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Intervista a Enrico Deaglio nella tipografia romana del giornale Lotta Continua (d.d. 2-12-82) insieme con me è venuto Stefano Fabbri D'Errico senza cui non avrei potuto seguire la lunga strada alla pubblicazione del libro "Het Italiaanse Complex" che molti anni dopo uscirà -in qualche modo- in Italiano. E' stata una delle prime interviste fatte in Italia e sicuramente una delle migliori, grazie alla disponibilità di Enrico Deaglio e alla sua capacità di analizzare gli avvenimenti degli anni 70, già pochi anni dopo, Non ho voluto cambiare molto il testo, ma farlo uscire come è stato registrato. D: comincio a fare alcune domande su Lotta Continua, sull’organizzazione. Puoi spiegare in modo molto riassunto cosa è stata l’organizzazione Lotta Continua? R: è difficile di spiegare in poche parole comunque. LC prima è stata un movimento, nato nel 69, in particolare nato in alcune città che erano Torino, Trento e Pisa. LC è nata dalla militanza di studenti del movimento studentesco davanti alle fabbriche; soprattutto lavorando insieme con gli operai immigrati, quali che non avevano seguito nessuna forma di rappresentanza sindacale, che non erano considerati operai come gli altri. Questa è stata la prima fase di formazione del movimento, sono stati i suoi primi germi di organizzazione. D.: in senso politico, c’è gente chi l’ ha chiamato “più o meno trotskista”, c’è chi....... R: siamo stati chiamati spontaneisti, avventuristi.....La caratteristica principale rispetto di altre organizzazioni extraparlamentari è che non partiva da una teoria o da un filosofia del movimento operaio. D.: si può dire che è cambiata di linea alcune volte durante la sua esistenza? R.: Certo. Si basava molto di più, diciamo, sull’attivismo, sulla pratica, sulla milizia politica e sul fatto di lavorare, di fare

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Intervista a Enrico Deaglio nella tipografia romana del giornale Lotta Continua (d.d. 2-12-82)

insieme con me è venuto Stefano Fabbri D'Errico senza cui non avrei potuto seguire la lunga strada alla pubblicazione del libro "Het Italiaanse Complex" che molti anni dopo uscirà -in qualche modo- in Italiano.E' stata una delle prime interviste fatte in Italia e sicuramente una delle migliori, grazie alla disponibilità di Enrico Deaglio e alla sua capacità di analizzare gli avvenimenti degli anni 70, già pochi anni dopo, Non ho voluto cambiare molto il testo, ma farlo uscire come è stato registrato.

D: comincio a fare alcune domande su Lotta Continua, sull’organizzazione. Puoi spiegare in modo molto riassunto cosa è stata l’organizzazione Lotta Continua?

R: è difficile di spiegare in poche parole comunque.LC prima è stata un movimento, nato nel 69, in particolare nato in alcune città che erano Torino, Trento e Pisa. LC è nata dalla militanza di studenti del movimento studentesco davanti alle fabbriche; soprattutto lavorando insieme con gli operai immigrati, quali che non avevano seguito nessuna forma di rappresentanza sindacale, che non erano considerati operai come gli altri. Questa è stata la prima fase di formazione del movimento, sono stati i suoi primi germi di organizzazione.

D.: in senso politico, c’è gente chi l’ ha chiamato “più o meno trotskista”, c’è chi.......

R: siamo stati chiamati spontaneisti, avventuristi.....La caratteristica principale rispetto di altre organizzazioni extraparlamentari è che non partiva da una teoria o da un filosofia del movimento operaio.

D.: si può dire che è cambiata di linea alcune volte durante la sua esistenza?

R.: Certo. Si basava molto di più, diciamo, sull’attivismo, sulla pratica, sulla milizia politica e sul fatto di lavorare, di fare politica direttamente senza delega, senza mediazione, si davanti alle fabbriche che poi con i militari, nelle carceri ecc.

D: è stata un partito o no?

R: dopo alcuni anni in cui il movimento era forte, si l’ha dato delle strutture organizzative, diciamo in 73/74. Organizzazione vuole dire una struttura centrale, un coordinamento prima, poi un comitato nazionale con delle persone elette, delle divisioni in settori, insomma le cose classiche che si fa in un’organizzazione politica. Il nome partito non è mai stato dato a Lotta Continua, però di fatto era un partito con delle tesi politiche, uno statuto. Quindi era una organizzazione alla quale si iscriveva.

D: dal 72 il termine “autonomia operaia” sta diventando molto usato. Si dice p.e. nel giornale Lotta Continua (novembre 1972): “Lotta Continua è nata dall’autonomia operaia”. L’Autonomia operaia sarebbe “la rottura totale con l’ideologia del lavoro, il rifiuto totale della società di salario”.Puoi spiegare un po’ che cosa significa “l’autonomia operaia” in quel senso?

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R: l’autonomia operaia a cui riferisci qui è l’autonomia di cui parla Marx, sono le parole di Marx, in particolare sono brani della riflessione di Marx per quanto riguarda l’uso delle macchine. Per quanto riguarda la frase sull’autonomia operaia che tu hai citato, questa riporta alla formazione di L.C. da alcune formazioni di pensiero e anche di militanza politica precedente che erano di formazioni chi derivavano da una rilettura di Marx contro l’ideologie sindacali, l’ideologie politiche tendenziosamente socialdemocratiche; la più importante è stata quella di Quaderni Rossi.Vorrei spiegare questo concetto che si divide nel dibattito che esce fuori negli anni settanta, tra i gruppi rivoluzionari e quella che poi è diventata Lotta Continua. C’erano diversi gruppi particolari come Potere Operaio di Pisa che ha contributo alla formazione di LC. La teorizzazione in questo caso diceva, riguardava i termini e la coscienza di classe, l’organizzazione di classe, proponendo che così la coscienza di classe, come anche l’organizzazione di classe si formano all’interno della classe, non devono essere portate dall’esterno. Una teoria che rifiutava il principio classico del leninismo, anche nella sua versione trotskista, che si adottava piuttosto da una parte delle esperienze diciamo “operaisti” del dopoguerra, ma che scaturiva anche da classici come il primo Lenin, ma soprattutto da Marx, dall’idea della produzione di coscienza diretta senza mediazione dal cambiamento tecnologico o dal cambiamento politico della società.

D: parlando sulla gestione operaia della produzione...Si scrive -come esempio- nel giornale Lotta Continua di 1976: “Non esiste nella società borghese prima ciò dal preso di potere, dalla distruzione della macchina repressiva dello Stato e forse anche per molto tempo dopo di esso, la possibilità di una gestione operaia della produzione”.Mi sembra tante volte che LC ha sviluppato solo lotte contro tante cose brute di questa società, pero ha sviluppato poche idee su “dove da andare”, sulla fine, sulla società da sviluppare...

R: sicuramente nella prima fase questo è vero. E questa è anche la fase in Italia, come condizione sociale, la fase più difficile, più tumultuosa. Nel giro di 4-5 anni c’era uno spostamento di centinaia di migliaia di persone dal Sud alla fabbriche del Nord e poi nel resto dell' Europa come emigrati, come lavoratori emigrati. Quindi LC interpretò due bisogni in questa fase: i bisogni costruttivi in senso generale che sono quelli di fornire una identità a queste persone a quali precedentemente si ne ha negato. In secondo luogo i bisogni di sviluppare delle lotte immediate contro i livelli di sfruttamento che queste persone subiscono. Diciamo la teorizzazione dell’operaio costruttore, del nuovo modo di fare la produzione, che pure c'è in Italia in questo periodo, quelle cose sono scarsamente presenti in LC. Ci sono tante altre tendenze insomma che fanno anche pratica politica in questi anni che pongono molto di più l’accento su questi problemi, in particolare tutta la corrente che esce dal PCI e fondò il Manifesto e poi fondò il PdUP, che sono molto più interessati al recupero di questa ideologia. Invece LC è veramente scarsamente interessata. LC è una forza di urto in quegli anni, come tale si mostra poco impegnata in questa genere di dibattiti con le altre formazioni, insomma non esiste particolarmente nell'ambiente di L.C.

