Volontari ma non professionisti 16-17 18-19 LA LEVA · di questi tempi. La legge che abolisce la...

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DOSSIER Sommario: Volontari ma non professionisti Licio Palazzini Divisa senz’obbligo Massimo Paolicelli Storiche sentenze Diego Cipriani Militari ma non troppo Domenico Gallo Delle perdute virtù Virgilio Ilari a cura di Guglielmo Porte È passata come una riforma bipartisan, caso molto raro di questi tempi. La legge che abolisce la leva ob- bligatoria e costruisce un esercito solo professionale fu appro- vata nel 2000, quando il nostro Parlamento era a maggioranza di cen- tro-sinistra. Oggi, quella stessa legge, viene gestita da un governo di centro- destra il quale ha addirittura cercato di “migliorarla”, anticipando la fine della leva al 31 dicembre di quest’anno, anziché al 2006, come inizialmente deciso. Dunque, tutti d’accordo (o quasi): la leva va in soffitta. Sicuramente non la rimpiangeranno i giovani italiani, alme- no quelli che non avevano ancora “scoperto” il Servizio Civile alternativo o, peggio, il modo per sottrarsi sia al servizio militare sia a quello civile. Prima ancora dei giovani, a essere contente saranno le mamme, che in Italia, si sa, contano molto e che non hanno mai visto di buon grado questa “tassa” pagata allo Stato. Forse la rim- piangeranno molti di coloro che il ser- vizio militare l’hanno fatto e che la ritengono magari una cosa buona da far fare ai propri figli. Ma ancor prima la rimpiangono gli stessi militari, alme- no una parte di essi ai quali spetta ora il compito più arduo visto che sono proprio le Forze Armate a doversi tra- sformare radicalmente. Infatti, la sospensione della leva non incide solo sul reclutamento del perso- nale, ma costringe anche a ripensare il ruolo dell’esercito nella nostra società, la sua collocazione all’interno della prospettiva sovranazionale nella quale ormai anche le Forze Armate si trova- no, i compiti ad esse affidati, l’immagi- ne stessa del “nuovo” soldato. E i pacifisti, come si pongono di fronte a questa svolta? Escluso un loro rim- pianto per la leva obbligatoria come “scusa” per poter avanzare obiezione di coscienza, nasce proprio ora, forse, il compito più arduo. Oggi più di ieri, infatti, occorre vigilare perché la deriva militarista cui assistia- mo, in nome della sicurezza, della lotta al terrorismo ecc., non dilaghi anche nel nostro Paese senza che ce ne accorgiamo, perché la pretesa di “primi della classe” sulla scena inter- nazionale non spinga a scelte perico- lose e sbagliate, perché restiamo con- vinti che più che preparare la guerra occorra costruire la pace. Senz’armi. LEVA LA LEVA © EDIT FAENZA 15 Dicembre 2004 Immagine con la santificazione della guerra: Dio chiama i soldati italiani alla battaglia e li accompagna propizio. La scelta delle foto di questo dossier è volutamente provocatoria. Se ci sono le armi ci sono le guerre. E ogni guer- ra ha bisogno di un dio che benedica. Le immagini utilizzate in questo dos- sier sono tratte da Il volto religioso della guerra. Santini e immaginette per i soldati, a cura di Mimmo Franzinelli, Edit Faenza, 2003, pp. 153. Il catalogo presenta una selezione rap- presentativa di santini di indole milita- re, stampati nella prima metà del Novecento.

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Sommario:

Volontari ma non professionistiLicio Palazzini 16-17

Divisa senz’obbligoMassimo Paolicelli 18-19

Storiche sentenzeDiego Cipriani 20-21

Militari ma non troppoDomenico Gallo 22-24

Delle perdute virtùVirgilio Ilari 25-26

a cura diGuglielmo Porte

Èpassata come una riformabipartisan, caso molto rarodi questi tempi. La leggeche abolisce la leva ob-bligatoria e costruisce un

esercito solo professionale fu appro-vata nel 2000, quando il nostroParlamento era a maggioranza di cen-tro-sinistra. Oggi, quella stessa legge,viene gestita da un governo di centro-destra il quale ha addirittura cercato di“migliorarla”, anticipando la fine dellaleva al 31 dicembre di quest’anno,anziché al 2006, come inizialmentedeciso.Dunque, tutti d’accordo (o quasi): laleva va in soffitta. Sicuramente non larimpiangeranno i giovani italiani, alme-

no quelli che non avevano ancora“scoperto” il Servizio Civile alternativoo, peggio, il modo per sottrarsi sia alservizio militare sia a quello civile.Prima ancora dei giovani, a esserecontente saranno le mamme, che inItalia, si sa, contano molto e che nonhanno mai visto di buon grado questa“tassa” pagata allo Stato. Forse la rim-piangeranno molti di coloro che il ser-vizio militare l’hanno fatto e che laritengono magari una cosa buona dafar fare ai propri figli. Ma ancor primala rimpiangono gli stessi militari, alme-no una parte di essi ai quali spetta orail compito più arduo visto che sonoproprio le Forze Armate a doversi tra-sformare radicalmente.

Infatti, la sospensione della leva nonincide solo sul reclutamento del perso-nale, ma costringe anche a ripensare ilruolo dell’esercito nella nostra società,la sua collocazione all’interno dellaprospettiva sovranazionale nella qualeormai anche le Forze Armate si trova-no, i compiti ad esse affidati, l’immagi-ne stessa del “nuovo” soldato.E i pacifisti, come si pongono di frontea questa svolta? Escluso un loro rim-pianto per la leva obbligatoria come“scusa” per poter avanzare obiezionedi coscienza, nasce proprio ora, forse,il compito più arduo.Oggi più di ieri, infatti, occorre vigilareperché la deriva militarista cui assistia-mo, in nome della sicurezza, dellalotta al terrorismo ecc., non dilaghianche nel nostro Paese senza che cene accorgiamo, perché la pretesa di“primi della classe” sulla scena inter-nazionale non spinga a scelte perico-lose e sbagliate, perché restiamo con-vinti che più che preparare la guerraoccorra costruire la pace. Senz’armi.

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15Dicembre 2004

Immagine con la santificazione della guerra: Dio chiama i soldati italiani allabattaglia e li accompagna propizio.

La scelta delle foto di questo dossier èvolutamente provocatoria. Se ci sonole armi ci sono le guerre. E ogni guer-ra ha bisogno di un dio che benedica.

Le immagini utilizzate in questo dos-sier sono tratte da Il volto religiosodella guerra. Santini e immaginette peri soldati, a cura di Mimmo Franzinelli,Edit Faenza, 2003, pp. 153.Il catalogo presenta una selezione rap-presentativa di santini di indole milita-re, stampati nella prima metà delNovecento.

