We are the champions

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Replay.numero 73.20 Maggio 2012

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Football Crazy di GIANLUCA PALAMIDESSI

I 4 LAZIALI

Sono 4 i laziali in cima al mondo. Sono 0 quel-li della Roma, o meglio uno ce n’è, ma è retro-cesso, il buon Serse Cosmi. Oggi più che mai i laziali hanno dimostrato di saperci fare e come con il calcio allenato. Di Matteo, Di Canio, Mancini, Simeone. Chi con trofei più grandi, chi con più piccoli. Forse uno di questi verrà alla Lazio, ma forse questa storia già la sapete. Passo oltre, parliamo ad uno ad uno dei leg-gendari allenatori, perché così li possiamo de-finire. Di Matteo, nell’ordine, ha vinto pratica-mente tutto quello che un allenatore sogna e che in quaranta anni non è mai riuscito a fare, FACUP e CHAMPIONS LEAGUE. Per lui è stata un emozione unica, già, unica e forse irri-petibile, dato che quello sciocco di Abrahmo-vic ha deciso di non rinnovargli il contratto. Io avrei aspettato, ma sono solo un povero scrit-tore che narra le sue gesta dietro ad un pc. Fi-nalmente il Chelsea ha vinto la Champions, ossessione di Abrahmovic che per anni ha messo in piedi grandi squadre e grandi allenatori. Era destino che a-vrebbe vinto solo con la squadra peg-giore e il meno bra-vo degli allenatori. Nel 2013 prenderà Guardiola, con cui ha già un accordo firmato. Fino ad allora però, chi prenderà? Ci ripen-sa a tenere Di Mat-teo, tutti noi speria-mo di no, in modo

che venga da noi, alla Lazio. Cambiamo alle-natore, ma non nazione, rimaniamo sempre in Inghilterra, allo Swindon Town. Qui si trova Paolo Di Canio, allenatore che ha vinto la Se-rie C inglese ed è approdata in B. Per lui ora gli scenari si ampliano, ma c’è chi dice che non rimarrà. Sempre in Inghilterra c’è Roberto Mancini, che col suo Manchester, di sponda celeste, ha vinto un campionato che mancava da quaranta anni, e come lo ha vinto! Con due gol negli ultimi due minuti di gioco, per un finale al cardiopalma. Infine Simeone, che me-rita una mansione particolare. Ha vinto l’Europa League, proprio come aveva fatto alla Lazio dodici anni prima. Grazie a questa vitto-ria e al piazzamento in classifica di quinta po-sizione, è entrato nella storia del club, che già lo aveva in memoria per le gesta compiute ne-gli anni precedenti. Laziali e vincenti.

IN CIMA AL MONDO

Un’immagine di Soldo, amministra-tore di CURVA NORD LAZIO

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REPLAY SOMMARIO

42: Chelsea campione. I blues vinco-no la Cham-pions Lea-gue per la prima volta

10: Lazio senza Champions

25: Il Toro torna in Se-rie A

26: I Top Pla-yer: Guerin Sportivo

3: Rubriche: Gianluca Palamidessi

7: Rubriche: Matteo Ma-rani

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Il Corsivo di MATTEO MARANI

CONTE HA

Fra le meraviglie del calcio, c’è la forza del risultato. C’è chi vince e c’è chi perde. Ha vin-to la Juve. E nel mio piccolo, piccolissimo, ho perso anch’io, dubbioso sul possibile successo finale dei bianconeri. Intuivo che il Milan – poi appesantito in modo decisivo dagli infortu-ni – avrebbe faticato a bissare il successo dell’anno precedente. E che l’Inter, con gioca-tori sempre più vecchi e giovani non all’altezza, avrebbe incontrato parecchi proble-mi, puntualmente sopraggiunti. Per questo, come auspicio di novità, a settembre dissi Na-poli, senza immaginare che la squadra di Maz-zarri avrebbe conquistato gli ottavi di Cham-pions e la finale di Coppa Italia. Invece ha vinto la Juve. Hanno vinto i suoi mi-lioni di tifosi. Da sei anni aspettavano questo benedetto giorno. Non semplicemente per gioi-re, come era successo tante altre volte, ma per liberarsi dal dolore di una ferita subita. Un sen-so di sopruso che la Juve non aveva mai prova-to nella sua secolare storia, nato all’indomani della cacciata in Serie B. Con questo trionfo si chiude la stagione di Calciopoli, in modo più netto di quanto sia riuscito ad alcune, ambigue. Hanno vinto sul mercato e in società Andrea Agnelli, Beppe Marotta e Fabio Paratici, bravi a ricostruire dalle macerie, a non scoraggiarsi di fronte agli insuccessi dell’edizione prece-dente e a trovare, da ultimo, l’allenatore ideale. Soprattutto ha vinto lui: Antonio Conte. Poche volte, nella storia del calcio italiano, un allena-tore aveva inciso quanto il leccese in questo successo della Juve, ventottesimo ufficiale (a proposito, aspettiamo che la Federcalcio dica qualcosa sugli scudetti 1908 e 1909 riportati a galla da Carlo F. Chiesa). Conte ha fatto tutto nel migliore dei modi. A partire dall’ingresso

