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Il momento esatto in cui metti piede sul traghetto, Balearia o Pitiusa che sia, ecco, quello segna l’istan- te preciso dell’inizio del silenzio. Quando la barca si stacca dal porto di Ibiza e prende il largo capisci che tutto è reale. Ci si immerge in quella traversa- ta che per molti segna l’inizio di uno stacco. Per me l’inizio non di una vacanza, ma di una svolta. Perché chiamarla vacanza è riduttivo. Ferie suona offensivo. Rinascita e riscoperta hanno un sapo- re decisamente più forte, ma anche appropriato. Quindi lasciarsi cullare dal rollio della barca, dal rumore a volte assordante dei motori, quando il Caronte che ci sta traghettando è ridotto, è vera- mente un inizio. Poi, da subito, si scorgono scogli qua e là. Fino a una striscia sottile, davvero sottile di terra. “Terra in vistaaaaaa!” viene da urlare, perché quella è la meta finale. Questo devono aver pensato i primi che arrivarono. O quelli che vi tornarono. Il passo che dalla barca approda alla terraferma della Savina rappresenta il distacco dai condizio- namenti e dalle convenzioni che hanno plasmato il nostro vero io, un arrivo nel nostro essere più pro- fondo. È questo il vero senso di libertà che anche il più ignaro passante può percepire transitando sull’isola. Formentera, 19391 La speranza. Sono anni di silenzio e di speranza. Speranza di tempi migliori, che non sappiano di sale e di fame. Speranza di vedere questa terra capace di sfamare i proprio figli. Ogni famiglia di Formentera ha ancora un suo componente in esilio a Montevideo, a Cuba o in na- vigazione. Il desiderio di ognuno di loro è di tornare a casa con quaranta monete d’oro, rivedere il padre, la fidanzata, sposarsi e poter vivere sull’isola di Formen- tera. L’isola delle donne. Formentera fu detta pure “isola delle donne” a causa della mancanza di uomini; questi ultimi infatti dovet- tero partire per cercare lavoro dove fosse possibile. Le donne rimanevano realizzando tutti i compiti senza dipendere da nessun uomo. Ancora oggi sono in molte a sostenere che crescere un figlio sull’isola rappresenti una grande occa- sione per sperimentare la collaborazione che solo l’esperienza di un villaggio può concedere: tante madri, tanti fratelli o sorelle e tanta protezione. Una sorta di baby sitting spontaneo e naturale, viziato dalla luce dell’isola… Questo è quello che penso ogni volta che ci torno. Che ci arrivo. Ed è sempre, sarà banale, come la prima volta. Con la consapevolezza di conoscerla benissimo, ma mai abbastanza. Anche chi ci ritorna da tantissimi anni conferma che ogni volta c’è un Formentera. L’isla de l’alma… Diario di Bordo di Stefania Campanella e Valeria Merlini

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I diari di Bordo di Valeria Merlini

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Il momento esatto in cui metti piede sul traghetto, Balearia o Pitiusa che sia, ecco, quello segna l’istan-te preciso dell’inizio del silenzio. Quando la barca si stacca dal porto di Ibiza e prende il largo capisci che tutto è reale. Ci si immerge in quella traversa-ta che per molti segna l’inizio di uno stacco. Per me l’inizio non di una vacanza, ma di una svolta. Perché chiamarla vacanza è riduttivo. Ferie suona offensivo. Rinascita e riscoperta hanno un sapo-re decisamente più forte, ma anche appropriato. Quindi lasciarsi cullare dal rollio della barca, dal rumore a volte assordante dei motori, quando il Caronte che ci sta traghettando è ridotto, è vera-mente un inizio. Poi, da subito, si scorgono scogli qua e là. Fino a una striscia sottile, davvero sottile di terra. “Terra in vistaaaaaa!” viene da urlare, perché quella è la meta finale. Questo devono aver pensato i primi che arrivarono. O quelli che vi tornarono. Il passo che dalla barca approda alla terraferma della Savina rappresenta il distacco dai condizio-namenti e dalle convenzioni che hanno plasmato il nostro vero io, un arrivo nel nostro essere più pro-fondo. È questo il vero senso di libertà che anche il più ignaro passante può percepire transitando sull’isola.…

Formentera, 19391La speranza.

