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vulcani italiani 1 LICEO SCIENTIFICO STATALE “LEONARDO da VINCI” di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi VULCANI ITALIANI

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LICEO SCIENTIFICO STATALE“LEONARDO da VINCI” di FIRENZE

CORSO SPERIMENTALE FDOCENTE Prof. Enrico Campolmi

VULCANI ITALIANI

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Vulcani attivi: attualmente in eruzione o con eruzioni in anni recenti

Vulcani quiescenti: avendo avuto eruzioni negli ultimi 10.000 anni, si ritiene ragionevolmente possano dar luogo in futuro a nuove eruzioni

Vulcani estinti: non avendo avuto eruzioni negli ultimi 10.000 anni si ritiene non possano avere mai più eruzioni in futuro.

In Italia ci sono 10 vulcani tra attivi e quiescenti

Diversi altri sono invece estinti (Monte Amiata, vulcani laziali, isole Pontine)

Il vulcano dei Colli Albani (20 km a sud est di Roma) per alcuni autori è estinto, per altri quiescente

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La storia eruttiva di un vulcano viene definita studiando l’estensione, le caratteristiche e l’età dei prodotti delle sue eruzioni.

Stabilire se un vulcano che non ha eruzioni da alcuni millenni sia estinto o quiescente è di primaria importanza

Nel primo caso non darà mai più alcun tipo di problema, nel secondo invece può sempre avere eruzioni violentemente esplosive. L’attività vulcanica infatti più è intermittente e più è esplosiva

Per evitare le cosiddette “catastrofi” è quindi necessario studiare i vulcani e ricordare che i tempi geologici sono molto più lunghi di quelli dell’uomo

Passiamo quindi ad analizzare le caratteristiche dei vulcani italiani attivi o quiescenti, raggruppati per aree geografiche: Campania, isole Eolie, Etna, canale di Sicilia

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VULCANI DELLA CAMPANIA

Campi flegrei: ampia caldera, posta in un’area intensamente antropizzata pochi chilometri a ovest di Napoli, ha al suo interno e lungo i bordi diversi edifici vulcanici minori

In epoche passate (40.000-5.000 anni fa) il complesso vulcanico ha avuto eruzioni esplosive

L’unica eruzione in epoca storica è avvenuta nel 1538 ed è stata di media esplosività

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L’area flegrea è soggetta a bradisismo: lenti movimenti verticali del suolo legati ai fenomeni vulcanici

Nel Serapeo (mercato romano) di Pozzuoli le tracce sulle colonne di organismi marini testimoniano variazioni di quota di circa 10 metri.

Nel tempo si sono alternati movimenti ascendenti e discendenti con velocità variabile (1 – 100 cm/anno)

L’ultimo periodo di forte movimento (primi anni ’80) fu associato a una serie di piccoli sismi e fece temere una ripresa dell’attività vulcanica, creando notevole allarme

Successivamente sono stati redatti piani di protezione civile. I soli interventi degli anni ’80 costarono complessivamente circa 2.000 miliardi di lire di allora

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Vesuvio: è il vulcano a più alto rischio del mondo, poiché è al centro di un’area densamente popolata

Durante alcune il condotto vulcanico resta aperto ed ogni apporto di nuovo magma innesca una eruzione (detta di trabocco), effusiva o moderatamente esplosiva

Durante altre il condotto è ostruito e l’apporto di nuovo magma fa crescere la camera magmatica fino al verificarsi di un’eruzione (in genere violentemente esplosiva).

Ricordiamo infatti che più a lungo il magma staziona nella camera e più diventa acido, ricco in gas ed esplosivo. Più a lungo il vulcano resta quiescente e più violenta sarà quindi la ripresa dell’attività eruttiva

Esso è alimentato continuamente da magma di provenienza profonda. Nella sua attività si alternano però fasi storiche differenti.

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Le conoscenze storiche dell’attività vulcanica del Vesuvio cominciano con la grande eruzione del 79 d.C., che chiude un periodo di riposo di alcuni secoli e viene descritta da Plinio il Giovane in due lettere a Tacito

L’eruzione inizia alle ore 12 del 24 Agosto del 79. In pochi minuti la colonna eruttiva è alta 10 km. Lapilli pomici e frammenti rocciosi grandi come noci cadono, al ritmo di 15 cm all’ora, su Pompei, Stabia, Oplonti.

Alle ore 17-18 i tetti e i solai cominciano a cedere sotto il peso dei lapilli e della cenere.

Ore 20-21. La colonna eruttiva è ormai alta quasi 20 km., ha la tipica forma a pino e da essa cade una pioggia abbondante di lapilli.