nello spogliatoio, che era stato il suo punto de-bole ai tempi dell’Atalanta. Quindi ha saputo motivare al massimo il gruppo, trasmettendo fiducia e identità, doti che a Torino parevano smarrite. Ha lavorato sull’orgoglio, sulla sete di riscatto, sul sentimento juventino, rinvigori-to pure dal nuovo stadio, non a caso giunto nella stagione di giubilo. E alla fine, in un mix tra squadra e pubblico, tra dirigenza e simboli perduti, ha risollevato un ambiente depresso. Nei momenti difficili, ha mostrato persino il volto duro e arcigno della Juventus “peggiore”, quella che non inseguiva amici e alleanze, ben-sì solo vittorie. Si è buttato dentro le polemi-che con Allegri per non cedere il punto, per non arretrare di un centimetro. Si è speso in t u t t o : v o c e , p o l m o n i , i d e e . Sul campo ha completato il suo capolavoro. Ha rigenerato giocatori come Barzagli, Chielli-ni e Bonucci, quasi impresentabile la scorsa stagione. Facendo correre la squadra per tutto l’anno e senza gli infortuni del passato. Ha fat-to di Pirlo il miglior centrocampista della Serie A, forse d’Europa, dopo che il Milan lo aveva frettolosamente liquidato. […]

CONVINTO TUTTI

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Lazio - Zoom di MARCO BAVA

La Lazio vince ancora

Il sogno Champions allungo accarezzato e per-so sul più bello, quando nonostante qualche scivolone di troppo le altre sembravano non volerne approfittare. Il passo falso di Udine e il pareggio con il Siena però hanno complicato ulteriormente un cammino già lastricato di dif-ficoltà vista l'Interminabile serie d'infortuni. Non è bastata una vittoria bella, meritata, figlia di un secondo tempo tutto cuore e carattere. La Lazio doma l'Inter, tre gol dopo aver chiuso il primo tempo in svantaggio e aver appreso che l'Udinese, a Catania, passeggiava su una squa-dra, quella rossazzurra, appagata da un cam-pionato che tutto aveva già detto.

Non sarà Champions ma ai ragazzi biancocele-sti vanno applausi scroscianti da tutto l'Olimpi-co e non solo per il 3-1 rifilato all'Inter ma an-che e soprattutto per un campionato vissuto sempre ai vertici nonostante, come detto pri-ma, i tanti infortuni e un mercato di gennaio tutt'altro che memorabile. L'Inter è la solita: buone trame offensive ma terribili amnesie di-fensive nelle quali i biancocelesti affondano tre volte. I nerazzurri chiudono una stagione mol-to più nera che azzurra e ripartono da Stramac-cioni... Forse. La Lazio è quarta, accede ai gi-roni di Europa League e programma il futuro: con o senza Reja? Il tormentone parte già sta-to.

FORMAZIONI - Non poteva che chiudersi con un forfait eccellente la stagione maledetta -dal punto di vista degli infortuni- della Lazio. Trauma contusivo-distorsivo durante l'allena-mento di ieri e stop inevitabile. Reja mastica amaro e fa di necessità virtù con Kozak unica punta e Makinwa, insieme al giovane Rozzi, in

panchina. In difesa, davanti a Bizzarri, recupe-ra Biava che fa coppia con Diakitè al centro con Scaloni e Konko sugli esterni. Cana e Le-desma formano la coppia centrale. Mauri-Candreva e Lulic agiscono dietro al centravanti ceco. Stramaccioni risponde con un 4-5-1 in fase difensiva pronto a trasformarsi in 4-3-2-1 in quella offensiva con Poli e Alvarez pronti a supportare Milito. Squalificato J.Cesar, in por-ta va Castellazzi. Davanti a lui ci sono Maicon, Samuel, Lucio e Nagatomo. Zanetti, Guarin e Cambiasso sono i mediani.

