VINCENZINO NEWS DICEMBRE 2012 - Istituto … Gentili genitori, cari fanciulli, per il terzo anno...

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1 VINCENZINO NEWS DICEMBRE 2012

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VINCENZINO NEWS DICEMBRE 2012

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Gentili genitori, cari fanciulli, per il terzo anno consecutivo prende le mosse quello che è ormai

una tradizione della nostra scuola : il “Vincenzino news”. Nonostante i venti di questa crisi, che

non è solo economica, ma anche morale e sociale, quest’ anno scolastico si è avviato con serenità

e con sincera voglia di lavorare con i nostri alunni e di educare nello spirito di Santa Giovanna

Antida. Il nostro impegno si profonde sempre di più perché i nostri giovani crescano con spirito di

giustizia, di solidarietà e con sincera fede, affinché siano portatori di sani valori nella società del

domani. A questo augurio aggiungo anche quelli natalizi: un santo Natale a voi e ai vostri cari.

Il Preside Luciano Bonacini

Cari lettori e lettrici del Vincenzino news,

ben ritrovati! E’ tempo di bilanci e di riflessioni, non solo perché la fine del 2012 si avvicina, ma

perché il nostro giornalino è giunto al suo terzo anno di edizione! Sono orgogliosa della redazione e

del lavoro svolto dalla “mitica” III A; con impegno e costanza, incalzati dalla sottoscritta, i miei

giovani alunni hanno saputo gestire e pubblicare ben otto numeri, ma quest’anno devono

affrontare una prova ancora più impegnativa ed importante: l’esame di stato! E’ giunto quindi il

momento di passare il testimone di questa bella e significativa esperienza ad altri compagni cioè

gli alunni della II A. Auguro a questi ultimi e alla professoressa Barone che li supervisionerà,

come ho fatto io per due anni, di appassionarsi e lavorare con curiosità ed impegno alla

realizzazione del giornalino perché possa essere una interessante testimonianza della vita

scolastica del nostro istituto.

Buon lavoro e buon anno a tutti voi!

...e naturalmente buona lettura!!!

Con affetto la prof Stefania Guglielmino

….ed eccoci pronti a cogliere il testimone e la sfida. Noi alunni di seconda A porteremo tutto il

nostro entusiasmo ed impegno in questo lavoro stimolante e foriero di nuove esperienze.

Questo nostro giornalino seguirà le orme dei nostri predecessori, pur apportando qualche novità:

ci saranno i resoconti delle uscite e le interviste, sarà inoltre presente il testo narrativo ad opera

della terza A, invece, le novità che apportiamo sono le inchieste sui monumenti religiosi della

nostra città e incominceremo con un articolo sulla Chiesa della Ghiara, inoltre vorremmo

abituarvi alle recensioni dei libri che abbiamo letto ed infine forniremo grazie alle carte d’identità

qualche piccola informazione sui nostri professori etc....

L’obiettivo del giornalino è quello di finanziare una novità della nostra scuola, ossia il registro

elettronico, e a proposito di novità tecnologiche , presto ci potrete seguire sul nostro sito

https://sites.google.com/site/vincenzinonewsweb

Buona Lettura e un Santo Natale.

La seconda A

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Chi mi parlerà sottovoce di Dio? Ancora una volta è Natale: una festa che ancora oggi in Occidente coinvolge in qualche modo tutti.

Certo, Natale è innanzitutto la festa di chi si dice cristiano, ma per tutti è il tempo della pace,

della concordia, dell’amicizia ritrovata o da ritrovare. Questo è il grande desiderio.

Chi mi parlerà sottovoce di Dio? E’ la domanda che una bambina fece al suo parroco, lasciandolo

sorpreso e senza parole… Forse, Dio oggi cerca di parlarci sottovoce…Lui sa che una parola detta

sottovoce può raggiungere più facilmente la profondità dei nostri cuori, se riusciamo a tenerli

aperti e sensibili.

Gesù, il figlio di Dio, nasce sottovoce, lungo la strada, fuori dalla città di Betlemme, semplice

villaggio ai margini dell’Impero e della terra santa d’Israele, cercato e trovato da semplici, dopo

aver raccolto quella voce degli angeli, ben strana alle loro orecchie e lasciate le loro greggi, cercano

l’Atteso delle genti là in qualche riparo d’emergenza.