Molti abitanti perdono la vita nei crolli, ma la gran parte si mette in salvo abbandonando le città. Nella fuga si proteggono dalla cenere e dai gas con fazzoletti e dalla caduta dei lapilli con cuscini o tavoli.

La pressione nella camera magmatica, dopo 18 ore di eruzione, diminuisce al punto che le sue pareti collassano. Acqua esterna entra nella camera e viene così a contatto col magma a 1200 gradi.

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All’alba del 25 una densa nube di cenere avvolge ogni cosa e trasforma il giorno nella notte più fonda. La colonna eruttiva contiene ora molto vapore acqueo, diventa sempre più pesante e comincia a collassare, producendo colate piroclastiche che fluiscono verso le città con forza devastante.

Sette flussi piroclastici, di crescente potenza, raggiungono aree sempre più lontane dal vulcano. Cosi le città vengono distrutte una dopo l’altra

Alle sette del mattino Pompei ed Oplonti subiscono il primo devastante scontro con i flussi piroclastici. 2000 o 3000 cittadini, in fuga nelle strade o rifugiati nelle loro case, vengono uccisi in pochi secondi per asfissia o gravi traumi.

I calchi di gesso dei loro corpi ci danno una terrificante immagine di uomini, donne e bambini carichi di bagagli, stretti gli uni agli altri. Tutti caddero e furono pietrificati in un istante.

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Intorno alle 8 del mattino tutto ciò che spuntava dalla coltre di lapillo spessa tre metri è abbattuto e trascinato via dai flussi piroclastici. Questi raggiungono anche Stabia a 18 km dal vulcano, ove i gas e la cenere uccidono Plinio il vecchio.

La sezione a fianco evidenzia le trasformazioni nella camera magmatica avvenute durante le due fasi eruttive

Il passaggio dalla colonna sostenuta del 24 ai flussi piroclastici del 25 è dovuto all’interazione del magma con l’acqua di falda (fase freatomagmatica)

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Successivamente al 79 d.C. la storia eruttiva del Vesuvio è ben conosciutaSi ha un’alternanza ciclica di fasi a condotto aperto, con eruzioni frequenti e di tipo effusivo o moderatamente esplosivo.

Successivamente le eruzioni si interrompono ed inizia la fase a condotto chiuso, che termina con una eruzione violentemente esplosiva

Il primo di questi cicli (fase condotto aperto - fase condotto chiuso - eruzione esplosiva finale) inizia dopo il 79 e termina con la grande eruzione esplosiva del 472

Il secondo ciclo inizia invece dopo il 472 e termina con un’altra eruzione fortemente esplosiva nel 1631

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Il terzo ed ultimo ciclo inizia infine dopo il 1631 e termina con l’ultima eruzione del Vesuvio nel 1944 (mediamente esplosiva)Oggi il vulcano è stabilmente monitorato; gli unici segni di attività sono le fumarole che si osservano al cratere e i terremoti costantemente registrati dai sismografi.Nel 1995 la Protezione Civile ha redatto un Piano di Emergenza per il Vesuvio, basato sulla previsione di un evento esplosivo tipo 1631

Il territorio potenzialmente coinvolto nell’eruzione è stato suddiviso in tre zone con differenti tipologie e livelli di rischio

In base ai fenomeni precursori attesi, il piano individua tre livelli di allerta successivi: attenzione, preallarme, allarme, ai quali corrispondono fasi operative successive.

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Zona rossa

Ab. 578.175 (1999)

Zona gialla

Ab. 1.116.756 (1998)

Zona blu

Ab. 181.801 (1998)

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Zona rossa: immediatamente circostante il vulcano, comprende 18 Comuni per un totale di circa 600 mila abitanti.

E’ l’area a maggiore rischio, in quanto esposta ai flussi piroclastici. Deve essere evacuata preventivamente (tempo richiesto 7 giorni)Zona gialla: comprende 96 Comuni delle Province di Napoli, Avellino, Benevento e Salerno per un totale di circa 1.100.000 abitanti. Ha pericolosità minore rispetto alla rossa, corrispondendo all'area potenzialmente interessata dalla ricaduta di piroclasti, coi rischi associati: crollo di tetti, danni alle coltivazioni, problemi alla circolazione aerea, ferroviaria e stradale, problemi respiratori

Si prevede che solo il 10% dell’area sia realmente coinvolto, in funzione dell’energia dell’eruzione e della direzione dei venti. Circa 110.000 persone dovranno essere evacuate dopo l’inizio dell’eruzione, poiché il pericolo non è immediato e l’area investita va verificata (tempo necessario 2 giorni)Zona blu: include 14 Comuni della Provincia di Napoli, per circa 180 mila abitanti. E’ soggetta ad alluvionamenti e lahar; solo circa il 20-40% dovrà essere evacuata dopo l’inizio dell’eruzione

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Per garantire l’accoglienza delle circa 600 mila persone da evacuare preventivamente dalla zona rossa, ognuno dei 18 comuni ivi situati è stato gemellato con una regione d’Italia

Il piano d'emergenza, sulla base dei fenomeni precursori attesi, individua quindi tre livelli di allerta successivi: attenzione, preallarme, allarme, ai quali corrispondono fasi operative successive.