PRIMO TEMPO - Ci si gioca la Champions, anche se il destino è tutto nelle mani dell'Udi-nese impegnato a Catania. La Lazio parte for-te, spinta da un pubblico degno delle grande occasioni (sono 55 mila i tifosi all'Olimpico) e il primo squillo arriva da una percussione di Lulic che serve Mauri stoppato, però, al mo-mento del tiro dal recupero di Lucio. I primi dieci minuti sono di marca biancoceleste con il terzetto formato da Candreva, Mauri e Lulic che spesso riesce a trovare lo spazio per affon-dare anche se di pericoli reali per Castellazzi non ce ne sono. Dopo la sfuriata iniziale della squadra di Reja, l'Inter riesce a prendere le mi-sure e grazie alla qualità di Cambiasso e Gua-rin amministra bene il centrocampo. E' proprio l'ex del Porto a scaldare i guanti a Bizzarri con un sinistro dai 25 che il portiere argentino di-sinnesca con un intervento in bello stile. I ne-razzurri premono, Maicon a destra è una spina nel fianco per Konko e da una sua pennellata da destra è Milito a sfiorare il vantaggio con un colpo di testa che finisce di poco a lato. Po-co prima era stato Gaurin, dopo una triangola-zione con Poli, a chiamare ancora una volta

ma niente Champions

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Bizzarri alla parata. La Lazio con il passare dei minuti perde molta della sua verve iniziale an-che perché Kozak è controllato con assoluta facilità da Lucio e Samuel. Dopo un controllo assoluto della seconda parte di frazione l'Inter passa: fallo sciocco di Ledesma su Maicon (anche se l'intervento non sembra avvenire all'interno dell'area) e Damato fischia il rigore. Milito è freddo a realizzare. Il gol pesa sulla Lazio e da un errore difensivo nasce un'altra occasione per gli ospiti ma Bizzarri è bravissi-mo a uscire a terra e anticipare Milito.

SECONDO TEMPO - La ripresa parte sulla stessa falsariga del primo: Inter pericolosa quando avanza e Lazio che ci prova anche se non sempre in maniera convinta. La squadra di Stramaccioni è brava a sfruttare le corsie ester-ne soprattutto grazie alla spinta di Maicon. Ma la squadra di Reja ha orgoglio da vendere, for-giata da una stagione piena di peripezie: prima Ledesma e poi Candreva suonano la carica con due conclusioni dalla distanza e su quella dell'ex giocatore del Cesena, Castellazzi è co-stretto a deviare in angolo. Dal corner, battuto da Ledesma, Kozak salta più in alto di tutti nel cuore dell'area e trafigge il portiere nerazzurro. Il gol galvanizza la Lazio che in quattro minuti capovolge la situazione: discesa dirompente di Lulic che salta come birilli Zanetti e Maicon prima di servire Candreva dal limite fulmina Castellazzi. Stramaccioni si gioca le carte Paz-zini e Longo per Alvarez e Poli. L'Inter spinge alla ricerca del pari ma lascia anche degli spazi importanti che, però, la Lazio non riesce a sfruttare perdendo spesso palla sulla trequarti.

L'occasionissima per i nerazzurri arriva all'82' quando Zanetti si fa tutta la fascia destra prima di servire un cross basso per Pazzini che coglie il palo da pochi passi. Reja toglie uno stremato Lulic per inserire Gonzalez. La Lazio è stanca, accusa le fatiche di una stagione logorante, vissuta praticamente sempre con gli stessi in-terpreti. Reja chiede di mantenere il possesso, di non sprecare palloni in ripartenza ma nè Candreva, nè Mauri hanno la lucidità necessa-ria per eseguire al meglio le richieste del tecni-co. Ad infiammare lo stadio ci pensa Diakitè che dopo un anticipo su Pazzini si fa tutto il

campo in progressione prima di scaricare su Candreva. La Lazio nonostante la stanchezza trova anche il tempo per calare il tris: Candre-va pesca Kozak in profondità, il ceco prova la conclusione ma sulla respinta di Castellazzi è puntuale il tap-in di Mauri. La Lazio vince gra-zie ad una ripresa gagliarda, di carattere e an-che di buoni contenuti tecnici. L'Inter palesa, come a Parma, evidenti difficoltà in difesa e chiude nel peggiore dei modi una stagione nata male e che non ha mai vissuto una vera e pro-pria sterzata.