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VOLONTARIMA NON

PROFESSIONISTI

Gli scenari sono profondi.

E poco incoraggianti. Militari dappertutto

nel mondo. E forti in Italia.

Ma anche spazi che si aprono.

Se la pace allarga le frontiere

della solidarietà.Licio Palazzini*

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Non tutti i Paesi dell’Unionehanno fatto la scelta dimandare in naftalina l’eser-cito di leva. I Paesi scandi-navi e la Germania, ad

esempio hanno ancora in vigore laleva obbligatoria.In Italia, invece, su tre punti, presto di-ventati degli assiomi indiscutibili, si ècostruito un consenso che ha portato,in tempi insolitamente veloci, a unaserie ripetuta di provvedimenti legisla-tivi che dal 1999 al 2001 e poi al 2004hanno prodotto il concreto risultato diridurre le dimensioni numeriche delleFFAA, a modificare il sistema di reclu-tamento, a far identificare la loro azio-ne nella partecipazione a missioniall’estero invece che alla difesa delterritorio nazionale.I tre punti concettuali sono:– con la fine della Guerra Fredda inEuropa è venuto meno il rischio diguerre fra gli Stati e quindi non servo-no eserciti stanziali;– i conflitti però restano e quindi serveche continuino a esserci gli eserciti.Però cambiano la natura, i luoghi e isoggetti dei conflitti e quindi servonoeserciti dotati più in tecnologia che innumero di soldati;– la leva obbligatoria, per giunta rivol-ta solo agli uomini, è oramai talmenteimpopolare, oltre che obsoleta, cheprima viene abolita e prima le forzepolitiche ne traggono consenso.

Assiomi fragiliSarebbe, e molti lo hanno fatto, relati-vamente facile smontare questi assio-mi e dimostrare che altri, ben menoideali e più economici, sono i motiviche hanno spinto a questa trasforma-zione.In Italia, in dimensioni simili alla solaGermania, dal 1972 era anche in atto

un servizio alternativo al servizio mili-tare, il Servizio Civile, rivolto ai giova-ni italiani che, abili al servizio militare,si dichiaravano obiettori di coscienza.Non è priva di fondamento l’opinionedi chi sostiene che alcuni settori favo-revoli alle Forze Armate professionaliabbiano dato il via libera nel 1998 allariforma della legge sull’obiezione dicoscienza con l’auspicio che l’ulterioreincremento di obiezioni avrebbe acce-lerato la scelta di passare a un siste-ma volontario di reclutamento.Così in effetti è stato e con la fine deglianni ‘90 anche in Italia il numero degliobiettori ha superato quello dei militaridi leva.Adesso che si apre questa nuova sto-ria è utile fare una mappa delle sfide acui sono chiamati gli operatori di pace,

quale che sia la loro collocazione nelsociale o la loro ispirazione ideale oreligiosa.

Difesa partecipataLa sfida più rilevante mi pare quellalegata al valore della partecipazionedei cittadini italiani alla difesa della Pa-tria. I contenuti della difesa sono moltopiù ampi di quelli storicamente definitie le nuove definizioni di difesa e sicu-rezza sono molto simili fra i civili e i mi-litari. La vera differenza è su chi orien-ta e governa questa innovazione: imilitari, forti del loro potere materialeed economico, tendono a occuparetutti gli spazi sia di riflessione sulleesperienze, sia di elaborazione deinuovi paradigmi di intervento, sia dicomando sul terreno delle operazioni.

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Opuscolo bellicista patrocinato dall’Opera della Regalità di Nostro SignoreGesù Cristo, introdotto da uno scritto del rettore dell’Università Cattolica delSacro Cuore, padre Agostino Gemelli.

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Eppure, grazie soprattutto all’azio-ne del Presidente della RepubblicaCiampi, i significati della parola Pa-tria si sono ampliati e differenziatirispetto a quelli nazionalistici. Ov-viamente questo non vuol dire essereciechi o remissivi rispetto al revisioni-smo storico e ai continui rigurgiti di xe-nofobia o nazionalismo.

Invece, più arretrato pare il collega-mento fra partecipazione dei cittadini

alla vita sociale e politica e difesa dellaPatria. Come ha sottolineato il Pre-sidente Ciampi, la scelta dovrebbe es-sere FFAA non di professionisti ma divolontari. Quindi non delega a specia-listi, ma libero e consapevole coinvol-gimento dei cittadini, così come il deci-so sostegno al Servizio Civile Na-zionale ha più volte richiamato.Anche all’interno del mondo degli ope-ratori di pace e soprattutto delle orga-nizzazioni c’è molto cammino da fareper creare un organico collegamentofra le politiche di solidarietà, socio as-sistenziali, di promozione culturale equelle della difesa, promozione dellapace e della solidarietà internazionale.

Sfide apertePerché c’è una difficoltà così consi-stente a sviluppare progetti di ServizioCivile nazionale all’estero per missionidi pace, di prevenzione dei conflitti, oprogetti transnazionali fondati su unoscambio paritario di esperienze e diculture? Sicuramente pesano difficoltàeconomiche e organizzative, ma an-che atteggiamenti culturali delle orga-nizzazioni che preferiscono la settoria-lizzazione degli interventi alla loro inte-grazione.E forse pesa la difficoltà a superare ladivisione fra civile e militare, fra nazio-nale e internazionale. In altri terminila difficoltà a tradurre in strumentidi intervento concreto, che nonsiano solo progetti pilota, la globa-lizzazione culturale e religiosa, per-sino organizzativa (quanto pesa la

difficoltà di accettare i modi di ope-rare dei sud del mondo perchésiamo gelosi dei nostri modi di ope-rare?). E anche il dato reale e nonesorcizzabile della scomparsa dellaseparazione secolare fra societàcivile e società militare specienell’Europa Occidentale.

Governare o rifiutare?Certamente è più difficile prenderneatto e operare per governarla che rifiu-tarla. Solo che rifiutandola si perde giàla sfida strategica: chi governa questainnovazione? A oggi questo governoin larghissima parte è nelle mani deilivelli direttivi dell’industria e delle For-ze Armate, con il ceto politico che sene fa portavoce. Alla lunga questosquilibrio indebolirà la democrazia.Nonostante tutto, però, si sono apertedelle prospettive inedite. Il supera-mento del concetto di cittadinanza ri-stretto solo agli ambiti dello StatoNazione e la necessità di andare an-che al concetto giuridico di cittadinan-za sovranazionale, almeno nella di-mensione di cittadinanza dell’UnioneEuropea. Probabilmente, accanto alleazioni concrete degli operatori di pa-ce, uno strumento interessante da va-lorizzare sono le leggi regionali, cheprevedono l’accesso a programmi si-mili al Servizio Civile anche di cittadininon italiani. Uno spazio nuovo daoccupare, per non lasciare la scenasolo ai militari.

