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Presentazione Vincenzo Franceschelli e Francesco Morandi È questa la sesta edizione del Manuale di diritto del turismo, fondato nel seco- lo scorso da un gruppo di studiosi (la prima edizione è del 1999!), che venivano scoprendo e delineando quello che sarebbe diventato – lo diciamo con orgoglio – il diritto del turismo. Scorrere la struttura delle cinque edizioni che l’hanno preceduta e paragonarla con l’impianto di questa nuova edizione, completamente rinnovata, significa quasi ripercorrere l’evoluzione della materia attraverso il contributo degli Autori che vi hanno partecipato. Nella prima e nelle successive due edizioni (2003 e 2006) si era seguito l’impianto classico: fonti, attività, soggetti, contratti. Si trattava di dare for- ma organica ad un insieme disordinato e frammentato di norme, istituti, regole e strutture. Il Manuale ha avuto il merito di concretizzare il definitivo passaggio dal- la «legislazione del turismo» al «diritto del turismo». Nella quarta edizione (2010) l’impianto veniva completamente rinnovato e or- dinato secondo la scansione: linee fondamentali, contratti, tipologie e azioni. Se non che, nel quadro così ricostruito, il Manuale registrava l’irrompere del c.d. «co- dice del turismo» (d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79), tanto da richiedere la pubblica- zione di un Complemento (2011). Superata l’emergenza e preso atto dell’impieto- so intervento della Corte costituzionale sul codice del turismo, la materia doveva essere interamente ripensata. La quinta (2013) riordinava l’intera materia in tre parti: turismo e principi, turismo e amministrazione, turismo e forme di autono- mia privata. Ed eccoci quindi, trascorsi quasi vent’anni dalla pubblicazione dell’or- mai classico Manuale, a presentare la nuova edizione, che conferma la struttura in tre parti. L’analisi della materia è condotta nella prospettiva dei «poteri giuridici». Il con- tenuto è quindi organizzato secondo le competenze normative (degli ordinamenti statale, regionali, dell’Unione europea, internazionale generale), le competenze am- ministrative (riferite alle diverse azioni: governo, promozione, incentivazione, con- trollo su imprese e professioni, leva fiscale) ed il ruolo dell’autonomia privata. Sul- le tre parti campeggia la parola «turismo», a significare e testimoniare l’unità in- terdisciplinare della nostra materia. Viviamo in un momento molto complesso e ci troviamo ad operare in tempi difficili. In questo scenario, il turismo rappresenta una concreta speranza. Una pro- spettiva di lavoro per i giovani, un orizzonte per le famiglie e un’opportunità per gli operatori economici.

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Presentazione XVII

Presentazione Vincenzo Franceschelli e Francesco Morandi

È questa la sesta edizione del Manuale di diritto del turismo, fondato nel seco-lo scorso da un gruppo di studiosi (la prima edizione è del 1999!), che venivano scoprendo e delineando quello che sarebbe diventato – lo diciamo con orgoglio – il diritto del turismo.

Scorrere la struttura delle cinque edizioni che l’hanno preceduta e paragonarla con l’impianto di questa nuova edizione, completamente rinnovata, significa quasi ripercorrere l’evoluzione della materia attraverso il contributo degli Autori che vi hanno partecipato. Nella prima e nelle successive due edizioni (2003 e 2006) si era seguito l’impianto classico: fonti, attività, soggetti, contratti. Si trattava di dare for-ma organica ad un insieme disordinato e frammentato di norme, istituti, regole e strutture. Il Manuale ha avuto il merito di concretizzare il definitivo passaggio dal-la «legislazione del turismo» al «diritto del turismo».

Nella quarta edizione (2010) l’impianto veniva completamente rinnovato e or-dinato secondo la scansione: linee fondamentali, contratti, tipologie e azioni. Se non che, nel quadro così ricostruito, il Manuale registrava l’irrompere del c.d. «co-dice del turismo» (d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79), tanto da richiedere la pubblica-zione di un Complemento (2011). Superata l’emergenza e preso atto dell’impieto-so intervento della Corte costituzionale sul codice del turismo, la materia doveva essere interamente ripensata. La quinta (2013) riordinava l’intera materia in tre parti: turismo e principi, turismo e amministrazione, turismo e forme di autono-mia privata. Ed eccoci quindi, trascorsi quasi vent’anni dalla pubblicazione dell’or-mai classico Manuale, a presentare la nuova edizione, che conferma la struttura in tre parti.

L’analisi della materia è condotta nella prospettiva dei «poteri giuridici». Il con-tenuto è quindi organizzato secondo le competenze normative (degli ordinamenti statale, regionali, dell’Unione europea, internazionale generale), le competenze am-ministrative (riferite alle diverse azioni: governo, promozione, incentivazione, con-trollo su imprese e professioni, leva fiscale) ed il ruolo dell’autonomia privata. Sul-le tre parti campeggia la parola «turismo», a significare e testimoniare l’unità in-terdisciplinare della nostra materia.

Viviamo in un momento molto complesso e ci troviamo ad operare in tempi difficili. In questo scenario, il turismo rappresenta una concreta speranza. Una pro-spettiva di lavoro per i giovani, un orizzonte per le famiglie e un’opportunità per gli operatori economici.

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Presentazione XVIII

E poi, non dimentichiamolo – lo abbiamo già scritto – il turismo è gioia. Per quanto complesso, il diritto del turismo è e resta collegato al piacere del viaggiare e alla serenità della vacanza; all’avventura della scoperta di luoghi nuovi e alla co-noscenza di altre culture; alla tolleranza per civiltà diverse e all’apertura al mondo; al piacere dell’incontro e alla capacità di accogliere l’altro.

Conoscere il diritto del turismo è così un modo di investire nella speranza. È un modo per prepararsi alla gioia del viaggiare e maturare pienamente la capacità di accogliere. È una nuova occasione per affrontare le difficoltà del momento, in-vestire ancora sulla centralità della persona e tracciare una concreta prospettiva di cambiamento della nostra realtà economica e sociale. Il turismo, infatti, sta assu-mendo nuovi contenuti, proseguendo nel suo percorso verso un «turismo sosteni-bile». Non a caso, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2017 «Anno internazionale del turismo sostenibile per lo sviluppo».

Rinnoviamo così, anche per questa sesta edizione, l’auspicio e la speranza che gli studenti e i colleghi, oltre che gli operatori economici e del diritto, continuino a dare al Manuale l’attenzione e l’apprezzamento che gli hanno fino ad oggi riser-vato.

Vincenzo Franceschelli e Francesco Morandi

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Il turismo nella Costituzione 1

Parte prima

Turismo e principi

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Maurizio Malo e Cinzia Colaluca 2

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Il turismo nella Costituzione 3

Capitolo I

Il turismo nella Costituzione Maurizio Malo e Cinzia Colaluca

SOMMARIO: 1. Il «valore» del turismo nella Costituzione. – 2. (Segue). Libertà d’impresa turistica e conservazione dei beni ambientali e culturali. – 3. (Segue). «Fare turismo», come libertà o come diritto? Il turismo come «libertà sociale».

Abstract

La Costituzione vigente non presenta alcuna disposizione utile alla collocazione si-stematica del «turismo». Tuttavia, il fenomeno può essere ricondotto ad alcune delle di-sposizioni di principio espressive di valori costituzionali. I diversi interessi coinvolti – quelli del turista, degli imprenditori del settore, ma soprattutto l’interesse pubblico alla tutela dei beni ambientali e culturali, intesi come principali destinazioni turistiche – esprimono va-lori costituzionali distinti (libertà di circolazione e protezione del rapporto contrattuale; libertà d’impresa; principio della conservazione dei beni ambientali e culturali), ma talora contrastanti. È pertanto fondamentale stabilire una graduazione tra tali interessi, tutti costi-tuzionalmente tutelati: a tal fine soccorre la giurisprudenza costituzionale, che ha ricono-sciuto nella tutela dei beni culturali ed ambientali un valore costituzionale supremo, rispet-to al quale gli altri devono cedere. Il turismo può infine ricollegarsi anche a diritti sociali chiaramente delineati dalla Costituzione (diritto alla salute, all’istruzione) in quanto stru-mento volto a dare consistenza a tali diritti. In ragione del processo espansivo della nozione di diritti sociali avvalorata dalla Corte costituzionale, che vi fa rientrare ogni mezzo atto a ga-rantire ad ognuno di poter sviluppare la propria personalità, si potrebbe in ipotesi ragio-nare del turismo come di «libertà sociale».

The Italian Constitution does not directly refer to ‘tourism’ as a constitutional value.

Nevertheless, it is possible to find a connection between ‘tourism’ and other constitution-al provisions. Indeed, if ‘tourism’ is considered in its twofold dimension, i.e. as a social phenomenon involving the exercise of fundamental rights (e.g. freedom of movement, free enterprise, cultural rights, etc.), and as public interest concerning the protection of the na-tional cultural heritage and environment (e.g. monuments, artistic paintings, wildlife, na-tional parks, etc.), there is a need to balance all the different private and public interests involved. Thus, the main problem to be solved is how to fairly create a hierarchal scheme for addressing the needs stemming from different private and public actors. In this con-text, the constitutional court’s case law has become of crucial importance since it has rec-ognized the protection of environment and national cultural heritage as supreme values within the Italian legal system. Tourism is also strictly linked with those social rights en-shrined in the Constitution (e.g., right to education). Therefore it could be possible to hy-pothesize that ‘tourism’ is per se a social right, though not mentioned in the Constitution.

Legislazione: Costituzione della Repubblica italiana, in particolare artt. 9, 16, 31, 32, 34, 38, 41, 117. Art. 14, 1° comma, lett. n, legge cost. n. 2 del 1948 (Statuto per la Regione Sicilia);

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art. 3, 1° comma, lett. p, legge cost. n. 3 del 1948 (Statuto per la Regione Sardegna); art. 2, 1° comma, lett. q, legge cost. n. 4 del 1948 (Statuto per la Regione Valle d’Aosta); art. 4, 1° comma, n. 10, legge cost. n. 1 del 1963 (Statuto per la Regione Friuli-Venezia Giulia); art. 8, n. 20, d.p.r. 31 agosto 1972, n. 670 (Testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).

Giurisprudenza costituzionale: (pronunce illustrate nel testo) sent. n. 388 del 1992; sent. n. 88 del 2007; sent. n. 96 del 2012; sent. n. 171 del 2012, sent. n. 104 del 2014; sent. n. 140 del 2015.