Attraverso il Mistero dell’Incarnazione, Dio sceglie di entrare nella nostra storia con passo

silenzioso, sottovoce, normale, proprio come ogni essere umano , sceglie la via dell’ordinarietà e

non quella della spettacolarità.

Dio si è fatto uomo, ma anche l’uomo è stato fatto Dio in quella nascita a Betlemme: questa è la

buona notizia, il vangelo del Natale. Ecco Natale è la festa che i cristiani vivono nello stupore

sempre rinnovato di accostarsi a un Dio che si è fatto uomo, prossimo a noi, che è venuto a stare

in mezzo a noi , a condividere le nostre semplici vite , a soffrire delle nostre fatiche e a gioire delle

nostre gioie. Proprio per questo Natale è anche la festa di quanti, anche senza riconoscere in quel

figlio di un’umile coppia di Nazareth il figlio di Dio, perseguono vie di pace, di riconciliazione, di

perdono per vivere insieme nella solidarietà e rendere così questo mondo migliore e più abitabile.

Uomini di buona volontà sono quelli che non si abituano al male della guerra , del terrore, della

violenza, quelli che non si sottraggono alle esigenze dell’amore e della comunione , quelli che

senza ostentazione sanno perdonare e vorrebbero che il perdono non fosse solo una disposizione

personale, ma diventasse anche un’opera di tutti.

Si a natale stringiamoci attorno a questi uomini e a queste donne di pace: ci scopriremo tutti più

vicini tra noi e i cristiani vedranno il volto del loro Dio che si è fatto vicino all’umanità che ama.

A cura di Don Daniele Bassoli

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Uscita didattica ai Musei Civici

Il giorno mercoledì 17 ottobre la classe 1ª B è andata ai Musei Civici per una uscita didattica che

trattava l’argomento del mito. Insieme alla classe erano presenti la prof. Sormani e la prof. Pisi.

In un primo momento ci siamo diretti nella cosiddetta “sala dei marmi”in cui erano in mostra vari

reperti, soprattutto mosaici o parti di chiese o di antiche costruzioni. Giulia, la nostra guida, ci ha

spiegato che il mito è un racconto fantastico che serviva agli antichi per dare una spiegazione a

fenomeni umani incomprensibili.

Chi si occupa di tramandare i miti erano gli aedi, che si servivano della musica per narrare le

gesta di dei e eroi. Giulia, poi, ci ha mostrato un frammento di una colonna di una chiesa

medievale. Vi erano rappresentate due sirene, che reggevano la propria coda di pesce. In origine,

le sirene erano esseri umani con la testa di donna e il corpo di uccello, ma nel Medioevo venivano

rappresentate con la coda di pesce, perché confuse con le “mermaid” termine inglese che significa

appunto “ donna di pesce”. In entrambi i casi erano personaggi malvagi.

In antichità rappresentare i personaggi dei miti con particolari simboli aiutava a distinguerli:

basta pensare ad Ercole, raffigurato con la clava e la pelle del leone Nemeo, la sua prima fatica.

Quindi ci siamo spostati nella sala della collezione romana in cui Giulia ci ha mostrato le erme,

ovvero rustiche si usavano per abbellire i giardini. Nell’ erma bifronte sono rappresentati Bacco e

Arianna, che sono citati nel mito del filo d’ Arianna.

Nei corridoi del museo vi sono varie vetrine. Quella che ci ha indicato Giulia conteneva alcuni vasi

“rossi” su cui si potevano distinguere figure rosse e vasi neri su cui si potevano vedere figure

nere. Il fatto che sembrino dipinte deriva da un ‘ illusione ottica. In realtà sono stati usati due tipi

d’ argilla per far emergere le figure .

In uno di questi si poteva notare una civetta simbolo di Atene, la dea della sapienza, nata dalla

testa di Zeus. In un altro era raffigurato un cane, simbolo di fedeltà tra due coniugi: il marito e

moglie erano molto uniti.

Era consuetudine nell’antichità rappresentare animali o oggetti per esprimere un concetto.