* Presidente di Arci Servizio Civile

17Dicembre 2004

Pillole del Ciampi-pensieroCome Presidente della Repubblica devo ricordare che tale sospensione [della leva obbligatoria] non fa venir meno il dovere costi-tuzionale di “difendere la Patria in armi”.E ciò rende tanto più apprezzabile la scelta professionale di chi partecipa ai concorsi per volontari.L’Italia non ha dato vita a un esercito “professionista”, ma a un esercito di “volontari”, che è sempre l’esercito del popolo italia-no, nel solco di una tradizione nazionale che trae origine dalle guerre d’indipendenza. (…)La normativa, predisposta dal Parlamento, sul reclutamento offre ai volontari la prospettiva di partecipare a tutti i concorsi per icorpi armati dello Stato. Essa è uno strumento appropriato di riduzione dei costi di formazione del personale futuro; sta dando irisultati sperati.Chi ha a cuore le esigenze della sicurezza nazionale non può non seguire con attenzione l’entità delle risorse assegnate alla Difesa,per gli investimenti, il funzionamento, la manutenzione. È doveroso spendere bene, evitare sprechi, risparmiare tutto quello che sipuò, ma si deve fare attenzione a non scendere al di sotto di alcuni standard internazionali.Vanno altresì moltiplicati gli sforzi per realizzare iniziative insieme ad altri Paesi europei, riducendo così le sovrapposizioni di spesa– ad esempio in ricerca e sviluppo – e accrescendo di pari passo la massa critica e la qualità degli investimenti.Per questo esprimo vivo compiacimento per l’accordo italo-francese per realizzare 27 fregate ad alta tecnologia, di cui 10 per lanostra Marina, che concorreranno in modo sostanziale al rinnovamento della flotta.Così come è importante che prosegua il programma italo-tedesco dei sommergibili a idrogeno, che tanto interesse ha destato a livel-lo mondiale. Auspico anche l’adozione dell’M346 come addestratore per le aeronautiche europee.L’integrazione europea è una opportunità vitale per l’industria italiana della difesa, ma anche per la stessa formazione del personale.

(dall’intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi alla cerimonia di consegna delle decorazioni dell’OrdineMilitare d’Italia, avvenuta al Quirinale il 2 novembre scorso)

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Cartolina propagandistica dellaRepubblica Sociale Italiana bellica.

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DIVISASENZ’OBBLIGO

L’inizio è imminente. Dal primo gennaio

verrà abolita la levaobbligatoria. E l’esercito

sarà composto solo da professionisti.

La spesa aumenterà. Di molto.

Ma non per l’altra difesa, il Servizio Civile.

Massimo Paolicelli*

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Grazie al progetto avviatonel 2001 dal Governo dicentro-sinistra e portato atermine dall’attuale mag-gioranza di destra, anche

il nostro Paese avrà Forze Armatecompletamente volontarie e, a partiredal 1 gennaio 2005, nessun giovanesarà obbligato a indossare una divisaper servire la Patria.

Tutti d’accordoNon è stato un travaglio facile. Infatti,si è dovuto trovare un delicato equili-brio tra le esigenze dei vertici militari,che non volevano cedere il potere digestire milioni di giovani e che comecontropartita hanno chiesto e ottenu-to concrete garanzie sulle risorseeconomiche, e le esigenze dei politi-ci che pensavano di capitalizzare unforte consenso elettorale, anche sel’Ulivo ha abolito la leva ma ha poiperso le elezioni. L’unico esclusodalla discussione è la società civi-le: è pur vero che la larga maggio-ranza della popolazione non hamai sopportato questo obbligo,tanto che ormai quasi la metà deigiovani chiamati alle armi si di-chiaravano obiettori, ma è altret-tanto vero che non ha mai avutonessun elemento diverso per farsiun’idea di dove porta tale proget-to, di non poco conto.Senza cadere nella nostalgia dellaleva obbligatoria, si può affermareche questa riforma avrà dei costi eco-nomici e sociali molto elevati.

I costiL’Amministrazione della Difesa, du-rante la discussione parlamentare sulpassaggio all’esercito professionale,avrebbe commissionato uno studiosull’impatto economico di tale rifor-

ma, poi tenuto ben chiuso in un cas-setto. Che i costi aumentino, non stu-pisce affatto: ad esempio, per nonlasciare a casa molti generali, si ècreato un esercito con un numero dimilitari ancora elevato. Inoltre, lavocazione per il militare nel nostroPaese non è forte e quindi necessitadi molti incentivi per far presa sui gio-vani. Ovviamente tutto questo dilata icosti.Questa riforma, malgrado i deputa-ti fossero informati, si configuracome un enorme salto nel buio,specialmente sul versante econo-mico. Bastava leggere le note del“Servizio Bilancio” del Senato percapire che le cifre presentate inParlamento per la riforma della levaerano completamente sballate, eandavano ben oltre un onere di 1.000miliardi di vecchie lire per il primotriennio e di 1.000 miliardi di lire perl’anno a regime, com’è scritto nellalegge. Secondo l’organo interno delSenato, infatti, il provvedimento “nonconsidera le spese diverse da quelledel personale. Tale lacuna appareparticolarmente rilevante in quanto l’i-stituzione di un servizio professionalecomporta una serie di spese di equi-paggiamento e armi, nonché speselogistiche e di formazione e di funzio-namento superiori di unità di persona-le a quelle necessarie a un esercito dileva (…). Inoltre è prevedibile chemolti servizi garantiti dal personale dileva dovranno essere acquisiti attra-verso il ricorso all’esterno”.

Uguali ma diversiA ciò si aggiunga che con la riformaci sarà la necessità di rimpiazzare i12.000 carabinieri di leva e gli oltre50.000 obiettori in Servizio Civile.Infatti nei due provvedimenti con iquali è stata congelata la leva e si è

anticipato l’avvio dell’esercito di me-stiere, non si è mai pensato alServizio Civile. Nella scorsa legisla-tura, dopo molte proteste, è stato isti-tuito, con un provvedimento a parte, ilServizio Civile volontario. Peccatoperò che le due modalità di difesadella Patria, alla quale come harecentemente ribadito la Corte Co-stituzionale contribuisce anche ilServizio Civile volontario, sianotrattate in modo diametralmenteopposto. Per il servizio militare si èdeciso che occorrono 190.000 uomi-ni, garantendo le necessarie copertu-re finanziarie. Per il Servizio Civileinvece, si è stabilito che partirannotanti giovani quanti ne consente ilfondo messo a disposizione dallafinanziaria.

