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1 Dispense di Storia della scienza L’evoluzione dell’evoluzionismo Introduzione: la spiegazione dei termini A) L’evoluzione è la trasformazione delle specie, nel corso del tempo; esso è un cambiamento graduale e lentissimo, che si verifica in una o più popolazioni di ogni specie e diventa percettibile nell’arco delle centinaia di migliaia di anni. Nessuna specie oggi vivente è primitiva, altrimenti sarebbe estinta; invece, è vero che tutte esse sono evolute, proprio in quanto esistenti ai giorni nostri. Ricordiamo la seguente massima: “Gli individui mutano, le popolazioni evolvono”. B) L’idea contraria, secondo cui le specie rimangono immutate nel corso del tempo, si chiama “fissismo”. C) La selezione naturale è il “motore” principale dell’evoluzione. Si traduce nella fitness darwiniana (“successo riproduttivo”). Se in una popolazione ci sono degli individui diversi geneticamente, solo quelli che si riproducono più e meglio degli altri sono, per definizione, i meglio adattati all’ambiente e, dunque, quelli destinati a propagare la specie. D) L’evoluzionismo è la teoria scientifica dell’evoluzione. Essa non è una semplice ipotesi, perché con questo termine s’intende una spiegazione razionale ancora in attesa d’essere verificata sperimentalmente. L’evoluzionismo non è neppure una teoria filosofica,

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Dispense di Storia della scienza

L’evoluzione dell’evoluzionismo

Introduzione: la spiegazione dei termini

A) L’evoluzione è la trasformazione delle specie, nel corso del tempo; esso è un cambiamento

graduale e lentissimo, che si verifica in una o più popolazioni di ogni specie e diventa percettibile

nell’arco delle centinaia di migliaia di anni. Nessuna specie oggi vivente è primitiva, altrimenti

sarebbe estinta; invece, è vero che tutte esse sono evolute, proprio in quanto esistenti ai giorni

nostri. Ricordiamo la seguente massima: “Gli individui mutano, le popolazioni evolvono”.

B) L’idea contraria, secondo cui le specie rimangono immutate nel corso del tempo, si chiama

“fissismo”.

C) La selezione naturale è il “motore” principale dell’evoluzione. Si traduce nella fitness

darwiniana (“successo riproduttivo”). Se in una popolazione ci sono degli individui diversi

geneticamente, solo quelli che si riproducono più e meglio degli altri sono, per definizione, i

meglio adattati all’ambiente e, dunque, quelli destinati a propagare la specie.

D) L’evoluzionismo è la teoria scientifica dell’evoluzione. Essa non è una semplice ipotesi,

perché con questo termine s’intende una spiegazione razionale ancora in attesa d’essere

verificata sperimentalmente. L’evoluzionismo non è neppure una teoria filosofica, perché riesce a

fare quello che solo le teorie scientifiche riescono a fare, ossia previsioni verificabili.

E) La teoria contraria all’evoluzionismo si chiama antievoluzionismo. L’antievoluzionismo religioso si basa sulla Bibbia (o sui testi sacri delle altre religioni) e si chiama “creazionismo”;

esso ritiene che tutte le specie abbiano la medesima antichità e non abbiano rapporti di parentela

tra di esse. L’antievoluzionismo laico si basa, generalmente, sull’esobiologia, attribuendo la

creazione della vita sulla Terra a una civiltà extraterrestre.

F) Il metodo scientifico (o metodo sperimentale) è la modalità tipica con cui la Scienza procede

per raggiungere una conoscenza della realtà, che sia oggettiva, affidabile, verificabile e

condivisibile. Esso consiste, da una parte, nella raccolta di dati empirici sotto la guida delle

ipotesi e teorie da vagliare; dall'altra, nell'analisi rigorosa, logico-razionale e, dove possibile,

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matematica di questi dati, associando cioè, come enunciato per la prima volta da Galilei, le

«sensate esperienze» alle «dimostrazioni necessarie», ossia la sperimentazione alla

matematica. Il genetista britannico Ronald Fisher1, nel suo libro dal titolo Il progetto degli

esperimenti, del 1935, ha introdotto la regola che gli esperimenti devono essere programmati,

prima d’essere effettuati, affinché i test statistici possano avere una loro validità. In questo

ambito, egli ha coniato i concetti di: “Ipotesi nulla” (H0) e “ipotesi sperimentale” (H1). Fisher ha

affermato (e si trattava di una grande novità nell’ambito del metodo scientifico) che nessuna

ricerca sperimentale può mai dimostrare l'ipotesi sperimentale, ma solo accettare o respingere

l'ipotesi nulla; comunque, effettuare tanti esperimenti in cui si rigetta l'ipotesi nulla aumenta la

credibilità che l'ipotesi sperimentale sia vera.

G) Il falsificazionismo è il requisito logico fondamentale di ogni affermazione scientifica, come

ha chiarito l’epistemologo Karl Popper. Il nuovo concetto popperiano di falsificabilità si oppone

nettamente al vecchio concetto positivista di verificabilità, per il quale erano significative solo le

asserzioni verificabili induttivamente; le asserzioni della metafisica, che non lo sono, non

venivano da esso ritenute significative. La metafisica, per Popper, non è più un insieme di teorie

e fedi prive di senso, come per il positivismo; non è nemmeno la “filosofia prima” di Aristotele né,

in generale, lo studio delle verità ultime e trascendenti. Essa è semplicemente ogni postulato,

dotato di senso e significato, che non è falsificabile, ma che può venire in aiuto alla scienza e al

ricercatore fornendogli idee e prospettive per inquadrare i problemi o, addirittura, può diventare

scienza, col crescere del sapere di sfondo.

H) Il neodarwinismo è la forma attuale dell’evoluzionismo. Dal Settecento a oggi si sono

succeduti vari evoluzionismi, ma ormai sono stati tutti abbandonati. Il neodarwinismo è la

versione aggiornata del darwinismo ottocentesco, conseguente alla riuscita armonizzazione con

le leggi della genetica di Gregor Mendel. L’artefice di tale riuscita “sintesi neodarwiniana” è

stato Ronald Fischer, nell’importante saggio La teoria genetica dell’evoluzione (1930). Se non

fosse avvenuta questa conciliazione intellettuale tra Darwin e Mendel, oggi non ci sarebbe

nessuna teoria dell’evoluzione. Dunque, chi ancora oggi continua ad attaccare Charles Darwin

non sa nemmeno che sta sbagliando “bersaglio”, poiché dovrebbe prendersela, semmai, con

Ronald Fischer.

I) Destra, Sinistra e Centro sono denominazioni politiche, che ritroveremo spesso più avanti,

perciò conviene chiarirne l’origine e il significato fin da subito. Nel maggio 1789, quando si 1 Sir Ronald Fisher (1890-1962) è stato professore di genetica, presso l'Università di Cambridge. Nel 1918, ha dimostrato matematicamente che i caratteri genetici seguono le leggi di Mendel e si distribuiscono secondo una curva di Gauss. Nel 1930, ha proposto la teoria genetica della selezione naturale.

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riunirono gli Stati Generali di Francia, i membri della Nobiltà e dell’Alto clero si disposero subito

nelle prime file, proprio davanti al Re, che presiedeva l’assemblea. Successivamente, i membri

della Borghesia si divisero nell'emiciclo: i più ricchi e conservatori a Destra, i più poveri e

rivoluzionari a Sinistra e i moderati al Centro, spregiativamente soprannominato “palude”, in

quanto spazio privo di una marcata identità politica. Nella successiva Assemblea Nazionale della

Francia rivoluzionaria, si semplificò la sistemazione dell'emiciclo: a Destra si collocarono i

sostenitori della monarchia costituzionale, mentre a Sinistra quelli della repubblica democratica.

Infine, nella Francia della Restaurazione, i sostenitori della monarchia costituzionale si

spostarono al Centro, quelli della monarchia assoluta a Destra e quelli della repubblica

democratica a Sinistra. In Gran Bretagna, invece, nella Camera dei “comuni” (i borghesi), a

Destra sedevano i ricchi conservatori Tories (oggi Conservatives), a Sinistra i riformatori Radicals

(oggi Labourists) e al Centro i moderati Whigs (oggi Liberal-Democrats). Infine, nel Congresso

degli Stati Uniti, che ha ispirato il Parlamento della Francia rivoluzionaria, a Destra si sono

sempre seduti i conservatori (Republicans) e a Sinistra i riformatori (Democrats).

Capitolo 1: L’evoluzionismo nell’Antichità

Prima d’arrivare alla Scienza moderna con Galilei, nel XVII secolo, la filosofia è stata per

parecchi secoli l’unica alternativa alla religione nel rispondere alle domande sulla natura e

sull’uomo.2 Scrive la storica della scienza statunitense Jennifer M. Hecht3 nel saggio dal titolo Il Dubbio: una storia (Ariele, 2009). «Nella seconda metà del VI sec. a.C., nella Ionia,4

cominciarono a dibattere i primi filosofi occidentali. Erano i cosiddetti “presocratici”, in quanto

vissuti prima di Socrate, e ciò che contraddistingueva questo nuovo tipo di pensiero è che esso

tentava di spiegare l’Universo riflettendoci sopra, piuttosto che affidandosi a una tradizione

preesistente. Così, la nascita della filosofia coincise con la nascita del dubbio. Anassimandro da Mileto (VI sec. a.C.) è il primo filosofo di cui abbiamo notizie scritte (del primo in assoluto, Talete

da Mileto, non c’è rimasto niente di scritto). Egli spiegava il mondo, senza fare riferimento agli

dèi. Nella sua descrizione, gli esseri umani stanno al centro di un Universo profondamente

2 La filosofia non è morta ai giorni nostri. Adesso, essa si occupa essenzialmente del linguaggio (linguistica) e della scienza (epistemologia). 3 Jennifer Michael Hecht (1965-vivente) si è laureata in storia presso l'Università Adelphi, di New York. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia della Scienza, presso l’Università Columbia di New York. Ha insegnato al Nassau Community College, nella Contea di Nassau dello Stato di New York. Infine, come professore associato di storia, ha insegnato all’Università Columbia di New York ed è membro del New York Institute for the Humanities. Il brano in questione è tratto da Il Dubbio: una storia (Ariele, 2009).4 Ionia, regione della Turchia sulle coste del mare Egeo, con capoluogo Smirne. Anticamente era abitata da genti elleniche e conteneva le più belle e ricche città elleniche d’allora: Mileto, Efeso, Colofone, Samo, ecc. Non è un caso che in quelle stesse città fiorirono le prime scuole di filosofia del mondo occidentale.

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interconnesso, che continua i suoi cicli, senza la spinta di alcuna divinità: che balzo enorme

verso il razionalismo!»5

La figura d’Anassimandro è così complessa e affascinante che anche gli scienziati hanno

incominciato a interessarsene. Il fisico teorico Carlo Rovelli, per esempio, dice nel saggio dal

titolo Che cos’è la scienza: la rivoluzione di Anassimandro (Mondadori, 2014): «C’è un altro

terreno in cui il naturalismo d’Anassimandro ha un successo che rasenta il prodigioso: le sue

riflessioni sull’origine della vita e degli esseri umani. Anassimandro parla dell’origine della vita nel

mare; parla espressamente di un’evoluzione delle specie viventi, la connette all’evoluzione delle

condizioni climatiche: le prime specie sono marine, poi con l’asciugarsi della Terra, queste sono

migrate e si sono adattate alle terre asciutte. S’interroga, quindi, su quali esseri viventi possano

avere generato i primi esseri umani. Si tratta di una problematica che tornerà solo in secoli

recenti e con i grandi risultati che sappiamo. Pur con tutti i suoi limiti, resta il fatto che leggere

queste riflessioni nel VI secolo a.C. lascia stupefatti. (…) Come ha fatto Anassimandro a capire

tutto questo? Non lo so e non voglio addentrarmi in ipotesi. La chiave è, forse, semplicemente lo

scetticismo rispetto alle spiegazioni comuni.»6

Dunque, è stato Anassimandro il primo evoluzionista della storia occidentale? Tale affermazione

pare troppo audace all’epistemologo francese André Pichot, del CNRS, che nel saggio dal titolo

La nascita della scienza: Mesopotamia, Egitto, Grecia (Dedalo, 1993), invita alla prudenza.

Riconosce che «è però notevole che la sua biologia ponga per questa via la natura animale

dell’uomo e si sforzi di darne una giustificazione razionale. (…) Ciò che colpisce in questa

biologia è che essa è completamente separata dalla medicina; non ha altra finalità fuorché

esplicativa e nessuna finalità medica pratica. Questa biologia tende alla spiegazione naturale e

razionale e può articolarsi con le concezioni fisiche di Anassimandro.»7

Sappiamo che la filosofia greca non presupponeva la pedissequa obbedienza dei discepoli verso

l’autorità dei maestri, ma anzi premiava la libera discussione e addirittura contestazione di quelle

idee, pur nel rispetto verso il maestro come persona: è lo stesso atteggiamento mentale che si ha

ancora oggi nella Scienza. L’unica eccezione notevole in tal senso, nell’Antichità, è stata quella di

Pitagora, che si poneva come una sorta di semidio nei confronti dei suoi discepoli. Sappiamo

anche che Anassimandro ha avuto, tra gli altri discepoli, anche Anassìmene da Mileto, il quale ha

5 In: Op. cit. 6 Carlo Rovelli (1956-vivente) è un fisico teorico, tra gli iniziatori della teoria della gravità quantistica a loop. Ha svolto ricerche begli USA e ora dirige il Centro di fisica teorica dell’Università di Aix-Marsiglia, in Francia. Si è occupato anche di storia della scienza e di filosofia della scienza. Il presente brano è tratto da: Che cos’è la scienza: la rivoluzione di Anassimandro (Mondadori, 2014). 7 In: La nascita della scienza: Mesopotamia, Egitto, Grecia (Dedalo, 1993).

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avuto come discepolo Anassagora da Clazòmene, il quale ha insegnato a Socrate da Atene, il

quale ha fato lo stesso con Platone da Atene (V-IV sec. a.C.).

Ovviamente, per contestare radicalmente le idee del proprio maestro, come per esempio ha fatto

Socrate con Anassagora, bisogna prima averle ben conosciute, rimanendone in parte influenzati.

Perciò non è del tutto da escludere una lontana eco, affievolita e distorta, di Anassimandro nelle

parole che Platone usa per spiegare l’origine delle specie, nel suo dialogo dal titolo Timeo nella traduzione di Giuseppe Fraccaroli (cap. 44, pagg. 386-387, ed. F.lli Bocca, 1906): «Gli uccelli

nacquero per trasmutazione, con penne in cambio di peli, da uomini ingenui e di mente leggera,

che pensavano di poter dimostrare con la vista le cose del cielo. Gli animali terrestri derivarono,

invece, da uomini rozzi, che non si erano mai serviti della filosofia per esaminare la natura del

cielo. Riguardo ai pesci, ai molluschi e a tutti gli altri animali acquatici, essi derivarono da uomini

le cui menti erano irrimediabilmente immerse in ogni tipo di errore e così furono privati perfino

dell’aria e fatti per respirare nell’acqua, pena della loro estrema ignoranza. Questi sono i principi

per cui gli animali si trasformano e si trasformarono sempre l’uno nell’altro e questa

trasformazione dipende dalla perdita o dal guadagno d’intelligenza o di stoltezza.»8 Dunque,

mentre per Anassimandro gli uomini discendevano da “pesci o animali simili a pesci”, invece per

Platone gli uomini non discendono da niente e da nessuno, mentre gli animali (e le donne!)

derivano dagli uomini degenerati.9 Sebbene questa spiegazione sia completamente sbagliata dal

punto di vista scientifico, tuttavia rimane il fatto che si tratta pur sempre di un’idea di

trasformazione delle specie nel tempo, cioè di evoluzione. Nel Settecento, Buffon ha ripreso

l’idea dell’evoluzione per degenerazione e ai nostri giorni anche il biologo antidawinista Giuseppe

Sermonti ha affermato che “le scimmie discendono dall’uomo per devoluzione”; però, non è

riuscito a portare prove a sostegno della sua ipotesi che, perciò, non è una vera teoria scientifica.

A sua volta, anche Platone ha avuto vari discepoli, ovviamente. In particolare, quello che egli

soprannominava nous (“mente”) si chiamava Aristotele da Stagira (IV sec. a.C.). Questi aveva

una posizione più ambigua rispetto al suo maestro riguardo l’evoluzione delle specie. Da un lato,

infatti, ha classificato sistematicamente le specie animali10 in base alla complessità anatomica e

funzionale dei loro corpi. Ha creato, in questo modo, la cosiddetta “Scala della natura”, ossia una

disposizione gerarchica delle specie animali, in base al loro grado crescente di complessità

8 In: Timeo, trad. Giuseppe Fraccaroli, cap. XLIV, 386-387 (Fratelli Bocca, 1906). 9 Nel Settecento, Buffon ha ripreso l’idea dell’evoluzione per degenerazione e ai nostri giorni anche il biologo antidawinista Giuseppe Sermonti ha affermato che “le scimmie discendono dall’uomo per devoluzione”. Però, non è riuscito a portare prove a sostegno della sua ipotesi che, perciò, non è una vera teoria scientifica. 10 Per avere una prima classificazione sistematica delle piante bisogna aspettare il successore immediato di Aristotele, Teofrasto (374-287 a.C.).

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anatomico-funzionale: al gradino più basso stavano gli animali invertebrati più semplici, poi quelli

più complessi e in quello più alto stava l’uomo. L’idea dalla quale Aristotele partiva per costruire

la Scala della natura era il fissismo, vale a dire l’antievoluzionismo più puro. Dall’altro lato, però,

egli sembrava pensare come Darwin, quando diceva che la variabilità naturale si origina

spontaneamente e casualmente e che a essa poi segue la selezione accurata delle varianti più

adatte alle circostanze contingenti. Il passo (in Fisica, II, 8, 2) è il seguente: «Che cosa impedisce

che i rapporti tra le differenti parti del corpo siano puramente accidentali? Gli incisivi, per

esempio, sono taglienti e servono per spezzare un cibo, mentre i molari sono piatti e servono per

masticarlo. Essi, però, non sono stati fatti con questo scopo: la loro forma è il risultato del caso.

Lo stesso vale per tutte le parti del corpo che sembrano essere naturalmente destinate a qualche

scopo particolare. Quelle costituite in maniera adatta, grazie a una loro spontaneità interna, si

sono conservate, mentre quelle non costituite in tale maniera sono perite e continuano a

perire.»11

Aristotele pensava che tutto nella natura avvenisse per un qualche fine, più o meno misterioso.

Non la pensava così il poeta latino Tito Lucrezio Caro (94-56 a.C.), autore del lungo poema De

rerum natura (Sulla natura delle cose), in realtà “uno dei primi trattati di biologia della cultura

occidentale” (Vittorio Sgaramella). A un certo punto del Libro IV si leggono questi straordinari

versi: «Evita attentamente di compiere l’errore di pensare che gli occhi siano stati creati affinché

noi possiamo vedere, i piedi e le gambe per camminare, le mani e le braccia per afferrare. Chi

dice così sragiona e scambia gli effetti con le cause, perché non sono le funzioni ad avere creato

gli organi, bensì gli organi ad avere creato le funzioni.» Aristotele aveva affermato, nella sua

opera dal titolo Le parti degli animali, che “la funzione crea l’organo” e i filosofi stoici in questo

concordavano con lui. È contro tutti costoro che Lucrezio se la prende quando afferma: “Chi dice

così sragiona”.

Più avanti (Libro V), Lucrezio critica anche Anassimandro (dimostrando così d’averlo studiato) e

dice: «In principio, la Terra generò le specie vegetali e tinse di uno splendido verde smeraldo i

colli e le pianure. Specie diverse di alberi gareggiarono fra loro a crescere nell’aria. Come peli e

pellicce spuntano sul corpo dei mammiferi e piume e penne sulla pelle degli uccelli, così dalla

terra spuntarono erbe e germogli. In seguito, apparvero molte specie animali, generate nei modi

più disparati e aventi le nature più diverse. Gli animali, infatti, non possono certo essere caduti

dal cielo, come pretendono gli stoici, né essere usciti dagli abissi salati, come pensava

11 In: Fisica, II, 8, 2

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Anassimandro. Dunque, rimane solo la possibilità che sia stata la Terra a generarli, meritando

così il suo nome di Grande Madre.»

Lucrezio continua facendo un elenco, in forma poetica, della graduale comparsa dei vari gruppi di

organismi, nel corso del tempo; è notevole che scriva che dapprima essi erano “di dimensioni

molto maggiori” rispetto a quelli attuali, quasi come se gli fosse capitato d’osservare qualche

fossile e avesse intuito che era appartenuto a qualche enorme animale, che oggi avremmo

chiamato dinosauro: «Inoltre, ancora oggi la Terra genera molti esseri, stimolata dall’umido della

pioggia e dal calore del Sole. Non stupisce, dunque, che in passato essa ne abbia generati in

quantità, varietà e dimensioni molto maggiori.»

E conclude dicendo: «Ma ora, come una donna in menopausa, la Terra ha smesso di generare

nuove specie. Il tempo, infatti, corrompe ogni cosa. Tutto cambia, passando da uno stato all’altro,

e niente si mantiene uguale a se stesso. Le cose vecchie marciscono e spariscono, dissolte dal

passare degli anni, mentre nuove cose nascono e crescono. Anche la Terra subisce la stessa

mutevole sorte inflittale dal tempo. E, oggi, essa non può più ciò che poteva, ma può ciò che non

poteva. Infatti, non genera più molti esseri che sono esistiti in passato, ma ne genera di specie

che una volta non esistevano.» L’ultimo verso sembra proprio un’attestazione di pensiero

evoluzionista ante litteram.

Nel “Compendio storico” che apre l’Origine delle specie, il capolavoro di Charles Darwin, non

appare il nome di Tito Lucrezio Caro. Eppure, verso la fine della sua vita, è stato chiesto a

Darwin se avesse mai letto quel poeta, viste le ovvie somiglianze tra la teoria dell’evoluzione e le

descrizioni del De rerum natura. La risposta del naturalista è stata negativa. Tuttavia, egli

conosceva le due opere di suo nonno Erasmus Darwin (1731-1802), che invece il De rerum

natura l’aveva non soltanto letto, ma anche imitato per ben due volte. Il suo poema dal titolo

Giardino botanico, del 1791, e il suo trattato dal titolo Zoonomia, del 1796, erano stati scritti,

infatti, consciamente ed esplicitamente “nello stile di” e “alla maniera di” Lucrezio.

Capitolo 2: L’evoluzionismo nel Settecento

Dopo Lucrezio si è dovuto aspettare quasi duemila anni, cioè fino al XVIII secolo, per incontrare

un altro studioso che ha intuito qualcosa dell’evoluzionismo: lo svedese Karl von Linné12 (1707-

1778). Fin dall’adolescenza egli aveva dimostrato uno straordinario interesse per le piante.