Sempre nella stessa vetrina erano conservate delle statuette in bronzo che ritraevano Ercole, che

era il culto dei ceti più bassi in quanto considerato dio inferiore.Queste statuette ci rimandano

subito agli odierni santini. Al piano di sopra c’erano varie vetrine. E’ stato ritrovato il corredo

funerario di una donna, con varie collane in ambra. Gli antichi spiegavano la nascita di questo

materiale con il mito di Fetonte, Apollo e il carro del sole. Alla fine del corridoio erano presenti

due cippi funerari, uno destinato ad un principe e l’ altro ad una principessa dell’ odierna

Rubiera. I cippi funerari erano dei blocchi di pietra usati per segnalare le tombe di personaggi

importanti, la parte superiore era scolpita con figure feroci per scacciare i profanatori e la parte

inferiore era liscia, perché piantata nel terreno come le lapidi di oggi. In uno era rappresentata

una sfinge, segno che questo popolo aveva commerciato anche con gli Egiziani. La Sfinge è

presente anche nel mito di Edipo.

Ho trovato questa uscita piacevole e interessante, grazie alla quale ho approfondito le mie

conoscenze e ne ho acquisite delle nuove. In collaborazione: Maddalena Barbolini.

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La classe Seconda A a Reggio nell’epoca del Rinascimento.

La classe seconda A,il giorno 29 ottobre 2012,si è recata al museo Spallanzani di Reggio Emilia, per un incontro sul tema “il Rinascimento”. Appena arrivati, abbiamo fatto conoscenza della gentilissima guida, la signora Renza Grossi, che subito ci ha condotti in una sala molto grande, dove vi era una cartina del centro storico di Reggio e dei cuscini attorno, così noi ragazzi ci siamo sistemati comodamente. La guida ha parlato molto della storia di Reggio; anzitutto dobbiamo sapere che fu fondata dal celebre Marco Emilio Lepido,intorno all’anno zero e che era una città romana. Attorno all’anno Mille, Reggio si allarga e si costruiscono le mura attorno la città. La forma della città è quella di una mandorla a sei “fazze”; nel Medioevo, questa era la prova che quella città era protetta da Dio. Nell’arco di tempo che parte dall’anno zero al 1336, la nostra città fu libera. Ma nel 1336,iniziò una grave crisi e la città venne venduta ai signori di Modena: i Gonzaga. E qui inizia quello che chiamiamo Rinascimento per Reggio. I Gonzaga modificarono molto Reggio e costruirono la cittadella, un borgo fortificato ove potevano entrare solo loro: senza un’autorizzazione non poteva entrarvi nessuno. Fecero anche costruire la “Porta del Soccorso” vicino il palazzo, una porta d’emergenza per uscire dalla città. I reggiani odiarono molto i Gonzaga, perché con il loro dominio era finita l’autonomia comunale. Nel 1409 venne venduta agli Este, i signori di Ferrara. Appena arrivati,gli Este costruiscono un teatro nella cittadella e iniziarono a “migliorare” Reggio.

I reggiani riconoscenti costruirono e decorarono le loro case. Nel ‘500,passa al trono un nuovo duca d’Este, ma il Papa toglie loro le terre e così gli Este non governarono più Reggio, ma il governo della città passò agli Estensi, che facevano parte dello stesso ramo degli Este. Nel Rinascimento, Reggio era ricca grazie all’agricoltura, all’allevamento e alla produzione di ceramica da tavola, ma era famosa anche per la produzione delle spade e della seta. La produzione delle spade, però viene accantonata dopo le invenzioni delle armi da fuoco. La seta, viene introdotta da Lucrezia Borgia, che ha fatto scoprire ai reggiani l’allevamento del baco da seta. Con questo filato prezioso ,si producevano abiti e scarpe con ornamenti d’oro e d’argento. Nelle teche del museo erano presenti anche dei campionari,che la nostra guida ci ha mostrato. I sarti, ma anche gli orefici, usavano un bilancino speciale per pesare oro e perline. Gli orefici si occupavano inoltre di numismatica e di materiali religiosi . Finita la spiegazione che riguardava la storia, la signora Grossi, ci ha condotto a San Prospero, costruita nel 1517, il cui prospetto è realizzato con mattoni rossi. Sul sagrato vi sono i leoni stilofori , ossia che reggono le colonne, ma queste non sono mai state collocate. Per decorarla all’interno viene chiamato l’artista Camillo. Questi però,riceve molti messaggi dal padre e dal fratello per andare a Milano con loro, ma Camillo risponde sempre negativamente. Alla fine l’artista si convince e raggiunge i familiari a Milano, ma non tornò molto presto. Per terminare il lavoro, viene ingaggiato Campi Bernardino, ma non è molto bravo. Prima di terminare il lavoro, Bernardino muore. Così,Camillo decide di tornare. Per completare il lavoro ci vogliono in tutto 13 anni. La nostra guida ci ha conotto dietro l’altare della chiesa, ove vi sono molti affreschi che raffigurano il Giudizio universale, notiamo che è presente la prospettiva, e la cosa è tipica rinascimentale. Una volta usciti, la signora Grossi ci ha guidati in Via Emilia di fronte a un palazzo rinascimentale. Le case rinascimentali solitamente sono disposte su due piani e al secondo di questi vi era una loggetta. Vi erano anche delle porticine molto piccole per i servi. Tutto il prospetto era stato costruito seguendo le leggi della matematica e e della geometria. All’esterno vi sono delle colonne con capitelli uguali a foglie d’acqua. Il palazzo è molto bello e armonioso e