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San Francesco e santa Chiara pro-teggono l’esercito italiano raffiguratoin marcia verso la vittoria.

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Servizio Civile dimezzatoLa situazione del Servizio Civile nonè, dunque, delle più rosee. Infatti nel2004 sono partiti per il Servizio Civilecirca 30.000 obiettori, per un costo di50 milioni di euro e 38.000 volontari,per un costo di quasi 200 milioni dieuro. Altri 20 milioni di euro sono ser-viti per le attività istituzionali e per lafunzionalità dell’Ufficio Nazionale peril Servizio Civile. In totale si sonospesi 270 milioni, ottenuti grazie allapossibilità di aggiungere ai 119 milio-ni di euro presenti nel fondo 2004 delServizio Civile altri 150 milioni di euroavanzati dagli esercizi precedenti.Nel 2005 saranno disponibili solo ifondi presenti in finanziaria, 240milioni di euro. Considerando chepersisteranno spese per gli obiettoriche iniziano Servizio Civile nel 2004e che devono portarlo a termine nel2005, e la stessa cosa vale per queivolontari che partiranno non primadella fine del 2004, secondo il mini-stro Carlo Giovanardi, con delega inmateria, potranno partire circa30.000 volontari, quindi sostanzial-mente si dimezzano i giovaniimpegnati in questo settore ormaicruciale per la difesa non in armidel Paese.

Divise preoccupantiLa riforma professionale delle ForzeArmate preoccupa per diversi aspet-ti. Il primo è quello politico. Infatti èchiaro che la dottrina della “guerrapreventiva” perseguita dall’ammini-strazione Bush, che vede l’Italiaseguace e sostenitrice, preveda con-tinui interventi militari in varie areedel mondo. Per questo sempre piùl’attività principale delle nostre ForzeArmate sono le missioni fuori dai con-fini nazionali, che in questo momento(al 30 settembre 2004) vedono impe-gnati 9.782 militari. I rischi che si cor-rono in queste operazioni richiedonoche la scelta del personale impiegatodebba necessariamente esserevolontaria, anche se mascheratadalla necessità di maggiore profes-sionalità. Se l’Italia riesce a far fronteagli attuali impegni internazionali con10.000 uomini, significa che, calco-lando i rimpiazzi e i turni, si dovrannoimpiegare circa 30.000 giovani. Maallora perché il nuovo esercitosarà composto, per legge, da190.000 unità? Una risposta plau-sibile è: questo numero serve agiustificare l’elevata presenza digraduati. Un altro punto oscuro dellariforma è dato dal compito di presi-

diare gli obiettivi sensibili che saràassolto da 4000 militari: perché nonchiamare ad assolverlo poliziottiaddestrati per quel compito preciso?Inoltre non si capisce perché, conun numero così cospicuo di milita-ri, entrino in profonda crisi.Abbiamo forse un esercito di non-operativi?

Ancora sui costiInfatti la metà del bilancio della “fun-zione difesa” si concentra sulle speseper il personale: 8.028 milioni di europer il 2005 con un incremento del6,5% rispetto all’anno precedente,laddove il solo capitolo sul personalein ferma prefissata è passato da 807milioni di euro a 994 milioni di euro,con un salto in avanti del 23,1%. Lespese sono destinate a crescere,perché l’unica possibilità di soppe-rire alle scarse vocazioni che il ser-vizio militare ispira è quella diaumentare lo stipendio o offrireincentivi come la garanzia delposto di lavoro o della casa.Ed è proprio sugli incentivi che sigioca il terzo aspetto negativo. Infatti,nella legge che anticipa la fine dellaleva viene garantita ai volontari inferma prefissata la totalità dei postimessi a concorso nelle carriere inizia-li delle forze di polizia a ordinamentocivile e militare e della Croce Rossa. Ilche, da un lato, viola l’articolo 51 dellaCostituzione sulla parità di accesso aipubblici uffici e, dall’altro, crea unapericolosissima militarizzazione dellasocietà. Infatti, è prevista anche unacorsia preferenziale in altri settori delloStato e sono in corso accordi con leprincipali organizzazioni di categoriaprivate. Insomma, per garantire gliincentivi voluti dalle Forze Armate sirischia di far sballare qualsiasi bilan-cio. Le richieste sono messe nero subianco nel recente Libro bianco dellaDifesa: per garantire il numero suffi-ciente di giovani le Forze Armate chie-dono di: 1) offrire prospettive per l’in-serimento dei giovani nel mondo dellavoro; 2) adeguare le retribuzioni deivolontari; 3) migliorare le condizioni divita come l’agevolazione per l’acqui-sto di una casa.

Cifre da recordIl bilancio della difesa quest’annoraggiunge la cifra record di 20.793milioni di euro, con un incremento del5% in termini monetari, e un 3,4% intermini reali rispetto all’anno prece-dente. Eppure non basta. Affatto.Forze Armate che si rispettino devo-

no anche essere ben equipaggiate ementre si sogna il soldato del futurocon tuta ignifuga, elmetto con mini pce visori notturni, oggi molti militaripartono per le missioni con moltecarenze di attrezzatura ordinaria,come tragicamente dimostrato daimolti militari colpiti dagli effettidell’uranio impoverito in diversemissioni perché non avevanoneanche guanti e mascherine. Altrisoldi del contribuente buttati? Pen-siamo di sì, come i 1.390 milioni dellaseconda portaerei italiana, la “An-drea Doria”, definita inutile nell’attua-le contesto geo-strategico dallo stes-so ministro della Difesa, AntonioMartino.Quanta sicurezza si potrebbe assicu-rare se questi soldi venissero investi-ti nello sviluppo del sud del mondo,nella ricostruzione di rapporti pacificitra civiltà e nel nostro benessere quo-tidiano, dato da un ambiente piùsano, dalla garanzia della salute edell’istruzione e del lavoro, senzanasconderci dietro lo spauracchio diarmi totalmente spuntate di fronte aun terrorismo che non ha più nulla daperdere?