Bibliografia: a) opere generali e commentari (della principale legislazione) di diritto del turismo, con profili sulla collocazione della materia a livello costituzionale: GIANNINI M.S.-SEPE O., L’organizzazione turistica in Italia, in Riv. trim. dir. pubbl., 1966, 763 ss.; CHITI M.P., Profilo pubblico del turismo, Giuffrè, Milano, 1970; ALPA G.-CHITI M.P., Legge 17 maggio 1983, n. 217 – Legge-quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qua-lificazione dell’offerta turistica, in Le nuove leggi civili commentate, 1984, 1163 ss.; TEDE-SCHINI F., Turismo, in Enc. del dir., Giuffrè, Milano, 1992, vol. XLV; TACCHI P., Turismo. I) Diritto pubblico, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1994, vol. XXXI; BERTOCCHI G.-FOÀ S., Il turismo come servizio pubblico, Giuffrè, Milano, 1996; RIGHI L., Turismo, in Dig. disc. pubbl., Agg., vol. I, Utet, Torino, 2000, 573 ss.; ROCCELLA A., Turismo, in G. FALCON (a cura di), Lo Stato autonomista, Il Mulino, Bologna, 1998, 170 ss.; DIAMANTI E., Il turismo, in CASSESE S. (a cura di), Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo speciale, tomo IV (La disciplina dell’economia), II ed., Giuffrè, Milano, 2003, 3627 ss.; GOLA M.-GROPPI T. (a cura di), Diritto pubblico del turismo, Rimini, 2005; RENNA M., Turismo, in CASSESE S. (curatore), Dizionario di diritto pubblico, vol. VI, Giuffrè, Milano, 2006, 6053 ss.; CHITI M.P., Turismo, in Dizionario di diritto amministrativo, Il Sole 24 Ore, Milano, 2007, 759 ss.; MARINI F.S.-MORANA D., Appunti di diritto pubblico del turismo, Esi, Napo-li, 2007; MALO M., Baricentro regionale in materia di “turismo”: teoria e prassi, in AA.VV. (Cnr-Issirfa), Regioni e attività produttive. Rapporto sulla legislazione e sulla spesa, Giuffrè, Milano, 2008, 139 ss.; DEGRASSI L.-FRANCESCHELLI V. (a cura di), Turismo. Diritto e di-ritti, Giuffrè, Milano, 2010; MANFRELLOTTI R., Il fondamento assiologico costituzionale della disciplina del turismo: premesse problematiche ad uno studio giuridico del turismo so-ciale, in Rassegna economica: rivista internazionale di economia e territorio, 2010, 23 ss.; CARDOSI G.-TRIPODI E.M., Il nuovo codice del turismo, Maggioli, Rimini, 2011; IMPARATO E.A.-TORCHIA F., Profili di diritto del turismo (privato e pubblico): corso istituzionale, Esi, Napoli, 2011; SANTAGATA R., Diritto del turismo, II ed., Utet, Torino, 2012; GOLA M.-ZI-TO A.-CICCHETTI A. (a cura di), Amministrazione pubblica e mercato del turismo, Maggioli, Rimini, 2012; COGLIANI S.-GOLA M.-SANDULLI M.A.-SANTAGATA R. (a cura di), L’ordi-namento del mercato turistico, Giappichelli, Torino, 2012; ALVISI C., Il diritto del turismo nell’ordine giuridico del mercato, Giappichelli, Torino, 2015; b) in tema di tutela e valoriz-zazione dei beni culturali e ambientali: LEVI F. (a cura di), La tutela del paesaggio, Utet, To-rino, 1979; CARTEI G.F. (a cura di), Convenzione europea del paesaggio e governo del territo-rio, Il Mulino, Bologna, 2007; CABIDDU M.A.-GRASSO N., Diritto dei beni culturali e del paesaggio, II ed., Giappichelli, Torino, 2007; AINIS M.-FIORILLO M., L’ordinamento della cultura. Manuale di legislazione dei beni culturali, II ed., Giuffrè, Milano, 2008; DEGRASSI L., Cultura e istituzioni. La valorizzazione dei beni culturali negli ordinamenti giuridici, Giuf-frè, Milano, 2008; CROSETTI A.-VAIANO D., Beni culturali e paesaggistici, III ed., Giappi-chelli, Torino, 2011; COVATTA L. (a cura di), I beni culturali tra tutela, mercato e terri-torio, Passigli, Firenze, 2012; SETTIS S., Paesaggio Costituzione Cemento, Einaudi, Torino, 2012; LEONE A.-MADDALENA P.-MONTANARI T.-SETTIS S., Costituzione incompiuta. Arte, paesaggio, ambiente, Einaudi, Torino, 2013; VIDETTA C., Centri storici al crocevia tra discipli-na dei beni culturali, disciplina del paesaggio e urbanistica: profili critici, in Aedon, n. 3/2012; CASINI L. La valorizzazione del paesaggio, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 2/2014, 385 ss.; ATTI DEL CONVEGNO, «I centri storici tra norme e politiche», Gubbio, 6-7 giugno 2014, in Aedon,

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http://www.aedon.mulino.it/atti/2015/centri_storici/convegno_centri_storici.html; SIMONATI A., La disciplina regionale dei centri storici: caratteri e tendenze, in Riv. giur. urb., n. 2/2015, 295 ss.; CARPENTIERI P., Il decoro dei monumenti deve attendere le intese con le Regioni: come subordinare la tutela (art. 9 Cost.) al commercio e alla «leale collaborazione» interisti-tuzionale, in Giur. cost., n. 4/2015, 1246 ss.; SAU A., La rivitalizzazione dei centri storici tra disciplina del paesaggio, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, in Le Regioni, 2017; c) autori citati nel testo: CHIZZONITI A.G., Associazioni senza scopo di lucro ed attività turi-stica: ancora una pronunzia della Corte costituzionale, in Le Regioni, 1998, 362 ss.; e dello stesso Autore, Gli itinerari turistico-religiosi giubilari tra turismo e cultura, in Aedon. Rivista di arti e diritto on line, 1999; MARCHETTI B., Il tempo libero, in CASSESE S. (a cura di), Trat-tato di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2000, 667 ss.; CROSETTI A., Risorse naturali e turismo alla ricerca di un difficile equilibrio, in Diritto del turismo, 2006, 113 ss.; PAPA A., Il turismo culturale in Italia: multilevel governance e promozione dell’identità culturale locale, in Federalismi, 4/2007; e dello stesso Autore, Il turismo culturale, in COGLIANI S.-GOLA M.-SANDULLI M.A.-SANTAGATA R. (a cura di), L’ordinamento del mercato turistico, cit., 2012, 109 ss.; LONGO F., In gita di distruzione, El, San Dorligo della Valle (Trieste), 2009; PIRAS P., Ambiente, patrimonio culturale, turismo e sviluppo sostenibile, in Aedon, 1/2009; DEGRAS-SI L., Contributo alla definizione della materia turismo. Promozione e organizzazione tra go-vernance e dirigismo regionale, in DEGRASSI L.-FRANCESCHELLI V., 2010, cit.; SPADARO A., I diritti sociali di fronte alla crisi, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 4/2011; LILLI M., Pierre Cardin si crede un doge e vuole il suo grattacielo in Laguna, in http://www.linkiesta.it/ pierre-cardin-marghera-grattacielo, 5 settembre 2012; RAZZANO G., Lo statuto costituzionale dei diritti sociali, in www.gruppodipisa.it, 08/2012; AA.VV., Il turismo internazionale in Italia: dati e risultati, Banca d’Italia, Roma, 2013, in bancaditalia.it; CARLASSARE L., Priorità costitu-zionali e controllo sulla destinazione delle risorse, in Costituzionalismo.it, 1/2013; CITTADINO C. (a cura di), Astrid. Proposte di politiche pubbliche per il governo del Paese. Il turismo, aprile 2013, in Atrid-online.it; STELLA G.A., Cemento e sprechi. Il «sacco» di Pompei, in Corriere della Sera di mercoledì 6 febbraio 2013; ZORZI A., Venezia, il Gabbiotto e un Ministro che ha ridato la vista ai ciechi, in Corriere del Veneto, di mercoledì 5 giugno 2013, 3.

1. Il «valore» del turismo nella Costituzione

Il «turismo» era espressamente menzionato nella Costituzione italiana, pri-ma della riforma costituzionale del 2001, ed è ancora menzionato nelle leggi co-stituzionali statutarie in favore delle cinque Regioni speciali, al fine di garantire agli enti regionali parte della competenza legislativa nella materia (come viene spiegato nel Capitolo II). A livello costituzionale non compaiono invece disposi-zioni volte a collocare il turismo in senso sostanziale, come fenomeno individua-le e sociale. È questione interpretativa, pertanto, quella relativa alla posizione del turismo fra le disposizioni di principio, espressive di valori costituzionali.

Prima di essere implicitamente ricompreso fra le materie residuali di com-petenza legislativa regionale (in base all’art. 117, riformato, della Costituzione), il turismo faceva parte dell’elenco delle materie di legislazione concorrente (sta-tale-regionale), modulato come turismo ed industria alberghiera (v. art. 117 Cost., ante riforma del 2001). Questa immagine, orientata al fattore imprendi-toriale, conduceva e continua a condurre il fenomeno turistico principalmente fra le attività economiche (cfr. AA.VV., 2013; C. Cittadino, 2013), evocando così le disposizioni costituzionali sui rapporti economici (Titolo III, della Parte I, della Costituzione), e in particolare l’art. 41 Cost., sulla libertà d’iniziativa

Turismo e libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.)

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economica privata, in favore degli operatori del settore (attività ricettive turisti-che, alberghiere ed extralberghiere; agenzie di viaggio e turismo; professioni turistiche; imprese di trasporto; ed altre imprese turistiche, secondo la formula generale ora offerta dall’art. 4 del codice del turismo, d.lgs. n. 79 del 2011).

Peraltro, non in tutte le leggi costituzionali statutarie, in favore delle Regio-ni speciali, il turismo è coniugato esclusivamente con l’industria alberghiera (lo stesso legame si riscontra negli Statuti per la Regione Sardegna e per la Regio-ne Friuli-Venezia Giulia: art. 3, 1° comma, lett. p, legge cost. n. 3 del 1948; art. 4, 1° comma, n. 10, legge cost. n. 1 del 1963; come pure nell’art. 8, 1° comma, n. 20, d.p.r. 31 agosto 1972, n. 670, recante il testo unico delle leggi costituzio-nali concernenti lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). Nello Statuto per la Regione Sicilia e nello Statuto per la Regione Valle d’Aosta, il turismo come materia di competenza legislativa primaria regionale è accompagnato an-che dalla tutela del paesaggio (art. 14, 1° comma, lett. n, legge cost. n. 2 del 1948; art. 2, 1° comma, lett. q, legge cost. n. 4 del 1948); nello Statuto siciliano, pure dalla conservazione delle antichità e delle opere artistiche (art. 14, 1° com-ma, lett. n, legge cost. n. 2 del 1948). Può essere pertanto indicato l’art. 9, 2° comma, Cost., espressivo di un principio costituzionale fondamentale per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali: beni che rappresen-tano le mete turistiche classiche e particolarmente ambite.

Com’è noto, tratto peculiare dell’art. 9 della Costituzione repubblicana è la stretta connessione tra il principio per la salvaguardia del paesaggio e del pa-trimonio storico ed artistico della Nazione, indicato nel 2° comma, ed i valori fondamentali della promozione e dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica, espressi al 1° comma: conseguentemente, la tutela dei beni culturali e paesaggistici non può consistere solo in una passiva protezione degli stessi, ma deve divenire funzionale allo sviluppo culturale della collettività.

In questo quadro, il turismo può ben costituire un potente strumento per la crescita culturale degli individui, può esso stesso divenire «attività culturale» allor-ché favorisce la conoscenza e la diffusione del patrimonio culturale e ambientale nazionale e ne sostiene la piena valorizzazione (anche sotto il profilo economico).

D’altro canto, la crescente domanda di fruizione dei beni culturali ed ambientali, legata all’aumento del livello culturale ed all’accresciuta mobilità delle persone, sottopone il nostro patrimonio artistico e paesaggistico a sfrut-tamento e pressioni che richiedono provvedimenti di tutela, di programma-zione, talvolta perfino di limitazione degli accessi dei turisti.

Perciò, una equilibrata fruizione dei beni culturali e paesaggistici deve neces-sariamente essere il filo conduttore di un «turismo sostenibile» nella prospet-tiva costituzionale.

Dal punto di vista di chi «fa turismo», ovvero dei turisti (singoli, famiglie, giovani, gruppi), il fenomeno è stato classificato – sotto il profilo costituzio-nale – come manifestazione della libertà di circolazione (art. 16 Cost.: in tema F.S. Marini-D. Morana, 2007, 36). In riferimento al rapporto contrattuale con le imprese turistiche, si è posto l’accento sulla protezione del consumato-re, che implicitamente si può trarre dall’art. 41, 2° comma, Cost. e che invece si manifesta nitidamente nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Turismo nelle leggi

costituzionali statutarie, per

le Regioni speciali

Turismo e tutela e

valorizzazione dei beni

culturali e ambientali

(art. 9 Cost.)

Turismo e libertà di

circolazione (art. 16 Cost.)

Turismo e tutela del

consumatore

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(v. art. 169). Ci si può chiedere tuttavia se il turismo, dalla parte di chi lo pratica o desidererebbe praticarlo, possa assumere una qualificazione più forte rispetto a quella della mera libertà di circolazione, nel tempo libero, consen-tita a quanti abbiano la relativa disponibilità finanziaria.

Il turismo muove quindi più valori costituzionali, che distintamente tendo-no ad emergere, a seconda del punto di osservazione: nella prospettiva dell’im-prenditore (e dello sviluppo economico del Paese) è la libertà d’impresa ad emergere; nella prospettiva delle principali mete turistiche, è l’interesse pub-blico alla conservazione (e valorizzazione) dei beni culturali ed ambientali che si erge; nella prospettiva del turista, sono almeno la libertà di circolazione e la protezione nel rapporto contrattuale, i valori di riferimento, ma altri potrebbe-ro essere prospettati (v. infra, par. 3).

Sempre nella prospettiva del turista, emerge altresì l’interesse pubblico al-la fruizione del patrimonio culturale: ciò significa, ad esempio, garanzia mi-nima di accesso ai musei, apertura al pubblico dei siti, accessibilità e godibi-lità degli stessi.

