Wb Perspectives 4 aprile 2016

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WB>PERSPECTIVES APRILE 2016 05/07/2022 1 I primi tre mesi di questo 2016 si sono conclusi in un tourbillon il cui fine è stato quello di compensare le irregolarità di marcia dei mercati. L’innesco del recupero che abbiamo registrato a marzo è stato azionato sull’attesa per quanto avrebbero detto e fatto le banche centrali. Tutto gira sempre di più attorno alla loro azione. Ad esse va riconosciuta la capacità di orientare in modo organizzato le scelte degli investitori. Nessuno sembra capace di svincolare la propria visione dalla loro direzione aprendo molti interrogativi sull’efficacia del loro lavoro, e sulla linearità delle dottrine. Il tema è così spinto agli estremi che in molti desiderano e sognano un mondo in cui i mercati si autoregolino trovando un equilibrio da cui ripartire. Non si capisce altrimenti come il dollaro perda momentum contro monete impegnate in una profonda terapia d’urto monetario, quale lo sono lo yen e l’euro. Non si capisce come mai a fronte di rendimenti dei Treasury americani prossimi al 2%, contro lo 0,15 dei Bund pari duration, il dollaro si indebolisca. Molte sono le anomalie che governano questo complicato periodo. Da quando la BCE ha lanciato il suo QE, lo scorso anno le borse dell’Eurozona accusa perdite medie attorno al 20%. I rendimenti dei titoli di stato sono schiacciati verso lo zero termico, quand’anche esprimano tassi negativi su un ampio spettro della curva. Tutte cose che sappiamo. La presenza delle banche centrali che intervengono sul momentum dei mercati, quando direttamente acquistando equity come nel caso della BoJ e della PBoC attraverso la sua controllata Safe, obbliga qualsiasi risposta a ricorrere all’utilizzo di congiuntivi e condizionali. Su queste basi ogni ipotesi operativa deve tenere conto degli orientamenti di questi attori. Tuttavia benchè l’utilizzo del condizionale sia stilisticamente meno piacevole, è bene prendere in considerazione l’idea, peraltro mai abbandonata, del fatto che la struttura di molti mercati azionari sia ancora fortemente condizionata dalla caduta di inizio anno. In effetti come già scritto la scorsa settimana gli indici sono rimasti all’interno di aree che ne confermano la criticità. In Europa l’indice Eurostoxx 50 è scivolato nuovamente al di sotto di quota 3000 attivando un segnale di esaurimento del recupero. Nelle prossime sessioni i valori potrebbero pertanto scendere verso area 2850 consolidando il segnale regressivo di cui abbiamo già dato le nostre stime con obbiettivi a 2700 e successivamente nel corso dell’anno 2200. Il Dax presto verificherà area 9500 mettendo a prova la sua precaria tenuta. Il tentato recupero oltre I HAVE A DREAM 4 APRILE 2016

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I primi tre mesi di questo 2016 si sono conclusi in un tourbillon il cui fine è stato quello di compensare le irregolarità di marcia dei mercati. L’innesco del recupero che abbiamo registrato a marzo è stato azionato sull’attesa per quanto avrebbero detto e fatto le banche centrali. Tutto gira sempre di più attorno alla loro azione. Ad esse va riconosciuta la capacità di orientare in modo organizzato le scelte degli investitori. Nessuno sembra capace di svincolare la propria visione dalla loro direzione aprendo molti interrogativi sull’efficacia del loro lavoro, e sulla linearità delle dottrine.

Il tema è così spinto agli estremi che in molti desiderano e sognano un mondo in cui i mercati si autoregolino trovando un equilibrio da cui ripartire.

Non si capisce altrimenti come il dollaro perda momentum contro monete impegnate in una profonda terapia d’urto monetario, quale lo sono lo yen e l’euro. Non si capisce come mai a fronte di rendimenti dei Treasury americani prossimi al 2%, contro lo 0,15 dei Bund pari duration, il dollaro si indebolisca. Molte sono le anomalie che governano questo complicato periodo.

