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Dispense di Storia della scienza
L’evoluzione dell’evoluzionismo
Introduzione: la spiegazione dei termini
A) L’evoluzione è la trasformazione delle specie, nel corso del tempo; esso è un cambiamento
graduale e lentissimo, che si verifica in una o più popolazioni di ogni specie e diventa percettibile
nell’arco delle centinaia di migliaia di anni. Nessuna specie oggi vivente è primitiva, altrimenti
sarebbe estinta; invece, è vero che tutte esse sono evolute, proprio in quanto esistenti ai giorni
nostri. Ricordiamo la seguente massima: “Gli individui mutano, le popolazioni evolvono”.
B) L’idea contraria, secondo cui le specie rimangono immutate nel corso del tempo, si chiama
“fissismo”.
C) La selezione naturale è il “motore” principale dell’evoluzione. Si traduce nella fitness
darwiniana (“successo riproduttivo”). Se in una popolazione ci sono degli individui diversi
geneticamente, solo quelli che si riproducono più e meglio degli altri sono, per definizione, i
meglio adattati all’ambiente e, dunque, quelli destinati a propagare la specie.
D) L’evoluzionismo è la teoria scientifica dell’evoluzione. Essa non è una semplice ipotesi,
perché con questo termine s’intende una spiegazione razionale ancora in attesa d’essere
verificata sperimentalmente. L’evoluzionismo non è neppure una teoria filosofica, perché riesce a
fare quello che solo le teorie scientifiche riescono a fare, ossia previsioni verificabili.
E) La teoria contraria all’evoluzionismo si chiama antievoluzionismo. L’antievoluzionismo religioso si basa sulla Bibbia (o sui testi sacri delle altre religioni) e si chiama “creazionismo”;
esso ritiene che tutte le specie abbiano la medesima antichità e non abbiano rapporti di parentela
tra di esse. L’antievoluzionismo laico si basa, generalmente, sull’esobiologia, attribuendo la
creazione della vita sulla Terra a una civiltà extraterrestre.
F) Il metodo scientifico (o metodo sperimentale) è la modalità tipica con cui la Scienza procede
per raggiungere una conoscenza della realtà, che sia oggettiva, affidabile, verificabile e
condivisibile. Esso consiste, da una parte, nella raccolta di dati empirici sotto la guida delle
ipotesi e teorie da vagliare; dall'altra, nell'analisi rigorosa, logico-razionale e, dove possibile,
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matematica di questi dati, associando cioè, come enunciato per la prima volta da Galilei, le
«sensate esperienze» alle «dimostrazioni necessarie», ossia la sperimentazione alla
matematica. Il genetista britannico Ronald Fisher1, nel suo libro dal titolo Il progetto degli
esperimenti, del 1935, ha introdotto la regola che gli esperimenti devono essere programmati,
prima d’essere effettuati, affinché i test statistici possano avere una loro validità. In questo
ambito, egli ha coniato i concetti di: “Ipotesi nulla” (H0) e “ipotesi sperimentale” (H1). Fisher ha
affermato (e si trattava di una grande novità nell’ambito del metodo scientifico) che nessuna
ricerca sperimentale può mai dimostrare l'ipotesi sperimentale, ma solo accettare o respingere
l'ipotesi nulla; comunque, effettuare tanti esperimenti in cui si rigetta l'ipotesi nulla aumenta la
credibilità che l'ipotesi sperimentale sia vera.
G) Il falsificazionismo è il requisito logico fondamentale di ogni affermazione scientifica, come
ha chiarito l’epistemologo Karl Popper. Il nuovo concetto popperiano di falsificabilità si oppone
nettamente al vecchio concetto positivista di verificabilità, per il quale erano significative solo le
asserzioni verificabili induttivamente; le asserzioni della metafisica, che non lo sono, non
venivano da esso ritenute significative. La metafisica, per Popper, non è più un insieme di teorie
e fedi prive di senso, come per il positivismo; non è nemmeno la “filosofia prima” di Aristotele né,
in generale, lo studio delle verità ultime e trascendenti. Essa è semplicemente ogni postulato,
dotato di senso e significato, che non è falsificabile, ma che può venire in aiuto alla scienza e al
ricercatore fornendogli idee e prospettive per inquadrare i problemi o, addirittura, può diventare
scienza, col crescere del sapere di sfondo.
H) Il neodarwinismo è la forma attuale dell’evoluzionismo. Dal Settecento a oggi si sono
succeduti vari evoluzionismi, ma ormai sono stati tutti abbandonati. Il neodarwinismo è la
versione aggiornata del darwinismo ottocentesco, conseguente alla riuscita armonizzazione con
le leggi della genetica di Gregor Mendel. L’artefice di tale riuscita “sintesi neodarwiniana” è
stato Ronald Fischer, nell’importante saggio La teoria genetica dell’evoluzione (1930). Se non
fosse avvenuta questa conciliazione intellettuale tra Darwin e Mendel, oggi non ci sarebbe
nessuna teoria dell’evoluzione. Dunque, chi ancora oggi continua ad attaccare Charles Darwin
non sa nemmeno che sta sbagliando “bersaglio”, poiché dovrebbe prendersela, semmai, con
Ronald Fischer.
I) Destra, Sinistra e Centro sono denominazioni politiche, che ritroveremo spesso più avanti,
perciò conviene chiarirne l’origine e il significato fin da subito. Nel maggio 1789, quando si 1 Sir Ronald Fisher (1890-1962) è stato professore di genetica, presso l'Università di Cambridge. Nel 1918, ha dimostrato matematicamente che i caratteri genetici seguono le leggi di Mendel e si distribuiscono secondo una curva di Gauss. Nel 1930, ha proposto la teoria genetica della selezione naturale.
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riunirono gli Stati Generali di Francia, i membri della Nobiltà e dell’Alto clero si disposero subito
nelle prime file, proprio davanti al Re, che presiedeva l’assemblea. Successivamente, i membri
della Borghesia si divisero nell'emiciclo: i più ricchi e conservatori a Destra, i più poveri e
rivoluzionari a Sinistra e i moderati al Centro, spregiativamente soprannominato “palude”, in
quanto spazio privo di una marcata identità politica. Nella successiva Assemblea Nazionale della
Francia rivoluzionaria, si semplificò la sistemazione dell'emiciclo: a Destra si collocarono i
sostenitori della monarchia costituzionale, mentre a Sinistra quelli della repubblica democratica.
Infine, nella Francia della Restaurazione, i sostenitori della monarchia costituzionale si
spostarono al Centro, quelli della monarchia assoluta a Destra e quelli della repubblica
democratica a Sinistra. In Gran Bretagna, invece, nella Camera dei “comuni” (i borghesi), a
Destra sedevano i ricchi conservatori Tories (oggi Conservatives), a Sinistra i riformatori Radicals
(oggi Labourists) e al Centro i moderati Whigs (oggi Liberal-Democrats). Infine, nel Congresso
degli Stati Uniti, che ha ispirato il Parlamento della Francia rivoluzionaria, a Destra si sono
sempre seduti i conservatori (Republicans) e a Sinistra i riformatori (Democrats).
Capitolo 1: L’evoluzionismo nell’Antichità
Prima d’arrivare alla Scienza moderna con Galilei, nel XVII secolo, la filosofia è stata per
parecchi secoli l’unica alternativa alla religione nel rispondere alle domande sulla natura e
sull’uomo.2 Scrive la storica della scienza statunitense Jennifer M. Hecht3 nel saggio dal titolo Il Dubbio: una storia (Ariele, 2009). «Nella seconda metà del VI sec. a.C., nella Ionia,4
cominciarono a dibattere i primi filosofi occidentali. Erano i cosiddetti “presocratici”, in quanto
vissuti prima di Socrate, e ciò che contraddistingueva questo nuovo tipo di pensiero è che esso
tentava di spiegare l’Universo riflettendoci sopra, piuttosto che affidandosi a una tradizione
preesistente. Così, la nascita della filosofia coincise con la nascita del dubbio. Anassimandro da Mileto (VI sec. a.C.) è il primo filosofo di cui abbiamo notizie scritte (del primo in assoluto, Talete
da Mileto, non c’è rimasto niente di scritto). Egli spiegava il mondo, senza fare riferimento agli
dèi. Nella sua descrizione, gli esseri umani stanno al centro di un Universo profondamente
2 La filosofia non è morta ai giorni nostri. Adesso, essa si occupa essenzialmente del linguaggio (linguistica) e della scienza (epistemologia). 3 Jennifer Michael Hecht (1965-vivente) si è laureata in storia presso l'Università Adelphi, di New York. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia della Scienza, presso l’Università Columbia di New York. Ha insegnato al Nassau Community College, nella Contea di Nassau dello Stato di New York. Infine, come professore associato di storia, ha insegnato all’Università Columbia di New York ed è membro del New York Institute for the Humanities. Il brano in questione è tratto da Il Dubbio: una storia (Ariele, 2009).4 Ionia, regione della Turchia sulle coste del mare Egeo, con capoluogo Smirne. Anticamente era abitata da genti elleniche e conteneva le più belle e ricche città elleniche d’allora: Mileto, Efeso, Colofone, Samo, ecc. Non è un caso che in quelle stesse città fiorirono le prime scuole di filosofia del mondo occidentale.
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interconnesso, che continua i suoi cicli, senza la spinta di alcuna divinità: che balzo enorme
verso il razionalismo!»5
La figura d’Anassimandro è così complessa e affascinante che anche gli scienziati hanno
incominciato a interessarsene. Il fisico teorico Carlo Rovelli, per esempio, dice nel saggio dal
titolo Che cos’è la scienza: la rivoluzione di Anassimandro (Mondadori, 2014): «C’è un altro
terreno in cui il naturalismo d’Anassimandro ha un successo che rasenta il prodigioso: le sue
riflessioni sull’origine della vita e degli esseri umani. Anassimandro parla dell’origine della vita nel
mare; parla espressamente di un’evoluzione delle specie viventi, la connette all’evoluzione delle
condizioni climatiche: le prime specie sono marine, poi con l’asciugarsi della Terra, queste sono
migrate e si sono adattate alle terre asciutte. S’interroga, quindi, su quali esseri viventi possano
avere generato i primi esseri umani. Si tratta di una problematica che tornerà solo in secoli
recenti e con i grandi risultati che sappiamo. Pur con tutti i suoi limiti, resta il fatto che leggere
queste riflessioni nel VI secolo a.C. lascia stupefatti. (…) Come ha fatto Anassimandro a capire
tutto questo? Non lo so e non voglio addentrarmi in ipotesi. La chiave è, forse, semplicemente lo
scetticismo rispetto alle spiegazioni comuni.»6
Dunque, è stato Anassimandro il primo evoluzionista della storia occidentale? Tale affermazione
pare troppo audace all’epistemologo francese André Pichot, del CNRS, che nel saggio dal titolo
La nascita della scienza: Mesopotamia, Egitto, Grecia (Dedalo, 1993), invita alla prudenza.
Riconosce che «è però notevole che la sua biologia ponga per questa via la natura animale
dell’uomo e si sforzi di darne una giustificazione razionale. (…) Ciò che colpisce in questa
biologia è che essa è completamente separata dalla medicina; non ha altra finalità fuorché
esplicativa e nessuna finalità medica pratica. Questa biologia tende alla spiegazione naturale e
razionale e può articolarsi con le concezioni fisiche di Anassimandro.»7
Sappiamo che la filosofia greca non presupponeva la pedissequa obbedienza dei discepoli verso
l’autorità dei maestri, ma anzi premiava la libera discussione e addirittura contestazione di quelle
idee, pur nel rispetto verso il maestro come persona: è lo stesso atteggiamento mentale che si ha
ancora oggi nella Scienza. L’unica eccezione notevole in tal senso, nell’Antichità, è stata quella di
Pitagora, che si poneva come una sorta di semidio nei confronti dei suoi discepoli. Sappiamo
anche che Anassimandro ha avuto, tra gli altri discepoli, anche Anassìmene da Mileto, il quale ha
5 In: Op. cit. 6 Carlo Rovelli (1956-vivente) è un fisico teorico, tra gli iniziatori della teoria della gravità quantistica a loop. Ha svolto ricerche begli USA e ora dirige il Centro di fisica teorica dell’Università di Aix-Marsiglia, in Francia. Si è occupato anche di storia della scienza e di filosofia della scienza. Il presente brano è tratto da: Che cos’è la scienza: la rivoluzione di Anassimandro (Mondadori, 2014). 7 In: La nascita della scienza: Mesopotamia, Egitto, Grecia (Dedalo, 1993).
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avuto come discepolo Anassagora da Clazòmene, il quale ha insegnato a Socrate da Atene, il
quale ha fato lo stesso con Platone da Atene (V-IV sec. a.C.).
Ovviamente, per contestare radicalmente le idee del proprio maestro, come per esempio ha fatto
Socrate con Anassagora, bisogna prima averle ben conosciute, rimanendone in parte influenzati.
Perciò non è del tutto da escludere una lontana eco, affievolita e distorta, di Anassimandro nelle
parole che Platone usa per spiegare l’origine delle specie, nel suo dialogo dal titolo Timeo nella traduzione di Giuseppe Fraccaroli (cap. 44, pagg. 386-387, ed. F.lli Bocca, 1906): «Gli uccelli
nacquero per trasmutazione, con penne in cambio di peli, da uomini ingenui e di mente leggera,
che pensavano di poter dimostrare con la vista le cose del cielo. Gli animali terrestri derivarono,
invece, da uomini rozzi, che non si erano mai serviti della filosofia per esaminare la natura del
cielo. Riguardo ai pesci, ai molluschi e a tutti gli altri animali acquatici, essi derivarono da uomini
le cui menti erano irrimediabilmente immerse in ogni tipo di errore e così furono privati perfino
dell’aria e fatti per respirare nell’acqua, pena della loro estrema ignoranza. Questi sono i principi
per cui gli animali si trasformano e si trasformarono sempre l’uno nell’altro e questa
trasformazione dipende dalla perdita o dal guadagno d’intelligenza o di stoltezza.»8 Dunque,
mentre per Anassimandro gli uomini discendevano da “pesci o animali simili a pesci”, invece per
Platone gli uomini non discendono da niente e da nessuno, mentre gli animali (e le donne!)
derivano dagli uomini degenerati.9 Sebbene questa spiegazione sia completamente sbagliata dal
punto di vista scientifico, tuttavia rimane il fatto che si tratta pur sempre di un’idea di
trasformazione delle specie nel tempo, cioè di evoluzione. Nel Settecento, Buffon ha ripreso
l’idea dell’evoluzione per degenerazione e ai nostri giorni anche il biologo antidawinista Giuseppe
Sermonti ha affermato che “le scimmie discendono dall’uomo per devoluzione”; però, non è
riuscito a portare prove a sostegno della sua ipotesi che, perciò, non è una vera teoria scientifica.
A sua volta, anche Platone ha avuto vari discepoli, ovviamente. In particolare, quello che egli
soprannominava nous (“mente”) si chiamava Aristotele da Stagira (IV sec. a.C.). Questi aveva
una posizione più ambigua rispetto al suo maestro riguardo l’evoluzione delle specie. Da un lato,
infatti, ha classificato sistematicamente le specie animali10 in base alla complessità anatomica e
funzionale dei loro corpi. Ha creato, in questo modo, la cosiddetta “Scala della natura”, ossia una
disposizione gerarchica delle specie animali, in base al loro grado crescente di complessità
8 In: Timeo, trad. Giuseppe Fraccaroli, cap. XLIV, 386-387 (Fratelli Bocca, 1906). 9 Nel Settecento, Buffon ha ripreso l’idea dell’evoluzione per degenerazione e ai nostri giorni anche il biologo antidawinista Giuseppe Sermonti ha affermato che “le scimmie discendono dall’uomo per devoluzione”. Però, non è riuscito a portare prove a sostegno della sua ipotesi che, perciò, non è una vera teoria scientifica. 10 Per avere una prima classificazione sistematica delle piante bisogna aspettare il successore immediato di Aristotele, Teofrasto (374-287 a.C.).
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anatomico-funzionale: al gradino più basso stavano gli animali invertebrati più semplici, poi quelli
più complessi e in quello più alto stava l’uomo. L’idea dalla quale Aristotele partiva per costruire
la Scala della natura era il fissismo, vale a dire l’antievoluzionismo più puro. Dall’altro lato, però,
egli sembrava pensare come Darwin, quando diceva che la variabilità naturale si origina
spontaneamente e casualmente e che a essa poi segue la selezione accurata delle varianti più
adatte alle circostanze contingenti. Il passo (in Fisica, II, 8, 2) è il seguente: «Che cosa impedisce
che i rapporti tra le differenti parti del corpo siano puramente accidentali? Gli incisivi, per
esempio, sono taglienti e servono per spezzare un cibo, mentre i molari sono piatti e servono per
masticarlo. Essi, però, non sono stati fatti con questo scopo: la loro forma è il risultato del caso.
Lo stesso vale per tutte le parti del corpo che sembrano essere naturalmente destinate a qualche
scopo particolare. Quelle costituite in maniera adatta, grazie a una loro spontaneità interna, si
sono conservate, mentre quelle non costituite in tale maniera sono perite e continuano a
perire.»11
Aristotele pensava che tutto nella natura avvenisse per un qualche fine, più o meno misterioso.
Non la pensava così il poeta latino Tito Lucrezio Caro (94-56 a.C.), autore del lungo poema De
rerum natura (Sulla natura delle cose), in realtà “uno dei primi trattati di biologia della cultura
occidentale” (Vittorio Sgaramella). A un certo punto del Libro IV si leggono questi straordinari
versi: «Evita attentamente di compiere l’errore di pensare che gli occhi siano stati creati affinché
noi possiamo vedere, i piedi e le gambe per camminare, le mani e le braccia per afferrare. Chi
dice così sragiona e scambia gli effetti con le cause, perché non sono le funzioni ad avere creato
gli organi, bensì gli organi ad avere creato le funzioni.» Aristotele aveva affermato, nella sua
opera dal titolo Le parti degli animali, che “la funzione crea l’organo” e i filosofi stoici in questo
concordavano con lui. È contro tutti costoro che Lucrezio se la prende quando afferma: “Chi dice
così sragiona”.
Più avanti (Libro V), Lucrezio critica anche Anassimandro (dimostrando così d’averlo studiato) e
dice: «In principio, la Terra generò le specie vegetali e tinse di uno splendido verde smeraldo i
colli e le pianure. Specie diverse di alberi gareggiarono fra loro a crescere nell’aria. Come peli e
pellicce spuntano sul corpo dei mammiferi e piume e penne sulla pelle degli uccelli, così dalla
terra spuntarono erbe e germogli. In seguito, apparvero molte specie animali, generate nei modi
più disparati e aventi le nature più diverse. Gli animali, infatti, non possono certo essere caduti
dal cielo, come pretendono gli stoici, né essere usciti dagli abissi salati, come pensava
11 In: Fisica, II, 8, 2
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Anassimandro. Dunque, rimane solo la possibilità che sia stata la Terra a generarli, meritando
così il suo nome di Grande Madre.»
Lucrezio continua facendo un elenco, in forma poetica, della graduale comparsa dei vari gruppi di
organismi, nel corso del tempo; è notevole che scriva che dapprima essi erano “di dimensioni
molto maggiori” rispetto a quelli attuali, quasi come se gli fosse capitato d’osservare qualche
fossile e avesse intuito che era appartenuto a qualche enorme animale, che oggi avremmo
chiamato dinosauro: «Inoltre, ancora oggi la Terra genera molti esseri, stimolata dall’umido della
pioggia e dal calore del Sole. Non stupisce, dunque, che in passato essa ne abbia generati in
quantità, varietà e dimensioni molto maggiori.»
E conclude dicendo: «Ma ora, come una donna in menopausa, la Terra ha smesso di generare
nuove specie. Il tempo, infatti, corrompe ogni cosa. Tutto cambia, passando da uno stato all’altro,
e niente si mantiene uguale a se stesso. Le cose vecchie marciscono e spariscono, dissolte dal
passare degli anni, mentre nuove cose nascono e crescono. Anche la Terra subisce la stessa
mutevole sorte inflittale dal tempo. E, oggi, essa non può più ciò che poteva, ma può ciò che non
poteva. Infatti, non genera più molti esseri che sono esistiti in passato, ma ne genera di specie
che una volta non esistevano.» L’ultimo verso sembra proprio un’attestazione di pensiero
evoluzionista ante litteram.
Nel “Compendio storico” che apre l’Origine delle specie, il capolavoro di Charles Darwin, non
appare il nome di Tito Lucrezio Caro. Eppure, verso la fine della sua vita, è stato chiesto a
Darwin se avesse mai letto quel poeta, viste le ovvie somiglianze tra la teoria dell’evoluzione e le
descrizioni del De rerum natura. La risposta del naturalista è stata negativa. Tuttavia, egli
conosceva le due opere di suo nonno Erasmus Darwin (1731-1802), che invece il De rerum
natura l’aveva non soltanto letto, ma anche imitato per ben due volte. Il suo poema dal titolo
Giardino botanico, del 1791, e il suo trattato dal titolo Zoonomia, del 1796, erano stati scritti,
infatti, consciamente ed esplicitamente “nello stile di” e “alla maniera di” Lucrezio.
Capitolo 2: L’evoluzionismo nel Settecento
Dopo Lucrezio si è dovuto aspettare quasi duemila anni, cioè fino al XVIII secolo, per incontrare
un altro studioso che ha intuito qualcosa dell’evoluzionismo: lo svedese Karl von Linné12 (1707-
1778). Fin dall’adolescenza egli aveva dimostrato uno straordinario interesse per le piante.
Aveva viaggiato per la Scandinavia, l’Europa centrale e la Gran Bretagna, scoprendo cento
nuove piante. Nel 1735, ha pubblicato il Sistema naturae (Il sistema della natura), che rimane il
12 Non si vede il motivo per cui chiamarlo Carlo Linneo, come alcuni fanno.
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suo capolavoro. I botanici del secolo precedente avevano definito il concetto di specie facendo
ricorso, più che altro, alla forma dei semi. Von Linné, invece, ha inventato per le piante un criterio
di classificazione nuovo, ovvero le caratteristiche sessuali. Ha classificato le piante prima per
numero, proporzione e caratteristiche degli stami13 e poi sui frutti, sulle foglie e così via. Von
Linné è stato il primo scienziato a tentare una classificazione completa di tutti gli organismi
viventi in un sistema completo, proponendo a questo scopo, sia la “nomenclatura binomia”, sia il
raggruppamento in “categorie gerarchiche” (Specie, Genere, Famiglia, Ordine, Classe e Regno),
entrambi tutt’ora in uso. Von Linné ha definito la specie come “un insieme di organismi dotati
delle medesime caratteristiche”, definizione che oggi appare troppo generica per essere
accettata.14 Oggi, si preferisce adottare la definizione data da Ernst Mayr (1904-2005): “Un
insieme di organismi simili tra loro, capaci di riprodursi generando prole fertile”. Ogni specie viene
tuttora designata con due parole latine, delle quali la prima è quella del Genere; per esempio, la
specie del cane è chiamata Canis familiaris, quella del lupo Canis lupus, quella dello sciacallo
Canis aureus, e tutte e tre appartengono al medesimo Genere Canis. Poiché ogni categoria
sistematica è un sottoinsieme di quella immediatamente precedente, fino ad arrivare al Regno
che (ai tempi di Linné) era la più estesa di tutte, quindi questo sistema ha conferito alla
descrizione degli esseri viventi l’aspetto di un albero i cui rami più grandi si suddividono in rami
più piccoli, questi in altri più piccoli e così via: è il cosiddetto “albero della vita”.