*Presidente Associazione ObiettoriNonviolenti

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Cartoncino devozionale personalizza-to, con l’invocazione della vittoria edel ritorno del soldato in seno alla suafamiglia

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STORICHESENTENZE

Storiche. E numerose. Le sentenze della

Corte Costituzionale hanno pienamente

riconosciuto la cittadinanza del Servizio Civile tra le forme

della difesa del Paese. Di più. E ha ribadito

che esiste una difesa civileaccanto alla difesa

tradizionale, militare. Diego Cipriani

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Dopo quasi vent’anni dallastorica sentenza della Cor-te Costituzionale, che di-chiarò il Servizio Civile co-me forma di difesa della pa-

tria, la stessa Corte è tornata sull’ar-gomento nel luglio scorso con un’altrasentenza, la n. 228. Ma procediamocon ordine.

Nel 1985 la Corte, presieduta allorada Leopoldo Elia e come relatoreGiovanni Conso, aveva sentenziatoche tra l’articolo 52 della Costituzione

(quello del “sacro dovere” di difende-re la patria) e la legge sull’obiezionedi coscienza non v’era contrasto, inquanto la difesa della patria puòessere espletata siaattraverso una difesaarmata sia attraversouna difesa non armata.Così, il Servizio Civiledegli obiettori di coscien-za “non si traduce asso-lutamente in una derogaal dovere di difesa dellaPatria, ben suscettibiledi adempimento attra-verso la prestazione diadeguati comportamentidi impegno sociale nonarmato”.

Dalla sentenzaal comitatoFu una sentenza storica,quella, cui seguirono al-tre sette che demolironola legge del 1972, cheaveva riconosciuto l’o-biezione al servizio mili-tare. Non a caso il Par-lamento ne dovette tenerconto quando, nel 1998,approvò finalmente lanuova legge sull’obiezio-ne di coscienza nellaquale, all’articolo 1, sidice esplicitamente, ri-calcando quella famosasentenza, che il ServizioCivile è “diverso per na-tura e autonomo dal ser-vizio militare, ma comequesto rispondente aldovere costituzionale didifesa della Patria”.Il legislatore, in quella

stessa legge, si era spinto oltre, pre-vedendo anche la possibilità per gliobiettori di essere coinvolti in“forme di ricerca e di sperimenta-

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L’opera esplicata dal cappellano militare sulcampo di battaglia è sostenuta dalla benevola pro-tezione divina.

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Caritas Italiana, Voci sull’obiezione.Interviste ai protagonisti,La Meridiana, p. 177Mentre l’Italia dice addio alla leva, c’èchi non si rassegna a mandare in sof-fitta, oltre alla divise, anche il patrimo-nio di vissuti che per mezzo secolo sisono coagulati intorno alla pratica del-l’obiezione di coscienza al serviziomilitare. La Caritas Italiana, l’ente cheha raccolto il maggior numero di obiet-tori nel nostro Paese, ha raccolto letestimonianze di 40 personaggi che, inun modo o nell’altro, hanno incrociatola propria vita con l’obiezione e ilServizio Civile. Interviste a personaggidel mondo istituzionale (comeAndreotti, Pannella, Jean), della Chiesaitaliana (come Piovanelli, Bettazzi), delmovimento dei primi obiettori (Pinna,Gozzini, Fabbrini), della Caritas (Nervo,Pasini) ma ci sono anche molti “ex”obiettori che sono diventati famosi(come Tommasi, Carboni, Zuccato) neipiù disparati settori della vita delnostro Paese. La prefazione è diLeopoldo Elia, presidente della CorteCostituzionale, che nel 1985 emanòuna storica sentenza a favore delServizio Civile.

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zione di difesa civile non armata enonviolenta”. Ma solo nel maggioscorso, a sei anni dalla legge, ilgoverno di centro-destra costituirà un“Comitato” incaricato dal ministroGiovanardi di affiancare l’UfficioNazionale per il Servizio Civile (lastruttura della Presidenza delConsiglio che gestisce l’intero siste-ma del Servizio Civile in Italia) perrealizzare quanto previsto nel ’98.

Dentro anche le regioniMa torniamo alla Corte Costituzionale.Nel 2001 il Parlamento a maggioranzacentro-sinistra, dopo aver deciso disospendere la leva obbligatoria, ap-

prova la legge n. 64 che istituisce il“Servizio Civile nazionale”, un serviziovolontario al quale già da tre anni pos-sono accedere anche le ragazze. Nelprimo articolo di quella legge si riba-disce che il Servizio Civile concorre,“in alternativa al servizio militareobbligatorio, alla difesa della Patriacon mezzi e attività non militari”. Lalegge, e gli atti normativi successivi,prevedono inoltre il coinvolgimentodelle regioni nella gestione delServizio Civile, pur mantenendo lacompetenza ultima a livello naziona-le.E qui nascono i problemi. Infatti, laProvincia Autonoma di Trento è ricor-

sa alla CorteCost i tuz iona ledenunciando l’in-terferenza dellenorme delServizio Civile suipoteri e le com-petenze attribuitedal federalismoalle Regioni, arri-vando anche asostenere la nonriconducibilità delServizio Civile,così come previ-sto dalle nuovenorme, al concet-to di difesa dellapatria.L’assise presie-duta da GustavoZagrebelsky, eavente come giu-dice relatore Fer-nanda Contri, hain pratica datotorto alla Pro-vincia di Trento ri-cordando che laCostituzione attri-buisce allo Statola competenzanon solo in mate-ria di “Forze Ar-mate” ma anchedi “difesa” e ag-giungendo che“accanto alla dife-sa militare, che èsolo una forma didifesa della Pa-tria, può ben dun-que collocarsiun’altra forma didifesa, per cosìdire, civile, che sitraduce nella pre-stazione dei già

evocati comportamenti di impegnosociale non armato”. Insomma, per igiudici della Consulta il ServizioCivile “partecipa della medesimanatura del servizio militare, qualeprestazione equivalente a que-st’ultimo e riconducibile alla stes-sa idea di difesa della Patria”. Glistessi giudici, infine, non escludo-no che le regioni possano istituireun proprio Servizio Civile regiona-le, distinto da quello nazionale enella sostanza diverso da essoperché non avente nulla a che farecol dovere di difesa.Un nuovo autorevole supporto, dun-que, per quanti da anni si sforzano diconiugare la difesa e la sicurezza conla nonviolenza.

21Dicembre 2004

Domandedi obiezionedi coscienza

(anni 1972-2003)

anno domande19721973 2001974 4001975 5001976 9001977 1.1001978 1.5001979 2.0001980 4.0001981 7.0001982 6.9171983 7.5571984 9.0931985 7.4301986 4.2821987 4.9861988 5.6971989 13.7461990 16.7671991 18.2541992 23.4901993 28.9101994 33.3391995 44.3421996 47.8241997 57.2841998 72.1691999 108.3712000 62.5242001 64.0592002 54.8822003 43.224

Fonti: Ministero della Difesa,Ufficio Nazionale per il ServizioCivile

Litanie della guerra di indole antibellicistica, con l’invoca-zione della Madonna “Regina della pace”.