Poi più tardi quando sia la situazione sociale, sia l'andamento delle lotte, insomma quando il peso della forza di opposizione in Italia, in sui vari componenti, si fa decisamente grande, ci sono anche in LC una serie di elementi di proposta e queste sono in alcuni casi molto articolati. Per esempio tu ne hai trovato, leggendo il giornale, che addirittura noi, quando ci siamo presentati alle elezioni nel 1976, abbiamo fatto un programma di governo. Diciamo un programma realistico che comprendeva la questione del fisco, la questione della politica dell’estero, della disoccupazione, della mobilità del lavoro, dell’ufficio di collocamento, della gestione delle finanze, del controllo popolare sulla gestione delle finanze, ecc.Si passa insomma da una fase di movimento ad una fase in cui avevamo elaborato una linea politica comprensiva di tutte le cose che hai elencato prima. La linea politica che vedeva in particolare questo stato operaio, questo stato sociale degli operai delle grandi fabbriche a cui si univano i numerosi studenti, disoccupati come forza d’urto per arrivare a portare il PCI al governo, dopo di che questo partito così concepito aveva dovuto da una parte vigilare contro la possibilità di un golpe

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di stato di destra e dall’altra parte spingere il governo di sinistra – se si fosse insediato- addurre misure sempre più radicali fino che questo andava ad accettare la radicalità della situazione o pure cedere il passo ad una situazione che si sarebbe espressa nelle piazze in maniera tale da rendere evidente la necessità di un ulteriore cambio di governo.Noi in pratica immaginavamo una situazione abbastanza bolscevica e da altra parte eravamo molto interessati al dibattito, alla situazione che si segue a toccare in Chili. Rispetto a Chili …. per il PCI è stata la ragione di abbracciare la strategia del compromesso storico, per noi è stato il contrario.

D: Parlando della paura di una golpe di stato...E’ per questa ragione che si ha sempre parlato a Lotta Continua di un rapporto fra lotta di classe e lotta armata? Leggo a LC: “la violenza d’avanguardia è puramente e semplicemente una necessità materiale, non compiaciuta scelta morale. Il proletariato non ha bisogno di vendicatori”. Si ha parlato sulla preparazione dei militanti per una lotta armata. Questa è fatto soprattutto come conseguenza della paura di una golpe di stato o anche tatticamente come metodo ad organizzarsi?

R: Principalmente in quegli anni 72/73 l’accento fondamentale era per quanto riguardava l’organizzazione legato alla possibilità di una golpe di stato, una possibilità che era concreta; una cosa che adesso si tende abbastanza di dimenticare. In quegli anni ci sono stati di tentativi di golpi di stato. E quindi come tale il clima in cui ovviamente sia preparazione psicologica che preparazione organizzativa avevano un peso. D’altra parte questo problema della violenza d’avanguardia, della violenza di massa ...anche qui si pone in una situazione sociale in cui la violenza nei conflitti sociali esisteva anche a di fuori della nostra presenza, anzi più volte fuori della nostra presenza. Nei tutti i casi di rivolte, di situazioni fuori della legalità ci sono avvenimenti violenti che non sono organizzati dalla sinistra rivoluzionaria, ma che sono situazioni che capitavano, di fatto.

D: Si può dire che esistevano dentro a LC dei gruppi preparati a fare la lotta armata?

R: No.

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D: Negli anni settanta l’antifascismo militante diventava, mi sembra, sempre più importante come attività politica per tanti di LC. E’ chiaro che quella lotta è stata anche una contro le forze dell’ordine perché tante volte loro hanno dato supporto ai fascisti. Allora l’antifascismo militante è diventato anche una lotta contro lo Stato. Un fatto importante per la gente che era più impegnata a quell’attività....sempre gli scontri nelle piazze con i fascisti, però anche con le forze dell’ordine.....è diventato un modo da fare, un modo da vivere...

R: Si, però non era una cosa così schematica come tu l’hai presentato. L’antifascismo militante occupava per alcuni periodi una larghissima parte della militanza politica di LC e di altri gruppi. Anche qui la questione deriva da un dato di fatto che i fascisti erano molto attivi, molto in crescita, non in tutta l’Italia, però in particolari situazioni, in particolari città come Roma, ma anche Milano. La loro presenza era una presenza armata, una presenza vagante, una presenza decisamente aggressiva, squadrista. Ci sono stati innumerevoli centinaia di scontri, ci sono stati molti morti. Quindi tutto questo ovviamente ha creato la situazione che prima descrivevi. Per quanto riguardo lo Stato ….la cosa fondamentale che tutte le volte veniva messo in luce, un aspetto evidente e credibile, si constatava una sorte di complicità -in qualche maniera oggettiva o soggettiva a livello statale si a delle forze di polizia che poi al livello di governo- , di protezione della attività fascista; una protezione si della attività fascista di piazza, si della attività in qualche maniera di complotto, di preparazione di golpe di stato. La tendenza verso queste cose era assolutamente evidente. D’altra parte negli anni 72/73 c’era il governo Andreotti che ha protetto alcune volte direttamente il MSI. In quegli anni ci sono i servizi segreti e alcuni generali che preparano materialmente una golpe di stato, ci scoppiano complotti nell’esercizio e poi viene alla luce quella che è stata la trama della strage del Banco di Agricoltura a Milano di 1969. Quindi è evidente che l’antifascismo militante diventa anche lotta contro lo stato che protegge in diverse maniere i fascisti.

D: Ci sono stati tanti morti di persone di sinistra...ci sono stati i grandi attentati......si può dire che ci sia stata l’impressione fra la gente di LC che i fascisti potevano fare tutto che volevano senza essere disturbati?

R: Non era soltanto l’impressione della gente di LC, era un’impressione molto più vasta; diciamo che LC si pigliava molto più responsabilità in questo senso.

D: C’era per questa ragione una tendenza a prendere proprio su di sé la pratica antifascista. Si ha creduto che solo persone radicali potrebbero fare una lotta contro i fascisti? Si credevano gli unici a confrontarsi con lo stato e i fascisti?

R: C’era una totale non fiducia nel confronto della magistratura che li proteggeva, nel confronto della polizia che li proteggeva. E quindi a questa mancanza pressoché totale di fiducia si sostituiva una volontà di fare giustizia o di impedire l’attività dei fascisti direttamente.

Gianni Nardi, Bruno Stefanò e Gudrun Kiess dopo l'arresto per traffico d'armi, persone presunte coinvolte nell'omicidio Calabresi.

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D: Parlando sul caso Calabresi......LC ha parlato di “giustizia proletaria” in questo caso.

R: LC ha condotto una campagna di stampa contro la questura di Milano, in particolare contro il commissario Calabresi, indicandolo come il responsabile della morte dell’anarchico Pinelli. Alla fine il commissario Calabresi ha querelato il giornale LC arrivando ad un processo che poi non è mai finito, perché la caso non poteva essere stato sostenuto...Poi c’è stato l’attentato al commissario Calabresi e il commento del giornale LC il giorno dopo è stato “non saremo certo noi a piangere per questa morte” 1*. In generale la sensazione che si aveva era che si vedesse in questo attentato un atto di giustizia proletaria. Questa era la presa di posizione del giornale, provocando le critiche molto dure, si all’esterno ovviamente che anche all’interno di LC. Ci fu per diversi giorni sul giornale un dibattito che riguardava tutti quelli che non erano d’accordo con la tesi che un’omicidio potrebbe essere in qualche maniera giustificato.