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testimonia la grazia e l’eleganza che Reggio raggiunse nell’epoca rinascimentale. L’uscita è terminata e siamo tornati a scuola con la consapevolezza che viviamo in una città che ha ricoperto nel passato una certa importanza sia per l’economia, ma anche per la cultura e l’arte.

A cura di Helena Corso e Francesco Andrea Zigni.

I ragazzi di seconda A alla scoperta dei doni di Colombo.

12 novembre 2012 Caro diario, chi ti parla siamo noi: Francesco Zigni e Helena Corso. Oggi, siamo andati al museo Spallanzani per scoprire le novità che Cristoforo Colombo ha portato dall’America. Dopo aver posato giacche e borse,ci siamo recati in una stanza, dove sulla parete di destra, vi erano molte sculture. All’inizio del corridoio, sempre a destra, vi era un tavolo nero (l’area, in cui ci trovavamo, si chiama “Museo Chierici di Paleontologia”). Ci siamo tutti seduti attorno al tavolo e abbiamo iniziato a prendere appunti. La nostra guida si chiama Giada Pellegrini e ha un linguaggio semplice , ma allo stesso tempo, molto veloce. Prima di tutto abbiamo scoperto una nuova parola: etnografico significa ciò che raccoglie lo studio di popolazioni diverse, dal punto di vista culturale. Poi la guida ci ha mostrato un tavolinetto dove si trovavano gli alimenti che vengono dall’America e che sono la cioccolata, il pomodoro, la patata, il mais, la manioca, i fagioli e il topinambur. La cioccolata si ricava dal cacao e ha delle particolarità molto importanti, infatti già in antichità, essa si usava come bevanda con l’aggiunta di vaniglia, usata come aromatizzante.

Del pomodoro sappiamo solo che era considerato un frutto e che era anche usato come pianta ornamentale, così come la patata che era comune nelle Ande. Il topinambur è un tubero (nome originale Topinanbùr del Brazil), nell’antichità, se si univa al carciofo e alle castagne si otteneva un sapore molto delicato. Per quanto riguarda gli allevamenti di animali , presso il nuovo Mondo , non era molto diffuso a parte quello dei tacchini. La guida ci ha anche parlato dei sacrifici umani che venivano praticati presso gli Atzechi. Poi, abbiamo assaggiato alcuni alimenti e abbiamo raccolto i commenti di alcuni nostri compagni. Il primo frutto che abbiamo assaggiato è stato l’avocado, che è verde e un po’ giallognolo, e adesso viene usato per oli, cosmetici, bagnoschiuma,ecc… Secondo noi (Francesco e Helena) sa di acrilico, è troppo oleoso e grasso per essere buono. Carlo conferma che l’odore ricorda l’amuchina o la zucca. Anche Mattia non gradisce molto l’avocado perché è davvero molto grasso. Secondo Lisa invece, è buono e dolce. E’ arrivato il turno del mango, che è invece arancione. Noi due non lo troviamo né buono né dal sapore sgradevole, una specie di cinquanta e cinquanta. Lisa lo trova addirittura buonissimo, ma Carlo è pronto a smentire. Secondo lui sa di…dentista, o meglio di attrezzi da dentista,il sapore è lo stesso. Per