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MILITARI MA NONTROPPO

Il passaggio all’esercitoprofessionale è ormai

avvenuto. Tutti d’accordo.

Resta almeno l’impegno di limitare gli ambiti e le regole.

Di un militare che portala divisa ma resta un

impiegato. Dello Stato.Domenico Gallo

Nel 1991 con il cosiddetto“Nuovo Modello di Difesa”è stata compiuta la sceltastrategica di smobilitarel’esercito di leva e di co-

struire nuovi reparti operativi basatiesclusivamente su volontari, cioè supersonale utilizzato in modo profes-sionale, sulla base di bandi di arruola-mento a tempo determinato. L’elimi-nazione della leva è avvenuta in modograduale, soprattutto per le difficoltà dibilancio, ed è stata sancita dalla leggeLegge 14 novembre 2000, n. 331.Il percorso di trasformazione dellostrumento militare da un esercito dileva a un esercito basato su corpiprofessionali non ha trovato grandiostacoli politici. Anzi è stato sostenu-to e propiziato anche dalle principaliforze della sinistra, come il PDS/DS,che si sono battuti per raggiungerequesto “traguardo”, senza preoccu-parsi troppo che l’obiettivo dell’eserci-to professionale era stato concepitonel quadro di un pensiero strategicoche puntava a creare uno strumentofunzionale alle guerre del futuro, cioèall’uso della guerra come strumentoal servizio della politica.

Impiegati dello StatoNon a caso, già nel Modello del 1991si fa cenno al fatto che il nuovo volon-tario deve essere una sorta di profes-sionista della guerra, poiché deveavere una motivazione che non siasemplicemente occupazionale, madeve avere una sorta di vocazione alcombattimento. Il Modello richiede,infatti, “Una migliore immagine delvolontario, prevedendone l’impiego intutti i ruoli propri del combattente, alfine di indirizzare le scelte della vitamilitare per motivazioni diverse daquelle semplicemente occupazionali”.

Per chiarire meglio il concetto, il gen.Canino (Capo di Stato Maggiore dellaDifesa all’epoca della Somalia) in unaintervista sull’addestramento deivolontari al Corriere della Sera (14 giu-gno 1997) spiegava che: “ridotto all’os-so il compito è insegnare a ucciderebene e a farsi ammazzare poco”.

Cancellata la leva, il “servizio milita-re” ha cessato di essere un “servi-zio” ed è diventato una professione:la professione delle armi. Tuttavia, malgrado le suggestionidannunziane dei vertici militari, ilmodello americano del guerriero“born to kill”, non può essere

importato nelnostro sistemapolitico.È fuori dalla cul-tura, dalla storiae dalla sensibilitàdel popolo italia-no, ma – soprat-tutto – non è ap-plicabile nell’or-dinamento giuri-dico italiano che,malgrado tutto,continua a esse-re quello di unoStato democrati-co di diritto, chesi conforma allenorme del dirittointernazionalegenera lmentericonosciute (art.10 Cost.), nonpuò accettare laguerra comestrumento dellapolitica, dal mo-mento che laripudia (art.11) enon tollera lapena di morte. Le strutture dellaForze Armateprofessionali –quali che siano ledottrine militari oideologiche inauge – sono parti

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La partenza del combattente per la Libia, propiziata dallaMadonna di Pompei.DO

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di una pubblica amministrazione inse-rite in un ordinamento in cui prevalgo-no principi e criteri che escludono chei militari professionisti possano essereutilizzati come guerrieri, come dellemacchine umane per la guerra, adattia qualsiasi impiego, come stannofacendo i loro colleghi americani aFalluja e un po’ in tutto l’Iraq.I volontari in ferma prolungata, co-sì come gli ufficiali e i sottufficialiin servizio permanente effettivo,sono impiegati dello Stato, di unoStato (ancora) democratico, di cuidevono osservare scrupolosa-mente le leggi e i valori costituzio-nali e dal quale hanno il diritto dipretendere il rispetto dei loro dirit-ti umani fondamentali.

Le condizioni della guerraI compiti delle Forze Armate nelloStato di diritto sono stati ridefiniti pro-prio dalla legge che ha istituito il ser-vizio militare professionale che all’art.1 statuisce che: “L’ordinamento e l’attività delle ForzeArmate sono conformi agli articoli 11e 52 della Costituzione e alla legge.Compito prioritario delle Forze Arma-te è la difesa dello Stato.

Le Forze Armate hanno altresì il com-pito di operare al fine della realizza-zione della pace e della sicurezza, inconformità alle regole del diritto inter-nazionale e alle determinazioni delleorganizzazioni internazionali dellequali l’Italia fa parte.”Questo significa che non è giuridi-camente possibile un uso “belli-co” delle Forze Armate, poiché ilricorso alla guerra, anche comestrumento di ordine o di pacifica-zione internazionale, è drastica-mente interdetto dall’art. 11 dellaCostituzione.Le Forze Armate possono essereadoperate, in un contesto internazio-nale, per operazioni volte a realizzarela pace e la sicurezza, il che può com-portare l’uso eventuale della forza,ma ciò può avvenire a due condizioni:– che l’uso della forza non deve es-sere di tipo bellico, in quanto le ope-razioni belliche continuano a essereinterdette dall’art. 11 della Costituzio-ne;– che le operazioni compiute devonoessere conformi alle regole del dirittointernazionale.In epoca recente è stato modificato ilCodice Penale militare di guerra per

rendere più agevole l’utilizzo delleForze Armate in missioni all’esteroche comunque comportano l’uso o ilrischio dell’uso della forza. Ciò hacomportato la necessità di trasfonde-re nel CPMG gli obblighi più rilevantiassunti dall’Italia nel campo dellatutela dei diritti dell’uomo nel conte-sto dei conflitti armati. Così con unanorma calderone (l’art. 185 bis) èstato previsto come reato il fatto del“militare che, per cause non estraneealla guerra, compie atti di tortura oaltri trattamenti inumani, trasferimen-ti illegali, ovvero altre condotte vieta-tegli dalle convenzioni internazio-nali…”