Riguardo l’evoluzionismo, anche Von Linné ha avuto come già Aristotele una posizione
intellettualmente ambigua. Da un lato, infatti, sosteneva che le specie non si sono mai
trasformate nel tempo (“fissismo”) fin dal momento in cui Dio le ha create a partire dal nulla
(“creazionismo”) e descriveva il proprio lavoro con il motto: Deus creavit, Linnaeus disposuit (“Dio
creò, Linné dispose”); Linné vedeva se stesso come un nuovo Adamo, infatti sulla copertina del
suo Sistema naturae (Sistema della natura) è raffigurato un uomo che nel Giardino dell’Eden
assegna i nomi alle creature. Dall’altro lato, però, non era del tutto fissista; infatti, ammetteva che
per ibridazione15 e acclimatazione16 possono nascere specie nuove a partire da quelle originarie
create da Dio. Quanto all’uomo, lo collocava correttamente tra le scimmie antropomorfe, anziché
al vertice del Creato, ovviamente suscitando in questo modo le ire della Chiesa cristiana luterana
di Svezia, che ha accusato lo scienziato di “empietà”, come succede sempre a chiunque osi
13 Gli stami costituiscono la parte sessuale maschile del fiore delle Angiosperme. Uno stame è composto da un filamento, più o meno lungo, e da un'antera contenente i granuli di polline. 14 Secondo Ernst Mayr (1904-2005), la specie è: “Un insieme di organismi simili tra loro, capaci di riprodursi generando prole fertile”. 15 Ibridazione: incrocio genetico tra due individui di sesso diverso appartenenti a sottospecie diverse oppure, più raramente, a specie diverse. Nel primo caso, gli ibridi risultano spesso fertili, mentre nel secondo risultano spesso sterili. 16 Acclimatazione: adattamento al clima in una regione geografica.
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sfidare scientificamente la fede religiosa. Ma Von Linné ha affrontato coscientemente il suo
destino, attestando in una lettera del 1747 che «chiamare l’uomo scimmia o la scimmia uomo
irrita i teologi, ma va fatto, perché così ordina la scienza.»
Nel 1749, stavolta nel regno di Francia, è uscito un secondo libro di scienze naturali degno di
nota. S’intitolava Storia naturale generale e particolare ed era stato scritto da Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon (1707-1788). In polemica con il presupposto biblico della fissità delle
specie, egli ha tentato di disporre queste ultime in una successione evolutiva all’interno di una
reale “storia naturale”. Egli ha ipotizzato che, oltre alle numerose creature prodotte per volontà
divina, all’inizio del mondo, col passare del tempo fossero comparsi sulla Terra diversi organismi,
frutto della degenerazione delle creature iniziali perfette; per esempio, gli attuali felini come i leoni
e i giaguari sarebbero la degenerazione di un felino «ideale» estinto. Oggi, sappiamo che questo
punto di vista è decisamente sbagliato, ma alcuni antidarwinisti si ostinano tutt’ora a sostenerlo,
peraltro senza dimostrarlo. L’ipotesi di Buffon, per quanto vaga circa il modo in cui questi
cambiamenti potessero svolgersi, cercava di spiegare la straordinaria varietà di esseri viventi del
mondo attuale (o biodiversità). Ovviamente, anche Buffon è stato accusato dalla Chiesa cattolica,
venendo incarcerato per qualche mese e rimesso in libertà solo dopo avere abiurato il suo libro.
Buffon ha anche collaborato con il terzo intellettuale che ha avuto qualche intuizione
dell’evoluzionismo: Denis Diderot (1713-84), direttore editoriale del celeberrimo Dizionario
ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, universalmente noto come Encyclopédie,
pubblicato a Parigi a partire dal 1751. L’Encyclopedie presentava una visione del mondo
pienamente razionale e associava per la prima volta in modo sistematico la scienza e la tecnica,
riportando le illustrazioni di macchine di ogni genere, in uso nelle botteghe artigiane dei diversi
mestieri, nelle manifatture, nei laboratori di ricerca scientifica e nell’agricoltura: dei 28 volumi di
cui si componeva l’opera, ben 11 erano di tavole illustrate. Il risultato è stato un amplissimo
dizionario, dove tutto era vagliato dalla prova dell’esperienza e del ragionamento, secondo una
sintesi dei programmi scientifici e filosofici di Bacone, Cartesio, Newton e Locke. L’Encyclopedie
insegnava, per la prima volta, a ragionare su argomenti fino ad allora vietati e a svilupparne le
conclusioni, anche se non coincidevano con quelle proclamate dalle autorità politiche e religiose.
Al suo completamento, l’Encyclopedie contava ben 4.300 abbonati: un vero successo per
l’epoca! Manco a dirlo, l’opera ha suscitato immediatamente aspre polemiche da parte del clero e
delle autorità governative, ma i numerosi tentativi d’interromperla o di censurarla sono sempre
falliti. La Chiesa cattolica non ha potuto fare altro che proibire la lettura dell’Encyclopedie ai suoi
seguaci, ponendola all’indice dei libri proibiti, incredibilmente fino al 1966! Riguardo
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l’evoluzionismo, Diderot ha riportato le sue idee in uno scritto minore dal titolo L’interpretazione
della natura (1753). In esso, ha trattato di metodologia della scienza, elogiando la pratica
sperimentale e considerando la natura come una “grande catena”, guidata da un’idea di
metamorfosi continua; perciò, il concetto di “forma” non era un dato fisso, immutabilmente
connesso a un’immagine, bensì un elemento dinamico. Ovviamente, anche per queste sue idee
Diderot è stato prima censurato dai teologi cattolici dell’Università di Parigi e poi costretto ad
abiurare per non essere incarcerato; quando si è pentito del suo pentimento, è stato attaccato
nuovamente dai teologi.
Dopo la parentesi inglese rappresentata dal già ricordato Erasmus Darwin, che non è stato mai
perseguitato per le sue idee, visto che viveva in uno Stato che rispettava la libertà d’opinione,
torniamo in Francia, dove troviamo Jean-Baptiste de Monet, cavaliere di Lamarck (1744-
1829). Nell’opera Filosofia zoologica (1809), egli ha presentato i tre principi della sua teoria
evoluzionistica. Il primo era la “varietà dei viventi”: poche specie sono riuscite a rimanere
immutate nel tempo. Il secondo principio era “l'uso e il non uso degli organi”: le specie hanno, nel
tempo, sviluppato gli organi del loro corpo che permettono di sopravvivere adattandosi
all'ambiente. Per esempio, in un primo momento, sarebbero esistite solo giraffe con il collo corto;
queste ultime, per lo sforzo fatto per arrivare ai rami più alti, sarebbero riuscite a sviluppare collo
e zampe anteriori e, quindi, ad avere organi adatti alle circostanze; per converso, il non-uso di
determinati organi porta alla loro perdita. Il terzo principio era “l'ereditarietà dei caratteri acquisiti
per uso e disuso”: gli individui di ogni specie trasmettono ai loro discendenti i caratteri acquisiti
nel corso della loro vita (il collo e le zampe più lunghi, nel caso delle giraffe). Lamarck, pur
essendo un nobile, aveva appoggiato la Rivoluzione francese, perché non apprezzava la
monarchia assoluta e ne preferiva una costituzionale. Per questo motivo, non gli è toccato il triste
destino di Buffon e Diderot, ma ha potuto scrivere liberamente, senza subire né censure né
processi né arresti, anzi ha ottenuto molto credito anche durante il periodo napoleonico.
Capitolo 3: L’evoluzionismo nell’Ottocento
Dopo la fine del periodo napoleonico, le potenze vincitrici hanno tentato di riportare la cartina
politica dell’Europa a com’era stata prima della Rivoluzione francese. Si parla, perciò, di
“Restaurazione” dell’Ancien régime. Nella smania di restaurare ogni cosa antica, si è tornati
anche all’antievoluzionismo, fondato sui due soliti principi: l’idea che le specie sono fisse e
immutabili nel tempo (“fissismo”) e l’idea che esse sono state create originariamente da Dio
(“creazionismo”). Nel regno di Gran Bretagna, guidata dal partito conservatore dei Tories, la
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cultura e perfino la stampa sono state censurate. Nel 1819, il Parlamento ha approvato una legge
che tassava i giornali che pubblicavano opinioni e prevedeva la condanna all'esilio per i giornalisti
che fossero stati condannati due volte per diffamazione: era un duro colpo alla libertà di stampa.
Come reazione, sono nati a Londra numerosi fogli clandestini, venduti per mezzo di “strilloni”
(costantemente a rischio d’arresto).
Nel regno di Francia, la cultura è passata saldamente in mano a George Cuvier (1769-1832), un
naturalista fissista, creazionista e sostenitore dell’Ancient Régime. Egli ha fondato due nuove
discipline: l’anatomia comparata17 e la paleontologia18 dei mammiferi19. Tuttavia, in
contrapposizione all’evoluzionismo di Lamarck, egli sosteneva la falsa teoria del
“catastrofismo”, secondo cui la maggior parte degli organismi viventi nel passato erano stati
portati all’estinzione da numerosi cataclismi, l’ultimo dei quali era stato il Diluvio universale
descritto nella Bibbia; poi, ogni volta, il mondo era stato ripopolato dalle specie sopravvissute,
che non erano assolutamente imparentate con quelle estinte, in quanto l’evoluzione delle specie
non era nient’altro che “una sciocchezza rivoluzionaria”. Significativamente, Cuvier è stato molto
attivo anche in campo politico: membro del Consiglio di Stato, sia con Napoleone che con i
Borbone, rettore dell'Università di Parigi, presidente del Consiglio della Pubblica Istruzione,
soprintendente della Facoltà di teologia protestante, Grande ufficiale della Legion d’Onore e Pari
di Francia.
Il fatto che uno scienziato antievoluzionista come Cuvier sia stato tenuto in così alta stima dai
sovrani della Restaurazione post-rivoluzionaria non deve meravigliare. Infatti, la sua idea che
nulla cambiasse nella natura rassicurava la Nobiltà e l’Alto clero, i quali volevano che nulla
cambiasse anche nella società umana, in modo che essi potessero conservare per sempre i
propri privilegi economici e sociali. Per contro, sostenere che le specie non umane evolvono
rispetto a come Dio le ha volute all’inizio dei tempi poteva essere troppo facilmente esteso anche
alla specie umana, quasi come se la natura giustificasse i tentativi dei poveri di migliorare la
propria condizione economica e sociale attraverso le rivoluzioni contro i ricchi. Non è un caso,
perciò, come spiega lo storico statunitense Adrian Desmond20, nel saggio dal titolo The politics
17 Anatomia comparata: studia la forma e disposizione degli organi degli esseri viventi, paragonandole a quelle di altri esseri viventi. 18 Paleontologia (dal greco “studio degli antichi esseri”) è la scienza che studia l’anatomia degli organismi estinti a partire dai loro resti fossili.19 Mammiferi (vertebrati portatori di mammelle secernenti latte) è una classe sistematica tuttora esistente, anche se certi suoi ordini sistematici si sono estinti, per esempio: i Notoungulati vissuti nel Miocene, gli Amblìpodi vissuti nell’Eocene, i Condilartri vissuti nell’Eocene inferiore e i Multitubercolati vissuti dal Giurassico all’Eocene. Ovviamente, si sono estinte a maggior ragione le categorie inferiori come: Famiglie, Generi e Specie. 20 Adrian John Desmond (1947-vivente), scrittore inglese di Storia della scienza e autore di libri su Charles Darwin. È un Honorary Research Fellow nel Dipartimento di biologia presso l’University College di Londra. Il brano citato è tratto da The
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of evolution: morphology, medicine and reform in radical London (The University of Chicago
Press, 1989), che a mantenere accesa la fiamma dell’evoluzionismo durante il periodo della
Restaurazione fossero soltanto intellettuali anti-establishment, riformatori sociali, materialisti in
campo filosofico e atei o deisti in campo religioso: «Geoffroy-Saint Hilaire21, in Francia, veniva
ignorato dal clero e dai naturalisti aristocratici, mentre le scuole mediche, famose per essere
fucine del libero pensiero, creavano dei corsi appositi per utilizzare i suoi libri. I seguaci di Jeremy
Bentham22 e i socialisti utopici promuovevano il lamarckismo. Uomini di Sinistra come George J.
Holyoacke23 elogiavano Lamarck per avere supportato “l’evoluzione verso il repubblicanesimo”.»
Le cose incominciarono a cambiare attorno al 1830 che, come sappiamo dai libri di Storia, è
stato un anno di rivoluzioni in tutta l’Europa. Infatti, nel regno di Francia è stato deposto il re
conservatore-reazionario Carlo X di Borbone e il trono è stato dato a suo cugino Luigi Filippo
d'Orleans, il quale ha subito trasformato la monarchia in costituzionale. Nel regno di Gran
Bretagna il partito conservatore-reazionario dei Tories ha perso le elezioni e al suo posto è salito
quello moderato dei Whigs. Come effetto di ciò, le limitazioni contro la stampa sono state via, via
soppresse e la libertà di opinione è stata nuovamente garantita anche agli scienziati. Nel 1837, il
trono è passato a Vittoria di Hannover (1819-1901), il cui lunghissimo regno ha inaugurato quel
periodo di grande sviluppo industriale, politico, militare, culturale, scientifico e tecnologico della
Gran Bretagna, noto come “Età vittoriana”. In questo periodo, troviamo due importanti
evoluzionisti e cioè: Robert E. Grant (1793-1874) e Sir Charles Lyell (1797-1875).
Il Grant, nell’articolo dal titolo Osservazioni sulla natura e l'importanza della geologia (1826), ha
scritto che gli strati geologici successivi sembrano mostrare una progressiva e naturale
successione di animali fossili, i quali "si sono evoluti da un modello primitivo, per circostanze
esterne". Questa spiegazione svela l’influsso dell’evoluzionismo di Lamarck. In effetti, nella
biologia del Grant non c'era posto per il soprannaturale, ma solo per il materialismo trasformista.
Per esempio, Grant credeva alla teoria della generazione spontanea, ossia che la vita può
iniziare anche senza Dio. Questa affermazione d’ateismo aveva scandalizzato il giovane Charles
Darwin, quando era allievo di Grant nell’Università di Edimburgo, mentre oggigiorno essa è
politics of evolution: morphology, medicine and reform in radical London (The University of Chicago Press, 1989), vincitore Premio Pfizer 1990.21 Étienne Geoffroy-Saint Hilaire (1772 – 1844), biologo francese. Nel 1798, partecipò alla grande spedizione scientifica in Egitto al fianco di Napoleone. È considerato uno dei fondatori dell'anatomia comparata. 22 Jeremy Bentham (1748-1832), filosofo e giurista inglese. Politico radicale e teorico influente nella filosofia del diritto anglo-americana. Uno dei primi proponenti dell'utilitarismo e dei diritti degli animali. Influenzò lo sviluppo del liberalismo.23 George Jacob Holyoake (1817-1906), giornalista ed editore inglese. Coniò il termine "secolarismo", nel 1851, e "sciovinismo", nel 1878. Diresse un giornale laico, il Reasoner, dal 1846 al 1861.
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pienamente accettata dalla comunità scientifica internazionale per spiegare l’origine della vita,
nelle particolari condizioni fisico-chimiche della Terra primordiale, molto diverse da quelle attuali.
Sir Lyell, tra il 1830 e il 1833, ha scritto il saggio dal titolo Principi di geologia, nel quale
sosteneva e divulgava la teoria geologica dell’attualismo di James Hutton24 (1726-97).
Secondo questa teoria, le forze che plasmano il mondo sono le stesse che hanno operato nel
passato e che agiscono gradualmente e in modo pressoché costante su tempi molto lunghi.
Questa teoria aveva delle conseguenze sociali importanti e cioè: 1) negava che tutto nella natura
fosse immutabile, eccetto eventi causali e improvvisi come i terremoti, anzi affermava che tutto si
trasformava lentamente; questo contrastava con la teoria delle catastrofi di Cuvier; 2) negava che
la Terra avesse un’età dell’ordine delle migliaia di anni, anzi affermava che ne avesse una
dell’ordine dei milioni di anni; questo contrastava con la datazione fatta dall’arcivescovo
anglicano James Ussher, 25 nel Seicento, sommando le età dei patriarchi ebrei pre- e post-
diluviani; 3) negava che la Bibbia dovesse essere interpretata solo letteralmente, anzi affermava
che potesse essere interpretata anche metaforicamente; questo non veniva mai dichiarato modo
esplicito, per evitare uno scontro frontale con i religiosi fondamentalisti. Comunque, grazie alla
convincente opera di divulgazione di Sir Lyell, l'attualismo è diventato il modello d’evoluzione
geologica accettato dalla comunità scientifica internazionale fino al XX secolo, quando è stato
rimpiazzato dalla “teoria della tettonica a placche”. Charles Darwin aveva, intelligentemente,
deciso di portare con sé una copia del saggio di Sir Lyell, durante il suo viaggio attorno al mondo
(1831-36); ha fatto bene, perché vi avrebbe tratto molta ispirazione, soprattutto durante il
soggiorno alle isole Galapagos. Ma l’aiuto di Lyell a Darwin è stato anche diretto. Infatti, dopo la
sconvolgente lettura della lettera di Alfred Wallace 26 (vedi poi), è stato proprio Sir Lyell a
convincere il titubante Darwin a condividere con Wallace la paternità dell’idea alla quale egli, tutto
sommato, lavorava da prima di Wallace, sebbene privatamente. Sir Lyell si è incaricato di
leggere pubblicamente alla Linnean Society di Londra, di cui era membro, la lettera di Wallace
insieme al manoscritto dell’Origine delle specie, il 1° luglio 1858. È, dunque, solo grazie a Sir
24 James Hutton (1726-97) geologo scozzese. Fu il primo a intuire che la Terra ha un’età di molti milioni di anni; fu il primo a riconoscere la natura delle rocce intrusive e a ipotizzare la loro origine da un magma primordiale; fu il primo a ipotizzare la fuoriuscita del calore terrestre attraverso eruzioni vulcaniche periodiche che, a loro volta, causano un innalzamento del terreno, spianato successivamente dall'erosione. 25 James Ussher (1581-1656) vescovo anglicano. Secondo lui, Dio creò l'Universo al tramonto della notte antecedente alla domenica 23 ottobre del 4.004 a.C. Il calcolo di Ussher divenne molto noto nei Paesi di religione protestante ed è quello utilizzato in genere dai creazionisti, che affermano tuttora la verità del racconto biblico: essi sostengono che Dio creò i fossili e le galassie in allontanamento, per mettere alla prova la fede dei cristiani…26 Alfred R. Wallace (1823 –1913) naturalista britannico. È non soltanto il coautore della teoria dell’evoluzione per selezione naturale, ma anche il padre della Biogeografia, per avere individuato la linea di demarcazione tra la fauna e la flora asiatiche e quelle australiane, che Thomas Huxley battezzerà, appunto, “Linea di Wallace”.
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Lyell che oggi noi parliamo di teoria evoluzionistica di Darwin-Wallace, anziché solo di
Wallace. Il terzo aiuto di Sir Lyell al suo amico si trova nel saggio dal titolo L’antichità dell’uomo
(1863), riguardante i ritrovamenti di pietre lavorate in sedimenti che ne certificavano l'antichità. In
quest’opera, Lyell appoggiava apertamente la teoria evoluzionistica di Darwin, nonostante
sappiamo per certo che avesse delle riserve (del tutto legittime) in merito al meccanismo con cui
essa avviene; come si sa, “l’amico si difende in pubblico e si critica in privato”.
Cap. 4: Darwin
In un periodo storico in cui gli europei occidentali, britannici in testa, avevano dato inizio a una
massiccia esplorazione del pianeta, usciva il primo libro di Charles Robert Darwin (1809-82): Geologia e storia naturale dei vari paesi visitati dalla nave di S.M. Beagle, sotto il comando del
capitano Fitzroy 27 della Royal Navy o, più semplicemente, Viaggio di un naturalista attorno al
mondo (1839). Darwin, nel suo viaggio di cinque anni in mare (1831 – 36) aveva visitato varie
terre tropicali tra cuiu l’Argentina, nelle cui sterminate praterie aveva trovato i fossili del
Glyptodon, un mammifero estinto simile all’armadillo, che invece è tuttora vivente in quei
medesimi territori. In seguito, questa osservazione sarebbe stata rielaborata da Darwin e
sarebbe servita a far nascere l’idea che le specie fossili sono le dirette antenate di quelle viventi
e, dunque, le specie si trasformano nel tempo, cioè evolvono. Arrivato nell’arcipelago delle
Galapagos, Darwin ha notato che ogni isola era abitata da una specie di testuggini e fringuelli
differenti per aspetto, dieta, ecc. da ogni altra specie, ma per altri versi simili a quelle delle altre
isolette. Nella primavera 1837, gli ornitologi del British Museum avrebbero informato Darwin che
i numerosi e piuttosto differenti uccelli che aveva raccolto alle Galápagos appartenevano tutti alla
sottofamiglia Geospizinae, della famiglia Fringillidae, cui appartengono anche i comuni fringuelli,
da cui il nome di “fringuelli di Darwin” con cui ancora oggi sono comunemente noti.
Come spiegare che tutti questi uccelli parenti tra loro si presentavano come leggermente
differenti in ogni isola dell’arcipelago? Nel “Compendio storico” che apre l’Origine delle specie,
Darwin elogiava pubblicamente Lamarck, per avere affermato che le specie evolvono, ma poi si
discostava dalla teoria di quest’ultimo per quanto riguarda il meccanismo con cui ciò avviene.
Infatti, per Darwin le specie sono il risultato di una selezione, da parte dell’ambiente, delle
variazioni ereditarie più idonee. In altre parole, il fenomeno evolutivo viene inteso da Darwin
come un adattamento alle condizioni ambientali, casualmente determinato e faticosamente
conquistato. 27 Robert Fitzroy (1805-65) tenente di vascello britannico. Fu l’inventore della meteorologia sinottica. Fece apportare importanti miglioramenti al suo brigantino Beagle, fornendolo di 22 cronometri, fondamentali per il calcolo della posizione in mare, e di un barometro senza mercurio.