Da quando la BCE ha lanciato il suo QE, lo scorso anno le borse dell’Eurozona accusa perdite medie attorno al 20%. I rendimenti dei titoli di stato sono schiacciati verso lo zero termico, quand’anche esprimano tassi negativi su un ampio spettro della curva. Tutte cose che sappiamo.

Alla fine dello scorso anno la gran parte degli investitori suggeriva di vendere USA e comprare UEM, oggi i mercati azionari quotano al di sotto dei massimi segnati agli inizi dell’estate dello scorso anno: l’indice Standard & Poor 500 -7%, l’UEM mediamente -20% come pure Cina e Bric, -16% gli emergenti calcolati in dollari. Il recupero dello Standard & Poor 500dell’ultimo mese e mezzo è stato rilevante al punto che in molti si chiedono e ritengono che ormai il peggio sia alle spalle. E’ così?

La presenza delle banche centrali che intervengono sul momentum dei mercati, quando direttamente acquistando equity come nel caso della BoJ e della PBoC attraverso la sua controllata Safe, obbliga qualsiasi risposta a ricorrere all’utilizzo di congiuntivi e condizionali.

Su queste basi ogni ipotesi operativa deve tenere conto degli orientamenti di questi attori. Tuttavia benchè l’utilizzo del condizionale sia stilisticamente meno piacevole, è bene prendere in considerazione l’idea, peraltro mai abbandonata, del fatto che la struttura di molti mercati azionari sia ancora fortemente condizionata dalla caduta di inizio anno.

In effetti come già scritto la scorsa settimana gli indici sono rimasti all’interno di aree che ne confermano la criticità. In Europa l’indice Eurostoxx 50 è scivolato nuovamente al di sotto di quota 3000 attivando un segnale di esaurimento del recupero. Nelle prossime sessioni i valori potrebbero pertanto scendere verso area 2850 consolidando il segnale regressivo di cui abbiamo già dato le nostre stime con obbiettivi a 2700 e successivamente nel corso dell’anno 2200.

Il Dax presto verificherà area 9500 mettendo a prova la sua precaria tenuta. Il tentato recupero oltre area 10.000 come atteso appare ormai fallito, per cui continuiamo a confermare la nostra view verso gli obbiettivi 8.200 e in un orizzonte più ampio 6.500.

In linea con i principali mercati il Ftse Mib appare avviato a replicare le medesime condizioni riflessive. Attendiamo una verifica dell’area 17500, dove sono ancora presenti parziali ordini di acquisto. Il livello non appare comunque sostenibile ed in grado di contenere le pressioni di un’eventuale accrescimento dell’offerta. Per tale ragione riteniamo che sia vulnerabile e propedeutico in caso di violazione, ad ulteriori cadute dell’indice in direzione dei precedenti minimi ed in successione, sempre in un orizzonte più ampio, verso i minimi segnati durante la crisi dei debiti sovrani.

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Rimane da guardare al mercato americano per catturare eventuali sostegni utili a far rientrare i rischi evidenziati. L’S&P 500 sembra per nulla influenzato dal comportamento dell’azionario europeo. Tuttavia pensiamo che anch’esso fluttui al di sopra di un sostegno vulnerabile. La scorsa settimana avevamo fissato in area 2000/1980 il punto da vigilare per cogliere eventuali criticità. L’ulteriore apprezzamento verso 2080 ci consente di aggiornare tale livello di controllo del rischio tra 2045 e 2020. Eventuali cadute sotto tale fascia di prezzo riattiverebbe nuovamente le vendite.

I flussi in uscita dai mercati avanzati sono stati ruotati verso quelli emergenti, i quali hanno tratto principalmente beneficio dalla stabilizzazione del dollaro. Ne hanno approfittato sia l’azionario che l’obbligazionario. I timori legati alla sostenibilità del debito a causa della loro denominazione in dollari, aveva creato molti dubbi sulla tenuta dei debitori appartenenti a queste aree. Ancora una volta l’ipotesi di un accordo tra le banche centrali volto a contenere la forza della moneta americana ha disinnescato uno dei maggiori timori degli investitori. Questa limitazione all’apprezzamento ha rigenerato l’interesse per gli emittenti emergenti. Tuttavia le condizioni di ipercomprato velocemente raggiunte dall’indice JPM Embi+, dovrebbe aprire una fase di consolidamento, le cui puntate correttive dovrebbero favorire l’apertura di nuove posioni lunghe.