D: Allora forse un discorso un po’ comparabile...Negli anni 72/73 si legge parecchie volte nel giornale LC cose come: “...capo di Alfa picchiato da due operai mascherati” o altra gente, altri capi “picchiati sotto la casa”. Queste sono notizie per LC, però non si sviluppa mai una vera critica su quel modo da fare. La critica comincia al momento che questo tipo di azioni sono state rivendicate, per esempio dalle BR. Non si ha fatto una critica sulla violenza nella maniera di “che si può fare, che cosa non si può fare”. Comincia la critica quando erano gruppi concorrenti, si può chiamarli così, che usavano i metodi “convincenti” come le BR. Ho ragione o no?

R: E’ difficile dirlo, perché non c’ stata una riflessione sistematica su questa problema. Però, credo, che tutto sommato si possa dire che ci sono stati molti dati ben visti dalla parte nostra. Questi fenomeni, tipo il capo squadra picchiato sotto casa, le gomme della macchina, tutte cose di questa genere o l’azioni antifasciste militanti, ecc. Ma nello stesso tempo........però quella è l’opinione personale di me....nello stesso tempo si pensasse che tutti questi fenomeni potessero rimanere in qualche maniera sotto controllo....che una lotta di massa aveva in sé la sufficiente purezza per eliminare delle cose di questa genere. In particolare decisamente, credo, è sottovalutato per molti anni, e non soltanto da noi, il fenomeno delle BR.

D: Però anche nel 1975 LC scrive che al congresso c’era qualcuno di Milano che facesse un discorso abbastanza, diciamo, armatista. La reazione del giornale è stata: “questo è un discorso sbagliato, però non c’è un bisogno di parlare adesso sulle BR, perché non sono tanto importanti”. Questa tendenza c’è sempre stata allora?

R: Si. Al congresso di 1975 ci fu una corrente che proponeva una radicalizzazione, una preparazione in vista di una lotta armata...

D: Era una tendenza forte?

R: Era una tendenza che rappresentava 150 persone assistenti al congresso. Si usciva in quella occasione e diede la vita ad altre formazioni politiche.

D: Quali?

R: Mi sembra Senza Tregua nell’inizio, poi diversi comitati autonomi e poi molti di loro hanno messo in pratica quello che dissero.

D: Forse questa è una domanda motivata dalla mia opinione personale...per me c’è una differenza abbastanza importante tra un corteo interno che prende alcuni capi, picchia un po’...allora una azione di gruppo, di massa o d’altra parte l’aspettare sotto casa che per me è una cosa diversa,

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proprio un’azione di intimidazione. Non hanno portato alle esperienze terroriste quelle ultime, alla mentalità terrorista?

R: Penso di si, penso che è successo cosi.

D: Nessuno si è accorto di questa tendenza?

R: No, ripeto quello che ho detto prima: oggettivamente e vedendola molti anni dopo [!!??] è in questa clima, con questa genera di cose che succedevano, che si ha creato da parte di altri la convinzione che bisogna assai cedere a tale tendenza. Quello che secondo me pare evidente e che era già evidente allora, è che era sottovalutato questo fenomeno. Non veniva considerato la cosa principale. Noi avevamo un’altra stima di noi stessi in quanto pensavamo che fino a quando in qualche maniera noi garantivamo la presenza di operai, che conoscevano, più consapevoli, queste cose non sarebbero successe.Invece così non è stato. E’ stata una nascita in qualche maniera ideologica. C’è per esempio la nascita delle BR. Le Brigate Rosse decidono di costituire all’inizio degli anni settanta un gruppo per fare la lotta armata, prima per fare la propaganda armata, poi per sviluppare sempre di più quello che è successo. Altre cose nascono in questa ottica qua.Poi ci sono un’altra serie di tendenze che si sviluppano che adesso sono messo tutte nella stessa pentola, ma che hanno una nascita diversa, per esempio uno dei primi fenomeni terroristi è stato quello dei Nuclei Armati Proletari (NAP) 2*. La nascita dei NAP è derivata dalla lotta nelle carceri; erano anni di grandi movimenti e rivolte dentro le carceri. I NAP derivano dall’esasperazione di questa tendenza del mondo carcerario e derivano nel stesso tempo dal fatto che dalla parte del potere non c’è mai stata la minima possibile apertura in campo riformista. Quindi la situazione bloccata ha prodotta in questo caso quel fenomeno. Pero, come ho raccontato, le cose sono abbastanza diverse...è diversa la nascita delle BR, oppure della organizzazione di Feltrinelli che decide per conto proprio che è aggiunto il momento di fare la lotta armata. I NAP rappresentano un gruppo di persone che sono stati in galera o di altre persone che hanno vissuto molto intensamente l’esperienza di galera, anche standoli fuori e rinascono dalla impossibilità di praticare qualsiasi soluzione riformista, di raggiungere obiettivi che avevano i carcerati che in quel periodo non erano niente altro che la riforma carceraria. Da tutta quella esasperazione loro si davano a fare le azioni militari.Da una parte, prende Feltrinelli, è una persona diversa, è un intellettuale che ha viaggiato, è stato a Cuba, conosce, studia al tavolino il posto dove fa nascere la lotta armata, per esempio in un certo punto pensa di farla in Sardegna, ha questa teoria fochista, guevarraista che lo porta poi a fare questa scelta. Le BR, tutto sommato, anche la loro era una decisione presa al tavolino. Quella dei NAP no.

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[intermezzo comunque se posso dire la mia opinione rispetta alle cose che succedono ad Amsterdam...*[vedi nota mia sotto..che spiega come è andata “fuori dal programma” la scrittura del mio libro]Per sapere come si svilupperà la tendenza che voi state vedendo la, che ci sono di gruppi di persone che agiscono in proprio, questa tendenza poi rimanerà in qualche maniera controllato, fisiologica, cioè essere minoritario, essere di poche persone, o può diventare invece improvvisamente molto popolare, semplicemente a differenza secondo di come si comporta l’altra parte. Semplicemente da questo]

La grande differenza che c’è stata nell’Italia tra 1969 e 1977 è stata che nel 1968 c’è stato un movimento con molti punti di violenza, non paragonabili di quelli che sono avvenuti dopo, ma comunque insomma c’era la volontà di essere illegali, di essere violenti. Pero d’altra parte si ha trovato insomma in qualche maniera un potere che è avvenuto pratico, derogato, no...?! Nel 1977 questo non è mai avvenuto. Non c’è mai stata nessuna possibilità di dialogo tra il movimento e il governo, perché la controparte era anche il PCI.

Enrico Berlinguer e Cossiga

D: Negli anni 74-76 ci furono casi come quello di Pietro Bruno, di Mario Salvi, ecc, ammazzati durante delle azioni dimostrative. Si può dire che in quel momento la lotta diventò più dura, che c’erano tra i poliziotti dei gruppi preparati proprio a colpire la gente per finir il movimento o per provocarlo? C’era quella tendenza in modo più o meno generale?

R: Si. Questo succedeva. Non sono solo Mario Salvi o Pietro Bruno, ci sono nel periodo di 1975 5-6 morti in piazza, in genere causati da un atteggiamento della polizia o dei carabinieri. C’era anche il caso di Serantini (1972). Serantini è stato picchiato a morte e poi è morto in carcere a causa delle botte che non erano stati curate. I caso di Mario Salvi ecc. sono invece i primi casi in cui la polizia fa uso degli armi di fuoco nelle manifestazioni.......Ci sono Zibecchi.......

D: LC scrive nel 76 che “forse si può dire che è sottovalutato da tutti l’importanza della Legge Reale”. Come mai è stato così?