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Mattia la definizione è:frutto esotico molto dolce,quindi ha gradito.Tocca alle arachidi, che crescono sotto terra, dalle radici di arbusto e abbiamo pensato che i nostri compagni le abbiano gradite molto, perché quando è passata la nostra professoressa con un cestino piccolo, contenente le arachidi tutti le si sono avventati addosso. Sfortunatamente, poi ci siamo alzati e abbiamo lasciato l’angolo cibo, per recarci in un corridoio che porta alla parte del museo ove vi sono gli animali. Lungo il corridoio vi sono delle vetrine con oggetti delle civiltà che secoli dopo altri esploratori hanno trovato. La guida ci ha parlato del popolo dei kikuju che avevano oggetti cerimoniali, perché ogni parte della vita (dalla nascita, alla morte) veniva caratterizzata da rituali. Nel popolo dei kikuju, ognuno aveva un ruolo. Portavano copricapo e gonnellini e vi era un apposito polsiere femminile, per le donne che in breve si dovevano sposare.Vi erano delle asce con decorazioni sul manico e i guerrieri avevano tatuaggi sul corpo,che raccontano le loro storie. Molto presente era la pittura. Le donne e i bambini avevano le mani e le gambe tatuate, mentre gli uomini avevano il torace tatuato. Vi erano anche dei piercing, alcuni li mettevano in bocca, altri nell’orecchio, ma il buco si allargava molto.Soprattutto le donne portavano orecchini, perché si voleva porre in evidenza l’abitudine delle donne all’ascolto. Per gli strumenti venivano usati dei materiali naturali ad esempio il legno, ma anche le piume variopinte degli uccelli, inoltre vi erano anche dei flauti fatti di osso. Vi era un rituale chiamato “Iticunas”,che era una prova dolorosa che serviva per dimostrare che un ragazzo o una ragazza era diventato adulto/a. Ad esempio:le ragazze venivano isolate in un recinto,che veniva circondato e aggredito dagli uomini mascherati del clan. Il capo-famiglia doveva entrare,prendere la ragazza e portarla a casa.In segno di devozione,la ragazza doveva mettersi a terra e le venivano strappati i capelli. Per un ragazzo,invece,le prove erano legate al coraggio;come portare un nido di vespe fino ai saggi. Presso i popoli precolombiani ,si mangiavano foglie di coca,che erano amare e servivano per togliere alla persona il senso di stanchezza e fame. Una cosa che è interessata a molti sono state le tsansa,che erano le teste dei nemici sconfitti,che venivano rimpicciolite e appese al collo del vincitore. I popoli che praticavano quest’uso pensavano così di prendere il coraggio e le virtù della vittima. Un’altra cosa che abbiamo trovato interessante è stata la canoa usata per pescare nel Rio delle Amazzoni. Alla fine è arrivato il momento dei saluti e dei ringraziamenti e ci siamo recati a scuola sotto la guida dei professori Barone e Bortoluzzi. La giornata ci è piaciuta tanto, soprattutto quando abbiamo mangiato… Ora noi andiamo,a presto!

A cura di Helena Corso e Francesco Andrea Zigni.

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Le giovani generazioni reggiane abbracciano l’Africa

In prima fila da sinistra Alice, Arianna e Stefano

Reggio Emilia. Nella giornata contro la pena di morte, gli studenti incontrano il vice presidente

della Repubblica Sudafricana Kgalema Motlanthe.

Il giorno 10 ottobre, giornata internazionale contro la pena di morte, la città di Reggio Emilia ha

avuto l’onore di ospitare Kgalema Motlanthe, vice presidente dello stato del Sudafrica e

dell’African National Congress (ANC), il principale partito del paese, nato dalla lotta contro

l’apartheid. Reggio è stata tra le prime città a costituirsi “Forza contro l’apartheid” già negli anni

Sessanta, grazie al sindaco Soncini, che promosse una serie di ininterrotti rapporti con i Paesi

Africani. Questa visita è avvenuta quindi per celebrare anche i 35 anni di rapporti di

collaborazione tra Reggio e la Repubblica Sudafricana.

Nella Sala del Tricolore una delegazione sudafricana, le istituzioni della città ed alcuni alunni di

scuole medie e superiori, tra cui noi della terza A, si sono ritrovati per celebrare i patti di amicizia

tra la nostra città e lo stato sudafricano.

