma Tom gli si fece vicino, e gli disse tranquillamente: ''Animo, Al. Carne e pane. Non c'è da discutere."

Si diedero al lavoro. Staccavano le pesche e le mettevano nelle secchie. Tom era pieno di zelo. Un secchio già pieno; due. Li versò in una cassetta. Tre secchie. Una cassetta piena. "Ho fatto un nichelino," gridò. Prese la cassetta e si diresse rapido al deposito e arrivando la consegnò dicendo: "Qua, un nichelino di merce."

L'impiegato guardò la cassetta e rivoltò tra le mani un paio di pesche. "Tutte ammaccate," disse, "vi avevo avvisato. Avete versato le secchie nella cassetta, vero o no? Son tutte ammaccate. Inaccettabili. Deporle ad una ad una, dovete, altrimenti fate una fatica inutile."

"Uh, diavolo...""Silenzio, silenzio. Vi avevo avvisato."Tom abbassò gli occhi, disse: "E va bene," e tornò a rapidi passi verso gli altri

e diede uno sguardo alle loro cassette. "Tutto da rifare," disse, "sono come la mia. Non le accettano."

"E cosa diavolo vogliono..." cominciò Al."Bisogna deporle ad una ad una. Proibito versare le secchie."Ricominciarono tutti daccapo, e questa volta trattarono le pesche con ogni

riguardo, ma le cassette si riempivano più lentamente. "Dovremmo organizzare il lavoro," disse Tom. "Se Ruth e Winfield e Rosatè ci aiutano, studiamo un sistema per lavorare più in fretta."

Portò al deposito la sua nuova cassetta. "Questa vale un nichelino?" domandò all'impiegato.

L'altro verificò anche gli strati inferiori. "Meglio," disse. Accettò la cassetta, la contrassegnò, registrò il nome di Tom. "Per lavorare bene non bisogna aver fretta," disse.

Tom tornò di corsa. "Ho fatto un nichelino," gridò, "basta far questo venti volte per avere un dollaro."

Lavorarono senza smettere tutto il pomeriggio. A Ruth e a Winfield, comparsi ad una certa ora, il babbo disse: "Lavorate anche voi. Mettete le pesche ad una ad una nella cassetta. Ad una ad una, senza ammaccarle." I bambini, accoccolati, lavorarono scrupolosamente, trasferendo le pesche dalle secchie alle cassette. Gli uomini continuavano ad allineare davanti a loro sempre nuove secchie. Tom portava le cassette al deposito. Il sistema funzionava benissimo. "Sette," disse, "otto; fa quaranta cents guadagnati. Si può già avere un discreto pezzo di carne per quaranta cents."

Il pomeriggio passava lentamente. Ruth tentò di svignarsela."Sono stanca," piagnucolava, "voglio un po' di riposo.""Sta' dove t'ho messa e tira avanti," ordinò il babbo.Zio John lavorava adagio. Riempiva una secchia ogni due di Tom. La mamma

arrivò verso la metà del pomeriggio. "Sarei venuta prima," disse, "ma Rosatè s'è sentita male; un piccolo svenimento. Avete già mangiato troppe pesche," disse ai bambini, "avrete mal di pancia." Si mise subito in faccende; pesante com'era, si muoveva tuttavia spedita; non tardò ad abbandonare la secchia per raccogliere le pesche nel grembiale.

Quando il sole tramontò avevano riempito venti cassette. Consegnando la ventesima al deposito, Tom disse: “Abbiamo fatto un dollaro. Fino a che ora si lavora?"

"Finché è chiaro.""Ma non potete darci un buono adesso? La mamma ha da fare la spesa. ""Sì, sì, ecco qua." L'impiegato scribacchiò su un pezzo di carta e lo consegnò a

Tom.Tom lo portò alla mamma. "Eccoti il buono. Alla bottega ti danno roba per un

dollaro."La mamma si raddrizzò. "Fa piacere, la prima volta, vero?""La prima volta sì. Dopo ci si abitua. Su, corri in bottega." "Cos'è che volete per cena, ditemi.""Carne," gridò Tom, "carne, e pane, un pentolone di caffè, con molto zucchero.

Ma un bel pezzo di carne."Ruth piagnucolò: "Mamma, siamo stanchi.""Allora meglio che venite con me.""Erano già stanchi prima di cominciare," brontolò il babbo. "Selvaggi come

conigli. Bisogna farli rigar diritti."''Appena sistemati li mandiamo a scuola," disse la mamma, e se ne andò di

buon passo, timidamente seguita dai bambini."Dobbiamo lavorare tutti i giorni?" domandò Winfield.La mamma lo prese per mano. "È mica un brutto lavoro," disse, "ti fa bene. E

aiuti la famiglia, capisci. Se si lavora tutti, fra poco avremo una casa.”"Ma mi ha stancato tanto.""Lo so, anch'io mi sono stancata. Ma è solo la prima volta, non bisogna

pensarci, pensa a quando potrai andare a scuola.""Io non voglio andare a scuola, e neanche Ruth. A scuola ci chiamano Okies; io

non ci voglio andare."La mamma abbassò gli occhi sulla zazzera paglierina del suo bambino. "Hai da

star buono, adesso, Winfield. Dopo, quando avremo una casa, fa' pure di nuovo i capricci; ma adesso no, abbiamo troppe cose da pensare."

Ruth dichiarò: "Io ho mangiato sei pesche.""Brava, così ti viene la diarrea, e qui non ci sono i gabinetti."La bottega consisteva in un baraccamento di lamiera ondulata, senza vetrine; la

mamma spinse la porta a reticella ed entrò. Dietro al banco stava un ometto completamente calvo, e il suo cranio era d'un bianco azzurrino. Aveva sopracciglia larghe e così arcuate che davano alla sua faccia un' espressione di sorpresa e di sbigottimento insieme. Il naso era lungo, scheletrito e adunco come un becco, e un ciuffo di peli usciva da entrambe le nari. Portava mezze maniche protettive sopra la camicia. Stava appoggiato coi gomiti sul banco, quando la mamma entrò.

"Buon giorno," disse la mamma.L'ometto la osservò con interesse, e l'arco delle sue sopracciglia si accentuò.

"Come state?""Ho qui un buono per un dollaro.""Potete avere roba per un dollaro," rispose l'altro, ghignando da furbo.

"Sissignora, un dollaro di roba." Indicò le mensole: "Qualunque cosa." Si tirò su le mezze maniche.

"Credo che prenderò un po' di carne, per cominciare.""Ne ho di tutte le qualità. Bollito, volete il bollito? Venti cents la libbra, il

bollito.""Non è un po' caro? Lultima volta che ne ho comprato ho pagato quindici.""Eh," ghignò l'ometto, "è caro, e d'altra parte non è caro. Se andate a prenderlo

in paese vi costa cinque litri di benzina. Dimodoché qui non è caro perché risparmiate la benzina."

La mamma disse con severità: ''A voi non è costato cinque litri di benzina per portarlo qui. "

L'altro rise cordialmente: "Voi guardate la cosa da un falso punto di vista. Qui non lo comperiamo, lo vendiamo. Se lo comprassimo, sarebbe un'altra cosa."

La mamma posò due dita sulle labbra e aggrottò la fronte. "Mi sembra tutto grasso e nervi. "

"Non garantisco che sia tenero," disse l'ometto, "non garantisco nemmeno che io sarei capace di mangiarlo; ma ci son tante altre cose che non garantirei."

La mamma gli scoccò un' occhiata feroce ma si contenne. "Non avete della carne meno cara?"

"Collo. Dieci cents la libbra.""Ma è tutt'osso.""Sicuro. Tutt'osso, ottimo per fare il brodo.""Costolette ne avete?""Costolette sì. Venticinque la libbra. ""Dovrò rinunciare alla carne," disse la mamma, "ma vogliono carne, si son

raccomandati."

