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DEGRADO E RESTAURO DEI MATERIALI LAPIDEI Il degrado dei materiali lapidei può essere ricondotto a fenomeni di tipo fisico, chimico e biologico, generalmente dovuti agli agenti atmosferici quali vento, piogge acide, sbalzi di temperatura e presenza di microrganismi. Il degrado dei manufatti di interesse storico – artistico deriva essenzialmente dall’inquinamento dell’aria e dai suoi effetti sulle acque meteoriche, intendendo per inquinamento un cambiamento indesiderato delle proprietà naturali dell’aria, dell’acqua e del suolo; proprietà che possono essere di natura fisica (temperatura, umidità, irraggiamento), di natura chimica (presenza di composti ordinari in quantità superiori alla norma o presenza di composti anomali) e di natura biologica (presenza di semi, spore e pollini). Per inquinamento fisico dell’aria si intende solitamente una variazione anomala della temperatura, mentre l’umidità è da mettere in relazione con i fenomeni di condensa del vapore acqueo; l’irraggiamento, infine, può avere conseguenze soprattutto sugli organismi eventualmente presenti sulla pietra. Per inquinamento chimico dell’aria si intende la presenza di sostanze in eccesso rispetto all’ordinario, quali anidride carbonica e ozono, o di sostanze anomale come ossidi di zolfo e di azoto, solfuro di idrogeno e particolato (particelle molto fini di carbonio derivanti dalla cattiva combustione dei carburanti impiegati per il riscaldamento ed i trasporti). Per inquinamento biologico dell’aria si intende la presenza eccessiva di semi, spore e pollini che possono insediarsi sui manufatti di pietra, sviluppandosi. Da sottolineare che l’inquinamento fisico e chimico influiscono sullo sviluppo delle varie popolazioni biologiche, in 1

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DEGRADO E RESTAURO DEI MATERIALI LAPIDEI

Il degrado dei materiali lapidei può essere ricondotto a fenomeni di tipo fisico, chimico e biologico, generalmente dovuti agli agenti atmosferici quali vento, piogge acide, sbalzi di temperatura e presenza di microrganismi.

Il degrado dei manufatti di interesse storico – artistico deriva essenzialmente dall’inquinamento dell’aria e dai suoi effetti sulle acque meteoriche, intendendo per inquinamento un cambiamento indesiderato delle proprietà naturali dell’aria, dell’acqua e del suolo; proprietà che possono essere di natura fisica (temperatura, umidità, irraggiamento), di natura chimica (presenza di composti ordinari in quantità superiori alla norma o presenza di composti anomali) e di natura biologica (presenza di semi, spore e pollini).

Per inquinamento fisico dell’aria si intende solitamente una variazione anomala della temperatura, mentre l’umidità è da mettere in relazione con i fenomeni di condensa del vapore acqueo; l’irraggiamento, infine, può avere conseguenze soprattutto sugli organismi eventualmente presenti sulla pietra.

Per inquinamento chimico dell’aria si intende la presenza di sostanze in eccesso rispetto all’ordinario, quali anidride carbonica e ozono, o di sostanze anomale come ossidi di zolfo e di azoto, solfuro di idrogeno e particolato (particelle molto fini di carbonio derivanti dalla cattiva combustione dei carburanti impiegati per il riscaldamento ed i trasporti).

Per inquinamento biologico dell’aria si intende la presenza eccessiva di semi, spore e pollini che possono insediarsi sui manufatti di pietra, sviluppandosi. Da sottolineare che l’inquinamento fisico e chimico influiscono sullo sviluppo delle varie popolazioni biologiche, in particolar modo gli inquinanti gassosi dell’aria danneggiano muschi e licheni comunemente presenti sulle pietre.

DETERIORAMENTO DELLA PIETRA

Consiste nell’insieme delle modificazioni che essa subisce a seguito di agenti fisici, chimici e biologici e si può distinguere il deterioramento della pietra in natura e quello della pietra in posa che differiscono solo per la velocità con cui avvengono i fenomeni di degrado. Infatti, nel caso della pietra in natura la trasformazione interessa la superficie esposta, poco estesa rispetto alla massa complessiva, mentre nel caso della pietra posta in opera la superficie esposta in relazione al volume è molto maggiore per cui il deterioramento è più veloce.

BIOLOGICO

FISICO

CHIMICO

Gelo/ Disgelo

Sbalzi termici

Azione meccanica

(radici, ife fungine)

Azione di metaboliti

(acidi, basi, composti chelanti, pigmenti)

Piogge acide

Solubilizzazione/ Cristallizzazione

(efflorescenze e subflorescenze, croste)

DETERIORAMENTO FISICO

È l’insieme dei fenomeni di degrado prodotto da agenti fisici sulla pietra posta in opera, principalmente la dilatazione dell’acqua quando congela all’interno dei pori e gli sbalzi termici giorno/notte o stagionali.

