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CAPITOLO 1

INTRODUZIONE Una guida per lutente Lorganizzazione del cervello Tecniche di analisi

CAPITOLO 2 LOCCHIO E LA FORMAZIONE DELLIMMAGINE A cosa serve locchio? La luce La struttura dellocchio La messa a fuoco dellimmagine Lo sviluppo della miopia Lopacizzazione del cristallino I fotorecettori La trasduzione Il meccanismo di retroazione del calcio Lefficienza del segnale Lorganizzazione centro-periferia della retina Ladattamento alla luce La duplice teoria della visione Sensibilit, acuit e cablaggio neurale

CAPITOLO 3 LA VISIONE DEI COLRI A LIVELLO DELLA RETINA Perch abbiamo bisogno di pi di un pigmento? La tricromia Le basi genetiche dei pigmenti visivi Il pigmento sensibile al blu Rodopsina, cecit notturna e retinite pigmentosa Le donne hanno una migliore visione dei colori? Tre pigmenti nella normale visione dei colori degli esseri umani? Levoluzione della visione dei colori nei primati

CAPITOLO 4 LORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA VISIVO Semplificare un processo complesso La retina Il nucleo genicolato laterale La corteccia visiva primaria-1-

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Area visiva 2 Area visiva 4 Aree visive 3 e 5 La separazione delle vie Lorganizzazione funzionale Percezione versus azione La visione cieca

CAPITOLO 5 LA CORTECCIA VISIVA PRIMARIA Lequivalente visivo di un ufficio di smistamento? La segregazione dei segnali in entrata allo strato 4 Campi recettivi corticali Frequenza spaziale La tessitura La selettivit per la direzione del movimento Il colore Lorganizzazione modulare

CAPITOLO 6 LO SVILUPPO VISIVO: UN PROCESSO DIPENDENTE DALLATTIVITA Variazioni sul tema Deprivazione monoculare e binoculare Errato allineamento dellimmagine e binocularit Lerrato allineamento dellimmagine negli esseri umani Lallevamento selettivo: la manipolazione dellambiente Stimoli visivi degradati negli esseri umani Il periodo critico Quello che vediamo da forma a come lo vediamo

CAPITOLO 7 LA COSTANZA DEL COLORE Il problema della costanza del colore Gli esperimenti di Land Mondrian Riflettanza e luminosit: la ricerca della costanza in un mondo che cambia Le basi biologiche della costanza del colore Larea V4 negli esseri umani

CAPITOLO 8

PERCEZIONE E RICONOSCIMENTO DEGLI OGGETTI

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Dallimmagine retinica alla rappresentazione corticale Analisi visiva precoce Un alfabeto visivo? Oggetti complessi in tre dimensioni: le cellule per le facce La cellula della nonna? Attenzione visiva e memoria di lavoro Le immagini mentali e la memoria visiva a lungo termine

CAPITOLO 9 RICONOISCIMENTO E INTERPRETAZIONE DELLE FACCE A cosa servono le facce? Lidentificazione delle facce Lateralizzazione e riconoscimento delle facce Linterpretazione delle facce e lamigdala La corteccia frontale e le interazioni sociali Facce come un semaforo sociale

CAPITOLO 10 LA PERCEZIONE DEL MOVIMENTO Lillusione della continuit Le saccadi La soppressione della percezione durante le saccadi Le basi neurali della rilevazione del movimento V5 negli esseri umani Il movimento trasparente

CAPITOLO 11 CERVELLO E SPAZIO Lultima frontiera Indizi oculomotori Linterposizione La grandezza relativa La prospettiva La parallasse di movimento La stereopsi Le basi neurali della rappresentazione tridimensionale dello spazio

CAPITOLO 12-3-

LA COSTRUZIONE DELLIMMAGINE VISIVA Mettendo tutto insieme Le oscillazioni neuronali Tests di binding temporale nel gatto Oscillazioni neurali nel sistema visivo dei primati Problemi teorici E necessario un meccanismo di binding temporale?

CAPITOLO 1 INTRODUZIONE Una guida per lutente?Questo testo ha lo scopo di fornire una concisa ma dettagliata esposizione dellorganizzazione del nostro sistema visivo e della sua funzione di genesi della percezione. Lorganizzazione di tale sistema , oggigiorno, ben nota grazie a numerose scoperte che spaziano dalla conoscenza della struttura dei pigmenti visivi, che catturano la luce, alle basi neurali delle funzioni visive superiori. Negli ultimi anni, lapplicazione delle tecniche di genetica molecolare ha permesso di determinare sia l'organizzazione genica e le caratteristiche strutturali delle molecole che costituiscono i fotopigmenti, sia le mutazioni che possono verificarsi e produrre difetti della funzione visiva quali la cecit ai colori, la cecit notturna e la retinite pigmentosa. Attente analisi hanno anche migliorato la comprensione delle variazioni della chimica cellulare che convertono lassorbimento della luce da parte dei fotopigmenti in segnali neurali. Luso di tecniche di visualizzazione funzionale assieme a tecniche pi tradizionali come la registrazione tramite microelettrodi, ha permesso di chiarire come il cervello analizza linformazione visiva. Tale analisi , allo stesso tempo, parallela e gerarchica. Linformazione visiva costituita da diversi attributi quali colore, movimento, orientamento, tessitura, forma e profondit. Aree corticali distinte sono responsabili dellanalisi specifica e parallela di ciascuna di queste caratteristiche. Linformazione, cos codificata, successivamente riunificata nelle aree visive superiori in una singola percezione coerente del mondo che vediamo. Recenti progressi hanno permesso lidentificazione delle aree che espletano tali funzioni e del modo in cui esse interagiscono luna con laltra. Molte delle scoperte attuali provengono dalluso di nuove tecniche sperimentali come la visualizzazione per risonanza magnetica (MRI) e la tomografia ad emissione di positroni (PET) le quali consentono rilevazioni dirette e non invasive delle funzioni visive. In questo capitolo introduttivo saranno descritti la struttura globale del cervello e alcuni dei nuovi metodi utilizzati per determinare la funzione delle differenti aree cerebrali. Al fine di comprendere la visione, indispensabile comprendere le sue basi neurali e come queste formano e limitano la nostra percezione.

Lorganizzazione del cervelloLa corteccia dei mammiferi una striscia di neuroni, generalmente divisa in sei strati. Negli esseri umani, il suo spessore varia da 1.5 a 4.5 mm e non differisce molto nemmeno nei piccoli emisferi cerebrali del ratto dove pari a circa 1-2 mm. La differenza pi cospicua riguarda lenorme aumento della superficie corticale negli animali pi evoluti. Ad esempio, nei piccoli roditori la superficie pari a 3-5 cm per emisfero, mentre negli esseri umani raggiunge unestensione di 1100 cm. Per poter adattare tale estensione superficiale