R: Beh.....quegli anni segnano l’inizio della involuzione per quanto riguardava le tendenze legislative della magistratura. Gli anni precedenti sono anni che tu devi riguardare attentamente perché sono molto interessanti. Per esempio dopo il ‘68 e dopo l’autunno caldo di ‘69 e dopo alcuni mesi in cui scontri, scioperi, manifestazioni, violenze, occupazioni di fabbrica sono cose di ogni giorno, ci fu dichiarata una amnistia. Ciò si decide che tutti i questi reati, le persone arrestate, i reati

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commessi rientrano all’interno di un momento particolare sociale, per cui le persone vengono liberate. Dopo quello ci sono altri segni progressisti all’interno della magistratura e anche delle leggi che il parlamento varia. La più importante è la legge Valpreda. Valpreda è in carcere da 3 anni, si sapevano ormai tutti, insomma era una opinione comune, che non era stato lui a mettere la bomba a Milano, però il processo non arrivava. Quindi si ha fatto una legge che ha preso poi il nome di “legge Valpreda” che permetteva di dare la libertà provvisoria anche prima del processo. Questa legge ha permesso a Valpreda di uscire.Però da un certo punto in poi, diciamo da ‘74 in poi, la legislazione in questo campo, in particolare in campo dell’ordine pubblico, diventava sempre più repressiva. Prima c’è una cosiddetta legge degli armi che per esempio equiparò la bottiglia molotov a un’arma di fuoco per cui ci sono dei persone che vengano arrestate durante le manifestazioni trovate in possesso di una bottiglia molotov e condannate fino 5 anni di galera che è una pena molto dura. Dopo questa c’è la legge Reale. La legge Reale introduce all’interno della legislazione dell’ordine pubblico delle misure estremamente punitive e repressive, si in campo di libertà provvisoria si in campo di carcerazione preventiva che in tutta un’altra serie di settori.

D: Questo è successo perché lo Stato si sentiva molto forte? Sostenuto da tutti i partiti....

R: Va bene. Il PCI si asteneva alla votazione sulla legge Reale. I socialisti votavano al favore...

D: Dopo alcuni anni si può dire che il PCI ha sostenuto quella legislazione...

R: Dopo si. Dopo si diventò anche l’ispiratore quando fece parte in qualche maniera della maggioranza in ‘76, si diventò l’ispiratore. E ci sono tutta una serie di altre leggi: legge Cossiga, legge Cossiga bis, ecc. Sono quelle che abbiamo adesso.Tu vuoi sapere perché avviene questo?Avviene perché effettivamente c’è una situazione sociale, di piazza che era molto calda. Avviene perché sono già i primi segni di una attività militare e avviene perché il governo era tutto sommato un governo molto conservatore. Nessuno ha il coraggio di adottare delle misure progressiste. Questa poi diventa evidente nel ‘76 quando c’è l’unità nazionale (ciò un governo democristiano con l’appoggio del PCI) e nel momento in cui c’è il più grande scoppio di violenza sociale, nelle piazze di Roma e di Bologna. E li passano tutte le leggi. Poi le BR aumentano la loro attività, quindi ci sono più leggi ancora, ecc....

D: All'inizio queste leggi sono usate principalmente contro gli antifascisti nelle piazze, contro il movimento e poi dopo contro gruppi come le BR. Così il regime ha promosso le tendenze di clandestinizzazione?

R: Si può dirla. Si, avviene così insomma.La cosa è molto semplice, perché quando uno fa una legge in cui il porto di arma ad una manifestazione........se tu vai ad una manifestazione con una pistola e se sei arrestato prendi 6-7 anni carcere, se vai con una bottiglia molotov, prendi quasi altrettanto, ciò 4'5 anni, la cosa evidente che può succedere, soprattutto in un caso in cui d’altra parte la polizia in genere spara, è che tu non va di più con una bottiglia molotov ma va direttamente con la pistola, no?! Questo è quello che è successo. La pena è praticamente la stessa, effettivamente e oggettivamente da parte della polizia c’è l’uso degli armi da fuoco, sempre più frequente, ci sono morti, si sviluppa con l’inizio del movimento negli anni 75/76 tra la gente il concetto che uno deve difendersi, che se uno vuole continuare di andare in piazza, deve in qualche maniera difendersi.All’inizio la pratica che poi si diffonde molto rapidamente, è quella che uno si porta la sua pistola per difendersi dalla polizia.

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D: C’erano molti che hanno fatto così? Anche di LC?

R: Eh......In un certo punto poi LC si scioglie, comunque diciamo è quello che è successo. Prima è difendersi, poi naturalmente diventava l’altra.

D: In febbraio 1977 Lama è stato cacciato dall’università 3*. Quello è stato, mi sembra, un’avvenimento abbastanza importante, era la prima volta che si ha usato la violenza o forse la contro-violenza contro il PCI, contro il servizio d’ordine del PCI. E’ in quel momento che proprio sia cominciato la repressione molto forte dalla parte del PCI contro il movimento?

R: Si, certo. La cosa è stata decisamente importante. La cronaca penso che tu la sapesse già.C’è la università occupata da diverse settimane, una occupazione molto sostenuto, molto popolare: c’è moltissima gente, ecc Era l’inizio del movimento di ‘77 contro quale il partito comunista ha condotto fino dall’inizio una battaglia molto dura, sostenendo in particolare che quelli che occupavano l’università, erano pochi, prima di tutto, e in secondo luogo erano provocatori. Per cui ad un certo punto viene deciso una cosa che non era un comizio, ci sono di testimoni oculari di quel giorno....era una spedizione punitiva, ciò è che il comizio di Lama era preceduto dall’invio di un servizio d’ordine fatto da operai e sindacalisti del PCI che avevano lo scopo ufficiale di sgomberare l’università, di fare quello che non voleva fare la polizia.

D: è veramente andato così?

R: Assolutamente. In fatti entravano verso la sette di mattina e cominciavano di cancellare tutte le scritte sui muri e di sgomberare le aule dell’università; poi ovviamente si era radunata moltissima gente, ci sono state circa diecimila persone e addirittura dell’altro resto, è vero, la prima violenza partiva dallo servizio d’ordine del PCI. Perché Lama stava parlando, tutti stavano fischiando Lama e dal servizio d’ordine del partito comunista cominciava a volare le prime bastonate. Poi naturalmente si servivano d’altra parte dalle bastonate e Lama è stato cacciato.

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Però è importante di sottolineare che il PCI chiese ogni giorno, quando era occupata l’università, la polizia di intervenire, ciò di sgomberare. La polizia non lo fece per diversi motivi, anche perché la cosa non sarebbe stata facile; era una occupazione molto grossa.Poi il partito comunista s’impiglia in carico in prima persona di svolgere la funzione della polizia. In quell’anno e anche nell’anno successivo il partito comunista dice esplicitamente che è il compito della classe operaia di farsi stato e farsi stato significa garantire l’ordine e quindi essere poliziotto, essere giudice, essere magistrato, essere informatore, essere tutto insomma, diciamo essere le cellule dello stato nella società, mi spiego. Per cui presto si vedeva loro contro il movimento di studenti, dell’università, dei giovani, ecc. Poi anche nelle fabbriche il sindacato ha avuto come scopo principale quello di eliminare, di mettere al bando i gruppi di lavoratori che dissentono. In fatto in quel periodo tutta la campagna degli intellettuali non-comunisti è quella di garantire il dissenso, di garantire la libertà d’opinione, con un partito comunista che invece spiega ogni giorno sui giornali che dietro il dissenso ci sono sempre le BR, la CIA, il complotto di ogni genere. Tu sai che a Bologna il PCI disse subito che l’occupazione dell’università, ecc. era un complotto, cioè una cosa ordita contro Bologna in quanto città simbolo del partito comunista.

D: Forse questa è facilitata un po’ perché non c’era un’opinione molto chiara tra i gruppi sulla tendenza della lotta armata...

R: Certo, ma loro ne hanno di meno, intendiamoci, all’interno del movimento nel ‘77, proprio come anno, come l’inizio del movimento nei primi mesi di ‘77, però se per esempio all’università di Roma c’è una occupazione di dieci mila persone la stragrande maggioranza di queste persone non ha un’atteggiamento militare. Addirittura la cosa più importante che poi scomparirà dopo, è la presenza del movimento femminista. Il movimento di ‘77 ha una componente fondamentale di femminismo e il femminismo di quel periodo che è un movimento molto vasto e tutto altro che un movimento radicalizzato, diciamo, in senso militare. E anche molte parti del movimento giovanile ......anche se già dall’inizio ci sono le pistole, c’è la violenza voluta, cercata, però è minoritaria. Ma a mano che si fa più dura la situazione, -è questa è abbastanza simile riguardando la situazione di Amsterdam-, a mano che si verifica questa situazione di chiusura, ogni volta le carte di chi vuole, come si diceva in quel tempo, innalzare il livello dello scontro, aumentano. Perché gli argomenti di chi voleva invece continuare a fare il pacifista sono argomenti sempre più facili.