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Un autore verso cui Darwin riconosce d’essere stato profondamente debitore è stato
l’economista Thomas Malthus. 28 Così si legge nell’Autobiografia, pubblicata postuma nel 1888
dal figlio Francis: «Nell’ottobre 1838, cioè quindici mesi dopo l’inizio della mia ricerca sistematica,
lessi per svago il libro di Thomas Malthus Saggio sul principio della popolazione. Ero pronto ad
ammettere la lotta per l’esistenza, che ovunque si deduce da un’osservazione prolungata delle
abitudini degli animali e delle piante; ma mi colpì immediatamente il fatto che in queste condizioni
le variazioni favorevoli tendessero a essere conservate, mentre le sfavorevoli a essere eliminate.
Risultato: la formazione di nuove specie! Dunque, avevo trovato finalmente una teoria sulla quale
lavorare.» Questo passaggio è la prova che Darwin ha riscoperto, nel 1838, l’intuizione di
Aristotele e cioè che la variazione e la selezione naturale sono i primi due principi
dell’evoluzione delle specie.
Il terzo principio, l’adattamento, ha dovuto aspettare ancora qualche anno. Così continua Darwin
nell’Autobiografia: «Però, mi sfuggiva ancora un problema di grande importanza e trovo
sorprendente che abbia potuto trascurare quel problema e la sua soluzione: era l’uovo di
Colombo! Si tratta della tendenza degli organismi derivanti dal medesimo ceppo ad assumere
caratteri divergenti, allorché si modificano. Che essi siano andati divergendo notevolmente è
evidente, dal momento che specie d’ogni tipo possono essere classificate in generi, i generi in
famiglie, le famiglie in ordini e così via. (…) La soluzione, secondo me, è che i discendenti
modificati di tutte le forme dominanti e in via di sviluppo tendono, nell’economia della natura, ad
adattarsi ai diversissimi luoghi in cui vivono.» Infatti, Darwin ha ipotizzato che le differenti
testuggini e i differenti fringuelli delle isole Galapagos avessero avuto origine da un'unica specie
di testuggine e di fringuello, rispettivamente, e poi i diversi ambienti delle isole avessero premiato
gli individui casualmente più adatti e penalizzato quelli casualmente meno adatti.
Scrive il logico-matematico Piergiorgio Odifreddi,29 dell’Università di Torino, nel saggio dal titolo
In principio era Darwin, la vita, il pensiero, il dibattito sull’evoluzionismo (Longanesi, 2009): «Una
volta individuato un possibile meccanismo dell’evoluzione, restava l’arduo compito di verificare 28 Thomas R. Malthus (1766 – 1834) economista e demografo britannico. Nel 1798, pubblicò il Saggio sul principio della popolazione e i suoi effetti sullo sviluppo futuro della società. L’idea centrale era che le risorse naturali sono limitate, perciò non possono sopravvivere tutti coloro che nascono a ogni generazione. 29 Piergiorgio Odifreddi (1950 - vivente), logico e matematico. Ha insegnato logica presso la facoltà di Matematica all'Università di Torino e all'Università Vita-Salute San Raffaele, di Milano. È stato visiting professor presso la Cornell University, di New York, presso l'Università Monash, di Melbourne, presso l'Accademia Sinica di Pechino, presso l'Università di Nanchino, presso l'Università di Buenos Aires e presso l'Italian Academy della Columbia University, di New York. Nel 2003, è stato nominato presidente onorario dell'UAAR (Unione Atei e Agnostici Razionalisti). Nel 2009, dopo la sentenza della Corte Europea sulla rimozione dei crocifissi nelle aule scolastiche, ha manifestato la sua approvazione a riguardo. Sempre nel 2009, la sua restituzione del Premio Peano per la divulgazione matematica ha innescato una serie di polemiche, culminate in insulti pubblici da parte del ministro del MIUR, Maria Stella Gelmini, e del ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Il brano in questione è tratto da: In principio era Darwin, la vita, il pensiero, il dibattito sull’evoluzionismo (Longanesi, 2009).
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questa ipotesi, dimostrando che era quella effettivamente seguita dalla natura per formare nuove
specie. L’Origine delle specie, infatti, enumera dettagliatamente gli indizi favorevoli esistenti e
smonta sistematicamente le obiezioni contrarie, reali o ipotetiche. Ma era troppo avanti rispetto ai
tempi per potere essere probatoria: come già Galileo nei suoi Dialoghi sopra i due massimi
sistemi del mondo con l’eliocentrismo, così anche Darwin dovette accontentarsi di mostrare
soltanto che l’evoluzionismo aveva un’interna coerenza che lo rendeva verosimile, ma non perciò
vero.»
La battaglia per passare dal semplicemente verosimile al definitivamente vero dura fino ai nostri
giorni. Scrive il genetista Sean B. Carrol, dell’Università di Wisconsin-Madigan, nel saggiol dal
titolo Al di là di ogni ragionevole dubbio (2008).: «Darwin capì fin troppo bene (e quindi previde in
modo corretto) la maggior parte delle obiezioni che si sarebbero potute fare alle sue idee. Molte
di esse gli provennero, naturalmente, da coloro che in base a considerazioni non scientifiche
trovavano ripugnante e umiliante la visione della vita proposta da lui. La maggior parte degli
scienziati, invece, accettò abbastanza prontamente la realtà dell’evoluzione, cioè che le specie
cambiano nel tempo. Ma perfino i più fedeli sostenitori di Darwin ebbero difficoltà riguardo al
come, cioè riguardo al meccanismo che egli proponeva. (…) Darwin, in pratica, chiedeva ai suoi
lettori d’immaginare come piccole variazioni (la cui origine era sconosciuta e invisibile) sarebbero
state selezionate positivamente (attraverso un processo altrettanto invisibile e non misurabile) e
si sarebbero accumulate in un periodo di tempo molto più lungo della vita umana.»30
L’ostilità dei Tories e del clero anglicano verso il darwinismo è scoppiata subito dopo la strenua
difesa fatta dall’amico di Darwin, Thomas H. Huxley.31 Biologo, uomo d’ingegno e di cultura,
buon oratore, dotato di senso dell’ironia e di spirito battagliero, Huxley aveva sostenuto senza
mezzi termini che “l'uomo discende dalle scimmie”. Tale affermazione è, oggi, ritenuta
semplicistica (le scimmie e l’uomo discendono entrambi da un antenato comune), ma ai suoi
tempi sembrava che negasse l'origine divina dell'uomo, l'immortalità dell'anima e ogni
fondamento morale e perciò aveva portato a uno scontro frontale con il vescovo anglicano
Samuel Wilberforce. Questa convinzione era molto diffusa non soltanto nella Chiesa anglicana,
30 Sean B. Carrol (1970-vivente) è pioniere della biologia evolutiva dello sviluppo (o "evo-devo"), che studia come i cambiamenti genetici controllano l'evoluzione delle parti e dei modelli del corpo. È professore di biologia molecolare e genetica presso l'Università del Wisconsin-Madison e ricercatore dell'Howard Hughes Medical Institute. Dal 2013, è nel Consiglio consultivo del Centro nazionale per l'educazione scientifica degli USA. Il brano in questione è tratto da: Al di là di ogni ragionevole dubbio. La teoria dell'evoluzione alla prova dell'esperienza (2008).31 Thomas H. Huxley (1825-95) biologo britannico, contemporaneo e amico di Charles Darwin. Si è battuto strenuamente per difendere la teoria del suo amico dai numerosi attacchi che le venivano rivolti, al punto d’essere soprannominato “il mastino di Darwin”. Ha classificato gli Idrozoi in Radiati e Nematòfori, così com’è tuttora. Ha coniato il termine “agnosticismo”, nel senso di sospensione del giudizio definitivo riguardo l’esistenza di Dio.
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ma anche nei circoli conservatori-reazionari, entrambi intenzionati a difendere la posizione
“aristocratica” dell'uomo nella natura; difesa che aveva trovato una formula efficace
nell'affermazione del primo ministro d’allora, il conservatore Benjamin Disraeli, conte di
Beaconsfield: «Darwin sarà anche disceso dalle scimmie, ma io sono disceso dagli angeli.»
In Italia, abbiamo avuto seguaci dell’evoluzionismo darwiniano, fin da subito. Il primo di loro è
stato lo zoologo Filippo De Filippi (1814-67). Dopo la laurea in medicina presso l'Università di
Pavia si è dedicato alla ricerca scientifica, rimanendo come assistente di zoologia nella stessa
Università; nel 1840, si è trasferito a Milano, presso il Museo civico di storia naturale, e nel 1848
ha ottenuto la cattedra di zoologia presso l'Università di Torino. Gli interessi scientifici di De
Filippi erano molto vasti, come testimonia l'elenco delle sue opere; in particolare sono state molto
importanti le sue ricerche di embriologia e anatomia comparata, nonché di ittiocoltura, di cui è
stato il pioniere. Il secondo darwiniano degno di nota è stato il fisiologo russo Aleksandr Herzen
(1839 – 1906). Da vero appassionato di scienze naturali ha frequentato l'Università di Londra e,
nel 1858, ha pubblicato il saggio dal titolo L'anatomia comparata degli animali inferiori. Poi ha
proseguito gli studi a Berna, ospite dell'amico di famiglia e famoso fisiologo Carl Vogt, che gli ha
dato lezioni private. Nell'Università di Berna, si è laureato in medicina. Dopo aver seguito Carl
Vogt in spedizioni scientifiche in Norvegia e Islanda, nel 1863 si è trasferito a Firenze per
ricoprire l'incarico di assistente di fisiologia e anatomia comparata presso l'Istituto di Studi
Superiori. Il terzo darwinista da ricordare è stato il fisiologo e antropologo Paolo Mantegazza
(1831-1910). Dopo essersi laureato a soli 23 anni in medicina e chirurgia presso l'Istituto
Lombardo di Pavia, è partito per l'America del Sud, per approfondire gli studi antropologici. Nel
1858, è tornato in Italia come professore di patologia generale presso l'Università di Pavia e ha
fondato il primo laboratorio di patologia sperimentale d’Europa (vi si formeranno scienziati illustri
quali Giulio Bizzozero, Eusebio Oehl e Camillo Golgi, vincitore del Premio Nobel per la medicina
nel 1906). Diventato Deputato del Regno d'Italia poco più che trentenne, Mantegazza ha
cominciato a vivere a Firenze, allora capitale d’Italia. Da assertore convinto della teoria
darwiniana, ne ha studiato molti problemi (atavismo, pangenesi, selezione sessuale ecc.) ed è
restato in contatto epistolare con Charles Darwin dal 1868 al 1875. Nel 1869, ha fondato sia la
prima cattedra in Italia di antropologia, sia il Museo nazionale di antropologia ed etnologia. Nel
1871, insieme a Felice Finzi ha fondato la rivista “Archivio per l'antropologia e l'etnologia”, tuttora
in corso. Ha fondato anche la Società italiana di antropologia ed etnologia.
Capitolo 5: L’evoluzionismo nel Novecento
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Non c’è dubbio che i primi trent’anni del Novecento hanno rappresentato un momento di forte
rigetto della teoria dell’evoluzione. Questo è avvenuto per due motivi diversi. Da un lato, come
ricorda il genetista Giuseppe Montalenti, dell’Università “La sapienza” di Roma nella raccolta dal titolo Darwin: l’evoluzione. L’origine delle specie, L’origine dell’uomo e la selezione
sessuale, I fondamenti dell’origine delle specie, Autobiografia. Edizioni integrali (Grandi Tascabili
economici Newton, 1994): «Il movimento antievoluzionistico trovò terreno fecondo in cui
svilupparsi nelle correnti filosofiche antipositivistiche e antimaterialistiche, che ebbero grande
rigoglio soprattutto nei Paesi latini, nei primi decenni del Novecento. In questo ambito, filosofie
tanto diverse come l’idealismo e il neo-tomismo si trovarono d’accordo su posizioni
antievoluzioniste.»32
Purtroppo per noi, la dittatura fascista (1922-43) portava l’Italia sempre più lontana dalla sfera
d’influenza britannica, in campo sia politico, sia culturale, tagliandoci così fuori anche dal dibattito
scientifico sull’evoluzionismo. Non è stato un caso che il dittatore Benito Mussolini, per riformare
la Scuola pubblica in senso fascista, avesse incaricato proprio un filosofo antievoluzionista di
prim’ordine come Giovanni Gentile. Tale Riforma, varata nel 1923, ovviamente privilegiava le
materie storico-umanistiche a discapito di quelle scientifico-tecnologiche, poiché a Mussolini
interessava convincere gli Italiani d’essere gli “eredi di Roma” in vista delle future (disastrose)
campagne militari. I giovani hanno ben presto capito l’antifona e così: «Il numero di studenti
universitari iscritti ai corsi di laurea scientifici diminuisce pesantemente: dal 60 % degli anni Venti
si passa, già allo scoppio della Seconda guerra mondiale (1940), al netto prevalere dell'area
umanistica, cui fanno capo due studenti su tre» ; lo documentano, dati alla mano, i matematici
Angelo Guerraggio, dell’Università Bocconi di Milano, e Pietro Nastasi, dell’Università di
Palermo.33 Nel saggio dal titolo L’Italia degli scienziati: 150 anni di storia nazionale (Bruno
Mondadori, 2010).
Dall’altro lato, i cultori della nuova disciplina biologica appena nata, ossia la genetica, avevano
difficoltà a conciliare le leggi di Mendel, riscoperte nel 1900, con la teoria dell’evoluzione di
Darwin. Per esempio, il botanico olandese Hugo De Vries, uno dei tre che aveva riscoperto il
lavoro di Mendel, pensava che l'evoluzione biologica non avviene gradualmente, per il sommarsi
di tante micro-mutazioni, come pensava Darwin, bensì “a salti”, per l'apparire brusco di poche
macro-mutazioni. In un secondo tempo, si conservano o si eliminano le macro-mutazioni,
secondo che si rivelino benefiche o nocive o innocue, quando sottoposte alla pressione selettiva
32 In: Darwin: l’evoluzione. L’origine delle specie, L’origine dell’uomo e la selezione sessuale, I fondamenti dell’origine delle specie, Autobiografia. Edizioni integrali (Grandi Tascabili economici Newton, 1994).33 In: L’Italia degli scienziati: 150 anni di storia nazionale (Bruno Mondadori, 2010)
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dell’ambiente. I moderni studi sull'evoluzione, però, hanno smentito che la nascita delle nuove
specie avvenga secondo questo meccanismo “saltatorio” ipotizzato da De Vries e optano, invece,
per il graduale accumularsi e sommarsi di tante micro-mutazioni.
Scrive Montalenti: «Darwin, nell’Origine, aveva riconosciuto due grandi lacune nelle conoscenze
biologiche dell’epoca: le leggi dell’ereditarietà e le leggi della variazione. (…) Egli morì nel 1882,
ignorando che un suo contemporaneo, Gregor Mendel, fin dal 1866 aveva scoperto le leggi
dell’ereditarietà. Queste rimasero completamente ignote e tutti i biologi dell’epoca, finché nel
1900 furono riscoperte per opera di tre botanici, indipendentemente l’uno dall’altro. Nacque allora
un nuovo ramo delle scienze biologiche: la genetica. Essa scoprì la struttura discontinua del
patrimonio ereditario, che è costituito da tante unità, i geni, di dimensioni submicroscopiche, che
si riproducono di generazione in generazione conservando la propria individualità e le proprie
caratteristiche. I geni controllano tutti i caratteri ereditari di un organismo. Questa struttura
discontinua comporta un tipo d’eredità completamente diverso da quello che era comunemente
ammesso ai temi di Darwin: non vi è un’eredità mista o intermedia, bensì un’eredità alternativa o
mendeliana.»
«Proseguendo l’indagine - continua Montalenti - la genetica dimostrò che i geni sono localizzati
lungo i cromosomi, che stanno dentro il nucleo delle cellule. Ciò avvenne nel decennio 1910-20
per opera di Thomas H. Morgan e dei suoi collaboratori. Uno di questi, H. J. Müller, studiò
particolarmente un fenomeno che già era stato considerato come fondamento per l’evoluzione: la
mutazione. Questa consiste nel passaggio di un gene da uno a un altro stato (si tratta di una
lieve variazione della struttura chimica), cioè si trasforma in un altro “allele”. Il Müller constatò
che le mutazioni si verificano costantemente, ma con una frequenza assai bassa (dell’ordine di
uno su centomila o su un milione) in tutte le specie e, nel 1927, scoprì la possibilità di
determinare sperimentalmente le mutazioni per mezzo dei raggi X. A questo stadio, intorno al
1930, la genetica aveva, dunque, acquisito la nozione delle leggi dell’ereditarietà e della
variazione, che mancavano ai tempi di Darwin e che erano indispensabili per comprendere il
meccanismo dell’evoluzione. Già all’inizio del secolo XX, l’antica e radicata credenza
dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti, base della teoria lamarckiana, era stata dimostrata fallace
e tutti gli esperimenti ne confermarono l’inattendibilità. (…) Non rimaneva, quindi, che riprendere
in esame la teoria di Darwin della selezione naturale e vedere se e come essa fosse applicabile
in base alle conoscenze delle proprietà della “base fisica dell’eredità”, cioè dei geni e dei
cromosomi. Alcuni biologi e matematici si applicarono a questo studio fin dal 1908 (Godfrey Hardy e Wilhelm Weinberg) e poi tra il 1920 e il 1930 (Ronald Fisher, John Haldane, Sewall
20
Wright). Nel 1930, comparve un importante libro di Fisher, La teoria genetica della selezione
naturale. Da questi lavori prese l’avvio un particolare indirizzo di ricerca: la genetica
evoluzionistica o genetica di popolazione. Si riconobbe sostanzialmente la validità della teoria di
Darwin della selezione naturale, che agisce sulla variabilità casuale come fattore principale
dell’evoluzione. Si sviluppò dal punti di vista teorico questo concetto con e la formulazione di
modelli matematici e si riuscì, finalmente, a portare il problema evoluzionistico sul terreno
dell’osservazione e dell’esperimento. Si giunse, quindi, sulla base della concezione darwiniana e
delle conoscenze della genetica, a quella che è stata chiamata la Teoria sintetica dell’evoluzione o Sintesi neodarwiniana o Neodarwinismo. L’evoluzionismo ha ripreso vigore,
ha riacquistato le posizioni centrali di colonna portante non soltanto della biologia, ma del
pensiero scientifico e filosofico moderno.»34
Negli anni Quaranta, si è girato pagina. Nel 1943, il Regno d’Italia ha stipulato un armistizio con
le forze anglo-americane. I nazisti, con la collaborazione dei fascisti, hanno occupato
militarmente le zone del territorio nazionale in cui era ancora forte la loro presenza. Nel
frattempo, gli antifascisti di qualunque “colore” politico (liberali, comunisti, cattolici, monarchici), i
cosiddetti partigiani, si sono messi a collaborare militarmente con gli anglo-americani e, alla fine,
sono riusciti a liberare l’Italia dalle truppe naziste e a fondare l’attuale Repubblica italiana (1947).
Essa, dunque, è nata antifascista, il che significa democratica, secondo quanto ci ha insegnato il
politologo Norberto Bobbio35 nel saggio dal titolo Dal fascismo alla democrazia (Baldini-Castoldi-
Dalai, 2008). Nel pieno rispetto dello spirito democratico su cui era stata fondata, la Repubblica
italiana è stata clemente con i fascisti superstiti e ha perfino permesso loro di riconoscersi in un
partito politico, il Movimento Sociale Italiano (MSI).36 Di conseguenza, i fascisti hanno sempre
continuato a fare sentire la loro voce, sebbene sommessa, non solo in campo politico, ma anche
culturale.
Negli anni Cinquanta, in particolare nel 1950, il maître à penser del neo-fascismo, Julius Evola
(1898-1974), nel saggio dal titolo Orientamenti (Imperium, 1950), raccomandava ai suoi quanto
segue: «Nell’una e nell’altra forma, questi tossici continuano ad agire nella cultura, nella scienza,
nella sociologia e nella letteratura come tanti focolai d’infezione, che vanno individuati e colpiti. A
parte il materialismo storico e l’economismo, fra i principali di essi stanno: il darwinismo, la
34 In: op. cit. 35 In: Dal fascismo alla democrazia (Baldini-Castoldi-Dalai, 2008)36 Il MSI, nel 1994, per la prima volta nella storia della Repubblica, è entrato a far parte di un governo italiano (Berlusconi I). Il MSI si è sciolto il 27 gennaio 1995, confluendo in AN (Alleanza Nazionale), guidata da Gianfranco Fini, e in piccola parte nel Movimento Sociale Fiamma Tricolore, guidato da Pino Rauti. La sua eredità storica è stata poi raccolta da: Fratelli d'Italia, Casapound e Forza Nuova.
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psicoanalisi e l’esistenzialismo.»37 Ora, mentre è abbastanza facile capire il motivo della
condanna di Evola del materialismo storico dei comunisti Marx ed Engels, nonché della
psicoanalisi dell’ebreo Freud e dell’esistenzialismo dell’ateo e comunista Sartre, risulta meno
immediato il motivo della condanna dell’evoluzionismo di Darwin.
Non è stato troppo distante da queste idee neofasciste il papa Pio XII (1876-1958), spinto dalla
paura dell’avanzata del comunismo in Italia.38 Egli, nel 1950, ha scritto l’enciclica Humani generis
(Del genere umano) “dedicata a correggere alcune false opinioni che minacciano di sovvertire i
fondamenti della dottrina cattolica”. Da un lato, egli difendeva il cattolicesimo, scrivendo: «I primi
undici capitoli della Genesi appartengono al genere storico in un vero senso. Quindi, le narrazioni
popolari inserite nelle Sacre scritture non possono essere affatto poste sul medesimo piano delle
mitologie o simili, le quali sono frutto più di un’accesa fantasia che di quell’amore della verità e
della semplicità che risalta talmente nei Libri sacri, anche dall’Antico Testamento, da dovere
affermare che i nostri agiografi sono palesemente superiori agli antichi scrittori profani.» E
riguardo l’origine dell’uomo diceva: «Il peccato originale fu veramente commesso da Adamo,
individualmente e personalmente. I fedeli non possono abbracciare quell’opinione i cui assertori
insegnano che, dopo Adamo, sono esistiti qui sulla Terra veri uomini che non hanno avuto
origine, per generazione naturale, dal medesimo come da progenitore di tutti gli uomini oppure
che Adamo rappresenta l’insieme di molti progenitori.» Dall’altro lato, il Papa attaccava
l’evoluzionismo, scrivendo: «Alcuni, senza prudenza né discernimento, ammettono e fanno
valere per origine di tutte le cose il sistema evoluzionistico, pur non essendo esso
indiscutibilmente provato nel campo stesso delle scienze naturali.»