"Tutti quanti vogliono la carne. Quel bollito però è bello, poco osso, niente da buttar via."

"Quanto... quanto viene il filetto?""Oh, il filetto! Adesso andate nel raffinato. Roba da pranzo di Natale. Roba da

Giorno del Ringraziamento. Trentacinque la libbra. Venderei il fagiano meno caro, se ne avessi."

La mamma sospirò. "Datemi due libbre di bollito.""Pronto." Mise la carne pallida su un pezzo di carta oleata. "Altro?" "Be', del pane.""Ecco qua. Pagnotta grossa, quindici cents.""Quella è da dodici!""Infatti, in paese è da dodici, ma ci sono i cinque litri di benzina. Altro?

Patate?""Patate, sì.""Cinque libbre per venticinque cents."La mamma si mosse torva verso di lui. "Questo è troppo. So benissimo cosa

costano in paese.""E allora andate a comprarle in paese."La mamma si guardò le nocche. "Ditemi un po'," chiese sommessa. "Siete il

padrone, qui?""No. Impiegato.""Che motivo avete di prendere in giro i clienti?" Continuava a guardarsi le dita.

L'ometto non rispose. "Chi è il padrone del negozio?""La Hooper Ranches, società per azioni, signora.""È lei che fa i prezzi nel negozio?""Sissignora."La mamma si decise a guardarlo in faccia, con l'ombra d'un sorriso. "E cos'ho

di ridicolo, io, che sentite il bisogno di prendermi in giro?""Non prendo mica in giro," Ma l'ometto aveva vergogna.La mamma non insisté: "Allora, carne quaranta, pane quindici, patate

venticinque. Fa ottanta. Caffè, quanto?""Venti cents il meno caro. ""E così sfuma un dollaro. Sette persone al lavoro, per guadagnarsi questa

cena." Stava considerando il rovescio della mano. "Su, incartate," disse, con un fare secco.

"Sissignora, grazie." Incartò le patate con la maggior cura che poté, e i suoi occhi sbigottiti andavano dal pacchetto al viso della mamma e viceversa. Ella lo osservava, sempre col suo sorriso appena accentuato. "Com'è che avete accettato quest'impiego?"

"Bisogna pur mangiare," cominciò l'ometto, ma subito cambiò tono, e aggiunse

bellicoso: "Ho ben diritto di mangiare, no?" Spinse verso la mamma i quattro pacchi. "Carne, patate, pane e caffè. Un dollaro." E stese la mano. La mamma gli diede il buono, ed egli andò a registrare il nome e l'importo sul mastro. "Siamo pari," disse.

La mamma prese i pacchi. "Oh, sentite una cosa. Ci manca lo zucchero per il caffè, e Tom mio figlio lo vuole. Se date un'occhiata fuori, li vedete tutti lì al lavoro. Datemi lo zucchero e vi porto il buono più tardi."

L'ometto guardò altrove. Il più lontano possibile dalla mamma. Poi disse a voce sommessa: "Non posso. È contro le regole. Potrei anche rimetterci il posto."

"Ma vi dico che stanno lavorando, fin da ora si son già guadagnati altri dieci cents. Datemi dieci cents di zucchero, Tom s'è raccomandato tanto."

"Impossibile, signora, mi spiace. È contro le regole. Niente buono, niente merce. Ordini precisi del direttore, non fa altro che ripeterli. Se mi pescan mi mandan via. E mi pescano certo. Non posso."

"Per dieci cents?""Anche per uno, signora." Ora guardava la mamma con occhi imploranti. E

d'un tratto perdé la paura. Tolse di tasca un diecino e lo incassò nel registratore, poi prese un sacchetto di sotto al banco, lo aprì, pescò dentro col cucchiaio di legno e misurò un etto di zucchero sulla bilancia. Lo incartò e porgendo il pacchetto alla mamma disse: "Ora tutto è in regola. Mi portate il buono e io mi riprendo il mio diecino. "

La mamma lo guardò intenta, lo ringraziò, prese la roba e s'avviò all'uscita, ma prima d'uscire si voltò e disse: "Imparo tutti i giorni che era proprio vero quel che diceva il nonno: in caso di bisogno, rivolgersi solo alla povera gente, mai ai ricchi." Poi uscì.

L'ometto si appoggiò coi gomiti al banco e restò a guardarla allontanarsi. Un gatto giallo saltò sul banco e venne a strofinarsi contro le sue braccia, e l'ometto lo carezzò e se lo avvicinò alla guancia. Il gatto ronfava di piacere e dimenava la coda.

Era già buio fitto quando i quattro Joad, coi piedi pesanti, rientrarono dal lavoro. "Non credevo," disse il babbo, "che a coglier pesche ci si rompesse la schiena a questo modo."

"Bah, dopo un paio di giorni ci si abitua," disse Tom. "Senti, babbo, dopo mangiato conto di andar fuori a vedere cos'era quel putiferio di gente al cancello. Sono proprio curioso di sapere cos'è che succede. Vuoi venire con me?"

"No. Per un po' di tempo sento il bisogno di lavorare senza pensare a niente. È da un bel pezzo che non fo altro che tormentarmi il cervello. No, dopo aver mangiato me ne vado a letto."

"Vieni te, Al?"Al guardò da un' altra parte. "Prima vorrei dare un' occhiata qui intorno.”

"Be', credo inutile domandare a zio John; andrò solo. Sono proprio curioso di sapere."

Il babbo disse: "Io mi terrei la curiosità, con tutti questi sbirri attorno.”"Probabile che di notte non ci sono," azzardò Tom."Comunque, al tuo posto io non ci andrei. E meglio anche che non lo dici alla

mamma. Starebbe in pensiero."Tom si rivolse ad Al: "Tu non sei curioso?""Mah, prima voglio dare un' occhiata qui intorno.""In cerca di ragazze, eh?""In cerca di quel che mi pare," ribatté Al acidamente.Uscendo dal frutteto si trovarono all'imboccatura di una delle corsie tra i

casotti. Talune porte aperte lasciavano vedere la luce gialla delle lampade a petrolio e le ombre nere delle persone che si muovevano all'interno. Passando davanti al sorvegliante, seduto su una cassetta col fucile sulle ginocchia, Tom domandò: "C'è un posto dove si può fare il bagno?"

Il sorvegliante lo scrutò in viso, nella scarsa luce: "Vedete quel serbatoio? Bene, là c'è un rubinetto."

''Acqua calda?" fece Tom."O chi cavolo vi credete d'essere? Lo scià di Persia?""Non c'è pericolo. Buona notte, signore."Il sorvegliante guatò torvo i quattro Joad che si allontanavano, brontolando

sprezzante: ''Acqua calda, nientemeno! La prossima volta pretenderanno le vasche di porcellana."

Un secondo sorvegliante, sopraggiunto, lo sentì brontolare: "Che c'è, Mack?" gli chiese.

"Uhm, quei maledetti Okies. 'Acqua calda?' m'han domandato.""Sono quei campeggi governativi6," sentenziò l'altro, appoggiandosi sul fucile:

"Scommetto che vengono di lì. Non staremo tranquilli finché non li avremo soppressi, quei campi. Sta' a vedere che un giorno o l'altro vorranno le lenzuola di batista7."

Mack domandò: "E al cancello come van le cose? Hai saputo niente?"