Sono anni di silenzio e di speranza. Speranza di tempi migliori, che non sappiano di sale e di fame. Speranza

di vedere questa terra capace di sfamare i proprio figli. Ogni famiglia di Formentera ha ancora un suo componente in esilio a Montevideo, a Cuba o in na-

vigazione. Il desiderio di ognuno di loro è di tornare a casa con quaranta monete d’oro, rivedere il padre, la fidanzata, sposarsi e poter vivere sull’isola di Formen-

tera.…

L’isola delle donne. Formentera fu detta pure “isola delle donne” a causa della mancanza di uomini; questi ultimi infatti dovet-tero partire per cercare lavoro dove fosse possibile. Le donne rimanevano realizzando tutti i compiti senza

dipendere da nessun uomo.…

Ancora oggi sono in molte a sostenere che crescere un figlio sull’isola rappresenti una grande occa-sione per sperimentare la collaborazione che solo l’esperienza di un villaggio può concedere: tante madri, tanti fratelli o sorelle e tanta protezione. Una sorta di baby sitting spontaneo e naturale, viziato dalla luce dell’isola…

Questo è quello che penso ogni volta che ci torno. Che ci arrivo. Ed è sempre, sarà banale, come la prima volta. Con la consapevolezza di conoscerla benissimo, ma mai abbastanza. Anche chi ci ritorna da tantissimi anni conferma che ogni volta c’è un

Formentera. L’isla de l’alma…

Diario di Bordo di Stefania Campanella e Valeria Merlini

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angolo, un colore, o una suggestione da scoprire.Con la consapevolezza che sono una vacanziera, ma con l’illusione di esserne padrona. Sentimento condiviso dai più. Ma realizzato da ben pochi.Un’amica nel suo libro2 ha scritto “(…) chi è solito abbandonare i mozziconi di sigaretta sulla spiaggia è pregato di fermarsi qua. Perché il libro è dedicato a tutti quelli che Formentera la amano, o la ameranno, davvero”. Condivido.Peccato che questi turisti mordi e fuggi siano resi-stenti. E recidivi. Continuano a inseguire il miraggio della vacanza all’insegna dell’alcool e della musica. Senza mai apprezzare veramente dove si trovano, cosa li circonda, trascinati dall’euforia che una set-timana di sfoghi ed eccessi consente loro. Via uno arriva l’altro. È un continuo. Per fortuna si può anche godere di spazi che la massa non conosce, non apprezza, anzi rifugge. Perché lontani dalle frequentazioni di certe star e starlette, vip e vipponi, fotografi e paparazzi. Insomma, luoghi paradisiaci in cui mani lunghe e portafogli golosi non hanno ancora messo le mani. Per fortuna.

Grazie ad una politica accorta con l’operazione "Aperitivo cerrado"3. Mai più musica in spiaggia oltre le 20.00. Si va solo al ristorante, ma niente balli e mojito in attesa del tramonto. Motivi di ordine pubblico: troppa gente (fino a 3mila persone, in molti casi a ridosso delle dune della riserva naturale). Troppi motorini in viaggio. E quindi stop alla ormai famosa movida

italiana di Formentera. Perché proprio il momento dell'aperitivo in spiag-gia è quello più frequentato dai turisti. Soprattutto dagli italiani che negli ultimi dieci, quindici anni hanno colonizzato l'isola. Ogni anno vi sbarcano in centomila, il 54% del totale. Il doppio dei padroni di casa spagnoli, quattro volte i tedeschi. L'ex isola degli hippy si è decisamente trasformata: un'inva-sione di vacanzieri a caccia di mare e movida.Ovunque si parla italiano (vorrei vedere, il 60% dei locali è gestito da italiani). E l'appuntamento irrinunciabile è l'aperitivo. Ogni sera in un posto diverso: Las Banderas, Big Sur, Rigatoni. Di roman-tico è rimasto poco: alcol a fiumi, musica a palla. E poi traffico congestionato dai motorini (ce ne sono 20mila da affittare sull'isola), incidenti, spiagge da ripulire. Un caos che i residenti non amano. In un sondaggio di un paio d'anni fa gli italiani venivano definiti "rumorosi, capricciosi, poco rispettosi dell'am-biente" dagli isolani.