Ci si può chiedere se sia ipotizzabile una qualche pretesa del turista di poter accedere ad un museo o ad un sito archeologico o artistico.

Come forse si ricorderà, nel 2015 frequenti manifestazioni di protesta dei dipendenti del Ministero dei beni culturali comportarono la chiusura dei siti archeologici più importanti di Roma, dal Foro Romano al Palatino, dalle Ter-me di Diocleziano al Colosseo, suscitando le vivaci reazioni di una moltitudi-ne di turisti che non poté accedere agli stessi. In tale circostanza, il problema del contemperamento tra l’esercizio del diritto di sciopero (art. 40 Cost.) e la tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione (art. 9 Cost.) fu ogget-to di un intenso dibattito giuridico e politico. Ne derivò il d.l. n. 146 del 2015 (poi convertito nella legge n. 182 del 2015), che all’elenco dei servizi pubblici essenziali – già comprensivo di quelli relativi alla protezione am-bientale, alla tutela ed alla vigilanza sui beni culturali – aggiunse anche quelli concernenti «l’apertura al pubblico di musei e luoghi della cultura». Pertanto, anche in questo settore, l’esercizio del diritto allo sciopero venne subordinato alle procedure previste dalla legge n. 146 del 1990, recante Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona, volte a garantire il contemperamento dei diversi interessi in gio-co: da una parte il diritto costituzionale allo sciopero e dall’altra quello alla fruizione da parte dei cittadini di servizi considerati indispensabili.

Posto, dunque, che l’apertura al pubblico dei musei e di luoghi della cul-tura costituisce servizio pubblico essenziale, potrebbe ipotizzarsi un qualche diritto al godimento del patrimonio in essi contenuto. Così ragionando, si giungerebbe a considerare la fruizione del patrimonio culturale della Nazio-ne non semplicemente alla stregua di interesse pubblico ma addirittura come espressione di un diritto costituzionale della persona.

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2. (Segue). Libertà d’impresa turistica e conservazione dei beni am-bientali e culturali

Le diverse prospettive attraverso le quali può essere guardato il fenome-no turistico mettono in evidenza anche interessi diversi, che possono essere addirittura contrastanti fra loro, o difficilmente conciliabili.

L’interesse degli operatori turistici può consistere – per esempio – nella costruzione di nuovi alberghi o nella realizzazione di villaggi turistici in loca-lità di particolare pregio paesaggistico: località che però, in virtù delle loro stesse caratteristiche, malamente possono sopportare la costruzione di nuo-ve, a volte impressionanti strutture ricettive (si impone, del resto, l’interesse pubblico alla conservazione del paesaggio).

È noto il caso del complesso turistico alberghiero «Fuenti» sulla costiera amalfitana che, edificato in zona soggetta a vincolo paesaggistico, in violazione della relativa disciplina di tutela dei beni ambientali, venne demolito, in base alla sentenza del Cons. Stato, sez. VI, 28 gennaio 1998, n. 114.

Sensibile dottrina, già negli anni Settanta, aveva avuto modo di osservare, d’altronde, che «in tutti i paesi di elevata industrializzazione il patrimonio naturale e paesaggistico è intaccato» oltre che «dai processi di urbanizzazio-ne» e «dall’abbandono delle attività primarie», proprio «dal fenomeno turi-stico» (F. Levi, 1979, 3).

Si pone quindi l’esigenza di stabilire una graduazione fra interessi diversi, che pure sono tutti costituzionalmente tutelati: nel seguire l’esempio ora pro-posto, si delinea, per un verso, l’interesse all’espansione dell’attività imprendi-toriale; per altro verso, l’interesse alla tutela del paesaggio (in tema A. Crosetti, 2006).

Al fine di dirimere la questione soccorre la giurisprudenza costituzionale, che riconosce nella tutela dei beni culturali e ambientali un valore fondamen-tale, costituzionale supremo (in base all’art. 9 Cost.), rispetto al quale altri va-lori, che pure sono costituzionalmente stabiliti, devono cedere, come nel caso della libertà di iniziativa economica, che del resto, ex art. 41, 3° comma, Cost., va indirizzata e coordinata a fini sociali.

a) Si può rammentare, in proposito, la sent. n. 388 del 1992, in cui la Cor-

te costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzio-nale del d.l. 9 dicembre 1986, n. 832, convertito con modificazioni, dalla leg-ge n. 15 del 1987, sui limiti al cambio di destinazione d’uso degli immobili siti in centri storici, impugnato in quanto ritenuto lesivo del diritto di liber-tà di iniziativa economica (infatti, in base a tale d.l. il Sindaco di Roma ave-va vietato l’apertura di un Mc Donald’s, nel centro storico). Secondo la Cor-te, il d.l., consentendo di precludere l’insediamento di determinate attività commerciali ritenute incompatibili con i caratteri tradizionali della zona, ha cercato «di assicurare la tutela delle tradizioni locali e delle aree di particola-re interesse site nei territori comunali, caratterizzati da un nucleo edilizio ed abitativo riconducibile al concetto di centro storico il quale rappresenta l’im-

Turismo e tutela dei

centri storici: la sentenza della Corte

cost. n. 388 del 1992

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Il turismo nella Costituzione 9

magine della città ed esprime anche l’essenziale della nostra storia civile ed artistica e della nostra cultura» (p. 2, in diritto). La Corte prosegue afferman-do che «gli interessi che si tutelano trovano fondamento nell’art. 9 Cost., che impegna la Repubblica ad assicurare, tra l’altro, la tutela del patrimonio cul-turale nazionale e dell’ambiente, ad assecondare la formazione culturale dei cittadini e ad arricchire quella esistente, a realizzare il progresso spirituale e ad acuire la sensibilità dei cittadini come persone»; cosicché «in tale situa-zione non risulta violato l’art. 41, 1° e 2° comma, Cost.», in quanto «esso, pur affermando la libertà di iniziativa economica privata, consente l’apposizione di limiti al suo esercizio» (punti 5 e 6, in diritto).

L’insegnamento che – in linea generale – si può trarre dalla giurispruden-

za della Corte costituzionale è che l’attività economica (art. 41 Cost.) deve piegarsi al valore costituzionale fondamentale del paesaggio (art. 9 Cost.).

Peraltro, è opportuno ricordare come in un paio delle più recenti pro-nunce della Corte costituzionale in tema di commercio in aree di valore cul-turale e nei locali storici tradizionali, la primarietà del valore in parola abbia subito un «temperamento» in presenza di profili connessi ad attività com-merciali ed artigianali.

È il caso della sent. n. 140 del 2015 che ha dichiarato l’illegittimità costi-tuzionale di alcune norme statali che avevano ampliato e rimodulato la por-tata precettiva dell’art. 52 del codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004), nella parte in cui non prevedevano l’intesa fra Stato e Regio-ni, né strumenti idonei a garantirne una leale collaborazione. Le disposizioni statali si collocavano certamente nella materia esclusiva statale della tutela del patrimonio culturale, ma anche in quella della «valorizzazione» dei beni e «promozione ed organizzazione» e delle attività culturali, rimesse alla pote-stà legislativa cosiddetta «concorrente». Inoltre esse contenevano previsioni che incidevano direttamente sulla regolamentazione di attività riconducibili alle materie del «commercio» ed «artigianato», appartenenti alla competenza residuale delle Regioni (v. Capitolo II, par. 2.1).

In sostanza, si trattava di norme di tutela del patrimonio volte a contenere il fenomeno del commercio ambulante (camion bar, bancarelle) che deturpa le aree pubbliche aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e pae-saggistico, con la chiara finalità di garantire il decoro dei complessi monumen-tali, delle città d’arte interessate da elevati flussi turistici e dei centri storici. Tra gli obiettivi vi era pure la salvaguardia della «tradizione commerciale» dei cen-tri storici, essendo previste specifiche disposizioni a tutela dei locali storici tra-dizionali.

Nella pronuncia in parola, la Corte non risolve la questione applicando la consueta tecnica di bilanciamento tra i due principi costituzionali, in base alla quale il valore di tutela paesaggistica assume carattere primario ed asso-luto, mentre il principio della libera iniziativa economica è recessivo. In que-sto caso, le esigenze di salvaguardia e decoro dei monumenti, delle città d’ar-te e dei centri storici e quelle dello sviluppo economico vengono poste sullo stesso piano: la Corte si mostra, per così dire, più «sensibile» all’esercizio delle

Tutela del paesaggio (art. 9 Cost.) vs attività economica (art. 41 Cost.)

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Maurizio Malo e Cinzia Colaluca 10

attività commerciali ed artigianali legate allo «sfruttamento turistico» del no-stro patrimonio culturale rispetto al valore culturale.

Analogamente, la sent. n. 104 del 2014 ha giudicato illegittimo l’art. 11 del-la legge della regione Valle d’Aosta n. 5 del 2013 che nei centri storici vietava l’apertura e il trasferimento di sede di centri commerciali allo scopo di preser-varne la tradizione commerciale. Secondo la Corte, la Regione, vietando con una legge l’apertura e il trasferimento nei centri storici di grandi strutture di vendita, precludeva in modo assoluto e a priori detta possibilità, incidendo di-rettamente sull’accesso degli operatori economici al mercato e limitando così la libertà di iniziativa di coloro che intendevano svolgere attività di vendita. An-che in questo caso, dunque, le misure di tutela dell’integrità fisica e culturale dei centri storici paiono soccombere dinanzi al libero esercizio di attività eco-nomiche: sembra mancare qui una attenta e sensibile valutazione dell’impatto di un grande esercizio commerciale sull’identità di un centro storico.

Invero, i centri storici si connotano per una variegata differenziazione di in-teressi, spesso contrapposti e perciò difficilmente conciliabili: in primo luogo quelli paesaggistico-culturali, ma pure quelli commerciali, dei turisti, dei resi-denti, di coloro che vi svolgono attività legate al terziario, ecc. Sarebbe oppor-tuno che le diverse istanze culturali, economiche, sociali venissero valutate in maniera organica ed unitaria, fossero oggetto di adeguate politiche pubbliche e di programmazione, mentre sempre più spesso a tali bisogni fa fronte l’am-ministrazione comunale, tramite l’esercizio di poteri contingibili ed urgenti, in base all’art. 54, 4° comma del Testo unico degli enti locali. Come noto, tali or-dinanze rappresentano il rimedio approntato dall’ordinamento per far fronte a situazioni di emergenza impreviste (anche in deroga alla normativa primaria), ma un tale potere deve essere temporalmente delimitato e deve essere esercita-to nei limiti della concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare.

A titolo d’esempio, si possono qui rammentare alcune controverse ordinan-ze adottate a Roma, in ragione del notevole afflusso turistico legato all’Anno Santo 2016: da quelle di pedonalizzazione di varie zone della Capitale, per fa-cilitare la mobilità dei turisti e per valorizzare il patrimonio archeologico e mo-numentale della città (assai controversa quella relativa ad un tratto di via San Giovanni in Laterano e alla piazza del Foro di Traiano, poi annullata dal Tar del Lazio su ricorso proposto da residenti e commercianti); alle famigerate or-dinanze «anti-risciò» e «anti-centurioni», tese a contrastare diffuse forme di abusivismo che spesso costituiscono un rischio per la sicurezza dei turisti e mi-nano il decoro delle aree archeologiche più note. La prima vietava di svolgere in alcune zone della città «qualunque attività assimilabile al trasporto pubblico collettivo o individuale di persone, con velocipedi a tre o più ruote»; la secon-da di esercitare in tutto il territorio del sito Unesco dei Fori Imperiali qualsiasi attività che prevedesse «la disponibilità a essere ritratto come soggetto in abbi-gliamento storico in fotografie o filmati, dietro corrispettivo in denaro».

Dopo la chiusura dell’anno giubilare, l’amministrazione ha adottato due nuove ordinanze contenenti divieti analoghi alle precedenti, estesi a tutto il centro storico (ord. Sindaco Roma Capitale nn. 121 e 122 del 2016). Il Tar del Lazio ne ha ora sospesa l’esecuzione (ord. nn. 02018/2017 e 02012/2017): ve-

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Il turismo nella Costituzione 11

nuto meno il peculiare contesto rappresentato dall’anno giubilare e le con-nesse situazioni di emergenza, non appare più giustificato il divieto indiscri-minato di svolgere attività di per sé lecite, il cui esercizio va disciplinato or-ganicamente attraverso la via regolamentare.