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alle dimensioni del cranio, la corteccia ripiegata in una serie di rilievi (giri) e incavi (solchi) (Fig. 1.1): negli esseri umani, infatti, circa i due terzi della corteccia sono nascosti nei solchi. La corteccia divisa in quattro lobi principali: occipitale, temporale, parietale e frontale. A loro volta, questi sono suddivisi in differenti aree funzionali. Osservando il cervello nei dettagli, notiamo che caratterizzato da una struttura 11 15 incredibilmente complessa. Esso contiene circa 10 neuroni, che hanno pi di 10 sinapsi e almeno 2000 miglia di connessioni assonali (Young & Scannell, 1993). Fortunatamente esistono diverse regole di organizzazione che semplificano il compito di coloro che desiderano comprendere come il cervello lavora. Primo, i neuroni aventi lo stesso tipo di connessioni e simili caratteristiche di risposta allo stimolo sono raggruppati insieme a formare delle aree. Ad esempio, nella scimmia e nel gatto ci sono circa 70 aree corticali comunicanti tramite circa 1000 connessioni. Tali aree cerebrali possono essere connesse da decine di migliaia o anche milioni di fibre nervose. Molte di queste aree sembrano specializzate per lesecuzione di differenti compiti, cos, per esempio, larea visiva 5 (V5) specializzata nellanalisi di informazioni riguardanti il movimento dello stimolo mentre larea 4 (V4) specializzata per il colore. Il numero delle differenti aree specializzate aumenta con lincremento in dimensioni e complessit del cervello. Ad esempio, i topi hanno 15 aree corticali, di cui circa 5 sono visive, mentre il gatto ne possiede 65 di cui 22 visive (Kaas, 1989; Scannell, Blakemore & Young, 1995). Secondo alcuni suggerimenti, laumento numerico delle aree visive ha reso possibile lanalisi di un maggior numero di parametri che, a loro volta, permettono una pi complessa e dettagliata elaborazione degli stimoli visivi. Tutti i neuroni che codificano un particolare parametro, come il colore o il movimento, interagiscono fortemente tra loro e, grazie al raggruppamento di tutte queste cellule in aree specializzate, il numero e la lunghezza delle connessioni risultano ridotti. La disposizione dei neuroni e le loro connessioni sono, per gran parte, geneticamente predeterminate. Se i neuroni fossero connessi per lunghe distanze e se esistessero differenti tipi di neuroni con diversi tipi di connessioni diffusi per tutto il cervello, la programmazione genetica ne risulterebbe estremamente difficile e le possibilit di errore sarebbero maggiori (Kaas, 1989). Secondo, molte di queste differenti aree sono suddivise in unit di analisi pi piccole. Per esempio, nellarea visiva primaria (V1), le cellule sono organizzate in colonne, ognuna delle quali contiene neuroni aventi le stesse caratteristiche di risposta allo stimolo. Questo tipo di organizzazione colonnare sembra essere comune a tutto il sistema visivo. Terzo, una ulteriore caratteristica dellorganizzazione del sistema visivo la sua lateralizzazione. Sui due lati del cervello c una duplicazione delle aree visive. Cos esistono due aree V1, due aree V5 e cos via. Le aree visive superiori, per, come la corteccia temporale inferiore nella scimmia, il giro temporale inferiore ed il giro fusiforme negli esseri umani, eseguono compiti leggermente differenti nei due emisferi. Cos, per esempio, il riconoscimento delle facce effettuato dal lato destro. La lateralizzazione permette al cervello di svolgere un maggior numero di compiti diversi utilizzando una limitata quantit di tessuto cerebrale. Lorganizzazione del sistema visivo negli esseri umani e nei primati del Vecchio Mondo molto simile. Le differenze che vi si possono riscontrare sono dovute allespansione della corteccia negli umani che ha causato lo spostamento delle aree visive superiori, rispetto alla posizione che esse occupano nei primati del Vecchio Mondo. Per questa ragione, nel corso del libro, le aree visive saranno indicate con le denominazioni originariamente coniate per le aree corticali della scimmia, ma che sono attualmente

adoperate anche per identificare le aree visive umane (Fig. 1.2) (Kaas, 1992; Tootell et al., 1995b). Un problema, che emerge nellapproccio allo studio del sistema visivo, riguarda la differente terminologia che i diversi gruppi di ricerca hanno utilizzato per denominare la stessa area. Ad esempio, larea visiva 1 (V1) altres denominata corteccia visiva primaria e corteccia striata mentre tutte le altre aree superiori sono collettivamente definite come corteccia prestriata o extrastriata. Al momento della descrizione di ciascunarea, sar utilizzata la denominazione pi comune, ma saranno anche citati gli altri nomi con cui la stessa area potrebbe essere indicata in altri testi che descrivono le funzioni visive.

Tecniche di analisiI tradizionali metodi di indagine delle funzioni cerebrali hanno seguito due vie di approccio: lo studio di pazienti umani che hanno subito danni al cervello e luso di modelli animali delle funzioni cerebrali umane. Le lesioni cerebrali negli esseri umani sono generalmente causate da urti, traumi, come quelli conseguenti ad incidenti stradali, e avvelenamento da monossido di carbonio. La difficolt che emerge in questo tipo di approccio risiede nellestensione della lesione che generalmente molto ampia e coinvolge molteplici processi visivi. Ad esempio, il danno che causa agnosia visiva (lincapacit a riconoscere gli oggetti) spesso associato ad acromatopsia (difetto della percezione dei colori). Lapproccio alternativo di ricerca utilizza modelli animali di funzioni visive umane. Tale metodo ha il vantaggio di poter utilizzare lesioni prodotte artificialmente al fine di asportare selettivamente specifiche aree del cervello e determinare, cos, le loro funzioni. anche possibile registrare lattivit di un singolo neurone usando una tecnica di registrazione tramite microelettrodo detta anche registrazione da unit singola. In questa tecnica, il microelettrodo, costituito da un filo di tungsteno isolato da vetro, inserito nel cervello dellanimale in prossimit di un neurone all'interno di una particolare area cerebrale. Il microelettrodo pu rilevare piccoli cambiamenti elettrici associati con un potenziale dazione, e pertanto anche lattivit dei singoli neuroni in risposta a differenti stimoli visivi. Recentemente sono state sviluppate tre nuove tecniche di analisi non invasive per esaminare le funzioni cerebrali: la tomografia computerizzata, la visualizzazione per risonanza magnetica e la tomografia ad emissione di positroni. La tomografia computerizzata (CT), o tomografia computer-assistita (CAT), usa raggi X per unanalisi non invasiva del cervello. La testa del paziente posta in un largo anello a forma di ciambella. Lanello contiene una sorgente di raggi X e, esattamente in posizione opposta, dallaltro lato della testa del paziente, un rilevatore di raggi X. Il fascio di radiazioni passa attraverso il capo, e la radioattivit in grado di attraversare i tessuti misurata dal rilevatore. La sorgente ed il rilevatore di raggi X effettuano una scansione della testa dalla parte frontale verso quella occipitale. Subito dopo, sono spostati di pochi gradi intorno allanello per misurare nuovamente la radioattivit che attraversa i tessuti. Tale processo si ripete fino a completare la scansione del cervello da tutte le angolazioni. Il computer rileva le informazioni e le visualizza mediante limmagine bidimensionale di una sezione orizzontale del cervello (Fig. 1.3). La testa del paziente poi spostata verso lalto o verso il basso allinterno dellanello e sottoposta alla scansione di una nuova sezione cerebrale. La visualizzazione per risonanza magnetica (MRI) fornisce una immagine pi

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dettagliata. Essa simile allesame effettuato mediante TC, ma invece di usare raggi X, lascia passare un campo magnetico estremamente potente attraverso la testa del paziente. Quando la testa di una persona posta in un campo magnetico molto forte, i nuclei degli atomi che compongono alcune molecole del corpo ruotano con un certo orientamento. Se unonda di radiofrequenza passa attraverso il corpo, tali nuclei liberano energia sotto forma di radioonde. Atomi differenti emettono energia a diverse frequenze. Le scansioni MRI sono selettive per la rilevazione di radiazioni emesse da atomi di idrogeno. Questi sono presenti in diversa concentrazione nei vari tessuti cerebrali pertanto linformazione che ne deriva pu essere utilizzata per produrre immagini di sezioni cerebrali (Fig. 1.4). A differenza delle scansioni TC, che sono limitate al piano orizzontale, le scansioni MRI possono essere eseguite anche lungo il piano sagittale e frontale. Queste due tecniche forniscono una rappresentazione della struttura cerebrale ma non sono informative circa la funzione delle varie parti del cervello. Un metodo che rileva una risposta cerebrale funzionale, piuttosto che la struttura anatomica, la tomografia ad emissione di positroni (PET). Le rilevazioni PET si basano sull'osservazione secondo cui le aree cerebrali pi attive sono caratterizzate da un pi elevato flusso sanguigno, rispetto alle regioni meno attive. Questo perch le aree pi attive utilizzano ossigeno e metaboliti in maggior misura e producono una elevata quantit di prodotti di rifiuto. Pertanto un maggiore afflusso sanguigno necessario per fornire le sostanze nutrienti e rimuovere i cataboliti. Una camera PET consiste di una serie di rilevatori di radiazioni disposti a forma di ciambella attorno alla testa del soggetto. Dopo aver posizionato il paziente nella macchina, lo sperimentatore inietta in una vena del suo braccio, una piccola quantit di 15 acqua marcata con lisotopo radioattivo dellossigeno-15 ( O) che emette positroni. Passato circa un minuto dalliniezione, lacqua radioattiva si accumula nel cervello in proporzione diretta allentit del flusso sanguigno locale. Ad un pi intenso afflusso di sangue corrisponde una maggiore quantit di radiazioni rilevate dalla PET. La misura del 15 15 flusso sanguigno mediante O impiega circa un minuto. Lemivita del O pari a soli 2 minuti e ci molto importante dato che sempre preferibile iniettare, nel corpo di un soggetto, sostanze la cui radioattivit non duri a lungo. I cervelli umani variano lievemente per forma e dimensioni, e dato che le scansioni PET non forniscono alcuna informazione strutturale, esse sono spesso associate a scansioni MRI al fine di rendere possibile un accurato confronto di informazioni sia strutturali sia funzionali (Zeki et al., 1991). Sebbene lesame PET sia in grado di indicare grossomodo quali siano le aree attive, esso possiede solo una limitata capacit di risoluzione spaziale. Una nuova tecnica, entrata in uso da poco, conosciuta come MRI funzionale (fMRI) ed dotata di una migliore risoluzione. Questa tecnica non altro che un perfezionamento del metodo MRI e, come lesame PET, misura il flusso sanguigno locale (Tanaka, Ogawa & Urgubil, 1992). La deossiemoglobina (emoglobina priva ossigeno legato) dotata di propriet paramagnetiche: quando un vaso sanguigno contenente deossiemoglobina sottoposto ad un campo magnetico, il vaso altera localmente il campo magnetico stesso. Tali alterazioni sono utilizzate per ottenere la mappatura del flusso sanguigno. Queste nuove tecniche hanno permesso di associare il comportamento con lanatomia e le funzioni del cervello. Ad esempio, quando noi percepiamo il colore, possiamo adesso identificare quale area cerebrale stia codificando linformazione che genera la sensazione cromatica. Possiamo anche osservare come le diverse aree interagiscano al fine di generare la complessa sintesi di differenti sensazioni visive, ossia la nostra quotidiana esperienza del