Aveva viaggiato per la Scandinavia, l’Europa centrale e la Gran Bretagna, scoprendo cento

nuove piante. Nel 1735, ha pubblicato il Sistema naturae (Il sistema della natura), che rimane il

12 Non si vede il motivo per cui chiamarlo Carlo Linneo, come alcuni fanno.

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suo capolavoro. I botanici del secolo precedente avevano definito il concetto di specie facendo

ricorso, più che altro, alla forma dei semi. Von Linné, invece, ha inventato per le piante un criterio

di classificazione nuovo, ovvero le caratteristiche sessuali. Ha classificato le piante prima per

numero, proporzione e caratteristiche degli stami13 e poi sui frutti, sulle foglie e così via. Von

Linné è stato il primo scienziato a tentare una classificazione completa di tutti gli organismi

viventi in un sistema completo, proponendo a questo scopo, sia la “nomenclatura binomia”, sia il

raggruppamento in “categorie gerarchiche” (Specie, Genere, Famiglia, Ordine, Classe e Regno),

entrambi tutt’ora in uso. Von Linné ha definito la specie come “un insieme di organismi dotati

delle medesime caratteristiche”, definizione che oggi appare troppo generica per essere

accettata.14 Oggi, si preferisce adottare la definizione data da Ernst Mayr (1904-2005): “Un

insieme di organismi simili tra loro, capaci di riprodursi generando prole fertile”. Ogni specie viene

tuttora designata con due parole latine, delle quali la prima è quella del Genere; per esempio, la

specie del cane è chiamata Canis familiaris, quella del lupo Canis lupus, quella dello sciacallo

Canis aureus, e tutte e tre appartengono al medesimo Genere Canis. Poiché ogni categoria

sistematica è un sottoinsieme di quella immediatamente precedente, fino ad arrivare al Regno

che (ai tempi di Linné) era la più estesa di tutte, quindi questo sistema ha conferito alla

descrizione degli esseri viventi l’aspetto di un albero i cui rami più grandi si suddividono in rami

più piccoli, questi in altri più piccoli e così via: è il cosiddetto “albero della vita”.

Riguardo l’evoluzionismo, anche Von Linné ha avuto come già Aristotele una posizione

intellettualmente ambigua. Da un lato, infatti, sosteneva che le specie non si sono mai

trasformate nel tempo (“fissismo”) fin dal momento in cui Dio le ha create a partire dal nulla

(“creazionismo”) e descriveva il proprio lavoro con il motto: Deus creavit, Linnaeus disposuit (“Dio

creò, Linné dispose”); Linné vedeva se stesso come un nuovo Adamo, infatti sulla copertina del

suo Sistema naturae (Sistema della natura) è raffigurato un uomo che nel Giardino dell’Eden

assegna i nomi alle creature. Dall’altro lato, però, non era del tutto fissista; infatti, ammetteva che

per ibridazione15 e acclimatazione16 possono nascere specie nuove a partire da quelle originarie

create da Dio. Quanto all’uomo, lo collocava correttamente tra le scimmie antropomorfe, anziché

al vertice del Creato, ovviamente suscitando in questo modo le ire della Chiesa cristiana luterana

di Svezia, che ha accusato lo scienziato di “empietà”, come succede sempre a chiunque osi

13 Gli stami costituiscono la parte sessuale maschile del fiore delle Angiosperme. Uno stame è composto da un filamento, più o meno lungo, e da un'antera contenente i granuli di polline. 14 Secondo Ernst Mayr (1904-2005), la specie è: “Un insieme di organismi simili tra loro, capaci di riprodursi generando prole fertile”. 15 Ibridazione: incrocio genetico tra due individui di sesso diverso appartenenti a sottospecie diverse oppure, più raramente, a specie diverse. Nel primo caso, gli ibridi risultano spesso fertili, mentre nel secondo risultano spesso sterili. 16 Acclimatazione: adattamento al clima in una regione geografica.

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sfidare scientificamente la fede religiosa. Ma Von Linné ha affrontato coscientemente il suo

destino, attestando in una lettera del 1747 che «chiamare l’uomo scimmia o la scimmia uomo

irrita i teologi, ma va fatto, perché così ordina la scienza.»

Nel 1749, stavolta nel regno di Francia, è uscito un secondo libro di scienze naturali degno di

nota. S’intitolava Storia naturale generale e particolare ed era stato scritto da Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon (1707-1788). In polemica con il presupposto biblico della fissità delle

specie, egli ha tentato di disporre queste ultime in una successione evolutiva all’interno di una

reale “storia naturale”. Egli ha ipotizzato che, oltre alle numerose creature prodotte per volontà

divina, all’inizio del mondo, col passare del tempo fossero comparsi sulla Terra diversi organismi,

frutto della degenerazione delle creature iniziali perfette; per esempio, gli attuali felini come i leoni

e i giaguari sarebbero la degenerazione di un felino «ideale» estinto. Oggi, sappiamo che questo

punto di vista è decisamente sbagliato, ma alcuni antidarwinisti si ostinano tutt’ora a sostenerlo,

peraltro senza dimostrarlo. L’ipotesi di Buffon, per quanto vaga circa il modo in cui questi

cambiamenti potessero svolgersi, cercava di spiegare la straordinaria varietà di esseri viventi del

mondo attuale (o biodiversità). Ovviamente, anche Buffon è stato accusato dalla Chiesa cattolica,

venendo incarcerato per qualche mese e rimesso in libertà solo dopo avere abiurato il suo libro.

Buffon ha anche collaborato con il terzo intellettuale che ha avuto qualche intuizione

dell’evoluzionismo: Denis Diderot (1713-84), direttore editoriale del celeberrimo Dizionario

ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, universalmente noto come Encyclopédie,

pubblicato a Parigi a partire dal 1751. L’Encyclopedie presentava una visione del mondo

pienamente razionale e associava per la prima volta in modo sistematico la scienza e la tecnica,

riportando le illustrazioni di macchine di ogni genere, in uso nelle botteghe artigiane dei diversi

mestieri, nelle manifatture, nei laboratori di ricerca scientifica e nell’agricoltura: dei 28 volumi di

cui si componeva l’opera, ben 11 erano di tavole illustrate. Il risultato è stato un amplissimo

dizionario, dove tutto era vagliato dalla prova dell’esperienza e del ragionamento, secondo una

sintesi dei programmi scientifici e filosofici di Bacone, Cartesio, Newton e Locke. L’Encyclopedie

insegnava, per la prima volta, a ragionare su argomenti fino ad allora vietati e a svilupparne le

conclusioni, anche se non coincidevano con quelle proclamate dalle autorità politiche e religiose.

Al suo completamento, l’Encyclopedie contava ben 4.300 abbonati: un vero successo per

l’epoca! Manco a dirlo, l’opera ha suscitato immediatamente aspre polemiche da parte del clero e

delle autorità governative, ma i numerosi tentativi d’interromperla o di censurarla sono sempre

falliti. La Chiesa cattolica non ha potuto fare altro che proibire la lettura dell’Encyclopedie ai suoi

seguaci, ponendola all’indice dei libri proibiti, incredibilmente fino al 1966! Riguardo

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l’evoluzionismo, Diderot ha riportato le sue idee in uno scritto minore dal titolo L’interpretazione

della natura (1753). In esso, ha trattato di metodologia della scienza, elogiando la pratica

sperimentale e considerando la natura come una “grande catena”, guidata da un’idea di

metamorfosi continua; perciò, il concetto di “forma” non era un dato fisso, immutabilmente

connesso a un’immagine, bensì un elemento dinamico. Ovviamente, anche per queste sue idee

Diderot è stato prima censurato dai teologi cattolici dell’Università di Parigi e poi costretto ad

abiurare per non essere incarcerato; quando si è pentito del suo pentimento, è stato attaccato

nuovamente dai teologi.

Dopo la parentesi inglese rappresentata dal già ricordato Erasmus Darwin, che non è stato mai

perseguitato per le sue idee, visto che viveva in uno Stato che rispettava la libertà d’opinione,

torniamo in Francia, dove troviamo Jean-Baptiste de Monet, cavaliere di Lamarck (1744-

1829). Nell’opera Filosofia zoologica (1809), egli ha presentato i tre principi della sua teoria

evoluzionistica. Il primo era la “varietà dei viventi”: poche specie sono riuscite a rimanere

immutate nel tempo. Il secondo principio era “l'uso e il non uso degli organi”: le specie hanno, nel

tempo, sviluppato gli organi del loro corpo che permettono di sopravvivere adattandosi

all'ambiente. Per esempio, in un primo momento, sarebbero esistite solo giraffe con il collo corto;

queste ultime, per lo sforzo fatto per arrivare ai rami più alti, sarebbero riuscite a sviluppare collo

e zampe anteriori e, quindi, ad avere organi adatti alle circostanze; per converso, il non-uso di

determinati organi porta alla loro perdita. Il terzo principio era “l'ereditarietà dei caratteri acquisiti

per uso e disuso”: gli individui di ogni specie trasmettono ai loro discendenti i caratteri acquisiti

nel corso della loro vita (il collo e le zampe più lunghi, nel caso delle giraffe). Lamarck, pur

essendo un nobile, aveva appoggiato la Rivoluzione francese, perché non apprezzava la

monarchia assoluta e ne preferiva una costituzionale. Per questo motivo, non gli è toccato il triste

destino di Buffon e Diderot, ma ha potuto scrivere liberamente, senza subire né censure né

processi né arresti, anzi ha ottenuto molto credito anche durante il periodo napoleonico.

Capitolo 3: L’evoluzionismo nell’Ottocento

Dopo la fine del periodo napoleonico, le potenze vincitrici hanno tentato di riportare la cartina

politica dell’Europa a com’era stata prima della Rivoluzione francese. Si parla, perciò, di

“Restaurazione” dell’Ancien régime. Nella smania di restaurare ogni cosa antica, si è tornati

anche all’antievoluzionismo, fondato sui due soliti principi: l’idea che le specie sono fisse e

immutabili nel tempo (“fissismo”) e l’idea che esse sono state create originariamente da Dio

(“creazionismo”). Nel regno di Gran Bretagna, guidata dal partito conservatore dei Tories, la

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cultura e perfino la stampa sono state censurate. Nel 1819, il Parlamento ha approvato una legge

che tassava i giornali che pubblicavano opinioni e prevedeva la condanna all'esilio per i giornalisti

che fossero stati condannati due volte per diffamazione: era un duro colpo alla libertà di stampa.

Come reazione, sono nati a Londra numerosi fogli clandestini, venduti per mezzo di “strilloni”

(costantemente a rischio d’arresto).

Nel regno di Francia, la cultura è passata saldamente in mano a George Cuvier (1769-1832), un

naturalista fissista, creazionista e sostenitore dell’Ancient Régime. Egli ha fondato due nuove

discipline: l’anatomia comparata17 e la paleontologia18 dei mammiferi19. Tuttavia, in

contrapposizione all’evoluzionismo di Lamarck, egli sosteneva la falsa teoria del

“catastrofismo”, secondo cui la maggior parte degli organismi viventi nel passato erano stati

portati all’estinzione da numerosi cataclismi, l’ultimo dei quali era stato il Diluvio universale

descritto nella Bibbia; poi, ogni volta, il mondo era stato ripopolato dalle specie sopravvissute,

che non erano assolutamente imparentate con quelle estinte, in quanto l’evoluzione delle specie

non era nient’altro che “una sciocchezza rivoluzionaria”. Significativamente, Cuvier è stato molto

attivo anche in campo politico: membro del Consiglio di Stato, sia con Napoleone che con i

Borbone, rettore dell'Università di Parigi, presidente del Consiglio della Pubblica Istruzione,

soprintendente della Facoltà di teologia protestante, Grande ufficiale della Legion d’Onore e Pari

di Francia.

Il fatto che uno scienziato antievoluzionista come Cuvier sia stato tenuto in così alta stima dai

sovrani della Restaurazione post-rivoluzionaria non deve meravigliare. Infatti, la sua idea che

nulla cambiasse nella natura rassicurava la Nobiltà e l’Alto clero, i quali volevano che nulla

cambiasse anche nella società umana, in modo che essi potessero conservare per sempre i

propri privilegi economici e sociali. Per contro, sostenere che le specie non umane evolvono

rispetto a come Dio le ha volute all’inizio dei tempi poteva essere troppo facilmente esteso anche

alla specie umana, quasi come se la natura giustificasse i tentativi dei poveri di migliorare la

propria condizione economica e sociale attraverso le rivoluzioni contro i ricchi. Non è un caso,

perciò, come spiega lo storico statunitense Adrian Desmond20, nel saggio dal titolo The politics

17 Anatomia comparata: studia la forma e disposizione degli organi degli esseri viventi, paragonandole a quelle di altri esseri viventi. 18 Paleontologia (dal greco “studio degli antichi esseri”) è la scienza che studia l’anatomia degli organismi estinti a partire dai loro resti fossili.19 Mammiferi (vertebrati portatori di mammelle secernenti latte) è una classe sistematica tuttora esistente, anche se certi suoi ordini sistematici si sono estinti, per esempio: i Notoungulati vissuti nel Miocene, gli Amblìpodi vissuti nell’Eocene, i Condilartri vissuti nell’Eocene inferiore e i Multitubercolati vissuti dal Giurassico all’Eocene. Ovviamente, si sono estinte a maggior ragione le categorie inferiori come: Famiglie, Generi e Specie. 20 Adrian John Desmond (1947-vivente), scrittore inglese di Storia della scienza e autore di libri su Charles Darwin. È un Honorary Research Fellow nel Dipartimento di biologia presso l’University College di Londra. Il brano citato è tratto da The

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of evolution: morphology, medicine and reform in radical London (The University of Chicago

Press, 1989), che a mantenere accesa la fiamma dell’evoluzionismo durante il periodo della

Restaurazione fossero soltanto intellettuali anti-establishment, riformatori sociali, materialisti in

campo filosofico e atei o deisti in campo religioso: «Geoffroy-Saint Hilaire21, in Francia, veniva

ignorato dal clero e dai naturalisti aristocratici, mentre le scuole mediche, famose per essere

fucine del libero pensiero, creavano dei corsi appositi per utilizzare i suoi libri. I seguaci di Jeremy

Bentham22 e i socialisti utopici promuovevano il lamarckismo. Uomini di Sinistra come George J.

Holyoacke23 elogiavano Lamarck per avere supportato “l’evoluzione verso il repubblicanesimo”.»

Le cose incominciarono a cambiare attorno al 1830 che, come sappiamo dai libri di Storia, è

stato un anno di rivoluzioni in tutta l’Europa. Infatti, nel regno di Francia è stato deposto il re

conservatore-reazionario Carlo X di Borbone e il trono è stato dato a suo cugino Luigi Filippo

d'Orleans, il quale ha subito trasformato la monarchia in costituzionale. Nel regno di Gran

Bretagna il partito conservatore-reazionario dei Tories ha perso le elezioni e al suo posto è salito

quello moderato dei Whigs. Come effetto di ciò, le limitazioni contro la stampa sono state via, via

soppresse e la libertà di opinione è stata nuovamente garantita anche agli scienziati. Nel 1837, il

trono è passato a Vittoria di Hannover (1819-1901), il cui lunghissimo regno ha inaugurato quel

periodo di grande sviluppo industriale, politico, militare, culturale, scientifico e tecnologico della

Gran Bretagna, noto come “Età vittoriana”. In questo periodo, troviamo due importanti

evoluzionisti e cioè: Robert E. Grant (1793-1874) e Sir Charles Lyell (1797-1875).

Il Grant, nell’articolo dal titolo Osservazioni sulla natura e l'importanza della geologia (1826), ha

scritto che gli strati geologici successivi sembrano mostrare una progressiva e naturale

successione di animali fossili, i quali "si sono evoluti da un modello primitivo, per circostanze

esterne". Questa spiegazione svela l’influsso dell’evoluzionismo di Lamarck. In effetti, nella

biologia del Grant non c'era posto per il soprannaturale, ma solo per il materialismo trasformista.

Per esempio, Grant credeva alla teoria della generazione spontanea, ossia che la vita può

iniziare anche senza Dio. Questa affermazione d’ateismo aveva scandalizzato il giovane Charles

Darwin, quando era allievo di Grant nell’Università di Edimburgo, mentre oggigiorno essa è

politics of evolution: morphology, medicine and reform in radical London (The University of Chicago Press, 1989), vincitore Premio Pfizer 1990.21 Étienne Geoffroy-Saint Hilaire (1772 – 1844), biologo francese. Nel 1798, partecipò alla grande spedizione scientifica in Egitto al fianco di Napoleone. È considerato uno dei fondatori dell'anatomia comparata. 22 Jeremy Bentham (1748-1832), filosofo e giurista inglese. Politico radicale e teorico influente nella filosofia del diritto anglo-americana. Uno dei primi proponenti dell'utilitarismo e dei diritti degli animali. Influenzò lo sviluppo del liberalismo.23 George Jacob Holyoake (1817-1906), giornalista ed editore inglese. Coniò il termine "secolarismo", nel 1851, e "sciovinismo", nel 1878. Diresse un giornale laico, il Reasoner, dal 1846 al 1861.

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pienamente accettata dalla comunità scientifica internazionale per spiegare l’origine della vita,

nelle particolari condizioni fisico-chimiche della Terra primordiale, molto diverse da quelle attuali.

Sir Lyell, tra il 1830 e il 1833, ha scritto il saggio dal titolo Principi di geologia, nel quale

sosteneva e divulgava la teoria geologica dell’attualismo di James Hutton24 (1726-97).

Secondo questa teoria, le forze che plasmano il mondo sono le stesse che hanno operato nel

passato e che agiscono gradualmente e in modo pressoché costante su tempi molto lunghi.

Questa teoria aveva delle conseguenze sociali importanti e cioè: 1) negava che tutto nella natura

fosse immutabile, eccetto eventi causali e improvvisi come i terremoti, anzi affermava che tutto si

trasformava lentamente; questo contrastava con la teoria delle catastrofi di Cuvier; 2) negava che

la Terra avesse un’età dell’ordine delle migliaia di anni, anzi affermava che ne avesse una

dell’ordine dei milioni di anni; questo contrastava con la datazione fatta dall’arcivescovo

anglicano James Ussher, 25 nel Seicento, sommando le età dei patriarchi ebrei pre- e post-

diluviani; 3) negava che la Bibbia dovesse essere interpretata solo letteralmente, anzi affermava

che potesse essere interpretata anche metaforicamente; questo non veniva mai dichiarato modo

esplicito, per evitare uno scontro frontale con i religiosi fondamentalisti. Comunque, grazie alla

convincente opera di divulgazione di Sir Lyell, l'attualismo è diventato il modello d’evoluzione

geologica accettato dalla comunità scientifica internazionale fino al XX secolo, quando è stato

rimpiazzato dalla “teoria della tettonica a placche”. Charles Darwin aveva, intelligentemente,

deciso di portare con sé una copia del saggio di Sir Lyell, durante il suo viaggio attorno al mondo

(1831-36); ha fatto bene, perché vi avrebbe tratto molta ispirazione, soprattutto durante il

soggiorno alle isole Galapagos. Ma l’aiuto di Lyell a Darwin è stato anche diretto. Infatti, dopo la

sconvolgente lettura della lettera di Alfred Wallace 26 (vedi poi), è stato proprio Sir Lyell a

convincere il titubante Darwin a condividere con Wallace la paternità dell’idea alla quale egli, tutto

sommato, lavorava da prima di Wallace, sebbene privatamente. Sir Lyell si è incaricato di

leggere pubblicamente alla Linnean Society di Londra, di cui era membro, la lettera di Wallace

insieme al manoscritto dell’Origine delle specie, il 1° luglio 1858. È, dunque, solo grazie a Sir

24 James Hutton (1726-97) geologo scozzese. Fu il primo a intuire che la Terra ha un’età di molti milioni di anni; fu il primo a riconoscere la natura delle rocce intrusive e a ipotizzare la loro origine da un magma primordiale; fu il primo a ipotizzare la fuoriuscita del calore terrestre attraverso eruzioni vulcaniche periodiche che, a loro volta, causano un innalzamento del terreno, spianato successivamente dall'erosione. 25 James Ussher (1581-1656) vescovo anglicano. Secondo lui, Dio creò l'Universo al tramonto della notte antecedente alla domenica 23 ottobre del 4.004 a.C. Il calcolo di Ussher divenne molto noto nei Paesi di religione protestante ed è quello utilizzato in genere dai creazionisti, che affermano tuttora la verità del racconto biblico: essi sostengono che Dio creò i fossili e le galassie in allontanamento, per mettere alla prova la fede dei cristiani…26 Alfred R. Wallace (1823 –1913) naturalista britannico. È non soltanto il coautore della teoria dell’evoluzione per selezione naturale, ma anche il padre della Biogeografia, per avere individuato la linea di demarcazione tra la fauna e la flora asiatiche e quelle australiane, che Thomas Huxley battezzerà, appunto, “Linea di Wallace”.

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Lyell che oggi noi parliamo di teoria evoluzionistica di Darwin-Wallace, anziché solo di

Wallace. Il terzo aiuto di Sir Lyell al suo amico si trova nel saggio dal titolo L’antichità dell’uomo

(1863), riguardante i ritrovamenti di pietre lavorate in sedimenti che ne certificavano l'antichità. In

quest’opera, Lyell appoggiava apertamente la teoria evoluzionistica di Darwin, nonostante

sappiamo per certo che avesse delle riserve (del tutto legittime) in merito al meccanismo con cui

essa avviene; come si sa, “l’amico si difende in pubblico e si critica in privato”.

Cap. 4: Darwin

In un periodo storico in cui gli europei occidentali, britannici in testa, avevano dato inizio a una

massiccia esplorazione del pianeta, usciva il primo libro di Charles Robert Darwin (1809-82): Geologia e storia naturale dei vari paesi visitati dalla nave di S.M. Beagle, sotto il comando del

capitano Fitzroy 27 della Royal Navy o, più semplicemente, Viaggio di un naturalista attorno al

mondo (1839). Darwin, nel suo viaggio di cinque anni in mare (1831 – 36) aveva visitato varie

terre tropicali tra cuiu l’Argentina, nelle cui sterminate praterie aveva trovato i fossili del

Glyptodon, un mammifero estinto simile all’armadillo, che invece è tuttora vivente in quei

medesimi territori. In seguito, questa osservazione sarebbe stata rielaborata da Darwin e

sarebbe servita a far nascere l’idea che le specie fossili sono le dirette antenate di quelle viventi

e, dunque, le specie si trasformano nel tempo, cioè evolvono. Arrivato nell’arcipelago delle

Galapagos, Darwin ha notato che ogni isola era abitata da una specie di testuggini e fringuelli

differenti per aspetto, dieta, ecc. da ogni altra specie, ma per altri versi simili a quelle delle altre

isolette. Nella primavera 1837, gli ornitologi del British Museum  avrebbero informato Darwin che

i numerosi e piuttosto differenti uccelli che aveva raccolto alle Galápagos appartenevano tutti alla

sottofamiglia Geospizinae, della famiglia Fringillidae, cui appartengono anche i comuni fringuelli,

da cui il nome di “fringuelli di Darwin” con cui ancora oggi sono comunemente noti.