Le vicende ora esposte mostrano chiaramente i limiti di un regime di tu-tela dei centri storici affidato solo a divieti e vincoli cautelari, anziché pro-grammato in maniera organica ed inserito in un adeguato quadro normativo.

b) L’insegnamento della Corte sulla tutela del paesaggio come principio co-

stituzionale supremo è ribadito in una pronuncia (sent. n. 96 del 2012) dove, ancora, il valore paesaggistico è in latente conflitto proprio con l’attività im-prenditoriale turistica, nella fattispecie delle imprese agrituristiche. In questo caso l’esposizione della Corte assume toni sottili e suggestivi, grazie ad una leg-ge della Regione Umbria (n. 28 del 1997) che, nel disciplinare l’attività econo-mica agrituristica, prevede che possano essere utilizzate per tale attività soltan-to le strutture esistenti nell’azienda prima dell’entrata in vigore della legge me-desima. Nel giudicare infondata la questione di legittimità costituzionale solle-vata sul punto, la Corte spiega che la norma regionale (art. 3, 3° comma, legge Regione Umbria n. 28 del 1997) non fa altro che attuare un principio fonda-mentale recato dalla legislazione statale in tema di agriturismo (art. 3, 1° com-ma, legge n. 730 del 1985 e poi art. 3, 1° comma, legge n. 96 del 2006) «la cui ratio è quella di promuovere l’attività agrituristica, senza tuttavia consentire edificazioni nuove ed estranee allo svolgimento delle attività agricole in senso stretto, allo scopo di garantire il mantenimento della natura peculiare del terri-torio e preservarlo così dalla proliferazione di fabbricati sorti in vista soltanto dell’esercizio di attività ricettive in immobili non facenti parte, ab origine, del-l’azienda agricola». La Corte ammette la «particolare rigidità» della norma re-gionale che tuttavia «non è manifestamente irragionevole», in quanto «il senso dell’indicazione di una data precisa è quello di bloccare nuove costruzioni, de-stinate sin dall’inizio a fini agrituristici, negli stessi territori ove sorgono quelle storiche e già impiegate nelle attività agricole in senso stretto». E si osserva che la norma non produce «un congelamento delle attività agrituristiche»; essa «prescrive, piuttosto, che ogni attività di agriturismo, vecchia e nuova, si av-valga di fabbricati esistenti sui fondi rustici in data anteriore all’entrata in vigo-re della legge regionale».

Pertanto, l’attività agrituristica, per quanto possa essere inclusa fra le inizia-tive imprenditoriali «ideali» nella prospettiva dello sviluppo sostenibile, deve quindi essa stessa misurarsi con la tutela del paesaggio: «interesse primario, sia della comunità nazionale, sia di quella regionale» che, nella fattispecie, consiste nell’interesse «a che le campagne non diventino luoghi di edificazioni massic-ce, che facciano ad esse perdere la loro intrinseca natura, per trasformarle in parchi turistici, nei quali l’attività agricola non sarebbe più reale e operante, ma solo fittizia e subalterna ad attività alberghiere»; «ciò determinerebbe l’altera-zione del paesaggio, che deve invece essere tutelato e mantenuto, pure nella cura e nel rinnovamento delle strutture esistenti, nella sua essenziale natura agreste».

L’affermazione della Corte è fatta in riferimento all’attività agrituristica, ma

Agriturismo e tutela dell’ambiente agricolo: la sentenza della Corte cost. n. 96 del 2012

Tutela del paesaggio (art. 9 Cost.) vs attività agrituristica (art. 41 Cost.)

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Maurizio Malo e Cinzia Colaluca 12

evidentemente vale per ogni altra attività (e specialmente per eventuali attivi-tà dal forte impatto ambientale). Pertanto, a qualsiasi politica di sviluppo terri-toriale non è consentito di snaturare il paesaggio umbro, naturalmente agreste: una siffatta politica sarebbe, in fin dei conti, incostituzionale (contrastante con il valore espresso dall’art. 9 Cost.).

Si tratta di una affermazione in linea di principio «potente», in quanto consiste nel ritenere costituzionalmente impedita ogni attività che conduca alla alterazione della mirabile natura del luogo.

Secondo questi fondamentali parametri, andrebbe deciso (per esempio) se realizzare o meno la «torre di Pierre Cardin» (di duecentoquarantacinque metri, distribuiti su sessantacinque piani abitabili, a fini turistico-residenziali, proposta nel 2012), ai margini della Laguna di Venezia (M. Lilli, 2012).

E – si avverta – la straordinaria natura del luogo può essere un fatto così evidente che neppure necessita di uno specifico provvedimento dichiarativo dell’autorità amministrativa: nel caso della sent. n. 96 del 2012, è la stessa Cor-te costituzionale – in buona sostanza – a dichiarare il valore paesaggistico del-le colline umbre, indipendentemente da provvedimenti di vincolo; propiziata, piuttosto, dall’esigenza di spiegare la ratio della disposizione legislativa regio-nale che delimita le costruzioni esistenti, utilizzabili per attività agrituristica.

In sintesi, l’esemplare «natura del luogo» non può essere offesa da inter-

venti con essa inconciliabili (lo impedisce, implicitamente, l’art. 9 Cost.): quanta distanza – però – tra questo assunto costituzionale e la diffusa e depri-mente prassi del territorio italiano. Evidentemente, la legislazione ordinaria volta alla protezione del paesaggio si è rivelata mediamente debole, insuffi-ciente; l’azione amministrativa da essa prevista troppo timida, perplessa; le de-roghe (ancorché illegittime, in effetti) e le elusioni (illegali) sono state troppo frequenti.

Si chiede (per esempio) uno dei maggiori storici dell’arte veneziana (A. Zorzi, 2013), come «gli organi di tutela dello Stato» (Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Venezia e Laguna) abbiano potuto «aval-lare» la costruzione, in Piazza San Marco, adiacente al Campanile «in posi-zione ben visibile», di un orribile «casotto bianchiccio», per informazioni turistiche e vendita di biglietti. Solo in quanto se ne avvede – inorridito – il Ministro dei beni culturali, durante una visita a Venezia, scatta l’ordine di rimozione immediata del «gabbiotto». Il che conduce ad osservare che «se gli organi competenti non vedono le brutture e c’è bisogno del loro Ministro perché le vedano … bisognerebbe che il Ministro girasse senza posa l’Italia, a dare la vista ai ciechi come Nostro Signore».

c) Altra emblematica pronuncia delle Corte costituzionale (in tema di tu-

tela delle aree naturali protette e strutture ricettive turistiche) è costituita dalla sent. n. 171 del 2012, con cui viene dichiarata l’illegittimità costituzio-nale dell’art. 2 della legge Regione Lazio n. 14 del 2011, sull’installazione di strutture turistiche ricettive prefabbricate (bungalow, capanni, gusci, tukul, case mobili, ecc.) all’interno delle aree naturali protette.

La mirabile natura del

luogo

Turismo e aree naturali

protette: la sentenza della Corte cost. n. 171 del 2012

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Il turismo nella Costituzione 13

La Corte premette che la disciplina delle aree protette rientra nella «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali» di cui all’art. 117, 2° com-ma, lett. s), Cost., settore di competenza legislativa statale. Osserva poi che la legge quadro sulle aree protette n. 394 del 1991, finalizzata essenzialmente alla tutela della natura attraverso la sottoposizione di parti di territorio a spe-ciale protezione, prevede tra l’altro la predisposizione di strumenti program-matici e gestionali per la valutazione di rispondenza delle attività svolte nei parchi alle esigenze di protezione della flora e della fauna. La Corte ricorda come – secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza costitu-zionale – l’art. 117, 2° comma, lett. s), Cost., non configuri una materia in senso tecnico, perché la «tutela ambientale è da intendere come valore costi-tuzionalmente protetto, che in quanto tale delinea una sorta di «materia tra-sversale», in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, anche re-gionali, fermo restando che allo Stato spettano le determinazioni rispondenti ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale, con la conseguenza che l’intervento regionale è possibile soltanto in quanto introduca una disciplina idonea a realizzare un ampliamento dei livelli di tu-tela «e non derogatoria in senso peggiorativo». Pertanto, la norma della Re-gione Lazio si pone in contrasto sia con l’art. 1 della legge quadro sulle aree protette che, «in attuazione degli articoli 9 e 32 della Costituzione e nel ri-spetto degli accordi internazionali, detta principi fondamentali per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio na-turale del paese», sia con l’art. 11, 3° comma della stessa legge quadro, che pone il divieto di attività ed opere che possano compromettere la salvaguar-dia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati, con particolare riguardo alla flora, alla fauna protetta ed ai rispettivi habitat.

d) In qualche caso, invece, la costruzione di villaggi turistici può conci-

liare l’esigenza dello sviluppo dell’economia nazionale con quella della tutela dell’ambiente: nella sent. n. 88 del 2007, la Consulta giustifica un intervento normativo dello Stato, idoneo a ricondurre l’intera operazione ad una sostan-ziale e necessaria manovra unitaria su tutto il territorio nazionale (cosiddetta chiamata in sussidiarietà, su cui v. infra, Cap. II, par. 2.5), proprio in quanto la realizzazione di insediamenti turistici di qualità è finalizzata al recupero ed alla bonifica di aree demaniali marittime compromesse sotto il profilo ambien-tale: ciò comporta la valorizzazione dell’attività turistica sul piano economico interno ed internazionale (del resto la Corte osserva che il turismo è elemen-to determinante per lo sviluppo dell’economia nazionale) e nel contempo la riqualificazione paesaggistica di aree degradate, secondo il principio dello svi-luppo sostenibile.

Nel limitare qui l’osservazione alle disposizioni di principio, si segnala

che la legge di riforma del turismo, n. 135 del 2001, poi abrogata dal d.lgs. n. 79 del 2011 («codice del turismo») prescriveva la tutela e la valorizzazione delle

Turismo e aree demaniali marittime: la sentenza della Corte cost. n. 88 del 2007

Norme di principio

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Maurizio Malo e Cinzia Colaluca 14

risorse ambientali, dei beni culturali e delle tradizioni locali ai fini di uno svi-luppo turistico sostenibile (art. 1, 1° comma, lett. c); ed ora il codice del turi-smo afferma che la «la realizzazione di iniziative turistiche finalizzate ad in-centivare la valorizzazione del patrimonio storico-artistico, archeologico, ar-chitettonico e paesaggistico presente sul territorio italiano» va fatta «nel ri-spetto dell’articolo 9 della Costituzione e del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42» (art. 24, cod. tur. allegato al d.lgs. n. 79 del 2011).

Se, dunque, le varie attività imprenditoriali nelle aree a vocazione turisti-ca si devono misurare con la tutela dei beni paesaggistico/architettonici, non potrebbero neppure ipotizzarsi situazioni analoghe a ciò che accade all’inter-no del complesso archeologico di Pompei, dove un punto di ristoro di oltre seicento metri quadri (un Autogrill), contrassegnato da un’insegna rossa lu-minosa, è collocato proprio negli edifici della «Casa Bacco», a pochi passi dal Foro, cuore della città antica!

La decisione di affidare in concessione ad una nota azienda la gestione del ristorante venne adottata dal Commissario delegato per l’emergenza nell’area archeologica di Pompei, un organo straordinario di governo, nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri (n. 3692 dell’11 luglio 2008; n. 3795 del 30 luglio 2009) a seguito della «dichiarazione dello stato di emergenza in relazione alla situazione di grave pericolo in atto nell’area ar-cheologica di Pompei» avvenuta con d.p.c.m. 4 luglio 2008; prorogata con d.p.c.m. 24 luglio 2009 e infine revocata con d.p.c.m. 10 giugno 2010.

In questo modo, anziché dalle amministrazioni statali ordinariamente com-petenti (il Ministero per i beni culturali e ambientali e le sue articolazioni ter-ritoriali, cioè le Sovrintendenze), per un biennio gli scavi di Pompei sono sta-ti amministrati da un Commissario straordinario, nominato con ordinanze di protezione civile (in base all’art. 5, legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del servizio nazionale di protezione civile) e dotato del potere di adottare prov-vedimenti in deroga alla normativa vigente.