mondo che vediamo. 0100090000030202000002008a01000000008a01000026060f000a03574d46430100000000 000100e5d00000000001000000e802000000000000e8020000010000006c00000000000000 010000000e000000250000000000000000000000df3c0000241d000020454d4600000100e8 0200000e000000020000000000000000000000000000007606000023090000d2000000290 100000000000000000000000000008a3403005d880400160000000c000000180000000a00 00001000000000000000000000000900000010000000cb0400004b020000250000000c000 0000e000080120000000c00000001000000520000007001000001000000dfffffff000000000 000000000000000900100000000000007400012540069006d006500730020004e00650077 00200052006f006d0061006e00000000000000000000000000000000000000000000000000 0000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000 0000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000 0000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000 000000000000000000000000000000000d935093000000000040000000000ae3016360930 0000000047169001000002020603050405020304ff3a00e0417800c00900000000000000ff0 1000000000000540069006d00650073002000000065007700200052006f006d0061006e000 000000000000734093050ebae302822350001000000000000005848110012b50230584811 004c6eaf30704811006476000800000000250000000c00000001000000180000000c000000 00000002540000005400000000000000010000000e0000002500000001000000d6244b41e b294b41000000001e000000010000004c000000040000000000000000000000cb0400004c0 200005000000020000e000f00000046000000280000001c0000004744494302000000fffffff fffffffffcc0400004b020000000000004600000014000000080000004744494303000000250 000000c0000000e0000800e00000014000000000000001000000014000000040000000301 0800050000000b0200000000050000000c02d300ba01040000002e0118001c000000fb0206 00030000000000bc02000000000102022253797374656d003f00003f3f000000003f3f00000 000000001003f3f3f3f3f00040000002d01000004000000020101001c000000fb02f4ff00000 00000009001000000000740001254696d6573204e657720526f6d616e00000000000000000 00000000000000000040000002d010100050000000902000000020d000000320a0b000000 0100040000000000ba01d30020000500040000002d010000030000000000 Fig. 1.1 Veduta laterale dellemisfero sinistro della corteccia cerebrale umana: sono indicati i nomi dei principali giri e solchi. (Ridisegnato da Bindman & Lippold, 1981.) 0100090000030202000002008a01000000008a01000026060f000a03574d46430100000000 000100e5d00000000001000000e802000000000000e8020000010000006c00000000000000 010000000e000000250000000000000000000000df3c0000241d000020454d4600000100e8 0200000e000000020000000000000000000000000000007606000023090000d2000000290 100000000000000000000000000008a3403005d880400160000000c000000180000000a00 00001000000000000000000000000900000010000000cb0400004b020000250000000c000 0000e000080120000000c00000001000000520000007001000001000000dfffffff000000000 000000000000000900100000000000007400012540069006d006500730020004e00650077 00200052006f006d0061006e00000000000000000000000000000000000000000000000000 0000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000 0000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000 0000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000 000000000000000000000000000000000d935093000000000040000000000ae3016360930-9-

Fig. 1.2 Localizzazioni putative di alcune importanti funzioni visive nella corteccia visiva umana, mostrate in veduta laterale e mediale. V1, corteccia visiva primaria, altres denominata corteccia striata; V2, area visiva 2; V4 area visiva 4, anche chiamata area dorso-laterale (DL) complessa nei primati del Nuovo Mondo; MT, area medio-temporale, pure denominata area visiva 5 (V5); g., giro. (Ridisegnato e modificato da Kaas, 1992.) 0100090000030202000002008a01000000008a01000026060f000a03574d46430100000000 000100e5d00000000001000000e802000000000000e8020000010000006c00000000000000 010000000e000000250000000000000000000000df3c0000241d000020454d4600000100e8 0200000e000000020000000000000000000000000000007606000023090000d2000000290 100000000000000000000000000008a3403005d880400160000000c000000180000000a00 00001000000000000000000000000900000010000000cb0400004b020000250000000c000 0000e000080120000000c00000001000000520000007001000001000000dfffffff000000000 000000000000000900100000000000007400012540069006d006500730020004e00650077 00200052006f006d0061006e00000000000000000000000000000000000000000000000000 0000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000 0000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000 0000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000 000000000000000000000000000000000d935093000000000040000000000ae3016360930 0000000047169001000002020603050405020304ff3a00e0417800c00900000000000000ff0 1000000000000540069006d00650073002000000065007700200052006f006d0061006e000 000000000000734093050ebae302822350001000000000000005848110012b50230584811 004c6eaf30704811006476000800000000250000000c00000001000000180000000c000000 00000002540000005400000000000000010000000e0000002500000001000000d6244b41e b294b41000000001e000000010000004c000000040000000000000000000000cb0400004c0 200005000000020000e000f00000046000000280000001c0000004744494302000000fffffff fffffffffcc0400004b020000000000004600000014000000080000004744494303000000250 000000c0000000e0000800e00000014000000000000001000000014000000040000000301 0800050000000b0200000000050000000c02d300ba01040000002e0118001c000000fb0206 00030000000000bc02000000000102022253797374656d003f00003f3f000000003f3f00000 000000001003f3f3f3f3f00040000002d01000004000000020101001c000000fb02f4ff00000

Fig. 1.3 Scansioni CT oblique di una paziente (S. M.) affetta da sindrome di UrbachWiethe. In questa condizione, depositi di calcio si sono accumulati nellarea cerebrale denominata amigdala (indicata dal segno X nella figura). La distruzione dellamigdala sopprime il meccanismo dinterpretazione delle espressioni facciali (vedi Capitolo 9). (Riproduzione autorizzata da Tranel & Hyman, 1990. Copyright (1990) American Medical Association.) 0100090000030202000002008a01000000008a01000026060f000a03574d46430100000000 000100e5d00000000001000000e802000000000000e8020000010000006c00000000000000 010000000e000000250000000000000000000000df3c0000241d000020454d4600000100e8 0200000e000000020000000000000000000000000000007606000023090000d2000000290 100000000000000000000000000008a3403005d880400160000000c000000180000000a00 00001000000000000000000000000900000010000000cb0400004b020000250000000c000 0000e000080120000000c00000001000000520000007001000001000000dfffffff000000000 000000000000000900100000000000007400012540069006d006500730020004e00650077 00200052006f006d0061006e00000000000000000000000000000000000000000000000000 0000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000 0000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000 0000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000 000000000000000000000000000000000d935093000000000040000000000ae3016360930 0000000047169001000002020603050405020304ff3a00e0417800c00900000000000000ff0 1000000000000540069006d00650073002000000065007700200052006f006d0061006e000 000000000000734093050ebae302822350001000000000000005848110012b50230584811 004c6eaf30704811006476000800000000250000000c00000001000000180000000c000000 00000002540000005400000000000000010000000e0000002500000001000000d6244b41e b294b41000000001e000000010000004c000000040000000000000000000000cb0400004c0 200005000000020000e000f00000046000000280000001c0000004744494302000000fffffff fffffffffcc0400004b020000000000004600000014000000080000004744494303000000250 000000c0000000e0000800e00000014000000000000001000000014000000040000000301 0800050000000b0200000000050000000c02d300ba01040000002e0118001c000000fb0206 00030000000000bc02000000000102022253797374656d003f00003f3f000000003f3f00000 000000001003f3f3f3f3f00040000002d01000004000000020101001c000000fb02f4ff00000 00000009001000000000740001254696d6573204e657720526f6d616e00000000000000000 00000000000000000040000002d010100050000000902000000020d000000320a0b000000 0100040000000000ba01d30020000500040000002d010000030000000000 Fig. 1.4 Scansione MRI del cervello della stessa paziente. La figura superiore mostra i piani di sezione in una ricostruzione tridimensionale del cervello. Limmagine in basso a destra mostra un esteso danno bilaterale allamigdala, come indicato dalle estremit delle frecce. Limmagine in basso a sinistra mostra che il danno limitato allamigdala e che la neocorteccia e lippocampo sono intatti, come indicato dalle frecce piccole. (Riproduzione autorizzata da Adolph et al., 1994. Copyright (1994) MacMillan Magazines Ltd.)