Piergiorgio Odifreddi ha messo in chiaro che «Pio XII non proibiva che l’evoluzionismo fosse
“oggetto di ricerca e di discussione”, ma pretendeva che “questo deve essere fatto in tale modo
che le ragioni delle due opinioni, la favorevole e la contraria, siano ponderate e giudicate con la
necessaria serietà, moderazione e misura e purché tutti siano pronti a sottostare al giudizio della
Chiesa” e si lamentava che, invece, “alcuni oltrepassano questa libertà di discussione, agendo
come se [la teoria dell’evoluzione] fosse già dimostrata con totale certezza”.»39 Evidentemente, il
Papa non sapeva (o fingeva di non sapere) che fin dal 1930, anno della pubblicazione del già
ricordato saggio La teoria genetica della selezione naturale, di Ronald Fisher, aveva preso l’avvio
37 In: Orientamenti (Imperium, 1950).38 Grazie ai suoi appelli alla creazione di una coalizione anticomunista e alla sua svolta moderata, nel 1952, il MSI ottenne la considerazione di papa Pio XII che, per scongiurare una vittoria del Fronte Democratico Popolare alle amministrative di Roma, spinse per un'alleanza elettorale tra DC e MSI, la cosiddetta “Operazione Sturzo”, destinata però al fallimento per volontà di De Gasperi.39 In: In principio era Darwin, la vita, il pensiero, il dibattito sull’evoluzionismo (Longanesi, 2009).
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la genetica evoluzionistica. Grazie a questo libro, l’intera comunità scientifica internazionale
aveva riconosciuto la validità della teoria di Darwin e aveva iniziato a formulare modelli
matematici, riuscendo finalmente a portare il problema evoluzionistico sul terreno
dell’osservazione e dell’esperimento. Si era giunti, quindi, sulla base della concezione darwiniana
e della genetica, alla “Teoria sintetica dell’evoluzione”.
Continua Odifreddi: «Quanto all’evoluzionismo, in fondo i titoli dei due capolavori di Darwin
possono essere tradotti in La genesi delle specie e La genesi dell’uomo e anche qui ci sono
assonanze generiche con la religione. Per esempio, il procedere della creazione dalle piante ai
pesci, agli animali di terraferma all’uomo. Ma sono molto meno importanti delle divergenze
specifiche: da “dettagli” come l’apparizione delle piante prima del Sole o degli uccelli prima dei
rettili, ad aspetti fondamentali quali i ripetuti interventi divini, l’emergenza istantanea e
indipendente delle varie specie e la divinità dell’uomo.»40 Infine: «Per quanto riguarda l’origine
dell’uomo, il Papa spingeva i fedeli a intendere la favola del Genesi in senso letterale e non
metaforico; posizione questa, incredibilmente, ribadita ancora oggi dal recente Catechismo
(Compendio, 7, 75)» (in: Perché non possiamo dirci cristiani e men che mai cattolici, Longanesi,
2007).
Mentre l’Italia arrancava per recuperare il gap culturale con le potenze occidentali vincitrici della
Seconda guerra mondiale, in queste ultime la valorizzazione della cultura scientifica era già in
atto. Ciò era stato reso possibile dalla serie di grandi successi conseguiti nel campo della
nuovissima branca della biologia, la biologia molecolare. Ricordiamo, per esempio, la scoperta
della struttura del DNA, effettuata dallo statunitense James Watson41 e dal britannico Francis Crick42, presso l’Università di Cambridge, nel 1953. Ricordiamo anche le due importanti scoperte
fatte nel 1957: la prima dallo stesso Crick, il quale ha proposto un possibile “dizionario” per il
codice genetico, basato su “parole” (codoni) di tre “lettere” (basi azotate), a ognuna delle quali
corrisponde un amminoacido; la seconda fatta dallo statunitense Marshall Nirenberg,43 il quale
ha dimostrato che il codice genetico del batterio Escherichia coli è il medesimo della rana e del
porcellino d’India: si tratta, cioè, di un codice universale e questo conferma la comune origine di
40 In: Perché non possiamo dirci cristiani e men che mai cattolici (Longanesi, 2007). 41 James Watson (1928-vivente) biologo statunitense. Nel 1949, quando era post-dottore presso l'Università di Cambridge, conobbe Francis Crick. Nel 1953, Watson e Crick pubblicarono il loro famoso lavoro sulla struttura del DNA che fruttò a entrambi il Premio Nobel per la medicina, nel 1962. 42 Francis Crick (1916-2004) fisico britannico. Nel 1949, a Cambridge conobbe James Watson. È stato uno dei più grandi biologi della storia. 43 Marshall Nirenberg (1927-2010), biologo statunitense. Nel 1959, assieme a Heinrich Matthaei, ha dimostrato che l'RNA trasmette i "messaggi" codificati nel DNA e organizza il modo in cui gli amminoacidi formano le proteine. In seguito all'abbandono del progetto da parte di Matthaei, Nirenberg, nel 1966, è riuscito da solo a decifrare tutti i codoni. Per questa scoperta ha avuto il Premio Nobel per la medicina, nel 1986.
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tutte le specie viventi già prevista da Darwin. Ricordiamo anche le due importanti scoperte fatte
nel 1958: la prima sempre da Crick e dal biologo sudafricano Sydney Brenner circa il “dogma centrale della biologia”, ovvero la scoperta che il flusso dell'informazione genetica nelle cellule
procede dal DNA all'RNA e dal RNA alle proteine (l’eccezione dei retrovirus sarebbe venuta in
seguito); la seconda fatta da Jaques Monod44 e François Jacob,45 entrambi dell’Istituto Pasteur
di Parigi, i quali hanno dimostrato che nell’Escherichia coli la produzione degli enzimi che
digeriscono il lattosio è regolata da molti geni, che costituiscono un circuito detto lac operon;
quindi, non è soltanto il linguaggio di programmazione della vita a essere universale, ma lo è
anche il suo sistema operativo, benché ogni organismo si differenzi per i suoi programmi
individuali. Nel 1961, sempre Crick ha scoperto che il codice genetico è “degenerato e triplice”:
infatti, se i codoni sono 64 e gli amminoacidi 20, è evidente che agli amminoacidi corrispondono
più codoni; per la precisione, solo all’amminoacido glicina corrisponde un codone, mentre a tutti
gli altri ne corrispondono almeno due, mentre a tre codoni non ne corrisponde nessuno (codoni di
stop). Tra il 1961 e il 1966, Nirenberg e il tedesco Heinrich Mattaei46 sono riusciti gradualmente
a determinare tutti i 64 codoni del codice genetico. Nel 1965, Jacques Monod, Jean-Pierre Changeux47 e lo statunitense Jeffries Wyman48 hanno scoperto che tra l’emoglobina dell’uomo
e quella dello scimpanzé esistono solo sei amminoacidi49 differenti su 141, nelle catene alfa, e
ventitré su 146, nelle catene beta.50 Adesso, finalmente si può capire come mai gli anticorpi
umani reagiscano fortemente con le proteine del sangue umano, coagulandolo, mentre non
reagiscono affatto con il sangue di altre specie animali, fatta eccezione per quello di scimpanzé,
che coagulano debolmente; d’altra parte, gli anticorpi che reagiscono fortemente con il sangue di
44 Jacques L. Monod (1910-1976 ) biologo francese. Ha scoperto il fenomeno della doppia crescita dei batteri fatti crescere con miscele differenti di zuccheri. Nel 1965, gli è stato dato il Premio Nobel per la medicina, per «le scoperte riguardanti il controllo genetico della sintesi di virus ed enzimi». Nel 1970, ha scritto il famoso saggio: Il caso e la necessità.45 François Jacob (1920-2013) biologo francese. Con la collaborazione di Jaques Monod e di André Lwoff, ha definito il modello dell'operone, grazie al quale tutti e tre hanno ricevuto il premio Nobel per la medicina, nel 1965.46 J. Heinrich Matthaei (1929-vivente) biochimico tedesco. Ha dato un eccezionale contributo alla risoluzione del codice genetico, nel 1961. È forse il caso più emblematico di premio Nobel mancato. 47 Jean-Pierre Changeux (1936-vivente) neuroscienziato e filosofo cognitivista francese. Nel saggio L’uomo neuronale, del 1983, ha scritto: “La separazione tra attività mentali e neuronali non si giustifica. Ormai, a che pro parlare di spirito? Ci sono soltanto due aspetti di un solo e identico evento, che si potranno descrivere con termini presi a prestito sia dal linguaggio dello psicologo (o dell’introspezione), sia da quello del neurobiologo”. 48 Jeffries Wyman (1901 - 1995) biologo statunitense. Ha insegnato biologia presso l’Università di Harvard. È stato membro della National Academy of Arts and Sciences. Ha fondato l’Organizzazione europea di biologia molecolare.49 Amminoacidi o pèptidi: sono i componenti delle proteine le quali, dunque, sono dei polipeptidi. 50 Alla costituzione dell’emoglobina degli adulti partecipano due catene polipeptidiche α, formate da 141 amminoacidi ciascuna, e due catene β, di 146 amminoacidi; tali polipeptidi sono legati in due dimeri α-β identici. Oltre a questa emoglobina, detta HbA, ne esiste una seconda, costituita da due catene α, uguali a quelle dell'HbA, e due catene γ, pure unite in due dimeri identici α-γ. Questa emoglobina prende il nome di “emoglobina fetale” o HbF. Esiste una terza emoglobina fisiologica, detta HbA₂, identificata nel 1955, formata da due catene α e due catene δ. Le catene γ e δ sono formate da 146 amminoacidi, come la catena β, dalla quale differiscono per la diversa sequenza amminoacidica.
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pollo reagiscono altrettanto bene con il sangue d’anatra. Si capisce anche perché un’importante
proteina respiratoria umana, detta citocromo-c, differisca da quella della scimmia Rhesus51 per
un solo amminoacido, mentre da quella del canguro per 10 amminoacidi, da quella del tonno per
21 amminoacidi e da quella del lievito di birra per 40 amminoacidi. E così via.
Grazie a questa e altre scoperte di biologia molecolare, è venuta fuori la moderna “sistematica filogenetica” o “sistematica cladistica”,52 che ha distrutto vecchie categorie sistematiche e ne
ha create di nuove, basandosi più sullo studio dei geni che su quello delle ossa e dei denti. Tutto
ciò merita un approfondimento. Sappiamo che ogni caratteristica anatomica deriva
dall’espressione di uno o più geni del DNA. Gli organismi ereditano dai loro progenitori i propri
geni e, dunque, le proprie caratteristiche fisiche. Le caratteristiche che si presentano simili in
organismi diversi, perché sono state ereditate da un comune progenitore, sono dette “omologie”,
mentre i loro geni si chiamano “geni omologhi”. Se animali diversi condividono una comune
omologia, ne deduciamo che essi hanno avuto un progenitore comune, il quale possedeva
anch’esso quell’omologia.
Per verificare le nostre ipotesi sui rapporti di parentela tra gli organismi, usiamo le omologie. Per
esempio, le pecore e i gabbiani hanno in comune un’omologia (la disposizione delle ossa negli
arti anteriori) che, invece, non è condivisa dai salmoni. Questo ci fa supporre che le pecore e i
gabbiani siano imparentati tra di loro più strettamente che con i salmoni. Se vogliamo studiare un
maggior numero di animali, dobbiamo trovare più omologie. Per esempio, se volessimo
aggiungere all’esempio precedente i pipistrelli, come potremmo fare? Sappiamo che nei pipistrelli
la disposizione delle ossa negli arti anteriori è la medesima che abbiamo visto nei gabbiani e
nelle pecore; ma con quale di essi esiste la parentela più stretta? Per deciderlo abbiamo bisogno
di trovare un’altra omologia che sia condivisa solo da due di questi animali. Le pecore e i
pipistrelli sono entrambi ricoperti di pelo, mentre i gabbiani no. Ne deduciamo che le pecore e i
pipistrelli sono più strettamente imparentati tra loro che con i gabbiani.
A volte, il riconoscimento delle omologie può essere difficile. Alcune strutture anatomiche si
presentano simili perché svolgono una funzione analoga e non perché sono state ereditate da
un progenitore comune. Eccovi due esempi. 1) Armadilli e testuggini sono entrambi protetti da
corazze, ma formate da strutture diverse: nella testuggine, le coste sono parte integrante della
51 Il genere Rhesus comprende scimmie che, insieme all’uomo, hanno una glicoproteina sulla superficie esterna dei globuli rossi, il famoso “fattore Rh”, che distingue i gruppi sanguigni umani in positivo (+) e negativo (-). 52 Cladistica viene da clade (dal greco “ramificazione”, termine inventato da Julian Huxley nel 1957), ovvero un gruppo di organismi che condividono un’omologia esclusiva, che era presente nel comune antenato. Qualsiasi gruppo che corrisponde alla definizione viene considerato monofiletico e forma un raggruppamento valido.
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corazza, mentre nell’armadillo sono completamente separate da questa. Le loro corazze,
pertanto, si sono evolute indipendentemente e non costituiscono un’omologia. 2) L’uomo è fornito
di gambe come la locusta, ma queste due strutture anatomiche sono completamente diverse.
Nell’uomo, i muscoli stanno attaccati all’esterno dello scheletro, mentre nelle locuste sono
attaccati all’interno dello scheletro. In entrambi i casi, queste somiglianze sono esempi di
“analogie” funzionali e non possono essere utilizzate per stabilire rapporti di parentela.
Noi partiamo dal presupposto che quanto maggiori sono le omologie tra due specie, tanto più
vicino nel tempo è vissuto il loro progenitore comune e, di conseguenza, tanto più stretti sono i
loro rapporti di parentela. Quegli organismi tra i quali vi è uno stretto rapporto di parentela hanno
in comune omologie che non sono condivise da nessun altro organismo, le cosiddette “omologie esclusive”. Per esempio, tutti i cetacei misticeti come la balenottera azzurra, le megattere, ecc.
hanno in comune i caratteristici “fanoni” nella bocca. Nessun altro animale condivide con essi
questa caratteristica: si tratta di un’omologia esclusiva dei cetacei misticeti. Il delfino ha una
forma simile a quella del salmone ed entrambi sono forniti di “pinne”, ma il delfino ha un maggior
numero di omologie in comune con lo scoiattolo, che non con il salmone. Perciò, è più semplice
ipotizzare che la forma affusolata del corpo si sia evoluta due volte, anziché ipotizzare che siano
state tutte le caratteristiche comuni al delfino e allo scoiattolo a evolversi due volte; quindi,
riteniamo che il delfino abbia rapporti di parentela più stretti con lo scoiattolo. Quando ci troviamo
di fronte a dati contrastanti, scegliamo sempre la spiegazione più semplice (“rasoio di Occam”)!
Possiamo rappresentare i rapporti di parentela tra gli organismi, costruendo un diagramma
ramificato a cui diamo il nome di “cladogramma”. In un cladogramma, possiamo facilmente
identificare i gruppi costituiti da tutti quegli organismi che condividono un progenitore comune.
Chiamiamo questi gruppi con il nome di: “cladi” o “ramificazioni” o “raggruppamenti validi”. Ma
non tutti i raggruppamenti familiari sono cladi. Per verificare se un raggruppamento è
effettivamente un clade, dobbiamo controllare se questi organismi hanno in comune
un’omologia, che non sia condivisa da nessun altro organismo, un’omologia esclusiva. I pesci,
per esempio, non hanno in comune nessuna omologia esclusiva, quindi questo gruppo non
include tutti i discendenti di un comune progenitore: in questo caso, non si tratta di un clade.
Invece, gli uccelli, i coccodrilli, le lucertole, i serpenti, lo sfenodonte, le testuggini e i mammiferi
hanno un’omologia comune a essi e a nessun altro animale, l’uovo amniotico, perciò formano un
clade. In tutti questi animali, l’embrione è avvolto in una membrana, l’amnios, che contiene del
liquido che impedisce la disidratazione dell’embrione. Tutti gli animali con un uovo amniotico
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sono detti “amnioti”. Se le uova vengono deposte nell’acqua di mare o dolce, non corrono certo il
rischio di disidratarsi, perciò non hanno l’amnios.
Noi partiamo dal presupposto che, se animali estinti e animali viventi hanno in comune delle
omologie che riguardano ossa e denti, con tutta probabilità ne hanno anche altre che riguardano
le parti molli del corpo. Per quanto riguarda i dinosauri, i fossili ci mostrano che essi deponevano
sul terreno uova rivestite da un guscio; tutti i vertebrati attuali che depongono uova sul terreno
hanno un amnios, perciò è probabile che anche i dinosauri lo avessero. Ittiosauri e plesiosauri
hanno in comune un certo numero di omologie con vari animali viventi forniti di amnios, quindi
supponiamo che anch’essi avessero l’amnios. Sono stati ritrovati dei fossili d’ittiosauro con dei
piccoli ancora all’interno del corpo della madre; quindi sappiamo che davano alla luce piccoli vivi.
Questa è un’ulteriore indizio che avevano un amnios. Gli scienziati sono tuttora alla ricerca di
nuovi elementi che permettano di stabilire quali siano i rapporti di parentela tra gli ittiosauri e i
plesiosauri con tutti gli altri amnioti.
Invece, sono stati definiti tre nuovi cladi. 1) Se confrontiamo il cranio dei dinosauri, degli
pterosauri e dei tecodonti con quello dei altri amnioti, ci accorgiamo che i primi tre avevano
un’omologia in comune con gli uccelli fossili e i coccodrilli fossili: un’apertura davanti alle orbite
oculari. Questa omologia è esclusiva degli uccelli, dei coccodrilli (gli uccelli e i coccodrilli viventi
non hanno tale apertura; si pensa che il loro progenitore comune l’avesse, ma che poi l’abbia
perduta), dei dinosauri, degli pterosauri e dei tecodonti e, quindi, noi pensiamo che essi abbiano
avuto un progenitore in comune non condiviso da nessun altro animale. Formano, perciò, un
clade che definiamo “arcosauri”. 2) All’interno dei dinosauri, poi, alcuni hanno un’omologia
esclusiva, cioè un osso pre-dentario nella mandibola. Nessun altro arcosauro ha questa
omologia, dunque questi dinosauri formano un clade detto “ornitischi”. 3) Tutti gli uccelli hanno
un’omologia esclusiva e cioè la presenza di penne sulla pelle; inoltre, la maggior parte di essi
hanno una seconda omologia esclusiva: un piccolo osso detto forcella, collegato allo sterno.
Queste due omologie sono esclusive degli uccelli e, quindi, riteniamo che essi formino un clade.
Non conosciamo, invece, nessuna omologia esclusiva in comune a dinosauri e uccelli viventi.
Achaeopteryx è l’uccello più antico che si conosca e risale a 150 milioni di anni fa. Sappiamo
che è un uccello perché, sulla base dei resti fossili, possiamo stabilire che aveva una forcella ed
era ricoperto di penne. Ma gli uccelli viventi hanno perso molte omologie comuni a tutti gli altri
arcosauri. Per esempio, non hanno unghie sulle dita né denti nella bocca né ossa nella coda. Si
pensa che abbiano perduto tali caratteristiche anatomiche, in quanto erano svantaggiose per
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volare. Essendosi evoluti indipendentemente dai dinosauri per milioni di anni, appare verosimile
che abbiano potuto disfarsi di molte caratteristiche che condividevano con i dinosauri.
È tempo di ritornare al nostro excursus storico. Negli anni Sessanta, i tempi erano ormai maturi
anche in Italia, sia per una Riforma della Scuola in senso democratico, sia per un profondo
rinnovamento della cultura, che ridesse al sapere scientifico-tecnologico l’importanza che gli
spetta. Nel 1964, l’epistemologo e matematico, nonché ex partigiano, Ludovico Geymonat,53
dell’Università statale di Milano, commentando il libro di Charles P. Snow Le due culture,
scriveva: «Non è il caso di sottolineare, tanto la cosa risulta evidente, che una riforma del
sistema educativo nel senso propugnato dallo Snow sia altrettanto urgente in Italia, quanto in
Inghilterra. Possiamo aggiungere che, per riuscire veramente efficace, essa richiede nel nostro
Paese un mutamento, forse, più radicale che in Inghilterra. E’ ben noto, infatti, che le nostre
Istituzioni scolastiche si reggono su una tradizione filosofica che da secoli afferma, sia pure con
notevoli varianti, l’assoluta separazione del “vero”sapere dal sapere tecnico-scientifico ed è, anzi,
giunta a sostenere (con l’idealismo crociano) che l’attività scientifica non fa parte in alcun modo
dell’attività conoscitiva.»
Gli anni Settanta hanno visto la nascita di un’importante variante della teoria di Darwin originaria,
ovvero la “teoria degli equilibri punteggiati”, proposta nel 197154 dai paleontologi statunitensi
Stephen J. Gould55 e Niles Eldredge.56 Darwin ipotizzava un'evoluzione graduale e lineare,
perché ai suoi tempi erano stati rinvenuti ancora pochissimi fossili. Questa “teoria gradualista” è
stata confermata da alcune specie fossili che, effettivamente, sembrano avere seguito
un’evoluzione lenta e costante nell’arco di lunghi periodi di tempo (per esempio, i cavalli).
Tuttavia, molte altre specie fossili compaiono improvvisamente in uno strato di roccia e si
mantengono essenzialmente immutate attraverso diversi strati, fino a scomparire altrettanto
improvvisamente. La spiegazione di Gould ed Eldredge è che, nei genomi degli individui della
53 Ludovico Geymonat (1908-1991) epistemologo e matematico italiano. Dal 1956 al 1978 ha tenuto presso l'Università statale di Milano la prima cattedra di Epistemologia istituita in Italia. Aveva uno stile di pensiero neopositivista, rielaborato in senso marxista. Il suo manuale di Storia della filosofia per i Licei è stato adottato in modo diffuso. Il brano in questione è tratto dalla recensione alla prima edizione italiana del saggio Le due culture, di Charles P. Snow.54 Per quanto le prime basi del modello sono state ipotizzate da Ernst Mayr, nel 1954, gli storici della scienza riconoscono nello scritto del 1971 il documento fondante questo nuovo indirizzo di ricerca paleontologica.55 Stephen Jay Gould (1941-2002) geologo e filosofo statunitense. Ha insegnato paleontologia presso l'Università di Harvard. Sosteneva l'importanza di altri meccanismi evolutivi rispetto alla selezione naturale darwiniana, ingiustamente trascurati fino ad allora. Come risultato, diversi non-specialisti arbitrariamente hanno dedotto che Gould avesse dimostrato che la teoria evolutiva di Darwin fosse sbagliata, cosa che Gould più volte ha smentito. Durante tutta la sua carriera e in tutti i suoi scritti, Gould ha combattuto la pseudoscienza al servizio del razzismo e del sessismo.56 Niles Eldredge (1943-vivente) antropologo e paleontologo statunitense. È il curatore del Dipartimento degli invertebrati, presso il Museo di Storia naturale di New York. Inoltre, è professore aggiunto della City University di New York. Negli ultimi due decenni, Eldredge ha sviluppato il proprio interesse per l'aspetto ecologico dell'evoluzione.
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specie data, si accumulano svariate micro-mutazioni, le quali restano silenziose finché un
cambiamento ambientale non le selezionerà come vantaggiose per la riproduzione dei singoli e
la sopravvivenza della specie; ma, a quel punto, quest’ultima sarà diversa da quella di partenza.