D: Si può dire che loro -gli autonomi e la gente che vorrebbe usare anche una organizzazione più militare- hanno trovato sostegno, anche passivo, tra i gruppi più numerosi?

R: Si, ma gli autonomi in quel periodo dicono molto esplicitamente quella che loro sempre hanno detto e esplicitamente quella che loro volevano fare. Loro pensano di sviluppare una organizzazione territoriale che va dall’università ai quartieri, alle fabbriche (però a Roma ci sono poche quindi il problema non si pone, di più si in altre città), agli ospedali, ecc. In cui loro agiscono e ovviamente devono imporre il loro punto di vista e quindi come tale non disdegnano il fatto che questo punto di vista possa essere impostato con la violenza, insomma la dicono esplicitamente.

D: questa discorso può fare comodo allo Stato durante l’unità nazionale...

R: Certo. Quando si verifica delle situazioni di tensione sociale, così generalizzate come in quell’anno, è evidente che da parte di una classe politica, di una classe dirigente decisamente non progressista, reazionaria per molti versi, la reazione è quella della repressione. Quando però a questa si aggiunge l’entrata in campo di una altra forza politica potente e forte, strutturata come il Partito Comunista, la quale non solo accetta questa genere di tendenza, ma ne fa la propria ideologia, la propria bandiera, allora è chiara che il fenomeno cambia....Siamo al punto in cui erano

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a quel tempo: addirittura giornali o persone, chiamiamoli di destra, sollevano casi di ingiustizie che finivano invece negati dal PCI, come maltrattamenti in carcere, l’uso delle forze d’ordine pazzesco, ecc. Il PCI li sosteneva. Non era semplicemente una cosa a cui il PCI era stato costretto. E’ una cosa che il PCI faceva in assoluta libertà; diciamo manifestando l’evidenza di una delle sue vocazioni autoritarie presenti nella formazione dei suoi dirigenti, del suo quadro. Il PCI dell'epoca è una formazione che si propone di governare la società, che è governare con dei sistemi, dei modi decisamente autoritari, molto più autoritari di quelli della DC, perché ideologicamente autoritari, mi spiego.

D: Però anche organizzata al base, si può dire...

R: Certo. E’ un’organizzazione, chiamiamoli insomma, di quella nata nei paesi dell’Est; un’organizzazione capillare che una volta stabilita qual’è la verità e qual’è l’obiettivo, qualsiasi chi si oppone a questo obiettivo, non deve essere analizzato per studiarne le cause, per capirne le ragioni, ma deve essere semplicemente eliminato. Questo in particolare era visibile nelle fabbriche più ancora che tra gli studenti. E evidente.

D: I consigli di fabbrica, il sistema dei delegati sono nati più o meno spontaneamente...Nel periodo di cui siamo parlando (74/75) sono stati messo sotto controllo dei sindacati e del PCI sempre di più...

R: Qua tocchiamo a delle cose molto complesse. Non si può semplificare. Prima di tutto, proprio andando alla preistoria nel ‘69: non è che prima nascano i consigli di fabbrica e poi nascano le lotte, come si dice adesso, la cosa è andata in senso inverso: le lotte nascono prima e poi dopo il sindacato si mette sopra un capello che è il consiglio di fabbrica. Però con il passare del tempo i consigli di fabbrica perdono progressivamente sempre di più l’autonomia e diventano effettivamente di piccoli parlamenti di partiti dove il PCI ha un peso prevalente e quindi come tali diventano organismi di controllo, però qui si dovrebbe aprire un discorso molto più generale, molto più interessante, perché riguarda al mio parere........non è che c’entra molto con il tema della violenza, anche se poi dice Gramsci......C’è un altro problema insomma che riguarda il consiglio di fabbrica, che riguarda tutto il sindacato....In ‘68,’69,’70 e ancora per alcuni anni i consigli di fabbrica rappresentavano gli operai delle fabbriche medesime, degli uffici, ecc, ma a mano che gli anni vanno avanti in Italia, come in altri paesi, come quasi dappertutto, c’è una ristrutturazione profonda delle fabbriche, dei sistemi di produzione con l’avvento delle nuove tecnologie che rendono questi consigli di fabbrica non più gli interpreti più fedeli degli interessi operai. Restano sempre di più delle figure spezzate, da una parte cinghie di trasmissione veramente di un ideologia di partito, dei bisogni di un partito, dalla altra parte agitatori di una serie di obiettivi salariali, normativi, ecc. che non rappresentano più come prima gli interessi generali. Allora cambia il sistema della produzione e anche la figura dell’operaio molte volte, in alcuni casi in meglio, in alcuni casi in peggio, si sviluppano delle cose nuove di cui il sindacato, il PCI, ma anche noi nella stessa maniera non n’abbiamo percezione. Allora questa porta d’una parte in maniera paradossale ma poi forse neanche troppo alla grande presa delle BR nelle fabbriche, perché essi in maniera sensibile rappresentano una volontà di opporsi ai tentativi del cambiamento delle fabbriche. Quindi in genere le BR reclutano proprio gli operai che sono politicizzati, che hanno molta ideologia, molto spesso sono rappresentanti sindacali e sono tutto uno genere di persone che si sentono sfuggire il terreno sotto piedi e quindi rilanciano nella maniera più aggressiva, così più violenta un tentativo di far fermare il mondo. E questa è stata una lotta persa.

D (di Stefano Fabbri): Io vorrei sapere rispetto al ruolo dell’Autonomia nel movimento di ‘77; il discorso è chiaro di voler imporre in tutti i modi la loro linea, no...vedi per esempio quello che è successo alle manifestazioni grosse, queste qui a Roma, l’assalto all’ armeria, sempre di gruppi

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minuscoli rispetta all’intero movimento che prendevano l’iniziativa a spostarlo a un livello di scontro che non era del movimento che s’espresse molte volte all’interno delle assemblee contro quella tendenza. C’era sempre un tentativo di egemonizzare il movimento in qualche modo. Credo che sarebbe interessante di parlare un'attimo del modo di prevaricazione, dei tentativi....