Come spiegare che tutti questi uccelli parenti tra loro si presentavano come leggermente

differenti in ogni isola dell’arcipelago? Nel “Compendio storico” che apre l’Origine delle specie,

Darwin elogiava pubblicamente Lamarck, per avere affermato che le specie evolvono, ma poi si

discostava dalla teoria di quest’ultimo per quanto riguarda il meccanismo con cui ciò avviene.

Infatti, per Darwin le specie sono il risultato di una selezione, da parte dell’ambiente, delle

variazioni ereditarie più idonee. In altre parole, il fenomeno evolutivo viene inteso da Darwin

come un adattamento alle condizioni ambientali, casualmente determinato e faticosamente

conquistato. 27 Robert Fitzroy (1805-65) tenente di vascello britannico. Fu l’inventore della meteorologia sinottica. Fece apportare importanti miglioramenti al suo brigantino Beagle, fornendolo di 22 cronometri, fondamentali per il calcolo della posizione in mare, e di un barometro senza mercurio.

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Un autore verso cui Darwin riconosce d’essere stato profondamente debitore è stato

l’economista Thomas Malthus. 28 Così si legge nell’Autobiografia, pubblicata postuma nel 1888

dal figlio Francis: «Nell’ottobre 1838, cioè quindici mesi dopo l’inizio della mia ricerca sistematica,

lessi per svago il libro di Thomas Malthus Saggio sul principio della popolazione. Ero pronto ad

ammettere la lotta per l’esistenza, che ovunque si deduce da un’osservazione prolungata delle

abitudini degli animali e delle piante; ma mi colpì immediatamente il fatto che in queste condizioni

le variazioni favorevoli tendessero a essere conservate, mentre le sfavorevoli a essere eliminate.

Risultato: la formazione di nuove specie! Dunque, avevo trovato finalmente una teoria sulla quale

lavorare.» Questo passaggio è la prova che Darwin ha riscoperto, nel 1838, l’intuizione di

Aristotele e cioè che la variazione e la selezione naturale sono i primi due principi

dell’evoluzione delle specie.

Il terzo principio, l’adattamento, ha dovuto aspettare ancora qualche anno. Così continua Darwin

nell’Autobiografia: «Però, mi sfuggiva ancora un problema di grande importanza e trovo

sorprendente che abbia potuto trascurare quel problema e la sua soluzione: era l’uovo di

Colombo! Si tratta della tendenza degli organismi derivanti dal medesimo ceppo ad assumere

caratteri divergenti, allorché si modificano. Che essi siano andati divergendo notevolmente è

evidente, dal momento che specie d’ogni tipo possono essere classificate in generi, i generi in

famiglie, le famiglie in ordini e così via. (…) La soluzione, secondo me, è che i discendenti

modificati di tutte le forme dominanti e in via di sviluppo tendono, nell’economia della natura, ad

adattarsi ai diversissimi luoghi in cui vivono.» Infatti, Darwin ha ipotizzato che le differenti

testuggini e i differenti fringuelli delle isole Galapagos avessero avuto origine da un'unica specie

di testuggine e di fringuello, rispettivamente, e poi i diversi ambienti delle isole avessero premiato

gli individui casualmente più adatti e penalizzato quelli casualmente meno adatti.

Scrive il logico-matematico Piergiorgio Odifreddi,29 dell’Università di Torino, nel saggio dal titolo

In principio era Darwin, la vita, il pensiero, il dibattito sull’evoluzionismo (Longanesi, 2009): «Una

volta individuato un possibile meccanismo dell’evoluzione, restava l’arduo compito di verificare 28 Thomas R. Malthus (1766 – 1834) economista e demografo britannico. Nel 1798, pubblicò il Saggio sul principio della popolazione e i suoi effetti sullo sviluppo futuro della società. L’idea centrale era che le risorse naturali sono limitate, perciò non possono sopravvivere tutti coloro che nascono a ogni generazione. 29 Piergiorgio Odifreddi (1950 - vivente), logico e matematico. Ha insegnato logica presso la facoltà di Matematica all'Università di Torino e all'Università Vita-Salute San Raffaele, di Milano. È stato visiting professor presso la Cornell University, di New York, presso l'Università Monash, di Melbourne, presso l'Accademia Sinica di Pechino, presso l'Università di Nanchino, presso l'Università di Buenos Aires e presso l'Italian Academy della Columbia University, di New York. Nel 2003, è stato nominato presidente onorario dell'UAAR (Unione Atei e Agnostici Razionalisti). Nel 2009, dopo la sentenza della Corte Europea sulla rimozione dei crocifissi nelle aule scolastiche, ha manifestato la sua approvazione a riguardo. Sempre nel 2009, la sua restituzione del Premio Peano per la divulgazione matematica ha innescato una serie di polemiche, culminate in insulti pubblici da parte del ministro del MIUR, Maria Stella Gelmini, e del ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Il brano in questione è tratto da: In principio era Darwin, la vita, il pensiero, il dibattito sull’evoluzionismo (Longanesi, 2009).

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questa ipotesi, dimostrando che era quella effettivamente seguita dalla natura per formare nuove

specie. L’Origine delle specie, infatti, enumera dettagliatamente gli indizi favorevoli esistenti e

smonta sistematicamente le obiezioni contrarie, reali o ipotetiche. Ma era troppo avanti rispetto ai

tempi per potere essere probatoria: come già Galileo nei suoi Dialoghi sopra i due massimi

sistemi del mondo con l’eliocentrismo, così anche Darwin dovette accontentarsi di mostrare

soltanto che l’evoluzionismo aveva un’interna coerenza che lo rendeva verosimile, ma non perciò

vero.»

La battaglia per passare dal semplicemente verosimile al definitivamente vero dura fino ai nostri

giorni. Scrive il genetista Sean B. Carrol, dell’Università di Wisconsin-Madigan, nel saggiol dal

titolo Al di là di ogni ragionevole dubbio (2008).: «Darwin capì fin troppo bene (e quindi previde in

modo corretto) la maggior parte delle obiezioni che si sarebbero potute fare alle sue idee. Molte

di esse gli provennero, naturalmente, da coloro che in base a considerazioni non scientifiche

trovavano ripugnante e umiliante la visione della vita proposta da lui. La maggior parte degli

scienziati, invece, accettò abbastanza prontamente la realtà dell’evoluzione, cioè che le specie

cambiano nel tempo. Ma perfino i più fedeli sostenitori di Darwin ebbero difficoltà riguardo al

come, cioè riguardo al meccanismo che egli proponeva. (…) Darwin, in pratica, chiedeva ai suoi

lettori d’immaginare come piccole variazioni (la cui origine era sconosciuta e invisibile) sarebbero

state selezionate positivamente (attraverso un processo altrettanto invisibile e non misurabile) e

si sarebbero accumulate in un periodo di tempo molto più lungo della vita umana.»30

L’ostilità dei Tories e del clero anglicano verso il darwinismo è scoppiata subito dopo la strenua

difesa fatta dall’amico di Darwin, Thomas H. Huxley.31 Biologo, uomo d’ingegno e di cultura,

buon oratore, dotato di senso dell’ironia e di spirito battagliero, Huxley aveva sostenuto senza

mezzi termini che “l'uomo discende dalle scimmie”. Tale affermazione è, oggi, ritenuta

semplicistica (le scimmie e l’uomo discendono entrambi da un antenato comune), ma ai suoi

tempi sembrava che negasse l'origine divina dell'uomo, l'immortalità dell'anima e ogni

fondamento morale e perciò aveva portato a uno scontro frontale con il vescovo anglicano

Samuel Wilberforce. Questa convinzione era molto diffusa non soltanto nella Chiesa anglicana,

30 Sean B. Carrol (1970-vivente) è pioniere della biologia evolutiva dello sviluppo (o "evo-devo"), che studia come i cambiamenti genetici controllano l'evoluzione delle parti e dei modelli del corpo. È professore di biologia molecolare e genetica presso l'Università del Wisconsin-Madison e ricercatore dell'Howard Hughes Medical Institute. Dal 2013, è nel Consiglio consultivo del Centro nazionale per l'educazione scientifica degli USA. Il brano in questione è tratto da: Al di là di ogni ragionevole dubbio. La teoria dell'evoluzione alla prova dell'esperienza (2008).31 Thomas H. Huxley (1825-95) biologo britannico, contemporaneo e amico di Charles Darwin. Si è battuto strenuamente per difendere la teoria del suo amico dai numerosi attacchi che le venivano rivolti, al punto d’essere soprannominato “il mastino di Darwin”. Ha classificato gli Idrozoi in Radiati e Nematòfori, così com’è tuttora. Ha coniato il termine “agnosticismo”, nel senso di sospensione del giudizio definitivo riguardo l’esistenza di Dio.

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ma anche nei circoli conservatori-reazionari, entrambi intenzionati a difendere la posizione

“aristocratica” dell'uomo nella natura; difesa che aveva trovato una formula efficace

nell'affermazione del primo ministro d’allora, il conservatore Benjamin Disraeli, conte di

Beaconsfield: «Darwin sarà anche disceso dalle scimmie, ma io sono disceso dagli angeli.»

In Italia, abbiamo avuto seguaci dell’evoluzionismo darwiniano, fin da subito. Il primo di loro è

stato lo zoologo Filippo De Filippi (1814-67). Dopo la laurea in medicina presso l'Università di

Pavia si è dedicato alla ricerca scientifica, rimanendo come assistente di zoologia nella stessa

Università; nel 1840, si è trasferito a Milano, presso il Museo civico di storia naturale, e nel 1848

ha ottenuto la cattedra di zoologia presso l'Università di Torino. Gli interessi scientifici di De

Filippi erano molto vasti, come testimonia l'elenco delle sue opere; in particolare sono state molto

importanti le sue ricerche di embriologia e anatomia comparata, nonché di ittiocoltura, di cui è

stato il pioniere. Il secondo darwiniano degno di nota è stato il fisiologo russo Aleksandr Herzen

(1839 – 1906). Da vero appassionato di scienze naturali ha frequentato l'Università di Londra e,

nel 1858, ha pubblicato il saggio dal titolo L'anatomia comparata degli animali inferiori. Poi ha

proseguito gli studi a Berna, ospite dell'amico di famiglia e famoso fisiologo Carl Vogt, che gli ha

dato lezioni private. Nell'Università di Berna, si è laureato in medicina. Dopo aver seguito Carl

Vogt in spedizioni scientifiche in Norvegia e Islanda, nel 1863 si è trasferito a Firenze per

ricoprire l'incarico di assistente di fisiologia e anatomia comparata presso l'Istituto di Studi

Superiori. Il terzo darwinista da ricordare è stato il fisiologo e antropologo Paolo Mantegazza

(1831-1910). Dopo essersi laureato a soli 23 anni in medicina e chirurgia presso l'Istituto

Lombardo di Pavia, è partito per l'America del Sud, per approfondire gli studi antropologici. Nel

1858, è tornato in Italia come professore di patologia generale presso l'Università di Pavia e ha

fondato il primo laboratorio di patologia sperimentale d’Europa (vi si formeranno scienziati illustri

quali Giulio Bizzozero, Eusebio Oehl e Camillo Golgi, vincitore del Premio Nobel per la medicina

nel 1906). Diventato Deputato del Regno d'Italia poco più che trentenne, Mantegazza ha

cominciato a vivere a Firenze, allora capitale d’Italia. Da assertore convinto della teoria

darwiniana, ne ha studiato molti problemi (atavismo, pangenesi, selezione sessuale ecc.) ed è

restato in contatto epistolare con Charles Darwin dal 1868 al 1875. Nel 1869, ha fondato sia la

prima cattedra in Italia di antropologia, sia il Museo nazionale di antropologia ed etnologia. Nel

1871, insieme a Felice Finzi ha fondato la rivista “Archivio per l'antropologia e l'etnologia”, tuttora

in corso. Ha fondato anche la Società italiana di antropologia ed etnologia.

Capitolo 5: L’evoluzionismo nel Novecento

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Non c’è dubbio che i primi trent’anni del Novecento hanno rappresentato un momento di forte

rigetto della teoria dell’evoluzione. Questo è avvenuto per due motivi diversi. Da un lato, come

ricorda il genetista Giuseppe Montalenti, dell’Università “La sapienza” di Roma nella raccolta dal titolo Darwin: l’evoluzione. L’origine delle specie, L’origine dell’uomo e la selezione

sessuale, I fondamenti dell’origine delle specie, Autobiografia. Edizioni integrali (Grandi Tascabili

economici Newton, 1994): «Il movimento antievoluzionistico trovò terreno fecondo in cui

svilupparsi nelle correnti filosofiche antipositivistiche e antimaterialistiche, che ebbero grande

rigoglio soprattutto nei Paesi latini, nei primi decenni del Novecento. In questo ambito, filosofie

tanto diverse come l’idealismo e il neo-tomismo si trovarono d’accordo su posizioni

antievoluzioniste.»32

Purtroppo per noi, la dittatura fascista (1922-43) portava l’Italia sempre più lontana dalla sfera

d’influenza britannica, in campo sia politico, sia culturale, tagliandoci così fuori anche dal dibattito

scientifico sull’evoluzionismo. Non è stato un caso che il dittatore Benito Mussolini, per riformare

la Scuola pubblica in senso fascista, avesse incaricato proprio un filosofo antievoluzionista di

prim’ordine come Giovanni Gentile. Tale Riforma, varata nel 1923, ovviamente privilegiava le

materie storico-umanistiche a discapito di quelle scientifico-tecnologiche, poiché a Mussolini

interessava convincere gli Italiani d’essere gli “eredi di Roma” in vista delle future (disastrose)

campagne militari. I giovani hanno ben presto capito l’antifona e così: «Il numero di studenti

universitari iscritti ai corsi di laurea scientifici diminuisce pesantemente: dal 60 % degli anni Venti

si passa, già allo scoppio della Seconda guerra mondiale (1940), al netto prevalere dell'area

umanistica, cui fanno capo due studenti su tre» ; lo documentano, dati alla mano, i matematici

Angelo Guerraggio, dell’Università Bocconi di Milano, e Pietro Nastasi, dell’Università di

Palermo.33 Nel saggio dal titolo L’Italia degli scienziati: 150 anni di storia nazionale (Bruno

Mondadori, 2010).

Dall’altro lato, i cultori della nuova disciplina biologica appena nata, ossia la genetica, avevano

difficoltà a conciliare le leggi di Mendel, riscoperte nel 1900, con la teoria dell’evoluzione di

Darwin. Per esempio, il botanico olandese Hugo De Vries, uno dei tre che aveva riscoperto il

lavoro di Mendel, pensava che l'evoluzione biologica non avviene gradualmente, per il sommarsi

di tante micro-mutazioni, come pensava Darwin, bensì “a salti”, per l'apparire brusco di poche

macro-mutazioni. In un secondo tempo, si conservano o si eliminano le macro-mutazioni,

secondo che si rivelino benefiche o nocive o innocue, quando sottoposte alla pressione selettiva

32 In: Darwin: l’evoluzione. L’origine delle specie, L’origine dell’uomo e la selezione sessuale, I fondamenti dell’origine delle specie, Autobiografia. Edizioni integrali (Grandi Tascabili economici Newton, 1994).33 In: L’Italia degli scienziati: 150 anni di storia nazionale (Bruno Mondadori, 2010)

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dell’ambiente. I moderni studi sull'evoluzione, però, hanno smentito che la nascita delle nuove

specie avvenga secondo questo meccanismo “saltatorio” ipotizzato da De Vries e optano, invece,

per il graduale accumularsi e sommarsi di tante micro-mutazioni.

Scrive Montalenti: «Darwin, nell’Origine, aveva riconosciuto due grandi lacune nelle conoscenze

biologiche dell’epoca: le leggi dell’ereditarietà e le leggi della variazione. (…) Egli morì nel 1882,

ignorando che un suo contemporaneo, Gregor Mendel, fin dal 1866 aveva scoperto le leggi

dell’ereditarietà. Queste rimasero completamente ignote e tutti i biologi dell’epoca, finché nel

1900 furono riscoperte per opera di tre botanici, indipendentemente l’uno dall’altro. Nacque allora

un nuovo ramo delle scienze biologiche: la genetica. Essa scoprì la struttura discontinua del

patrimonio ereditario, che è costituito da tante unità, i geni, di dimensioni submicroscopiche, che

si riproducono di generazione in generazione conservando la propria individualità e le proprie

caratteristiche. I geni controllano tutti i caratteri ereditari di un organismo. Questa struttura

discontinua comporta un tipo d’eredità completamente diverso da quello che era comunemente

ammesso ai temi di Darwin: non vi è un’eredità mista o intermedia, bensì un’eredità alternativa o

mendeliana.»

«Proseguendo l’indagine - continua Montalenti - la genetica dimostrò che i geni sono localizzati

lungo i cromosomi, che stanno dentro il nucleo delle cellule. Ciò avvenne nel decennio 1910-20

per opera di Thomas H. Morgan e dei suoi collaboratori. Uno di questi, H. J. Müller, studiò

particolarmente un fenomeno che già era stato considerato come fondamento per l’evoluzione: la

mutazione. Questa consiste nel passaggio di un gene da uno a un altro stato (si tratta di una

lieve variazione della struttura chimica), cioè si trasforma in un altro “allele”. Il Müller constatò

che le mutazioni si verificano costantemente, ma con una frequenza assai bassa (dell’ordine di

uno su centomila o su un milione) in tutte le specie e, nel 1927, scoprì la possibilità di

determinare sperimentalmente le mutazioni per mezzo dei raggi X. A questo stadio, intorno al

1930, la genetica aveva, dunque, acquisito la nozione delle leggi dell’ereditarietà e della

variazione, che mancavano ai tempi di Darwin e che erano indispensabili per comprendere il

meccanismo dell’evoluzione. Già all’inizio del secolo XX, l’antica e radicata credenza

dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti, base della teoria lamarckiana, era stata dimostrata fallace

e tutti gli esperimenti ne confermarono l’inattendibilità. (…) Non rimaneva, quindi, che riprendere

in esame la teoria di Darwin della selezione naturale e vedere se e come essa fosse applicabile

in base alle conoscenze delle proprietà della “base fisica dell’eredità”, cioè dei geni e dei

cromosomi. Alcuni biologi e matematici si applicarono a questo studio fin dal 1908 (Godfrey Hardy e Wilhelm Weinberg) e poi tra il 1920 e il 1930 (Ronald Fisher, John Haldane, Sewall

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Wright). Nel 1930, comparve un importante libro di Fisher, La teoria genetica della selezione

naturale. Da questi lavori prese l’avvio un particolare indirizzo di ricerca: la genetica

evoluzionistica o genetica di popolazione. Si riconobbe sostanzialmente la validità della teoria di

Darwin della selezione naturale, che agisce sulla variabilità casuale come fattore principale

dell’evoluzione. Si sviluppò dal punti di vista teorico questo concetto con e la formulazione di

modelli matematici e si riuscì, finalmente, a portare il problema evoluzionistico sul terreno

dell’osservazione e dell’esperimento. Si giunse, quindi, sulla base della concezione darwiniana e

delle conoscenze della genetica, a quella che è stata chiamata la Teoria sintetica dell’evoluzione o Sintesi neodarwiniana o Neodarwinismo. L’evoluzionismo ha ripreso vigore,

ha riacquistato le posizioni centrali di colonna portante non soltanto della biologia, ma del

pensiero scientifico e filosofico moderno.»34

Negli anni Quaranta, si è girato pagina. Nel 1943, il Regno d’Italia ha stipulato un armistizio con

le forze anglo-americane. I nazisti, con la collaborazione dei fascisti, hanno occupato

militarmente le zone del territorio nazionale in cui era ancora forte la loro presenza. Nel

frattempo, gli antifascisti di qualunque “colore” politico (liberali, comunisti, cattolici, monarchici), i

cosiddetti partigiani, si sono messi a collaborare militarmente con gli anglo-americani e, alla fine,

sono riusciti a liberare l’Italia dalle truppe naziste e a fondare l’attuale Repubblica italiana (1947).

Essa, dunque, è nata antifascista, il che significa democratica, secondo quanto ci ha insegnato il

politologo Norberto Bobbio35 nel saggio dal titolo Dal fascismo alla democrazia (Baldini-Castoldi-

Dalai, 2008). Nel pieno rispetto dello spirito democratico su cui era stata fondata, la Repubblica

italiana è stata clemente con i fascisti superstiti e ha perfino permesso loro di riconoscersi in un

partito politico, il Movimento Sociale Italiano (MSI).36 Di conseguenza, i fascisti hanno sempre

continuato a fare sentire la loro voce, sebbene sommessa, non solo in campo politico, ma anche

culturale.

Negli anni Cinquanta, in particolare nel 1950, il maître à penser del neo-fascismo, Julius Evola

(1898-1974), nel saggio dal titolo Orientamenti (Imperium, 1950), raccomandava ai suoi quanto

segue: «Nell’una e nell’altra forma, questi tossici continuano ad agire nella cultura, nella scienza,

nella sociologia e nella letteratura come tanti focolai d’infezione, che vanno individuati e colpiti. A

parte il materialismo storico e l’economismo, fra i principali di essi stanno: il darwinismo, la

34 In: op. cit. 35 In: Dal fascismo alla democrazia (Baldini-Castoldi-Dalai, 2008)36 Il MSI, nel 1994, per la prima volta nella storia della Repubblica, è entrato a far parte di un governo italiano (Berlusconi I). Il MSI si è sciolto il 27 gennaio 1995, confluendo in AN (Alleanza Nazionale), guidata da Gianfranco Fini, e in piccola parte nel Movimento Sociale Fiamma Tricolore, guidato da Pino Rauti. La sua eredità storica è stata poi raccolta da: Fratelli d'Italia, Casapound e Forza Nuova.

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psicoanalisi e l’esistenzialismo.»37 Ora, mentre è abbastanza facile capire il motivo della

condanna di Evola del materialismo storico dei comunisti Marx ed Engels, nonché della

psicoanalisi dell’ebreo Freud e dell’esistenzialismo dell’ateo e comunista Sartre, risulta meno

immediato il motivo della condanna dell’evoluzionismo di Darwin.

Non è stato troppo distante da queste idee neofasciste il papa Pio XII (1876-1958), spinto dalla

paura dell’avanzata del comunismo in Italia.38 Egli, nel 1950, ha scritto l’enciclica Humani generis

(Del genere umano) “dedicata a correggere alcune false opinioni che minacciano di sovvertire i

fondamenti della dottrina cattolica”. Da un lato, egli difendeva il cattolicesimo, scrivendo: «I primi

undici capitoli della Genesi appartengono al genere storico in un vero senso. Quindi, le narrazioni

popolari inserite nelle Sacre scritture non possono essere affatto poste sul medesimo piano delle

mitologie o simili, le quali sono frutto più di un’accesa fantasia che di quell’amore della verità e

della semplicità che risalta talmente nei Libri sacri, anche dall’Antico Testamento, da dovere

affermare che i nostri agiografi sono palesemente superiori agli antichi scrittori profani.» E

riguardo l’origine dell’uomo diceva: «Il peccato originale fu veramente commesso da Adamo,

individualmente e personalmente. I fedeli non possono abbracciare quell’opinione i cui assertori

insegnano che, dopo Adamo, sono esistiti qui sulla Terra veri uomini che non hanno avuto

origine, per generazione naturale, dal medesimo come da progenitore di tutti gli uomini oppure

che Adamo rappresenta l’insieme di molti progenitori.» Dall’altro lato, il Papa attaccava

l’evoluzionismo, scrivendo: «Alcuni, senza prudenza né discernimento, ammettono e fanno

valere per origine di tutte le cose il sistema evoluzionistico, pur non essendo esso

indiscutibilmente provato nel campo stesso delle scienze naturali.»