6 Campeggi governativi: effettivamente i Jaod avevano alloggiato in precedenza in un campeggio allestito dal governo federale, gestito secondo regole democratiche e in vista del benessere degli ospiti e non con finalità di lucro. Steinbeck rappresenta il campeggio governativo come un'oasi di giustizia sociale e un piccolo modello di vita politica ben condotta, contrapposto all'ideologia prevalente nella società americana che attribuisce al mercato e all'interesse privato il potere di regolare i rapporti sociali tra le persone. A sottolineare il valore alternativo dell'organizzazione statalista del campeggio governativo, Steinbeck fa dire a un personaggio: “Sanno che qui [nel campeggio] è Stati Uniti, e non California”.7 Batista: tela fine.

"Mah, hanno urlato tutto il giorno. Ma c'è la polizia di stato8, ci pensa lei. Pare che hanno individuato l'organizzatore dello sciopero. È un esaltato. Uno spilungone, un figlio d'un cane. Speran d'acciuffarlo stanotte, e se ci riescono, addio sciopero."

"È una fregatura per noi. Se finisce lo sciopero.""Oh, non aver paura, il lavoro lo troviamo. Maledetti Okies. Se stan troppo

tranquilli, facciam presto ad aizzarli, no?""Ho idea che faranno un bel po' di casino qui, appena riabbassano le paghe.""Ma certo. Sta' tranquillo, non c'è da preoccuparsi per il lavoro... almeno finché

sta in piedi la Hooper."

Nel casotto dei Joad il fuoco scoppiettava. La mamma aveva preparato le polpette, che ora friggevano nella padella, e le patate bollivano nella pentola. Il casotto era pieno di fumo, e la lampada a petrolio gettava ombre nere sulle pareti. La mamma s'affaccendava al fornello, mentre Rosa Tea, seduta su una cassetta, trovava sollievo dal grembo appesantito.

"Ti senti meglio adesso?" domandò la mamma."Sì. A sentir l'odore del mangiare m'è venuta anche fame."“Va' sederti sul gradino della porta, ho bisogno di quella cassetta per bruciarla."Gli uomini entrarono in gruppo. "Carne, perdio!" gridò Tom. "E caffè, ragazzi,

sento l'odore! Ho una fame da lupo. Ho mangiato un mucchio di pesche, ma è come fossi vuoto. Mamma, dove possiamo lavarci?"

''Al serbatoio. Ho appena mandato a lavarsi anche Ruth e Winfield." Gli uomini uscirono di nuovo.

"Su, Rosatè, o ti siedi sul gradino, oppure sul letto, ma ho bisogno della cassetta."

Rosa Tea s'alzò a fatica e si trascinò verso uno dei materassi. Ruth e Winfield rientrarono senza far rumore; evitavano di farsi sentire e si tenevano accostati alla parete come cercando volutamente di rimanere in ombra.

La mamma li guardò: "Ho idea che è meglio per voi che c'è poca luce." Toccò i capelli di Winfield. "Bagnati sono, ma scommetto che sei ancora sporco."

"Non c'era sapone," protestò Winfield."Hai ragione te, non ho potuto comprarne oggi, forse domani."La mamma ritornò al fornello, tirò fuori i piatti e cominciò a servire la cena.

Distribuì due polpette e una grossa patata su ciascun piatto e accanto posò tre fette di pane. Dalla padella versò poi direttamente sui piatti un po' di sugo delle polpette.

Gli uomini tornarono, coi capelli sgocciolanti e le facce lucide. "Eccoci,

8 Polizia di Stato: la polizia dello Stato della California.

finalmente si mangia!" gridò Tom. Ognuno prese il suo piatto. Mangiarono in silenzio, voraci come lupi, intingendo il pane nel sugo. I bambini si ritirarono in un angolo, posarono i piatti a terra, e mangiarono acquattati come due cagnolini.

Tom inghiottì l'ultimo boccone di pane. "Ce n'è più, mamma?" "No. Avete fatto un dollaro e questo è un dollaro di roba."

"Che?!""Qui tutto è più caro. Appena si può, andremo a fare la spesa in paese.""Non mi sento pieno," disse Tom."Oh, domani si lavora tutto il giorno e domani sera vedrai che ci rimpinziamo."Al s'asciugò la bocca sulla manica e annunciò: "Be', io vado a dare un' occhiata

in giro."''Aspetta, vengo anch'io," disse Tom. Uscirono insieme. Tom gli domandò:

"Davvero non vuoi venire con me?""No, t'ho già detto che vado a dare un' occhiata in giro.""Okay," disse Tom, e lo lasciò, dirigendosi al cancello. Il fumo delle stufe

rimaneva sospeso a poca altezza sopra i casotti e le lampade proiettavano in terra nelle corsie i rettangoli di luce delle porte e dei finestrini. Sui gradini d'ingresso sedevano persone con gli occhi persi nell'oscurità. Tom vedeva le loro teste voltarsi al suo passaggio e sentiva i loro sguardi seguirlo. All'estremità della corsia il viottolo polveroso continuava attraverso un campo di stoppie cosparso di mucchi di fieno. Bassa, a ponente, si stagliava nel cielo la falce sottile della luna nuova, e la Via Lattea era visibilissima. I passi di Tom non facevano rumore sulla polvere del sentiero che serpeggiava nero nel giallo delle stoppie. Tom con le mani in tasca camminava nella direzione del cancello, finché arrivò in un punto dove il sentiero costeggiava un arginello, e udì dall'altra parte l'acqua mormorare tra le erbe. Salì sull'argine e vide nell'acqua riflesse le stelle, e a poca distanza la strada statale, svelata dai fari delle automobili che passavano. Tom si diresse a quella volta; poteva vedere, alla luce diffusa delle stelle, l'alto reticolato che cingeva la proprietà.

Una figura si mosse nel buio e una voce disse: "Chi va là?" Tom si fermò e rimase immobile: "Chi siete?"

Un uomo, armato di fucile, si alzò, gli mosse incontro e gli proiettò in faccia la luce di una lampada tascabile. "Dove credete di poter andare?"

''A spasso. È proibito?""Meglio andare a spasso da un'altra parte.""È proibito uscire di qui?""Stanotte sì, è proibito. Vi decidete a tornare indietro, o devo fischiare?""Ehi, che cavolo... non ho nessuna voglia di mettermi nei pasticci. Torno

indietro, torno indietro, per quel che m'importa."La sentinella spense la lampadina. "È per il vostro bene, capite. Capaci di farvi

fuori quei picchetti.""Che picchetti?""Quegli scioperanti, maledetti bolscevichi9.""Oh," disse Tom. "Mica sapevo niente.""Non li avete visti quando siete arrivati?""Ho visto, sì, un branco di gente, ma c'eran tanti poliziotti che credevo fosse

capitato qualche incidente.""Be', ora fate meglio a tornare indietro.""Certo, per quel che m'importa." Fece dietro front e si allontanò.Camminò tranquillamente per un centinaio di metri, poi si fermò in ascolto.

Distinse nel fosso lo sfrigolio di richiamo d'una martora e lontano il rabbioso abbaiare di un cane alla catena. Tom si sedette sul margine della strada e continuò ad ascoltare. Ora udiva la stridula risata d'un falco di palude e il fruscio di un animaletto strisciante tra le stoppie. Scrutò l' orizzonte in tutte le direzioni ma non vide nulla che ne rompesse l'uniformità. Si rialzò e, camminando lento al margine del sentiero, s'inoltrò nel campo di stoppie tenendosi chinato, così da non sporgere al di sopra dei mucchi di fieno. Avanzava adagio, fermandosi spesso per ascoltare. Finalmente raggiunse il reticolato: cinque fili di ferro spinato. Si sdraiò sulla schiena sotto quello più basso, lo sollevò con le mani e aiutandosi coi piedi e con le contorsioni del busto passò dall'altra parte.