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Concetti chiave

1. La corteccia umana una striscia di neuroni, generalmente divisa in sei strati, il cui 2. 3.spessore varia tra 1.5 e 4.5 mm. Essa ripiegata su se stessa e forma pertanto una serie di solchi e giri che le consentono di adattarsi alle dimensioni del cranio. La corteccia divisa in quattro lobi principali: occipitale, temporale, parietale e frontale. Questi, a loro volta, sono suddivisi in differenti aree funzionali. Ci sono diverse regole di organizzazione del cervello. Primo, i neuroni con lo stesso tipo di connessioni e simili propriet di risposta, sono raggruppati a formare aree. Secondo, queste differenti aree sono ulteriormente suddivise in unit di analisi pi piccole. Terzo, le aree visive superiori corrispondenti nei due lati del cervello eseguono compiti leggermente differenti, un processo denominato lateralizzazione. La tomografia computerizzata (CT), o tomografia computer-assistita (CAT), utilizza raggi X per unanalisi non invasiva del cervello. La sorgente ed il rilevatore di raggi X effettuano una scansione della testa dalla parte frontale verso quella occipitale: tale procedura viene ripetuta fino al completamento della scansione del cervello da tutte le angolazioni. Il computer rileva le informazioni e le visualizza in unimmagine bidimensionale di una sezione orizzontale del cervello. La testa del paziente poi spostata verso lalto o verso il basso e sottoposta alla scansione di unaltra sezione cerebrale. La tecnica di visualizzazione per risonanza magnetica (MRI) lascia passare un campo magnetico estremamente forte attraverso la testa del paziente; ci comporta lemissione di radioonde da parte dei nuclei degli atomi di alcune molecole. Diversi atomi emettono energia a differenti frequenze. La tecnica MRI selettiva per la rilevazione di radiazioni emesse da atomi di idrogeno. Dato che tali atomi sono presenti in diverse concentrazioni nei vari tessuti cerebrali, le informazioni rilevate possono essere utilizzate per la visualizzazione di sezioni del cervello. La tomografia ad emissione di positroni (PET) misura il flusso del sangue marcato con isotopi radioattivi in diverse parti del cervello. Un aumento di flusso sanguigno in unarea cerebrale indice di una maggiore attivit. Una pi accurata misura del flusso sanguigno resa dalla visualizzazione per risonanza magnetica funzionale (fMRI), perfezionamento della tecnica MRI, che mappa il flusso sanguigno sulla base delle variazioni nei campi magnetici locali.

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CAPITOLO 2 LOCCHIO E LA FORMAZIONE DELLIMMAGINE A cosa serve locchio? Questo capitolo descrive il ruolo dellocchio ed il funzionamento della sua complessa macchina neurale e ottica durante lesecuzione dei suoi compiti. La funzione fondamentale dellocchio consiste nel catturare la luce e metterla a fuoco su un sottile strato di cellule recettrici sensoriali che ricopre il suo fondo. Il globo oculare connesso ad una complessa disposizione di muscoli che gli permettono di muoversi e seguire cos gli stimoli nellambiente. La lente del cristallino situata al suo interno, facilita la messa a fuoco della luce, ed anchessa controllata da muscoli in grado di variarne la forma e, pertanto, la sua lunghezza focale. Grazie a ci, stimoli situati a differenti distanze, possono essere messi a fuoco sul fondo dellocchio. Qui, lenergia luminosa viene trasformata in segnali neurali per mezzo di cellule recettrici specializzate. Prima di inviarli al cervello attraverso il nervo ottico, la retina elabora tali segnali amplificando le variazioni e le discontinuit dellilluminazione. Nelle sezioni che seguono, tali meccanismi saranno esaminati in dettaglio. La luce La luce ha una duplice natura: essa definita da unonda elettromagnetica, che pu variare in frequenza e in lunghezza, oppure da una serie discreta di pacchetti di energia, detti fotoni. Queste definizioni sono utilizzate per spiegare come il sistema visivo risponde agli stimoli luminosi. Quando si determina la sensibilit del sistema visivo alla luce, come la soglia minima di visibilit, generalmente si fa riferimento alla luce in termini di fotoni. Nel caso, invece, si discuta di percezione dei colori, naturale definire la luce in termini 9 della sua lunghezza donda, misurata in nanometri (nm). Un nanometro equivale a 10 m. Ad esempio, la luce blu ha una lunghezza donda relativamente corta (circa 430-460 nm), mentre la luce rossa caratterizzata da una lunghezza donda pi lunga (circa 560-580 nm). Locchio umano sensibile soltanto alle radiazioni elettromagnetiche aventi una lunghezza donda compresa tra 380 e 700 nm (Fig. 2.1). Lampiezza dello spettro visibile

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determinata prevalentemente dallassorbimento spettrale dei fotopigmenti dellocchio. Anche altre strutture, per, giocano un ruolo. La luce con lunghezza donda inferiore al minimo percepibile dallocchio umano (300-400 nm) definita ultravioletta (UV). Il cristallino e la cornea assorbono fortemente le radiazioni in questo intervallo, impedendo alla luce UV di raggiungere la retina (van den Berg & Tan, 1994). Lo spettro di assorbimento dei fotopigmenti per le pi corte lunghezze donda percepibili dagli umani (blu), si estende, per, nella regione UV, e se il cristallino asportato, come accade negli interventi di cataratta, il soggetto riesce a percepire la luce UV. Impedire alla luce UV di raggiungere la retina importante perch essa assorbita da molte molecole organiche, compreso il DNA. Pertanto, la luce UV, anche per lunghezze donda relativamente lunghe come 380 nm, potrebbe causare danni retinici e cancro (van Norren & Schelkens, 1990). Unampia variet di specie animali, dagli insetti ai mammiferi, , per, sensibile alla luce UV (Tove, 1995a). Alcune hanno sviluppato specifici fotorecettori UV-sensibili preposti alla rilevazione di tali lunghezze donda, mentre altre hanno combinato la trasparenza di tutte le strutture oculari con recettori di lunghezze donda corte, il cui assorbimento spettrale si estende nellintervallo UV. Queste specie utilizzano la luce UV per numerosi scopi che vanno dalla navigazione, per cui usano la disposizione della luce UV nel cielo, alla comunicazione intraspecifica, effettuata per mezzo di complessi schemi di riflessione della luce UV sui corpi degli animali. La struttura dellocchio Gli occhi sono alloggiati nelle orbite del cranio, ed ognuno si muove per mezzo di sei muscoli extraoculari inseriti sullinvolucro pi esterno, resistente e fibroso dellocchio (la sclera). Il globo oculare protetto da consistenti depositi di grasso che lo circondano allinterno dellorbita, e da mobili strati di tessuto conosciuti come palpebre. La rapida chiusura delle palpebre (ammiccamento) pu accadere sia volontariamente sia involontariamente ed ha la funzione di detergere e idratare la superficie dellocchio; in condizioni normali, noi automaticamente chiudiamo le palpebre circa una volta ogni 4 sec. La completa chiusura e riapertura dellocchio necessita di circa un terzo di secondo: per met di questo tempo, le palpebre restano completamente chiuse, riducendo del 90% la luce che raggiunge la retina. Se una fonte luminosa esterna lampeggia durante questo intervallo, noi siamo in grado di percepire chiaramente loscurit che ne deriva se la sorgente rimane spenta per un tempo breve. Allora, perch non siamo in grado di rilevare la chiusura delle nostre palpebre? Una ipotesi propone che la percezione visiva sia soppressa durante questo evento. Dimostrazioni a conferma di tale teoria giungono da un ingegnoso esperimento eseguito da Volkman e collaboratori. Gli occhi sono situati esattamente sopra il palato della bocca, e una luce qui diretta stimoler la retina indipendentemente dalla chiusura o apertura delle palpebre. Volkman ha scoperto che lintensit della luce necessaria a stimolare la retina quando gli occhi sono chiusi cinque volte maggiore di quella richiesta in qualsiasi altro momento: ci suggerisce fortemente la soppressione della percezione visiva durante la chiusura delle palpebre (Volkman, Riggs & Moore, 1980). La soppressione della sensibilit durante lammiccamento chiarisce il motivo per cui loscurit che ne consegue non percepita, ma non sufficiente a spiegare la continuit della percezione visiva. Negli esseri umani, tecniche di visualizzazione funzionale hanno evidenziato lattivazione della corteccia parietale posteriore subito dopo la chiusura delle