Sennonché, tali ordinanze non si sono sempre rivelate coerenti con le fi-nalità ed i contesti tipici delle realtà emergenziali in senso stretto, special-mente quando hanno attribuito al Commissario ampi poteri, anche in mate-ria di attività commerciali (si veda, da ultimo, l’art. 1, 8° comma, dell’ordi-nanza n. 3795 del 2009). Ed esattamente in base a queste previsioni, si è po-tuta consentire la collocazione del ristorante all’interno degli scavi, sostenen-do che si tratta di «un servizio indispensabile (!) per gli oltre due milioni di turisti che visitano Pompei ogni anno», volto a «favorire la fruizione dello straor-dinario patrimonio artistico e culturale» (così afferma una nota del Commis-sario delegato, citata dall’Ufficio Stampa del Ministero per i beni e le attività culturali nella Newsletter Settimanale n. 69 del 18 settembre 2009).

Ora, che le bellezze artistiche del nostro Paese debbano essere fruibili in sicurezza da parte del pubblico è obiettivo condivisibile, correlato al princi-pio della promozione e valorizzazione del patrimonio, ma è in primo luogo necessario che tale patrimonio sia tutelato e rispettato.

L’emblematico «caso» di

Pompei

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Il turismo nella Costituzione 15

Nel caso di Pompei, l’ampliamento (arbitrario?) delle funzioni della Pro-tezione civile – che sono andate ben oltre gli interventi di emergenza – ha determinato un «governo straordinario dei beni culturali» che non ha certo giovato al sito archeologico. Lo ha dimostrato la mozione di sfiducia presen-tata nel 2011 nei confronti del Ministro per i beni culturali proprio in rela-zione alla gestione degli scavi.

In un recente articolo dal titolo emblematico (Cemento e sprechi. Il «sacco» di Pompei, 2013, di G.A. Stella), sono denunciati ulteriori scempi del periodo della gestione straordinaria: «Grida vendetta il modo in cui il commissario del-la protezione civile … fece ristrutturare (la parola «restauro» è spropositata se un bene archeologico così è trattato come un villaggio-vacanze) il meraviglioso Teatro Grande» ricostruendone i gradoni con materiali moderni e autorizzan-do la collocazione di «quattro immensi container biancastri … giganteschi gab-biotti … obbrobrio di offensiva bruttezza … provvisori, sulla carta. Sono anco-ra lì, da trentatré interminabili mesi».

Non sempre, dunque, operare in deroga alla legge è di per sé garanzia di efficienza e di buona amministrazione. (Si veda da ultimo l’art. 1 del d.l. 8 agosto 2013, n. 91, come convertito dalla legge n. 112 del 2013, recante nuove disposizioni per la realizzazione degli interventi di tutela e di valorizzazione del sito archeologico.)

In sintesi, secondo i principi costituzionali, ribaditi dalla legislazione ordina-ria, l’espansione imprenditoriale del fenomeno turistico va equilibrata alla con-servazione dei beni ambientali e culturali che rappresentano, del resto, le prin-cipali mete turistiche (da non aggredire, danneggiare o addirittura sconvolgere).

3. (Segue). «Fare turismo», come libertà o come diritto? Il turismo come «libertà sociale»

Nel nostro tempo, le motivazioni che inducono a viaggiare sono le più va-rie.

Si delineano così diverse forme di turismo, diversi modi di soggiornare in località note e meno note.

Il turismo non appare più connesso solo al tempo libero (in tema B. Mar-chetti, 2000, 667 ss.), anche se il nesso «tempo libero-turismo» resta paradig-matico. È frequente un turismo collegato al lavoro, alla professione, che si con-figura come turismo congressuale o turismo d’affari.

Le proposte turistiche sono ricche e variamente stimolanti: dal turismo di tipo culturale (per visite a mostre, esposizioni), al turismo gastronomico; al turismo sportivo, al turismo folcloristico (in occasione di manifestazioni o feste della tradizione regionale e locale). Ci sono proposte turistiche dedicate ai bambini o ai più giovani (Gardaland, Acqualandia); altre dedicate agli an-ziani (presso strutture alberghiere con assistenza infermieristica, e servizi di riabilitazione e cura). La riflessione giuridica ha toccato anche il turismo di tipo religioso (A.G. Chizzoniti, 1998, 1999).

Motivazioni del viaggio

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Delle «molteplici esigenze dei turisti nazionali ed internazionali» tiene ora conto anche il Codice del turismo (che così si esprime, anche se parrebbe più corretta l’espressione «turisti italiani e stranieri»). L’art. 22 del cod. tur. alle-gato al d.lgs. n. 79 del 2011 prevede infatti la realizzazione di circuiti nazio-nali di eccellenza e li individua in base a contesti o temi omogenei, quali: il turismo della montagna; del mare dei laghi e dei fiumi; della cultura; religio-so; della natura e faunistico; dell’enogastronomia; termale e del benessere; dello sport e del golf; congressuale; giovanile; del made in Italy e della relati-va attività industriale e artigianale; delle arti e dello spettacolo (2° comma).

Le proposte di viaggio riguardano ormai ogni periodo dell’anno, e stimo-lano a partire frequentemente, anche se solo per pochi giorni di vacanza.

Si può convenire, in ogni modo, che i principali motivi che inducono a viaggiare restano legati al benessere «psicofisico» e all’arricchimento «cultu-rale» (spiagge, località montane, centri storici, percorsi collinari).

Se consideriamo il turismo dalla prospettiva di chi lo pratica, esso può esse-re inteso come semplice manifestazione di libertà: una libertà di circolazione e soggiorno in Italia e all’estero (art. 16 Cost.), tuttalpiù assistita (carte del turi-sta, uffici di informazione turistica), e accompagnata da forme di tutela «se qualche cosa va storto» (procedure di conciliazione: v. art. 67, cod. tur. allega-to al d.lgs. n. 79 del 2011), secondo il principio di tutela del consumatore.

Ma se si conviene che il turismo, almeno in certe sue forme, contribuisce al proprio benessere psicofisico e al proprio arricchimento culturale, ecco allora che si possono collegare ad esso altri principi costituzionali come il diritto alla salute e il diritto all’istruzione (rispettivamente, artt. 32 e 34 Cost.). Del resto, i viaggi di studio appartengono alla tradizione dei programmi formativi scola-stici (anche se nella prassi, possono produrre esiti deludenti: cfr. F. Longo, 2009). E le cosiddette vacanze termali sono sostenute con contributi pubblici per coloro i quali necessitano di cure (cfr. la legge n. 323 del 2000: se poi gli abusi risultano frequenti, s’innesta un diverso problema di «lassismo» nelle prescrizioni).

Affiora quindi un bisogno sociale di turismo che si riflette nella legisla-zione più recente (prima nella legge n. 135 del 2001 ed ora nel codice del tu-rismo, d.lgs. n. 79 del 2011), attraverso l’istituzione del Fondo buoni vacanze con lo scopo di erogare contributi (buoni vacanza) in favore delle fasce so-ciali più deboli (art. 27, cod. tur. allegato al d.lgs. n. 79 del 2011). In tema v. G. Bertocchi-S. Foà, 1996.

La configurazione del turismo come bisogno sociale, quale fenomeno che contribuisce al pieno godimento di alcuni dei diritti sociali, induce quindi a domandarsi se esso possa essere a sua volta annoverato tra tali diritti.

Uno studio dell’inizio degli anni Settanta (M.P. Chiti, 1970, 26 ss.) spie-gava come nell’evoluzione dell’atteggiamento dei pubblici poteri nei con-fronti delle attività turistiche – dapprima volto a regolare soltanto gli aspetti economici dell’attività ricettiva privata, poi teso ad affiancare o talora a sosti-tuire l’azione privata tramite interventi pubblici in ragione del soddisfaci-mento degli interessi della collettività – si manifestasse la tendenza tipica del-

Circuiti nazionali di eccellenza

Libertà di circolazione e soggiorno (art.

16 Cost.)

Diritto alla salute (art. 32 Cost.) e diritto

all’istruzione (art. 34 Cost.)

Turismo come bisogno sociale

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Il turismo nella Costituzione 17

lo stato sociale a porre in essere ed a perfezionare gli strumenti idonei all’ar-ricchimento morale e materiale del singolo, ai fini dello sviluppo della perso-na e del progresso della comunità. In base a tali premesse, si prospettavano varie politiche del territorio con finalità specificamente turistiche, quali lo sviluppo di zone a vocazione turistica, la valorizzazione delle risorse artisti-che e paesaggistiche, la razionalizzazione dell’offerta turistica, l’incremento delle strutture ricettive; e in particolare si cominciava a ragionare del cosid-detto turismo sociale quale strumento idoneo all’affermazione dei diritti so-ciali.

Com’è noto, le radici costituzionali dello stato sociale, quale forma di or-ganizzazione politica, sono chiaramente rinvenibili negli artt. 2 e 3 della Co-stituzione repubblicana, che pongono i principi personalista e solidarista come funzionali alla promozione dell’eguaglianza.

Il principio personalista – grazie al quale l’individuo si pone come fine e non come strumento dell’ordinamento giuridico – si declina nel riconoscimen-to di quei diritti che l’art. 2 della Costituzione definisce «inviolabili»: si tratta in primo luogo dei classici diritti di libertà e partecipazione, ma anche di altre «categorie», prima tra tutte quella dei cosiddetti diritti sociali, ovvero quelle situazioni giuridiche soggettive volte a garantire alla persona la tutela di alcune dimensioni della propria sfera personale quali la salute, l’istruzione, il lavoro, l’assistenza.

Nella prospettiva costituzionale, l’elemento caratterizzante della forma di stato sociale è la dimensione solidaristica che implica forme di intervento delle istituzioni pubbliche: all’azione dei consociati si affianca quella delle pubbli-che istituzioni, le quali – al fine di garantire e tutelare i diritti, nonché di as-sicurare l’eguaglianza delle situazioni, malgrado la differenza delle condizio-ni – assumono la funzione di equilibrare e moderare le disparità sociali, prin-cipalmente attraverso la realizzazione di determinati servizi, ma anche con provvedimenti contributivi, agevolazioni tariffarie, ed altro: un sistema la cui principale fonte di finanziamento è costituita dalla leva fiscale, ispirata al no-to principio costituzionale di progressività (art. 53 Cost.).

Della categoria dei diritti sociali – esplicitamente menzionati in Costitu-zione, agli artt. 117, 2° comma, lett. m e 120, 2° comma, nel testo modificato dalla riforma costituzionale del 2001 – risulta tuttavia difficile individuare con precisione i criteri distintivi (G. Razzano, 2012). Il problema appare le-gato all’espansione che la stessa nozione linguistica e concettuale di diritto sociale ha subito negli ultimi decenni.

In passato, nel linguaggio giuridico la categoria corrispondeva prevalen-temente ai cosiddetti diritti di prestazione, tradizionalmente assicurati dal Welfare State ai soggetti più deboli o svantaggiati, in relazione a beni essen-ziali per la vita (la salute, il lavoro, la previdenza, l’assistenza, l’istruzione), al fine di realizzare il principio di eguaglianza sostanziale.

In tempi recenti essa si è dilatata, tanto che si può oggi affermare che i di-ritti sociali tocchino anche campi materiali che ineriscono ai diritti di libertà e partecipazione, in ragione della realizzazione del principio di eguaglianza. Cosicché, tanto la dottrina quanto la giurisprudenza costituzionale annove-

I diritti sociali

I diritti sociali nella prospettiva attuale

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rano tra i diritti sociali anche i diritti di partecipazione politica, di azione e di-fesa in giudizio, i diritti dei consumatori, il diritto all’identità sessuale, alle pari opportunità, all’ambiente salubre, ecc.

Come si vede, la storica classificazione dei diritti, basata sul binomio «di-ritti sociali» «diritti civili di libertà», appare anacronistica: «il tempo ha lar-gamente smussato le differenze e ridotto le distanze fra i diversi tipi di diritti, fin quasi a farle sparire» (A. Spadaro, 2011, 2). La originaria «specificità» dei diritti sociali risulta sfumata, i contenuti della categoria sono in continua ri-definizione e i suoi confini sono mobili: in essa sono oggi ricompresi tanto i diritti di prestazione, quanto i diritti di libertà e partecipazione. Il supera-mento della dicotomia è nella giurisprudenza della Corte costituzionale che ha elaborato l’endiadi libertà sociali (sentt. n. 50 del 1988, n. 300 e n. 301 del 2003).

In ragione di questo processo espansivo si è affermata la tendenza a far rientrare nella nozione qualsiasi mezzo o strumento atto a garantire ad ognu-no di poter sviluppare la propria personalità e realizzare appieno la propria dignità.