Stava per rimettersi in piedi quando udì un gruppo di persone passare sulla strada. Aspettò finché non si furono allontanate, e allora si alzò e le seguì a distanza. Passarono due o tre automobili. Arrivò ad un ponticello che scavalcava una roggia e si fermò a guardare dal parapetto. Vide in fondo al burrone una tenda, fiocamente illuminata, e sulla tenda muoversi le ombre delle persone che la occupavano. Tom lasciò la strada, si calò nel burrone aprendosi il varco tra i cespugli, e al fondo della discesa trovò un sentiero che conduceva alla tenda. Davanti a questa sedeva un uomo su una cassetta.

"Buona sera," disse Tom."Chi siete?""Be'... credo... passavo di qua.""Conoscete qualcuno qui?""No, vi dico che stavo solo facendo una girata."Una testa s'affacciò tra i teli d'ingresso e una voce domandò: "Cosa c'è?""Casy!10" gridò Tom, "Casy! Cosa diavolo fai da queste parti?"

9 Bolscevichi: il partito bolscevico era il partito comunista russo che guidò la rivoluzione del 1917 e impose poi un regime totalitario durato fino al crollo dell'Unione sovietica nel 1989. Qui “bolscevico” è sinonimo di rivoluzionario e di comunista.10 Casy: proveniente dallo stesso paese dei Joad, è un ex predicatore che ha abbandonato l'attività religiosa per una crisi di fede, ha viaggiato insieme ai Joad fino alla California e si è poi dato da fare

"Gran Dio! È Tom Joad! Vieni avanti, Tom, vieni avanti!""Lo conoscete?" domandò l'uomo seduto."Se lo conosco? Ci conosciamo da sempre! Abbiamo emigrato insieme. Avanti,

Tom." Lo prese per il braccio e lo tirò dentro la tenda.Altri tre uomini stavano seduti nell'incerta luce di una lanterna, e guardarono

su con sospetto, ma uno di essi tese la mano a Tom: "Siate il benvenuto. Ho sentito quel che ha detto Casy. È lui quello di cui ci avete parlato?"

"Sicuro! Proprio lui. Per tutti i diavoli! Di' su, Tom, cosa fai qui? La famiglia dov'è?"

"Siamo tutti insieme. Abbiamo sentito che c'era lavoro ed eccoci qua. Ci ha scortato un branco di poliziotti fino al ranch e siamo stati a raccogliere pesche tutto il pomeriggio. Ho visto un sacco di gente che urlava, e siccome nessuno m'ha voluto dir niente, così me ne sono uscito per vedere che succede. Ma racconta te, Casy, com'è che sei capitato qui?"

Il predicatore si mise a sedere e si sporse in avanti e la luce gialla della lanterna illuminò la sua vasta fronte pallida. "La galera è un posto proprio buffo," disse. "Ecco qua, che mi ero messo ad errare nel deserto come Gesù in cerca della verità, e che due o tre volte ero andato ben vicino ad azzeccarla, è in prigione che ho finito per trovarla." I suoi occhi lucidi sorridevano di malizia. "Una prigione enorme, sempre piena. Continuamente gente che parte e gente che arriva. E naturalmente io parlavo con tutti."

"Sfido," disse Tom, "non hai mai fatto altro che chiacchierare. Cianceresti persino sulla forca, col boia, e te la spasseresti un mondo. Mai visto un chiacchierone come te."

Gli astanti ghignarono e uno di essi, un vecchietto rugoso, si diede un pugno sul ginocchio. "È vero, sempre a chiacchierare. Ma sa farsi ascoltare."

"Sfido, faceva il predicatore, non ve l'ha detto?" "Sì, sì, ce l'ha detto."Casy sorrideva. "Sissignore," riprese, "ho cominciato a veder chiaro in certe

cose. Là dentro c'erano anche degli ubriaconi, ma per il resto era quasi tutta gente arrestata per furto, e per la massima parte gente che aveva rubato per necessità. Capisci quel che voglio dire?"

"No," disse Tom."Voglio dire che era tutta brava gente, e che solo per bisogno erano diventati

dei ladri. È così che ho cominciato a vederci chiaro. È il bisogno, la causa di tutti i guai; non son mica io che me lo invento. Sta' a sentire. Un giorno ci danno i fagioli che erano acidi. Uno protesta, e fa baccano, e viene il carceriere, e dà un'occhiata dentro e alza le spalle e se ne va; e non è successo niente. Ma dopo un po' un secondo si mette a gridare. E poi ci mettiamo tutti quanti a fare un baccano per organizzare i lavoratori nella difesa dei loro diritti.

d'inferno. E t'assicuro che è subito successo qualcosa. Sono accorse le guardie, e il direttore, e han finito per darci un'altra minestra. Capisci adesso?"

"No," disse Tom.Casy appoggiò il mento sulla mano. "Forse non so spiegarmi. Forse vuol dire

che la devi scoprire da te, la verità. Dimmi una cosa: dove hai lasciato il tuo berretto?"

"Non so, sono arrivato senza.""E tua sorella come sta?""Grossa come una vacca, scommetto che ne farà un paio, tra poco occorrerà un

carrettino per trasportarle la pancia. Ora intanto deve tenersela con le mani. Ma non m'hai ancora detto cos'è che succede qui."

Il vecchio rugoso disse: "Abbiamo fatto sciopero.""Eh, certo che cinque cents a cassetta non è gran che, ma il mangiare ci

scappa."L'altro scattò: "Cinque cents? Vi pagano cinque cents?" "Sicuro. Abbiamo fatto un dollaro e mezzo."Un sordo silenzio riempì la tenda. Casy voltò la testa verso l'ingresso e guardò

nel buio della notte. "Senti, Tom," disse infine. "Noi abbiamo lavorato nel ranch. Ci avevano preso a cinque cents. Eravamo in parecchi. Be', ci han ridotto la paga a metà. Mica si può neanche mangiare con due cents e mezzo, e se poi ci son dei bambini... Così abbiamo protestato e loro ci han mandato via e ci han fatto piovere addosso un reggimento di sbirri. Adesso vi pagano cinque cents, e va bene. Ma quando saranno riusciti a soffocare questo sciopero qui, ti credi che continueranno a pagare cinque?"

"Non so," disse Tom, "ora pagano cinque.""Senti, Tom. Noialtri s'è provato ad attendarci insieme, e ci hanno dispersi

come porci. Ci hanno picchiati. Ci hanno trattato proprio come porci. Ma anche voi vi hanno messo dentro come un branco di porci. Noi non possiamo continuare lo sciopero ancora per molto, c'è della gente che non mangia da due giorni. Che fai, conti di tornare dai tuoi stasera?"

"Penso di sì.""Allora racconta a tutti come stanno le cose, Tom. Fai capire a tutti quanti che

ci fanno morir di fame noi, non solo, ma fanno del danno anche a se stessi. Perché è sicuro, quant'è vero Dio, che appena fanno tanto di liberarsi di noi, vi abbassano la paga a due cents e mezzo.”

"Glielo dirò," disse Tom, "ma ci son tanti sbirri armati che non so come farò a dirglielo. Non ci si può neanche riunire e poi tengono tutti la testa bassa che non si può neanche dire buongiorno a nessuno.”

"Prova, Tom. Sta' sicuro che, appena fatti fuori noi, la paga cade a due cents e mezzo, lo stesso momento. E sai cosa vuol dire, due cents e mezzo, no? Vuol dire

una tonnellata di pesche, raccolte e trasportate, per un dollaro." Abbassò la testa. "No. Impossibile mangiare con due cents e mezzo."