palpebre (Harl, Salmelin & Tissari, 1994). La latenza dellattivit parietale suggerisce che si tratta di una reazione allammiccamento, e che non si manifesta in anticipo, come ci si potrebbe aspettare se fosse connessa alla generazione del comando motorio responsabile del movimento palpebrale. Lattivit parietale non si manifesta se la chiusura degli occhi avviene gi in condizioni di oscurit. La corteccia parietale posteriore reciprocamente connessa con le aree corticali prefrontali responsabili della memoria di lavoro spaziale e si pensa che essa sia continuamente aggiornata da informazioni circa la natura e la struttura degli oggetti circostanti la persona (Goodale & Milner, 1992), ed informata della chiusura delle palpebre (Harl et al., 1994). Si crede, inoltre, che lattivit della corteccia parietale posteriore sia importante per mantenere lillusione di unimmagine ambientale continua durante ogni movimento di chiusura degli occhi, forse colmando il momento di oscurit con sensazioni visive ottenute dalla memoria di lavoro. Una membrana mucosa, detta congiuntiva, delinea la palpebra e si ripiega all'indietro per attaccarsi allocchio (Fig. 2.2). Locchio ha una forma grossomodo sferica con un diametro di circa 2.5 cm. La sclera composta da fibre di tessuto strettamente intrecciate di colore bianco. Nella parte anteriore dellocchio, dove la superficie sporge allesterno a formare la cornea, le fibre della sclera sono disposte in modo regolare. Questa parte trasparente e permette lentrata della luce. La parte della sclera che, invece, circonda la cornea, detta il bianco dellocchio. Oltre la cornea, situato un anello di muscoli denominato iride, al centro del quale presente unapertura detta pupilla: il diametro pupillare controlla la quantit di luce che entra nellocchio. Liride alloggia due bande di muscoli: il dilatatore (la cui contrazione allarga la pupilla) e lo sfintere (che contraendosi ne riduce il diametro). Lo sfintere innervato dal sistema nervoso parasimpatico, che fa uso del neurotrasmettitore acetilcolina. Quando siamo interessati a qualcosa, o qualcuno, si manifesta una inconscia espansione delle pupille. Questo un segnale sociale importante e positivo. Al fine di riprodurre tale tipo di risposta e rendersi pi attraenti, un tempo, le donne instillavano nei loro occhi gocce dellalcaloide atropina. Questo blocca lazione dellacetilcolina, causando il rilassamento dello sfintere e quindi la dilatazione della pupilla. Tale preparato era ottenuto da una pianta cui in seguito, non a caso, stato attribuito il nome scientifico Belladonna. Oltre la pupilla, la luce attraversa la camera anteriore dellocchio e si dirige verso il cristallino. La camera anteriore piena di un liquido acquoso chiamato umore acqueo. Questo trasporta ossigeno e sostanze nutrienti alle strutture che bagna rimovendo, allo stesso tempo, i prodotti di scarto. Tale funzione normalmente espletata dal sangue nelle altre parti del corpo, il quale per, interferirebbe con il passaggio della luce attraverso locchio. Lumore acqueo costantemente riprodotto da un tessuto spugnoso che circonda il bordo della cornea (i corpi ciliari) e se il drenaggio bloccato o rallentato, la pressione allinterno dellocchio aumenta. Ci pu comportare danni visivi permanenti (glaucoma); questa una delle maggiori cause di cecit in Europa Occidentale e nel Nord America. La cornea ed il cristallino deviano il percorso della luce, in modo tale che questa sia messa a fuoco sul fondo dellocchio ricoperto dalla retina. Il cristallino, inoltre, inverte limmagine, cos la riproduzione del mondo sulla superficie retinica capovolta. Tale inversione non cos importante a condizione che siano preservate le relative posizioni spaziali delle diverse componenti dellimmagine. Dopo aver attraversato il cristallino, la luce passa tramite la parte pi importante dellocchio contenente una sostanza chiara e gelatinosa (lumore vitreo) prima di raggiungere la retina. A differenza dellumore acqueo, lumore vitreo non costantemente rigenerato pertanto possibile che, al suo interno, si- 15 -

accumulino dei detriti o piccole opacit galleggianti, che possono compromettere la percezione visiva (White & Levatin, 1962). La retina divisa in tre strati principali: lo strato delle cellule recettrici, lo strato delle cellule bipolari e lo strato delle cellule gangliari (Fig. 2.3). Lo strato dei recettori situato nella parte posteriore della retina pertanto, la luce deve attraversare gli strati precedenti, ma trasparenti, per raggiungerlo. I fotorecettori formano sinapsi con le cellule bipolari che a loro volta sono in contatto sinaptico con le cellule gangliari i cui assoni viaggiano, per mezzo del nervo ottico, verso il cervello. Questi assoni si raggruppano e passano per lo strato delle cellule bipolari e recettrici, lasciando locchio in un punto detto disco ottico. Nel disco ottico non presente alcun recettore: ci causa un punto cieco nel nostro campo visivo di cui, per, non siamo consapevoli grazie ad un fenomeno detto riempimento (Ramachandran, 1992). Sulla base degli stimoli che circondano il punto cieco, il sistema visivo riempie il vuoto presente nellimmagine al fine di generare una percezione completa di quella parte di mondo che rientra nel campo visivo. Questo processo mediato dai neuroni delle aree V2 e V3 (de Weerd et al., 1995). La retina include anche lo strato plessiforme esterno contenente i processi delle cellule orizzontali, e lo strato plessiforme interno caratterizzato dai processi delle cellule amacrine. Queste cellule trasmettono informazione in direzione parallela alla superficie della retina e combinano o sottraggono segnali dai fotorecettori adiacenti. Dietro la retina disposto uno strato di epitelio pigmentato in cui sono inseriti i segmenti esterni dei fotorecettori. I fotorecettori non sono in grado di provvedere a tutte le loro esigenze metaboliche e molte di queste, compresa la rigenerazione del pigmento visivo, sono soddisfatte proprio dalle cellule pigmentate. Oltre questo strato, troviamo la coroide, molto ricca di vasi sanguigni. Questi ultimi due strati contengono il pigmento nero detto melanina, avente la funzione di assorbire la luce e di impedire che essa si rifletta e si disperda allinterno del globo oculare. In assenza di tale pigmento, i raggi luminosi sarebbero riflessi in tutte le direzioni all'interno dellocchio, causando una illuminazione diffusa della retina piuttosto che creare il contrasto, tra punti chiari e scuri, necessario per la formazione di una precisa immagine. I soggetti albini soffrono di una carenza di melanina nel loro corpo, pertanto la loro acuit visiva molto ridotta. Lacuit visiva generalmente misurata usando delle tavole, come la tavola di Snellen che ognuno di voi avr, probabilmente, visto presso ogni ottico. La misura dellacuit riferita ad una distanza visiva di 20 piedi (6 m) tra il soggetto e la tavola. Unacuit visiva normale definita pari a 20/20. Un soggetto con acuit visiva peggiore del normale, ad esempio 20/40, deve guardare la tavola da una distanza di 20 piedi per vedere ci che una persona, con normale acuit visiva, vede dalla distanza di 40 piedi (12 m). Chi, invece, possiede, unacuit migliore di quella normale, ad esempio 20/10, pu vedere dalla distanza di 20 piedi quello che una persona con normale acuit vede da 10 piedi (3 m). Persino con la pi efficiente correzione ottica, i soggetti albini raramente hanno unacuit visiva migliore di 20/100 o 20/200. Gli animali notturni o semi-notturni, come i gatti, invece, sono dotati di meccanismi opposti. Al posto dello strato pigmentato, essi hanno, sul fondo dellocchio, una superficie lucida detta, appunto, tappeto lucido. Questo riflette la luce allinterno dellocchio e, sebbene ci degradi la risoluzione dellimmagine, allo stesso tempo aumenta la probabilit che un fotone sia assorbito da un fotorecettore. In ambienti con bassa intensit luminosa, tale meccanismo migliora la sensibilit visiva e, per un cacciatore seminotturo, assume grande importanza. Questo spiega perch gli occhi dei gatti sembrano brillare quando catturano i raggi di una torcia o di qualsiasi altra fonte luminosa.