(E di certo il cartello esposto a Es Pujols con scrit-to “Little Italy - prossima apertura” non aiuta. Ma il rapporto tra isolani e italiani è molto ambiguo e meriterebbe un approfondimento a parte).La cura? Prendere il tutto a dosi.E fuggire. Rintanarsi in una casa perfetta, in una posizione perfetta, in compagnia delle persone più care. Guardando il sole che cala dietro Es Vedra. Una palla infuocata che, nei primi mesi estivi, si abbandona alle placide acque del Mediterra-neo molto tardi. Accompagnando il lento ritmo

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dell’aperitivo fatto in casa. Quello senza musica assordante, quello che ritempra il corpo e lo spirito dopo una lunga giornata di sole. Il fresco del patio, un tavolone in teak, un muretto in calce bianca su cui abbandonarsi, accarezzati dal vento che spira dal mare. Una birra ghiacciata in mano. E quel pa-norama mozzafiato che fa dimenticare qualunque cosa. Anche che a pochi, pochissimi metri si sta gozzovigliando rumorosamente. La pace della casa che mi ospita non ha confronti, né paragoni. Unica, la nostra da sempre, nel cuore di chi ci accompagna in questa trasferta da anni. Perché Formentera è l’isola della condivisione. Quella in cui gli amici vanno e vengono. Quella classica del Buen Retiro. Prima di arrivare qui, alla fermata definitiva che è Porto-Saler, si attraversano le incredibili saline. Quelle le cui acque, con la luce particolare, quella del pomeriggio avanzato, si dipingono di rosso sangue.

…Il sale, fonte di vita.

Il sale, fonte di vita, di sudore e di lacrime, ha dato il suo nome al primo porto dell’isola: Porto-Salé. Le

saline di Formentera furono sfruttate già ai tempi dei Romani e dei Cartaginesi. Si dice che il sale di For-

mentera sia migliore di quello di Ibiza. Più bianco, più secco. L’acqua dell’Estany Pudent, quella che alimenta gli stagno produttivi, rimanendo chiusa ed evaporan-

do si arricchisce in cloruro. L’Estany dels Flamenco, come si chiamava anticamente, fu aperto al mare nel secolo XIX e si trasformò in un miracoloso strumento

di produzione di oro bianco. Nel 1897, la Salinera Española, S.A. acquista le saline sfruttandole con

metodi moderni e meccanici: si perdono così i tanto ambiti posti di lavoro. Questo fatto, unito alla cresci-

ta demografica, obbligò molti uomini ad emigrare cercando una soluzione alla precarietà della vita

isolana. L’estrazione del sale è comunque proseguita fino al 1984.

Oggi la zona delle saline è stata dichiarata Parco Naturale e dopo venticinque anni di inattività, si è

ricominciato a sfruttarne la produzione, rinnovando l’utilizzo e le applicazioni nel mondo della cosmetica,

della salute e della gastronomia.…

Oggi il sale di Formentera è commercializzato in bottiglie di prodotto liquido, considerato uno dei più poveri di sodio della Spagna e per questo più indicati per una dieta sana. Dalle terre di Formen-tera si ottengono anche un ottimo miele, un vino speciale, il rinomato pesce secco e dei fichi di ine-guagliabile dolcezza.

Qualcuno una volta disse che in certi posti piangi quando arrivi. Ma piangi soprattutto quando parti. Quello che mi succede ogni volta. Scendere al por-to della Savina, respirare subito quell’aria, venire catturati all’istante dall’atmosfera, è magia. Percor-rere quella che tutti pensano sia l’unica strada per andare da un lato all’altro dell’isola (quando in real-tà esistono minuscole stradine, spesso non asfalta-te, che conducono nel cuore dell’isola, alla scoperta