"Proverò," ripeté Tom, "proverò a parlare agli altri.""Come sta la mamma?""Abbastanza bene. Era contenta in quel campo governativo. C'erano i bagni e

l'acqua calda.""Già... Ho sentito.""Proprio bello, là, ma s'è dovuto venir via perché non si trovava lavoro. ""Mi piacerebbe vederne uno," disse Casy, "pare che non ci sono sbirri, eh?""Sicuro. Il servizio d'ordine è fatto dagli accampati."Casy guardò su interessato. "E funziona bene? Niente grane? Niente risse,

furti, ubriachi?""Niente.""E se succede che uno fa qualcosa che non va?""Lo buttano fuori.""E succede spesso?""No, no. Noi ci siamo stati un mese ed è successo una volta sola." Casy, con

aria trionfante, si rivolse agli altri. "Sentito? Ve l'avevo detto. I poliziotti fanno più casino che altro. Senti, Tom. Dovresti persuadere i tuoi, e tutta la gente che lavora lì a scioperare come noi. Lo puoi organizzare in un paio di giorni. Ed è il momento buono, perché le pesche sono mature. Diglielo."

"Non credo che ci stanno," disse Tom. "Li pagano cinque cents, del resto se ne fregano."

"Ma se fanno tanto di farci fallire lo sciopero, appena ci riescono, vedrai che i cinque cents se li sognano."

"Non credo proprio che ci stanno," ripeté Tom. "Beccano cinque cents, ed è tutto quello che gli frega."

"Ma te diglielo lo stesso.""Il babbo per primo non ci starebbe, lo conosco. Direbbe che non sono affari

suoi.""Sì," mormorò Casy sconsolato. "Ho paura anch'io che è così. Bisogna batterci

il naso per capire.""Non s'aveva più niente da mangiare. Stasera abbiamo mangiato. Non molto,

ma s'è mangiato. Credi che il babbo rinunci alla carne per far piacere agli scioperanti? E Rosatè ha bisogno di latte. Credi che la mamma glielo fa mancare solo perché fuori del cancello c'è della gente che grida?"

Casy disse mestamente. "Cosa pagherei per trovare il modo di farvi capire, a tutti quanti, che lo sciopero è la sola arma che abbiamo per difenderci... "

L'uomo che era seduto fuori della tenda si affacciò sulla soglia: "Accidenti, non mi piace proprio," disse.

Casy lo guardò sorpreso: "Che c'è?""Non so. Ma mi sento nervoso, c'è qualcosa che non va.""Ma cos'è che non ti va?""Non so. Mi sembra di sentire un rumore, e sto ad ascoltare e non sento più

niente.""Nervi," disse il vecchio rugoso. S'alzò, andò fuori e tornò subito. "C'è un

nuvolone che passa, pieno di elettricità, ed è questo che gli dà sui nervi." Tornò fuori di nuovo e gli altri due uomini presenti lo seguirono.

Casy disse tranquillamente: "Sono tutti nervosi. Quegli sbirri gli han messo addosso una fifa maledetta. Si son messi in testa che sono io l'organizzatore dello sciopero, perché parlo sempre."

Il vecchio rugoso tornò dentro. "Casy, spegni la lanterna e vieni fuori. C'è qualcosa."

Casy spense il lume e uscì, seguito da Tom. "Che c'è?" chiese sommesso."Zitto. Ascolta!"Si sentiva il gracidio delle rane, un concerto di voci che parevano elevare un

muro a pochi passi; e di là dal muro si sentiva lo sfrigolio dei grilli; attraverso questi suoni filtravano altri rumori più sordi, più fruscianti; di passi sulla strada, forse, di ramaglie smosse fra i cespugli della riva.

"Io non sento niente," li rassicurò Casy. "Nervi. Tutta questione di nervi. Te senti niente, Tom?"

"Sicuro che sento," disse Tom, "e se non sbaglio, è gente che viene da tutte le parti. Meglio tagliar la corda, date retta."

Il vecchio rugoso suggerì: "Sotto il ponte, da quella parte! Non pensiamo alla tenda. Via!"

"Andiamo," disse Casy.Si avviarono senza far rumore lungo il fondo del burrone, sull'orlo dell'acqua.

Dinanzi a loro l'arcata del ponticello sembrava l'ingresso d'una caverna. Casy si chinò per entrarci, seguito da Tom, e avevano l'acqua alle caviglie, e pareva che i loro respiri venissero riecheggiati dalla volta. Dopo una dozzina di metri sbucarono all'altra estremità.

Un grido acuto: "Eccoli!" E due fasci di luce investirono i fuggitivi, li imprigionarono, li accecarono.

"Fermi dove siete!" Le voci uscivano dal buio. "È lui! Là, quello del cranio lucido! È lui!"

Casy parlò, con gli occhi spalancati nella luce, col respiro corto. Disse: "Sentite. Voialtri non sapete quello che fate. Aiutate i padroni a far morire di fame i bambini."

"Fà silenzio, bolscevico, figlio di puttana!" Un uomo basso e tarchiato apparve nel fascio di luce. Aveva in mano un manico di zappa, nuovo, bianco.

Casy continuava: “Non sapete quello che fate.”L'uomo tarchiato brandì il bastone, Casy cercò di schivare il colpo, ma la clava

si abbatté sulla sua tempia, produsse un sinistro schianto di ossa rotte, e Casy cadde disteso fuori del fascio di luce.

"Cristo, George, mi sa che l'hai spacciato."“L'ha voluto lui, figlio di puttana," disse George. "Fa' vedere." Il fascio di luce

si abbassò, frugò in terra, trovò il cranio sfracellato di Casy.Tom diede un' occhiata al predicatore, e i suoi occhi colsero nella luce il bianco

del bastone tra le gambe dell'uomo tarchiato, e il braccio di Tom scattò, e la sua mano s'impadronì della clava. Con le due braccia la fece roteare e fallì il primo colpo, perché colpì solo una spalla, ma il secondo colse la testa in pieno, e come l'uomo tarchiato s'abbatté a terra, Tom gli menò altri tre colpi sulla testa. I fasci di luce presero a sussultare come pazzi, ed altre grida echeggiarono nella notte, insieme col rumore di passi accorrenti. Tom era in piedi, e guardava l'uomo che aveva abbattuto. Uno sfollagente lo colpì in faccia, ed egli sentì il colpo come una scossa elettrica. Allora scattò via, e prese a correre nell'acqua bassa della roggia, piegato in due. Udiva il diguazzare di passi che lo rincorrevano. D'improvviso voltò ad angolo retto nel folto d'un cespuglio e si appiattò al suolo e giacque immobile. Quando gli parve che gli inseguitori lo avessero oltrepassato, uscì dal cespuglio, si trascinò su per la riva e sbucò in un orto. Udiva ancora le voci e le grida degli inseguitori. Attraversò l'orto correndo, tenendosi chinato più che poté; le zolle di terra gli s'appiccicavano alle suole bagnate, facendolo inciampare, ma arrivò ugualmente sul limite opposto dell'orto, che era recintato da una folta siepe di more. Si trovò un nascondiglio nella siepe e sedette, ansando. Si palpò la faccia. Il naso era rotto, e il sangue gli colava sul mento. Rimase immobile finché ebbe raccolto forze sufficienti per trascinarsi fin sulla sponda della roggia e lavarsi la faccia. Si strappò un lembo di camicia, lo intinse nell'acqua fredda e se lo applicò sul viso. Il freddo gli fece bruciare la ferita.

Il nuvolone era passato. La notte era di nuovo serena.Tom si calò in acqua e sentendo il fondo cedere sotto i piedi si buttò a nuoto e

in due bracciate raggiunse la sponda opposta. Si issò a fatica sul ciglio, aveva le scarpe piene d'acqua; sedette in terra, le tolse, le vuotò, spremette tra le mani le estremità dei pantaloni, si sfilò anche la giacca e la strizzò.

Vedeva ancora sulla strada i mobili fasci di luce frugare i fossi. Rimise le scarpe e lasciandosi guidare dall'istinto attraversò il campo di stoppie e ritrovò il viottolo che conduceva ai casotti.