Di questo comparto ne avevamo già parlato nell’outlook mensile di febbraio e marzo, esprimendo un giudizio più che positivo sul comparto.

L’indebolimento del dollaro consente agli attivi quotati nelle aree emergenti di fruire del ritorno dei flussi grazie anche al fatto che molte commodity hanno intrappreso un recupero. Tuttavia ci pare di poter affermare che anche in questo caso ci troviamo di fronte a situazioni di temporaneo riscatto. Confermiamo la nostra visione sul petrolio

attribuendo al recupero un potenziale di crescita dei prezzi sino a quota 46/50 usd/bar. Anche per il rame ci attendiamo una prosecuzione della ripresa dei corsi. L’azione delle due commodity rientra tuttavia in un contesto di riequilibrio rispetto a degli eccessi di venduto. Questo riequilibrio porterà di conseguenza denaro anche sulle aree emergenti. In particolare ci attendiamo un maggior interesse per i paesi produttori, Russia e Brasile per i Bric.

Per quanto rigurada la Cina pensiamo invece che il tema del rallentamento economico continuerà ad assorbire la nostra attenzione. L’indice Shanghai Composite, benchè sia ormai protetto dall’azione diretta ed indiretta della PBoC , ci sembra ancora vulnerabile ad un ulteriore flessione. Un anno fa, quando il mercato quotava tra 5000/4500, stimavamo gli estremi della regressione sino a quota 2400; a marzo abbiamo avvicinato 2600, il rimbalzo avviato successivamente incontrerà resistenze a nel suo percorso tra 3050/100.

Risulta chiaro quindi il ruolo peculiare del dollaro nella costruzione degli equilibri desiderati dalla Fed in favore della Cina e dei paesi emergenti. L’indice che lo rappresenta contro le principali monete è caduto nuovamente poco sopra area 94, livello dove avevamo fissato l’area che delimita la tendenza rialzista del biglietto verde. Nel rapporto eur usd tale limite è costituito dal range 1,1380/1,15; il mercato sembra che si sia adeguato agli orientamenti della FED. Il primo livello di sostegno in grado di restituire debolezza al cambio euro dollaro si colloca in area 1,1270, mentre consolidamenti sopra 1,1380 formano la base per ulteriori rialzi. Di quanto. Purtroppo la presenza delle banche centrali inquina la price discovery connaturata all’iniziativa del mercato. Possiamo tracciare oltre 1,15 un’area di verifica successiva in prossimità dei massimi già segnati lo scorso mese di agosto a 1,1715. Come detto, qui la partita si gioca fuori campo, con regole ed arbitri che rispondono a logiche di compromesso non bene identificate.

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Nel contempo i membri del Board della Fed si avvicendano con dichiarazioni rilasciate in modo disorganico su come e quando riproporre nuovi rialzi dei tassi. Janet Yellen portavoce con esclusiva ufficiale della banca centrale ha voluto lanciare segnali distensivi al mercato in merito alla politica monetaria. Sappiamo che non tutti sono sintonizzati al suo pensiero. Sappiamo che ci sono molti

governatori federali che temono di dover inseguire l’inflazione anziché governarla. Nel frattempo i rendimenti sul 10 anni USA sono ritornati a scendere vistosamente. Il loro comportamento conferma che i timori di cui ci siamo occupati negli ultimi sei/nove mesi girano sempre nell’aria.

Wlademir BiasiaPartner Foundation of WBA

Professor in Banking and FinanceDep. of Economics and  Statistics

Udine University

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• EURO USD

• DOLLAR INDEX

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• US 10Y YIELD

• DE 10 Y YIELD

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• COPPER

• PETROLIO: WTI

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• FTSE MIB DAILY

• EUROSTOXX 50

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• MSCI WORLD INDEX WEEKLY

• STANDARD & POOR 500

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