Tra gerarchia e coscienzaPer quanto lo status militare compor-ta una condizione di forte soggezionea una struttura gerarchica e a un rigi-do sistema di disciplina, non v’è dub-bio che la legge si pone al di sopradella disciplina e degli obblighi di ob-bedienza. Ciò comporta, per un verso, che lastruttura gerarchica non può pre-tendere dai militari comportamentivietati o che rischiano di infrange-re le regole delle Convenzioni in-ternazionali, per altro verso che gliimpiegati dello Stato in serviziocome militari non devono prestareobbedienza a ordini la cui esecu-zione potrebbe costituire reato, inquanto vietata dalle Convenzioniinternazionali.Quando l’impiego dei reparti militari siaddentra in quella zona grigia al confi-ne fra attività bellica vera e propria eattività di ordine pubblico, com’è capita-to in Somalia nel 1993/1994 e comecapita attualmente a Nassiriya, allorasi pone il problema del peso delleresponsabilità individuali e dei valoridi coscienza. Anche se per il servizio militare pro-fessionale non si pone il problemadell’obiezione di coscienza nei termi-ni in cui si è posto per il servizio dileva, dal momento che il volontario,avendo accettato l’arruolamento, nonpuò rifiutarsi di portare le armi, tutta-

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VADonne divise

Sin dal 1919 le donne sono state ammesse a tutte le professioni e impieghipubblici con l’esclusione della difesa militare dello Stato. Anche la legge 66del 1963, pur consentendo l’accesso delle donne a tutte le cariche pubbli-che, ha impedito l’arruolamento nelle Forze Armate. Dal 1963 sono statepresentate in Parlamento numerose proposte di legge per permettereanche alle donne di entrare in caserma. Nel 1992 l’Esercito ha realizzato ilprimo esperimento di “donne soldato”, con 29 ragazze per 36 ore pressouna caserma di Roma. Nel 1995 è nata l’A.N.A.D.O.S. (AssociazioneNazionale Aspiranti Donne Soldato).La legge n. 380 del 1999 ha permesso l’ingresso delle donne nelle ForzeArmate a partire dal 2000.I primi bandi di concorso relativi al reclutamento nelle Accademie Militaridell’Esercito, Marina e Aeronautica sono stati pubblicati nel gennaio 2000.Si è trattato di un vero e proprio boom di domande: l’Accademia Militaredi Modena ha ricevuto 22.692 domande di cui il 54,91% da parte di donne(295 posti a disposizione), l’Accademia Navale di Livorno ha ricevuto 7.444domande, di cui il 57,04% da donne (per 155 posti), l’AccademiaAeronautica di Pozzuoli 12.546 domande e la percentuale delle concorren-ti è stata del 50,84% (per 136 posti).

Togli il piantone e metti il Body GuardSulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 2 agosto è stato pubblicato un bando di gara emesso dal Ministero della Difesa avente comeoggetto: “Servizio di vigilanza e custodia di installazioni militari dislocate sul territorio nazionale”. È una delle tante conseguenzedella fine della leva obbligatoria. Infatti, fino a quando c’erano i “marmittoni” si sapeva a chi far fare la guardia ai siti militari, lepulizie nelle caserme, la preparazione dei pasti per i militari. E ora? Lo Stato dà in appalto questi servizi. Così veniamo a scopri-re che per il servizio richiesto dal bando su 31 installazioni militari nel Nord Italia la Difesa spenderà più di 11 milioni di euro, per28 installazioni al Centro poco meno di 8 milioni di euro, per le altre 18 installazioni al Sud e nelle Isole oltre 5 milioni di euro. Epoi dicono che la guerra moderna non produce posti di lavoro!

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via non si può escludere che dei pro-blemi seri di coscienza si ponganoquando le condizioni di impiego ope-rativo travalichino i limiti del sistema,come avverrebbe in tutti i casi di usoindiscriminato delle armi, o eccessi-vo, rispetto alle esigenza della difesaindividuale e di gruppo. A questo riguardo, occorre ricordareche nel nostro ordinamento l’obiezio-ne di coscienza è un diritto umanofondamentale, che non può esseresoppresso in nessuna circostanza. Ha osservato, infatti, la Corte Co-stituzionale con la nota sentenza 467del 16 dicembre 1991 che:“A livello dei valori costituzionali, laprotezione della coscienza individua-le si ricava dalla tutela delle libertàfondamentali e dei diritti inviolabiliriconosciuti e garantiti all’uomo comesingolo, ai sensi dell’art. 2 dellaCostituzione. (…) Di qui deriva (…)che la sfera intima della coscienzaindividuale deve esser consideratacome il riflesso giuridico più profondodell’idea universale della dignità dellapersona umana. Sotto tale profilo, sepure a seguito di una delicata operadel legislatore diretta a bilanciarlacon contrastanti doveri o beni di rilie-vo costituzionale e a graduarne lepossibilità di realizzazione in mododa non arrecar pregiudizio al buonfunzionamento delle strutture orga-nizzative e dei servizi d’interessegenerale, la sfera di potenzialità giu-ridiche della coscienza individualerappresenta, in relazione a precisicontenuti espressivi del suo nucleoessenziale, un valore costituzionalecosi elevato da giustificare la previ-sione di esenzioni privilegiate dall’as-solvimento di doveri pubblici qualifi-cati dalla Costituzione come indero-gabili.”

Cosa resta dell’obiezioneCon riferimento all’esercito professio-nale il legislatore, a tutt’oggi, non haancora compiuto il bilanciamento fra ivalori della coscienza e gli altri beni dirilievo costituzionale. Questo nonvuol dire che il problema dell’obie-zione di coscienza non si pone. Alcontrario, il fatto che il legislatorenon sia ancora intervenuto, rendetanto più urgente l’esigenza di unamobilitazione politica per ottenereche i valori della coscienza trovinoadeguato riconoscimento.

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190.000 divise

Ufficiali 22.500Sottufficiali 63.947Truppa volontari 103.803

di cui:– in servizio permanente 60.945– in ferma fissa 42.858

Totale 190.000di cui:Esercito 112.000Marina 34.000Aeronautica 44.000

Fonte: “RAPPORTO SBILANCIAMOCI! – Cambiamo finanziaria”DOSS

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La comunione pasquale.

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DELLE PERDUTEVIRTÙ

I militari sono in declino perché hanno

smarrito le virtù. E la loro missione

di difendere lo Stato. Perché lo Stato

non c’è più. Una lettura provocatoria

dei processi in atto da parte di un esperto

di questioni militari.Intervista a Virgilio Ilari

Per capire che cosa abbiarappresentato storicamentel’istituto della leva obbliga-toria nel nostro Paese ab-biamo pensato di rivolgerci

a un’autorità in materia. Virgilio Ilari èprofessore associato di “Storia delleistituzioni militari” presso l’UniversitàCattolica del Sacro Cuore. La suaproduzione editoriale è vastissima,compresa una monumentale “Storiadel servizio militare in Italia” pubblica-ta qualche anno fa dal Centro Militaredi Studi Strategici. Ne è emerso uncolloquio interessante che, proprioper la divergenza del punto di osser-vazione, offriamo come spunto per ildibattito.