Piergiorgio Odifreddi ha messo in chiaro che «Pio XII non proibiva che l’evoluzionismo fosse

“oggetto di ricerca e di discussione”, ma pretendeva che “questo deve essere fatto in tale modo

che le ragioni delle due opinioni, la favorevole e la contraria, siano ponderate e giudicate con la

necessaria serietà, moderazione e misura e purché tutti siano pronti a sottostare al giudizio della

Chiesa” e si lamentava che, invece, “alcuni oltrepassano questa libertà di discussione, agendo

come se [la teoria dell’evoluzione] fosse già dimostrata con totale certezza”.»39 Evidentemente, il

Papa non sapeva (o fingeva di non sapere) che fin dal 1930, anno della pubblicazione del già

ricordato saggio La teoria genetica della selezione naturale, di Ronald Fisher, aveva preso l’avvio

37 In: Orientamenti (Imperium, 1950).38 Grazie ai suoi appelli alla creazione di una coalizione anticomunista e alla sua svolta moderata, nel 1952, il MSI ottenne la considerazione di papa Pio XII che, per scongiurare una vittoria del Fronte Democratico Popolare alle amministrative di Roma, spinse per un'alleanza elettorale tra DC e MSI, la cosiddetta “Operazione Sturzo”, destinata però al fallimento per volontà di De Gasperi.39 In: In principio era Darwin, la vita, il pensiero, il dibattito sull’evoluzionismo (Longanesi, 2009).

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la genetica evoluzionistica. Grazie a questo libro, l’intera comunità scientifica internazionale

aveva riconosciuto la validità della teoria di Darwin e aveva iniziato a formulare modelli

matematici, riuscendo finalmente a portare il problema evoluzionistico sul terreno

dell’osservazione e dell’esperimento. Si era giunti, quindi, sulla base della concezione darwiniana

e della genetica, alla “Teoria sintetica dell’evoluzione”.

Continua Odifreddi: «Quanto all’evoluzionismo, in fondo i titoli dei due capolavori di Darwin

possono essere tradotti in La genesi delle specie e La genesi dell’uomo e anche qui ci sono

assonanze generiche con la religione. Per esempio, il procedere della creazione dalle piante ai

pesci, agli animali di terraferma all’uomo. Ma sono molto meno importanti delle divergenze

specifiche: da “dettagli” come l’apparizione delle piante prima del Sole o degli uccelli prima dei

rettili, ad aspetti fondamentali quali i ripetuti interventi divini, l’emergenza istantanea e

indipendente delle varie specie e la divinità dell’uomo.»40 Infine: «Per quanto riguarda l’origine

dell’uomo, il Papa spingeva i fedeli a intendere la favola del Genesi in senso letterale e non

metaforico; posizione questa, incredibilmente, ribadita ancora oggi dal recente Catechismo

(Compendio, 7, 75)» (in: Perché non possiamo dirci cristiani e men che mai cattolici, Longanesi,

2007).

Mentre l’Italia arrancava per recuperare il gap culturale con le potenze occidentali vincitrici della

Seconda guerra mondiale, in queste ultime la valorizzazione della cultura scientifica era già in

atto. Ciò era stato reso possibile dalla serie di grandi successi conseguiti nel campo della

nuovissima branca della biologia, la biologia molecolare. Ricordiamo, per esempio, la scoperta

della struttura del DNA, effettuata dallo statunitense James Watson41 e dal britannico Francis Crick42, presso l’Università di Cambridge, nel 1953. Ricordiamo anche le due importanti scoperte

fatte nel 1957: la prima dallo stesso Crick, il quale ha proposto un possibile “dizionario” per il

codice genetico, basato su “parole” (codoni) di tre “lettere” (basi azotate), a ognuna delle quali

corrisponde un amminoacido; la seconda fatta dallo statunitense Marshall Nirenberg,43 il quale

ha dimostrato che il codice genetico del batterio Escherichia coli è il medesimo della rana e del

porcellino d’India: si tratta, cioè, di un codice universale e questo conferma la comune origine di

40 In: Perché non possiamo dirci cristiani e men che mai cattolici (Longanesi, 2007). 41 James Watson (1928-vivente) biologo statunitense. Nel 1949, quando era post-dottore presso l'Università di Cambridge, conobbe Francis Crick. Nel 1953, Watson e Crick pubblicarono il loro famoso lavoro sulla struttura del DNA che fruttò a entrambi il Premio Nobel per la medicina, nel 1962. 42 Francis Crick (1916-2004) fisico britannico. Nel 1949, a Cambridge conobbe James Watson. È stato uno dei più grandi biologi della storia. 43 Marshall Nirenberg (1927-2010), biologo statunitense. Nel 1959, assieme a Heinrich Matthaei, ha dimostrato che l'RNA trasmette i "messaggi" codificati nel DNA e organizza il modo in cui gli amminoacidi formano le proteine. In seguito all'abbandono del progetto da parte di Matthaei, Nirenberg, nel 1966, è riuscito da solo a decifrare tutti i codoni. Per questa scoperta ha avuto il Premio Nobel per la medicina, nel 1986.

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tutte le specie viventi già prevista da Darwin. Ricordiamo anche le due importanti scoperte fatte

nel 1958: la prima sempre da Crick e dal biologo sudafricano Sydney Brenner circa il “dogma centrale della biologia”, ovvero la scoperta che il flusso dell'informazione genetica nelle cellule

procede dal DNA all'RNA e dal RNA alle proteine (l’eccezione dei retrovirus sarebbe venuta in

seguito); la seconda fatta da Jaques Monod44 e François Jacob,45 entrambi dell’Istituto Pasteur

di Parigi, i quali hanno dimostrato che nell’Escherichia coli la produzione degli enzimi che

digeriscono il lattosio è regolata da molti geni, che costituiscono un circuito detto lac operon;

quindi, non è soltanto il linguaggio di programmazione della vita a essere universale, ma lo è

anche il suo sistema operativo, benché ogni organismo si differenzi per i suoi programmi

individuali. Nel 1961, sempre Crick ha scoperto che il codice genetico è “degenerato e triplice”:

infatti, se i codoni sono 64 e gli amminoacidi 20, è evidente che agli amminoacidi corrispondono

più codoni; per la precisione, solo all’amminoacido glicina corrisponde un codone, mentre a tutti

gli altri ne corrispondono almeno due, mentre a tre codoni non ne corrisponde nessuno (codoni di

stop). Tra il 1961 e il 1966, Nirenberg e il tedesco Heinrich Mattaei46 sono riusciti gradualmente

a determinare tutti i 64 codoni del codice genetico. Nel 1965, Jacques Monod, Jean-Pierre Changeux47 e lo statunitense Jeffries Wyman48 hanno scoperto che tra l’emoglobina dell’uomo

e quella dello scimpanzé esistono solo sei amminoacidi49 differenti su 141, nelle catene alfa, e

ventitré su 146, nelle catene beta.50 Adesso, finalmente si può capire come mai gli anticorpi

umani reagiscano fortemente con le proteine del sangue umano, coagulandolo, mentre non

reagiscono affatto con il sangue di altre specie animali, fatta eccezione per quello di scimpanzé,

che coagulano debolmente; d’altra parte, gli anticorpi che reagiscono fortemente con il sangue di

44 Jacques L. Monod (1910-1976 ) biologo francese. Ha scoperto il fenomeno della doppia crescita dei batteri fatti crescere con miscele differenti di zuccheri. Nel 1965, gli è stato dato il Premio Nobel per la medicina, per «le scoperte riguardanti il controllo genetico della sintesi di virus ed enzimi». Nel 1970, ha scritto il famoso saggio: Il caso e la necessità.45 François Jacob (1920-2013) biologo francese. Con la collaborazione di Jaques Monod e di André Lwoff, ha definito il modello dell'operone, grazie al quale tutti e tre hanno ricevuto il premio Nobel per la medicina, nel 1965.46 J. Heinrich Matthaei (1929-vivente) biochimico tedesco. Ha dato un eccezionale contributo alla risoluzione del codice genetico, nel 1961. È forse il caso più emblematico di premio Nobel mancato. 47 Jean-Pierre Changeux (1936-vivente) neuroscienziato e filosofo cognitivista francese. Nel saggio L’uomo neuronale, del 1983, ha scritto: “La separazione tra attività mentali e neuronali non si giustifica. Ormai, a che pro parlare di spirito? Ci sono soltanto due aspetti di un solo e identico evento, che si potranno descrivere con termini presi a prestito sia dal linguaggio dello psicologo (o dell’introspezione), sia da quello del neurobiologo”. 48 Jeffries Wyman (1901 - 1995) biologo statunitense. Ha insegnato biologia presso l’Università di Harvard. È stato membro della National Academy of Arts and Sciences. Ha fondato l’Organizzazione europea di biologia molecolare.49 Amminoacidi o pèptidi: sono i componenti delle proteine le quali, dunque, sono dei polipeptidi. 50 Alla costituzione dell’emoglobina degli adulti partecipano due catene polipeptidiche α, formate da 141 amminoacidi ciascuna, e due catene β, di 146 amminoacidi; tali polipeptidi sono legati in due dimeri α-β identici. Oltre a questa emoglobina, detta HbA, ne esiste una seconda, costituita da due catene α, uguali a quelle dell'HbA, e due catene γ, pure unite in due dimeri identici α-γ. Questa emoglobina prende il nome di “emoglobina fetale” o HbF. Esiste una terza emoglobina fisiologica, detta HbA₂, identificata nel 1955, formata da due catene α e due catene δ. Le catene γ e δ sono formate da 146 amminoacidi, come la catena β, dalla quale differiscono per la diversa sequenza amminoacidica.

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pollo reagiscono altrettanto bene con il sangue d’anatra. Si capisce anche perché un’importante

proteina respiratoria umana, detta citocromo-c, differisca da quella della scimmia Rhesus51 per

un solo amminoacido, mentre da quella del canguro per 10 amminoacidi, da quella del tonno per

21 amminoacidi e da quella del lievito di birra per 40 amminoacidi. E così via.

Grazie a questa e altre scoperte di biologia molecolare, è venuta fuori la moderna “sistematica filogenetica” o “sistematica cladistica”,52 che ha distrutto vecchie categorie sistematiche e ne

ha create di nuove, basandosi più sullo studio dei geni che su quello delle ossa e dei denti. Tutto

ciò merita un approfondimento. Sappiamo che ogni caratteristica anatomica deriva

dall’espressione di uno o più geni del DNA. Gli organismi ereditano dai loro progenitori i propri

geni e, dunque, le proprie caratteristiche fisiche. Le caratteristiche che si presentano simili in

organismi diversi, perché sono state ereditate da un comune progenitore, sono dette “omologie”,

mentre i loro geni si chiamano “geni omologhi”. Se animali diversi condividono una comune

omologia, ne deduciamo che essi hanno avuto un progenitore comune, il quale possedeva

anch’esso quell’omologia.

Per verificare le nostre ipotesi sui rapporti di parentela tra gli organismi, usiamo le omologie. Per

esempio, le pecore e i gabbiani hanno in comune un’omologia (la disposizione delle ossa negli

arti anteriori) che, invece, non è condivisa dai salmoni. Questo ci fa supporre che le pecore e i

gabbiani siano imparentati tra di loro più strettamente che con i salmoni. Se vogliamo studiare un

maggior numero di animali, dobbiamo trovare più omologie. Per esempio, se volessimo

aggiungere all’esempio precedente i pipistrelli, come potremmo fare? Sappiamo che nei pipistrelli

la disposizione delle ossa negli arti anteriori è la medesima che abbiamo visto nei gabbiani e

nelle pecore; ma con quale di essi esiste la parentela più stretta? Per deciderlo abbiamo bisogno

di trovare un’altra omologia che sia condivisa solo da due di questi animali. Le pecore e i

pipistrelli sono entrambi ricoperti di pelo, mentre i gabbiani no. Ne deduciamo che le pecore e i

pipistrelli sono più strettamente imparentati tra loro che con i gabbiani.

A volte, il riconoscimento delle omologie può essere difficile. Alcune strutture anatomiche si

presentano simili perché svolgono una funzione analoga e non perché sono state ereditate da

un progenitore comune. Eccovi due esempi. 1) Armadilli e testuggini sono entrambi protetti da

corazze, ma formate da strutture diverse: nella testuggine, le coste sono parte integrante della

51 Il genere Rhesus comprende scimmie che, insieme all’uomo, hanno una glicoproteina sulla superficie esterna dei globuli rossi, il famoso “fattore Rh”, che distingue i gruppi sanguigni umani in positivo (+) e negativo (-). 52 Cladistica viene da clade (dal greco “ramificazione”, termine inventato da Julian Huxley nel 1957), ovvero un gruppo di organismi che condividono un’omologia esclusiva, che era presente nel comune antenato. Qualsiasi gruppo che corrisponde alla definizione viene considerato monofiletico e forma un raggruppamento valido.

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corazza, mentre nell’armadillo sono completamente separate da questa. Le loro corazze,

pertanto, si sono evolute indipendentemente e non costituiscono un’omologia. 2) L’uomo è fornito

di gambe come la locusta, ma queste due strutture anatomiche sono completamente diverse.

Nell’uomo, i muscoli stanno attaccati all’esterno dello scheletro, mentre nelle locuste sono

attaccati all’interno dello scheletro. In entrambi i casi, queste somiglianze sono esempi di

“analogie” funzionali e non possono essere utilizzate per stabilire rapporti di parentela.

Noi partiamo dal presupposto che quanto maggiori sono le omologie tra due specie, tanto più

vicino nel tempo è vissuto il loro progenitore comune e, di conseguenza, tanto più stretti sono i

loro rapporti di parentela. Quegli organismi tra i quali vi è uno stretto rapporto di parentela hanno

in comune omologie che non sono condivise da nessun altro organismo, le cosiddette “omologie esclusive”. Per esempio, tutti i cetacei misticeti come la balenottera azzurra, le megattere, ecc.

hanno in comune i caratteristici “fanoni” nella bocca. Nessun altro animale condivide con essi

questa caratteristica: si tratta di un’omologia esclusiva dei cetacei misticeti. Il delfino ha una

forma simile a quella del salmone ed entrambi sono forniti di “pinne”, ma il delfino ha un maggior

numero di omologie in comune con lo scoiattolo, che non con il salmone. Perciò, è più semplice

ipotizzare che la forma affusolata del corpo si sia evoluta due volte, anziché ipotizzare che siano

state tutte le caratteristiche comuni al delfino e allo scoiattolo a evolversi due volte; quindi,

riteniamo che il delfino abbia rapporti di parentela più stretti con lo scoiattolo. Quando ci troviamo

di fronte a dati contrastanti, scegliamo sempre la spiegazione più semplice (“rasoio di Occam”)!

Possiamo rappresentare i rapporti di parentela tra gli organismi, costruendo un diagramma

ramificato a cui diamo il nome di “cladogramma”. In un cladogramma, possiamo facilmente

identificare i gruppi costituiti da tutti quegli organismi che condividono un progenitore comune.

Chiamiamo questi gruppi con il nome di: “cladi” o “ramificazioni” o “raggruppamenti validi”. Ma

non tutti i raggruppamenti familiari sono cladi. Per verificare se un raggruppamento è

effettivamente un clade, dobbiamo controllare se questi organismi hanno in comune

un’omologia, che non sia condivisa da nessun altro organismo, un’omologia esclusiva. I pesci,

per esempio, non hanno in comune nessuna omologia esclusiva, quindi questo gruppo non

include tutti i discendenti di un comune progenitore: in questo caso, non si tratta di un clade.

Invece, gli uccelli, i coccodrilli, le lucertole, i serpenti, lo sfenodonte, le testuggini e i mammiferi

hanno un’omologia comune a essi e a nessun altro animale, l’uovo amniotico, perciò formano un

clade. In tutti questi animali, l’embrione è avvolto in una membrana, l’amnios, che contiene del

liquido che impedisce la disidratazione dell’embrione. Tutti gli animali con un uovo amniotico

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sono detti “amnioti”. Se le uova vengono deposte nell’acqua di mare o dolce, non corrono certo il

rischio di disidratarsi, perciò non hanno l’amnios.

Noi partiamo dal presupposto che, se animali estinti e animali viventi hanno in comune delle

omologie che riguardano ossa e denti, con tutta probabilità ne hanno anche altre che riguardano

le parti molli del corpo. Per quanto riguarda i dinosauri, i fossili ci mostrano che essi deponevano

sul terreno uova rivestite da un guscio; tutti i vertebrati attuali che depongono uova sul terreno

hanno un amnios, perciò è probabile che anche i dinosauri lo avessero. Ittiosauri e plesiosauri

hanno in comune un certo numero di omologie con vari animali viventi forniti di amnios, quindi

supponiamo che anch’essi avessero l’amnios. Sono stati ritrovati dei fossili d’ittiosauro con dei

piccoli ancora all’interno del corpo della madre; quindi sappiamo che davano alla luce piccoli vivi.

Questa è un’ulteriore indizio che avevano un amnios. Gli scienziati sono tuttora alla ricerca di

nuovi elementi che permettano di stabilire quali siano i rapporti di parentela tra gli ittiosauri e i

plesiosauri con tutti gli altri amnioti.

Invece, sono stati definiti tre nuovi cladi. 1) Se confrontiamo il cranio dei dinosauri, degli

pterosauri e dei tecodonti con quello dei altri amnioti, ci accorgiamo che i primi tre avevano

un’omologia in comune con gli uccelli fossili e i coccodrilli fossili: un’apertura davanti alle orbite

oculari. Questa omologia è esclusiva degli uccelli, dei coccodrilli (gli uccelli e i coccodrilli viventi

non hanno tale apertura; si pensa che il loro progenitore comune l’avesse, ma che poi l’abbia

perduta), dei dinosauri, degli pterosauri e dei tecodonti e, quindi, noi pensiamo che essi abbiano

avuto un progenitore in comune non condiviso da nessun altro animale. Formano, perciò, un

clade che definiamo “arcosauri”. 2) All’interno dei dinosauri, poi, alcuni hanno un’omologia

esclusiva, cioè un osso pre-dentario nella mandibola. Nessun altro arcosauro ha questa

omologia, dunque questi dinosauri formano un clade detto “ornitischi”. 3) Tutti gli uccelli hanno

un’omologia esclusiva e cioè la presenza di penne sulla pelle; inoltre, la maggior parte di essi

hanno una seconda omologia esclusiva: un piccolo osso detto forcella, collegato allo sterno.

Queste due omologie sono esclusive degli uccelli e, quindi, riteniamo che essi formino un clade.

Non conosciamo, invece, nessuna omologia esclusiva in comune a dinosauri e uccelli viventi.

Achaeopteryx è l’uccello più antico che si conosca e risale a 150 milioni di anni fa. Sappiamo

che è un uccello perché, sulla base dei resti fossili, possiamo stabilire che aveva una forcella ed

era ricoperto di penne. Ma gli uccelli viventi hanno perso molte omologie comuni a tutti gli altri

arcosauri. Per esempio, non hanno unghie sulle dita né denti nella bocca né ossa nella coda. Si

pensa che abbiano perduto tali caratteristiche anatomiche, in quanto erano svantaggiose per

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volare. Essendosi evoluti indipendentemente dai dinosauri per milioni di anni, appare verosimile

che abbiano potuto disfarsi di molte caratteristiche che condividevano con i dinosauri.

È tempo di ritornare al nostro excursus storico. Negli anni Sessanta, i tempi erano ormai maturi

anche in Italia, sia per una Riforma della Scuola in senso democratico, sia per un profondo

rinnovamento della cultura, che ridesse al sapere scientifico-tecnologico l’importanza che gli

spetta. Nel 1964, l’epistemologo e matematico, nonché ex partigiano, Ludovico Geymonat,53

dell’Università statale di Milano, commentando il libro di Charles P. Snow Le due culture,

scriveva: «Non è il caso di sottolineare, tanto la cosa risulta evidente, che una riforma del

sistema educativo nel senso propugnato dallo Snow sia altrettanto urgente in Italia, quanto in

Inghilterra. Possiamo aggiungere che, per riuscire veramente efficace, essa richiede nel nostro

Paese un mutamento, forse, più radicale che in Inghilterra. E’ ben noto, infatti, che le nostre

Istituzioni scolastiche si reggono su una tradizione filosofica che da secoli afferma, sia pure con

notevoli varianti, l’assoluta separazione del “vero”sapere dal sapere tecnico-scientifico ed è, anzi,

giunta a sostenere (con l’idealismo crociano) che l’attività scientifica non fa parte in alcun modo

dell’attività conoscitiva.»

Gli anni Settanta hanno visto la nascita di un’importante variante della teoria di Darwin originaria,

ovvero la “teoria degli equilibri punteggiati”, proposta nel 197154 dai paleontologi statunitensi

Stephen J. Gould55 e Niles Eldredge.56 Darwin ipotizzava un'evoluzione graduale e lineare,

perché ai suoi tempi erano stati rinvenuti ancora pochissimi fossili. Questa “teoria gradualista” è

stata confermata da alcune specie fossili che, effettivamente, sembrano avere seguito

un’evoluzione lenta e costante nell’arco di lunghi periodi di tempo (per esempio, i cavalli).

Tuttavia, molte altre specie fossili compaiono improvvisamente in uno strato di roccia e si

mantengono essenzialmente immutate attraverso diversi strati, fino a scomparire altrettanto

improvvisamente. La spiegazione di Gould ed Eldredge è che, nei genomi degli individui della

53 Ludovico Geymonat (1908-1991) epistemologo e matematico italiano. Dal 1956 al 1978 ha tenuto presso l'Università statale di Milano la prima cattedra di Epistemologia istituita in Italia. Aveva uno stile di pensiero neopositivista, rielaborato in senso marxista. Il suo manuale di Storia della filosofia per i Licei è stato adottato in modo diffuso. Il brano in questione è tratto dalla recensione alla prima edizione italiana del saggio Le due culture, di Charles P. Snow.54 Per quanto le prime basi del modello sono state ipotizzate da Ernst Mayr, nel 1954, gli storici della scienza riconoscono nello scritto del 1971 il documento fondante questo nuovo indirizzo di ricerca paleontologica.55 Stephen Jay Gould (1941-2002) geologo e filosofo statunitense. Ha insegnato paleontologia presso l'Università di Harvard. Sosteneva l'importanza di altri meccanismi evolutivi rispetto alla selezione naturale darwiniana, ingiustamente trascurati fino ad allora. Come risultato, diversi non-specialisti arbitrariamente hanno dedotto che Gould avesse dimostrato che la teoria evolutiva di Darwin fosse sbagliata, cosa che Gould più volte ha smentito. Durante tutta la sua carriera e in tutti i suoi scritti, Gould ha combattuto la pseudoscienza al servizio del razzismo e del sessismo.56 Niles Eldredge (1943-vivente) antropologo e paleontologo statunitense. È il curatore del Dipartimento degli invertebrati, presso il Museo di Storia naturale di New York. Inoltre, è professore aggiunto della City University di New York. Negli ultimi due decenni, Eldredge ha sviluppato il proprio interesse per l'aspetto ecologico dell'evoluzione.