Questo è un meccanismo “saltatorio” molto diverso da quello di De Vries: qui restiamo
interamente all’interno della teoria darwiniana e perciò, con buona pace degli antidarwinisti, la
teoria degli equilibri punteggiati non rappresenta una contestazione del meccanismo della
selezione naturale, per stessa ammissione dei due autori Gould ed Eldredge e merita un
approfondimento.
Supponiamo che una specie sopravviva per 5.000.000 di anni, ma che la maggior parte delle
micro-mutazioni abbia luogo durante i primi 50.000 anni della sua esistenza. Un periodo di tempo
così breve potrebbe non lasciare traccia negli strati fossili, dando l’impressione che quella specie
sia apparsa improvvisamente e sia vissuta senza subire modificazioni significative fino al
momento della sua estinzione. Ma è, comunque, un periodo abbastanza lungo per consentire ai
normali meccanismi evolutivi (selezione naturale e deriva genetica) d’accumulare significative
differenze nell’insieme dei genomi di una popolazione, tali da innalzare una barriera riproduttiva e
portare alla nascita di una nuova specie. Questo è vero soprattutto quando la popolazione
interessata è di piccole dimensioni e si trova in un nuovo ambiente, geograficamente isolato
rispetto a quello in cui vive il resto della specie originaria (“speciazione allopatrica”). La
“speciazione per poliploidia”, che avviene nelle piante e anche in certi animali, è un altro
esempio di “rapida” origine delle specie. Infatti, in un’indagine effettuata su 84 gruppi di piante e
di animali, il tempo tra eventi di speciazione successivi è risultato in media di 6,5 milioni di anni e
raramente è stato inferiore a 0,5 milioni di anni. Ciò conferma che il modello gradualista
dell’evoluzione non è applicabile sempre. Ciò spiega gli scarsi ritrovamenti di “anelli di congiunzione” tra una specie e l'altra e smonta, così, un'altra classica critica dei creazionisti tra
cui, per esempio, il paleontologo Roberto Fondi, dell’Università di Siena, e il biologo Giuseppe
Sermonti, dell’Università di Perugia.
Giuseppe Sermonti (1925-2018) aveva un curriculum scientifico di tutto rispetto: laureato in
Scienze biologiche e in Scienze agrarie, ha insegnato Genetica all’Università di Camerino, poi a
quella di Palermo e infine a quella di Perugia, dove ha perfino diretto l’Istituto di Genetica dal
1974 al 1986. È diventato critico verso l’evoluzionismo solo nel 1976, dopo avere letto un articolo
del giornalista statunitense Tom Bethell (1936-vivente) intitolato Darwin’s mistake. Da allora
sostiene l’ipotesi “devolutiva”, secondo cui: «L'idea di uno sviluppo evolutivo graduale della
nostra specie da creature come l'australopiteco, attraverso il pitecantropo, il sinantropo e il
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neanderthaliano, deve essere considerata come totalmente priva di fondamento e va respinta
con decisione. L'uomo non è l'anello più recente di una lunga catena evolutiva ma, al contrario,
rappresenta un taxon che esiste sostanzialmente immutato almeno fin dagli albori dell'era
Quaternaria [...] Sul piano morfologico e anatomo-comparativo, il più "primitivo" - o meno evoluto
- fra tutti gli ominidi risulta essere proprio l'Uomo di tipo moderno!» Nel saggio dal titolo Dopo
l’uomo la scimmia, pubblicato nel 1988 sulla rivista Abstracta, dice «La teoria evoluzionistica fa
discendere l’uomo dalla scimmia, ha confinato nel regno delle favole l’antropologia biblica, che
vuole l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Eppure, i dati delle più recenti ricerche
della paleontologia e della biologia molecolare sembrano indicare la grande antichità dell’uomo e
il carattere secondario e derivato degli scimmioni africani. Riacquistano così significato le antiche
mitologie, nelle quali l’animalesco trae le sue origini dall’umano.» In un altro suo libro dal titolo
Dimenticare Darwin (Rusconi, 1999), l’autore sostiene che «il confine tra naturale e
soprannaturale è pura convenzione accademica» e che «la forma biologica ha origine da
elementi che prescindono dai geni e dalla selezione naturale.»
Il CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) è
un'organizzazione educativa senza fini di lucro, fondata nel 1989 dal noto giornalista scientifico
Piero Angela. Il CICAP ha rilevato in Sermonti un atteggiamento antiscientifico, sulla base di un
brano del libro di Sermonti dal titolo Dimenticare Darwin: «Ricordo una sera, mi aggiravo tra i
banchi dell'aula vuota e chiedevo a me stesso: -Perché insegno Genetica? Perché insegno la
Scienza? Insegno qualcosa a cui non credo, anzi insegno il contrario di ciò a cui credo. La
scienza non ci aiuta a conoscere la realtà, anzi si adopera a insegnarci che la realtà non conta,
valgono solo alcuni principi astratti che l'uomo della strada non può comprendere, non può
vivere. La scienza non si rende neppure utile. Essa riversa i suoi prodotti sulla società, crea
necessità artificiali che coincidono con ciò che essa sa produrre.» Inoltre, il CICAP contesta a
Sermonti diverse affermazioni errate sulla teoria dell'evoluzione: «Che, secondo la teoria
evoluzionistica, il DNA deve essere termodinamicamente isolato dall'ambiente; che le uniche
piante con stecchi e foglie sono le angiosperme; che nel periodo Cambriano sono apparsi tutti i
phyla animali, dai protozoi ai cordati; che non si conoscono forme fossili di transizione tra i
mammiferi terrestri e i cetacei (per citarne solo alcune).» Una critica che è stata mossa a
Sermonti è quella che il Devoluzionismo non fornisce alcuna spiegazione di come si sviluppino le
forme di vita più complesse, da cui quelle più semplici sarebbero derivate per devoluzione. In
questo senso, il devoluzionismo non può essere considerato un’alternativa all'evoluzionismo,
poiché non riesce a spiegare scientificamente l'attuale complessità biologica.
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Negli anni Ottanta, la ricerca di Gould ed Eldredge è andata avanti. Darwin, nel 1872,
rispondendo alle obiezioni dello zoologo George Mivart circa la presunta incapacità della
selezione naturale di render conto degli stadi incipienti di strutture naturali particolarmente
complesse, aveva coniato il neologismo pre-adaptation. Con esso egli aveva introdotto la
possibilità che, in natura, il rapporto fra organi e funzioni fosse potenzialmente ridondante, in
modo da permettere che un carattere anatomico, sviluppatosi per una certa ragione adattativa,
potesse essere convertito («cooptato») per svolgere una funzione anche del tutto indipendente
dalla precedente. Questa cooptazione funzionale, che integra e non sostituisce l’azione
d’implementazione graduale della selezione naturale, è stata rinominata da Stephen J. Gould ed
Elisabeth Vrba, nel 1982, come: exaptation. Essa indica che gli organismi, spesso, riadattano in
modo opportunista, come dei bricoleur, strutture anatomiche già a disposizione per funzioni
inedite. Il concetto di exaptation è, quindi, un caso di studio evoluzionistico particolarmente
interessante, perché evoca il rapporto fra strutture e funzioni, fra ottimizzazione e imperfezione in
natura, mettendo in discussione la visione “adattazionista”, a lungo prevalente nel Novecento.
Esso è, inoltre, il miglior antidoto contro gran parte delle argomentazioni creazioniste. Insomma,
«l’evoluzione è un gioco combinatorio ed exattativo in cui si insegnano sempre nuovi trucchi a
vecchi geni» (Francois Jacob).
Di fronte all’assalto della Sintesi neodarwinista, il vecchio creazionismo si è aggiornato nella
forma detta Intelligent design (Progetto intelligente). Precisamente, essa è nata negli USA, nel
1987, dopo che la Corte suprema aveva sentenziato che l’insegnamento del creazionismo nelle
scuole pubbliche è vietato, in quanto viola il principio costituzionale della separazione tra Stato e
Chiesa (il senso della laicità sta tutto qui). Da quel momento i creazionisti, ipocritamente, stanno
bene attenti a evitare di nominare Dio e lasciano i lettori liberi di pensare che il “Progettista
intelligente” o la “Mente ordinatrice superiore” possa essere perfino una forma di vita aliena …
Tuttavia, questi tentativi di dissimulazione vengono sempre facilmente smascherati.57 Per
esempio, nel 2005, a Harrysburg, in Pennsylvania, si è tenuto un processo per stabilire l’idoneità
di un testo scolastico, che veniva spacciato per scientifico, mentre invece era creazionista. La
spiegazione dell’evoluzione dell’organo di locomozione dei batteri (“flagello”), fornita in aula da
uno scienziato, oltre a un appello firmato da ben trentotto Premi Nobel, ha infine convinto il
57 Per esempio, nel 2005, a Harrysburg, in Pennsylvania, si è tenuto un processo per stabilire l’idoneità di un testo scolastico, che veniva spacciato per scientifico, mentre invece era creazionista. La spiegazione dell’evoluzione dell’organo di locomozione dei batteri (“flagello”), fornita in aula da uno scienziato, oltre a un appello firmato da ben trentotto Premi Nobel, ha infine convinto il giudice a sentenziare che “il progetto intelligente non è altro che la progenie del creazionismo” e a proibire, perciò, l’adozione di quel libro di testo nelle scuole pubbliche.
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giudice a sentenziare che “il progetto intelligente non è altro che la progenie del creazionismo” e
a proibire, perciò, l’adozione di quel libro di testo nelle scuole pubbliche.
Scrive a questo proposito Niles Eldredge, nel saggio dal titolo Alla scoperta dell’albero della
vita. Darwin 1809-2009 (Codice, 2009): «Il Progetto intelligente ha un po’ le caratteristiche di un
circolo vizioso. Da una parte, i creazionisti usano il mondo biologico come prova diretta della loro
tesi, secondo cui dietro le quinte vi è un Progettista intelligente; dall’altra, le loro idee, pur avendo
la pretesa d’essere scientifiche (o quanto meno d’avere un certo rigore intellettuale), sono
convenientemente non verificabili poiché, come quasi chiunque converrebbe, è impossibile fare
esperienza del soprannaturale usando le prove fornite dai sensi, come richiesto dalle regole
fondamentali della scienza. Se anche non si considerasse soprannaturale il Progettista
intelligente che esercita sulla natura una forza reale (diversa dalla selezione naturale), la prima
linea d’indagine dovrebbe senz’altro essere la completa dimostrazione dell’esistenza di questo
Progettista intelligente. I fautori del Progetto intelligente, però, non vogliono affrontare questo
percorso. Sostengono che la complessità biologica che osserviamo attorno a noi è una prova
sufficiente dell’esistenza e delle azioni di un Progettista intelligente. Ho, dunque, sviluppato un
nuovo e promettente metodo per verificare la parte essenziale del Progetto Intelligente. Sono
partito da due domande: 1) esiste qualche altro sistema caratterizzato da un progetto intelligente
di cui possiamo fare esperienza? 2) se i sistemi biologici fossero stati creati da un progettista
intelligente, che cosa potremmo prevedere riguardo al loro aspetto? La risposta alla prima
domanda è: certo che sì! Il computer che uso per scrivere queste parole non è che un esempio
dei tantissimi strumenti progettati dagli ominidi quanto meno negli ultimi 2,5 milioni di anni. La
risposta alla seconda domanda è meno banale. Se la storia dei sistemi progettati fosse molto
simile a quella dei sistemi biologici, allora potremmo affermare, procedendo nel modo scientifico,
che pur non avendo dimostrato l’esistenza di un progettista intelligente dietro ai sistemi biologici,
non siamo neanche riusciti a dimostrare la falsità dell’idea. D’altro canto, se i sistemi biologici e i
sistemi progettati fossero molto diversi tra loro, potremmo sostenere d’avere falsificato l’ipotesi
del Progetto intelligente per quanto concerne i sistemi biologici. (…) Per esplorare tali differenze,
ho sviluppato un database della storia delle “cornette a pistoni”, che sono strumenti musicali a
fiato, fatti in ottone, inventati nel 1825 e costruiti ancora oggi. L’intero database consiste di 17
variabili, che descrivono 1234 modelli di cornetta diversi. Il database ha esattamente la stesa
struttura di quelli che uso per gli organismi che studio (le trilobiti, un gruppo estinto di artropodi).
Confrontando i due diagrammi, si vede che nell’albero evolutivo il computer riesce a individuare
la specie più simile per ogni specie data, generando un insieme ordinato di diramazioni
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dicotomiche, che indicano lo schema delle parentele evolutive. Per quanto riguarda il diagramma
generato in base ai dati delle cornette a pistoni, ho considerato per semplicità solo 39 modelli
fondamentali e, nonostante questo, si vede chiaramente che il grado di risoluzione è molto
basso: dato un certo tipo di cornetta, non è semplice stabilire quale sia il modello più
strettamente “imparentato”. Questo è dovuto al fatto che il grado di “rimescolamento”, ossia di
permutazione e combinazione delle 17 caratteristiche diverse delle cornette, è quasi illimitato. Le
informazioni si possono trasmettere in direzione orizzontale tra modelli, nel senso che le
invenzioni si possono applicare retroattivamente a modelli vecchi. Nei sistemi biologici, invece,
non si trova nulla del genere, eccetto che nei batteri. Nell’evoluzione biologica, le strutture nuove
derivano dalle vecchie: per esempio, gli arti dei vertebrati derivano dalle pinne a paletta dei pesci
sarcotterigi, mentre le ali dei pipistrelli derivano dagli arti anteriori dei mammiferi di terra. (…) Ora
è tempo di smettere di prendere il creazionismo abbastanza sul serio da formalizzare confronti
tra sistemi biologici e culturali per verificare l’ipotesi del Progetto intelligente.»58
Arriviamo così agli anni Novanta. Il 22 ottobre 1996, papa Giovanni Paolo II ha detto alla
Pontifica Accademia delle Scienze quanto segue: «Circa mezzo secolo dopo la pubblicazione
della Humani generis, nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria
dell’evoluzione una mera ipotesi.» Ma subito dopo ha aggiunto: «Più che di teoria dell’evoluzione
conviene parlare di teorie dell’evoluzione», al plurale, e di esse quelle «che, in funzione delle
filosofie che le ispirano, considerano lo spirito come emergente dalle forze della materia viva o
come un semplice epifenomeno di questa materia, sono incompatibili con la verità dell'uomo.
Esse sono, inoltre, incapaci di fondare la dignità dell'uomo.»
Anche a papa Giovanni Paolo II, come già a papa Pio XII, ha risposto Piergiorgio Odifreddi, nel
saggio dal titolo Perché non possiamo essere cristiani e men che mai cattolici (Longanesi, 2007),
dicendo: «L'arroccamento sulla divinità dell'uomo si scontra con l'evidenza della sua animalità,
accumulatasi dalla pubblicazione dell'Origine dell'uomo da parte di Charles Darwin, nel 1871, fino
alla scoperta dell'universalità del codice genetico da parte di Marshall Nirenberg, nel 1966.» E ha
aggiunto: «In fondo, l’attaccamento alla favola della creazione dell’uomo a immagine di Dio non è
più razionale di quello della favola della nascita dell’arcobaleno come suggello di un patto
postdiluviano. La seconda è una bella immagine poetica, ma una brutta stupidaggine scientifica,
perché l’arcobaleno è un fenomeno che si può facilmente spiegare con le leggi dell’ottica. Perché
mai non dovrebbe esserlo anche la prima, che oggi si può analogamente spiegare, benché più
difficilmente, con le leggi della biologia? Ma, soprattutto, perché mai dovremmo continuare a
58 In: Alla scoperta dell’albero della vita. Darwin 1809-2009 (Codice, 2009).
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lasciarci somministrare superficiali e primitivi miti religiosi fin da bambini, invece di cominciare fin
da subito a essere esposti a divulgazioni delle loro profonde e moderne verità scientifiche? Come
lo stesso Darwin ebbe a dire nella sua Autobiografia, in una frase che la moglie Emma censurò
nella prima edizione del 1887: “Non dobbiamo trascurare la probabilità che il costante inculcare
la credenza in Dio nelle menti dei bambini possa produrre un effetto così forte e duraturo sui loro
cervelli non ancora completamente sviluppati, da diventare per loro tanto difficile sbarazzarsene
quanto per una scimmia disfarsi della sua istintiva paura o ripugnanza del serpente”.» 59
Dunque, i credenti escludono fermamente che lo spirito possa essere una semplice proprietà
emergente dalla materia inanimata e accusano gli atei di non dimostrare il meccanismo con cui la
vita e il pensiero cosciente emergerebbero dalla materia inanimata. D’altra parte, i non credenti
sostengono che la vita e il pensiero cosciente sono proprietà emergenti dalla materia
sufficientemente complessa (una singola molecola non è viva, ma miliardi di molecole
interconnesse formano la cellula vivente; un singolo neurone non pensa, ma miliardi di neuroni
interconnessi pensano) e accusano i credenti di non dimostrare l’esistenza dello “spirito”, prima
di basare su di esso immaginarie divisioni nel Regno animale.
Tra coloro che negano l’evoluzione dell’uomo da antenati primati oggi estinti c’è il fisico
Antonino Zichichi, dell'Università di Bologna. La validità delle sue obiezioni è stata però
fortemente criticata nel merito dagli specialisti della materia, dato che Zichichi non ha
assolutamente nessuna formazione scientifica pertinente, non provenendo da nessun percorso di
tipo biologico, biomolecolare, naturalistico o paleontologico, e dato che evidenzia elementari
carenze conoscitive. Egli, da perfetto cattolico, nel saggio dal titolo Perché credo in Colui che ha
fatto il mondo (Il Saggiatore, 1999), scrive: «[...] La cultura dominante ha posto il tema della
specie umana sul piedistallo di una grande verità scientifica in contrasto totale con la Fede. [...]
Arrivati all'Homo Sapiens Neaderthalensis (centomila anni fa), con un cervello di volume
superiore al nostro, la Teoria dell'Evoluzione Biologica della specie umana ci dice che,
quarantamila anni fa circa, l'Homo Sapiens Neaderthalensis si estingue in modo inspiegabile. E
compare infine, in modo altrettanto inspiegabile, ventimila anni fa circa, l'Homo Sapiens Sapiens.
Cioè noi. Una teoria con anelli mancanti, sviluppi miracolosi, inspiegabili estinzioni, improvvise
scomparse non è Scienza galileiana.»
Zichichi, dunque, critica non solo una parte fondamentale della teoria di Darwin, ma anche la
stessa struttura scientifica di tale teoria. Al contempo dimostra d’ignorare, sia la sequenza fossile
degli ominidi antecedente alla comparsa di H. sapiens e H. neandertalensis (quest'ultimo non è
59 In: Perché non possiamo essere cristiani e men che mai cattolici (Longanesi, 2007).
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nemmeno antenato diretto di H. sapiens), sia le datazioni dei ritrovamenti paleontologici, le quali
concordano nel confermare la contemporanea presenza sulla Terra di entrambe le specie, per un
certo lasso di tempo, nonché la precedente differenziazione di H. sapiens, 200 000 anni fa.
Questa sua ignoranza giustifica gli aggettivi "miracolosi ... inspiegabili ... improvvisi" che usa al
riguardo della questione.
Comunque, continua: «Come può un'applicazione, ancora tanto imperfetta e lacunosa,
dell'elettromagnetismo -quale è la teoria dell'evoluzione umana- pretendere di negare l'esistenza
di Dio? Eppure l'uomo della strada è convinto che Charles R. Darwin abbia dimostrato la nostra
diretta discendenza dalle scimmie: per la cultura dominante non credere alla teoria
Evoluzionistica della specie umana è un atto di grave oscurantismo, paragonabile a ostinarsi nel
credere che sia il Sole a girare intorno, con la Terra ferma al centro del mondo. È vero l'esatto
contrario.»
Qui Zichichi nega esplicitamente la validità e la solidità dell'evoluzionismo, che si fonderebbe, a
suo dire, soltanto sull'opinione generale dell'uomo comune.
Zichichi continua dicendo: «Gli oscurantisti sono coloro che pretendono di fare assurgere al
rango di verità scientifica una teoria priva di una pur elementare struttura matematica e senza
alcuna prova sperimentale di stampo galileiano.»
A Zichichi ha riposto Piergiorgio Odifreddi, nel saggio dal titolo In principio era Darwin
(Longanesi, 2009), dicendo: «Tra le tante critiche che le sono state rivolte, nel secolo e mezzo
che ci separa dall’Origine delle specie, questa è veramente una delle più disinformate.
L’equazione matematica dell’evoluzionismo esiste da un secolo esatto, visto che fu trovata nel
1908 da Godfrey Hardy e indipendentemente da Wilhelm Weinberg, da cui il nome di “Legge di Hardy-Weinberg” con cui è (o dovrebbe essere) conosciuta.» Questa legge descrive, senza
spiegare, il fatto che in una popolazione ideale le frequenze di tutti gli alleli presenti si mantiene
costante nel tempo, il che significa che non c’è evoluzione; invece, nelle popolazioni reali la
frequenza degli alleli cambia nel tempo, perciò c’è evoluzione. A questo bisogna pure aggiungere
l’analisi matematica condotta da quello che Richard Dawkins ha definito “il più grande biologo
dopo Darwin”, ovvero Ronald Fisher. Nel 1918, egli ha dimostrato matematicamente che i
caratteri genetici (argomento di forte interesse per il Neodarwinismo) seguono le regole indicate
da Mendel e che si distribuiscono secondo una curva di Gauss. Fisher è stato tra i primi a
comprendere l'importanza del campionamento casuale per poter generalizzare i risultati, in
opposizione ai campionamenti fatti secondo criteri vari di opportunità. Nel 1925, Fisher ha
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perfezionato il metodo ideato da William S. Gosset (alias Student) per confrontare due medie,
ideando il test "t di Student" attualmente usato, e introducendo il concetto di “gradi di libertà”.
Importante sua innovazione è stata la cosiddetta “analisi della varianza”, ma sarebbe stato un
suo allievo (George W. Snedecor) a utilizzare una distribuzione diversa da quella gaussiana,
introducendo la variabile casuale F di Snedecor (dove la F è in onore al maestro Fisher). Con “Il
progetto degli esperimenti”, del 1935, Fisher ha introdotto la regola che gli esperimenti devono
essere programmati, prima d’essere effettuati, affinché i test statistici possano avere una loro
validità. In questo ambito, egli ha coniato i concetti di: “Ipotesi nulla” (H0) e “ipotesi sperimentale”
(H1). Fisher ha affermato (e si tratta di una grande novità in ambito del metodo scientifico) che
nessuna ricerca sperimentale può dimostrare l'ipotesi sperimentale, ma solo "accettare" o
"respingere" l'ipotesi nulla; comunque, effettuare tanti esperimenti in cui si rigetta l'ipotesi nulla
aumenta la credibilità che l'ipotesi sperimentale sia vera.