In questa occasione Patrizio Bianchi, assessore all’istruzione della regione Emilia-Romagna, ha

tenuto un discorso sulle scuole emiliane e nello specifico su quelle reggiane, che investono molto

nell’istruzione dei propri ragazzi. Ha illustrato inoltre realtà come Reggio Children ed il Centro

Internazionale Loris Malaguzzi , enti che rivestono un ruolo attivo nella sensibilizzazione ai

problemi razziali. Spesso con la crescita economica un paese perde l’attenzione sulla “questione

vita” e verso i cittadini per soffermarsi su speculazioni finanziarie: “Dobbiamo recuperare la

Buona Economia”, ha affermato Bianchi, “quella incentrata sul rispetto delle persone e sugli

ambienti in cui si sviluppano i tessuti sociali”. E’ però stato sottolineato che solo in un paese

fiorente e sviluppato i Diritti dell’uomo possono essere rispettati perché, dove c’è povertà, questi

vengono calpestati in nome di quella ricerca infinita dello sviluppo economico.

Ha preso poi la parola per dare il benvenuto a tutti gli ospiti, il sindaco Del Rio che ha ricordato

inoltre il ruolo della nostra città come sede del tavolo di coordinamento Reggio-Africa e promotrice

di numerose iniziative e scambi con lo stato sudafricano che riguardano l’economia, l’educazione,

la salute, la cooperazione e l’editoria. Espletate tutte queste formalità, la parola è passata agli

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studenti che hanno rivolto delle domande direttamente in lingua inglese al vicepresidente del

Sudafrica.

Le domande formulate da noi alunni della San Vincenzo e le relative risposte del vicepresidente

sono state le seguenti :

1) Which role has faith played in your life? (Quale ruolo ha avuto nella sua vita la fede?)

Motlanthe è cresciuto in una famiglia Cristiana praticante. Nella comunità dove viveva vi

era un monastero che si era reso totalmente autosufficiente e i cui monaci furono i primi,

negli anni trenta, ad aprire una scuola dove sia bianchi che neri potevano studiare.

Proprio la famiglia Motlanthe partecipava alle cerimonie religiose di quel monastero, per

cui Kgalema frequentò quella stessa scuola dove si diplomarono diversi alunni che ebbero

un ruolo attivo nel combattere l’apartheid ed altre cariche istituzionali nel Sudafrica.

Inoltre il dirigente di quella stessa scuola (un monaco) si ritrovò a capo di un circolo “anti-

apartheid” e in seguito venne nominato vescovo.

Questa esperienza ha lasciato un segno profondo nella vita del vice presidente, perché per

la prima volta ha visto convivere bianchi e neri pacificamente e senza gerarchie.

La sua consapevolezza politica deriva da un libro scritto da un arcivescovo che spiegava

che chi era salito al potere (nella zona di Soweto) aveva sradicato le tradizioni dei nativi

sudafricani e li aveva espropriati dei loro averi, riducendo la loro identità, quindi la loro

libertà, ad un livello minimo, perché si prediligeva la razza bianca.

Nel 1954 con l’entrata in vigore l’educazione BANTHU, riservata ai neri, perché ritenuta

adatta a chi doveva avere conoscenze minori si attuava un’altra forma di discriminazione,

perché chiunque avesse ricevuto questo tipo di educazione era considerato inferiore.

Nell’analisi storica condotta nelle pagine del testo, l’arcivescovo disse anche che prima o

poi l’Africa sarebbe riuscita a superare quel muro di razzismo e di discriminazione.

Avendo preso consapevolezza di questo, quasi fosse una “profezia”, negli anni di prigionia,

Motlanthe non si diede mai per perso, perché sapeva che doveva lottare per i diritti dei neri

e più generalmente per i diritti di tutti gli uomini.

2) Could you tell us a memory with President Mandela?

(Ci regala un suo ricordo con il presidente Mandela?)