La messa a fuoco dellimmagine La capacit dellocchio di rifrangere e focalizzare la luce dipende prevalentemente da due strutture: la cornea ed il cristallino. Quando la luce passa da un corpo ad un altro di diversa densit, la direzione della luce ne risulta deviata: viene, cio, rifranta. Questo succede quando i raggi luminosi passano dallaria alla cornea e dallumore acqueo al cristallino. La differenza di densit dei due insiemi di strutture fa s che il 70% della focalizzazione, da parte dellocchio, sia operata dalla cornea. Questo tipo di messa a fuoco, per, non suscettibile di aggiustamento, a differenza di quella effettuata dal cristallino. La lente cristallina situata direttamente dietro liride, e la sua forma pu essere modificata dai muscoli ciliari. In generale, essa relativamente piatta, a causa della tensione esercitata dalle fibre elastiche che sospendono il cristallino allinterno dellocchio. In questo stato la lente mette a fuoco oggetti distanti sulla retina. La contrazione dei muscoli ciliari libera le fibre elastiche dalla tensione perci, il cristallino assume una forma pi sferica. Ci permette la focalizzazione di oggetti vicini sulla retina. I muscoli ciliari sono pertanto responsabili della messa a fuoco di oggetti lontani o vicini: un processo detto accomodazione. Laccomodazione , di solito, integrata con la convergenza (direzione comune) degli occhi. Quando fissiamo un oggetto vicino, gli occhi sono rivolti verso linterno in modo tale che le due immagini cadono su corrispondenti porzioni di retina. Il potere di rifrazione e focalizzazione dellocchio misurato in diottrie, definite come il reciproco della distanza in metri tra locchio e loggetto. Ad esempio, un occhio con un potere di rifrazione pari a 10 diottrie riesce a piegare la luce sufficientemente da mettere a fuoco un oggetto a 10 cm di distanza. Negli umani con visione normale, il potere di rifrazione diminuisce da 14 diottrie, allet di dieci anni (una distanza di focalizzazione di soli 7 cm che permette al soggetto di focalizzare la punta del proprio naso) a 9 diottrie allet di 20 (distanza di focalizzazione pari a 11 cm), a 4 diottrie verso i 35 anni (25 cm), 1-2 diottrie intorno ai 45 (50-100 cm) e quasi 0 diottrie allet di 70 (condizione chiamata presbiopia). La variazione da 4 a 2 diottrie quella di cui la gente si accorge soprattutto perch pregiudica le capacit di lettura. La maggior parte delle persone, infatti, riesce ancora a leggere tenendo i libri a 30-40 cm di distanza dagli occhi. Queste variazioni della capacit di focalizzazione sono legate ad alterazioni della dimensione, forma e flessibilit del cristallino (Koretz & Handelman, 1988). Il cristallino consiste di tre parti separate: una copertura elastica (la capsula), uno strato epiteliale posto subito allinterno della capsula, ed infine, la lente vera e propria. Questa composta di cellule fibrose prodotte dallo strato epiteliale. Le sue proteine pi comuni appartengono alla classe delle cristalline e formano il 90% delle proteine idrosolubili nel cristallino dei vertebrati. La maggior parte delle cristalline contenuta nelle cellule fibrose. La singolare disposizione spaziale di queste molecole importante per il mantenimento della trasparenza e delle propriet rifrangenti del cristallino (Delaye & Tardieu, 1983). La distribuzione delle proteine non uniforme bens concentrata al centro della lente; ne consegue che lindice di rifrazione in questo punto aumenta, compensando la differente curvatura del cristallino. Le cellule fibrose sono prodotte costantemente ma non eliminate, il che comporta un ispessimento della lente nel tempo. La rigenerazione di tali cellule continua per tutta la vita e, come risultato, il cristallino subisce delle alterazioni: il diametro aumenta e la forma- 17 -

originaria muta. Ad esempio, una lente in stato di non accomodazione, presenta uno spessore di 3.3 mm in un bambino che aumenta sino a 5 mm in una persona di 70 anni. Le cellule fibrose pi vecchie nel centro del cristallino si raggruppano in modo pi compatto producendo, cos, lindurimento (sclerosi) della lente. Sia lispessimento sia lindurimento riducono la capacit del cristallino di focalizzare correttamente la luce sulla retina. Inoltre, le stesse cellule perdono, infine, il nucleo e gli organelli. La cristallina che esse contengono non pu essere sintetizzata nuovamente e, sebbene questa sia una proteina molto stabile, nel tempo soggetta ad un processo di lieve denaturazione (cambiamento di struttura). Ci comporta lingiallimento della lente particolarmente visibile in soggetti anziani. Questultimo processo, a sua volta, agisce da filtro alterando lievemente la percezione dei colori man mano che si avanza con let. I problemi comunemente legati alla messa a fuoco da parte del cristallino sono due: la miopia e lipermetropia (Fig. 2.4). La miopia (visione da vicino) lincapacit di vedere chiaramente oggetti distanti ed causata da due condizioni: (a) miopia da rifrazione, in cui la cornea o il cristallino piega eccessivamente i raggi luminosi; (b) miopia assiale, in cui il globo oculare troppo lungo. Ne consegue che il punto di fuoco non cade sulla retina ma davanti. Lipermetropia (o vista da lontano) consiste nellincapacit di vedere oggetti vicini. Nellocchio ipermetrope il fuoco localizzato dietro la retina perch il globo oculare troppo corto, oppure perch il cristallino non pienamente in grado di focalizzare limmagine (come discusso in precedenza). Le alterazioni cui va incontro la lente cristallina fanno s che lipermetropia diventi sempre pi comune in et avanzata. La miopia, invece, si sviluppa con maggiore probabilit in soggetti giovani (vedi di seguito). Lo sviluppo della miopia