Tornando a Zichichi, egli proseguiva dicendo: «Sappiamo con certezza che l'evoluzione biologica
della specie umana è ferma da almeno diecimila anni (dall'alba della civiltà), [...] momento dal
quale siamo in grado di studiare con certezza le proprietà di questa forma di materia vivente
detta uomo. Durante diecimila anni questa forma di materia vivente è rimasta esattamente
identica a sé stessa. Evoluzione biologica: zero.»
Zichichi, pur facendo spesso riferimento alla matematica, trascura le dimensioni temporali della
storia dell'Universo e della vita sulla Terra (peraltro, spesso datate con metodi fisici basati sul
decadimento radioattivo). Oltre al fatto che l'affermazione sui "10.000 anni" è inesatta, in quanto
la specie H. sapiens è presente sulla Terra da circa 200.000 anni, 10.000 anni sono una quantità
di tempo del tutto irrilevante su scala geologica e dunque evoluzionistica, perciò la mancanza
d’evoluzione apparente in questo lasso di tempo è un’eventualità niente affatto in contraddizione
con la moderna teoria dell'evoluzione, secondo la quale le trasformazioni si possono verificare
con velocità variabile, ma sempre su tempi geologici dell'ordine di centinaia di migliaia di anni.
La fede cattolica di Zichichi è dichiarata essere secondaria rispetto alla critica scientifica, come
egli stesso afferma: «La mia linea è questa: dov'è l'equazione dell'evoluzione della specie
umana? Non esiste. Non ci sono né esperimenti riconducibili né una componente matematica di
rigore dell'evoluzionismo biologico. E questi sono i caratteri che caratterizzano la scienza, che
deve prevedere e non post-prevedere.»
Fa eco a Zichichi il teologo gesuita francese Gustave Martelet, dell’Università Gregoriana di
Roma, il quale nel saggio dal titolo Evoluzione e creazione: dall’origine del cosmo all’origine
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dell’uomo (Jaca book, 1998), sottolinea il “salto ontologico” tra Homo sapiens e gli ominidi
preistorici: «L’esitazione, che fu dapprima di Pivetau (1973) e che certi studiosi di preistoria (L. A.
Shepartz e altri, 1993) non hanno superato, merita che vi si soffermi. Non solo ha trovato molto
recentemente una nuova eco (B. Wood, Nature, 23/1/1997), ma si congiunge con un’opinione
fondata su solidissimi argomenti, secondo la quale la pebble culture non sarebbe assolutamente
l’indizio incontestabile dell’inizio dell’umano.»60
Ma i “solidissimi” argomenti di Martelet si sono dimostrati tutt’altro che tali. Infatti, nel 2009,
Thomas Plummer, della City University of New York, e Richard Potts, dello Smithsonian
Institution Museum of Natural History, «hanno analizzato sia il terreno, sia i resti fossili della
fauna pliocenica presente nel sito keniano di Kanjera South, risalente a circa 2 milioni di anni fa e
incontrovertibilmente associato alla cultura litica olduvaiana (e quindi a H. abilis). (…) A questo
quadro, già da tempo consolidato, si può aggiungere ora un nuovo elemento: H. abilis era
particolarmente flessibile nella scelta dell’ambiente dove vivere. (…) Questa flessibilità è un
importante differenza rispetto ad altri gruppi di ominini61 come le australopitecine e ha
probabilmente giocato un ruolo notevole nel successo del genere umano.»62
(https://pikaia.eu/author/michelutto/)
Come se ciò non bastasse, esiste anche la prova scientifica che la capacità di parlare è nata
contemporaneamente a quella di scheggiare i ciottoli. Infatti, due ricercatori dell’Università di
Liverpool, l’archeologa Natalie Thaïs-Uomini e lo psicologo Georg F. Meyer, «hanno testato
l’attività cerebrale in un campione di dieci uomini scheggiatori esperti, mentre compivano un test
standard sul linguaggio e scheggiavano nello stesso momento degli strumenti in selce, la tipica
pietra usata nel Paleolitico. Il parametro valutato era l’attività del flusso sanguigno cerebrale,
misurata tramite un esame diagnostico applicato comunemente in ambito ospedaliero per
analizzare le funzioni linguistiche dei pazienti che subiscono danni cerebrali: il
functional Transcranial Doppler (fTCD). Entrambe le attività svolte (test sul linguaggio e
produzione di strumenti) determinavano un pattern cerebrale molto simile, segno che entrambe
coinvolgevano le medesime aree cerebrali.»63 (http://pikaia.eu/quando-e-nato-il-linguaggio/)
Capitolo 6: L’evoluzionismo negli anni Duemila
60 In: Evoluzione e creazione: dall’origine del cosmo all’origine dell’uomo (Jaca book, 1998).61 La Famiglia sistematica degli Ominidi si è allargata includendo anche: gorilla, scimpanzé e oranghi, a causa della loro vicinanza evolutiva con l’uomo. In passato, questi animali erano classificati nella Famiglia dei Pongidi, ma le recenti analisi genetiche hanno permesso di scoprire che gorilla e scimpanzé hanno molto più in comune con l’uomo che con gli oranghi. Il termine “ominini” si riferisce, dunque, al nome della Tribù comparsa nella nuova classificazione sistematica.62 https://pikaia.eu/author/michelutto/ 63 http://pikaia.eu/quando-e-nato-il-linguaggio/
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Dunque, i religiosi escludono fermamente che lo spirito possa essere una semplice proprietà
emergente dalla materia inanimata e accusano gli atei di non dimostrare il meccanismo con cui la
vita e il pensiero cosciente emergerebbero dalla materia inanimata. D’altra parte, gli atei
sostengono che la vita e il pensiero cosciente sono proprietà emergenti dalla materia, quando
essa raggiunge un sufficiente grado di complessità (una singola molecola non è viva, ma miliardi
di molecole interconnesse formano la cellula vivente; un singolo neurone non pensa, ma miliardi
di neuroni interconnessi pensano) e accusano i religiosi di non dimostrare l’esistenza dello
“spirito”, prima di basare su di esso immaginarie divisioni nel Regno animale. Scrive Niles
Eldredge nel saggio dal titolo Alla scoperta dell’albero della vita: Darwin 1809-2009 (Codice,
2009): «Nonostante tutte queste prove e tutte queste previsioni che continuano a confermare
l’evoluzione, il creazionismo è di nuovo in ascesa, associato a una tendenza al conservatorismo
politico e religioso, che è evidente in molte società giudaico-cristiane e islamiche. Oggi, perfino
l’Italia, dove da tempo il secolarismo conviveva con la Chiesa cattolica senza grossi problemi, ha
avuto i suoi antievoluzionisti nelle file dei responsabili delle politiche di governo. Ed è frequente
che al posto del termine tecnico “evoluzione” s’invochi il nome di Darwin: è molto più facile
organizzare la resistenza contro una persona, che simboleggia l’opera del demonio, piuttosto che
descrivere e confutare una teoria scientifica.»64
A confermare la tesi di Eldredge si riportano alcuni casi di antievoluzionismo, realmente accaduti
nei primi anni duemila.
I) Il primo caso di antievoluzionismo risale al 24 ottobre 2002, quando per la prima volta nella
storia italiana una scuola pubblica (il liceo scientifico Vittorini di Milano) ha permesso ad alcuni
studenti appartenenti all'associazione di destra “Alleanza studentesca”, tra cui Fabrizio Fratus,65
d’organizzare una conferenza antievoluzionista, dal titolo: “Evoluzione-creazione, confronto tra
due modelli per spiegare l’origine della vita sul nostro pianeta”. Innanzitutto, risulta difficile capire
come potesse farsi un confronto quando sul palco non è stato invitato nessun esponente
dell’evoluzionismo, ma soltanto tre del creazionismo e cioè: Fernando De Angelis, insegnante di
Scienze alle scuole secondarie di secondo grado, Mihail Georgiev, biologo e medico, e Ronald
Nalin, geologo creazionista e membro della Chiesa avventista. In sostanza, i tre relatori spiegano
64 In: Alla scoperta dell’albero della vita: Darwin 1809-2009 (Codice, 2009)65 Fabrizio Fratus, dopo essersi diplomato al liceo Vittorini, si è laureato in Sociologia ed è diventato portaborse della parlamentare Daniela Santanché, nonché coordinatore del blog Il Talebano, politicamente vicino alla Lega. Fratus cita tra i suoi simpatizzanti: Marion Le Pen, Massimo Fini e Diego Fusaro. Inoltre, è a capo di un “Comitato antievoluzionista”, che spinge per rimuovere dai libri di testo scolastici la teoria darwiniana dell’evoluzione.
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agli studenti che la teoria dell’evoluzione per selezione naturale, cioè il darwinismo, “non può
essere considerata una verità scientifica, ma solo una rispettabile ipotesi su basi
fondamentalmente filosofiche”. Inoltre, fanno notare che “questa teoria è superata nel mondo
accademico anche evoluzionista”. Le precise parole di Georgiev sono le seguenti: «Se il
darwinismo manca di un punto d'inizio e non fornisce prova alcuna della trasformazione di una
specie in un’altra, perché non vagliare l’ipotesi di un Dio creatore? In fondo, non ci sono prove
scientifiche che possano dimostrare la non esistenza di una divinità creatrice. Dunque, perché
escludere a priori lo studio della teoria creazionista dai testi scientifici adottati a scuola? Infine,
con uno spirito d'autentico pluralismo culturale, è corretto sapere che credere in un Dio creatore
non è affatto antiscientifico.»
II) Il secondo caso di antievoluzionismo risale al 22 novembre 2002, quando il dottor Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale Padre Pio, a San Giovanni Rotondo (FG),
nonché presidente del “Comitato scienza e vita”,66 ha rilasciato al quotidiano Il Tempo la
seguente dichiarazione: «Credo nella creazione divina, anche se come genetista accetto il
processo dell’evoluzione, che è del tutto fondato. Credo che con il progredire della Scienza
diventerà sempre più possibile migliorare le nostre conoscenze, ma sono convinto che qualche
anello mancante resterà sempre. Detto altrimenti, rimarrà quell’aspetto magico che ci spinge ad
amare la vita. Forse, sono un po’ troppo poeta, ma penso che il caso non possa compiere cose
tanto meravigliose come quelle che vediamo ogni giorno. Credo, invece, in un disegno
ordinatore.»
66 Nel 2004, il movimento politico dei Radicali Italiani ha depositato in Corte di Cassazione quattro Referendum abrogativi ma, anche grazie all’attiva propaganda avversa del Comitato scienza e vita, ha votato solo il 25,9 % degli aventi diritto. Perciò, non è stato raggiunto il quorum necessario ad abrogare la Legge 40, che resta tuttora in vigore.
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III) Il terzo caso di antievoluzionismo risale al febbraio 2003, quando per la prima volta un
Comune italiano (sempre Milano) ha concesso il suo patrocinio a un convegno dichiaratamente
contro Darwin, dal titolo: “Evoluzionismo: una favola per le scuole”. 67 Non desterà meraviglia
apprendere che tra i partecipanti c’erano quasi esclusivamente esponenti della Destra; inoltre,
dal tono delle loro dichiarazioni si capisce bene che la manifestazione non era scientifica, quanto
piuttosto politica. Così, per esempio, un anziano senatore di AN ha detto: «La teoria di Darwin è
funzionale all’egemonia della Sinistra; è nata quando in Europa dominava la cultura del
positivismo, che è l’anticamera del marxismo.» L’allora vicepresidente della Provincia di Milano,
anch’egli di AN, ha detto: «Il problema è solo uno e riguarda la concezione della vita umana: se
noi veniamo da un’ameba o da un pesce, l’etica non ha motivo d’esistere.» E ancora: «E' meglio
rintracciare le proprie radici in Romolo e Giove, piuttosto che in quelle proposte dagli
evoluzionisti, che strisciano per terra, in quanto vermi.» Una consigliera comunale d’allora, di FI,
ha detto: «Sarebbe meglio ispirarsi all’America, dove il creazionismo viene insegnato nelle
scuole.»
67 Comunque, almeno un effetto positivo il convegno l’ha ottenuto: ha stimolato l’organizzazione dei Darwin’s Day. Si tratta di un appuntamento annuale, nel giorno del compleanno di Darwin (12 febbraio). Questa giornata di riflessione è un’occasione per difendere l’impresa scientifica, attraverso i valori del razionalismo e della laicità. Oggi, sono poche le città e le scuole italiane che non celebrano Darwin e l’evoluzione, con conferenze, seminari di studio, dibattiti, spettacoli teatrali, mostre e moltissime altre attività; per ricordare che la ragione e la Scienza hanno consentito conoscenze altrimenti irraggiungibili.
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IV) Il quarto caso di antievoluzionismo è stato probabilmente il più grave, in quanto ha coinvolto
direttamente il MIUR (Ministero Istruzione-Università-Ricerca). Risale al 18 febbraio 2004,
quando il ministro Letizia Moratti, avendo come consulenti ministeriali Zichichi e Dallapiccola, ha
cercato d'abolire l'insegnamento del darwinismo dai programmi della Scuola dell'obbligo. Il
genetista Luigi Luca Cavalli-Sforza,68 professore emerito all'Università Stanford, di San
Francisco, ha commentato la notizia sul Sole 24 Ore in questo modo: « Per quanto mi riguarda,
sono convinto che è impossibile capire la biologia senza l'evoluzione. Io ho passato la mia vita a
far ricerche sull'argomento, nonché molti anni a scrivere con mio figlio Francesco un libro di
Scienze in quattro volumi per le scuole medie, ora pubblicato da Edimond, in cui si dà il rilievo
giusto e necessario a questa "degradazione" (così la definisce il professore Giuseppe Bertagna,69 dell'editrice La Scuola di Brescia, a cui la Moratti si è rivolta per riscrivere i
programmi di Scienze della Scuola primaria).» Di fronte a una reazione popolare guidata dai due
scienziati premi Nobel per la medicina, Renato Dulbecco e Rita Levi-Montalcini, la ministra ha
cercato di rimediare e ha perciò istituito una Commissione tecnica di cui facevano parte proprio
Rita Levi-Montalcini e Renato Dulbecco. Il parere (non vincolante) della Commissione è stato il
seguente: «Il mancato apprendimento della teoria dell’evoluzione rappresenta per i ragazzi di 13-
14 anni una grave limitazione culturale e una rinuncia a svilupparne la curiosità scientifica e
l’apertura mentale.» Così, il 17 ottobre 2005, la Moratti ha emanato un secondo Decreto
legislativo con cui reintroduceva lo studio del darwinismo nella Scuola, ma solo a partire dalla
terza media.
68 Luigi L. Cavalli-Sforza (1922 - 2018) genetista e microbiologo italiano. Ha insegnato presso l'Università di Parma e poi all’Università di Stanford, a San Francisco. È stato il primo a combinare la demografia con le analisi dei gruppi sanguigni, ritrovando così nell'attuale patrimonio genetico dell'uomo i segni lasciati dai grandi movimenti migratori del passato e delle società multietniche. Utilizzando i precedenti modelli degli alberi evolutivi, ha notato che le due maggiori superfamiglie proposte dai linguisti, l'eurasiatica e la nostratica, corrispondevano ai rami principali dell'albero.69 L’antievoluzionista Giuseppe Bertagna è stato uno dei protagonisti delle varie Commissioni nazionali per la riforma del sistema d’istruzione e di formazione, varate dai vari governi italiani dal 1986 in avanti. Nel governo Berlusconi II, ha presieduto il gruppo di lavoro che ha fornito le basi pedagogiche, culturali e ordinamentali della Riforma Moratti e ha curato i documenti pedagogici e normativi che l’hanno accompagnata.
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V) Il quinto caso di antievoluzionismo risale al pomeriggio del 1° settembre 2006, quando papa
Benedetto XVI, negli atti della conferenza su Creazione ed evoluzione, tenutasi a Castel
Gandolfo, ha scritto: «La teoria dell’evoluzione, in gran parte, non è dimostrabile
sperimentalmente in modo tanto facile, perché non possiamo introdurre in laboratorio 10.000
generazioni.» Però, della serie non c’è più sordo di chi non vuol sentire, proprio la mattina di quel
medesimo giorno, in quel medesimo luogo, Peter Schuster, presidente dell’Accademia delle
Scienze austriaca, aveva detto in presenza del Papa quanto segue: «Richard Lensky,70
dell’Università del Michigan, nell’anno 1988 ha iniziato un esperimento che continua ancor oggi
con batteri della specie Escherichia coli, che egli lascia evolvere in condizioni costanti. A
tutt’oggi, egli ha isolato e analizzato circa 40.000 generazioni.»
VI) Il sesto caso di antievoluzionismo risale al 20 dicembre 2010 e riguarda ancora i batteri. Sul
quotidiano online Il Sussidiario, che fa riferimento a CL, tale Andrea Bartelloni ha scritto
l’articolo dal titolo: “Complessità: la nuova sfida della scienza moderna”, in cui recensiva il libro di
un raro biologo antievoluzionista per motivi religiosi, Umberto Fasol, dirigente scolastico del
liceo privato cattolico “Alle stimmate” di Verona. Per dimostrare l’ignoranza biologica
dell’articolista cattolico, basta riportare il suo seguente ragionamento: «C’era proprio bisogno di
un altro volume sull’evoluzione e l’evoluzionismo? Non ne sappiamo già abbastanza? No!
Qualche settimana fa, sull’inserto domenicale de Il Sole 24 Ore, un illustre collaboratore
(Riccardo Saporiti)71 invitava i medici a riflettere sulla prova dell’evoluzione data dai batteri che
diventano resistenti agli antibiotici. Ora, basta poco per comprendere che i batteri acquisiscono
una resistenza, ma batteri rimangono; più aggressivi, ma sempre batteri. Altro che prova
dell’evoluzione!» L’articolo continuava elogiando il libro di Fasol con queste parole: «La
semplicità è, in questo caso, sinonimo di chiarezza. Non troverete le frasi fumose,
incomprensibili, che fanno molto “scienziato”, ma lasciano senza risposta le domande
fondamentali e poi, quando non ci sono risposte, si lascia aperto il campo alla ricerca e
all’approfondimento scientifico che verrà. Non è vero che è tutto chiaro e dimostrato
scientificamente e Fasol riporta alla realtà dei fatti, che è complessità sia dell’informazione che
delle finalità.»
70 Richard E. Lenski (1956-vivente) biologo evoluzionista statunitense. Insegna presso la Michigan State University. È membro della National Academy of Sciences e della American Phylosophical Society. Lenski è anche noto per il suo lavoro pionieristico nello studio digitale dell'evoluzione, usando simulazioni auto-replicanti chiamati Avida.71 Riccardo Saporiti (1981-vivente) giornalista italiano. Collabora con La Provincia di Varese, per la quale si occupa di politica, cronaca bianca e spettacoli. Collabora con il quotidiano online Repubblica degli Stagisti, dedicata al passaggio dall’Università al mondo del lavoro. Collabora con il quotidiano online Articolo36, che racconta il mondo del lavoro, per la quale cura la rubrica Startupper, dedicata alle start-up.
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VII) Il settimo caso di antievoluzionismo risale al 31 agosto 2011, quando Il Corriere della sera
ha pubblicato un articolo del filosofo Emanuele Severino, dell’Università “Ca’ Foscari” di
Venezia, in cui si leggeva quanto segue: «Si aggiunga che la Scienza intende fondarsi
sull’osservazione. Ma la gran questione è che la realtà, che per la Scienza esisterebbe
egualmente anche se l’uomo non esistesse (l’uomo, dice la Scienza, compare soltanto a un certo
punto dello sviluppo dell’Universo), è per definizione ciò che non è osservato dall’uomo, ciò di cui
l’uomo non fa esperienza. Ciò significa che non può esserci esperienza umana di ciò che esiste,
quando l’umano non esiste. Quindi, l’affermazione che la realtà è indipendente dall’uomo finisce
anch’essa con l’essere una semplice fede, o quella forma di fede che è anche il grado più alto di
probabilità.»