1. GELO/ DISGELO: è dovuto al cambiamento di stato dell’acqua all’interno dei pori della pietra. L’acqua piovana o di condensa (umidità) penetra per capillarità tanto più facilmente quanto minore è il diametro del poro aperto; quando la temperatura scende al di sotto dello zero, l’acqua congela a cominciare dalla superficie esterna della pietra con formazione di ghiaccio che avviene con aumento di volume (circa il 9%). Questo non può sfogare verso l’esterno per cui si genera una forte pressione sulle pareti interne e più profonde del poro: se si rompono le pareti, i pori aperti possono mettersi in comunicazione con quelli chiusi e la porosità globale della pietra si estende progressivamente dalla superficie verso l’interno. Ai fini del degrado non è importante il valore della temperatura, ma la frequenza con cui viene oltrepassata la soglia dello zero grado centigrado che determina il numero di espansioni (gelo) e contrazioni (disgelo) dell’acqua: tanto più elevata è tale frequenza, tanto maggiore è il degrado. Tale fenomeno riveste particolare importanza nelle regioni a clima freddo e umido.

2. SBALZI TERMICI: le variazioni di temperatura dell’ambiente determinano cambiamenti di temperatura della pietra innescando cicli di espansione e di contrazione, la cui entità dipende dal coefficiente di dilatazione tipico della pietra. Gli sbalzi termici producono variazione delle dimensioni della pietra nelle tre direzioni dello spazio: mentre la superficie della pietra è più esposta ma può dilatarsi liberamente, la parte interna, pur essendo meno esposta a tali sbalzi, si trova sottoposta a tensioni rilevanti per cui si generano fratture ovunque, ma più consistenti in profondità. Questo fenomeno interessa prevalentemente le zone a clima caldo e secco dove le escursioni termiche sono notevoli. I danni da sbalzi termici si prevengono impiegando i giunti di dilatazione che consentono alle pietre di scaricare la tensione, soprattutto riguardo ai materiali compositi.

DETERIORAMENTO CHIMICO

È dovuto a fenomeni chimico – fisici prodotti da agenti atmosferici veicolati dalle acque meteoriche. Può essere superficiale o profondo a seconda del grado di penetrazione dell’acqua (fluente, di condensa o di risalita) in quanto principale veicolo delle sostanze inquinanti.

I componenti mineralogici delle pietre sono chimicamente stabili nei confronti dell’ossigeno atmosferico, ma in casi particolari questo componente naturale dell’atmosfera può risultare aggressivo poiché interagisce con i sali contenuti nella roccia, solubili in acqua quindi veicolati in vari punti del materiale. Responsabili del degrado della pietra sono i fenomeni di solubilizzazione e cristallizzazione; l’azione di solubilizzazione esercitata dall’acqua sulla pietra posta in opera riguarda essenzialmente i sali contenuti come impurezze nella roccia oppure i sali derivanti dal degrado di fonti metalliche a diretto contatto con la pietra (ad esempio perni in ferro o in rame). I sali comunemente trascinati e trasferiti all’interno della massa della pietra sono solfati, cloruri e carbonati di sodio, potassio, calcio, rame e ferro.

Le soluzioni saline migrano all’interno della pietra a causa della sua porosità e, una volta che affiorano in superficie, lasciano precipitare i sali che contengono a causa dell’evaporazione dell’acqua: questi sali si organizzano in piccolissimi cristalli (cristallizzazione).

Si possono verificare due situazioni diverse a seconda della porosità della pietra che determina il valore del rapporto tra la velocità di migrazione della soluzione salina dall’interno all’esterno e la velocità di diffusione del vapore acqueo attraverso gli strati superficiali della pietra.

1. EFFLORESCENZE: sono depositi di sali sulla superfice esterna della pietra posta in opera che si formano quando la velocità di diffusione del vapore acqueo attraverso gli strati superficiali è minore della velocità di migrazione della soluzione salina verso la superficie; in altre parole, se la quantità di acqua che evapora è piccola rispetto alla quantità di soluzione che arriva dalle parti più interne della pietra, la soluzione salina raggiunge continuamente la superficie e si concentra sempre di più fino a che i sali precipitano e si depositano sulla superficie della pietra. Sono facilmente eliminabili trattando la pietra con acqua distillata che solubilizza i sali indesiderati.

2. SUBEFFLORESCENZE: sono depositi salini che si formano dalle loro soluzioni acquose all’interno della pietra messa in opera. La loro formazione in profondità avviene quando la velocità di diffusione del vapore acqueo attraverso la superficie della pietra è maggiore della velocità di migrazione della soluzione verso l’esterno; la soluzione salina non riesce a raggiungere la superficie e, per la veloce evaporazione dell’acqua, essa si concentra fino al punto in cui i sali precipitano nei pori più interni sotto forma di cristalli. La formazione dei cristalli comporta un aumento di volume per cui le pareti del poro sono soggette a frantumarsi, aumentando così la porosità in profondità della pietra.