In tale prospettiva, la questione se «fare turismo» sia da considerarsi espres-sione di un diritto sociale o se piuttosto rilevi semplicemente come mera mani-festazione di libertà dell’individuo, sembra perdere di importanza, allorché si convenga che anche la pratica del turismo è uno dei possibili strumenti di pro-mozione della personalità umana.

Va tuttavia segnalata la diversa opinione (L. Degrassi, Contributo, 89) se-condo cui il turismo – così come l’arte, lo spettacolo, lo sport – si attesta tra le semplici preferenze di vita del singolo e non rappresenta un’esigenza fon-damentale per lo sviluppo dell’individuo. La Costituzione porrebbe a carico dello Stato un semplice dovere promozionale delle attività connesse a tali fe-nomeni, ma non prescriverebbe l’obbligo di erogare alcun servizio. Pertanto, il fare turismo sarebbe riconducibile solo alle libertà – non ai diritti – e non potrebbe esservi alcuna pretesa di prestazione nei confronti delle istituzioni pubbliche (F.S. Marini-D. Morana, 2007, 17). Tale assunto muove dalla «clas-sica» configurazione dei diritti sociali, che risulta più restrittiva rispetto alla categoria (qui indicata) delle libertà sociali, a cui potrebbe essere invece ri-condotto il fenomeno turistico.

Si può d’altro canto osservare che, se rimane in effetti difficile assegnare al turismo una autonoma posizione nell’ambito delle libertà e dei diritti costi-tuzionali, è del tutto plausibile considerare il fenomeno come possibile «par-te» di diritti sociali chiaramente delineati dalla Costituzione (diritto alla salu-te, diritto all’istruzione): sicché il turismo rappresenta uno strumento volto a «dare spessore», ovvero «consistenza» a tali diritti.

Si può convenire che il fenomeno turistico assume una particolare «va-lenza» quando contribuisce al benessere dell’individuo, alla sua integrazione sociale o all’elevazione culturale, oppure quando mira alla promozione del paesaggio. Il diritto positivo offre alcuni esempi a conferma di questa chiave di lettura.

Il Codice del turismo (d.lgs. n. 79 del 2011) dedica l’intero Capo II (del

Turismo come diritto di

libertà («preferenza

di vita»)

Possibile collocazione del turismo

come «libertà sociale»

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Titolo V) al Turismo culturale (v. l’art. 24, in parte riprodotto alla fine del par. precedente), assegnando così al fenomeno turistico un compito, social-mente fondamentale, di arricchimento culturale (in tema, A. Papa, 2007 e 2010). Si aggiunga che il Turismo sociale – cui è dedicato il Capo III (del Ti-tolo V, del Codice) – sottende il principio solidaristico, secondo diverse de-clinazioni costituzionali. Tanto l’art. 22, 2° comma (come modificato dall’art. 56, d.l. n. 5 del 2012, convertito dalla legge n. 35 del 2012), che promuove «forme di turismo accessibile … attraverso pacchetti a condizioni vantaggio-se per i giovani, gli anziani, le persone con disabilità»; quanto l’art. 27, 2° comma, che prevede «l’erogazione di buoni vacanza da destinare ad inter-venti di solidarietà in favore delle fasce sociali più deboli», sono funzionali alla tutela di particolari categorie per le quali la Costituzione richiede appo-site forme di promozione sociale e culturale, come la gioventù (art. 31), gli anziani o gli inabili (art. 38).

Una conferma di tale lettura si può oggi rinvenire nel d.lgs. n. 112 del 2017 che ha abrogato il d.lgs. n. 155 del 2006 e ha riscritto la disciplina dell’impresa sociale comprendendo nell’elenco delle «attività d’impresa di interesse genera-le», enunciato nell’art. 2, l’organizzazione e la gestione di attività turistiche di interesse sociale culturale o religioso (lett. k del 1° comma).

Infine, l’art. 28 del Codice – dedicato al Turismo termale e del benessere – contiene un implicito riconoscimento del contributo del turismo alla tutela della salute – che l’art. 32 della Costituzione dichiara «fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività»: esso rinvia direttamente alla di-sciplina posta dalla legge di riordino del settore termale – legge n. 323 del 2000 – secondo la quale le prestazioni termali sono finalizzate ad «assicurare il mantenimento ed il ripristino dello stato di benessere psico-fisico degli in-dividui» (art. 1).

A conclusione, è opportuno osservare come l’ampliamento della nozione «diritti – libertà sociali», cui potrebbe in ipotesi ricondursi anche il turismo, trovi un limite oggettivo nelle (oggi ridotte) capacità finanziarie pubbliche: la «diretta proporzionalità tra espansione e in-attuazione dei diritti» comporta paradossalmente una svalutazione in senso pratico e giuridico degli stessi (A. Spadaro, 2011, 4).

In tempi di protratta crisi economica e di politiche dei tagli, la garanzia ef-fettiva di ciascun diritto appare legata alla sostenibilità economica della spesa sociale: ciò impone di operare un ragionevole bilanciamento tra i vari diritti sociali (nonché tra ogni altra «voce di spesa»), nella formulazione del bilancio di previsione (in base all’art. 81 Cost.). Chiaramente, in una tale operazione di bilanciamento dovrà stabilirsi una scala di priorità dei diritti, coerente con i principi costituzionali, che necessariamente dovrà privilegiare i diritti sogget-tivi fondamentali, a scapito dei semplici diritti soggettivi (L. Carlassare, 2013), a loro volta prioritari, però, rispetto ad altre possibili voci di spesa.

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Capitolo II

Competenze normative e fonti Maurizio Malo e Cinzia Colaluca

SOMMARIO: 1. Sistema delle fonti e disciplina del turismo. – 2. La distribuzione del potere legislativo nell’ordinamento italiano. – 2.1. Il «turismo» da materia concorrente a ma-teria residuale regionale. Competenza legislativa cosiddetta «piena» o «primaria», an-che per le Regioni ordinarie oltre che per le Regioni speciali. – 2.2. Limiti alla potestà legislativa delle Regioni, ordinarie e speciali. Gli ambiti della disciplina statale: disci-pline privatistiche, penalistiche, processuali del turismo. – 2.3. L’ambito della disci-plina regionale: disciplina di diritto amministrativo del turismo. – 2.4. I settori in cui si compone il turismo come materia legislativa regionale. – 2.5. Ridimensionamento del-la competenza legislativa regionale, in applicazione dei principi di sussidiarietà ed adeguatezza, per il conferimento delle funzioni amministrative (legislazione statale di diritto amministrativo). – 2.6. Il crepuscolo dei principi fondamentali della materia. – 2.6.1. Dalla legge al regolamento di delegificazione, d’intesa fra Stato e Regioni. – 2.6.2. Dal regolamento di delegificazione, d’intesa fra Stato e Regioni, alle intese fra sole Regioni, al fine di definire principi in materia di turismo. – 2.6.3. Un «ritorno» al regolamento di delegificazione, d’intesa fra Stato e Regioni, per definire i principi fon-damentali della materia? Una pronuncia del Consiglio di Stato incoerente con la giu-risprudenza costituzionale. – 2.7. Il codice statale del turismo (d.lgs. n. 79 del 2011). – 2.7.1. Codice statale in una materia di competenza «piena» regionale. – 2.7.2. Il codi-ce ampiamente censurato dalla Corte costituzionale. – 2.8. Norme tributarie. – 3. Le fonti dell’ordinamento internazionale. – 4. Le fonti dell’Unione europea. – 5. Tipi di fonti e denominazione della fonte. La Carta dei servizi turistici.

Abstract

Il sistema delle fonti che regolano il settore turistico è assai complesso: esso è infatti costituito da fonti normative di diverso grado, aventi ambiti di competenza differente, prodotte da più ordinamenti giuridici (statale, regionale, degli enti locali, internazionale, dell’Unione europea). La varietà dei rapporti sottesi al fenomeno turistico implica inoltre la coesistenza di normativa sia di diritto pubblico che di diritto privato. A seguito della ri-forma costituzionale del 2001, il «turismo» è ora materia di potestà legislativa residuale regionale, circoscritta tuttavia al diritto amministrativo sostanziale, posto che per alcuni rilevanti ambiti disciplinari attinenti al fenomeno turistico – legati al diritto civile, penale e processuale – la potestà legislativa è rimasta in capo allo Stato. La consistenza della competenza legislativa regionale risulta ulteriormente ridimensionata sia dal passaggio ad altre «materie», di potestà concorrente o esclusiva statale, di alcuni settori che antece-dentemente la riforma componevano il turismo, sia dall’applicazione dei principi di sus-sidiarietà e adeguatezza per il conferimento delle funzioni amministrative. Nell’intento di riordinare ed accorpare la legislazione in materia di turismo è stato di recente emanato

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un codice statale del turismo (d.lgs. n. 79 del 2011), ampiamente censurato dalla Corte costituzionale, in particolare laddove conteneva disposizioni innovative relativamente ai rapporti Stato-Regioni e reintroduceva principi fondamentali in una materia di compe-tenza legislativa residuale regionale (sent. n. 80 del 2012).

Laws and regulations addressing touristic activities (the so called ‘touristic sector’) are

particularly complex. Indeed, it is possible to distinguish among international obligations, EU law, State law, regional law, and local regulations concerning ‘how to develop/carry on’ touristic activities. In Italy, following the 2001 constitutional reform, the State is in charge of elaborating legal provisions governing tourism (e.g. civil law, property rights, criminal law), while Regions maintain a shared competence, specifically in the field of administra-tive (local) regulations. Given the complexity of this subject, a new national Statute has been recently introduced (‘codice del turismo’, d.lgs. n. 79 del 2011). Nonetheless, this new legal instrument has been found unconstitutional in several of its parts by the Consti-tutional Court (judgment n. 80 del 2012). Indeed, the Court has considered the distribu-tion of competences between the State and the Regions – as provided by the ‘codice del turismo’ – in violation of the Constitution (as amended in 2001).

Legislazione: Le fonti costituzionali: Costituzione della Repubblica Italiana, approvata il 22 dicembre 1947 (in particolare, art. 117 nel testo originario e nel testo sostituito dalla legge di revisione costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3); art. 14, lett. n, legge cost. 26 febbraio 1948, n. 2 (Statuto Regione Sicilia); art. 3, lett. p, legge cost. 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto Regione Sardegna); art. 2, lett. q, legge cost. 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto della Regione Valle d’Aosta); art. 4, n. 10, legge cost. 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto Regione Friuli-Venezia Giu-lia); art. 8, n. 20, d.p.r. 31 agosto 1972, n. 670 (testo unificato delle leggi costituzionali con-cernenti lo Statuto della Regione Trentino-Alto Adige). Fonti legislative ordinarie: legge 31 luglio 1959, n. 617 (istitutiva del Ministero del turismo e dello spettacolo) abrogata mediante referendum (ex art. 75 Cost.), come dichiarato con d.p.r. 5 giugno 1993, n. 175; art. 12, d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80 (l’art. 12, 1° comma, del d.l. è stato annullato dalla Corte cost. con sent. n. 214 del 2006); decreti le-gislativi di trasferimento di funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni (secondo la VIII disposizione transitoria e finale della Costituzione): d.lgs. 14 gennaio 1972, n. 6; artt. 19, n. 2, e 56-60, d.lgs. 24 luglio 1977, n. 616; artt. 43-46, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112; leggi cornice: legge 17 maggio 1983, n. 217 (ora abrogata); legge 29 marzo 2001, n. 135 (ora abrogata); re-cente legislazione statale: art. 4 (imposta di soggiorno), d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23; d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del tu-rismo, a norma dell’art. 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della di-rettiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di vendita e di scambio); legge 29 luglio 2014, n. 106, (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 31 maggio 2014, n. 83, recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turi-smo); legge 11 novembre 2014, n. 164 (Conversione, con modificazioni, del d.l. 11 settembre 2014, n. 133, Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeo-logico e per la ripresa delle attività produttive); legge 12 novembre 2015, n. 182 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 20 settembre 2015, n. 146, recante misure urgenti per la fruizione del patrimonio storico e artistico della Nazione). Fonti regolamentari: d.p.c.m. 13 settembre 2002 (di recepimento dell’Accordo Stato-Regioni 14 febbraio 2002, sui principi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico. I punti g, ed n, dell’art. 1 dell’Accordo sono stati annullati con d.p.r. 27 aprile 2004, su parere del Consiglio di Stato 3 dicembre 2003, n. 3165, che si può leggere in Diritto del turismo, 2004, 269 ss.); d.p.c.m. 8 settembre 2005 (Istituzione del Comitato nazionale per il turismo); d.p.c.m. 26 lu-glio 2006 (Istituzione del Comitato delle politiche turistiche). Leggi regionali: Regione Abruz-zo: legge 5 aprile 2008, n. 8 (Riordino dell’organizzazione turistica regionale); Regione Basili-cata: legge 4 giugno 2008, n. 7 (Sistema turistico regionale); Regione Calabria: legge 5 aprile