VIII) L’ottavo caso di antievoluzionismo risale al 4 maggio 2019. Vittorio Feltri, direttore del
quotidiano Libero, vicino alla Lega, ha scritto una recensione positiva di un libro del genetista
antievoluzionista Giuseppe Sermonti, intitolato Una scienza senz'anima (Lindau, 2008). Così ha
scritto Feltri: «Giuseppe Sermonti è scomparso pochi mesi fa, a novant'anni suonati. È stato uno
dei più insigni biologi italiani. (…) Certo, le tesi del professore eretico impressionano per la forza
argomentativa e la passione con cui denuncia il dominio post-moderno di questa religione
totalitaria degli algoritmi, che ci ha privato del gusto della scoperta, riducendo qualsiasi ente alle
sue componenti chimico-fisiche, a una somma di geni, a una catena di eventi casuali, studiati
secondo un metodo che ha rinnegato la bellezza. Ho detto eretico. Sbaglio. È la cupola degli
scienziati ad aver scelto l'apostasia dalla vera “scienza con l'anima”. Da quando maturò questa
certezza, Sermonti, con una penna folgorante, si batte per recuperare la scienza alla sua vera
natura, che non ha per compito l'efficienza, ma lo stupore dinanzi ai segreti che disvela, senza
pretesa d’impossessarsene.»72 (https://www.liberoquotidiano.it/news/opinioni/13458585/vittorio-
feltri-giuseppe-sermonti-scienza-anima-fallimento.html?
fbclid=IwAR28sG22_IsWQgPpUaLESWZ8OQAxnp_6SO_N3iWVw70k-wSs1dU-GoE-4uM/)
Cap. 7: Risposte alle obiezioni
72 In: https://www.liberoquotidiano.it/news/opinioni/13458585/vittorio-feltri-giuseppe-sermonti-scienza-anima-fallimento.html?fbclid=IwAR28sG22_IsWQgPpUaLESWZ8OQAxnp_6SO_N3iWVw70k-wSs1dU-GoE-4uM/
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I) Se gli insegnanti di Scienze del liceo Vittorini fossero intervenuti in aula, avrebbero certamente
avuto facili argomenti per confutare quelle critiche creazioniste trite e ritrite. Per esempio, la
prima obiezione («La teoria dell’evoluzione per selezione naturale non può essere considerata
una verità scientifica, ma solo una rispettabile ipotesi su basi fondamentalmente filosofiche»)
crolla non appena si conosce la differenza tra teoria scientifica e teoria filosofica e cioè che solo
la prima riesce a fare previsioni verificabili. Lasciamo la parola a Niles Eldredge: «Quando
affronto i creazionisti (mossi, che lo ammettano o meno, da un’ispirazione religiosa e politica più
che scientifica o comunque intellettuale) metto in particolare rilievo tre previsioni, che emergono
dalla semplice idea di evoluzione: 1) Se, in effetti, tutta la vita ha avuto origine da un unico
antenato comune, è ragionevole prevedere che ne sia rimasta traccia, qualcosa di comune a tutti
gli organismi attuali, trasmesso ed ereditato. Darwin non poteva sapere che cosa fosse quel
“qualcosa”, ma noi oggi lo sappiamo: sono le macromolecole di DNA e RNA ereditarie. 2) La
storia della vita dovrebbe procedere dal semplice al complesso e nella documentazione fossile
dovrebbe essere conservata questa sequenza. Come previsto, i fossili più antichi sono batteri e
hanno 3,5 miliardi di anni, l’età dei più antichi sedimenti in cui si sono potuti conservare
microfossili. Il passo successivo, che si predirebbe dall’albero della vita, sarebbe l’evoluzione di
una struttura cellulare complessa: gli eucarioti monocellulari. In effetti, i più vecchi tra di essi
hanno circa 2,3 miliardi di anni; quindi, i batteri furono le uniche forme di vita per più di un
miliardo di anni. Successivamente, comparvero le forme più semplici di vita animale, all’incirca
650 milioni di anni fa. Le forme più complesse di vita animale comparvero più tardi, in quella che i
creazionisti amano brandire come prova della simultanea creazione di tutta la vita: l’esplosione
cambriana. Ed è proprio vero che tutte le forme più complesse di vita animale (artropodi,
molluschi, anellidi, brachiopodi, echinodermi e cordati) sembrano comparire grossomodo allo
stesso tempo. Ma non è affatto “tutta la vita”. (…) L’esplosione cambriana, in altre parole, non è
di grande sostegno per la tesi della creazione simultanea di tutti gli organismi, data la comparsa
sequenziale dei batteri, dei microbi eucarioti e di semplici animali come le spugne e alcuni parenti
dei coralli, tutti separati da un miliardo di anni o più. 3) La documentazione fossile dovrebbe
rivelare una progressione di ominidi da individui più simili alle scimmie antropomorfe e con un
cervello più piccolo ad altre specie con un cervello più grande, bipedi e capaci di costruire
utensili, fino ad arrivare a noi; inoltre, i dati genetici dovrebbero rivelare una parentela tra gli
esseri umani e le scimmie antropomorfe più stretta di quella che ci lega a qualsiasi altra forma di
vita. Entrambe le predizioni sono state abbondantemente verificate. Darwin arrivò subito a
concludere che gli esseri umani si sono necessariamente evoluti insieme a tutte le altre forme di
vita. In seguito, concluse che le nostre somiglianze sono più strette con le scimmie antropomorfe
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africane e, quindi, predisse che l’Africa si sarebbe rivelata la culla dell’evoluzione umana; ciò è
stato ampiamente dimostrato dalla profusione di ominidi fossili, raccolti in Africa negli ultimi
cinquant’anni. Ma, ai tempi di Darwin, i fossili umani erano pressoché sconosciuti a parte l’uomo
di Neanderthal, per non parlare delle somiglianze genetiche tra gli esseri umani e le scimmie
antropomorfe. (…) Analoghe considerazioni valgono anche per le prove genetiche: come si può
respingere l’ovvia implicazione del fatto straordinario che fra i geni dello scimpanzé e quelli degli
esseri umani la differenza è inferiore al 2 percento? Comunque, i geni diversi non sono sufficienti
a rendere conto delle differenze tra noi e loro: secondo la migliore ipotesi recente, la questione
riguarda i tempi d’attivazione e disattivazione, nel corso dello sviluppo embrionale e infantile, dei
geni effettivamente in comune, piuttosto che la differenza genetica di per sé trascurabile.
Insomma, non c’è modo d’aggirare l’ostacolo: tutte le prove ci inseriscono senza dubbio nelle file
delle scimmie antropomorfe, che sono primati, che sono mammiferi, che sono animali, che sono
eucarioti, che sono parte di tutta la vita. È quello che ci aspetterebbe se ci fossimo evoluti. È
quello che osserviamo. Ci siamo evoluti. Non vi è alcun dubbio. Darwin aveva ragione!»
La seconda obiezione («questa ipotesi è superata nel mondo accademico anche evoluzionista»)
crolla quando si chiarisce che cosa s'intende per “superata”. Per esempio, nel 1916, la teoria
della gravitazione universale di Isaac Newton, che non considerava la reale natura della luce, è
stata superata dalla teoria della relatività generale di Albert Einstein, che l’ha inglobata dentro di
sé, facendone un caso particolare, che funziona benissimo quando non siano trattate velocità
prossime a quella della luce. Analogamente, nel 1930, la teoria evoluzionistica di Charles Darwin,
che non considerava la reale natura genetica dei caratteri ereditari, è stata superata dalla
moderna “Sintesi neodarwinista” di Ronald Fisher, che l’ha inglobata dentro di sé, facendone un
caso particolare, che funziona benissimo quando non siano trattate mutazioni genetiche, ma ci si
limiti all’analisi dei caratteri anatomici delle specie viventi ed estinte.
La terza obiezione («se il darwinismo manca di un punto d'inizio e non fornisce prova alcuna
della trasformazione di una specie in un’altra, perché non vagliare l’ipotesi di un Dio creatore?»)
crolla grazie al lavoro di Sangeet Lamichhaney, dell’Università di Harvard, in collaborazione con
Peter e Rosemary Grant, dell’Università di Princeton. Essi hanno documentato, infatti, la nascita
di una nuova specie di fringuello sulle isole Galapagos, nata dall’incrocio di due fringuelli di
specie diverse e diventata incapace di riprodursi con le linee pure parentali. La cosa
sorprendente, che sfuggiva allo stesso Darwin, è che anziché volerci milioni di anni ne bastano in
realtà pochissimi affinché possano nascere nuove specie.
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La quarta obiezione («In fondo, non ci sono prove scientifiche che possano dimostrare la non
esistenza di una divinità creatrice. Dunque, perché escludere a priori lo studio della teoria
creazionista dai testi scientifici adottati a scuola?») crolla non appena si pensa che l’assenza di
una prova non è la prova di un’assenza: cioè se manca ogni prova della non esistenza di Dio, ciò
non prova la sua esistenza. Inoltre, l’onere della prova spetta a chi afferma, non a chi nega,
perché nella scienza non ci sono pregiudizi di sorta: se l’intelligent design pretende d’essere
insegnato nelle ore di scienze, assieme all’evoluzionismo, allora deve accettare le regole imposte
dalla scienza e dimostrare tutto ciò che afferma. Inoltre, se l’intelligent design fosse
malauguratamente adottato anche in Italia, il libro di testo scolastico statunitense Explore
evolution diventerebbe, presumibilmente, il modello dei libri di testo italiani. Edito dal Discovery
Institute, la principale istituzione creazionista statunitense, il libro spiega l’evoluzione in diversi
capitoli, ognuno dei quali riporta prima la posizione degli scienziati, poi la replica dei creazionisti
e, infine, uno spazio per la discussione. Questo approccio può sembrare corretto a molti giovani
studenti, ma il biochimico e giornalista scientifico John Timmer, dell’Università Columbia di New
York, non la pensa così e dice: «Il metodo del libro è quello del divide et impera. Mettendo in
discussione le certezze dell’evoluzionismo, diventa possibile convincere alcuni studenti che
esiste un approccio teorico alternativo, magari migliore, quale l’intelligent design, appunto.» Sulla
medesima linea di pensiero è anche l’importante paleontologo Kevin Padian, dell’Università
Berkley di Los Angeles: «Il libro rende le persone stupide e ignoranti, confonde in maniera inutile
il lettore con cose che sono ormai ampiamente accettate dalla Scienza, sulle quali non ci sono
controversie, cose che risalgono al ‘700, sulle quali si è sviluppato nel corso dei secoli un solido
corpo di conoscenze scientifiche a opera di persone di diverse fedi e nazionalità.»
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La quinta obiezione («Infine, con uno spirito d'autentico pluralismo culturale, è corretto sapere
che credere in un Dio creatore non è affatto antiscientifico.») è stata smentita clamorosamente
dal Consiglio d’Europa, con la sua Risoluzione 1580 del 4 ottobre 2007 dal titolo: “Pericoli del
creazionismo nell’istruzione”. Ecco che cosa c’è scritto: «C’è un rischio reale di seria confusione
nell'introdurre nelle menti dei nostri ragazzi ciò che ha a che fare con credenze, convinzioni e
ideali, insieme ad argomenti che riguardano la conoscenza scientifica. Il principio che “tutte le
cose sono uguali” può sembrare allettante e democratico, ma nei fatti è pericoloso dal punto di
vista intellettuale. (…) Il Consiglio d’Europa è consapevole dell’importanza dell’insegnamento
delle tradizioni e delle religioni. In nome della libertà d'espressione e del credo individuale, le idee
creazioniste e le altre opinioni teologiche possono essere valide come complementi
dell’educazione culturale e religiosa, ma non possono pretendere alcuna rispettabilità
scientifica.»
II) Lasciamo che a controbattere alla fallacia del ragionamento di Dallapiccola sia Richard Dawkins: «Le possibili soluzioni dell'enigma dell'improbabilità non sono, come viene
maliziosamente lasciato credere, il disegno ordinatore e il caso, bensì il disegno ordinatore e la
selezione naturale. Quest’ultima non è solo una soluzione economica, plausibile ed elegante, ma
è anche l'unica alternativa concreta al caso che sia mai stata formulata. (…) Essa è un processo
cumulativo, che scompone il problema in piccole parti, ciascuna delle quali è leggermente, ma
non totalmente, improbabile. Quando innumerevoli eventi leggermente improbabili si accumulano
uno dietro l'altro, il prodotto finale è molto, molto improbabile; così improbabile da non potersi
essere verificato per caso. È di questi prodotti finali che parlano tanto i creazionisti, portando
sempre gli stessi triti argomenti. Il fatto è che essi non colgono il punto e si ostinano a trattare la
genesi dell'improbabilità statistica come un evento unico e straordinario. Essi presumono che
l'adattamento biologico sia una questione “tutto o niente”. Non capiscono il potere
dell'accumulazione. Sta proprio qui il loro errore. Un altro nome dell'errore “tutto o niente” è
“complessità irriducibile”: l'occhio vede o non vede, le ali volano o non volano, ecc. (…) I
creazionisti hanno ragione a dire che, se si potesse dimostrare in modo convincente una
complessità irriducibile, la teoria di Darwin cadrebbe a pezzi. Darwin stesso disse: “Se si potesse
dimostrare l'esistenza di un qualsiasi organo complesso che non sia potuto essere formato
attraverso modificazioni numerose, successive e lievi, la mia teoria crollerebbe immediatamente.
Ma, non riesco a trovare alcun caso simile”. Darwin non riuscì a trovarlo e non c'è riuscito nessun
altro, finora.»
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III) Per rispondere all’anziano senatore di AN («La teoria di Darwin è funzionale all’egemonia
della Sinistra; è nata quando in Europa dominava la cultura del positivismo, che è l’anticamera
del marxismo»), basta dire che Darwin rifiutò l’invito di Karl Marx ed Frederick Engels a scrivere
la prefazione al Capitale. Furono semmai Karl Marx e Herbert Spencer, non Darwin, a cadere in
quel grossolano errore chiamato “darwinismo sociale”, che consisteva nel trasferire di sana
pianta nella società umana le idee darwiniste di “lotta per l’esistenza” e “sopravvivenza del più
adatto”, pensate originariamente per gli animali. Inoltre, del darwinismo sociale si sarebbe servita
non solo la dittatura socialista in Unione Sovietica, ma anche la dittatura nazista in Germania
(nostra alleata durante la Seconda guerra mondiale), per giustificare la propria brutalità con la
scusa che in natura funzionerebbe così. Inoltre, bisognerebbe sapere che, dopo la sconfitta del
nazi-fascismo, il Neodarwinismo ha riconosciuto nella cooperazione una causa dell’evoluzione
delle specie, importante almeno tanto quanto la competizione. A questo proposito, la biologa
Lynn Margulis, dell’Università del Massachusset, ha dimostrato che da un’antichissima e intima
collaborazione (“endosimbiosi”) tra una cellula eucariota e una procariota (mitocondrio) si sono
originate tutte le attuali cellule animali e fungine, mentre quelle vegetali si sono originate quando
si è messa a collaborare una seconda cellula procariota (cloroplasto). Si parla, perciò, di: “Teoria
endosimbiontica”. Inoltre, la zoologa Adriana Giangrande, dell’Università di Lecce, scrive a
proposito dei rapporti mutualistici : «Lungo tutta la storia evolutiva della Terra, la cooperazione
tra piccole unità ha portato alla comparsa di strutture più complesse, come nel caso della
pluricellularità, in cui le singole cellule dei tessuti devono rinunciare alla loro moltiplicazione
individuale per il buon funzionamento dell’organismo. In questo caso, la cooperazione risulta
fondamentale per l’evoluzione, al pari della competizione.»
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Riguardo alla prima affermazione dell’ex vicepresidente della provincia di Milano («Il problema è
solo uno e riguarda la concezione della vita umana: se noi veniamo da un’ameba o da un pesce,
l’etica non ha motivo d’esistere») sfugge, francamente, il nesso tra etica e Scienze naturali:
ammesso (e non concesso) che l’ameba sia stata il nostro inizio, non si capisce il motivo per cui
l’umanità non dovrebbe agire eticamente a partire dalla conoscenza delle proprie origini
biologiche. Per rispondere alla seconda inelegante affermazione del nostro, bisogna ricordarsi
che egli non è in possesso di alcuna formazione di tipo scientifico, ma semmai di una di tipo
giuridico. Perciò è ovvio che non sappia che, per ironia della sorte, è stato proprio un verme, il
nematode Caenorhabditis elegans (lui sì che è davvero elegante!), a fornire il perfetto modello di
laboratorio al dottor Sydney Brenner per studiare l’importante fenomeno del “suicidio cellulare programmato” (o apoptosi), facendogli vincere il Premio Nobel per la medicina, nel 2002. Il
sequenziamento completo del genoma di C. elegans e di alcuni organismi superiori, uomo
compreso, ha permesso a Brenner di verificare che i geni responsabili dell'apoptosi sono del tutto
omologhi, dimostrando così un’origine filogenetica comune tra l’uomo e i nematodi. Perciò, con
buona pace dell’ex vicepresidente della provincia di Milano, non sono soltanto gli evoluzionisti a
ricercare le proprie origini nei vermi, ma tutta l’umanità nel suo complesso.
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Per rispondere all’ex consigliera comunale di Milano («sarebbe meglio ispirarsi all’America, dove
il creazionismo viene insegnato nelle scuole»), in primo luogo bisogna precisare che l’Intelligent
design non viene affatto insegnato nelle scuole pubbliche di tutti gli USA (ammesso che per
“America” s’intendessero gli USA), ma solo in quelle degli Stati più razzisti in assoluto
(Tennessee, Louisiana e, in parte, Texas), mentre in altri Stati si può insegnarlo solo nelle scuole
private cristiane e, infine, in altri (New York, California, ecc.) non si può affatto insegnarlo. In
secondo luogo, visto che l’Italia si trova in Europa e non in Nord America, anziché imitare gli USA
in ciò che hanno di peggiore sarebbe meglio dare ascolto al Consiglio d’Europa, che si
preoccupa della salvaguardia dei valori fondanti della civiltà occidentale. Esso, con la risoluzione
n° 1580/2007 dal titolo: The dangers of creationism in education (I pericoli del creazionismo nell’educazione), ha suggerito ai Paesi membri, tra cui l’Italia, d'introdurre nei programmi
scolastici di Scienze l’insegnamento dell’evoluzionismo e d'escludere rigorosamente ogni tipo di
riferimento a teorie creazioniste. Questo perché il Consiglio d’Europa si dichiara «preoccupato»
per la possibilità che si inducano i ragazzi a credere che «convinzioni, credenze e ideali di
qualsiasi tipo abbiano a che fare con la Scienza» e sottolinea che l’evoluzionismo è «una teoria
scientifica fondamentale per i curricula scolastici.» Infine, conclude dicendo: «La guerra alla
teoria dell’evoluzione e ai suoi sostenitori ha origine, spesso, in forme d’estremismo religioso che
sono strettamente legate ai movimenti politici d’estrema Destra. I movimenti creazionisti hanno
un vero potere politico. Alcuni sostenitori del creazionismo integralista sono pronti a sostituire la
democrazia con la teocrazia.»
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IV) Questa soluzione ministeriale è sembrata insoddisfacente a molti intellettuali di Sinistra. Per
esempio, Odifreddi ha commentato così: «Purtroppo, certe posizioni ideologiche sono una
realtà, per quanto surreale, e il libro dal titolo In difesa di Darwin: piccolo bestiario
dell'antievoluzionismo all'italiana, di Telmo Pievani, mostra come l'attentato ministeriale faccia
parte di un più ampio progetto, che benché (o perché) non molto intelligente, riceve consensi da
parte degli ambienti più conservatori del nostro Paese.» È sulla stessa linea di pensiero Telmo Pievani: «La spiegazione darwiniana richiede un considerevole impegno cognitivo, in quanto non
è intuitiva. Dall’altro lato, tuttavia, evidenze scientifiche altrettanto corroborate (Vittorio Girotto et
al., Nati per credere, ed. Codice, 2010) attestano che un’educazione scientifica avanzata e
coinvolgente, purché precoce (scuola primaria e perfino materna), può dare risultati straordinari
d’apprendimento, incidendo in modo significativo sul modo più consapevole e maturo con cui gli
studenti delle classi successive e gli adulti affronteranno i temi evoluzionistici e, più in generale,
scientifici. Questa evidenza smentisce definitivamente la teoria assurda secondo cui solo ragazzi
di una certa età, magari dopo la Scuola dell’obbligo, potrebbero imparare la teoria
dell’evoluzione, un’idea difesa una decina d’anni fa dagli ineffabili pedagogisti e filosofi che
avevano consigliato il ministro dell’Istruzione d’allora di rimuovere Darwin dai programmi delle
scuole, perché nei primi anni di formazione è meglio raccontare ai bambini miti e favolette e poi
perché di “teorie dell’evoluzione” ce ne son tante, sono tutte semplicemente ipotesi ed è meglio
parlarne più avanti. Per inciso: da allora si sono alternati governi di diverso colore, ma il buon
vecchio Charles nei programmi scolastici delle ex scuole medie non è mai più ritornato.»
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In occasione della mostra dal titolo Darwin: 1809-2009, tenutasi a Milano dal 4 giugno al 25
ottobre 2009, Letizia Moratti, stavolta in qualità non più di ministro ma di sindaco di Milano
(2006-2011), ha avuto per Darwin parole d’elogio tali da lasciare sbalorditi: «Charles Darwin è
uno dei simboli della sete di conoscenza dell’uomo. Nel bicentenario della nascita, Milano rende
omaggio al grande naturalista, alla sua capacità d’interrogare se stesso e gli altri sul mistero della
vita, alla sua personalità d’innovatore del metodo scientifico. (…) La rassegna coglie anche il lato
umano della figura di Darwin, la sua personalità, le sue abitudini. Il racconto di una vita
avventurosa e affascinante, coronata dal celebre viaggio attorno al mondo sulle tracce della vita,
delle sue origini, dei suoi misteri. (…) La figura di Darwin ci interroga ancora. La mostra è un
viaggio nell’universo affascinante del suo pensiero, ma anche delle sue esplorazioni, infaticabili e
avventurose. Milano risponde con la sua voglia di scienza, di cultura, di scambio internazionale.
E con l’entusiasmo di sempre.» A quanto pare, l’assenza della nefasta influenza di certi
consiglieri antievoluzionisti ha portato a un totale ribaltamento delle idee della sig.ra Moratti su
Darwin. Non possiamo che esserne felici.
Capendo quanto fosse dannoso per i bambini delle scuole primarie privarli di ogni nozione
d’evoluzionismo, l’UAAR (Unione Atei e Agnostici Razionalisti) ha approfittato del cambio di
governo (Prodi II, 17/5/2006 - 8/5/2008) e ha rivolto un appello al successore della Moratti, il
ministro Giuseppe Fioroni, del PD, essendo «interessata a sapere quali provvedimenti il
ministero abbia adottato o abbia intenzione d'adottare per ottemperare alle indicazioni che
provengono dal Consiglio d’Europa.» Ma il ministro, da bravo cattolico tutto d’un pezzo, non si è
neanche degnato di rispondere all’UAAR. Invece, ha subito risposto alla Santa Sede, come
riporta il quotidiano E Polis Roma del 20 ottobre 2006. Alla domanda: «Giovanni Paolo II prima e
Benedetto XVI adesso chiedono che lo Stato sostenga maggiormente le scuole private. Da
ministro e da cattolico che cosa ne pensa?» Fioroni ha risposto così: «Stiamo già sostenendo la
Scuola paritaria cattolica, ripristinando le risorse, nonostante le difficoltà dei conti pubblici dopo i
tagli enormi, di oltre un terzo, operati dal precedente esecutivo, che hanno tolto loro 167 milioni di
euro. Così stiamo dando una risposta nel senso richiesto dalle sollecitazioni del Santo Padre.» E
da dove sono stati stornati questi soldi da dare alle scuole private cattoliche? Ovviamente dalla
Ricerca scientifica, alla quale sono stati tagliati 150 milioni, come denunciato dal ministro Mussi.
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V) L’esperimento di Richard Lenski è importante perché dimostra sperimentalmente che gli
organismi possono sviluppare mutazioni dopo un elevatissimo numero di generazioni (33.127,
per la precisione), cioè che essi sono soggetti a eventi a bassissima probabilità. Ora, questo è
precisamente il genere di cose che i creazionisti sostengono che non possano mai accadere in
natura, senza l’intervento divino. Tre giorni dopo che Lensky aveva pubblicato i suoi risultati sulla
rivista PNAS, il sito Conservapedia (il nome è già un programma) ha pubblicato un attacco alla
sua ricerca, in cui si intimava a Lensky di rendere pubblici i protocolli e i dati dell’esperimento e di
specificare come questi supportassero le conclusioni annunciate. Lensky ha dapprima risposto
educatamente, invitando i critici a leggere il saggio originale e consultare il sito dell’esperimento,
invece di limitarsi a citare un articolo di giornale che riportava la notizia di seconda mano. Ma,
quando il sito ha insistito imperterrito, egli ha smascherato la pretesa dei fondamentalisti religiosi
d’immaginare che ogniqualvolta i dati scientifici supportano conclusioni contrarie ai loro
pregiudizi, allora si debba per forza essere di fronte a un errore o a una frode. Come ogni
scienziato che si rispetti, Lensky è pronto a fornire a ogni altro scienziato che si rispetti non solo
esemplari dei batteri originari che si nutrono di glucosio, ma anche di quelli mutati che si nutrono
di citrato. Ai fondamentalisti religiosi, invece, consiglia d’accontentarsi dei batteri Escherichia coli
che ciascuno di essi ha nel proprio intestino: da essi potrebbero imparare che, essendo essi
miliardi e riproducendosi più volte ogni giorno, subiscono una mutazione ogni miliardo di
riproduzioni e, perciò, più o meno tutte le mutazioni avvengono ogni giorno, comprese quelle
estremamente improbabili. Vogliamo davvero pensare che Dio si abbassi a sprecare miracoli nei
nostri intestini?