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specie data, si accumulano svariate micro-mutazioni, le quali restano silenziose finché un

cambiamento ambientale non le selezionerà come vantaggiose per la riproduzione dei singoli e

la sopravvivenza della specie; ma, a quel punto, quest’ultima sarà diversa da quella di partenza.

Questo è un meccanismo “saltatorio” molto diverso da quello di De Vries: qui restiamo

interamente all’interno della teoria darwiniana e perciò, con buona pace degli antidarwinisti, la

teoria degli equilibri punteggiati non rappresenta una contestazione del meccanismo della

selezione naturale, per stessa ammissione dei due autori Gould ed Eldredge e merita un

approfondimento.

Supponiamo che una specie sopravviva per 5.000.000 di anni, ma che la maggior parte delle

micro-mutazioni abbia luogo durante i primi 50.000 anni della sua esistenza. Un periodo di tempo

così breve potrebbe non lasciare traccia negli strati fossili, dando l’impressione che quella specie

sia apparsa improvvisamente e sia vissuta senza subire modificazioni significative fino al

momento della sua estinzione. Ma è, comunque, un periodo abbastanza lungo per consentire ai

normali meccanismi evolutivi (selezione naturale e deriva genetica) d’accumulare significative

differenze nell’insieme dei genomi di una popolazione, tali da innalzare una barriera riproduttiva e

portare alla nascita di una nuova specie. Questo è vero soprattutto quando la popolazione

interessata è di piccole dimensioni e si trova in un nuovo ambiente, geograficamente isolato

rispetto a quello in cui vive il resto della specie originaria (“speciazione allopatrica”). La

“speciazione per poliploidia”, che avviene nelle piante e anche in certi animali, è un altro

esempio di “rapida” origine delle specie. Infatti, in un’indagine effettuata su 84 gruppi di piante e

di animali, il tempo tra eventi di speciazione successivi è risultato in media di 6,5 milioni di anni e

raramente è stato inferiore a 0,5 milioni di anni. Ciò conferma che il modello gradualista

dell’evoluzione non è applicabile sempre. Ciò spiega gli scarsi ritrovamenti di “anelli di congiunzione” tra una specie e l'altra e smonta, così, un'altra classica critica dei creazionisti tra

cui, per esempio, il paleontologo Roberto Fondi, dell’Università di Siena, e il biologo Giuseppe

Sermonti, dell’Università di Perugia.

Giuseppe Sermonti (1925-2018) aveva un curriculum scientifico di tutto rispetto: laureato in

Scienze biologiche e in Scienze agrarie, ha insegnato Genetica all’Università di Camerino, poi a

quella di Palermo e infine a quella di Perugia, dove ha perfino diretto l’Istituto di Genetica dal

1974 al 1986. È diventato critico verso l’evoluzionismo solo nel 1976, dopo avere letto un articolo

del giornalista statunitense Tom Bethell (1936-vivente) intitolato Darwin’s mistake. Da allora

sostiene l’ipotesi “devolutiva”, secondo cui: «L'idea di uno sviluppo evolutivo graduale della

nostra specie da creature come l'australopiteco, attraverso il pitecantropo, il sinantropo e il

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neanderthaliano, deve essere considerata come totalmente priva di fondamento e va respinta

con decisione. L'uomo non è l'anello più recente di una lunga catena evolutiva ma, al contrario,

rappresenta un taxon che esiste sostanzialmente immutato almeno fin dagli albori dell'era

Quaternaria [...] Sul piano morfologico e anatomo-comparativo, il più "primitivo" - o meno evoluto

- fra tutti gli ominidi risulta essere proprio l'Uomo di tipo moderno!» Nel saggio dal titolo Dopo

l’uomo la scimmia, pubblicato nel 1988 sulla rivista Abstracta, dice «La teoria evoluzionistica fa

discendere l’uomo dalla scimmia, ha confinato nel regno delle favole l’antropologia biblica, che

vuole l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Eppure, i dati delle più recenti ricerche

della paleontologia e della biologia molecolare sembrano indicare la grande antichità dell’uomo e

il carattere secondario e derivato degli scimmioni africani. Riacquistano così significato le antiche

mitologie, nelle quali l’animalesco trae le sue origini dall’umano.» In un altro suo libro dal titolo

Dimenticare Darwin (Rusconi, 1999), l’autore sostiene che «il confine tra naturale e

soprannaturale è pura convenzione accademica» e che «la forma biologica ha origine da

elementi che prescindono dai geni e dalla selezione naturale.»

Il CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) è

un'organizzazione educativa senza fini di lucro, fondata nel 1989 dal noto giornalista scientifico

Piero Angela. Il CICAP ha rilevato in Sermonti un atteggiamento antiscientifico, sulla base di un

brano del libro di Sermonti dal titolo Dimenticare Darwin: «Ricordo una sera, mi aggiravo tra i

banchi dell'aula vuota e chiedevo a me stesso: -Perché insegno Genetica? Perché insegno la

Scienza? Insegno qualcosa a cui non credo, anzi insegno il contrario di ciò a cui credo. La

scienza non ci aiuta a conoscere la realtà, anzi si adopera a insegnarci che la realtà non conta,

valgono solo alcuni principi astratti che l'uomo della strada non può comprendere, non può

vivere. La scienza non si rende neppure utile. Essa riversa i suoi prodotti sulla società, crea

necessità artificiali che coincidono con ciò che essa sa produrre.» Inoltre, il CICAP contesta a

Sermonti diverse affermazioni errate sulla teoria dell'evoluzione: «Che, secondo la teoria

evoluzionistica, il DNA deve essere termodinamicamente isolato dall'ambiente; che le uniche

piante con stecchi e foglie sono le angiosperme; che nel periodo Cambriano sono apparsi tutti i

phyla animali, dai protozoi ai cordati; che non si conoscono forme fossili di transizione tra i

mammiferi terrestri e i cetacei (per citarne solo alcune).» Una critica che è stata mossa a

Sermonti è quella che il Devoluzionismo non fornisce alcuna spiegazione di come si sviluppino le

forme di vita più complesse, da cui quelle più semplici sarebbero derivate per devoluzione. In

questo senso, il devoluzionismo non può essere considerato un’alternativa all'evoluzionismo,

poiché non riesce a spiegare scientificamente l'attuale complessità biologica.

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Negli anni Ottanta, la ricerca di Gould ed Eldredge è andata avanti. Darwin, nel 1872,

rispondendo alle obiezioni dello zoologo George Mivart circa la presunta incapacità della

selezione naturale di render conto degli stadi incipienti di strutture naturali particolarmente

complesse, aveva coniato il neologismo pre-adaptation. Con esso egli aveva introdotto la

possibilità che, in natura, il rapporto fra organi e funzioni fosse potenzialmente ridondante, in

modo da permettere che un carattere anatomico, sviluppatosi per una certa ragione adattativa,

potesse essere convertito («cooptato») per svolgere una funzione anche del tutto indipendente

dalla precedente. Questa cooptazione funzionale, che integra e non sostituisce l’azione

d’implementazione graduale della selezione naturale, è stata rinominata da Stephen J. Gould ed

Elisabeth Vrba, nel 1982, come: exaptation. Essa indica che gli organismi, spesso, riadattano in

modo opportunista, come dei bricoleur, strutture anatomiche già a disposizione per funzioni

inedite. Il concetto di exaptation è, quindi, un caso di studio evoluzionistico particolarmente

interessante, perché evoca il rapporto fra strutture e funzioni, fra ottimizzazione e imperfezione in

natura, mettendo in discussione la visione “adattazionista”, a lungo prevalente nel Novecento.

Esso è, inoltre, il miglior antidoto contro gran parte delle argomentazioni creazioniste. Insomma,

«l’evoluzione è un gioco combinatorio ed exattativo in cui si insegnano sempre nuovi trucchi a

vecchi geni» (Francois Jacob).

Di fronte all’assalto della Sintesi neodarwinista, il vecchio creazionismo si è aggiornato nella

forma detta Intelligent design (Progetto intelligente). Precisamente, essa è nata negli USA, nel

1987, dopo che la Corte suprema aveva sentenziato che l’insegnamento del creazionismo nelle

scuole pubbliche è vietato, in quanto viola il principio costituzionale della separazione tra Stato e

Chiesa (il senso della laicità sta tutto qui). Da quel momento i creazionisti, ipocritamente, stanno

bene attenti a evitare di nominare Dio e lasciano i lettori liberi di pensare che il “Progettista

intelligente” o la “Mente ordinatrice superiore” possa essere perfino una forma di vita aliena …

Tuttavia, questi tentativi di dissimulazione vengono sempre facilmente smascherati.57 Per

esempio, nel 2005, a Harrysburg, in Pennsylvania, si è tenuto un processo per stabilire l’idoneità

di un testo scolastico, che veniva spacciato per scientifico, mentre invece era creazionista. La

spiegazione dell’evoluzione dell’organo di locomozione dei batteri (“flagello”), fornita in aula da

uno scienziato, oltre a un appello firmato da ben trentotto Premi Nobel, ha infine convinto il

57 Per esempio, nel 2005, a Harrysburg, in Pennsylvania, si è tenuto un processo per stabilire l’idoneità di un testo scolastico, che veniva spacciato per scientifico, mentre invece era creazionista. La spiegazione dell’evoluzione dell’organo di locomozione dei batteri (“flagello”), fornita in aula da uno scienziato, oltre a un appello firmato da ben trentotto Premi Nobel, ha infine convinto il giudice a sentenziare che “il progetto intelligente non è altro che la progenie del creazionismo” e a proibire, perciò, l’adozione di quel libro di testo nelle scuole pubbliche.

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giudice a sentenziare che “il progetto intelligente non è altro che la progenie del creazionismo” e

a proibire, perciò, l’adozione di quel libro di testo nelle scuole pubbliche.

Scrive a questo proposito Niles Eldredge, nel saggio dal titolo Alla scoperta dell’albero della

vita. Darwin 1809-2009 (Codice, 2009): «Il Progetto intelligente ha un po’ le caratteristiche di un

circolo vizioso. Da una parte, i creazionisti usano il mondo biologico come prova diretta della loro

tesi, secondo cui dietro le quinte vi è un Progettista intelligente; dall’altra, le loro idee, pur avendo

la pretesa d’essere scientifiche (o quanto meno d’avere un certo rigore intellettuale), sono

convenientemente non verificabili poiché, come quasi chiunque converrebbe, è impossibile fare

esperienza del soprannaturale usando le prove fornite dai sensi, come richiesto dalle regole

fondamentali della scienza. Se anche non si considerasse soprannaturale il Progettista

intelligente che esercita sulla natura una forza reale (diversa dalla selezione naturale), la prima

linea d’indagine dovrebbe senz’altro essere la completa dimostrazione dell’esistenza di questo

Progettista intelligente. I fautori del Progetto intelligente, però, non vogliono affrontare questo

percorso. Sostengono che la complessità biologica che osserviamo attorno a noi è una prova

sufficiente dell’esistenza e delle azioni di un Progettista intelligente. Ho, dunque, sviluppato un

nuovo e promettente metodo per verificare la parte essenziale del Progetto Intelligente. Sono

partito da due domande: 1) esiste qualche altro sistema caratterizzato da un progetto intelligente

di cui possiamo fare esperienza? 2) se i sistemi biologici fossero stati creati da un progettista

intelligente, che cosa potremmo prevedere riguardo al loro aspetto? La risposta alla prima

domanda è: certo che sì! Il computer che uso per scrivere queste parole non è che un esempio

dei tantissimi strumenti progettati dagli ominidi quanto meno negli ultimi 2,5 milioni di anni. La

risposta alla seconda domanda è meno banale. Se la storia dei sistemi progettati fosse molto

simile a quella dei sistemi biologici, allora potremmo affermare, procedendo nel modo scientifico,

che pur non avendo dimostrato l’esistenza di un progettista intelligente dietro ai sistemi biologici,

non siamo neanche riusciti a dimostrare la falsità dell’idea. D’altro canto, se i sistemi biologici e i

sistemi progettati fossero molto diversi tra loro, potremmo sostenere d’avere falsificato l’ipotesi

del Progetto intelligente per quanto concerne i sistemi biologici. (…) Per esplorare tali differenze,

ho sviluppato un database della storia delle “cornette a pistoni”, che sono strumenti musicali a

fiato, fatti in ottone, inventati nel 1825 e costruiti ancora oggi. L’intero database consiste di 17

variabili, che descrivono 1234 modelli di cornetta diversi. Il database ha esattamente la stesa

struttura di quelli che uso per gli organismi che studio (le trilobiti, un gruppo estinto di artropodi).

Confrontando i due diagrammi, si vede che nell’albero evolutivo il computer riesce a individuare

la specie più simile per ogni specie data, generando un insieme ordinato di diramazioni

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dicotomiche, che indicano lo schema delle parentele evolutive. Per quanto riguarda il diagramma

generato in base ai dati delle cornette a pistoni, ho considerato per semplicità solo 39 modelli

fondamentali e, nonostante questo, si vede chiaramente che il grado di risoluzione è molto

basso: dato un certo tipo di cornetta, non è semplice stabilire quale sia il modello più

strettamente “imparentato”. Questo è dovuto al fatto che il grado di “rimescolamento”, ossia di

permutazione e combinazione delle 17 caratteristiche diverse delle cornette, è quasi illimitato. Le

informazioni si possono trasmettere in direzione orizzontale tra modelli, nel senso che le

invenzioni si possono applicare retroattivamente a modelli vecchi. Nei sistemi biologici, invece,

non si trova nulla del genere, eccetto che nei batteri. Nell’evoluzione biologica, le strutture nuove

derivano dalle vecchie: per esempio, gli arti dei vertebrati derivano dalle pinne a paletta dei pesci

sarcotterigi, mentre le ali dei pipistrelli derivano dagli arti anteriori dei mammiferi di terra. (…) Ora

è tempo di smettere di prendere il creazionismo abbastanza sul serio da formalizzare confronti

tra sistemi biologici e culturali per verificare l’ipotesi del Progetto intelligente.»58

Arriviamo così agli anni Novanta. Il 22 ottobre 1996, papa Giovanni Paolo II ha detto alla

Pontifica Accademia delle Scienze quanto segue: «Circa mezzo secolo dopo la pubblicazione

della Humani generis, nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria

dell’evoluzione una mera ipotesi.» Ma subito dopo ha aggiunto: «Più che di teoria dell’evoluzione

conviene parlare di teorie dell’evoluzione», al plurale, e di esse quelle «che, in funzione delle

filosofie che le ispirano, considerano lo spirito come emergente dalle forze della materia viva o

come un semplice epifenomeno di questa materia, sono incompatibili con la verità dell'uomo.

Esse sono, inoltre, incapaci di fondare la dignità dell'uomo.»

Anche a papa Giovanni Paolo II, come già a papa Pio XII, ha risposto Piergiorgio Odifreddi, nel

saggio dal titolo Perché non possiamo essere cristiani e men che mai cattolici (Longanesi, 2007),

dicendo: «L'arroccamento sulla divinità dell'uomo si scontra con l'evidenza della sua animalità,

accumulatasi dalla pubblicazione dell'Origine dell'uomo da parte di Charles Darwin, nel 1871, fino

alla scoperta dell'universalità del codice genetico da parte di Marshall Nirenberg, nel 1966.» E ha

aggiunto: «In fondo, l’attaccamento alla favola della creazione dell’uomo a immagine di Dio non è

più razionale di quello della favola della nascita dell’arcobaleno come suggello di un patto

postdiluviano. La seconda è una bella immagine poetica, ma una brutta stupidaggine scientifica,

perché l’arcobaleno è un fenomeno che si può facilmente spiegare con le leggi dell’ottica. Perché

mai non dovrebbe esserlo anche la prima, che oggi si può analogamente spiegare, benché più

difficilmente, con le leggi della biologia? Ma, soprattutto, perché mai dovremmo continuare a

58 In: Alla scoperta dell’albero della vita. Darwin 1809-2009 (Codice, 2009).

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lasciarci somministrare superficiali e primitivi miti religiosi fin da bambini, invece di cominciare fin

da subito a essere esposti a divulgazioni delle loro profonde e moderne verità scientifiche? Come

lo stesso Darwin ebbe a dire nella sua Autobiografia, in una frase che la moglie Emma censurò

nella prima edizione del 1887: “Non dobbiamo trascurare la probabilità che il costante inculcare

la credenza in Dio nelle menti dei bambini possa produrre un effetto così forte e duraturo sui loro

cervelli non ancora completamente sviluppati, da diventare per loro tanto difficile sbarazzarsene

quanto per una scimmia disfarsi della sua istintiva paura o ripugnanza del serpente”.» 59

Dunque, i credenti escludono fermamente che lo spirito possa essere una semplice proprietà

emergente dalla materia inanimata e accusano gli atei di non dimostrare il meccanismo con cui la

vita e il pensiero cosciente emergerebbero dalla materia inanimata. D’altra parte, i non credenti

sostengono che la vita e il pensiero cosciente sono proprietà emergenti dalla materia

sufficientemente complessa (una singola molecola non è viva, ma miliardi di molecole

interconnesse formano la cellula vivente; un singolo neurone non pensa, ma miliardi di neuroni

interconnessi pensano) e accusano i credenti di non dimostrare l’esistenza dello “spirito”, prima

di basare su di esso immaginarie divisioni nel Regno animale.

Tra coloro che negano l’evoluzione dell’uomo da antenati primati oggi estinti c’è il fisico

Antonino Zichichi, dell'Università di Bologna. La validità delle sue obiezioni è stata però

fortemente criticata nel merito dagli specialisti della materia, dato che Zichichi non ha

assolutamente nessuna formazione scientifica pertinente, non provenendo da nessun percorso di

tipo biologico, biomolecolare, naturalistico o paleontologico, e dato che evidenzia elementari

carenze conoscitive. Egli, da perfetto cattolico, nel saggio dal titolo Perché credo in Colui che ha

fatto il mondo (Il Saggiatore, 1999), scrive: «[...] La cultura dominante ha posto il tema della

specie umana sul piedistallo di una grande verità scientifica in contrasto totale con la Fede. [...]

Arrivati all'Homo Sapiens Neaderthalensis (centomila anni fa), con un cervello di volume

superiore al nostro, la Teoria dell'Evoluzione Biologica della specie umana ci dice che,

quarantamila anni fa circa, l'Homo Sapiens Neaderthalensis si estingue in modo inspiegabile. E

compare infine, in modo altrettanto inspiegabile, ventimila anni fa circa, l'Homo Sapiens Sapiens.

Cioè noi. Una teoria con anelli mancanti, sviluppi miracolosi, inspiegabili estinzioni, improvvise

scomparse non è Scienza galileiana.»

Zichichi, dunque, critica non solo una parte fondamentale della teoria di Darwin, ma anche la

stessa struttura scientifica di tale teoria. Al contempo dimostra d’ignorare, sia la sequenza fossile

degli ominidi antecedente alla comparsa di H. sapiens e H. neandertalensis (quest'ultimo non è

59 In: Perché non possiamo essere cristiani e men che mai cattolici (Longanesi, 2007).

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nemmeno antenato diretto di H. sapiens), sia le datazioni dei ritrovamenti paleontologici, le quali

concordano nel confermare la contemporanea presenza sulla Terra di entrambe le specie, per un

certo lasso di tempo, nonché la precedente differenziazione di H. sapiens, 200 000 anni fa.

Questa sua ignoranza giustifica gli aggettivi "miracolosi ... inspiegabili ... improvvisi" che usa al

riguardo della questione.

Comunque, continua: «Come può un'applicazione, ancora tanto imperfetta e lacunosa,

dell'elettromagnetismo -quale è la teoria dell'evoluzione umana- pretendere di negare l'esistenza

di Dio? Eppure l'uomo della strada è convinto che Charles R. Darwin abbia dimostrato la nostra

diretta discendenza dalle scimmie: per la cultura dominante non credere alla teoria

Evoluzionistica della specie umana è un atto di grave oscurantismo, paragonabile a ostinarsi nel

credere che sia il Sole a girare intorno, con la Terra ferma al centro del mondo. È vero l'esatto

contrario.»

Qui Zichichi nega esplicitamente la validità e la solidità dell'evoluzionismo, che si fonderebbe, a

suo dire, soltanto sull'opinione generale dell'uomo comune.

Zichichi continua dicendo: «Gli oscurantisti sono coloro che pretendono di fare assurgere al

rango di verità scientifica una teoria priva di una pur elementare struttura matematica e senza

alcuna prova sperimentale di stampo galileiano.»

A Zichichi ha riposto Piergiorgio Odifreddi, nel saggio dal titolo In principio era Darwin

(Longanesi, 2009), dicendo: «Tra le tante critiche che le sono state rivolte, nel secolo e mezzo

che ci separa dall’Origine delle specie, questa è veramente una delle più disinformate.

L’equazione matematica dell’evoluzionismo esiste da un secolo esatto, visto che fu trovata nel

1908 da Godfrey Hardy e indipendentemente da Wilhelm Weinberg, da cui il nome di “Legge di Hardy-Weinberg” con cui è (o dovrebbe essere) conosciuta.» Questa legge descrive, senza

spiegare, il fatto che in una popolazione ideale le frequenze di tutti gli alleli presenti si mantiene

costante nel tempo, il che significa che non c’è evoluzione; invece, nelle popolazioni reali la

frequenza degli alleli cambia nel tempo, perciò c’è evoluzione. A questo bisogna pure aggiungere

l’analisi matematica condotta da quello che Richard Dawkins ha definito “il più grande biologo

dopo Darwin”, ovvero Ronald Fisher. Nel 1918, egli ha dimostrato matematicamente che i

caratteri genetici (argomento di forte interesse per il Neodarwinismo) seguono le regole indicate

da Mendel e che si distribuiscono secondo una curva di Gauss. Fisher è stato tra i primi a

comprendere l'importanza del campionamento casuale per poter generalizzare i risultati, in

opposizione ai campionamenti fatti secondo criteri vari di opportunità. Nel 1925, Fisher ha

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perfezionato il metodo ideato da William S. Gosset (alias Student) per confrontare due medie,

ideando il test "t di Student" attualmente usato, e introducendo il concetto di “gradi di libertà”.