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2008, n. 8 (Riordino dell’organizzazione turistica regionale); Regione Campania: legge 8 ago-sto 2014, n. 18 (Organizzazione del sistema turistico in Campania); Regione Emilia-Romagna: legge 4 marzo 1998, n. 7 (Organizzazione turistica regionale); Regione Friuli-Venezia Giulia: legge 16 gennaio 2002, n. 2 (Disciplina organica del turismo); Regione Lombardia: legge 16 luglio 2007, n. 15 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo); legge 1° ottobre 2015, n. 27 (Politiche regionali in materia di turismo e attrattività del territorio lombardo); Regione Liguria: legge 4 ottobre 2006, n. 28 (Organizzazione turistica regionale); legge 14 novembre 2014, n. 16 (Testo unico in materia di strutture ricettive e norme in materia di imprese turistiche); Regione Marche: legge 11 luglio 2006, n. 9 (Testo unico delle norme re-gionali in materia di turismo); Regione Piemonte: legge 5 marzo 1987, n. 12 (Riforma del-l’organizzazione turistica); Regione Puglia: legge 11 febbraio 2002, n. 1 (Organizzazione turistica regionale); Regione Sicilia: legge 6 aprile 1996, n. 27 (Norme per il turismo); legge 15 settembre 2005, n. 10 (Norme per lo sviluppo turistico della Sicilia e norme finanziarie urgenti); Regione Toscana: legge 20 dicembre 2016 (Testo unico del sistema turistico regio-nale); Regione Umbria: legge 27 dicembre 2006, n. 18 (Legislazione turistica regionale); e legge 12 luglio 2013, n. 13 (Testo unico in materia di turismo e relative modifiche); Regio-ne Valle d’Aosta: legge 15 marzo 2001, n. 6 (Riforma dell’organizzazione turistica regiona-le); Regione Veneto: legge 14 giugno 2013, n. 11 (Sviluppo e sostenibilità del turismo vene-to); legge 4 novembre 2002, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo); Provincia autonoma di Bolzano: legge 18 agosto 1992, n. 33 (Riordinamento delle organiz-zazioni turistiche); Provincia autonoma di Trento: legge 11 giugno 2002, n. 8 (Disciplina del-la promozione turistica in provincia di Trento). Fonti dell’ordinamento internazionale ci-tate nel testo: trattati internazionali (e relative leggi di ratifica) Convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio (CCV), firmata a Bruxelles il 23 aprile 1970, resa esecutiva in Italia, con legge 27 dicembre 1977, n. 1084; Statuto dell’Organizzazione mondiale del turismo (OMT), approvato e reso esecutivo in Italia con legge 27 dicembre 1977, n. 1018; Convenzione europea sulla responsabilità degli albergatori per le cose portate dai clienti in albergo, firmata a Parigi il 17 dicembre 1962, resa esecutiva con la legge 10 giugno 1978, n. 316. Fonti dell’Unione europea citate nel testo. Regolamenti: regolamento n. 1991/295/ CEE, che disciplina il cosiddetto «overbooking», abrogato dal regolamento n. 2004/261/ CE che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato; regolamento n. 1991/3925/CEE, relativo all’eliminazione dei controlli e delle formalità applicabili ai baga-gli a mano e ai bagagli registrati delle persone che effettuano voli intracomunitari nonché ai bagagli delle persone che effettuano una traversata marittima intracomunitaria, abrogato dall’art. 186 del regolamento n. 2008/ 450/CE, istitutivo del codice doganale comunitario; regolamento n. 2011/692/CE, relativo alle statistiche europee sul turismo. Direttive: diret-tiva 1968/367/CEE, in materia di servizi di ristorante e spacci per bevande; direttiva 1968/ 368/CEE, in materia di servizi di albergo e simili e terreni per campeggio; direttiva 1975/ 368/CEE, sulle attività di accompagnatore turistico e di interprete turistico; direttiva 1982/ 470/CEE, relativa alla professione di agente di viaggio e turismo, poi abrogata dalla direttiva 1999/42/CE; direttiva 1990/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» poi abrogata dalla direttiva (UE) 2015/2302; direttiva 2008/122/CE, sui con-tratti di multiproprietà; direttiva (UE) 2015/2302 relativa ai pacchetti turistici ed ai servizi turistici collegati.

Giurisprudenza costituzionale: dopo la revisione costituzionale del 2001, sentt. n. 197 del 2003; n. 424 del 2005; n. 90 e n. 214 del 2006; n. 88 e n. 339 del 2007; n. 51, n. 94, n. 102 e n. 369 del 2008; n. 76 e n. 271 del 2009; n. 132 e n. 278 del 2010; n. 44 del 2011; n. 80 del 2012; n. 194 e n. 311 del 2013; n. 104 e n. 178 del 2014; n. 117 e n. 140 del 2015; n. 1 e n. 21 del 2016.

Bibliografia: a) in tema di fonti del diritto: fra gli studi, ormai «classici», KELSEN H., Ge-neral Theory of Law and State, Harvard University Press, Cambridge (Mass.), 1945, trad. dall’inglese di COTTA S.-TREVES G., Teoria generale del diritto e dello Stato, VI ed. italiana,

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Etaslibri, Milano, 1994; PERGOLESI F., Sistema delle fonti normative, 1949 (ristampa, Giuffrè, Milano, 1973); CRISAFULLI V., Lezioni di diritto costituzionale, vol. II, L’ordinamento costitu-zionale italiano, IV ed., Cedam, Padova, 1984; ZAGREBELSKY G., Manuale di diritto costitu-zionale, vol. I, Il sistema delle fonti del diritto, Utet, Torino, 1988; GUASTINI R., Teoria e dogmatica delle fonti, Giuffrè, Milano, 1998; PIZZORUSSO A.-FERRERI S., Le fonti del diritto italiano. Vol. 1: Le fonti scritte, in SACCO R. (a cura di), Trattato di diritto civile, Utet, Torino, 1998; PALADIN L., Le fonti del diritto italiano, Il Mulino, Bologna, 2000; e fra gli studi recen-ti, PIZZORUSSO A., La problematica delle fonti del diritto all’inizio del XXI secolo, in sito web Ass.it.cost., 2006; RUGGERI A., Fonti, norme, criteri ordinatori. 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1. Sistema delle fonti e disciplina del turismo

Il sistema delle fonti del diritto è oggetto di numerosi e fondamentali studi giuridici a carattere generale (di teoria del diritto, di diritto pubblico e di dirit-to privato), con lo scopo di comprendere quali siano e come possano convive-re le tipologie di produzione del diritto in uno o più ordinamenti giuridici.

Pertanto, la ricerca sul sistema delle fonti prescinde, almeno in linea di prin-cipio, dalle materie di volta in volta disciplinate. Per esempio, lo studio della fonte «legge ordinaria del Parlamento», riguarda essenzialmente il suo procedi-mento di formazione e il suo posizionamento (la sua forza giuridica) nell’ordi-namento italiano, senza considerare la specifica disciplina delle singole leggi.

La materia disciplinata può assumere tuttavia rilevanza, in ipotesi per di-stinguere fasi procedurali, o per stabilire l’autorità legislativa competente: per il primo aspetto, si può rammentare – come esempio – che in «materia eletto-rale» va seguito il procedimento legislativo normale (o per commissione refe-rente) con esclusione del procedimento legislativo (più breve) per commissio-ne deliberante (cfr. art. 72 Cost.); per il secondo aspetto, si può evocare – fra le diverse materie – proprio la materia «turismo», al fine di individuare le rispet-tive aree di competenza normativa delle autorità statali e regionali (in base all’art. 117 Cost. e alle relative disposizioni costituzionali statutarie, in favore delle Regioni speciali e delle Province autonome di Trento e di Bolzano).

La questione dell’autorità competente a produrre disposizioni normative in una data materia si fa però più delicata in presenza di fonti normative di diverso grado e in presenza di più ordinamenti giuridici che sono destinati a convivere:

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a) l’ordinamento statale; b) gli ordinamenti regionali; c) gli ordinamenti degli enti locali; d) l’ordinamento internazionale generale; e) l’ordinamento dell’Unione europea.

2. La distribuzione del potere legislativo nell’ordinamento italiano

2.1. Il «turismo» da materia concorrente a materia residuale regiona-le. Competenza legislativa cosiddetta «piena» o «primaria», anche per le Regioni ordinarie oltre che per le Regioni speciali

La Costituzione, prima della riforma introdotta dalla legge cost. n. 3 del 2001, considerava «turismo ed industria alberghiera» come materia di com-petenza legislativa concorrente: una competenza legislativa regionale (delle Regioni ordinarie), esercitata nei limiti della legislazione statale recante i prin-cipi fondamentali della materia (art. 117 Cost.).

Negli anni, vennero approvate due leggi statali di principio: la legge 17 maggio 1983, n. 217 (legge quadro per il turismo e interventi per il potenzia-mento e la qualificazione dell’offerta turistica); e la legge 29 marzo 2001, n. 135 (riforma della legislazione nazionale del turismo): legge – questa – appro-vata pochi mesi prima della revisione costituzionale che avrebbe condotto le Regioni ordinarie ad affrancarsi dalla legislazione statale di principio.

Con le modifiche apportate alla Costituzione dalla legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3, l’espressione «turismo ed industria alberghiera» è scomparsa dal testo dell’art. 117 Cost.; ma la competenza legislativa regionale in materia di turismo permane ed anzi dovrebbe risultare più ampia.

Se – infatti – prima della riforma costituzionale la legislazione delle Regio-ni ordinarie in materia poteva esprimersi nell’ambito dei «principi fondamen-tali stabiliti dalle leggi dello Stato», ora, in base al «nuovo» art. 117 Cost., es-sa non è più soggetta a tale limite (dei principi fondamentali). Il turismo non compare né fra le materie di esclusiva competenza statale (2° comma), né fra le materie di legislazione concorrente, statale-regionale, per le quali la deter-minazione dei principi fondamentali resta attribuita allo Stato (3° comma); rientra invece fra le materie residuali (innominate) del 4° comma, secondo cui «spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato». In altre parole, per ogni materia che non sia riservata allo Stato, in via esclusiva (2° comma) o per la determinazione dei principi fondamentali (3° comma), la competenza legi-slativa è delle Regioni che la esercitano senza essere soggette alla legislazione statale di principio (valevole per le materie del 3° comma; non per le materie ascrivibili al 4° comma, dell’art. 117 Cost., fra cui «il turismo»).

Dopo la riforma costituzionale del 2001, la Corte costituzionale ha avuto modo – del resto – di affermare (nella sent. n. 197 del 2003, proprio in riferi-mento alla legge n. 135 del 2001) che, «a decorrere dall’entrata in vigore del

«Turismo», prima della

riforma cost. del 2001:

competenza legislativa

concorrente

«Turismo», dopo la

riforma cost. del 2001:

competenza legislativa

cosiddetta «piena»

regionale

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nuovo Titolo V della Costituzione, le Regioni ben possono esercitare in mate-ria di turismo tutte quelle attribuzioni di cui ritengano di essere titolari, ap-provando una disciplina legislativa, che può anche essere sostitutiva di quella statale» di principio. La Corte parla di potestà legislativa regionale (delle Regioni ordinarie) piena o esclusiva, in materia di turismo, alla pari della po-testà legislativa che nella stessa materia è attribuita alle Regioni speciali sin dall’origine, ovvero dall’approvazione delle relative leggi costituzionali statu-tarie che collocano il turismo fra le materie di potestà legislativa regionale (e delle due Province autonome di Trento e di Bolzano) di tipo primario (v. art. 4, n. 10, legge cost. n. 1 del 1963, per il Friuli-Venezia Giulia; art. 3, lett. p, legge cost. n. 3 del 1948, per la Sardegna; art. 14, lett. n, legge cost. n. 2 del 1948, per la Sicilia; art. 8, n. 20, t.u. leggi cost. n. 670 del 1972, per il Trenti-no-Alto Adige; art. 2, lett. q, legge cost. n. 4 del 1948 per la Valle d’Aosta).

