Voglia di comunità - Zigmunt Bauman - Riassunto
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Riassunto di:
“Voglia di comunità”
di Zymunt Bauman
Bauman comincia il suo lavoro di definizione di una Comunità dal primo
studioso del concetto, Tönnies, che parlò di Gemeinschaft e Gesellschaft per
distinguere gruppi uniti dal senso di appartenenza, dai sentimenti e gruppi uniti
da interessi strumentali. Il sociologo tedesco aveva delineato dei tipi normali, una
definizione ideale utile come punto di partenza nella teoria, conscio che esso nella
realtà queste due tipologie coesistevano latenti in tutte le forme di aggregazione
umana (Tönnies & Harris 2001:xviii).
Un altro autore citato per determinare il concetto di Comunità è Robert
Redfield, i cui studi si concentrarono in particolare sui piccoli villaggi maya in
America Latina, piuttosto che su forme comunitarie più vicine alla società
occidentale che il testo di Bauman si propone di descrivere.
Secondo i suoi parametri una Comunità può essere definita solo come un
gruppo di persone che vivono tra di loro legami molto stretti, caratterizzati da
interazioni frequenti ed intense ed una durata che va oltre le vite delle singole
persone. L'attribuzione di questo concetto ad altri gruppi è meramente
pleonastica (Bauman 2001:48).
Questa definizione molto angusta vuole nella prevedibilità e sicurezza le
caratteristiche centrali della Comunità, caratteristiche antitetiche al clima di
incertezza che caratterizza il nostro tempo e che è uno dei temi centrali della
letteratura del sociologo polacco. La tesi è pertanto che vivendo nell'incertezza
non può esistere la Comunità.
Essa è infatti meramente un luogo idealizzato dall'uomo contemporaneo, una
speranza di accoglienza, fraternità e comprensione a cui si ambisce ma che non si
desidera effettivamente per l'elevato costo che una soluzione simile
comporterebbe in termini di libertà ed identità personale.
Certamente una Comunità volta ad una crescita e conferma dell'identità della
persona, di per sé un paradosso, è possibile solo se essa è molto aperta, ovvero se
vi si può entrare ed uscire senza difficoltà e se vi è un numero ridotto di regole
ineluttabili. Ma proprio per queste caratteristiche un gruppo simile crea pochi
legami rispetto ai suoi membri e smentisce la ricerca di sicurezza per cui era
nata. Questa contraddizione tra le necessità individuali e quelle strutturali di
un'organizzazione è una delle tematiche tradizionali della sociologia e viene
descritta anche a proposito delle già citate Comunità di Pratica (Li et al 2009).
L' identità che viene proposta da questi gruppi non è più basata su di
un'appartenenza naturale ma viene conquistata tramite le relazioni e dura solo
fino a quando chi vi partecipa decide di farla durare, ovvero è costruita sulla
transitorietà della Passione. Una persona al loro interno ha l'opportunità di
sperimentarsi, ma i risultati della sperimentazione sono sempre instabili. Le
relazioni che sopravvivono solo per il volere dei propri partecipanti richiederanno
un'estrema volontà per mantenersi (Bauman 2001:99).
Quella che è stata delineata è una Comunità Estetica, un termine originalmente
utilizzato da Kant per descrivere un gruppo raccolto intorno alla fruizione di
un'amenità che è considerata tale per opinione condivisa e la cui oggettiva
bellezza è basata solo sulla quantità di giudizi soggettivi (Bauman
2001:65).Questa definizione viene estesa alle comunità incentrate sui miti dello
spettacolo, che anche quando si riuniscono in eventi collettivi confermano
l'individualità di scelta e l'indipendenza del singolo.
Non necessariamente il fulcro di una comunità estetica deve essere un idolo ma
può anche essere una minaccia, un nemico pubblico, una fede alternativa. Le
credenze alternative se nascono da idee scarsamente credibili e poco supportate,
richiederanno ai propri membri un elevato grado di fanatismo e di passione.
Bauman, e questo è centrale per il tema della tesi, considera anche i Gruppi di
auto-aiuto alla stregua di una Comunità Estetica perché hanno durata limitata e
sono formati da individui che condividono temporaneamente lo stesso problema,
ma lottano contro di esso separatamente nella loro routine quotidiana, rinforzati
dall'idea di autonomia promossa dai gruppi stessi. E' un gruppo che si basa
legami transizionali, volti alla ripetizione di un rituale settimanale o mensile ma
che si dissolvono a rituale completato (Bauman 2001:71). Questa considerazione
verrà indirizzata nella sezione riguardante i gruppi di auto-aiuto.