Ad un tratto una sentinella, credendo d'aver sentito un rumore, gridò: "Chi va là?"

Tom s'appiattò a terra, e la luce della lampadina passò al di sopra di lui. Strisciando silenziosamente arrivò al casotto sessantatré. La porta cigolò sui

cardini. E la voce della mamma, calma, sicura, totalmente desta: "Chi è?""Io. Tom.""Era ora. Al è ancora fuori." ''Avrà trovato una ragazza.""Vai a coricarti. Là, sotto la finestra."Tom trovò il posto riservatogli, si svestì completamente e si cacciò nudo sotto

la coperta. Subito fu colto da brividi, e il dolore della ferita si fece lancinante, e le sue tempie si misero a martellare furiosamente.

Passò tutta un' ora prima che Al rientrasse. Avanzò cauto verso il suo giaciglio e inciampò nei panni bagnati di Tom.

"Ssst!" fece Tom.Al bisbigliò: "Sei sveglio? Com'è che hai i vestiti bagnati?" "Zitto. Ti dirò domani." Il babbo si voltò nel sonno e smise di russare."Hai i brividi," disse Al, "hai freddo?""Zitto. Dormi."Il quadrato del finestrino appariva grigio nel nero della stanza.Tom non poté dormire. Tutti i nervi della faccia ferita tornando in vita

pulsavano furiosamente, e lo zigomo doleva, ma il dolore al naso, rotto e gonfio, era terribile, spaventoso. Tom restò a guardare per il finestrino le stelle viaggiare nel cielo. Di tanto in tanto sentiva il passo della sentinella.

Finalmente i galli cantarono in lontananza e a poco a poco il finestrino si rischiarò. Tom si palpò il gonfiore della faccia e Al borbottò e mormorò nel sonno.

Spuntò finalmente l'alba. Nei casotti addossati l'uno sull'altro la vita si ridestò: rumori di fuscelli rotti, di padelle smosse. All'improvviso la mamma s'alzò a sedere nel crepuscolo grigiastro, la faccia ancora imbambolata; stette un lungo momento a guardare verso il finestrino, poi respinse la coperta e trovò il suo vestito. Ancora seduta, se lo infilò sulla testa tenendo le braccia tese in alto per farlo scorrere giù fino alla vita, poi si mise in piedi e lo tirò giù fino alle caviglie. A piedi nudi andò alla finestra e mentre stava a contemplare il giorno crescere, le sue dita agili sciolsero i capelli, li lisciarono e li riannodarono sulla nuca. Poi rimase ancora un momento immobile con le mani intrecciate sul grembo, il viso ormai in piena luce. Finalmente si voltò, passò cauta tra i materassi e accese la lanterna.

Il babbo si voltò e la guardò tra le palpebre socchiuse. Ella gli disse: "Hai un altro buono?"

"Che? Sì. Di sessanta cents."''Allora alzati e vai a prendermi un po' di farina e di lardo. Svelto, su."Il babbo sbadigliò. "Sarà aperto a quest'ora?""Fatti aprire. Devo darvi da mangiare prima che andate al lavoro."Il babbo infilò i pantaloni e la giacca e si avviò, sbadigliando e stirandosi le

membra, alla porta.I bambini si svegliarono e rimasero ad occhieggiare come topolini dall'orlo

della coperta. Ora il giorno invadeva a poco a poco la stanza, ma pallido ancora, come è prima del levar del sole. La mamma diede un' occhiata in giro ai materassi. Zio John era sveglio, Al dormiva ancora profondamente, Tom... Per un attimo la mamma stette a guardarlo, poi andò rapida a lui. Osservò il gonfiore e le chiazze di livido, e il sangue rappreso sulle labbra e sul mento; sugli orli la ferita cominciava a cicatrizzare.

"Tom," bisbigliò, "cos'è successo?""Zitta, non parlar forte. Una rissa.""Tom!""Non l'ho potuta evitare, mamma."Gli s'inginocchiò accanto. "Sei nei pasticci?"Tom non rispose subito, poi si decise: "Si," disse. "Sono nei pasticci. Al lavoro

non posso andare. Devo nascondermi."I bambini si avvicinarono carponi osservando con occhi curiosi."Mamma, cos'ha fatto?""Zitti! Andate a lavarvi.""Non c'è sapone.""E lavatevi con l'acqua.""Ma Tom cos'ha?""Fate silenzio, dico. E non dite niente a nessuno."I due si ritirarono nell'angolo più lontano, sicuri ormai che la mamma non li

avrebbe passati in rivista.La mamma domandò a Tom: "È una cosa grave?""Naso rotto.""Voglio dire il fatto.""Eh, si, è grave."Al aprì gli occhi e guardò Tom. "Cristo, cosa t'è successo?" "Cosa t'è capitato?" domandò zio John.Il babbo arrivò. "Era aperto." Posò a terra accanto alla stufa il sacchettino della

farina e il pacco del lardo. "Cos'è successo?" domandò.Tom si tirò su un gomito, ma si sdraiò subito di nuovo. "Perdio, sono debole.

Tanto vale raccontare mentre siete tutti qui. Ma i bambini?La mamma guardò i due bambini, rincantucciati vicino al muro.''Andate a lavarvi la faccia," ordinò."No," disse Tom, "è meglio che sentono anche loro; se non lo sanno, possono

ciarlare.""Ma cosa diavolo è successo?" domandò il babbo."Ecco qua. Ieri sera sono uscito fuori per andare a vedere cos' erano tutte quelle

urla... E capito addosso a Casy.""Il predicatore?""Proprio lui. Era lui che aveva organizzato lo sciopero. Era ricercato.”"Ricercato da chi?""Mah, da individui della stessa razza di quelli che ci avevano fermati quella

notte sulla strada. Armati di bastoni, manichi di zappa." Fece una pausa. "L'hanno ammazzato. Spaccata la testa. Io ero lì. Non ci ho visto più. Ho arraffato il bastone." Parlando, rivedeva la notte, il buio, i fasci di luce. "E... ho colpito uno."

La mamma si sentì fermare il respiro. Il babbo s'irrigidì. "È morto?" domandò, senza accento.

"Non lo so. Ero fuori di me. Ho cercato di ucciderlo."La mamma domandò: "T'hanno visto?""Non so, non so, credo di sì. Avevano i proiettori."La mamma rimase un attimo a guardarlo in fondo agli occhi. Poi disse al

babbo: "Rompimi un po' di legna. Devo preparare la colazione, dovete andare al lavoro. Ruth, Winfield, se vi chiedono qualcosa, Tom è malato, capito? Se parlate, lo... mettono in prigione, capito?"

"Sì, mamma."Si rivolse a zio lohn. "Tienli d'occhio tu, John. Vedi che non parlino con

nessuno." Andò subito a preparare il fuoco appena il babbo ebbe rotto la cassetta con la quale aveva portato la spesa. Preparò le ciambelle e mise il caffè a bollire. Il legno dolce s'accese e la fiamma crepitò nel fornello.

Il babbo venne vicino a Tom. "Casy... era un bravo uomo. Com'è che s'era messo in quei pasticci?"