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Attenzione: scatta al verificarsi di variazioni significative dei parametri fisico-chimici del vulcano; viene attivata la Protezione Civile. Le variazioni osservate in questa fase, non indicano però necessariamente l'approssimarsi di un'eruzione e tutto potrebbe tranquillamente ritornare alla normalità, non è quindi previsto il coinvolgimento diretto della popolazione, che però verrà costantemente informata sull'evolversi della situazione.

Preallarme: scatta per un'ulteriore variazione dei parametri controllati, viene dichiarato lo stato di emergenza. Forze dell'ordine e soccorritori si posizionano sul territorio. Anche la popolazione viene coinvolta: coloro che vogliono allontanarsi con mezzi propri, trovando autonomamente ospitalità altrove, possono farlo, seguendo le indicazioni del piano d'emergenza. Tuttavia, qualora l'attività vulcanica rientrasse al di sotto della fase di preallarme, la Protezione Civile dichiara il ritorno alla fase di attenzione.

Allarme: scatta all’ulteriore accentuarsi dei fenomeni. Gli esperti ritengono l'eruzione probabile entro alcune settimane. Entro 7 giorni si allontana tutta la popolazione dalla zona rossa, che viene presidiata dalle forze dell’ordine. Anche i soccorritori ripiegano nella zona gialla. Qualora però la situazione rientrasse, la Protezione Civile dichiara terminata la fase di allarme per tornare a quella di preallarme.

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Se invece l'eruzione ha luogo, la zona rossa è già completamente sgomberata. Gli abitanti del settore di zona gialla interessato dalla ricaduta di particelle sono ospitati temporaneamente in strutture di accoglienza nella Regione Campania; la comunità scientifica segue costantemente l'evolversi dell'eruzione fino al completo esaurimento. Terminata l'attività eruttiva si effettuano le verifiche dell'agibilità delle strutture e dei danni alle zone colpite, successivamente può ricominciare, ove possibile, il rientro della popolazione allontanata.

Tutta l’operazione è comunque complessa e con rilevanti problemi logistici di sicurezza e di ordine pubblico

Anche senza danni diretti alle persone, i danni economici sarebbero enormi. Quante risorse sarebbero necessarie per ricostruire le strutture e ripristinare le attività economiche? Per quanto tempo gli sfollati dovrebbero stare lontano dalle loro residenze?

Pur se prevedibile, l’eruzione non è eliminabile. L’unica soluzione è ridurre la pressione abitativa delle zone coinvolte e riconvertire l’uso del territorio verso utilizzi più compatibili con la presenza del vulcano

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AZIONI DI RIDUZIONE DEL RISCHIO

Nel 2003 la Regione Campania ha approvato un programma, della durata di 15 anni, per ridurre la popolazione residente della zona rossa, attraverso i seguenti interventi:

Divieto di nuove costruzioni e lotta all’abusivismo edilizio (3 milioni di euro all’anno per le demolizioni)

Contributo di 30.000 euro a famiglia per acquistare appartamenti fuori dell’area a rischio (30 milioni di euro all’anno = 15.000 famiglie in 15 anni)

Costruzione di edifici residenziali pubblici fuori dell’area a rischio, da affittarsi a famiglie residenti nella zona rossa (118 milioni di euro)

10 milioni di euro per convertire edifici residenziali in attività turistiche

35.000 persone hanno lasciato autonomamente la zona rossa negli ultimi 10 anni

Totale: 724 milioni di euro per delocalizzare 150 mila residenti.

Tutte le azioni previste sono necessarie, ma saranno anche sufficienti?

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Ischia: piccola isola vulcanica posta al limite del Golfo di Napoli

Sono presenti diversi piccoli apparati vulcanici, che hanno avuto, anche in epoca storica, fasi diverse di attività, da effusiva a moderatamente esplosiva

L’ultima eruzione è del 1302. Da allora si ha solo emissione di acqua calda, sfruttata a scopo turistico e termale

Importanti anche i terremoti di origine vulcanica, tra cui quello del 1883, che produsse sull’isola ingentissimi danni