R: Il modo di prevaricazione è quello classico delle formazioni politiche, non c’è una grande novità. In genere chi vuole fare politica, vuole egemonizzare, quindi prevarica pesantemente. Loro poi lo facevano con un attivismo notevole, loro adesso hanno perso, sono in pratica scompariti, l’Autonomia ha perso perché non esistono di più le condizioni, sono molti pochi, ecc. Sono stritolati dai venti. Però se loro avessero vinto, la loro condizione della battaglia politica all’interno del movimento sarebbe stata esattamente considerata una perfetta strategia come la fuga di Lenin. Non è tanto differente, loro erano grandi leninisti. Un partito, un gruppo di persone estremamente attivo, molto disciplinato, proprio attivisti-lavoratori di tutto il giorno e molto violenti nei sistemi usati, e questa fa la forza di una organizzazione politica. Da qualsiasi parte del mondo uno vada....se uno vuole fare la rivoluzione, si fa così.Loro hanno ottenuto l’egemonia del movimento; progressivamente, passo dopo passo hanno ottenuto delle assemblee che erano sempre d’accordo. Però questa è stata ottenuto semplicemente col fatto che a mano una parte del movimento s’allontanava, non faceva più parte del movimento. Le prime d’allontanarsi sono state le donne, poi si sono allontanati quelli che avevano gli occhi più aperti qui a Roma, poi si sono allontanati anche dei gruppi che erano all’interno dell’Autonomia, ma avevano una concezione un po’ più larga, un po’ meno con il sangue negli occhi, insomma si sono allontanati tutti e c’è rimasto per uno, due anni un nucleo molto duro, diciamo di mille persone, forse anche di più in 78/79 che ogni sabato poi scendeva in piazza e faceva che voleva fare contro la polizia........Piano piano si è sviluppato così, per cui all’inizio c'era un movimento composto di mille tendenze, di mille sfaccettature, di mille bisogni e sempre di più dopo è diventato una organizzazione che rappresentava sempre se stessa, sempre più isolata, sempre più organizzata, sempre più in cattività e così è finita.Il movimento finisce quasi subito, il movimento in quanto movimento; il movimento semplicemente al livello numerico nel’77, le prime manifestazioni erano grandi di dieci mila, quindici mila, venti mila persone. Una manifestazione delle donne aveva trentamila persone. Una cosa enorme. Dopo alcuni mesi i numeri sono già sensibilmente ridotti, molto ridotti.C’era paura, tutti avevano paura. La manifestazione del 12 marzo che si faceva a Roma, che fu una cosa apocalittica con i scontri.....era una manifestazione con una tensione enorme; è stato ammazzato Lorusso a Bologna il giorno prima; ci fu venuta gente da tutta la Italia, c’era una tensione veramente incredibile. Ci sono dei momenti in tanti qui di una situazione incontrollabile. Però il livello proprio di violenza dispiegata ha fatto paura più che alla polizia, -alla polizia ha fatto molto paura però-, ha fatto moltissima paura ai partecipanti. Io per esempio ero francamente impressionato, me ne andavo io, come me, che deve seguire queste cose per mestiere, c'era tantissima gente che era venuta, che è tornata in tutta l’Italia dicendo: "mai più!"Si ha sparato in questa occasione, incendiato, bruciato, tutto tutto.

D: Vorrei parlare di un’altra cosa, però credo che ci siano di rapporti, su un fenomeno: il servizio d’ordine. Per esempio dopo il congresso a Rimini (1976) leggo a Lotta Continua......Prima c’è un discorso di Roberto Delera che dice: “il servizio d’ordine non è il partito degli antifascisti o dei ribelli; è il partito rivoluzionario che sa disciplinare e rendere utile al processo rivoluzionario la milizia antiborghese e antifascista di molti proletari, soprattutto giovani”. Poi c’è una discussione fra alcuni compagni del servizio d’ordine di Roma. Qualcuno ha detto: “non si possa dimenticare quante giovani sono stati reclutati alla milizia rivoluzionaria e a Lotta Continua attraverso la nostra capacità di essere direzione politica e militare nelle piazze”. Vorrei domandare: questo è veramente stato così?

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R: Si, dipende dai posti. A Roma sicuramente è stata così; ma anche negli altri posti. La situazione è questa: in un quartiere ci sono molti fascisti e col bel tempo vanno davanti alle scuole, picchiano quelli di sinistra, ecc. E gli studenti che continuano a prendersi di botte, invece non vogliono più prendersele. Arrivano i compagni del servizio d’ordine e propongono di fare una cosa organizzata. Allora questi giovani di cui si parla in questi due pezze del giornale ci stanno e vengono, diciamo, organizzati, disciplinati, ecc. da qualcuno chi ha più esperienza di loro. Così si mettono in fuga i fascisti. In genere questo è il primo passo. Questa cosa qui poi diventa una occasione per fare altre cose in quartiere. Però quando si ha detto che molti ragazzi vengono attratti alla milizia rivoluzionaria partendo dallo servizio d’ordine, è vero.Non è un segno bene o male. Il problema diventa più serio dopo quando il servizio d’ordine si pone in qualche maniera come direzione politica di un partito -il servizio d’ordine va alle manifestazioni, garantisce le manifestazioni, però il servizio d’ordine è anche quello che quando c’è da fare una occupazione di case, l’organizza. Ha di aspetti diversi. Però poi funzionalmente un servizio d’ordine come struttura in quanto tale è successo da noi, e succede in genere dappertutto, degenera. Diventa militare in attese di consegne......militari, poliziotti. Sviluppano questa mentalità, capito. Ha un culto della forza, diventa una caserma.

D: Si può dire che il dibattito su questa tendenza, sull’antifascismo militante proprio è cominciato con il caso torinese del bar “Angelo Azzurro”?

R: E’ cominciato anche prima. “Angelo Azzurro” è successo perché c’è stato un morto. Ma in tanti altri occasioni non ci sono stati dei morti; però quello che qualcuno psicologicamente ha conservato di quelle esperienze, è una cosa di cui la gente in genere non vuole parlare. Però sicuramente insomma i disastri all’interno di sé stessi sono stati molti.Il servizio d’ordine in una città come Milano era una cosa che comprendeva 2 mila o 3 mila persone. C’era quel culto, c’era la volontà di essere considerati come i partigiani di una volta.., di essere quelli che in caso di un golpe di stato sarebbero stati quelli che avrebbero garantito che il golpe di stato sarebbe fallito. Quelli che impedivano i fascisti di parlare. Tutto questo sviluppa un culto della propria forza, della propria potenza, che è negativo.

D: L’organizzazione Lotta Continua per esempio ha fatto anche propaganda antifascista militante, nei quartieri, nel territorio?

R: l’ha fatto tantissima per anni e anni. Si ha fatto di volantini, si ha fatto di comizi, si ha fatto tante cose. E tutto questo ha avuto tanto risultato. Obiettivamente i fascisti a Roma erano una grande forza negli anni sessanta e settanta. Erano il terzo partito. All’Universtà erano molto forti. Ancora nell’68 gli studenti di sinistra occupavano diverse facoltà e i fascisti occupavano le loro facoltà. Erano tanti anche loro. Nei quartieri erano molti, avevano una presenza visibile. Questa cosa qui è effettivamente cambiata. Li c’è stata una grossa lotta al livello di piazza e i fascisti hanno perso.Però dopo un po’ quelli che hanno combattuto questa lotta pensarono che questa lotta durerà in eterno e quindi vanno alla ricerca di una altra guerra. Qualsiasi guerra, prima contro gli spacciatori di droga, ecc; cose che adesso sembrano impossibili, però la sinistra rivoluzionaria nel ‘73/’74 se trovava uno che fumava uno spinello, lo bastonava.Il problema è da capire fino quando queste strutture possano essere in qualche modo controllate, no? O fino quando queste sono decisamente autonome e sfuggono dal qualsiasi controllo. Per esempio in Lotta Continua, che ha avuto moltissime degenerazioni in questo genere.......in qualche maniera chi aveva più responsabilità all’interno di questo servizio d’ordine, erano anche delle persone con un po’ di bon senso. Per cui si capiva anche qual’era il limite a cui si poteva arrivare e si preparava anche più volte a poter tornare indietro di quel limite. Non sempre è successo così. Lo scioglimento di LC ha terminato questa pratica.

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D: Il discorso di Asor Rosa sulle due società....Questo discorso ha potuto dare anche l’impressione che qualcuno abbia detto: “questo movimento non possiamo controllare mai, allora si deve eliminarlo” o qualcosa di quel genere...

R: Non diceva: si deve eliminarlo. Si deve sapere che questo gruppo non ha i valori che noi abbiamo. Fa attenzione, perché è successo negli ultimi anni settanta.....in Italia non c’era un mondo alternativo dell’occupazione di case, della piccola produzione, della vita alternativa, dei viaggi, come per esempio nella Germania. In Italia non c’è la base fisica. Se uno va a Berlino, vede che esiste un mondo ufficiale e esiste un mondo alternativo molto numeroso. Questo mondo alternativo non è nutrito soltanto di ideologia, di propaganda, ecc. Ha delle basi materiali, una formazione di reddito per esempio, ci sono dei lavori, c’è l’artigianato, ci sono delle tendenze che si sviluppano. Non è semplicemente assistito.

D: Si può dire che questa è mancata al Movimento?