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Candreva, miglio-re in campo, si im-batte in un duello con Samuel

I ragazzi della Cur-va Nord nell’Inter espongono uno striscione per IRR

Candreva e Mauri, autore del gol, fe-steggiano insieme a Cana

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Scaloni, Cana, Lu-lic, Kozak e Rocchi festeggiano in Cur-va Nord

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Italia - Serie B di Gasport

TUTTA TORINO IN FESTA

SUn gol per tempo, di Oduamadi al 24’ pt e di De Feudis al 39’ st, e il Torino torna a casa. La promozione è festeggiata in una giornata in-vernale, sotto il diluvio, in uno stadio impazzi-to di gioia ed esaurito da giorni: 25.529 spetta-tori, record per quest’anno. Ad aprire la festa granata è l’azione tambureggiante che porta al gol di Odu: Antenucci mette in mezzo da de-stra, Meggiorini calcia a botta sicura ma il tiro viene respinto sulla linea, Odu ci prova e ripro-va e segna l’1-0. La macchia granata dell’Olimpico esplode: la rabbia repressa in tre anni di purgatorio è alle spalle, davanti c’è so-lo tanta voglia di festeggiare.

LA PARTITA — Il Toro era partito forte fin dall’avvio: al 13’ Iori libera Antenucci tutto solo davanti a Caglioni, bravissimo a prender-gli il tempo e a respingere il tentativo di pallo-netto. E’ la scossa: la gente spinge e la spinta si fa costante. Al 15’ Meggiorini calcia dal li-mite e Caglioni devia in angolo, poi il portiere modenese blocca anche su Oduama-di. Al 23’ puntata di Antenucci che, anziché provare l’assist per Surraco, conquista solo un corner. Dopo il gol di Odu, il Modena prova a farsi vedere in avanti con Arde-magni che al 31’ si libera bene in area ma sul destro trova l a r e s p i n t a dell’attento Benus-

si. Al 34’, mentre si accendono i riflettori in una giornata piovosa, il Toro potrebbe raddop-piare: Odu ci prova sulla sinistra, poi replica Antenucci dalla parte opposta e sul cross il mancino di Meggiorini finisce a lato di poco. Al 38’ punizione di Dalla Bona dalla sinistra, testa di Carini e palla che sfiora il palo. Dopo 10 minuti della ripresa Antenucci ha la palla buona per chiudere il discorso, ma il sinistro è alto. E mentre Vives salva in area una bella ripartenza modenese, è Caglioni protagonista di un mezzo miracolo sul colpo di testa di D’Ambrosio. Al 34’ Sgrigna la piazza nell’angolo, ma Caglioni conquista la palma di migliore in campo e devia in angolo. Poi arriva il raddoppio di De Feudis e a Torino scoppia la festa che durerà tutta la sera in città.

IL TORO TORNA IN A

La Curva del Tori-no è in fiamme. La squadra torna in A dopo 4 anni

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IL CHELSEA VINCE LA COPPA DEI CAMPIONI PER LA PRIMA VOLTA NELLA SUA STORIA. E’ UNA VITTORIA STORICA

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Copertina CHAMPIONS LEAGUE

E adesso mandatelo via da lì, se ne siete capa-ci. "There's only one Di Matteo", cantavano i tifosi in maglia blu pazzi di gioia, alla Fussball Munchen Arena, proprio nell'istante in cui Mi-chel Platini premiava il giovane tecnico italia-no del Chelsea. Due mesi e mezzo al timone dei Blues sono stati sufficienti per avviare una serie di miracoli che hanno portato due trofei a Stamford Bridge, in una stagione che sembra-va nata sotto una cattiva stella. E non proprio due coppette del nonno: la FA Cup è il torneo calcistico più antico del mondo, la Champions League consegna all'immortalità sportiva un club che la vince per la prima volta.

L'UOMO DELLE FINALI — Di Matteo è l'uomo che ogni tifoso del Chelsea vorrebbe vedere in campo in una finale, in giacca e in cravatta come in pantaloncini. Perché lui sa come si fa e l'ha sempre saputo: fu un suo gol al Middlesbrough, dopo appena 42 secondi di gioco, ad avviare i Blues verso la conquista dell'edizione 1997 della Coppa d'Inghilterra. Talento da giocatore, pragmatismo vincente da allenatore, con tanti saluti all'estetica e ai palati fini: il confronto col calcio dei campioni d'Eu-ropa uscenti è improponibile, perché Barcello-na e Chelsea hanno una concezione un po' di-versa (diciamo così) del possesso palla, ma questo è un discorso che per qualche giorno

non interesserà a nessuno, nemmeno a Roman Abramovich.