Sebbene la miopia e lipermetropia siano condizioni relativamente stabili negli adulti, nei neonati questi errori di rifrazione rientrano rapidamente nella norma generando la condizione di emmetropia (stato in cui la lunghezza del globo oculare coincide esattamente con la distanza focale della sua ottica). Locchio giovane in grado di usare le informazioni visive per regolare il suo accrescimento verso un ulteriore allungamento (in direzione della miopia), o accorciamento (in direzione dellipermetropia). Questo processo va sotto il nome di emmetropizzazione. Un determinante esperimento eseguito da Wiesel & Raviola nel 1977 ha mostrato che unimmagine retinica degradata pu comportare lallungamento assiale del globo oculare, una condizione denominata miopia da deprivazione o miopia da deprivazione di forme. Successivi esperimenti hanno messo in evidenza che, se la condizione di miopia o ipermetropia imposta mediante luso di occhiali, in giovani esemplari di diverse specie, compresi pollo, tupaia e primati, la forma dellocchio in corso di sviluppo muta al fine di compensare la variazione della distanza focale provocata dalluso degli occhiali (Schaeffel, Glasser & Howland, 1988; Hung, Crawford & Smith, 1995). Uno dei fattori che controllano la crescita dellocchio dipende dallanalisi locale dellimmagine retinica, senza alcuna necessit di comunicazione con il cervello. La completa lesione del nervo ottico non modifica la variazione nella crescita del globo oculare associata alla miopia da deprivazione (Wildsoet & Wallman, 1992). I meccanismi retinici locali sembrano essere guidati dalla degradazione dellimmagine che implica la perdita sia del contrasto sia delle alte frequenze spaziali. Un altro fattore coinvolto nella crescita assiale dellocchio consiste nel grado di accomodazione che il cristallino deve effettuare al fine di focalizzare limmagine. Questo pu essere adoperato come misura della direzione di crescita dellocchio: verso la miopia (minore accomodazione) o verso la ipermetropia (maggiore accomodazione). Se la capacit di accomodazione dellocchio, per, soppressa a causa di lesioni cerebrali o somministrazione di droghe, il pollo ancora in grado di compensare le variazioni prodotte dallapplicazione di occhiali (Schaeffel et al., 1990). Una delle ragioni per cui associare il processo di accomodazione alla miopia che latropina (un antagonista dei recettori muscarinici per lacetilcolina), che blocca laccomodazione, arresta la progressione della miopia nei bambini e nelle scimmie (Raviola & Wiesel, 1985). stato riportato che la somministrazione di atropina pu produrre una diminuzione della miopia pari a 1 diottria nei bambini: questo prova che latropina riduce la progressione della miopia (Wallman, 1994). Allo stesso modo, nei bambini con un occhio pi miope dellaltro, le differenze possono essere ridotte mediante il trattamento dellocchio pi compromesso. Latropina, potrebbe, per, non agire mediante il blocco dellaccomodazione perch anche nei polli, che non possiedono recettori muscarinici nei muscoli ciliari, essa riduce le variazioni compensative conseguenti allapplicazione di occhiali che alterano il punto di fuoco (Stone et al., 1988; Wallman, 1994). Ci suggerisce che latropina agisce a livello dei recettori muscarinici retinici; per, la quantit richiesta per arrestare la miopia superiore a quella necessaria a bloccare i recettori muscarinici: si sospetta, quindi, che possano essere coinvolti effetti farmacologici non specifici o anche tossicit retinica. Gli antagonisti dei recettori muscarinici hanno anche leffetto di ridurre la sintesi della sclera nel pollo e nel coniglio, pertanto potrebbero interferire con la crescita tanto normale quanto miope dellocchio.- 19 -

Secondo alcune ipotesi, lo sviluppo della miopia ha una componente genetica dato che bambini con entrambi i genitori miopi, hanno maggiori probabilit di esprimere tale difetto ottico ed hanno globi oculari pi lunghi rispetto ai figli di soggetti con visione normale (Zadnik et al., 1994). Ad ogni modo, lambiente pare avere un ruolo pi forte. Ad esempio, la miopia pu essere fortemente correlata con listruzione: il 70-80% degli studenti di Taiwan e degli studenti di medicina di Hong Kong sono miopi rispetto a solo il 20-30 % dei coetanei abitanti aree rurali. Inoltre, dato che i soggetti miopi rimangono tali, possibile confrontare eventuali differenze nella manifestazione della miopia a diverse et in una popolazione. Negli Esquimesi finlandesi e ad Hong Kong, in media i giovani sono miopi, a differenza delle persone di mezza et. La diffusione di questo difetto ottico tra i giovani suggerisce che i fattori ambientali, piuttosto che quelli ereditari, siano importanti nello sviluppo della miopia. Concludendo, sembra che segnali visivi guidino attivamente la crescita oculare negli uccelli e nei mammiferi verso la condizione di emmetropia. Questo sarebbe in accordo con lassociazione della miopia allistruzione, poich locchio dello studente crescerebbe in funzione della focalizzazione alla distanza della pagina mentre nelle persone che vivono prevalentemente in spazi aperti, locchio si svilupperebbe a vantaggio di una focalizzazione allinfinito. Lopacizzazione del cristallino (la cataratta) Un altro importante fattore per la focalizzazione di una chiara immagine sulla retina la trasparenza del cristallino. Lopacizzazione del cristallino, detta cataratta, a volte presente alla nascita (cataratta congenita), pu essere causata da malattie dellocchio (cataratta secondaria) o da incidenti (cataratta traumatica), ma la causa pi comune let avanzata (cataratta senile). Le cataratte si sviluppano approssimativamente nel 75% dei soggetti intorno ai 65 anni di et, e nel 95% dei soggetti di 85 anni. Solo nel 15% delle persone le cataratte causano seri difetti visivi e solo nel 5% dei pazienti necessario un intervento chirurgico. In questo caso, nellocchio viene praticata una piccola apertura attraverso la quale il cristallino viene rimosso sia premendo su di esso per farlo fuoriuscire, e permettere cos la sua asportazione mediante luso di pinze, sia tramite un metodo detto facoemulsificazione che usa gli ultrasuoni per rimuovere la lente. Lasportazione del cristallino compensata con luso di occhiali, lenti a contatto o lenti intraoculari (lenti artificiali che sostituiscono quella rimossa). Le cataratte congenite possono essere causate da una funzione anormale delle cellule fibrose, come lalterazione di proteine strutturali o di proteine che servono a proteggere la cellula contro eventuali danni e preservano la trasparenza della matrice cristallina. Una ulteriore causa potrebbe essere imputata al cattivo funzionamento di vie metaboliche responsabili dellaccumulo e deposito di materiali insolubili nella lente. Almeno due forme di cataratta congenita sono causate da mutazioni di geni codificanti per la cristallina, che a loro volta, provocano variazioni strutturali nella proteina stessa (Cartier et al., 1994). I fotorecettori In seguito alla focalizzazione dellimmagine sulla retina, la distribuzione spaziale di

luce deve essere trasformata in unattivit neurale che riproduca accuratamente la struttura dellimmagine. Questa trasformazione o trasduzione attuata dalle cellule recettrici sensibili alla luce (fotorecettori) presenti nella retina. Esistono due tipi di fotorecettori: i bastoncelli e i coni. La retina umana contiene circa 120 milioni di bastoncelli e 6 milioni di coni. I coni sono concentrati in una piccola area della retina denominata fovea (Fig. 2.5). Essi sono responsabili della visione diurna e permettono una visione dei colori di elevata acuit. I bastoncelli, invece, consentono la visione notturna, monocromatica e di bassa acuit. Ci sono tre tipi o classi di coni: il 5-10% sono coni sensibili al blu e formano un anello intorno al bordo della fovea. Il resto costituito da coni sensibili al rosso e al verde in proporzione di 2:1. Queste ultime due classi non sono disposte in modo regolare ma sono casualmente mescolate a formare dei piccoli gruppi (Mollon & Bowmaker, 1992). I fotorecettori consistono di un segmento esterno connesso, mediante il ciglio, al segmento interno contente il nucleo della cellula (Fig. 2.6). La porzione esterna racchiude diverse centinaia di sottili dischi membranosi (lamelle); in un bastoncello della scimmia ci sono circa 750 lamelle. Nei bastoncelli, le lamelle sono dischi separati dalla membrana cellulare mentre nei coni consistono di una singola membrana ripiegata in continuit con quella plasmatica. La membrana delle lamelle contiene le molecole di fotopigmento (rodopsina): un singolo bastoncello umano ne contiene 100 milioni. Le molecole sono cos fortemente raggruppate che la distanza tra luna e laltra di soli 20 nm, e costituiscono l80% delle proteine di membrana. Ogni molecola di fotopigmento consiste di due parti: lopsina (una proteina) e il retinale (un lipide) sintetizzato dal retinolo (vitamina A) e legato all'opsina mediante una base di Schiff. Il retinale una molecola a lunga catena che pu esistere in due forme (o isomeri), una forma a catena dritta (retinale tutto-trans) ed una forma ripiegata (retinale 11-cis). Il retinale 11-cis lunica forma che pu legarsi allopsina. Quando il retinale 11-cis assorbe un fotone di luce, la catena si raddrizza in forma tutto-trans, un processo chiamato fotoisomerizzazione, e la molecola di fotopigmento si scinde, infine, nelle sue due parti costitutive. Quando questo succede, essa cambia colore: dal rosa diviene giallo pallido. In questo caso si dice che il pigmento stato sbiancato. La trasduzione In condizioni di oscurit, i bastoncelli ed i coni hanno un potenziale di membrana a riposo di 40 mV, considerevolmente differente dal tipico valore del potenziale pari a 80 mV misurato in altri neuroni. Questo perch una continua corrente al buio fluisce nel + segmento esterno quando gli ioni sodio (Na ) si spostano lungo il loro gradiente elettrochimico attraverso lapertura dei canali cationici. La luce causa la iperpolarizzazione della membrana cellulare, chiudendo indirettamente i canali cationici nella membrana del segmento esterno. Questa variazione di potenziale opposta a quella che si manifesta in altri recettori e neuroni, i quali si depolarizzano in seguito a stimolazione. I canali cationici sono normalmente tenuti aperti dal guanosin 3'-5' monofosfato ciclico (cGMP). La fotoisomerizzazione della rodopsina innesca una reazione a catena che risulta in una rapida caduta dei livelli di cGMP. Ci, a sua volta, provoca la chiusura dei canali cationici e laumento della resistenza elettrica della membrana del segmento esterno, bloccando, cos, la corrente al buio. Per tale ragione il cGMP agisce come un messaggero interno alla cellula, trasferendo informazioni circa la rilevazione di luce dalle molecole di rodopsina