La leva obbligatoria non è maistata molto amata dai giovani ita-liani, è sempre stata sopportata. Èuna questione di carattere delpopolo italiano oppure, secondolei, ci sono delle altre motivazioni?Non sono d’accordo sull’idea che laleva non fosse “popolare” in Italia. Lacontestazione “ideologica” era circo-scritta a determinati ambienti e cetisociali. Ben prima del riconoscimentodell’obiezione di coscienza, già all’ini-zio degli anni Cinquanta, la renitenzaera praticamente scomparsa. Dodicimilioni di italiani hanno fatto il militaredal 1946 al 2000, e gli obiettori sonostati meno di 100.000 dal 1972 (crea-zione del Servizio Civile sostitutivo)al 1989, cioè finché l’obiezione èstata disincentivata con un allunga-mento di ferma (otto mesi in più). C’èvoluto che scendesse in campo laCorte Costituzionale (presieduta dalcattolico Conso) per assicurare ai2.000 enti convenzionati (per dueterzi espressione del volontariato cat-tolico) la mano d’opera gratuita

richiesta, cioè una forma di finanzia-mento pubblico indiretto. Tra l’altroquesta “scrematura” giovava alleForze Armate, perché eliminava isoggetti ideologicamente o social-mente refrattari al servizio militare,praticamente azzerando la contesta-zione nelle caserme. Quella che c’èstata l’ha fatta il personale di carriera,sempre più corporativizzato e buro-cratizzato. Ogni mese la partenza delcontingente è stato un “plebiscitosilenzioso alla nazione”. Che nonsapeva che farsene.

Della crisi del servizio militare ne-gli ultimi anni sembra che le ForzeArmate si siano accorte molto inritardo. Ad esempio, davano lacolpa ai giovani che preferivano ilServizio Civile piuttosto che pren-dere provvedimenti per governarelo strumento. È giusta questaimpressione oppure si è trattato diuna deriva inarrestabile?La crisi del servizio militare non ècerto colpa né degli antimilitaristi, nédelle mamme e tanto meno dei giova-ni di leva. È la conseguenza di unacaduta verticale della virtù politica emilitare delle classi dirigenti civili egallonate, che hanno proiettato la loroideologia su un Paese che non cono-scevano più e non rappresentavanopiù. Negli ultimi dieci anni i soldati dileva sono stati trattati a pesci in fac-cia, come sciacquini dei pretesi pro-fessionisti, non come soldati, quandogli unici veri soldati rimasti in Italiaerano proprio loro. Dieci anni fa, inun’indagine tra gli accademisti diModena, due terzi risposero cheavrebbero preferito fare gli obiettoripiuttosto che i soldati semplici. Invecedi sciogliere l’Accademia e mandarli acasa, pubblicarono il sondaggio sulla

“Rivista Militare” per dimostrare che laleva aveva fatto il suo tempo. Certo,chi pensava e dichiarava quelle cose,non solo non era capace, ma eramoralmente indegno di comandarecittadini in uniforme.

Anche il rapporto tra Forze Armatee società non è mai stato idilliaco,a detta degli stessi militari. Leicrede che la fine della leva possacontribuire a colmare questa di-stanza?L’Italia ha cessato di avere un eserci-to perché ha cessato di esisterecome Stato. La politica è stata sosti-tuita dall’amministrazione e dalle cor-porazioni, incluse quelle in uniforme,abilissime a sopravvivere alla mortedella patria. Mi spiego con un esem-pio tratto dalla storia. La Marina ve-neziana, che era incentrata sulla cor-porazione degli arsenalotti, soprav-visse 51 anni alla morte di Venezia,fino al 1805 sotto la Doppia Aquila,dal 1805 al 1814 sotto il Tricolore na-poleonico e poi di nuovo sotto laDoppia Aquila, finché l’Austria tagliòla testa al toro, trasferendo tutto aPola. È il futuro che attende quel cheresta delle ex-Forze Armate italiane,declassate al ruolo di contingente diun esercito internazionale (che fac-ciamo finta di credere possibile nelquadro Onu o europeo, mentrevediamo dove e per conto di chi fafinta di “combattere”). Ci possiamoconsolare: tutti gli Stati europei sonooggi come i “socii italici” dell’anticaRepubblica Romana (III-I secolo a.C.), o come i principi tedeschi di fron-te al Sacro Romano Impero: abbiamodeclassato i nostri soldati ad auxilia,a simboliche coorti inviate di rincalzoalle Aquile che predano lontano.Machiavelli lo aveva detto: “chi non

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vuole portare le armi proprie, portaquelle altrui”. Ma non è stata certocolpa né dei soldati di leva né dellemamme e nemmeno degli antimilita-risti o dei pacifisti.

Le Forze Armate del futuro sarannocostituite esclusivamente da profes-sionisti e volontari. Ritiene che si riu-scirà a raggiungere la cifra di 190.000effettivi, come prevede la legge,oppure si dovrà rivedere questacifra? Per qualcuno, ad esempio, cisarebbero in Italia fin troppi generali?Ma quali 190.000 uomini! Ma qualiprofessionisti! Per mantenere 10.000

persone all’estero, pagate quattrovolte lo stipendio dei soldati america-ni, abbiamo già grattato il fondo delbarile. Per il resto, preferisco nonentrare in particolari, ma tutto indicauno sfascio generale e irreversibile,finora ben occultato dai media e dagliaedi di una riforma militare di cui tuttele forze politiche sono ugualmenteresponsabili di fronte alla nazione.

In molti, anche tra i militari, noncondividono la fine di un’esperien-za che andava al di là del significa-to strettamente militare, enfatiz-zando il ruolo sociale e formativo.

Condivide questa “nostalgia”?Con che cosa si può rimpiazzare laleva obbligatoria?La leva può avere avuto anche unafunzione sociale e formativa, ma nonera questa la sua ragion d’essere.Era, nelle condizioni storiche di allo-ra, l’unico modo in cui un Paesesegnato dalla guerra civile, comel’Italia, poteva esprimere una forzaarmata nazionale e la sua (passata)sovranità internazionale. Nostalgia?Sì, dell’Italia che ho conosciuto eamato, dell’Italia Stato e non sempli-ce espressione geografica, come oraè ridotta.

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Preghiera del soldato italiano, ne furono stampate versioni differenti per le singole armi: questa è per gli alpini.

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