Tom disse brevemente: "Erano venuti a lavorare per cinque cents.”"È quello che prendiamo noi.""Già. Ma poi li han ridotti a due e mezzo, e han fatto sciopero, e noi siamo

venuti a far fallire lo sciopero.""Impossibile mangiare, con due cents e mezzo.""Apposta han scioperato. Ad ogni modo, credo che lo sciopero è fallito

stanotte. E vedrai che oggi stesso ci riducono anche noi a due cents e mezzo.”"Figli di puttane...""Povero Casy. Era un brav'uomo. Dio, non posso levarmi dalla testa lo

spettacolo del suo cranio ridotto a poltiglia!" Si coprì gli occhi con la mano."E adesso cosa si fa?" domandò zio John.Al era vestito. Disse: "Per conto mio so quello che ho da fare, per dio. Io me ne

vado.""No, Al," disse Tom, "adesso sei indispensabile alla famiglia. Io sono un

pericolo per la famiglia. Appena mi reggo in piedi debbo squagliarmi. "La mamma sfaccendava al fornello, ma con la testa mezza voltata per non

perdere una parola.Tom continuò: "Tu devi restare, Al. Devi badare al camion." "Oh, non ne ho propria voglia.""Non puoi tirarti indietro, Al. È la tua famiglia. Te puoi essere d'aiuto. Io

rappresento un pericolo per la famiglia."Ma Al era adirato. "Non capisco perché non posso essere libero di trovarmi un

posto in un garage.""Più in là, forse."Tom diede un'occhiata a Rosa Tea, ancora coricata, che lo

guardava con enormi occhi spalancati. "Non preoccuparti," le disse, "oggi ti porteranno un po' di latte." Ella batté le palpebre ma non rispose.

Il babbo disse: "L'importante è di sapere se l'hai ammazzato o no.”"Come vuoi che lo sappia? Era buio. E qualcuno mi ha rifilato quella botta.

Proprio non lo so, ma spero di sì, spero di averlo accoppato, quel bastardo.""Tom!" esclamò la mamma, "non parlare così."Si udì provenire dalla strada il rumore di varie macchine che procedevano

adagio. Il babbo si avvicinò alla finestra e guardò fuori. "Tutto un battaglione di nuovi lavoratori che arrivano," disse.

"Credo proprio che lo sciopero è fallito," disse Tom, "e scommetto che da oggi vi pagano due cents e mezzo."

La mamma voltò le ciambelle e rimescolò il caffè. "Sentite," disse, "oggi vi farò la polenta, e appena abbiamo fatto abbastanza soldi per comprarci la benzina, ce ne andiamo. Questo posto non mi piace. E Tom non lo lascio andar via, nossignori."

"Non puoi opporti, mamma, t'ho detto che sono un pericolo per voialtri. "La mamma protese il mento. "Faremo come ho detto io," disse, inflessibile.

"Su, venite a mangiare quel che c'è. Poi andate al lavoro. Appena ho rigovernato vengo a dare una mano anch'io. Dobbiamo far soldi."

Gli uomini mangiarono le ciambelle così calde che si scottarono i palati, e trangugiarono alla svelta due tazze di caffè ciascuno.

Zio John, scotendo la testa sul petto disse: "Tutto a causa dei miei peccati. ""Oh piantala!" sbottò il babbo, "non è il momento per pensare ai tuoi peccati.

Andiamo, su. Bambini, venite anche voi. Mamma ha ragione, dobbiamo andarcene di qui al più presto."

Usciti gli uomini e i bambini, la mamma portò a Tom un piatto e una tazza. "Meglio mangiare qualcosa."

"Non posso, mamma. La ferita mi fa male, non posso masticare." "Prova.""No, non posso."Ella sedette sull'orlo del suo materasso. "Ho bisogno di sapere i particolari,

voglio vederci chiaro. Racconta. Cosa faceva Casy? Perché l'hanno ammazzato?"

"Faceva niente. Era lì in piedi, nella luce dei proiettori.""Ma cos'ha detto? Non ti ricordi cos'ha detto?""Certo che mi ricordo. Ha detto, non avete diritto di far morire la gente di

fame; e l'uomo tarchiato gli ha dato del bolscevico figlio di puttana, e Casy ha detto, non sapete quello che fate e l'altro lo ha accoppato. "

La mamma abbassò gli occhi e si torse le mani. "Ha detto così? Ha detto non sapete quello che fate?11"

"Sì..."La mamma esclamò: "La nonna avrebbe dovuto sentirlo!""Senti, mamma, io non sapevo quello che facevo, come uno che non s'accorge

di respirare, neanche mi sono accorto che stavo per farlo.""Capisco, Tom. Certo era meglio se non lo facevi. Era meglio se non ti trovavi

là. Ma, una volta Il, hai fatto quello che dovevi fare. Credo proprio che non hai nessuna colpa." Andò alla stufa, e inumidì un panno con l'acqua calda. "To', mettiti questo sulla faccia."

Tom se lo applicò in modo che coprisse il naso e la guancia, e il caldo troppo intenso gli fece fare una smorfia. "Mamma, bisogna che vada via stanotte. È troppo pericoloso per voi se sto qui."

La mamma ribatté irritata: "Tom, c'è tante cose che non capisco, ma a cosa serve se vai via? Solo a renderci più tristi." E continuò: "Una volta, quando s'era sul nostro, la terra serviva a tenere la famiglia unita. I vecchi morivano, i bambini nascevano, e la famiglia era sempre quella, intatta. Adesso è lo sfacelo. Al non fa che pensare a mettersi da solo. Zio John si contenta di farsi rimorchiare. Il babbo ha perduto il suo posto, non è più il capo della famiglia. Non è neanche più una famiglia, ormai. E Rosatè..." si guardò attorno e incontrò gli occhi spalancati di sua figlia, "... Rosatè sta per mettere al mondo la sua creatura, e anche per loro non c'è una famiglia. Winfield cosa può diventare, in queste condizioni, e Ruth? due selvaggi. Non c'è più niente in cui credere. No, Tom, non andartene; rimani, e aiutaci!"

XXVIII [L'addio di Tom]

La mamma si mise a quattro gambe, sentì sotto le mani il terreno sabbioso e asciutto, e dopo un momento i suoi occhi s'abituarono al buio e le sue mani trovarono la coperta di Tom. Inoltrandosi nel covo dopo di lei, Tom provvedette a

11 Le ultime parole di Casy colpiscono particolarmente mamma Joad perché riecheggiano da vicino le parole di Gesù sulla croce: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Casy, il predicatore incoerente, peccatore e incredulo, diventa simile a Cristo morendo nella lotta per i poveri.

ricoprire di frasche l'apertura.Nella tana ora c'era il buio più assoluto."Dove sei, mamma?""Qui, Tom, qui. Parla piano.""Sta' tranquilla. Sto diventando un coniglio." Lo udì che disfaceva il pacco."Braciole di maiale con patate fritte," disse la mamma. "Formidabile," fece

Tom, "e ancora calde."La mamma non poteva vederlo affatto, ma lo sentiva masticare e inghiottire."Bel nascondiglio, vero?" disse Tom."Senti, Tom..." disse la mamma, a fatica, "... Ruth ha parlato."Lo udì sforzarsi ad inghiottire."Ruth? E perché?""Non per cattiveria, ha litigato con un' altra bambina, e così ha gridato che

aveva un fratello capace di darle al fratello dell'altra, sai come fanno, e... ha detto che suo fratello aveva ucciso uno e che stava nascosto..."

Tom sogghignava: "Gliel'ho sempre detto, a zio John, di tener d'occhio i bambini, ma non m'ha voluto dar retta. Ma poco male, mamma; solo ciance di bambini..."

"No Tom. Quei bambini lo ripetono in giro, la voce circola, e vedrai che tra poco lo viene a sapere anche la polizia. Tom, io dico che devi assolutamente andar via."

"È quello che ho sempre detto io. E poi ho sempre avuto paura che qualcuno ti vedesse a portarmi il mangiare."

"Lo so, Tom, ma io ti volevo vicino... ero in pensiero per te. In fondo non ti ho mai visto... e neanche ora ti posso vedere. La ferita come va?"