IMMENSO DIDIER — Il magnate russo pro-prietario del Chelsea, invece di pensare a un dopo-Di Matteo, forse farebbe bene a cercare di trattenere a Fulham Road il signor Didier Drogba, che pare pronto a iscriversi al corso di cinese, magari in classe con Marcello Lippi. L'ivoriano avrà anche 34 anni suonati, ma per ora è lui che le suona ancora a tutti. La Cham-pions l'aveva respinto tante volte a un passo dal traguardo, tra rabbia e cartellini rossi: sta-volta non ha voluto sentire ragioni e si è preso la scena di prepotenza, dal minuto 89 fino all'ultimo rigore.

NEUER RIGORISTA — Qualcuno, per la verità, ha provato a rubargli i riflettori. Manuel Neuer non ha perso il duello con un enorme Petr Cech: dopo le imprese del Bernabeu, il portierone della nazionale tedesca stava per oscurare i capolavori del collega ceco, parando un rigore a Mata e poi segnandone addirittura uno lui stesso. Non è un inedito: al Media Day pre-finale, al centro tecnico di Sabener Strasse a Monaco, aveva raccontato di aver sempre amato calciare dal dischetto, ai tempi delle giovanili nello Schalke 04. E di aver smesso da

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"Una vitto-ria che era scritta nel des t ino " . "Non sem-pre vince chi meri-ta". Stati d ' a n i m o opposti per D i d i e r Drogba e T h o m a s M u e l l e r . En t rambi sono anda-

ti vicino a essere gli eroi della finale, ma solo l'ivoriano alla fine ce l'ha fatta. Il Chelsea esul-ta, il Bayern piange.

LA FAVOLA DI DI MATTEO — Roberto Di Matteo aveva iniziato la stagione come vice di Villas Boas, poi Abramovich lo ha chiamato al capezzale di un Chelsea smarrito e in pochi mesi ha portato i Blues sul tetto d'Europa dopo aver vinto anche la FA Cup. La sua è una favo-la: "Sono molto felice per il club, la squadra e i giocatori. Abbiamo lavorato molto duramente per raggiungere questo obiettivo. Dobbiamo anche ammettere che il Bayern ha giocato mol-to bene e ha avuto più occasioni di noi. Ma nei calci di rigore c'è bisogno di un pò di fortuna e siamo stati fortunati. Abbiamo uno stile diver-so rispetto ai bavaresi e questo ci ha portato al successo. C'era una bella atmosfera stasera. Abbiamo sofferto, non abbiamo giocato bene, ma abbiamo appena vinto la Champions Lea-gue. È incredibile".

DROGBA E CECH E COLE — Didier Dro-gba, protagonista assoluto della finale, com-menta così l'incredibile vittoria: "Abbiamo grande spirito. Sono qui da otto anni, e come giocatore del Chelsea mi hanno insegnato a non mollare mai fino alla fine. Oggi è una

giornata incredibile. Era destino, io credo mol-to nel destino. Prego molto, questa vittoria era stata scritta tanto tempo fa. Dio è meraviglio-so, questa squadra è fantastica. Voglio dedica-re questa coppa a tutti i nostri allenatori e ai giocatori che sono stati qua prima. Il pari ha cambiato il nostro atteggiamento, sono felicis-simo. La vita è fantastica". E l'altro uomo deci-sivo, Petr Cech, aggiunge: "Sono così orgo-glioso di tutti. Non è stato facile ma io ho sem-pre creduto di poter arrivare alla vittoria. Non posso descrivere la sensazione. È la prima vol-ta nella mia vita, non sapevo cosa fare, sono troppo felice". E Ashley Cole commenta così: "Non ho parole. A un certo punto pensavo di aver perso, ma abbiamo cavalcato la nostra fortuna. Abbiamo meritato il successo di oggi. Ci abbiamo sempre creduto".

MUELLER DELUSO — Fra i più delusi c'è ovviamente Thomas Mueller, che poteva esse-re il match-winner: "Questo è il calcio. In pas-sato abbiamo visto che nel calcio non necessa-riamente il vincitore è colui che merita. Quan-do si va in vantaggio poco prima della fine nel proprio stadio è normale sentire la vittoria in pugno, ma il Chelsea è riuscito a pareggiare e a conquistare il trofeo. È difficile esprimere a parole la nostra delusione".

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