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VI) Già dalle prime parole si può ben capire che l’articolista cattolico avrà studiato biologia da
ragazzo, all’oratorio, tra una preghiera e una partita al calcetto … Infatti, solo chi non sospetta
nemmeno l’esistenza della genetica batterica basata sui plasmidi può uscirsene con commenti
ridicoli di quel tipo. Anche in questo caso, l’articolista cattolico ignorava completamente che la
cosiddetta “complessità irriducibile” è un’invenzione dei creazionisti, secondo i quali è
impossibile che un organo complesso (l’occhio umano, per esempio) si sia formato per
miglioramenti graduali e successivi, in quanto non avrebbe funzionato finché non fosse stato
completo com’è adesso. Essi ignorano che la natura è piena di esempi di occhi che occupano
tutti i gradini possibili della scala della complessità: dalla macula visiva delle meduse, alla
fotocamera a spillo del mollusco Nautilus, all’occhio composto degli artropodi, all’occhio dei
mammiferi. E ognuno di questi “occhi” è perfettamente idoneo allo stile di vita, o meglio alla
nicchia ecologica, dell’organismo in cui è presente. La prova è che, se così non fosse,
l’organismo non avrebbe avuto tale organo oppure si sarebbe estinto e oggi sarebbe un fossile.
Lo si legge anche sulla rivista Focus: «Anche se molti animali hanno occhi simili ai nostri, oggi
sappiamo che il nostro modo di vedere è unico in natura, condiviso solamente dalle scimmie
antropomorfe e poche altre specie. Ogni specie si è, infatti, evoluta sviluppando le caratteristiche
visive più adatte al proprio habitat e stile di vita. Non si può dire che vedano meglio o peggio:
vedono nel modo migliore per loro. Le talpe, per esempio, che sono mammiferi dell’Ordine
Insettivori, vedono bene da vicino e nel buio più completo delle loro tane; i cani, che sono
mammiferi dell’Ordine Carnivori, non riconoscono i colori, ma vedono bene nella penombra e al
crepuscolo. Gli Uccelli rapaci hanno un punto centrale dell'occhio, detto fòvea, che funziona
come un teleobiettivo e ingrandisce particolari di ciò che vede. La funzione d'ingrandimento dal
fatto che nella fòvea le cellule della visione sono molto concentrate. Se nell'uomo vi sono circa
200.000 coni per millimetro quadrato, nella fòvea dell'aquila ve ne sono 1 milione e questo fa sì
che l'immagine percepita dall'occhio del rapace abbia una parte centrale ingrandita di 2,5 volte e
ad altissima definizione. Le mosche e gli insetti in genere, che sono animali del Phylum
Artropodi, con i loro occhi “composti” non distinguono chiaramente le forme, ma vedono un
numero maggiore di immagini fisse al secondo (200 contro le 18 dell'uomo): per questo motivo,
un movimento, che a noi appare rapido, per una mosca è composto da singole immagini fisse. Il
sistema visivo degli insetti è, dunque, l’ideale per sopravvivere alle insidie dei predatori, uomini
con scacciamosche compresi, o per catturare al volo le prede. Diversi animali, inoltre, hanno
occhi sensibili alla luce ultravioletta: è il caso di alcune farfalle, che grazie a questa caratteristica
riconoscono i maschi dalle femmine, e delle api, che così vengono attratte dai fiori in cui alcune
strutture si vedono solo agli ultravioletti. Altri animali, per esempio i serpenti, sono sensibili alla
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luce infrarossa, per cui possono vedere le prede a sangue caldo, grazie a recettori termici posti
sotto gli occhi e che il loro cervello associa alla visione oculare.»
VII) Emanuele Severino, insomma, continua a commettere la medesima fallacia logica di
Gentile, quella di confondere la tesi epistemologica con quella ontologica, quasi come se il tempo
si fosse fermato agli anni Trenta...
VIII) Affermazioni come queste di Vittorio Feltri sono molto gravi. Sostenere che il vero compito
della Scienza non è l’efficienza, ma lo stupore, significa esattamente mettere una pietra tombale
sullo spirito scientifico. Fin da quando i primi filosofi della natura greci iniziarono a ragionare sulla
reale natura delle cose, hanno respinto le pseudo-spiegazioni teologiche, fornite dai sacerdoti e
dai grandi poeti come Omero ed Esiodo, e hanno usato la forza della pura ragione, laicamente e
liberamente, per trovare le cause dei fenomeni naturali dentro la Natura stessa; esattamente
come avrebbe ripetuto, secoli più tardi, Galileo Galilei, nel suo metodo scientifico. Quando Feltri
ha definito Sermonti “uno dei più insigni biologi italiani”, voglio augurarmi che non sapesse che
stava elogiando uno che ha affermato cose di questo tipo: «La teoria evoluzionista, che fa
discendere l’uomo dalla scimmia, ha confinato nel regno delle favole l’antropologia biblica, che
vuole l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Eppure, i dati delle più recenti ricerche
della paleontologia e della biologia molecolare sembrano indicare la grande antichità dell’uomo e
il carattere secondario e derivato degli scimmioni africani. Riacquistano, così, significato le
antiche mitologie, nelle quali l’animalesco trae le sue origini dall’umano.» O che: «Il confine tra il
naturale e il soprannaturale è pura convenzione accademica» e che «la forma biologica ha
origine da elementi che prescindono dai geni e dalla selezione naturale.» Feltri dovrebbe
vergognarsi d’avere elogiato così tanto Giuseppe Sermonti, perché così facendo ha tentato di
seppellire il vero spirito scientifico, cioè quella forma mentis investigativa degli scienziati che li
spinge a ricercare le leggi della natura. Probabilmente, egli vorrebbe vederli trasformati tutti in
bambini o poeti o sciocchi, che rimangono stupefatti e a bocca aperta di fronte allo spettacolo
della natura. Ricordiamo che la testata di Feltri ha negato in più occasioni anche il problema del
riscaldamento climatico globale, asserendo invece che la temperatura della Terra si stia
abbassando, invece che alzando. Il 18 aprile 2019, in occasione della visita di Greta Thunberg a
Papa Francesco I, Libero è uscito con una prima pagina provocatoria, dedicata all'attivista
sedicenne contro il cambiamento climatico.
Cap. 8: Conseguenze
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Dunque, qual è lo stato di literacy scientifica degli Italiani? Per rispondere a questa domanda
possiamo, innanzitutto, esaminare i risultati del progetto internazionale P.I.S.A. (Program for the
International Student Assessment), finanziato dall’O.C.S.E. (Organizzazione per la Cooperazione
e lo Sviluppo Economico) e tradotto in Italia nelle famose “prove I.N.VAL.S.I.” (Istituto Nazionale
per la Valutazione del Sistema di Istruzione). Nel 2006, la fisica Michelina Mayer, una delle
maggiori responsabili per l’Italia di tale progetto, ha così commentato: «I nostri studenti
rispondono meglio della media internazionale alle domande molto semplici, riconducibili alla
memorizzazione di nozioni e concetti. Rispondono peggio via, via che aumenta la complessità
del ragionamento o quando bisogna leggere e interpretare grafici, tabelle o testi di una certa
lunghezza. L’analisi dei risultati mostra come i nostri studenti rinuncino a rispondere soprattutto
alle domande aperte (abbiamo uno dei più alti tassi d’omissione a livello mondiale) e rifiutino
l’argomento adducendo scuse banali (“non era nel programma”), senza nemmeno provare a
capire che cosa venga loro richiesto e se le informazioni fornite non siano di per sé sufficienti.
Insomma, mentre il PISA simula la normale situazione del cittadino, che di fronte a un articolo di
giornale si trova a doversi formare un’opinione e a dovere prendere una decisione, i risultati
italiani ci dicono che circa il 50 % dei nostri studenti rifiuta la sfida e si trova in condizioni di
“analfabetismo funzionale”, cioè è incapace di capire ciò che legge e di farsi capire in ciò che
ha scritto. Se questo atteggiamento sia dovuto a un messaggio implicito della nostra Scuola
(“meglio non rispondere che sbagliare”) oppure a un diffuso disinteresse per tutto quello che sa di
valutazione, non possiamo saperlo.»
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Nel 2007, l’agenzia Eurobarometro ha effettuato un sondaggio riguardante le conoscenze
scientifiche di base della popolazione europea d’età compresa tra 15 e 65 anni d’età.
All’affermazione: “L’uomo come lo conosciamo oggi si è evoluto da altre specie animali
precedenti” ha risposto di sì il 69 % degli Italiani (11 % non lo sapeva) contro l’85 % degli
Islandesi e il 27 % dei Turchi. All’affermazione: “I primi uomini sono vissuti nella stessa epoca dei
dinosauri” ha risposto di no il 55 % degli Italiani (13 % non lo sapeva) contro il 99 % degli
Svedesi e il 30 % dei Turchi. Il biologo evoluzionista Richard Dawkins nel saggio dal titolo Il più
grande spettacolo della Terra (Mondadori, 2010), ha commentato i risultati con parole piene
d’amarezza: «Come docente di biologia mi faccio pateticamente consolare da un altro dato del
sondaggio, dal quale emerge che c’è un sacco di gente, in Europa, che crede che la Terra
impieghi un mese per girare attorno al Sole (il 24 % in Italia e sempre oltre il 20 % in Irlanda,
Austria, Spagna e Danimarca). In realtà, queste percentuali elevate non sono affatto consolanti,
perciò ho detto pateticamente. Volevo dire che ci troviamo di fronte a un’ignoranza generalizzata
della Scienza. Questo di per sé è un male, ma almeno è meglio del vero e proprio pregiudizio
contro la teoria evoluzionistica, che prevale in Turchia (non si può fare a meno di pensare anche
in buona parte del mondo islamico), oltre che in buona parte degli USA.»73
Nel 2009, si è tenuta in Italia e in Europa la seconda valutazione OCSE-PISA. I risultati italiani
sono stati commentati dal giornalista e insegnante di liceo Salvo Intravaia sul quotidiano La
Repubblica: «Il punteggio medio conseguito dai quindicenni delle scuole pubbliche in “Lettura e
comprensione dei testi scritti” è pari alla media OCSE (489 punti) e ci fa piazzare al 23° posto.
Con le scuole private, invece, scivoliamo al 30° posto. Discorso analogo per la “Matematica” e
le “Scienze”, dove la Scuola pubblica totalizza 492 punti, collocandosi al 25° posto, mentre la
media OCSE è di 497 punti. Ma, mescolando i dati con quelli della Scuola privata, siamo costretti
ad arretrare fino al 35° posto. Ma c'è di più. La Scuola pubblica, rispetto al ranking 2006,
recupera 16 punti in “Scienze”, 20 punti in “Lettura” e, addirittura, 24 punti in “Matematica”. La
Scuola privata, invece, nonostante i cospicui finanziamenti statali, crolla. L'OCSE, tra le scuole
private distingue quelle che “ricevono meno del 50 %” del loro finanziamento di base dalle
agenzie governative e quelle che “ricevono più del 50 %”. Ebbene, sono proprio i quindicenni di
queste ultime scuole che fanno registrare le performance più imbarazzanti in “Lettura”: 403 punti
contro una media OCSE di 493 punti, che li colloca tra i coetanei montenegrini e tunisini.»
73 In: Il più grande spettacolo della Terra (Mondadori, 2010)
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Il governo Prodi II (24 gennaio – 8 maggio 2008), di Sinistra, non soltanto non ha ripristinato
l’insegnamento dell’evoluzione nelle scuole primarie e medie da cui l’aveva eliminato la ministra
Moratti, di Destra, nel 2004, ma per giunta ha aumentato il finanziamento alla Scuola privata.
Questo nonostante tutti gli studi effettuati, siano essi opera di organismi internazionali come
l’OCSE, sia di realtà indipendenti come la Fondazione Agnelli, sia dello stesso ministero
dell’istruzione, concordino nel dire che la qualità dell’insegnamento privato è scarsa, assai più di
quella impartita nella scuola di tutti. L’UAAR ha commentato così: «Siamo di fronte a un
paradosso: da dieci anni i finanziamenti pubblici alle scuole private sono in continuo aumento,
mentre quelli alla Scuola pubblica, che ottiene risultati molto migliori, sono in costante calo.
Anche la finanziaria 2007 ha aumentato di 100 milioni i finanziamenti alla Scuola privata e taglia
per oltre un miliardo quelli alla Scuola pubblica. Ricordiamo, inoltre, che la scuola privata italiana
è al 90 % a gestione cattolica.»
Un’indagine DOXA, condotta nel 2019, ha mostrato che a fronte del 66,6 % di Italiani (d’età
superiore a 15 anni) che vuole mantenere l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole
statali, c’è un 55,9 % che è poco o per niente d’accordo a finanziare le scuole private con i soldi
pubblici. Inoltre: a) il 78,4 % è molto o abbastanza d’accordo che il governo tenga in
considerazione in egual misura i valori dei credenti e quelli dei non credenti; b) l’83,4 % ritiene
che sia molto o abbastanza importante il principio di laicità dello Stato; c) il 60,9 % vuole
l’abolizione o il ridimensionamento dell’obiezione di coscienza all’aborto da parte del personale
sanitario.74 (https://www.uaar.it/doxa2019/)
Cap. 9: Conclusioni
Come ricorda il biologo molecolare Vittorio Sgaramella, «di errori Darwin certamente ne ha fatti,
sia per negligenza, sia per incomprensione. (…) Tra gli errori di negligenza, il più serio consiste
nel fatto che egli, solerte scrittore, ma pigro lettore (almeno secondo il suo biografo Howard),
pare non avesse neppure aperto il manoscritto inviatogli da Gregor Mendel. Comunque, anche
se l’avesse fatto, non avrebbe capito le famose tre leggi, come non le capì l’intera comunità
scientifica per 3-4 decenni a seguire. Darwin, quindi, ignorava la genetica e spiegava la
biodiversità soprattutto come un prodotto delle variazioni dell’ambiente. Oggi, però, sappiamo
che i genomi cambiano anche in ambienti costanti. Sappiamo, inoltre, che i genomi sono fatti per
la maggior parte di DNA instabili, che mutano in modo sia casuale, sia programmato, ma mai
74 https://www.uaar.it/doxa2019/
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finalizzato (neppure i virus mutano “a loro vantaggio”, come si lascia scappare Piattelli-Palmarini)75. La selezione naturale opera sugli effetti delle inevitabili mutazioni La grande
scoperta di Darwin riguarda proprio l’importanza della selezione; il suo errore più grave è
consistito nel non riuscire minimamente a immaginare i meccanismi d’insorgenza delle mutazioni,
che sono il motore principale dell’evoluzione.»76 (https://www.scienzainrete.it/articolo/gli-errori-di-
darwin/vittorio-sgaramella/2010-05-13/)
«Un altro errore di Darwin – continua Sgaramella - è la teoria della “pangenesi”, cioè dell’origine
degli organismi complessi: una più approfondita conoscenza della biologia cellulare, allora
rigogliosa, avrebbe potuto instillargli qualche dubbio. Invece, egli continuò a gingillarsi con le sue
“gemmule”, che dai vari tessuti somatici avrebbero convogliato al sistema riproduttivo le istruzioni
genetiche che codificavano per i vari organi del corpo e che ciascuno di noi, riproducendosi
sessualmente, passerebbe alla progenie, anche attraverso il rimescolamento che questa
comporta. Da notare che questo l’aveva già descritto, poeticamente sin che si vuole, ma con
straordinaria intelligenza, il poeta latino Tito Lucrezio Caro, nel suo De rerum natura, uno dei
primi trattati di biologia della cultura occidentale.»
«Comunque – continua Sgaramella - se ne potrebbe concludere che, tutto sommato, Darwin
qualche buona idea sull’origine della vita, oltre che sull’origine e sull’evoluzione delle specie,
l’aveva concepita, anche se non in modo del tutto originale: a riguardo si legga il libro di
Federico Focher L’uomo che gettò nel panico Darwin, in cui si racconta di come Alfred Wallace,
in modo del tutto indipendente, fosse riuscito a elaborare una teoria dell’evoluzione pressoché
identica a quella di Darwin e quasi arrivò a pubblicarla prima di lui. Di qui il panico di Darwin e dei
suoi seguaci. Ma, oramai, quando si parla d’evoluzionismo si parla di Darwin, non di Wallace né
di Lamarck. È come se, ai suoi tempi, Darwin avesse avuto il supporto dei mass-media. E, in
effetti, l’aveva avuto: aveva potuto contare su una cerchia d’amici che comprendeva il meglio
della scienza dell’epoca, in patria e fuori. E questo è un supporto che non arriva mai gratis: è il
suggello del genio.»
75 Massimo Piattelli-Palmarini (1942-vivente) accademico e linguista italiano. Insegna Scienze cognitive presso l'Università dell'Arizona. Il libro Che cosa ha sbagliato Darwin (Feltrinelli, 2010) ha suscitato molte polemiche per le sue critiche alla sintesi evolutiva moderna.76 Vittorio Sgaramella (1937-vivente) biologo molecolare italiano. Ha insegnato presso l’Università della Calabria, fino al pensionamento nel 2003. È responsabile della Sezione di biologia molecolare e cellulare presso il Centro Ricerche e Studi Agroalimentari (CERSA) del Parco Tecnologico Padano di Lodi, che ha contribuito a fondare. Ha condotto una delle prime purificazioni di un gene, come ibrido DNA-RNAr in B. subtilis (1967). Ha condotto la prima sintesi artificiale di un gene, con H. G. Khorana (1969). Ha scoperto la blunt-end ligation (1970). Ha scoperto la joinability dei termini di restrizione del DNA (1972). Ha prodotto cromosomi artificiali di lievito con inserti singoli (Pavia, 1980). Ha scoperto la ligase improved-multiple displacement DNA amplification (Lodi, 2003). È autore/coautore di 250 articoli scientifici e divulgativi. L’articolo citato è tratto da: https://www.scienzainrete.it/articolo/gli-errori-di-darwin/vittorio-sgaramella/2010-05-13/
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«Ma non si può ignorare – conclude Sgaramella - un aspetto negativo del quadro, che sarebbe
bene farsi del nostro: un aspetto non esattamente esaltante da un punto di vista non tanto
scientifico quanto comportamentale. A Darwin si può rimproverare una sorta di cerchiobottismo
politico-religioso: egli era rivoluzionario nelle idee scientifiche e progressista in quelle politiche e
sociali, ma moderato nella loro difesa (l’affidava al suo fedele portavoce T. H. Huxley e ad altri),
conservatore in famiglia, ma agnostico in materia di religione. Comunque, nel 1882, Darwin fu
pomposamente tumulato nell’Abbazia di Westminster. Anche la scienza ha le sue ragioni di
Stato.»77
Oggigiorno, per la stragrande maggioranza degli addetti ai lavori la teoria di Darwin rappresenta
uno dei più grandi successi scientifici di ogni tempo. Per esempio, uno dei padri del
neodarwinismo, Theodosius Dobzhansky, ha detto: «In biologia, nulla ha senso, se non alla
luce dell’evoluzione.» Più recentemente, il presidente dell’Associazione americana di filosofia,
Daniel Dennett, ha detto: «Se dovessi assegnare un premio per la migliore singola idea che
qualcuno abbia mai avuto, io lo darei a Darwin.»
Allora, c’è da chiedersi: come mai soprattutto le persone con idee politiche conservativo-
reazionarie (clericali, fasciste, sovraniste che siano) sembrano avere un problema con Darwin?
Il primo motivo è che risulta fin troppo facile, sebbene arbitrario, compiere il passaggio dalla
natura alla società, cioè dal mondo degli animali a quello degli umani: sostenere che le specie
animali non sono fisse nel posto in cui Dio le pensò all’inizio della storia del mondo significa
trovare una giustificazione “naturale” alle rivoluzioni sociali, cioè alla possibilità per le classi
povere di cambiare il proprio status sociale; eventualità questa che, ovviamente, spaventa chi ha
interesse a conservare le cose come stanno, cioè generalmente la Destra capitalista.
In secondo luogo, quando la teoria di Darwin offre una spiegazione razionale dell’origine
dell’uomo, senza prevedere né interventi divini né finalismi di alcun genere, si mette contro la
Destra religiosa cristiana, ebraica e musulmana. A quel punto, «è molto più facile organizzare la
resistenza contro una persona, che simboleggia l’opera del demonio, piuttosto che descrivere e
confutare una teoria scientifica» (Niles Eldredge), infatti, l’atteggiamento antiscientifico di matrice
77 Vittorio Sgaramella (1937-vivente) biologo molecolare italiano. Ha insegnato presso l’Università della Calabria, fino al pensionamento nel 2003. È responsabile della Sezione di biologia molecolare e cellulare presso il Centro Ricerche e Studi Agroalimentari (CERSA) del Parco Tecnologico Padano di Lodi, che ha contribuito a fondare. Ha condotto una delle prime purificazioni di un gene, come ibrido DNA-RNAr in B. subtilis (1967). Ha condotto la prima sintesi artificiale di un gene, con H. G. Khorana (1969). Ha scoperto la blunt-end ligation (1970). Ha scoperto la joinability dei termini di restrizione del DNA (1972). Ha prodotto cromosomi artificiali di lievito con inserti singoli (Pavia, 1980). Ha scoperto la ligase improved-multiple displacement DNA amplification (Lodi, 2003). È autore/coautore di 250 articoli scientifici e divulgativi. L’articolo citato è tratto da: https://www.scienzainrete.it/articolo/gli-errori-di-darwin/vittorio-sgaramella/2010-05-13/
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religiosa trova il suo naturale sviluppo nella propagazione di affermazioni completamente avulse
dalla realtà, L’ha dimostrato il giornalista informatico e cacciatore di fake news professionista,
Paolo Attivissimo, durante la conferenza “Selezione innaturale: perché le bufale sull'evoluzione
hanno successo”, tenuta presso il circolo Arci di Brescia, in occasione del Darwin’s Day, il 28
febbraio 2015.
In terzo luogo, quando la teoria di Darwin sostiene l’origine africana di Homo sapiens e la sua
migrazione in tutti gli altri continenti, dimostra che si tratta di una specie migrante fin dalle sue
origini. Ne consegue che impedire le migrazioni umane è letteralmente “contro natura”. Ne
consegue anche che, così facendo, la teoria di Darwin si mette contro la Destra “rossobruna”,
cioè xenofoba e sovranista.
In quarto luogo, quando la teoria di Darwin nega l’esistenza di razze all’interno della specie
Homo sapiens, certamente mina alle fondamenta alcuni miti profondamente radicati nel pensiero
della Destra fascista, che si dichiarò “francamente razzista” nell’ottobre 1938, con la
promulgazione delle leggi razziali e con la conseguente esclusione dai diritti civili dei dieci milioni
di africani presenti nelle nostre colonie e poi degli ebrei e dei rom.