"Si rimargina abbastanza presto.""Vieni più vicino, Tom, voglio sentire con le mani, vieni più vicino." Tom si

trascinò presso di lei, ed ella brancolò nel buio e passò le dita delicatamente sul suo naso e sulla guancia. "È una grossa cicatrice, Tom, e il naso è storto."

"Può essere una buona cosa, così nessuno magari mi riconosce. Il guaio è che hanno le mie impronte digitali." Si rimise a mangiare.

"Zitto!" bisbigliò la mamma. "Senti?""Niente. Il vento."Ella gli si fece più vicino. "Voglio toccarti ancora," disse, "è come se fossi

cieca, è così buio. Voglio che almeno le mie dita possano ricordarti. Devi andar via, Tom."

"Lo so. Lo sapevo fin dal principio.""Ce la siam cavata abbastanza bene, finora. Ho messo da parte, sai. Dammi la

mano, Tom, t'ho portato sette dollari.""Non li voglio. Posso benissimo far senza."

"No, no, dammi la mano, Tom. Non dormo più se non li prendi. Puoi aver bisogno di un autobus o qualcosa del genere perché è meglio che vai via lontano, magari cinquecento chilometri."

"No, non lo prendo.""Tom," diss'ella con fermezza, "devi prenderlo, capisci? Non hai diritto di

farmi star male.""Ma non è giusto, mamma!""Pensavo che potresti andartene in una grande città. Los Angeles, per esempio.

Là, nessuno ti troverebbe.""Sicuro. Senti, mamma. Sai a chi penso continuamente da quando sto

nascosto? A Casy. Parlava tanto, e qualche volta mi seccava, ma adesso mi tornano alla mente le cose che diceva e, non so perché, ci rumino su tutto il tempo. Diceva che una volta era partito nel deserto, era andato per cercarvi la sua anima, e aveva scoperto che non aveva un'anima che fosse sua, ma che era solo un pezzo di un'altra anima immensa. E aveva capito che non bisogna andare a vivere nel deserto, perché lì il nostro pezzo d'anima non può servire da sola, serve soltanto quando sta con gli altri pezzi dell'anima grande, e cioè quando si vive in mezzo agli altri uomini. Quando mi diceva queste cose, non mi pareva neanche di stare ad ascoltare; eppure adesso me le ricordo per filo e per segno. È perché anch'io ora ho capito che non bisogna starsene soli."

"Casy era un brav'uomo," disse la mamma.Tom continuò: ''Alle volte raccontava parabole della Scrittura. Me ne ricordo

una, perché me l'ha ripetuta due volte.""Com' era, Tom?""Diceva: Due è meglio che uno, perché ricavano maggior profitto dalle loro

fatiche. Se uno cade, l'altro lo aiuta a rialzarsi, ma guai a chi è solo e cade, perché non c'è nessuno che lo aiuta.12"

"Zitto... Hai sentito?""È solo il vento, mamma." “Allora, Tom, cosa pensi di fare?"Tom restò a lungo in silenzio. "Pensavo a come andavano le cose nel

campeggio governativo, tutta brava gente che si governava da sé, senza bisogno di guardie armate di fucile o di pistola. E c'era più ordine là dentro che fuori. Mi chiedevo perché non si potrebbe fare così dappertutto: dare la terra ai lavoratori e lasciare che se la lavorino secondo le loro regole per sostentarsi, e così vivano come piace a loro."

"Tom," ripeté la mamma, "cosa pensi di fare?""Quello che faceva Casy."

12 La frase biblica si trova nel libro di Qoelet (4,9-10).

"Ma l'hanno ammazzato!""È stata una disgrazia, non aveva preso precauzioni. Ma non faceva mica

niente contro la legge.""Ma ti daranno la caccia come al figlio della Floyd.""Tanto mi danno la caccia lo stesso. E poi, siamo tutti perseguitati. Ad ogni

modo, non ho ancora deciso niente, non posso dirti nulla di preciso, non stare a domandarmi..."

Rimasero qualche secondo senza parlare, poi la mamma disse: "Come farò a sapere quello che ti succede? Possono ucciderti, possono farti del male, come farò a sapere?"

Tom rise un po' nervoso: "Mah, forse aveva ragione Casy, e ognuno di noi non ha un'anima propria ma solo un pezzo di un' anima grande..."

"Ma non capisco, Tom, non so cosa vuoi dire.""Neanche io lo so; per ora è inutile parlare di progetti. E adesso faresti bene a

rientrare."“Allora prendi il denaro."Tom esitò ancora un momento. "E va bene," disse poi."E, Tom, più tardi... quando non c'è più pericolo, ritorna. Ci troverai?""Certo. Ora è meglio che vai. Dammi la mano." La guidò verso l'uscita; le dita

della mamma s'avvinghiavano attorno al suo polso. Egli spostò le frasche per farla passare, e la seguì. "Cammina qui lungo questo solco finché arrivi a un sicomoro che è laggiù alla fine del campo, poi attraversa il torrente. Addio."13

“Addio, Tom," rispose la mamma e si allontanò rapidamente. Gli occhi umidi le bruciavano, ma non pianse. Il suo passo era pesante, rumoroso sulle foglie, ed ella non se ne curava.

Traduzione italiana di Carlo Coardi, ed Rizzoli, 1940

Notizie dell'autoreJohn Steinbeck nacque a Salinas (California) nel 1902 e morì a New York nel 1968.

13 Inspiegabilmente, mancano qui, nella traduzione italiana, alcune delle parole più famose del romanzo, che Tom rivolge alla madre prima di lasciarla: “Ovunque ci saranno bambini affamati che piangono, ovunque ci saranno persone non libere, ovunque ci saranno uomini in lotta per i loro diritti, io sarò lì, mamma.” Queste parole si trovano citate nella canzone di Woody Gutrie Tom Joad (1945) e riprese più recentemente da Bruce Springsteen in The Ghost of Tom Joad (1995)

Interrotti gli studi universitari nel 1926, mosso da un profondo interesse per i problemi sociali, si unì nell'Oklahoma a un gruppo di lavoratori agricoli che emigravano verso occidente. Tra le opere nate da questa esperienza, la più notevole è La battaglia (In dubious battle, 1936), storia di uno sciopero di raccoglitori di frutta, che interpretava l'amarezza nata dalla “grande crisi” e portava alla ribalta la condizione dei braccianti. Temi analoghi ritornano nel suo romanzo più famoso, Furore (The Grapes of Wrath, 1939). Il contributo politico di questo romanzo è stato paragonato al ruolo svolto nell'Ottocento da La capanna delle zio Tom. Oltre ai romanzi di denuncia sociale, considerati i suoi migliori, Steinbeck ne scrisse altri che rivelano una vena tra picaresca e romantica. I più notevoli sono Pian della Tortilla (1935), Uomini e topi (1937), Vicolo Cannery (1945). Durante la seconda guerra mondiale, Steinbeck impegnò il suo prestigio di scrittore nell'attività di corrispondente di guerra e di autore di libri di propaganda bellica: in particolare si ricorda il romanzo La luna è tramontata (1942), che ebbe grande notorietà. Le opere più tardi di Steinbeck non raggiungono mai la potenza raffigurativa delle sue creazioni precedenti, ma alcune sono notevoli, come La valle dell'Eden (1952) o la sceneggiatura per il film Viva Zapata! (1952). Nel 1962 fu assegnato a Steinbeck il premio Nobel per la letteratura.

Nel 1976 fu pubblicato l'inedito Le gesta di re Artù e dei suoi nobili cavalieri, al quale Steinbeck aveva lavorato tra il 1956 e il '59, con l'intento di fornire un'interpretazione moderna del medievale Morte Darthur di Thomas Malory. Questo lavoro ha messo in luce un volto meno note dello scrittore: il puntiglio erudito, la finezza intellettuale, l'acuta padronanza degli strumenti narrativi.