Tali fenomeni sono molto pericolosi perché non visibili dall’esterno, originando improvvisi e imprevedibili distacchi di materiale.

Altro fattore di deterioramento chimico della pietra posta in opera è rappresentato dalle PIOGGE ACIDE, ovvero pioggia meteorica che contiene disciolti alcuni acidi che ne fanno diminuire il pH a valori minori della neutralità (pH < 7). Le sostanze responsabili sono principalmente l’acido carbonico H2CO3, l’acido solforico H2SO4 e l’acido nitrico HNO3. L’acido carbonico è sempre presente nella pioggia essendo prodotto dalla dissoluzione dell’anidride carbonica atmosferica:

CO2 + H2O H2CO3

La % di anidride carbonica nell’atmosfera è molto cresciuta nei tempi recenti a causa dei processi di combustione per riscaldamento e trasporti (effetto serra). Questi stessi processi originano anche notevoli quantità di anidride solforica e ossidi di azoto responsabili della formazione di acido solforico ed acido nitrico in atmosfera:

SO3 + H2O H2SO4

NO2 + H2O HNO3

Mentre le rocce siliciche (graniti, basalti, porfidi…) sono stabili all’azione degli acidi, le pietre carbonatiche (marmo, travertino…) sono particolarmente sensibili alla loro azione. Infatti, pur essendo l’acido carbonico un acido debole, esso conduce alla formazione di bicarbonato di calcio solubile in acqua:

CaCO3 + H2CO3 Ca(HCO3)2

Da questa reazione chimica deriva la solubilizzazione soprattutto superficiale delle pietre carbonatiche da parte sia della pioggia sia dell’umidità di condensa.

In modo analogo, gli acidi solforico e nitrico (presenti nelle piogge acide in piccole quantità, ma acidi forti) trasformano il carbonato di calcio in nitrati e solfati di calcio solubili in acqua.

Il degrado della pietra carbonatica prodotto dalla pioggia acida e da altri inquinanti atmosferici, corrosivi o di deposito, si manifesta anche con la formazione di croste superficiali, strati di materiale di vario tipo, compatti ed uniformi. Le croste hanno spessore anche di qualche mm e composizione complessa: sono costituite dai cristalli di carbonato di calcio della pietra sfuggiti all’attacco acido della pioggia e da cristalli di nitrato, solfato e bicarbonato di calcio formati per azione della pioggia sulla medesima pietra che si sono ridepositati a seguito dell’evaporazione dell’acqua. Inoltre, la presenza nell’atmosfera di particolato (particelle molto fini di carbonio…le polveri sottili!), fa sì che le croste se ne impregnino ed assumano un colore grigio – nero (croste nere).

Le croste si formano in zone del manufatto soggette alle piogge acide, ma non direttamente esposte ad esse; infatti, l’azione dilavante dell’acqua battente trascina via con sé tutti i sali non consentendone la rideposizione.

La particolare durezza delle croste è dovuta alla presenza di solfato di calcio cristallizzato sotto forma di gesso.

Al di sotto della crosta si trova un strato di materiale originario degradato e poroso che la rende instabile, producendo distacchi: quindi vanno sempre eliminate.

BIODETERIORAMENTO

È il degrado dovuto all’azione fisica e chimica esercitata su un manufatto da organismi viventi. Tutti gli organismi possono produrre deterioramento, da quelli microscopici (batteri, alcuni funghi e alghe) a quelli visibili ad occhio nudo (funghi ed alghe superiori, piante e animali). Ogni organismo vivente si accresce e si riproduce nutrendosi dei composti presenti nel suo ambiente e contemporaneamente produce rifiuti che si disperdono dell’ambiente (come l’anidride carbonica) o si depositano sul materiale lapideo, aggredendolo.

Il biodeteriogeno (organismo che crea danno) può essere immediatamente visibile (arbusti o piante) oppure manifestarsi in tempi lunghi (formazione di croste, patine o chiazze).

Gli aspetti fisici del biodeterioramento riguardano la disgregazione meccanica indotta dalla pressione esercitata da parti del vivente, sia in forma macroscopica (radici delle piante) sia in forma microscopica (ife fungine); in tal modo, nelle connessioni tra le pietre, sulla loro superficie e nelle loro porosità si avvia un processo di degrado che agevola quello successivo degli agenti ambientali.

Gli aspetti chimici riguardano lo scambio di molecole tra pietra ed organismi a seguito dei loro processi di assimilazione e di escrezione; questi due processi sono strettamente correlati tra loro poiché sono i rifiuti (acidi, basi, chelanti…) a sciogliere la pietra liberando i componenti chimici (sali, ossidi…) che vengono utilizzati come nutrimento del microrganismo che ne è capace.