R: Questa è mancata al movimento, è mancato in generale a tutta la sinistra nell’Italia, ma in particolare al movimento. E qui si scoprirò poi che il movimento di ‘77 era un movimento intellettualmente molto povero, cascato poi nella braccia di teorizzatori appunto di livelli di scontro, della violenza, ecc. Che erano teorizzatori che avevano poi già fallito la loro prima chance dieci anni prima...In 1977 c’è un movimento fatto delle persone che hanno tra 18-22 anni, che beve come alcolizzato le parole delle gente che hanno 40-50 anni, come propri teorici, c’è qualcosa che non funziona, no?...Ci sono le teorie di Negri...che cosa c’entrano?! Però per il movimento Toni Negri diventò un Sant’Antonio.

D: Si può proprio dire che la fine del movimento di ‘77 significa anche la fine di un modo da fare la politica comunista?

R: Si, certamente. Non ci può mai essere più nell’Italia, ma non a causa del movimento di ‘77, ma per il terrorismo. Il terrorismo di ‘78/’79, l’assassinio di Moro impedisce per molti anni la possibilità di un altro movimento comunista nell’Italia di questa genere (a mia parere). Non solo, ma poi sono le condizioni cambiate della società che s’incaricano di impedirla. Il terrorismo è stato l’ultima fase del movimento comunista. Le BR hanno questa ideologia comunista.

D: Però la più grande parte del Movimento anche si chiamava comunista.

R: Si, però si lo chiamerà sempre di meno. Se nascerà un nuovo movimento in Italia, diciamo, per bisogni, esigenze e questo genere sarà più simile ai verdi, non si chiamerà comunista. Si chiamerà ecologico, libertario, naturista, verde, con qualsiasi altro nome.

D: Per me un’esempio della povertà teoretica è stato il slogan “il personale è politico”. Per me è un slogan, non di più.

R: Perché?

D: E’ un discorso...in questa società, credo, se sia un po’ realista, c’è una grande distanza tra le cose personali e le cose politiche. Entrambi sono da congiungere soltanto in un mondo alternativo. Se si vuole fare una politica più generale, ci sono sempre delle concessioni da fare...non si può essere “comunista” o “anarchico” fino all’osso. La società è borghese, se non vivi ad un’isola...

R: Si, però in fatto lo slogan non è “il politico è il personale”, è “il personale è politico”. Questo vuole semplicemente dire che anche la sfera personale è politica, una cosa che prima poteva essere negata. Comunque è un riconoscimento tardivo del fatto che le motivazioni personali, gli interessi

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personali, le relazioni personali sono per sé dei fatti politici. E’ una tautologia, è evidente...Lo slogan ha avuto fortuna......come l’acqua calda.

D: Cosa è stato l’importanza del movimento femminista?

R: Enorme. Per quanto riguarda Lotta Continua enorme, perché ha distrutto il partito....fortunatamente.

D: Fortunatamente perché?

R: Perché qualsiasi partito in quelle condizioni sarebbe degenerato, sarebbe diventato come...l’Autonomia. Invece per fortuna il movimento femminista l’ha tolto l’erba sotto piedi, ha impedito che si andasse avanti su quella strada per lo meno ad una forma di un partito organizzato.In genere i rivoluzionari lo considerano come tutto. Non gli anarchici, ma in genere i rivoluzionari comunisti considerano il partito come senso totale in cui si inizia e si conclude tutte le proprie attività politiche. Dentro questo non c’è spazio per il personale.Quando ti arriva la tua parte femminile del partito che è grosso modo 50%, che ti dice al congresso che non accetta questa semplice principio, ciò non accetta che la classe operaia sia il centro del mondo, perché intende essere il centro del mondo la propria sessualità, tu capisci che non si può più essere un partito. Così è andata. Se tu leggi sul nostro convegno di Rimini è andata esattamente così.

D: Però questa è anche una tendenza negativa, perché in questo modo i gruppi operai dentro a LC sono stati spersi. Per questa ragione gruppi come l’Autonomia e le B.R. hanno ottenuto più possibilità di svilupparsi.....

R: Potrebbe essere, certo. Questo però non mi importa nessuno rimorso, nessuno problema. Lo so che si dice se Lotta Continua fosse continuata come organizzazione...... che invece dopo lo scioglimento tanta gente non aveva di più un punto di riferimento, che con l'organizzazione ancora vivente la gente non sarebbe andata a fare delle sciocchezze in giro. E’ vero, ma cosa vuole dire questo?! Tu non puoi tenere in piedi un partito, perché se no la gente fa dei stupidaggini.Comunque il problema è che se fosse restato un partito, semplicemente si sarebbe stato un livello di sfruttamento dalla parte maschile, e in particolare operaia, su quella femminile. E questa è considerata più grave.

D: ma che senso ha a dire: “tu operaio di Fiat, devi parlare della tua sessualità”?

R: Ma la persona a cui tu dici: “guarda che io operaio sono il centro del mondo”, tu dici: “no, per me non sei il centro del mondo” e il discorso finisce li. Poi se tu hai voglia di parlare di sessualità, ne parli, ma lei comunque non parla più con te, perché ormai non s’interessa. Allora non si può fare più niente. O la costringe, la opprime, come fanno molti partiti.

D: (Enrico D'Errico Fabbri) L’Autonomia è riuscito a presentarsi come un movimento autogestionario diverso dei tanti partitini marxisti-leninisti e addirittura a passare fino qualche anno fa come Il Movimento...

R: Non c'è solo questo...Ci sono molti filoni che concorrono alla formazione del pensiero, anche se misero, dell’Autonomia. Una parte è quella del sindacalismo, anche dell’anarcosindacalismo, specialmente a Roma, quello filone di Pifano, Miliucci, Tavani, queste persone. Sono degli anarcosindacalisti, anche se solo in parte si definiscono così. Anche loro stile di vita ha questi riferimenti. Loro per esempio si chiamavano “la colonna Durutti”, c'è anche questa simbolica. E quello in parte comprende una parte della filosofia autogestionaria.

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Poi ovviamente c’è l’altro aspetto del comunismo classico, perché queste persone sono in particolare tutti provenienti dal PCI. E questa, specialmente a Roma, si dimostra poi nel suo complemento. Poi ci sono delle altre cose. A Bologna per esempio è tutto diverso. A Milano si ha meno storia propria, è più un fenomeno di riflesso. E poi c’è il caso di Padova dove si mischino insieme molte cose, sicuramente una forte componente cattolica.

D: Gli autonomi che ho intervistato usano sempre la parola “comunismo”. Una volta ho chiesto: “cos’è questo comunismo e si ha risposto: “è una domanda banale”....

R: Sono comunisti con dei riferimenti al comunismo classico, con una identificazione totale della lotta di liberazione nel Terzo Mondo. Trenta percento della gente nell’Italia vota comunista. Non è come in Olanda.

D(Fabbri): sul discorso dello scontro per lo scontro.....questa tendenza non può essere definita anarcosindacalista o autogestionaria, semplicemente perché c’era dietro secondo me un discorso di sfiducia nella costruzione di un movimento rivoluzionario giorno per giorno in una lotta di massa. Questo tipo di discorso si pone tipicamente come una concezione d’avanguardia.

R: Questa succedeva quando la lotta di massa non c’era di più. E’ così. Fino a quando ci sono delle lotta di massa, queste tendenze sono minoritarie...Anche Potere Operaio, quando c’era uno sciopero alla Fiat, andava come deve andare al ‘71. Potere Operaio stava zitto. Aveva anche l’intelligenza di stare zitto.Quando invece non c’è più questa presenza, diciamo, detenente che ha fatto la lotta di massa, ognuno poteva fare che vuole.E poi ci sono tante persone nella politica, non solo nei gruppi, ma anche nei sindacati, ecc che non rinunciano al fatto di aver perso un ruolo, una identità. Se io faccio il sindacalista in una fabbrica dove per cinque anni quando faccio così, mi vengono dietro cinque mila operai, è un ruolo, la mia giornata, la mia vita è piena di queste cose qui. Quando questa cosa non succede più, io o perdo il mio ruolo, ma è difficile, oppure voglio continuare a farlo....e poi prendo sempre un gradino di più, ….Penso sempre che sia arrivato un momento particolare, ma poi prendo dei colpi, delle sconfitte.....Questa succede.Molte volte le BR sparano ad uno, alle gambe, ad un capo squadra e dicono: “questa è per aiutare la lotta di massa.” Ma era principalmente per aiutare se stesse a sopravvivere.