Importante sua innovazione è stata la cosiddetta “analisi della varianza”, ma sarebbe stato un

suo allievo (George W. Snedecor) a utilizzare una distribuzione diversa da quella gaussiana,

introducendo la variabile casuale F di Snedecor (dove la F è in onore al maestro Fisher). Con “Il

progetto degli esperimenti”, del 1935, Fisher ha introdotto la regola che gli esperimenti devono

essere programmati, prima d’essere effettuati, affinché i test statistici possano avere una loro

validità. In questo ambito, egli ha coniato i concetti di: “Ipotesi nulla” (H0) e “ipotesi sperimentale”

(H1). Fisher ha affermato (e si tratta di una grande novità in ambito del metodo scientifico) che

nessuna ricerca sperimentale può dimostrare l'ipotesi sperimentale, ma solo "accettare" o

"respingere" l'ipotesi nulla; comunque, effettuare tanti esperimenti in cui si rigetta l'ipotesi nulla

aumenta la credibilità che l'ipotesi sperimentale sia vera.

Tornando a Zichichi, egli proseguiva dicendo: «Sappiamo con certezza che l'evoluzione biologica

della specie umana è ferma da almeno diecimila anni (dall'alba della civiltà), [...] momento dal

quale siamo in grado di studiare con certezza le proprietà di questa forma di materia vivente

detta uomo. Durante diecimila anni questa forma di materia vivente è rimasta esattamente

identica a sé stessa. Evoluzione biologica: zero.»

Zichichi, pur facendo spesso riferimento alla matematica, trascura le dimensioni temporali della

storia dell'Universo e della vita sulla Terra (peraltro, spesso datate con metodi fisici basati sul

decadimento radioattivo). Oltre al fatto che l'affermazione sui "10.000 anni" è inesatta, in quanto

la specie H. sapiens è presente sulla Terra da circa 200.000 anni, 10.000 anni sono una quantità

di tempo del tutto irrilevante su scala geologica e dunque evoluzionistica, perciò la mancanza

d’evoluzione apparente in questo lasso di tempo è un’eventualità niente affatto in contraddizione

con la moderna teoria dell'evoluzione, secondo la quale le trasformazioni si possono verificare

con velocità variabile, ma sempre su tempi geologici dell'ordine di centinaia di migliaia di anni.

La fede cattolica di Zichichi è dichiarata essere secondaria rispetto alla critica scientifica, come

egli stesso afferma: «La mia linea è questa: dov'è l'equazione dell'evoluzione della specie

umana? Non esiste. Non ci sono né esperimenti riconducibili né una componente matematica di

rigore dell'evoluzionismo biologico. E questi sono i caratteri che caratterizzano la scienza, che

deve prevedere e non post-prevedere.»

Fa eco a Zichichi il teologo gesuita francese Gustave Martelet, dell’Università Gregoriana di

Roma, il quale nel saggio dal titolo Evoluzione e creazione: dall’origine del cosmo all’origine

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dell’uomo (Jaca book, 1998), sottolinea il “salto ontologico” tra Homo sapiens e gli ominidi

preistorici: «L’esitazione, che fu dapprima di Pivetau (1973) e che certi studiosi di preistoria (L. A.

Shepartz e altri, 1993) non hanno superato, merita che vi si soffermi. Non solo ha trovato molto

recentemente una nuova eco (B. Wood, Nature, 23/1/1997), ma si congiunge con un’opinione

fondata su solidissimi argomenti, secondo la quale la pebble culture non sarebbe assolutamente

l’indizio incontestabile dell’inizio dell’umano.»60

Ma i “solidissimi” argomenti di Martelet si sono dimostrati tutt’altro che tali. Infatti, nel 2009,

Thomas Plummer, della City University of New York, e Richard Potts, dello Smithsonian

Institution Museum of Natural History, «hanno analizzato sia il terreno, sia i resti fossili della

fauna pliocenica presente nel sito keniano di Kanjera South, risalente a circa 2 milioni di anni fa e

incontrovertibilmente associato alla cultura litica olduvaiana (e quindi a H. abilis). (…) A questo

quadro, già da tempo consolidato, si può aggiungere ora un nuovo elemento: H. abilis era

particolarmente flessibile nella scelta dell’ambiente dove vivere. (…) Questa flessibilità è un

importante differenza rispetto ad altri gruppi di ominini61 come le australopitecine e ha

probabilmente giocato un ruolo notevole nel successo del genere umano.»62

(https://pikaia.eu/author/michelutto/)

Come se ciò non bastasse, esiste anche la prova scientifica che la capacità di parlare è nata

contemporaneamente a quella di scheggiare i ciottoli. Infatti, due ricercatori dell’Università di

Liverpool, l’archeologa Natalie Thaïs-Uomini e lo psicologo Georg F. Meyer, «hanno testato

l’attività cerebrale in un campione di dieci uomini scheggiatori esperti, mentre compivano un test

standard sul linguaggio e scheggiavano nello stesso momento degli strumenti in selce, la tipica

pietra usata nel Paleolitico. Il parametro valutato era l’attività del flusso sanguigno cerebrale,

misurata tramite un esame diagnostico applicato comunemente in ambito ospedaliero per

analizzare le funzioni linguistiche dei pazienti che subiscono danni cerebrali: il

functional Transcranial Doppler (fTCD). Entrambe le attività svolte (test sul linguaggio e

produzione di strumenti) determinavano un pattern cerebrale molto simile, segno che entrambe

coinvolgevano le medesime aree cerebrali.»63 (http://pikaia.eu/quando-e-nato-il-linguaggio/)

Capitolo 6: L’evoluzionismo negli anni Duemila

60 In: Evoluzione e creazione: dall’origine del cosmo all’origine dell’uomo (Jaca book, 1998).61 La Famiglia sistematica degli Ominidi si è allargata includendo anche: gorilla, scimpanzé e oranghi, a causa della loro vicinanza evolutiva con l’uomo. In passato, questi animali erano classificati nella Famiglia dei Pongidi, ma le recenti analisi genetiche hanno permesso di scoprire che gorilla e scimpanzé hanno molto più in comune con l’uomo che con gli oranghi. Il termine “ominini” si riferisce, dunque, al nome della Tribù comparsa nella nuova classificazione sistematica.62 https://pikaia.eu/author/michelutto/ 63 http://pikaia.eu/quando-e-nato-il-linguaggio/

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Dunque, i religiosi escludono fermamente che lo spirito possa essere una semplice proprietà

emergente dalla materia inanimata e accusano gli atei di non dimostrare il meccanismo con cui la

vita e il pensiero cosciente emergerebbero dalla materia inanimata. D’altra parte, gli atei

sostengono che la vita e il pensiero cosciente sono proprietà emergenti dalla materia, quando

essa raggiunge un sufficiente grado di complessità (una singola molecola non è viva, ma miliardi

di molecole interconnesse formano la cellula vivente; un singolo neurone non pensa, ma miliardi

di neuroni interconnessi pensano) e accusano i religiosi di non dimostrare l’esistenza dello

“spirito”, prima di basare su di esso immaginarie divisioni nel Regno animale. Scrive Niles

Eldredge nel saggio dal titolo Alla scoperta dell’albero della vita: Darwin 1809-2009 (Codice,

2009): «Nonostante tutte queste prove e tutte queste previsioni che continuano a confermare

l’evoluzione, il creazionismo è di nuovo in ascesa, associato a una tendenza al conservatorismo

politico e religioso, che è evidente in molte società giudaico-cristiane e islamiche. Oggi, perfino

l’Italia, dove da tempo il secolarismo conviveva con la Chiesa cattolica senza grossi problemi, ha

avuto i suoi antievoluzionisti nelle file dei responsabili delle politiche di governo. Ed è frequente

che al posto del termine tecnico “evoluzione” s’invochi il nome di Darwin: è molto più facile

organizzare la resistenza contro una persona, che simboleggia l’opera del demonio, piuttosto che

descrivere e confutare una teoria scientifica.»64

A confermare la tesi di Eldredge si riportano alcuni casi di antievoluzionismo, realmente accaduti

nei primi anni duemila.

I) Il primo caso di antievoluzionismo risale al 24 ottobre 2002, quando per la prima volta nella

storia italiana una scuola pubblica (il liceo scientifico Vittorini di Milano) ha permesso ad alcuni

studenti appartenenti all'associazione di destra “Alleanza studentesca”, tra cui Fabrizio Fratus,65

d’organizzare una conferenza antievoluzionista, dal titolo: “Evoluzione-creazione, confronto tra

due modelli per spiegare l’origine della vita sul nostro pianeta”. Innanzitutto, risulta difficile capire

come potesse farsi un confronto quando sul palco non è stato invitato nessun esponente

dell’evoluzionismo, ma soltanto tre del creazionismo e cioè: Fernando De Angelis, insegnante di

Scienze alle scuole secondarie di secondo grado, Mihail Georgiev, biologo e medico, e Ronald

Nalin, geologo creazionista e membro della Chiesa avventista. In sostanza, i tre relatori spiegano

64 In: Alla scoperta dell’albero della vita: Darwin 1809-2009 (Codice, 2009)65 Fabrizio Fratus, dopo essersi diplomato al liceo Vittorini, si è laureato in Sociologia ed è diventato portaborse della parlamentare Daniela Santanché, nonché coordinatore del blog Il Talebano, politicamente vicino alla Lega. Fratus cita tra i suoi simpatizzanti: Marion Le Pen, Massimo Fini e Diego Fusaro. Inoltre, è a capo di un “Comitato antievoluzionista”, che spinge per rimuovere dai libri di testo scolastici la teoria darwiniana dell’evoluzione.

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agli studenti che la teoria dell’evoluzione per selezione naturale, cioè il darwinismo, “non può

essere considerata una verità scientifica, ma solo una rispettabile ipotesi su basi

fondamentalmente filosofiche”. Inoltre, fanno notare che “questa teoria è superata nel mondo

accademico anche evoluzionista”. Le precise parole di Georgiev sono le seguenti: «Se il

darwinismo manca di un punto d'inizio e non fornisce prova alcuna della trasformazione di una

specie in un’altra, perché non vagliare l’ipotesi di un Dio creatore? In fondo, non ci sono prove

scientifiche che possano dimostrare la non esistenza di una divinità creatrice. Dunque, perché

escludere a priori lo studio della teoria creazionista dai testi scientifici adottati a scuola? Infine,

con uno spirito d'autentico pluralismo culturale, è corretto sapere che credere in un Dio creatore

non è affatto antiscientifico.» 

II) Il secondo caso di antievoluzionismo risale al 22 novembre 2002, quando il dottor Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale Padre Pio, a San Giovanni Rotondo (FG),

nonché presidente del “Comitato scienza e vita”,66 ha rilasciato al quotidiano Il Tempo la

seguente dichiarazione: «Credo nella creazione divina, anche se come genetista accetto il

processo dell’evoluzione, che è del tutto fondato. Credo che con il progredire della Scienza

diventerà sempre più possibile migliorare le nostre conoscenze, ma sono convinto che qualche

anello mancante resterà sempre. Detto altrimenti, rimarrà quell’aspetto magico che ci spinge ad

amare la vita. Forse, sono un po’ troppo poeta, ma penso che il caso non possa compiere cose

tanto meravigliose come quelle che vediamo ogni giorno. Credo, invece, in un disegno

ordinatore.»

66 Nel 2004, il movimento politico dei Radicali Italiani ha depositato in Corte di Cassazione quattro Referendum abrogativi ma, anche grazie all’attiva propaganda avversa del Comitato scienza e vita, ha votato solo il 25,9 % degli aventi diritto. Perciò, non è stato raggiunto il quorum necessario ad abrogare la Legge 40, che resta tuttora in vigore.

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III) Il terzo caso di antievoluzionismo risale al febbraio 2003, quando per la prima volta un

Comune italiano (sempre Milano) ha concesso il suo patrocinio a un convegno dichiaratamente

contro Darwin, dal titolo: “Evoluzionismo: una favola per le scuole”. 67 Non desterà meraviglia

apprendere che tra i partecipanti c’erano quasi esclusivamente esponenti della Destra; inoltre,

dal tono delle loro dichiarazioni si capisce bene che la manifestazione non era scientifica, quanto

piuttosto politica. Così, per esempio, un anziano senatore di AN ha detto: «La teoria di Darwin è

funzionale all’egemonia della Sinistra; è nata quando in Europa dominava la cultura del

positivismo, che è l’anticamera del marxismo.» L’allora vicepresidente della Provincia di Milano,

anch’egli di AN, ha detto: «Il problema è solo uno e riguarda la concezione della vita umana: se

noi veniamo da un’ameba o da un pesce, l’etica non ha motivo d’esistere.» E ancora: «E' meglio

rintracciare le proprie radici in Romolo e Giove, piuttosto che in quelle proposte dagli

evoluzionisti, che strisciano per terra, in quanto vermi.» Una consigliera comunale d’allora, di FI,

ha detto: «Sarebbe meglio ispirarsi all’America, dove il creazionismo viene insegnato nelle

scuole.»

67 Comunque, almeno un effetto positivo il convegno l’ha ottenuto: ha stimolato l’organizzazione dei Darwin’s Day. Si tratta di un appuntamento annuale, nel giorno del compleanno di Darwin (12 febbraio). Questa giornata di riflessione è un’occasione per difendere l’impresa scientifica, attraverso i valori del razionalismo e della laicità. Oggi, sono poche le città e le scuole italiane che non celebrano Darwin e l’evoluzione, con conferenze, seminari di studio, dibattiti, spettacoli teatrali, mostre e moltissime altre attività; per ricordare che la ragione e la Scienza hanno consentito conoscenze altrimenti irraggiungibili.

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IV) Il quarto caso di antievoluzionismo è stato probabilmente il più grave, in quanto ha coinvolto

direttamente il MIUR (Ministero Istruzione-Università-Ricerca). Risale al 18 febbraio 2004,

quando il ministro Letizia Moratti, avendo come consulenti ministeriali Zichichi e Dallapiccola, ha

cercato d'abolire l'insegnamento del darwinismo dai programmi della Scuola dell'obbligo. Il

genetista Luigi Luca Cavalli-Sforza,68 professore emerito all'Università Stanford, di San

Francisco, ha commentato la notizia sul Sole 24 Ore in questo modo: « Per quanto mi riguarda,

sono convinto che è impossibile capire la biologia senza l'evoluzione. Io ho passato la mia vita a

far ricerche sull'argomento, nonché molti anni a scrivere con mio figlio Francesco un libro di

Scienze in quattro volumi per le scuole medie, ora pubblicato da Edimond, in cui si dà il rilievo

giusto e necessario a questa "degradazione" (così la definisce il professore Giuseppe Bertagna,69 dell'editrice La Scuola di Brescia, a cui la Moratti si è rivolta per riscrivere i

programmi di Scienze della Scuola primaria).» Di fronte a una reazione popolare guidata dai due

scienziati premi Nobel per la medicina, Renato Dulbecco e Rita Levi-Montalcini, la ministra ha

cercato di rimediare e ha perciò istituito una Commissione tecnica di cui facevano parte proprio

Rita Levi-Montalcini e Renato Dulbecco. Il parere (non vincolante) della Commissione è stato il

seguente: «Il mancato apprendimento della teoria dell’evoluzione rappresenta per i ragazzi di 13-

14 anni una grave limitazione culturale e una rinuncia a svilupparne la curiosità scientifica e

l’apertura mentale.» Così, il 17 ottobre 2005, la Moratti ha emanato un secondo Decreto

legislativo con cui reintroduceva lo studio del darwinismo nella Scuola, ma solo a partire dalla

terza media.

68 Luigi L. Cavalli-Sforza (1922 - 2018) genetista e microbiologo italiano. Ha insegnato presso l'Università di Parma e poi all’Università di Stanford, a San Francisco. È stato il primo a combinare la demografia con le analisi dei gruppi sanguigni, ritrovando così nell'attuale patrimonio genetico dell'uomo i segni lasciati dai grandi movimenti migratori del passato e delle società multietniche. Utilizzando i precedenti modelli degli alberi evolutivi, ha notato che le due maggiori superfamiglie proposte dai linguisti, l'eurasiatica e la nostratica, corrispondevano ai rami principali dell'albero.69 L’antievoluzionista Giuseppe Bertagna è stato uno dei protagonisti delle varie Commissioni nazionali per la riforma del sistema d’istruzione e di formazione, varate dai vari governi italiani dal 1986 in avanti. Nel governo Berlusconi II, ha presieduto il gruppo di lavoro che ha fornito le basi pedagogiche, culturali e ordinamentali della Riforma Moratti e ha curato i documenti pedagogici e normativi che l’hanno accompagnata.

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V) Il quinto caso di antievoluzionismo risale al pomeriggio del 1° settembre 2006, quando papa

Benedetto XVI, negli atti della conferenza su Creazione ed evoluzione, tenutasi a Castel

Gandolfo, ha scritto: «La teoria dell’evoluzione, in gran parte, non è dimostrabile

sperimentalmente in modo tanto facile, perché non possiamo introdurre in laboratorio 10.000

generazioni.» Però, della serie non c’è più sordo di chi non vuol sentire, proprio la mattina di quel

medesimo giorno, in quel medesimo luogo, Peter Schuster, presidente dell’Accademia delle

Scienze austriaca, aveva detto in presenza del Papa quanto segue: «Richard Lensky,70

dell’Università del Michigan, nell’anno 1988 ha iniziato un esperimento che continua ancor oggi

con batteri della specie Escherichia coli, che egli lascia evolvere in condizioni costanti. A

tutt’oggi, egli ha isolato e analizzato circa 40.000 generazioni.»

VI) Il sesto caso di antievoluzionismo risale al 20 dicembre 2010 e riguarda ancora i batteri. Sul

quotidiano online Il Sussidiario, che fa riferimento a CL, tale Andrea Bartelloni ha scritto

l’articolo dal titolo: “Complessità: la nuova sfida della scienza moderna”, in cui recensiva il libro di

un raro biologo antievoluzionista per motivi religiosi, Umberto Fasol, dirigente scolastico del

liceo privato cattolico “Alle stimmate” di Verona. Per dimostrare l’ignoranza biologica

dell’articolista cattolico, basta riportare il suo seguente ragionamento: «C’era proprio bisogno di

un altro volume sull’evoluzione e l’evoluzionismo? Non ne sappiamo già abbastanza? No!

Qualche settimana fa, sull’inserto domenicale de Il Sole 24 Ore, un illustre collaboratore

(Riccardo Saporiti)71 invitava i medici a riflettere sulla prova dell’evoluzione data dai batteri che

diventano resistenti agli antibiotici. Ora, basta poco per comprendere che i batteri acquisiscono

una resistenza, ma batteri rimangono; più aggressivi, ma sempre batteri. Altro che prova

dell’evoluzione!» L’articolo continuava elogiando il libro di Fasol con queste parole: «La

semplicità è, in questo caso, sinonimo di chiarezza. Non troverete le frasi fumose,

incomprensibili, che fanno molto “scienziato”, ma lasciano senza risposta le domande

fondamentali e poi, quando non ci sono risposte, si lascia aperto il campo alla ricerca e

all’approfondimento scientifico che verrà. Non è vero che è tutto chiaro e dimostrato

scientificamente e Fasol riporta alla realtà dei fatti, che è complessità sia dell’informazione che

delle finalità.»

70 Richard E. Lenski (1956-vivente) biologo evoluzionista statunitense. Insegna presso la Michigan State University. È membro della National Academy of Sciences e della American Phylosophical Society. Lenski è anche noto per il suo lavoro pionieristico nello studio digitale dell'evoluzione, usando simulazioni auto-replicanti chiamati Avida.71 Riccardo Saporiti (1981-vivente) giornalista italiano. Collabora con La Provincia di Varese, per la quale si occupa di politica, cronaca bianca e spettacoli. Collabora con il quotidiano online Repubblica degli Stagisti, dedicata al passaggio dall’Università al mondo del lavoro. Collabora con il quotidiano online Articolo36, che racconta il mondo del lavoro, per la quale cura la rubrica Startupper, dedicata alle start-up.

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VII) Il settimo caso di antievoluzionismo risale al 31 agosto 2011, quando Il Corriere della sera

ha pubblicato un articolo del filosofo Emanuele Severino, dell’Università “Ca’ Foscari” di

Venezia, in cui si leggeva quanto segue: «Si aggiunga che la Scienza intende fondarsi

sull’osservazione. Ma la gran questione è che la realtà, che per la Scienza esisterebbe

egualmente anche se l’uomo non esistesse (l’uomo, dice la Scienza, compare soltanto a un certo

punto dello sviluppo dell’Universo), è per definizione ciò che non è osservato dall’uomo, ciò di cui

l’uomo non fa esperienza. Ciò significa che non può esserci esperienza umana di ciò che esiste,

quando l’umano non esiste. Quindi, l’affermazione che la realtà è indipendente dall’uomo finisce

anch’essa con l’essere una semplice fede, o quella forma di fede che è anche il grado più alto di

probabilità.»