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di zone e di case da sogno), per raggiungere il po-sto del cuore, è sempre fonte di emozione. Un’emo-zione che si può comprendere solo lasciandosi andare. Altrimenti Formentera resterà solo un'isola dal mare caraibico e dal rimorchio facile. Invece, non sono il sole, il caldo, quel mare incre-dibile, il vento, i profumi, il panorama, la sabbia e le dune, i colori in tutte le tonalità possibili e im-possibili, il cibo e il tinto de verano. No, questo è la minima parte del tutto. La minima parte del sogno. Questo non potrebbe esistere senza la cortesia del-la gente. Senza il colore e il calore della gente. Di chi ci vive, di chi ci lavora, di chi respira l’isola. E di chi la reinventa nella propria musica, nella propria arte e nella propria vita (musicisti, pittori, erbori-ste, sciamane, gioiellieri internazionali, fotografi scomparsi, chef improvvisati, ex impiegati in eterna aspettativa, cuori infranti, potenziali manager, mi-liardari furbi, ecc.).…

I primi turisti. Però sul Manolito, il piccolo vaporetto che ogni giorno arriva da Ibiza, cominciano ad apparire nuove figure. Non arrivano dall’esilio, non sono neppure abitanti di Ibiza, né di Barcellona, né di Valencia. Parlano inglese,

francese, tedesco.Tutti loro cercano una vita semplice, passeggiare per i sentieri, accendere le candele di notte, dormire sul pavimento di una casa praticamente vuota, con tre

seggiole, un secchio d’acqua e niente più.…

L’incontro. Coppie multicolore con bambini scalzi sorridevano a

un’isola che non era ancora stata sfruttata. Le ra-gazze indossavano vestiti colorati a differenza delle

donne dell’isola che indossavano abitualmente colori scuri. I ragazzi portavano i capelli molto lunghi, un orecchino e camicie cucite con fili d’oro come i prin-cipi delle favole. Quando facevano il bagno in mare tutti erano nudi. Mettevano fiori tra i capelli. Crede-

vano in altri dei. Erano figli della pace. Hanno amato tanto quest’isola e i suoi abitanti li hanno ricambiati.

Alcuni di loro se ne sono andati però altri sono rimasti e hanno assistito all’episodio seguente.

…Questa è l’isola della libertà. Quella per eccellenza. Queste parole lo dimostrano. La sua storia lo dimo-stra. L’aria stessa che si respira ne invoca ancora il richiamo. Niente è più come allora. Anche il famo-so mercatino hippy della Mola non è certo come allora. Ma resta intatta l’atmosfera. Quella in cui mia figlia è libera di sedersi per terra ad ascoltare la musica di Eric, l’ultimo vero hippy sull’isola. Eric è qui per ri-cordarci sempre cosa è stata Formentera. Ma anche cosa è diventata e come si è dovuta arrendere, per certi versi, all’invasione dei turisti. Trovare luoghi ancora incontaminati, la cosiddetta Formentera segreta, non è impossibile. Però diffi-cile. Perché il passaparola, le riviste, i siti internet, si divertono a svelarne la mappa. Fortunatamente la massa si riversa sempre nei soliti luoghi: per

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vedere, per farsi vedere. Le chicche quindi restano a disposizione dei più avventurosi: spesso infatti si deve camminare, arrampicarsi, arrivare soprattutto presto per accaparrarsi il tanto ambito lembo di spiaggia. Ne vale sempre la pena. Anche quando di domenica, tutte le domeniche, a Calo des Morts, arriva nel primo pomeriggio un simpatico, nonché attraente ragazzo, in compagnia. Prende possesso del ricovero per la barca che caratterizza Formen-tera e apre il suo bazar. Collane, bracciali, orecchini, abiti. Non prima, però, di essersi spogliato. Per la gioia delle sue acquirenti. C’è da chiedersi cosa succederà quando il turismo di massa comandato negli spostamenti dai diver-si must dell’isola – aperitivo qui, cena là – lascerà il posto a un turismo più internazionale, che si spezzetterà nell’isola, da un estremo con variopinti pack-lunch e dall’altro con ecoraduni di massa…

…Anni felici.