Ciò che una comunità estetica non fa è proprio dare delle responsabilità etiche
o degli impegni sul lungo termine. Sebbene questa possa sembrare una conferma
della libertà personale, per le persone svantaggiate non può che complicare le
cose. I legami evaporano quando uno dei membri richiede di compensare la
propria mancanza di risorse o impotenza.
Essa non può rispondere alle mancanze del singolo. Solo una comunità etica
può farlo e per essere tale deve basarsi su impegni a lungo termine, diritti
inalienabili e obblighi incrollabili che, grazie alla loro già risaputa durata possono
essere trattati come variabili conosciute quando si pianifica il futuro e si fanno
progetti di vita. E questo tipo di impegni riaffermano il diritto di ogni membro ad
una assicurazione comune rispetto agli errori e alle sfortune che sono parte
inseparabile della vita così che non debbano basarsi solo sulle loro scarse risorse.
La comunità nasce quindi come tutela dei deboli, perché impegna chi vi
partecipa a condividere i benefici tra tutti, senza considerare le loro capacità o il
livello di importanza. (Dench → controllare, non mi convince affatto questa
definizione). I deboli possono essere in generale intesi come coloro che non sono
in grado di praticare l'individualismo Bauman 2001:58).
Per queste persone la libertà di scelta della propria identità è una mera
illusione, l' identità è, come già delineato, uno stigma che li accompagna
quotidianamente e causa loro solo umiliazione sociale. Per essi una comunità
non è una deprivazione della libertà come per coloro che sono in grado di
praticare autonomamente lo sviluppo della propria identità, ma una sicurezza.
Questo li porta ad agire solo nella ristrettezza della propria comunità di simili
piuttosto che ad un livello politico più ampio. Ridurre le proprie concrete fragilità
individuali alla potenza di questa comunità immaginaria porta ad un'ideologia
conservatrice ed esclusivista con ovvie ricadute negative per quanto riguarda la
possibilità di ricevere maggiore equità al di fuori del proprio gruppo.
Le terapie Human Potential investivano sull'idea che la persona avesse potere
per decidere completamente di se stesse, ma in questo modo aumentavano
l'isolamento degli individui.
E' il caso del messaggio che dà Loiacono con la mela Gimagiona e con l'idea che
uno debba evitare di creare relazioni simbiotiche (ma solo fusionali)?
Nei paesi in cui il welfare è ancora funzionante le garanzie sociali tipiche di una
comunità verso i propri membri deboli sono fornite, seppur in maniera
imperfetta, dalle istituzioni. Il processo di privatizzazione dei servizi pubblici e i
tagli alle spese sociali comuni a tutto il mondo occidentale stanno però erodendo
le basi di queste sicurezza sociale.
Le proteste e i conflitti sociali dell'era contemporanea non si concentrano però
sul riottenimento di queste sicurezze ed una maggiore giustizia sociale ma sulla
richiesta di diritti umani in termini di un riconoscimento identitario. Questo
esacerba le differenze tra i diversi gruppi e conduce al settarianesimo con le sue
conseguenze di separazione sociale e comunicativa, ostilità auto-perpetuate senza
peraltro condurre a nessun miglioramento generale della condizione delle
persone. (Bauman 2001:78).
Un processo di riconoscimento della propria identità di folle all'interno di
“riserve protette” inglobate nella società è sterile se non vi è una corrispondente
azione di redistribuzione sociale, di sostegno verso le persone marginalizzate. Una
completa cittadinanza non passa semplicemente per un intrattenimento dei
malati mentali all'interno dei gruppi di auto-aiuto, ma richiede una tensione
verso l'azione politica, verso il cambiamento dello stato delle cose (Saraceno
1995).
Il razzismo giustificava l'ineguaglianza sulla base di una legge naturale, il
culturalismo la giustifica sulla base del diritto di ognuno a praticare la propria
identità come vuole (Bauman 2001:109), senza promuovere più politiche volte ad
una maggiore equità sociale come erano state in Italia quelle che promuovevano
le cooperative sociali per le persone svantaggiate.