VIII) L’ottavo caso di antievoluzionismo risale al 4 maggio 2019. Vittorio Feltri, direttore del

quotidiano Libero, vicino alla Lega, ha scritto una recensione positiva di un libro del genetista

antievoluzionista Giuseppe Sermonti, intitolato Una scienza senz'anima (Lindau, 2008). Così ha

scritto Feltri: «Giuseppe Sermonti è scomparso pochi mesi fa, a novant'anni suonati. È stato uno

dei più insigni biologi italiani. (…) Certo, le tesi del professore eretico impressionano per la forza

argomentativa e la passione con cui denuncia il dominio post-moderno di questa religione

totalitaria degli algoritmi, che ci ha privato del gusto della scoperta, riducendo qualsiasi ente alle

sue componenti chimico-fisiche, a una somma di geni, a una catena di eventi casuali, studiati

secondo un metodo che ha rinnegato la bellezza. Ho detto eretico. Sbaglio. È la cupola degli

scienziati ad aver scelto l'apostasia dalla vera “scienza con l'anima”. Da quando maturò questa

certezza, Sermonti, con una penna folgorante, si batte per recuperare la scienza alla sua vera

natura, che non ha per compito l'efficienza, ma lo stupore dinanzi ai segreti che disvela, senza

pretesa d’impossessarsene.»72 (https://www.liberoquotidiano.it/news/opinioni/13458585/vittorio-

feltri-giuseppe-sermonti-scienza-anima-fallimento.html?

fbclid=IwAR28sG22_IsWQgPpUaLESWZ8OQAxnp_6SO_N3iWVw70k-wSs1dU-GoE-4uM/)

Cap. 7: Risposte alle obiezioni

72 In: https://www.liberoquotidiano.it/news/opinioni/13458585/vittorio-feltri-giuseppe-sermonti-scienza-anima-fallimento.html?fbclid=IwAR28sG22_IsWQgPpUaLESWZ8OQAxnp_6SO_N3iWVw70k-wSs1dU-GoE-4uM/

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I) Se gli insegnanti di Scienze del liceo Vittorini fossero intervenuti in aula, avrebbero certamente

avuto facili argomenti per confutare quelle critiche creazioniste trite e ritrite. Per esempio, la

prima obiezione («La teoria dell’evoluzione per selezione naturale non può essere considerata

una verità scientifica, ma solo una rispettabile ipotesi su basi fondamentalmente filosofiche»)

crolla non appena si conosce la differenza tra teoria scientifica e teoria filosofica e cioè che solo

la prima riesce a fare previsioni verificabili. Lasciamo la parola a Niles Eldredge: «Quando

affronto i creazionisti (mossi, che lo ammettano o meno, da un’ispirazione religiosa e politica più

che scientifica o comunque intellettuale) metto in particolare rilievo tre previsioni, che emergono

dalla semplice idea di evoluzione: 1) Se, in effetti, tutta la vita ha avuto origine da un unico

antenato comune, è ragionevole prevedere che ne sia rimasta traccia, qualcosa di comune a tutti

gli organismi attuali, trasmesso ed ereditato. Darwin non poteva sapere che cosa fosse quel

“qualcosa”, ma noi oggi lo sappiamo: sono le macromolecole di DNA e RNA ereditarie. 2) La

storia della vita dovrebbe procedere dal semplice al complesso e nella documentazione fossile

dovrebbe essere conservata questa sequenza. Come previsto, i fossili più antichi sono batteri e

hanno 3,5 miliardi di anni, l’età dei più antichi sedimenti in cui si sono potuti conservare

microfossili. Il passo successivo, che si predirebbe dall’albero della vita, sarebbe l’evoluzione di

una struttura cellulare complessa: gli eucarioti monocellulari. In effetti, i più vecchi tra di essi

hanno circa 2,3 miliardi di anni; quindi, i batteri furono le uniche forme di vita per più di un

miliardo di anni. Successivamente, comparvero le forme più semplici di vita animale, all’incirca

650 milioni di anni fa. Le forme più complesse di vita animale comparvero più tardi, in quella che i

creazionisti amano brandire come prova della simultanea creazione di tutta la vita: l’esplosione

cambriana. Ed è proprio vero che tutte le forme più complesse di vita animale (artropodi,

molluschi, anellidi, brachiopodi, echinodermi e cordati) sembrano comparire grossomodo allo

stesso tempo. Ma non è affatto “tutta la vita”. (…) L’esplosione cambriana, in altre parole, non è

di grande sostegno per la tesi della creazione simultanea di tutti gli organismi, data la comparsa

sequenziale dei batteri, dei microbi eucarioti e di semplici animali come le spugne e alcuni parenti

dei coralli, tutti separati da un miliardo di anni o più. 3) La documentazione fossile dovrebbe

rivelare una progressione di ominidi da individui più simili alle scimmie antropomorfe e con un

cervello più piccolo ad altre specie con un cervello più grande, bipedi e capaci di costruire

utensili, fino ad arrivare a noi; inoltre, i dati genetici dovrebbero rivelare una parentela tra gli

esseri umani e le scimmie antropomorfe più stretta di quella che ci lega a qualsiasi altra forma di

vita. Entrambe le predizioni sono state abbondantemente verificate. Darwin arrivò subito a

concludere che gli esseri umani si sono necessariamente evoluti insieme a tutte le altre forme di

vita. In seguito, concluse che le nostre somiglianze sono più strette con le scimmie antropomorfe

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africane e, quindi, predisse che l’Africa si sarebbe rivelata la culla dell’evoluzione umana; ciò è

stato ampiamente dimostrato dalla profusione di ominidi fossili, raccolti in Africa negli ultimi

cinquant’anni. Ma, ai tempi di Darwin, i fossili umani erano pressoché sconosciuti a parte l’uomo

di Neanderthal, per non parlare delle somiglianze genetiche tra gli esseri umani e le scimmie

antropomorfe. (…) Analoghe considerazioni valgono anche per le prove genetiche: come si può

respingere l’ovvia implicazione del fatto straordinario che fra i geni dello scimpanzé e quelli degli

esseri umani la differenza è inferiore al 2 percento? Comunque, i geni diversi non sono sufficienti

a rendere conto delle differenze tra noi e loro: secondo la migliore ipotesi recente, la questione

riguarda i tempi d’attivazione e disattivazione, nel corso dello sviluppo embrionale e infantile, dei

geni effettivamente in comune, piuttosto che la differenza genetica di per sé trascurabile.

Insomma, non c’è modo d’aggirare l’ostacolo: tutte le prove ci inseriscono senza dubbio nelle file

delle scimmie antropomorfe, che sono primati, che sono mammiferi, che sono animali, che sono

eucarioti, che sono parte di tutta la vita. È quello che ci aspetterebbe se ci fossimo evoluti. È

quello che osserviamo. Ci siamo evoluti. Non vi è alcun dubbio. Darwin aveva ragione!»

La seconda obiezione («questa ipotesi è superata nel mondo accademico anche evoluzionista»)

crolla quando si chiarisce che cosa s'intende per “superata”. Per esempio, nel 1916, la teoria

della gravitazione universale di Isaac Newton, che non considerava la reale natura della luce, è

stata superata dalla teoria della relatività generale di Albert Einstein, che l’ha inglobata dentro di

sé, facendone un caso particolare, che funziona benissimo quando non siano trattate velocità

prossime a quella della luce. Analogamente, nel 1930, la teoria evoluzionistica di Charles Darwin,

che non considerava la reale natura genetica dei caratteri ereditari, è stata superata dalla

moderna “Sintesi neodarwinista” di Ronald Fisher, che l’ha inglobata dentro di sé, facendone un

caso particolare, che funziona benissimo quando non siano trattate mutazioni genetiche, ma ci si

limiti all’analisi dei caratteri anatomici delle specie viventi ed estinte.

La terza obiezione («se il darwinismo manca di un punto d'inizio e non fornisce prova alcuna

della trasformazione di una specie in un’altra, perché non vagliare l’ipotesi di un Dio creatore?»)

crolla grazie al lavoro di Sangeet Lamichhaney, dell’Università di Harvard, in collaborazione con

Peter e Rosemary Grant, dell’Università di Princeton. Essi hanno documentato, infatti, la nascita

di una nuova specie di fringuello sulle isole Galapagos, nata dall’incrocio di due fringuelli di

specie diverse e diventata incapace di riprodursi con le linee pure parentali. La cosa

sorprendente, che sfuggiva allo stesso Darwin, è che anziché volerci milioni di anni ne bastano in

realtà pochissimi affinché possano nascere nuove specie.

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La quarta obiezione («In fondo, non ci sono prove scientifiche che possano dimostrare la non

esistenza di una divinità creatrice. Dunque, perché escludere a priori lo studio della teoria

creazionista dai testi scientifici adottati a scuola?») crolla non appena si pensa che l’assenza di

una prova non è la prova di un’assenza: cioè se manca ogni prova della non esistenza di Dio, ciò

non prova la sua esistenza. Inoltre, l’onere della prova spetta a chi afferma, non a chi nega,

perché nella scienza non ci sono pregiudizi di sorta: se l’intelligent design pretende d’essere

insegnato nelle ore di scienze, assieme all’evoluzionismo, allora deve accettare le regole imposte

dalla scienza e dimostrare tutto ciò che afferma. Inoltre, se l’intelligent design fosse

malauguratamente adottato anche in Italia, il libro di testo scolastico statunitense Explore

evolution diventerebbe, presumibilmente, il modello dei libri di testo italiani. Edito dal Discovery

Institute, la principale istituzione creazionista statunitense, il libro spiega l’evoluzione in diversi

capitoli, ognuno dei quali riporta prima la posizione degli scienziati, poi la replica dei creazionisti

e, infine, uno spazio per la discussione. Questo approccio può sembrare corretto a molti giovani

studenti, ma il biochimico e giornalista scientifico John Timmer, dell’Università Columbia di New

York, non la pensa così e dice: «Il metodo del libro è quello del divide et impera. Mettendo in

discussione le certezze dell’evoluzionismo, diventa possibile convincere alcuni studenti che

esiste un approccio teorico alternativo, magari migliore, quale l’intelligent design, appunto.» Sulla

medesima linea di pensiero è anche l’importante paleontologo Kevin Padian, dell’Università

Berkley di Los Angeles: «Il libro rende le persone stupide e ignoranti, confonde in maniera inutile

il lettore con cose che sono ormai ampiamente accettate dalla Scienza, sulle quali non ci sono

controversie, cose che risalgono al ‘700, sulle quali si è sviluppato nel corso dei secoli un solido

corpo di conoscenze scientifiche a opera di persone di diverse fedi e nazionalità.»

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La quinta obiezione («Infine, con uno spirito d'autentico pluralismo culturale, è corretto sapere

che credere in un Dio creatore non è affatto antiscientifico.») è stata smentita clamorosamente

dal Consiglio d’Europa, con la sua Risoluzione 1580 del 4 ottobre 2007 dal titolo: “Pericoli del

creazionismo nell’istruzione”. Ecco che cosa c’è scritto: «C’è un rischio reale di seria confusione

nell'introdurre nelle menti dei nostri ragazzi ciò che ha a che fare con credenze, convinzioni e

ideali, insieme ad argomenti che riguardano la conoscenza scientifica. Il principio che “tutte le

cose sono uguali” può sembrare allettante e democratico, ma nei fatti è pericoloso dal punto di

vista intellettuale. (…) Il Consiglio d’Europa è consapevole dell’importanza dell’insegnamento

delle tradizioni e delle religioni. In nome della libertà d'espressione e del credo individuale, le idee

creazioniste e le altre opinioni teologiche possono essere valide come complementi

dell’educazione culturale e religiosa, ma non possono pretendere alcuna rispettabilità

scientifica.»

II) Lasciamo che a controbattere alla fallacia del ragionamento di Dallapiccola sia Richard Dawkins: «Le possibili soluzioni dell'enigma dell'improbabilità non sono, come viene

maliziosamente lasciato credere, il disegno ordinatore e il caso, bensì il disegno ordinatore e la

selezione naturale. Quest’ultima non è solo una soluzione economica, plausibile ed elegante, ma

è anche l'unica alternativa concreta al caso che sia mai stata formulata. (…) Essa è un processo

cumulativo, che scompone il problema in piccole parti, ciascuna delle quali è leggermente, ma

non totalmente, improbabile. Quando innumerevoli eventi leggermente improbabili si accumulano

uno dietro l'altro, il prodotto finale è molto, molto improbabile; così improbabile da non potersi

essere verificato per caso. È di questi prodotti finali che parlano tanto i creazionisti, portando

sempre gli stessi triti argomenti. Il fatto è che essi non colgono il punto e si ostinano a trattare la

genesi dell'improbabilità statistica come un evento unico e straordinario. Essi presumono che

l'adattamento biologico sia una questione “tutto o niente”. Non capiscono il potere

dell'accumulazione. Sta proprio qui il loro errore. Un altro nome dell'errore “tutto o niente” è

“complessità irriducibile”: l'occhio vede o non vede, le ali volano o non volano, ecc. (…) I

creazionisti hanno ragione a dire che, se si potesse dimostrare in modo convincente una

complessità irriducibile, la teoria di Darwin cadrebbe a pezzi. Darwin stesso disse: “Se si potesse

dimostrare l'esistenza di un qualsiasi organo complesso che non sia potuto essere formato

attraverso modificazioni numerose, successive e lievi, la mia teoria crollerebbe immediatamente.

Ma, non riesco a trovare alcun caso simile”. Darwin non riuscì a trovarlo e non c'è riuscito nessun

altro, finora.»

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III) Per rispondere all’anziano senatore di AN («La teoria di Darwin è funzionale all’egemonia

della Sinistra; è nata quando in Europa dominava la cultura del positivismo, che è l’anticamera

del marxismo»), basta dire che Darwin rifiutò l’invito di Karl Marx ed Frederick Engels a scrivere

la prefazione al Capitale. Furono semmai Karl Marx e Herbert Spencer, non Darwin, a cadere in

quel grossolano errore chiamato “darwinismo sociale”, che consisteva nel trasferire di sana

pianta nella società umana le idee darwiniste di “lotta per l’esistenza” e “sopravvivenza del più

adatto”, pensate originariamente per gli animali. Inoltre, del darwinismo sociale si sarebbe servita

non solo la dittatura socialista in Unione Sovietica, ma anche la dittatura nazista in Germania

(nostra alleata durante la Seconda guerra mondiale), per giustificare la propria brutalità con la

scusa che in natura funzionerebbe così. Inoltre, bisognerebbe sapere che, dopo la sconfitta del

nazi-fascismo, il Neodarwinismo ha riconosciuto nella cooperazione una causa dell’evoluzione

delle specie, importante almeno tanto quanto la competizione. A questo proposito, la biologa

Lynn Margulis, dell’Università del Massachusset, ha dimostrato che da un’antichissima e intima

collaborazione (“endosimbiosi”) tra una cellula eucariota e una procariota (mitocondrio) si sono

originate tutte le attuali cellule animali e fungine, mentre quelle vegetali si sono originate quando

si è messa a collaborare una seconda cellula procariota (cloroplasto). Si parla, perciò, di: “Teoria

endosimbiontica”. Inoltre, la zoologa Adriana Giangrande, dell’Università di Lecce, scrive a

proposito dei rapporti mutualistici : «Lungo tutta la storia evolutiva della Terra, la cooperazione

tra piccole unità ha portato alla comparsa di strutture più complesse, come nel caso della

pluricellularità, in cui le singole cellule dei tessuti devono rinunciare alla loro moltiplicazione

individuale per il buon funzionamento dell’organismo. In questo caso, la cooperazione risulta

fondamentale per l’evoluzione, al pari della competizione.»

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Riguardo alla prima affermazione dell’ex vicepresidente della provincia di Milano («Il problema è

solo uno e riguarda la concezione della vita umana: se noi veniamo da un’ameba o da un pesce,

l’etica non ha motivo d’esistere») sfugge, francamente, il nesso tra etica e Scienze naturali:

ammesso (e non concesso) che l’ameba sia stata il nostro inizio, non si capisce il motivo per cui

l’umanità non dovrebbe agire eticamente a partire dalla conoscenza delle proprie origini

biologiche. Per rispondere alla seconda inelegante affermazione del nostro, bisogna ricordarsi

che egli non è in possesso di alcuna formazione di tipo scientifico, ma semmai di una di tipo

giuridico. Perciò è ovvio che non sappia che, per ironia della sorte, è stato proprio un verme, il

nematode Caenorhabditis elegans (lui sì che è davvero elegante!), a fornire il perfetto modello di

laboratorio al dottor Sydney Brenner per studiare l’importante fenomeno del “suicidio cellulare programmato” (o apoptosi), facendogli vincere il Premio Nobel per la medicina, nel 2002. Il

sequenziamento completo del genoma di C. elegans e di alcuni organismi superiori, uomo

compreso, ha permesso a Brenner di verificare che i geni responsabili dell'apoptosi sono del tutto

omologhi, dimostrando così un’origine filogenetica comune tra l’uomo e i nematodi. Perciò, con

buona pace dell’ex vicepresidente della provincia di Milano, non sono soltanto gli evoluzionisti a

ricercare le proprie origini nei vermi, ma tutta l’umanità nel suo complesso.

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Per rispondere all’ex consigliera comunale di Milano («sarebbe meglio ispirarsi all’America, dove

il creazionismo viene insegnato nelle scuole»), in primo luogo bisogna precisare che l’Intelligent

design non viene affatto insegnato nelle scuole pubbliche di tutti gli USA (ammesso che per

“America” s’intendessero gli USA), ma solo in quelle degli Stati più razzisti in assoluto

(Tennessee, Louisiana e, in parte, Texas), mentre in altri Stati si può insegnarlo solo nelle scuole

private cristiane e, infine, in altri (New York, California, ecc.) non si può affatto insegnarlo. In

secondo luogo, visto che l’Italia si trova in Europa e non in Nord America, anziché imitare gli USA

in ciò che hanno di peggiore sarebbe meglio dare ascolto al Consiglio d’Europa, che si

preoccupa della salvaguardia dei valori fondanti della civiltà occidentale. Esso, con la risoluzione

n° 1580/2007 dal titolo: The dangers of creationism in education (I pericoli del creazionismo nell’educazione), ha suggerito ai Paesi membri, tra cui l’Italia, d'introdurre nei programmi

scolastici di Scienze l’insegnamento dell’evoluzionismo e d'escludere rigorosamente ogni tipo di

riferimento a teorie creazioniste. Questo perché il Consiglio d’Europa si dichiara «preoccupato»

per la possibilità che si inducano i ragazzi a credere che «convinzioni, credenze e ideali di

qualsiasi tipo abbiano a che fare con la Scienza» e sottolinea che l’evoluzionismo è «una teoria

scientifica fondamentale per i curricula scolastici.» Infine, conclude dicendo: «La guerra alla

teoria dell’evoluzione e ai suoi sostenitori ha origine, spesso, in forme d’estremismo religioso che

sono strettamente legate ai movimenti politici d’estrema Destra. I movimenti creazionisti hanno

un vero potere politico. Alcuni sostenitori del creazionismo integralista sono pronti a sostituire la

democrazia con la teocrazia.»

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IV) Questa soluzione ministeriale è sembrata insoddisfacente a molti intellettuali di Sinistra. Per

esempio, Odifreddi ha commentato così: «Purtroppo, certe posizioni ideologiche sono una

realtà, per quanto surreale, e il libro dal titolo In difesa di Darwin: piccolo bestiario

dell'antievoluzionismo all'italiana, di Telmo Pievani, mostra come l'attentato ministeriale faccia

parte di un più ampio progetto, che benché (o perché) non molto intelligente, riceve consensi da

parte degli ambienti più conservatori del nostro Paese.» È sulla stessa linea di pensiero Telmo Pievani: «La spiegazione darwiniana richiede un considerevole impegno cognitivo, in quanto non

è intuitiva. Dall’altro lato, tuttavia, evidenze scientifiche altrettanto corroborate (Vittorio Girotto et

al., Nati per credere, ed. Codice, 2010) attestano che un’educazione scientifica avanzata e

coinvolgente, purché precoce (scuola primaria e perfino materna), può dare risultati straordinari

d’apprendimento, incidendo in modo significativo sul modo più consapevole e maturo con cui gli

studenti delle classi successive e gli adulti affronteranno i temi evoluzionistici e, più in generale,

scientifici. Questa evidenza smentisce definitivamente la teoria assurda secondo cui solo ragazzi

di una certa età, magari dopo la Scuola dell’obbligo, potrebbero imparare la teoria

dell’evoluzione, un’idea difesa una decina d’anni fa dagli ineffabili pedagogisti e filosofi che

avevano consigliato il ministro dell’Istruzione d’allora di rimuovere Darwin dai programmi delle

scuole, perché nei primi anni di formazione è meglio raccontare ai bambini miti e favolette e poi

perché di “teorie dell’evoluzione” ce ne son tante, sono tutte semplicemente ipotesi ed è meglio

parlarne più avanti. Per inciso: da allora si sono alternati governi di diverso colore, ma il buon

vecchio Charles nei programmi scolastici delle ex scuole medie non è mai più ritornato.»

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In occasione della mostra dal titolo Darwin: 1809-2009, tenutasi a Milano dal 4 giugno al 25

ottobre 2009, Letizia Moratti, stavolta in qualità non più di ministro ma di sindaco di Milano

(2006-2011), ha avuto per Darwin parole d’elogio tali da lasciare sbalorditi: «Charles Darwin è

uno dei simboli della sete di conoscenza dell’uomo. Nel bicentenario della nascita, Milano rende

omaggio al grande naturalista, alla sua capacità d’interrogare se stesso e gli altri sul mistero della

vita, alla sua personalità d’innovatore del metodo scientifico. (…) La rassegna coglie anche il lato

umano della figura di Darwin, la sua personalità, le sue abitudini. Il racconto di una vita

avventurosa e affascinante, coronata dal celebre viaggio attorno al mondo sulle tracce della vita,

delle sue origini, dei suoi misteri. (…) La figura di Darwin ci interroga ancora. La mostra è un

viaggio nell’universo affascinante del suo pensiero, ma anche delle sue esplorazioni, infaticabili e

avventurose. Milano risponde con la sua voglia di scienza, di cultura, di scambio internazionale.

E con l’entusiasmo di sempre.» A quanto pare, l’assenza della nefasta influenza di certi

consiglieri antievoluzionisti ha portato a un totale ribaltamento delle idee della sig.ra Moratti su

Darwin. Non possiamo che esserne felici.

Capendo quanto fosse dannoso per i bambini delle scuole primarie privarli di ogni nozione

d’evoluzionismo, l’UAAR (Unione Atei e Agnostici Razionalisti) ha approfittato del cambio di

governo (Prodi II, 17/5/2006 - 8/5/2008) e ha rivolto un appello al successore della Moratti, il

ministro Giuseppe Fioroni, del PD, essendo «interessata a sapere quali provvedimenti il

ministero abbia adottato o abbia intenzione d'adottare per ottemperare alle indicazioni che

provengono dal Consiglio d’Europa.» Ma il ministro, da bravo cattolico tutto d’un pezzo, non si è

neanche degnato di rispondere all’UAAR. Invece, ha subito risposto alla Santa Sede, come

riporta il quotidiano E Polis Roma del 20 ottobre 2006. Alla domanda: «Giovanni Paolo II prima e

Benedetto XVI adesso chiedono che lo Stato sostenga maggiormente le scuole private. Da

ministro e da cattolico che cosa ne pensa?» Fioroni ha risposto così: «Stiamo già sostenendo la

Scuola paritaria cattolica, ripristinando le risorse, nonostante le difficoltà dei conti pubblici dopo i

tagli enormi, di oltre un terzo, operati dal precedente esecutivo, che hanno tolto loro 167 milioni di

euro. Così stiamo dando una risposta nel senso richiesto dalle sollecitazioni del Santo Padre.» E

da dove sono stati stornati questi soldi da dare alle scuole private cattoliche? Ovviamente dalla

Ricerca scientifica, alla quale sono stati tagliati 150 milioni, come denunciato dal ministro Mussi.

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V) L’esperimento di Richard Lenski è importante perché dimostra sperimentalmente che gli

organismi possono sviluppare mutazioni dopo un elevatissimo numero di generazioni (33.127,

per la precisione), cioè che essi sono soggetti a eventi a bassissima probabilità. Ora, questo è

precisamente il genere di cose che i creazionisti sostengono che non possano mai accadere in

natura, senza l’intervento divino. Tre giorni dopo che Lensky aveva pubblicato i suoi risultati sulla

rivista PNAS, il sito Conservapedia (il nome è già un programma) ha pubblicato un attacco alla

sua ricerca, in cui si intimava a Lensky di rendere pubblici i protocolli e i dati dell’esperimento e di

specificare come questi supportassero le conclusioni annunciate. Lensky ha dapprima risposto

educatamente, invitando i critici a leggere il saggio originale e consultare il sito dell’esperimento,

invece di limitarsi a citare un articolo di giornale che riportava la notizia di seconda mano. Ma,

quando il sito ha insistito imperterrito, egli ha smascherato la pretesa dei fondamentalisti religiosi

d’immaginare che ogniqualvolta i dati scientifici supportano conclusioni contrarie ai loro

pregiudizi, allora si debba per forza essere di fronte a un errore o a una frode. Come ogni

scienziato che si rispetti, Lensky è pronto a fornire a ogni altro scienziato che si rispetti non solo

esemplari dei batteri originari che si nutrono di glucosio, ma anche di quelli mutati che si nutrono

di citrato. Ai fondamentalisti religiosi, invece, consiglia d’accontentarsi dei batteri Escherichia coli

che ciascuno di essi ha nel proprio intestino: da essi potrebbero imparare che, essendo essi

miliardi e riproducendosi più volte ogni giorno, subiscono una mutazione ogni miliardo di

riproduzioni e, perciò, più o meno tutte le mutazioni avvengono ogni giorno, comprese quelle

estremamente improbabili. Vogliamo davvero pensare che Dio si abbassi a sprecare miracoli nei

nostri intestini?