Un nuovo scenario appare e si apre alla vita estiva: il chiosco della spiaggia, il “chiringuito”. Un posto per

incontrarsi che diventa la casa di tutti, aperta alla brezza ed ai sogni. Così quasi tutti i locali di risto-razione di Formentera cominciarono essendo un

accogliente e piccolo chiosco. Il più antico, il “Pirata Bus”, un autobus stanco di percorrere strade e che una

notte fece di tutto per perdersi sulla spiaggia di Mi-gjorn dove si suppose decise di terminare i suoi giorni,

si convertì in uno dei posti di referenza, un punto di incontro dove si dava appuntamento la gente più variopinta. Costruito sulla carrozzeria del vecchio

autobus, coperto di canne di bambù, corde e rami di pino e con la sua bandiera pirata sventolante al ven-to. Sull’isola cominciano a nascere nuove leggende.

…L’ispirazione.

Questi forestieri vogliono rimanere qui tutta l’estate; rimangono in settembre, poi in ottobre. Passa anche l’autunno e sempre più giovani rimangono a trascor-rere l’inverno a Formentera. I soldi che hanno, e non sono molti, sono però sufficienti per creare un accor-do di pacifica convivenza. Molti artisti trovano casa a Formentera. Pittori contemporanei danno vita con il loro lavoro alla visione di una natura incontaminata

lungo sentieri e campi, sotto l’abbagliante luce del sole. Scultori scoprono le virtù del legno di sabina o di olivo. Ceramisti, mescolando terra e fuoco come

maghi, fanno nascere uno stile, uno spirito. Fotografi e pittori giocano con le incredibili luci dell’isola.

… Il mio incontro con la pittrice Nuria Fortuny Herrero

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avviene per caso. Una sera in cui passeggiavo per San Ferran. Nuria insieme ad altri artisti dell’isola era presente in un’esposizione all’aperto. Lei e i suoi quadri. Che non sono io a notare all’inizio. Ma con me c’era chi già si era già immaginato il momento in cui saremmo andati da lei a commis-sionarle il quadro. Quello che definisco il quadro della nostra vita. In cui ci saremmo stati noi tre con degli elementi che ci rappresentassero nel luogo dell’isola che più di tutti preferiamo. Cap de Bar-baria, in mezzo al nulla, che appare all’improvviso dal nulla, lungo una stretta strada che porta solo e unicamente al faro. Uno dei tre occhi di Formen-tera. Sì perché essendo un’isola dell’anima ha tre occhi: due per vedere (Cap de Barbaria e il faro della Mola) e uno per intravedere altre dimensioni (il cosiddetto terzo occhio che sull’isola si trova alla Savina).…

Il tempo non si ferma mai. Formentera non è più la piccola isola dimenticata. In

questi ultimi anni si è fatta conoscere nel mondo inte-ro attraverso artisti, musicisti, direttori cinematogra-fici, pubblicitari, fotografi. Però ciò che ha attratto gli uni agli altri è stata la sua natura, la sua gente, le sue acque, le sue notti stellate, la sua pace e la sua magia.

Formentera continua ad essere un’isola da scopri-re e il suo gioco favorito, specialmente in estate, è

nascondersi, far perdere il visitatore nel suo labirinto di sensazioni, di segnali, di enigmi, di evidenze che si rivelano come segreti sigillati o paradossi che si risolvono in una strizzatine d’occhio, offerte a vita,

indimenticabili fino alla morte.…

La verità è che a Formentera spazio e tempo non esistono. Ufficialmente si parla di un’isola lunga circa 23 km ma… Sono in molti ad essersi già resi conto che non è così. È un’isola infinita, dove Proust si sarebbe divertito molto alla ricerca del tempo perduto. Perché qui il tempo è scomparso da secoli, soprattutto quelli in cui l’isola è stata abbandonata e lasciata in balia di streghe e folletti che ancora oggi ospitano qualche visitatore a Es Calò. Se poi tutto questo sia reale o irreale, non importa. Nel momento in cui il traghetto si stacca da Ibiza, sarà il viaggiatore stesso a decidere la propria meta.E io voglio continuare a scoprirla. Ad amarla. A rispettarla. Senza chiedermi se ciò abbia alcun senso…

FINE

1: brani tratti da Formentera Report, n.8 – Edicion:

Juan Picca2: Stefania Campanella, “Formentera non esiste”, 20103: fonte Repubblica.it, sezione esteri (agosto 2009)

©2010 foto di Stefania Campanella e Valeria Merlini