EFFETTI VISIBILI DELLE ALTERAZIONI BIOLOGICHE

BIODETERIOGENO

EFFETTI

Batteri autotrofi

Croste nere, patine nere, esfoliazione, polverizzazione

Batteri eterotrofi

Croste e patine nere, esfoliazione, cambiamento di colore, macchie

Attinomiceti

Patine e polvere bianco – grigia, efflorescenze bianche

Funghi

Macchie, esfoliazione, bucherellatura

Cianobatteri e alghe

Patine e pellicole di vario colore

Licheni

Incrostazioni, chiazze, bucherellature

Muschi

Talli verdi – grigi

Piante superiori

Fratturazioni, distacco di materiale

Insetti

Buchi di forma tipica

Uccelli

Escrementi con effetto corrosivo

IL RESTAURO DEI MATERIALI LAPIDEI

Il restauro dei manufatti lapidei si articola nelle fasi seguenti:

1. Approfondimenti diagnostici e, quando possibile e utile, indagini conoscitive che hanno lo scopo di verificare quanto rilevato nel corso degli esami obiettivi del restauratore, nonché di dare risposta a tutti i dubbi irrisolti riguardo alla natura, allo stato e alle modalità di intervento.

2. Preconsolidamento delle zone pericolanti al fine di evitare perdita di materiale o danneggiamenti. In caso di vetrate figurate antiche, lo smontaggio della vetrata e il suo trasporto in un laboratorio attrezzato sono preceduti dal preconsolidamento della grisaglia con eventuali deficit meccanici.

3. Disinfezione che è spesso utile, ma diviene addirittura indispensabile nel caso di accertati attacchi di biodeteriogeni.

4. Pulitura, che deve sempre rispettare sia gli strati di trattamento superficiale originale sia ogni modificazione naturale della superficie; pertanto deve agire soltanto selettivamente sui materiali da eliminare. Si effettua con mezzi meccanici, fisici e chimici in funzione del tipo di rimozione da compiere.

Nel caso di efflorescenze o subflorescenze, gli impacchi possono avere azione sia solvente sia chimica, in modo da catturare comunque i sali indesiderati e, dopo averli richiamati in superficie, favorirne una significativa riduzione. Ha un peso crescente l’uso della fotoablazione con appositi apparecchi laser.

5. Riadesione di particolari pericolanti, distaccati o frammentati, che avviene con l’uso di resine di vario tipo e, ove necessario, l’inserimento di perni. Le operazioni di stuccatura e microstuccatura completano il riconsolidamento dell’opera. Nelle vetrate si procede alla rimozione e al nuovo incollaggio delle tessere fratturate, al rifacimento delle tessere mancanti e alla sostituzione dei piombi alterati.

6. Protezione superficiale, volta a isolare il manufatto dagli agenti di degrado senza inibirne la normale traspirazione (scambio termico e di umidità) o alterarne l’aspetto originale.

Per un intervento rispettoso dell’aspetto originale, è preferibile una protezione finale mediante scialbature o lattature a base di calce aerea. Nelle vetrate, se il restauro non prevede l’uso di controvetrate di protezione, la superficie del vetro è protetta con un film di resina sintetica.

Nel caso di sculture lapidee e/o litoidi policrome, il restauro è notevolmente più difficile sia per il rapporto tra più materiali, anche eterogenei, sovrapposti tra loro, sia per la coincidenza di opera plastica e opera pittorica. In tali opere, oltre alla valutazione delle condizioni meccaniche dei vari strati, ha particolare importanza il riconoscimento di eventuali sovrammissioni pittoriche, soprattutto ove tradiscano la policromia e il modellato originari.

Colonna di San Rocco, Gagliano del Capo (Lecce), scultura

lapidea policromata, 230 × 92 × 72 cm, XIX secolo

(saggi preliminari)

Il mosaico, pur essendo costituito esclusivamente da materiali lapidei e litoidi (tessere vitree), messi in opera con materiali litoidi (malte), rappresenta un genere a sé e spesso occupa uno spazio a parte nelle specializzazioni del restauro. Le sue problematiche fanno capo a tre campi differenti:

– quello dei manufatti lapidei e litoidi che lo costituiscono e ne determinano il funzionamento meccanico, soprattutto nel caso dei mosaici pavimentali;

– quello delle superfici decorate dell’architettura e in particolare della pittura murale, come rileva il funzionamento propriamente pittorico-divisionistico del suo testo, composto da migliaia di tessere;

– il suo campo specifico, costituito dalla varia fattura delle singole tessere e dalla differente complessità nella tessitura del testo musivo, soprattutto quando non piano e/o non piatto.

Pavimento musivo degli anni Trenta a Palazzo Gabellone, Tuglie (Lecce)

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