Ciò nonostante, in questi anni sono state approvate ulteriori discipline legi-slative statali, apparentemente in contraddizione con la nuova (per le Regioni ordinarie) collocazione costituzionale della materia; ma la stessa Corte costitu-zionale ha ritenuto di giustificare gli interventi legislativi statali, in riferimento ai principi costituzionali di sussidiarietà ed adeguatezza per il conferimento delle funzioni amministrative, espressi dall’art. 118 Cost. (v. infra, par. 2.5).

2.2. Limiti alla potestà legislativa delle Regioni, ordinarie e speciali. Gli ambiti della disciplina statale: discipline privatistiche, penalisti-che, processuali del turismo

Si deve avvertire che anche nell’esercizio della potestà legislativa più este-sa, cosiddetta piena o esclusiva (consentita dal 4° comma dell’art. 117 Cost., non soggetta al limite dei principi fondamentali) o primaria (in base alle leggi costituzionali statutarie, in favore delle Regioni speciali), i legislatori regiona-li (e delle due Province autonome di Trento e di Bolzano) incontrano tutta-via dei limiti che trovano fondamento nel testo costituzionale.

All’interno delle stesse leggi statali di principio possono annidarsi norme che si configurano come limite diverso, idoneo a comprimere anche la più am-pia potestà legislativa regionale. Si può offrire l’esempio della legge cornice n. 217 del 1983 la cui disciplina, destinata a valere per tutte le Regioni, venne im-pugnata di fronte alla Corte costituzionale da una parte delle Regioni specia-li, non soggette – si ripete – già prima della riforma costituzionale del 2001, alla legislazione statale di principio in materia di turismo, data la collocazione del turismo (nelle relative leggi costituzionali statutarie) fra le materie di competen-za regionale di tipo primario (competenza cosiddetta «piena» o «esclusiva»). La Corte costituzionale (seppure attraverso un impianto argomentativo alquanto forzato: v. R. Bin, 1987, 216-217) condusse, infatti, la legge n. 217 del 1983 tra le fonti legittimate a limitare anche la competenza regionale cosiddetta «piena» (allora delle sole Regioni speciali). La sent. n. 195 del 1986 riconobbe alla disci-plina legislativa statale la funzione di indirizzo e coordinamento (che vincolava tutte le Regioni), in considerazione della dimensione degli interessi «in gioco»

Per le Regioni speciali, competenza legislativa «piena», già con l’approvazione dei relativi statuti

Limiti anche alla competenza legislativa regionale piena o primaria

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ritenuta ultraregionale, prescindendo – fra l’altro – dalla natura delle norme, che in parte potevano essere intese come norme di dettaglio, non di principio (e che perciò erano state impugnate anche da una Regione ordinaria).

Se, dopo la riforma costituzionale del 2001, l’interesse «ultraregionale» o interesse nazionale non dovrebbe funzionare più – di per sé – come limite del-la competenza legislativa regionale, restano tuttavia altri limiti che circoscrivo-no anche la potestà legislativa regionale più ampia o estesa (consentita dal 4° comma dell’art. 117, riformato, della Cost.; e dalle leggi costituzionali statuta-rie per le Regioni speciali): potestà regionale che quindi può essere qualificata solo convenzionalmente come «piena» o «esclusiva» (per distinguerla dalla po-testà concorrente nelle materie del 3° comma dell’art. 117 Cost.).

Nella materia «turismo» come in ogni altra materia di competenza regio-nale (ex 4° e 3° comma dell’art. 117 Cost.), rilevanti ambiti disciplinari resta-no infatti di esclusiva competenza della legislazione statale: il diritto privato (per esempio la disciplina del contratto d’albergo e del contratto di viaggio, nonché la recente legge n. 124 del 2017, commi 47° e 48° dell’art. unico, sull’impiego del credito telefonico per il pagamento dei biglietti di accesso ai luoghi della cultura), il diritto penale (per esempio, le norme contro il tu-rismo sessuale in danno dei minori), le norme giurisdizionali (l’art. 117, 2° comma, lett. l, Cost., riserva infatti alla legislazione statale l’ordinamento ci-vile e penale; la giurisdizione e le norme processuali) (E. Minnei, 2010).

2.3. L’ambito della disciplina regionale: disciplina di diritto ammini-strativo del turismo

L’ambito della disciplina regionale resta quindi (per esclusione, si direb-be) quello del diritto amministrativo (ma senza il versante della «giustizia am-ministrativa» che pure rimane di competenza esclusiva del legislatore statale: v. ancora 2° comma, lett. l, dell’art. 117 Cost.). E va aggiunto che anche l’area disciplinare del diritto amministrativo sostanziale – l’unica autenticamente di piena competenza della legislazione regionale (per la disciplina dell’azione delle pubbliche amministrazioni in vari settori: promozione turistica del terri-torio, controlli sulla qualità delle imprese turistiche, sulla capacità professio-nale degli operatori, ed altro) – tende ad essere corrosa da interpretazioni delle disposizioni costituzionali destinate a ridurre l’autonomia regionale.

Per un verso, la disciplina di taluni settori amministrativi del turismo vie-ne condotta presso altre materie contigue dell’art. 117 Cost. in cui lo Stato mantiene competenza legislativa in via concorrente (come per la disciplina delle professioni o dell’urbanistica/governo del territorio, o per «la valorizza-zione dei beni culturali ed ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali»: v. 3° comma) o addirittura esclusiva (come per la disciplina della «tutela della concorrenza» o della «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali»: v. 2° comma, lett. e) ed s).

Limite del diritto privato,

del diritto penale e delle

norme giurisdizionali (ordinamento

civile e penale; giurisdizione e

norme processuali)

Legislazione regionale di

diritto amministrativo

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Per altro verso, l’esigenza di allocare talune funzioni amministrative (pure in materia di turismo) a livello statale, secondo il principio di sussidiarietà (art. 118, 1° comma, Cost.), per (asserita) inadeguatezza dei livelli ammini-strativi degli enti territoriali ad esercitare la funzione («attitudine ascensiona-le» del principio di sussidiarietà), implica l’esercizio da parte dello Stato an-che della (relativa) funzione legislativa, «giacché il principio di legalità impo-ne che anche le funzioni assunte per sussidiarietà siano organizzate e regolate dalla legge statale», escludendo «che le singole Regioni con discipline diffe-renziate, possano organizzare e regolare funzioni amministrative attratte a li-vello nazionale» (come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza «ca-postipite» sull’art. 118, 1° comma, Cost., riformato: sent. 1° ottobre 2003, n. 303) (per applicazioni, in materia di turismo, v. infra, par. 2.5).

2.4. I settori in cui si compone il turismo come materia legislativa re-gionale

Prima della riforma costituzionale del 2001, la consistenza della materia «turismo» (allora di tipo concorrente, per le Regioni ordinarie) era stata de-terminata essenzialmente dai decreti legislativi di devoluzione di funzioni am-ministrative dallo Stato alle Regioni (il d.lgs. 14 gennaio 1972, n. 6; il d.lgs. 24 luglio 1977, n. 616; e più di recente il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112) e dalle leggi statali di principio, chiamate anche leggi quadro o cornice (la legge 17 maggio 1983, n. 217; e, poco prima della riforma costituzionale, la legge 29 marzo 2001, n. 135).

La materia si componeva così di più settori di disciplina. Possono essere principalmente rammentati: il settore della promozione e dell’accoglienza tu-ristica; il settore delle attività di ricezione turistica (alberghiere ed extralber-ghiere); il settore delle professioni turistiche; il settore delle imprese di pro-duzione, organizzazione ed intermediazione di viaggi; il settore delle associa-zioni senza scopo di lucro a fini turistici.

Con l’art. 117 Cost. riformato va riconsiderata la consistenza della materia. Si deve cercare di chiarire se ogni settore disciplinare del turismo, già di

competenza concorrente, sia confluito nell’alveo della competenza cosiddet-ta piena o esclusiva regionale (non soggetta alla legislazione statale di princi-pio); o se, invece, taluni settori disciplinari si siano staccati dalla materia turi-smo, per entrare a far parte di altra materia, fra quelle elencate dal «nuovo» art. 117 Cost. (nel 2° e 3° comma).

In questo secondo senso, della migrazione della disciplina dalla materia «turismo» ad altra materia, si può indicare il settore delle professioni turisti-che, che, in presenza, ora, della materia concorrente delle professioni (art. 117, 3° comma, Cost.), ed in base alla configurazione che è stata data a questa ma-teria dalla Corte costituzionale in varie pronunce (n. 353 del 2003; nn. 319, 355, 405, 424 del 2005; nn. 40, 153 del 2006), è in essa confluito, staccandosi pertanto dalla materia «residuale regionale» del turismo (M. Renna, 2001, 1199-1200 e 1205 ss.). Questa collocazione è stata nettamente confermata

Sottrazione di competenza legislativa regionale, di diritto amministrativo, in applicazione del principio di sussidiarietà nell’allocazione delle funzioni amministrative

I settori di disciplina

Il settore delle «professioni turistiche» non fa più parte della materia legislativa del turismo

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dalla successiva giurisprudenza costituzionale, secondo cui «l’attribuzione del-la materia delle “professioni” alla competenza dello Stato […] prescinde dal settore nel quale l’attività professionale si esplica e corrisponde all’esigenza di una disciplina uniforme sul piano nazionale che sia coerente anche con i principi dell’ordinamento comunitario» (Corte cost., sentt. n. 222 del 2008 e n. 271 del 2009, che dichiara l’illegittimità costituzionale della disciplina le-gislativa regionale dell’Emilia-Romagna, istitutiva «di una nuova professione di “animatore turistico”»). Del resto, già prima della riforma costituzionale in due pronunce relative alle leggi cornice statali sull’ordinamento delle pro-fessioni turistiche di guida alpina e di maestro di sci, la Corte costituzionale induceva a segnare una diversa, particolare collocazione per le professioni turistiche, sia per l’interferenza con altra materia (allora) di competenza con-corrente («istruzione professionale»), sia per la presenza di caratteri ordina-mentali comunque riservati alla legislazione statale («istituzione di albi profes-sionali», «standards minimi di bagaglio tecnico-culturale», v. rispettivamente sent. n. 372 del 1989, p. 3, considerato in diritto; e sent. n. 360 del 1991, p. 3, cons. dir.), così configurando un limite valevole anche per le Regioni speciali e le Province autonome di Trento e di Bolzano, malgrado la loro competenza primaria in materia di turismo (accompagnata proprio dai settori delle guide e dei portatori alpini, dei maestri e delle scuole di sci: v. art. 8, n. 20, d.p.r. n. 670 del 1972, t.u. delle leggi costituzionali statutarie per il Trentino A.A.).

Più di recente, la Corte costituzionale ha ribadito il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali del settore turistico, con i relativi pro-fili e titoli abilitanti, costituisce un limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale ed è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato (cfr. le sentt. n. 132 del 2010, relativa alla legge della Regione Puglia n. 37 del 2008 istitutiva delle figure di interprete turistico, operatore congressua-le e guida turistica sportiva; n. 178 del 2014, che ha annullato alcune disposi-zioni del Testo unico della Regione Umbria in materia di Turismo relative al direttore tecnico di agenzia di viaggio e alla guida turistica; n. 117 del 2015, riguardante la legge della Regione Campania n. 16 del 2014 istitutiva delle fi-gure professionali di guida archeologica subacquea e interprete turistico).

Ancora, nel senso del passaggio dalla materia «turismo» ad altra materia, si può indicare il particolare settore della «organizzazione delle attività spor-tive di base o non agonistiche e della realizzazione dei relativi impianti e at-trezzature», che faceva parte della materia «turismo» come individuata dal d.lgs. n. 616 del 1977, di trasferimento delle funzioni amministrative alle Re-gioni (v. art. 56, 2° comma, lett. b, d.lgs. n. 616 del 1977 e sul punto Corte cost. sent. n. 517 del 1987), e che ora, in relazione all’art. 117 Cost. riformato nel 2001, trova collocazione nella materia ordinamento sportivo, di compe-tenza concorrente, statale-regionale (art. 117, 3° comma, Cost.), come ha in-dicato la Corte costituzionale nella sent. n. 424 del 2005 (punti 8.1, 8.2, del considerato in diritto).

Ma la presenza nell’art. 117 Cost. di un diretto riferimento lessicale (co-me nel caso delle «professioni» rispetto alle «attività professionali turistiche»