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VI) Già dalle prime parole si può ben capire che l’articolista cattolico avrà studiato biologia da

ragazzo, all’oratorio, tra una preghiera e una partita al calcetto … Infatti, solo chi non sospetta

nemmeno l’esistenza della genetica batterica basata sui plasmidi può uscirsene con commenti

ridicoli di quel tipo. Anche in questo caso, l’articolista cattolico ignorava completamente che la

cosiddetta “complessità irriducibile” è un’invenzione dei creazionisti, secondo i quali è

impossibile che un organo complesso (l’occhio umano, per esempio) si sia formato per

miglioramenti graduali e successivi, in quanto non avrebbe funzionato finché non fosse stato

completo com’è adesso. Essi ignorano che la natura è piena di esempi di occhi che occupano

tutti i gradini possibili della scala della complessità: dalla macula visiva delle meduse, alla

fotocamera a spillo del mollusco Nautilus, all’occhio composto degli artropodi, all’occhio dei

mammiferi. E ognuno di questi “occhi” è perfettamente idoneo allo stile di vita, o meglio alla

nicchia ecologica, dell’organismo in cui è presente. La prova è che, se così non fosse,

l’organismo non avrebbe avuto tale organo oppure si sarebbe estinto e oggi sarebbe un fossile.

Lo si legge anche sulla rivista Focus: «Anche se molti animali hanno occhi simili ai nostri, oggi

sappiamo che il nostro modo di vedere è unico in natura, condiviso solamente dalle scimmie

antropomorfe e poche altre specie. Ogni specie si è, infatti, evoluta sviluppando le caratteristiche

visive più adatte al proprio habitat e stile di vita. Non si può dire che vedano meglio o peggio:

vedono nel modo migliore per loro. Le talpe, per esempio, che sono mammiferi dell’Ordine

Insettivori, vedono bene da vicino e nel buio più completo delle loro tane; i cani, che sono

mammiferi dell’Ordine Carnivori, non riconoscono i colori, ma vedono bene nella penombra e al

crepuscolo. Gli Uccelli rapaci hanno un punto centrale dell'occhio, detto fòvea, che funziona

come un teleobiettivo e ingrandisce particolari di ciò che vede. La funzione d'ingrandimento dal

fatto che nella fòvea le cellule della visione sono molto concentrate. Se nell'uomo vi sono circa

200.000 coni per millimetro quadrato, nella fòvea dell'aquila ve ne sono 1 milione e questo fa sì

che l'immagine percepita dall'occhio del rapace abbia una parte centrale ingrandita di 2,5 volte e

ad altissima definizione. Le mosche e gli insetti in genere, che sono animali del Phylum

Artropodi, con i loro occhi “composti” non distinguono chiaramente le forme, ma vedono un

numero maggiore di immagini fisse al secondo (200 contro le 18 dell'uomo): per questo motivo,

un movimento, che a noi appare rapido, per una mosca è composto da singole immagini fisse. Il

sistema visivo degli insetti è, dunque, l’ideale per sopravvivere alle insidie dei predatori, uomini

con scacciamosche compresi, o per catturare al volo le prede. Diversi animali, inoltre, hanno

occhi sensibili alla luce ultravioletta: è il caso di alcune farfalle, che grazie a questa caratteristica

riconoscono i maschi dalle femmine, e delle api, che così vengono attratte dai fiori in cui alcune

strutture si vedono solo agli ultravioletti. Altri animali, per esempio i serpenti, sono sensibili alla

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luce infrarossa, per cui possono vedere le prede a sangue caldo, grazie a recettori termici posti

sotto gli occhi e che il loro cervello associa alla visione oculare.»

VII) Emanuele Severino, insomma, continua a commettere la medesima fallacia logica di

Gentile, quella di confondere la tesi epistemologica con quella ontologica, quasi come se il tempo

si fosse fermato agli anni Trenta...

VIII) Affermazioni come queste di Vittorio Feltri sono molto gravi. Sostenere che il vero compito

della Scienza non è l’efficienza, ma lo stupore, significa esattamente mettere una pietra tombale

sullo spirito scientifico. Fin da quando i primi filosofi della natura greci iniziarono a ragionare sulla

reale natura delle cose, hanno respinto le pseudo-spiegazioni teologiche, fornite dai sacerdoti e

dai grandi poeti come Omero ed Esiodo, e hanno usato la forza della pura ragione, laicamente e

liberamente, per trovare le cause dei fenomeni naturali dentro la Natura stessa; esattamente

come avrebbe ripetuto, secoli più tardi, Galileo Galilei, nel suo metodo scientifico. Quando Feltri

ha definito Sermonti “uno dei più insigni biologi italiani”, voglio augurarmi che non sapesse che

stava elogiando uno che ha affermato cose di questo tipo: «La teoria evoluzionista, che fa

discendere l’uomo dalla scimmia, ha confinato nel regno delle favole l’antropologia biblica, che

vuole l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Eppure, i dati delle più recenti ricerche

della paleontologia e della biologia molecolare sembrano indicare la grande antichità dell’uomo e

il carattere secondario e derivato degli scimmioni africani. Riacquistano, così, significato le

antiche mitologie, nelle quali l’animalesco trae le sue origini dall’umano.» O che: «Il confine tra il

naturale e il soprannaturale è pura convenzione accademica» e che «la forma biologica ha

origine da elementi che prescindono dai geni e dalla selezione naturale.» Feltri dovrebbe

vergognarsi d’avere elogiato così tanto Giuseppe Sermonti, perché così facendo ha tentato di

seppellire il vero spirito scientifico, cioè quella forma mentis investigativa degli scienziati che li

spinge a ricercare le leggi della natura. Probabilmente, egli vorrebbe vederli trasformati tutti in

bambini o poeti o sciocchi, che rimangono stupefatti e a bocca aperta di fronte allo spettacolo

della natura. Ricordiamo che la testata di Feltri ha negato in più occasioni anche il problema del

riscaldamento climatico globale, asserendo invece che la temperatura della Terra si stia

abbassando, invece che alzando. Il 18 aprile 2019, in occasione della visita di Greta Thunberg a

Papa Francesco I, Libero è uscito con una prima pagina provocatoria, dedicata all'attivista

sedicenne contro il cambiamento climatico.

Cap. 8: Conseguenze

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Dunque, qual è lo stato di literacy scientifica degli Italiani? Per rispondere a questa domanda

possiamo, innanzitutto, esaminare i risultati del progetto internazionale P.I.S.A. (Program for the

International Student Assessment), finanziato dall’O.C.S.E. (Organizzazione per la Cooperazione

e lo Sviluppo Economico) e tradotto in Italia nelle famose “prove I.N.VAL.S.I.” (Istituto Nazionale

per la Valutazione del Sistema di Istruzione). Nel 2006, la fisica Michelina Mayer, una delle

maggiori responsabili per l’Italia di tale progetto, ha così commentato: «I nostri studenti

rispondono meglio della media internazionale alle domande molto semplici, riconducibili alla

memorizzazione di nozioni e concetti. Rispondono peggio via, via che aumenta la complessità

del ragionamento o quando bisogna leggere e interpretare grafici, tabelle o testi di una certa

lunghezza. L’analisi dei risultati mostra come i nostri studenti rinuncino a rispondere soprattutto

alle domande aperte (abbiamo uno dei più alti tassi d’omissione a livello mondiale) e rifiutino

l’argomento adducendo scuse banali (“non era nel programma”), senza nemmeno provare a

capire che cosa venga loro richiesto e se le informazioni fornite non siano di per sé sufficienti.

Insomma, mentre il PISA simula la normale situazione del cittadino, che di fronte a un articolo di

giornale si trova a doversi formare un’opinione e a dovere prendere una decisione, i risultati

italiani ci dicono che circa il 50 % dei nostri studenti rifiuta la sfida e si trova in condizioni di

“analfabetismo funzionale”, cioè è incapace di capire ciò che legge e di farsi capire in ciò che

ha scritto. Se questo atteggiamento sia dovuto a un messaggio implicito della nostra Scuola

(“meglio non rispondere che sbagliare”) oppure a un diffuso disinteresse per tutto quello che sa di

valutazione, non possiamo saperlo.»

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Nel 2007, l’agenzia Eurobarometro ha effettuato un sondaggio riguardante le conoscenze

scientifiche di base della popolazione europea d’età compresa tra 15 e 65 anni d’età.

All’affermazione: “L’uomo come lo conosciamo oggi si è evoluto da altre specie animali

precedenti” ha risposto di sì il 69 % degli Italiani (11 % non lo sapeva) contro l’85 % degli

Islandesi e il 27 % dei Turchi. All’affermazione: “I primi uomini sono vissuti nella stessa epoca dei

dinosauri” ha risposto di no il 55 % degli Italiani (13 % non lo sapeva) contro il 99 % degli

Svedesi e il 30 % dei Turchi. Il biologo evoluzionista Richard Dawkins nel saggio dal titolo Il più

grande spettacolo della Terra (Mondadori, 2010), ha commentato i risultati con parole piene

d’amarezza: «Come docente di biologia mi faccio pateticamente consolare da un altro dato del

sondaggio, dal quale emerge che c’è un sacco di gente, in Europa, che crede che la Terra

impieghi un mese per girare attorno al Sole (il 24 % in Italia e sempre oltre il 20 % in Irlanda,

Austria, Spagna e Danimarca). In realtà, queste percentuali elevate non sono affatto consolanti,

perciò ho detto pateticamente. Volevo dire che ci troviamo di fronte a un’ignoranza generalizzata

della Scienza. Questo di per sé è un male, ma almeno è meglio del vero e proprio pregiudizio

contro la teoria evoluzionistica, che prevale in Turchia (non si può fare a meno di pensare anche

in buona parte del mondo islamico), oltre che in buona parte degli USA.»73

Nel 2009, si è tenuta in Italia e in Europa la seconda valutazione OCSE-PISA. I risultati italiani

sono stati commentati dal giornalista e insegnante di liceo Salvo Intravaia sul quotidiano La

Repubblica: «Il punteggio medio conseguito dai quindicenni delle scuole pubbliche in “Lettura e

comprensione dei testi scritti” è pari alla media OCSE (489 punti) e ci fa piazzare al 23° posto.

Con le scuole private, invece, scivoliamo al 30° posto. Discorso analogo per la “Matematica” e

le “Scienze”, dove la Scuola pubblica totalizza 492 punti, collocandosi al 25° posto, mentre la

media OCSE è di 497 punti. Ma, mescolando i dati con quelli della Scuola privata, siamo costretti

ad arretrare fino al 35° posto. Ma c'è di più. La Scuola pubblica, rispetto al ranking 2006,

recupera 16 punti in “Scienze”, 20 punti in “Lettura” e, addirittura, 24 punti in “Matematica”. La

Scuola privata, invece, nonostante i cospicui finanziamenti statali, crolla. L'OCSE, tra le scuole

private distingue quelle che “ricevono meno del 50 %” del loro finanziamento di base dalle

agenzie governative e quelle che “ricevono più del 50 %”. Ebbene, sono proprio i quindicenni di

queste ultime scuole che fanno registrare le performance più imbarazzanti in “Lettura”: 403 punti

contro una media OCSE di 493 punti, che li colloca tra i coetanei montenegrini e tunisini.»

73 In: Il più grande spettacolo della Terra (Mondadori, 2010)

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Il governo Prodi II (24 gennaio – 8 maggio 2008), di Sinistra, non soltanto non ha ripristinato

l’insegnamento dell’evoluzione nelle scuole primarie e medie da cui l’aveva eliminato la ministra

Moratti, di Destra, nel 2004, ma per giunta ha aumentato il finanziamento alla Scuola privata.

Questo nonostante tutti gli studi effettuati, siano essi opera di organismi internazionali come

l’OCSE, sia di realtà indipendenti come la Fondazione Agnelli, sia dello stesso ministero

dell’istruzione, concordino nel dire che la qualità dell’insegnamento privato è scarsa, assai più di

quella impartita nella scuola di tutti. L’UAAR ha commentato così: «Siamo di fronte a un

paradosso: da dieci anni i finanziamenti pubblici alle scuole private sono in continuo aumento,

mentre quelli alla Scuola pubblica, che ottiene risultati molto migliori, sono in costante calo.

Anche la finanziaria 2007 ha aumentato di 100 milioni i finanziamenti alla Scuola privata e taglia

per oltre un miliardo quelli alla Scuola pubblica. Ricordiamo, inoltre, che la scuola privata italiana

è al 90 % a gestione cattolica.»

Un’indagine DOXA, condotta nel 2019, ha mostrato che a fronte del 66,6 % di Italiani (d’età

superiore a 15 anni) che vuole mantenere l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole

statali, c’è un 55,9 % che è poco o per niente d’accordo a finanziare le scuole private con i soldi

pubblici. Inoltre: a) il 78,4 % è molto o abbastanza d’accordo che il governo tenga in

considerazione in egual misura i valori dei credenti e quelli dei non credenti; b) l’83,4 % ritiene

che sia molto o abbastanza importante il principio di laicità dello Stato; c) il 60,9 % vuole

l’abolizione o il ridimensionamento dell’obiezione di coscienza all’aborto da parte del personale

sanitario.74 (https://www.uaar.it/doxa2019/)

Cap. 9: Conclusioni

Come ricorda il biologo molecolare Vittorio Sgaramella, «di errori Darwin certamente ne ha fatti,

sia per negligenza, sia per incomprensione. (…) Tra gli errori di negligenza, il più serio consiste

nel fatto che egli, solerte scrittore, ma pigro lettore (almeno secondo il suo biografo Howard),

pare non avesse neppure aperto il manoscritto inviatogli da Gregor Mendel. Comunque, anche

se l’avesse fatto, non avrebbe capito le famose tre leggi, come non le capì l’intera comunità

scientifica per 3-4 decenni a seguire. Darwin, quindi, ignorava la genetica e spiegava la

biodiversità soprattutto come un prodotto delle variazioni dell’ambiente. Oggi, però, sappiamo

che i genomi cambiano anche in ambienti costanti. Sappiamo, inoltre, che i genomi sono fatti per

la maggior parte di DNA instabili, che mutano in modo sia casuale, sia programmato, ma mai

74 https://www.uaar.it/doxa2019/

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finalizzato (neppure i virus mutano “a loro vantaggio”, come si lascia scappare Piattelli-Palmarini)75. La selezione naturale opera sugli effetti delle inevitabili mutazioni La grande

scoperta di Darwin riguarda proprio l’importanza della selezione; il suo errore più grave è

consistito nel non riuscire minimamente a immaginare i meccanismi d’insorgenza delle mutazioni,

che sono il motore principale dell’evoluzione.»76 (https://www.scienzainrete.it/articolo/gli-errori-di-

darwin/vittorio-sgaramella/2010-05-13/)

«Un altro errore di Darwin – continua Sgaramella - è la teoria della “pangenesi”, cioè dell’origine

degli organismi complessi: una più approfondita conoscenza della biologia cellulare, allora

rigogliosa, avrebbe potuto instillargli qualche dubbio. Invece, egli continuò a gingillarsi con le sue

“gemmule”, che dai vari tessuti somatici avrebbero convogliato al sistema riproduttivo le istruzioni

genetiche che codificavano per i vari organi del corpo e che ciascuno di noi, riproducendosi

sessualmente, passerebbe alla progenie, anche attraverso il rimescolamento che questa

comporta. Da notare che questo l’aveva già descritto, poeticamente sin che si vuole, ma con

straordinaria intelligenza, il poeta latino Tito Lucrezio Caro, nel suo De rerum natura, uno dei

primi trattati di biologia della cultura occidentale.»

«Comunque – continua Sgaramella - se ne potrebbe concludere che, tutto sommato, Darwin

qualche buona idea sull’origine della vita, oltre che sull’origine e sull’evoluzione delle specie,

l’aveva concepita, anche se non in modo del tutto originale: a riguardo si legga il libro di

Federico Focher L’uomo che gettò nel panico Darwin, in cui si racconta di come Alfred Wallace,

in modo del tutto indipendente, fosse riuscito a elaborare una teoria dell’evoluzione pressoché

identica a quella di Darwin e quasi arrivò a pubblicarla prima di lui. Di qui il panico di Darwin e dei

suoi seguaci. Ma, oramai, quando si parla d’evoluzionismo si parla di Darwin, non di Wallace né

di Lamarck. È come se, ai suoi tempi, Darwin avesse avuto il supporto dei mass-media. E, in

effetti, l’aveva avuto: aveva potuto contare su una cerchia d’amici che comprendeva il meglio

della scienza dell’epoca, in patria e fuori. E questo è un supporto che non arriva mai gratis: è il

suggello del genio.»

75 Massimo Piattelli-Palmarini (1942-vivente) accademico e linguista italiano. Insegna Scienze cognitive presso l'Università dell'Arizona. Il libro Che cosa ha sbagliato Darwin (Feltrinelli, 2010) ha suscitato molte polemiche per le sue critiche alla sintesi evolutiva moderna.76 Vittorio Sgaramella (1937-vivente) biologo molecolare italiano. Ha insegnato presso l’Università della Calabria, fino al pensionamento nel 2003. È responsabile della Sezione di biologia molecolare e cellulare presso il Centro Ricerche e Studi Agroalimentari (CERSA) del Parco Tecnologico Padano di Lodi, che ha contribuito a fondare. Ha condotto una delle prime purificazioni di un gene, come ibrido DNA-RNAr in B. subtilis (1967). Ha condotto la prima sintesi artificiale di un gene, con H. G. Khorana (1969). Ha scoperto la blunt-end ligation (1970). Ha scoperto la joinability dei termini di restrizione del DNA (1972). Ha prodotto cromosomi artificiali di lievito con inserti singoli (Pavia, 1980). Ha scoperto la ligase improved-multiple displacement DNA amplification (Lodi, 2003). È autore/coautore di 250 articoli scientifici e divulgativi. L’articolo citato è tratto da: https://www.scienzainrete.it/articolo/gli-errori-di-darwin/vittorio-sgaramella/2010-05-13/

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«Ma non si può ignorare – conclude Sgaramella - un aspetto negativo del quadro, che sarebbe

bene farsi del nostro: un aspetto non esattamente esaltante da un punto di vista non tanto

scientifico quanto comportamentale. A Darwin si può rimproverare una sorta di cerchiobottismo

politico-religioso: egli era rivoluzionario nelle idee scientifiche e progressista in quelle politiche e

sociali, ma moderato nella loro difesa (l’affidava al suo fedele portavoce T. H. Huxley e ad altri),

conservatore in famiglia, ma agnostico in materia di religione. Comunque, nel 1882, Darwin fu

pomposamente tumulato nell’Abbazia di Westminster. Anche la scienza ha le sue ragioni di

Stato.»77

Oggigiorno, per la stragrande maggioranza degli addetti ai lavori la teoria di Darwin rappresenta

uno dei più grandi successi scientifici di ogni tempo. Per esempio, uno dei padri del

neodarwinismo, Theodosius Dobzhansky, ha detto: «In biologia, nulla ha senso, se non alla

luce dell’evoluzione.» Più recentemente, il presidente dell’Associazione americana di filosofia,

Daniel Dennett, ha detto: «Se dovessi assegnare un premio per la migliore singola idea che

qualcuno abbia mai avuto, io lo darei a Darwin.»

Allora, c’è da chiedersi: come mai soprattutto le persone con idee politiche conservativo-

reazionarie (clericali, fasciste, sovraniste che siano) sembrano avere un problema con Darwin?

Il primo motivo è che risulta fin troppo facile, sebbene arbitrario, compiere il passaggio dalla

natura alla società, cioè dal mondo degli animali a quello degli umani: sostenere che le specie

animali non sono fisse nel posto in cui Dio le pensò all’inizio della storia del mondo significa

trovare una giustificazione “naturale” alle rivoluzioni sociali, cioè alla possibilità per le classi

povere di cambiare il proprio status sociale; eventualità questa che, ovviamente, spaventa chi ha

interesse a conservare le cose come stanno, cioè generalmente la Destra capitalista.

In secondo luogo, quando la teoria di Darwin offre una spiegazione razionale dell’origine

dell’uomo, senza prevedere né interventi divini né finalismi di alcun genere, si mette contro la

Destra religiosa cristiana, ebraica e musulmana. A quel punto, «è molto più facile organizzare la

resistenza contro una persona, che simboleggia l’opera del demonio, piuttosto che descrivere e

confutare una teoria scientifica» (Niles Eldredge), infatti, l’atteggiamento antiscientifico di matrice

77 Vittorio Sgaramella (1937-vivente) biologo molecolare italiano. Ha insegnato presso l’Università della Calabria, fino al pensionamento nel 2003. È responsabile della Sezione di biologia molecolare e cellulare presso il Centro Ricerche e Studi Agroalimentari (CERSA) del Parco Tecnologico Padano di Lodi, che ha contribuito a fondare. Ha condotto una delle prime purificazioni di un gene, come ibrido DNA-RNAr in B. subtilis (1967). Ha condotto la prima sintesi artificiale di un gene, con H. G. Khorana (1969). Ha scoperto la blunt-end ligation (1970). Ha scoperto la joinability dei termini di restrizione del DNA (1972). Ha prodotto cromosomi artificiali di lievito con inserti singoli (Pavia, 1980). Ha scoperto la ligase improved-multiple displacement DNA amplification (Lodi, 2003). È autore/coautore di 250 articoli scientifici e divulgativi. L’articolo citato è tratto da: https://www.scienzainrete.it/articolo/gli-errori-di-darwin/vittorio-sgaramella/2010-05-13/

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religiosa trova il suo naturale sviluppo nella propagazione di affermazioni completamente avulse

dalla realtà, L’ha dimostrato il giornalista informatico e cacciatore di fake news professionista,

Paolo Attivissimo, durante la conferenza “Selezione innaturale: perché le bufale sull'evoluzione

hanno successo”, tenuta presso il circolo Arci di Brescia, in occasione del Darwin’s Day, il 28

febbraio 2015.

In terzo luogo, quando la teoria di Darwin sostiene l’origine africana di Homo sapiens e la sua

migrazione in tutti gli altri continenti, dimostra che si tratta di una specie migrante fin dalle sue

origini. Ne consegue che impedire le migrazioni umane è letteralmente “contro natura”. Ne

consegue anche che, così facendo, la teoria di Darwin si mette contro la Destra “rossobruna”,

cioè xenofoba e sovranista.

In quarto luogo, quando la teoria di Darwin nega l’esistenza di razze all’interno della specie

Homo sapiens, certamente mina alle fondamenta alcuni miti profondamente radicati nel pensiero

della Destra fascista, che si dichiarò “francamente razzista” nell’ottobre 1938, con la

promulgazione delle leggi razziali e con la conseguente esclusione dai diritti civili dei dieci milioni

di africani presenti nelle nostre colonie e poi degli ebrei e dei rom.