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nella membrana del disco ai canali ionici nella membrana cellulare. Quando un fotone assorbito da una molecola di rodopsina, il cromoforo retinale subisce una fotoisomerizzazione e cambia conformazione da 11-cis a tutto-trans, a causa della rotazione della catena terminale connessa allopsina. Questa transizione molto 12 rapida e impiega solo 10 sec. La proteina, a questo punto, passa attraverso una serie di forme intermedie. Una di esse la metarodopsina II, prodotta dopo 1 ms dallassorbimento di un fotone. Questa attiva dal punto di vista enzimatico, pertanto lega alla membrana del disco la proteina-G, o globulare, detta transducina, composta da tre subunit (T , T , T ). Nei coni e nei bastoncelli esistono differenti isoforme delle tre unit, e questo potrebbe spiegare alcune delle differenze fisiologiche tra i due tipi di recettori (Peng et al., 1992). Allo stato inattivo, la transducina legata ad una molecola di guanosin-difosfato (GDP). La metarodopsina II catalizza lo scambio di una molecola di GDP legata alla trasducina con una di guanosin-trifosfato (GTP). Il complesso metarodopsina II-transducina-GTP si dissocia, poi, in metarodopsina II-T -GTP e T . La metarodopsina II in grado di catalizzare circa 500 scambi simili prima che sia inattivata dalla fosforilazione di sequenze prossime al C-terminale. Tale fosforilazione permette ad una proteina denominata arrestina di competere con la trasducina per la metarodopsina II, inibendo, cos, una ulteriore attivit catalitica. Ognuna delle molecole T -GTP rilasciate si legano, allora, ad un enzima detto fosfodiesterasi (PDE), un complesso di quattro subunit, due inibitorie (PDE ) e due catalitiche (PDE e PDE ). Linterazione di T -GTP con PDE divide le subunit PDE , mentre il complesso T -GTPPDE pu catalizzare l'idrolisi del cGMP. Questa reazione + di scissione produce una molecola di GMP non ciclico e un H per ogni molecola di cGMP idrolizzata. Circa 800 molecole di cGMP sono idrolizzate prima che la componente T del complesso T -GTPPDE diventi inattiva. L'inattivazione si realizza tramite la conversione di GTP in GDP, comportando il rilascio di PDE ; questo si associa di nuovo con la subunit PDE . La componente T , che adesso un'altra volta legata a GDP, si riassocia a T per completare il ciclo iniziato con lassorbimento di un fotone da parte di una molecola di rodopsina e limmagazzinamento di energia. Questo ciclo a due stadi potenziato dalla conversione di GTP in GDP indotta da T . Tale sistema pu consentire lidrolisi di 400 000 molecole di cGMP entro 1 sec di assorbimento di un singolo fotone. La caduta dei livelli di cGMP causa la chiusura dei canali del sodio e liperpolarizzazione dei recettori. Un singolo fotone pu chiudere approssimativamente 300 canali, circa 3-5% di quelli aperti al buio. I livelli interni di cGMP si riducono del 20 % in condizioni di illuminazione (Baylor, 1987). Il meccanismo di retroazione del calcio

La concentrazione intracellulare degli ioni calcio (Ca ) varia nel corso del processo 2+ + di fototrasduzione. In condizioni di oscurit, gli ioni Ca come Na entrano nella cellula attraverso lapertura dei canali cationici e sono espulsi per mezzo di una pompa elettrogenica localizzata nella membrana cellulare. Il processo di trasduzione porta ad una caduta della concentrazione intracellulare di cGMP; la susseguente chiusura dei canali 2+ cationici significa che i Ca non possono pi entrare nella cellula, ma continuano ad 2+ essere pompati fuori. Come risultato, i livelli intracellulari di Ca cadono e non iniziano a risalire fino a quando i canali cationici cominciano a riaprirsi man mano che la cellula si 2+ ristabilisce dalla stimolazione. stato dimostrato che i variabili livelli di Ca agiscono come un meccanismo di retroazione che accelera il recupero della cellula dalla stimolazione luminosa e consente ladattamento alla luce (Koutalos & Yau, 1993). Per spiegare questazione sono stati proposti tre meccanismi. 2+ 1. stato suggerito che il Ca intracellulare altera lazione della guanilato-ciclasi, lenzima responsabile per la sintesi di cGMP. Tale alterazione mediata da una 2+ proteina che lega i Ca denominata recoverina. Si suppone che tale proteina attivi la 2+ 2+ guanilato-ciclasi a bassi livelli di Ca . Perci, quando i livelli intracellulari di Ca diminuiscono, lattivit della guanilato-ciclasi aumenta. Questo meccanismo provoca una maggiore concentrazione di cGMP, permettendo la riapertura dei canali cationici attivati da cGMP e ristabilendo la corrente al buio. Ad ogni modo, recenti studi hanno contraddetto queste scoperte, pertanto il ruolo della recoverina , attualmente, messo in dubbio (Hurley et al., 1993). 2. Laffinit dei canali cationici cGMP-dipendenti per il cGMP sembra essere diminuita 2+ 2+ dal Ca . Pertanto, quando i livelli di Ca diminuiscono, laffinit dei canali per cGMP aumenta: questo meccanismo compensa la caduta dei livelli di cGMP. 2+ 3. Una terza componente delleffetto del Ca la S-modulina, una proteina che lega Ca omologa alla recoverina. In presenza di alti livelli di Ca , questa proteina allunga la vita della PDE attiva ed inibisce la fosforilazione della rodopsina (Kawamura, 1993). 2+ Pertanto, uno dei siti di modulazione, per mezzo di Ca , della caduta di cGMP si verifica a livello dellinattivazione dei pigmenti. Lefficienza del segnale Nei libri di testo, generalmente, si enfatizza la stabilit della molecola di rodopsina e si suggerisce, pertanto, che i fotorecettori siano estremamente efficienti nel segnalare la presenza della luce data lassenza o la presenza di sole piccole quantit di rumore di fondo. Denis Baylor ha calcolato che lisomerizzazione termica spontanea di una singola molecola di rodopsina dalla forma 11-cis alla forma tutto-trans dovrebbe verificarsi circa una volta ogni 3000 anni, o 10 volte pi lentamente rispetto alla fotoisomerizzazione (Baylor, 1987). I fotorecettori retinici sono, in realt, molto rumorosi. In condizioni di oscurit, essi producono eventi elettrici discreti non distinguibili da quelli evocati dalla luce. Questo fenomeno limita la sensibilit visiva a bassi livelli di luminosit sebbene, recentemente, sia stato suggerito che, in certe circostanze, il rumore possa giocare un ruolo costruttivo nella- 23 23 2+ 2+

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rilevazione di segnali deboli per mezzo di un meccanismo conosciuto come risonanza stocastica (Wiesenfield & Moss, 1995). Gli eventi elettrici spontanei e casuali sono fortemente dipendenti dalla temperatura e perci sono stati attribuiti alla isomerizzazione termica del retinale; in questo modo essi danno inizio agli eventi a cascata legati alla proteina-G che dovrebbero segnalare lassorbimento di un fotone. La generazione termica di eventi al buio nei fotorecettori, richiede unenergia di attivazione pari a 23-27 kcal mol, la quale significativamente minore della barriera energetica di 45 kcal mol necessaria per la fotoisomerizzazione del retinale. Un recente lavoro ha suggerito che il rumore dei fotorecettori risulta dalla isomerizzazione termica di una piccola proporzione di molecole fotorecettrici (