Roma il 2 dicembre 1982

[* l'intervista, fatta ormai una epoca fa, faceva parte del mio progetto -riassunto in poche parole- a scrivere un libro sulle esperienze del movimento extraparlamentare nell'Italia degli anni 70 per quello movimento olandese più importante nei primi anni 80: de krakers o occupanti di case, per alcuni anni un forte movimento senza precedente nei Paesi Bassi.Volevo che il movimento olandese imparasse dagli errori fatti nell'Italia...ma in pochi anni questi errori si ripetevano e io....ho continuato a scrivere e a raccogliere dei materiali per un libro che alla fine è uscito nel 1996 (!!) come edizione commerciale della mia tesi di dottorato.....Deaglio sapeva delle mie intenzioni iniziali..All'intervista partecipava Stefano Fabbri D'Errico, una persona senza quale non avrei potuto terminare il progetto..]

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7 OTTOBRE 1952 nasceva PIER #FRANCESCOLORUSSO , militante di LOTTA CONTINUA ucciso da un colpo d'arma da fuoco l' 11 MARZO 1977 a #BOLOGNA. Io -Tom Welschen- sono nato nello stesso anno..

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NOTE

1 Giacomo Mancini [ex-ministro e segretario del PSI] mi disse nell'intervista del 10-11-1988: "...l'immagine di questo commissario Calabresi, insomma era senza altro odiosa, ma non soltanto nella gioventù, ma anche nelle settori politiche che erano molto lontane dalla gioventù che stava nelle piazze....Adesso ho sentito, ho letto anche io una beatificazione del commissario Calabresi che difficilmente anzi impossibile si potrebbe ritrovare nelle cronache politiche di quel epoca, ma non nelle cronache scritte da elementi di sinistra, ma nella cronica politica che poteva fare anche l'Avantì, che faceva sicuramente l'Unità. `E certamente vera che nel momento in cui si seppe della morte di commissario Calabresi...è un fatto che sul piano umano tocca, però non mi pare di ricordare che ci fosse qualche commozione nel mondo democratico qui nell'Italia. Io non mi sento da dire che ci furono nelle ambienti di quali facevo parte un'applauso e il consenso, però ci fu sicuramente una riflessione che teneva conto dei comportamenti della questura di Milano e dello stesso commissario Calabresi"...

2 I NAP, Nuclei armati proletari, rappresentano nell’universo delle formazioni terroristiche italiane una sorta di anomalia perché quelle che sono le due regole auree della lotta armata – la compartimentazione e l’assoluta clandestinità – nel caso di questa organizzazione vengono continuamente violate. Al pari dei raggruppamenti del cosiddetto terrorismo diffuso che sorgeranno sull’onda del movimento del ’77, la caratteristica fondamentale dei NAP è lo spontaneismo.In meno di 5 anni i NAP nasceranno e morranno.D’altronde l’origine stessa dei NAP è spontanea. La base sono le strutture carcerarie che – secondo un’analisi di tipo marxista – costringono al loro interno il proletariato più sfruttato ed emarginato.La nascita di un movimento dei carcerati, radicalmente politicizzato – e il conseguente tentativo di saldarsi ad una formazione extraparlamentare e legale come Lotta Continua – dà origine proprio ai NAP la cui originalità sta nel costante legame che questo gruppo mantiene con i detenuti, nella maggior parte detenuti comuni, considerati sull’onda di Fanon “i dannati della terra“.Il ribellismo penitenziario e la lotta all’istituzione carcere saranno sempre gli elementi portanti dell’azione dei NAP http://www.misteriditalia.it/cn/?page_id=3461 . La rivolta nel carcere di Alessandria (9-10 maggio 1974) schiacciata nel sangue dai carabinieri del generale Dalla Chiesa segna un punto di non ritorno nel ciclo delle lotte dei detenuti. Di fronte alla dura scelta repressiva del governo, Lotta Continua decide di liquidare la Commissione Carceri. I suoi militanti in pochi mesi saranno tra i protagonisti della nascita dei Nuclei armati proletari. Gianni Landi ha scritto [maggio 11, 2014 alle 5:43 PM] "Il riflusso di Lotta Continua e l’inasprimento dei provvedimenti contro i detenuti , come tutto l’attacco di stampa (O.P. settimanale di Pecorelli legato ai Servizi Segreti , insieme ad Epoca fecero un servizio a due pagine segnalando il Collettivo Jackson di Firenze e Gianni Landi in qualità di ideologo ed organizzatore dei NAP ) ,Servizi segreti , Carabinieri e Ministero degli interni (chiesero ad A. Sofri di eliminare fisicamente i leader dei NAP) completarono il quadro per giustificare ed eliminare il “fiancheggiamento esterno al carcere” ." [https://contromaelstrom.com/2014/05/10/9-maggio-1974-carcere-di-alessandria-strage-di-detenuti-e-ostaggi/].

Personalmente ho visto un po -ospitato la per una settimana- la situazione dei carceri nel giugno 1976, precisamente quello di "le Nuove" a Torino, ora un museo [!!??]. Vi racconto nella storia "La terza visita speciale, notevole, sfortunata ma istruttiva a Torino nel giugno-luglio 1976 - la prigione 'le Nuove'"....

3 vedete tra l'altro: La cacciata di Lama dall'Università la Sapienza di Roma 17 febbraio 1977[ http://www.pugliantagonista.it/archivio/lama_cacciata.htm ]

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Feltrinelli spiegato ai ragazzi 10 marzo 2012 Enrico Deaglio

[estratto]

[...] Feltrinelli pensò che bisognasse fare qualcosa. Non bastava pubblicare libri, e dire che lui inanellava successi editoriali: “Il dottor Zivago” strappato alla censura dell’Unione Sovietica, “Il Gattopardo”, capolavoro italiano che giaceva in un cassetto, la letteratura latino americana, gli scrittori americani. Feltrinelli voleva lui stesso mettersi in gioco, non solo con i propri soldi, ma con la sua stessa vita. Pensò che bisognasse essere preparati a fronteggiare il colpo di Stato, organizzare una resistenza armata. Contattò vecchi partigiani, giovani del nuovo movimento, persino banditi che operavano in Sardegna. E in quell’azione dimostrativa sul traliccio, perse la vita.

Era un pazzo? Un violento? Un ricco viziato?

Permettetemi di sostenere, a quarant’anni di distanza dalla sua morte, che Giangiacomo Feltrinelli fu invece un uomo intelligente e generoso, sicuramente un ingenuo, ma sicuramente anche un patriota. Finalmente un privilegiato per nascita che sposava la causa dei poveri! Finalmente un mecenate della cultura, come non se n’erano visti molti in Italia! Se tanta gente in questo paese ha letto buoni libri, ha frequentato librerie, ha ascoltato conferenze, ha sentito leggere poesie in pubblico, ha incontrato scrittori di mondi lontani, lo deve a lui.

C’era davvero il rischio di un colpo di Stato, o era una sua paranoia? Beh, credo che non si troverebbe nessuno, oggi, che non riconosca che in quegli anni l’Italia – uscita formalmente dal fascismo nel 1945, al fascismo rischiò davvero di tornarci.

Feltrinelli fu, in breve, un esponente della grande borghesia milanese che ancora adesso ci stupisce, perché la borghesia milanese negli ultimi due decenni purtroppo ci ha abituati a ben altro.

http://www.ilsecoloxix.it/p/cultura/2012/03/10/APUKMo3B-feltrinelli_spiegato_ragazzi.shtml#axzz1pAZjLxak

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