Quando Mandela diventò presidente una delle cose più importanti che fece fu proprio

quella di smuovere i fondi per la costruzione di scuole, in quanto il tasso di analfabetismo,

specialmente tra i neri abitanti in zone rurali, era alto. Motlanthe, in visita in una di

queste zone rurali in una comunità in Syres, ebbe l’occasione di vedere due scuole

differenti che utilizzavano lo stesso edificio scolastico, chi la mattina, chi il pomeriggio. Di

ritorno ne parlò a Mandela, che subito ne fece edificare un secondo, poi insieme lo

andarono a visitare; una volta atterrati, con l’aereo presidenziale, li attendeva, appostata

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tra la vegetazione, una squadriglia di protezione. Allora, pur essendo essi in incognito,

Mandela li scorse e si diresse verso di loro e, con estrema umanità, si mise a dialogare.

Davanti all’imbarazzo dei generali il presidente si mise a ridere e da quella esperienza

Motlanthe ha imparato che, a volte, una risata, riesce a sdrammatizzare anche le

situazioni più strane.

3) In your opinion, what can we actually do, as young people, today, to eliminate prejudice

and racism?

(Secondo lei, cosa possiamo fare concretamente noi giovani oggi per eliminare pregiudizi e

forme di razzismo?)

Un giovane poeta, Rafail disse:”Oggi vogliamo essere uomini di domani, e domani non

vogliamo essere uomini di ieri” e questo definisce che non dobbiamo guardare al passato

cercando di imitarne le sorti, ma dobbiamo guardare al futuro cercando di migliorarlo. Il

futuro è nostro, noi decidiamo cosa accadrà. E’ proprio compito dei giovani mettere in

discussione le istituzioni, non quanto per il ruolo che rivestono, ma per ciò che fanno, in

modo che i diritti e la questione vita non vengano mai sottovalutati.

La cerimonia si è conclusa con gli scambi di doni tra il vicepresidente e il sindaco che ha regalato

la copia del primo tricolore (foto 1)

E’ stata scattata anche una foto con gli studenti reggiani che hanno molto apprezzato questo

solenne momento.(foto 2)

La cerimonia è stata piuttosto formale, ma ci ha fatto un gran piacere ed è stato un grande onore

parteciparvi e poter porre delle domande a un grande Capo di Stato.

Sono occasioni che capitano pochissime volte nella vita e che creano emozioni fortissime.

Nonostante alcuni momenti stancanti siamo sicuramente riamasti entusiasti dell’evento.

A cura di Alice Fornaciari, Stefano Mennea, Arianna Torelli III A

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L’intervista: premio “DANTE ALIGHIERI”

La Società Dante Alighieri, il Comitato

di Reggio Emilia, in accordo con l’Ufficio

scolastico provinciale, promuove ogni anno il

concorso dettato “Lingua nostra” al quale ha

partecipato la classe 5ª B delle San

Vincenzo.

Alcuni alunni di quella classe, oramai in

prima media hanno accettato di rispondere

alle nostre domande.

D: in che cosa consisteva la gara?

Stefano Prati: La gara consisteva nel

ricopiare un tema, cercando di fare meno

errori possibili, senza un limite di tempo, ma

noi lo abbiamo finito di ricopiare in 30

minuti.

D: Come vi siete preparati?

L. Inbimbo : Ci siamo preparati facendo, in

classe, molti dettati.

D: Dove siete andati a ritirare il premio?

Laura Morlini: Dovevamo andare alla Sala

del Tricolore , ma non siamo andati, come

previsto, perché in quel periodo c’è stato il

terremoto, infatti a causa di quell’evento non

abbiamo ricevuto il premio.

D: Chi vi ha comunicato che avevate vinto?

Stefano Prati: Visto che non siamo potuti

andare in Comune, ci è stata comunicata la

vittoria tramite un avviso, inviatoci oralmente

dalla vice-preside.

D: Che emozioni avete provato?

Laura Morlini: Ci siamo divertiti, ma io mi

sono anche spaventata, perché avevo paura

di non fare vincere la classe.

A cura di Aldini Stefano e Irene Sezzi

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Conosciamo meglio i nostri PROF.............

Nome: Rosangela

Cognome: Barone

COMPLEANNO: 10/12

HOBBY: lettura, film, e poi più che hobby, volontariato.

Cibo: cappuccino e cornetto

Musica: cantautori italiani (Battisti, Battiato, De Andrè, etc)

Colore: Azzurro

Film: “Il favoloso mondo di Amelie”

Cosa l’ha spinta verso la carriera di insegnante?

Lavoravo presso l’IBM a Roma, ma quel lavoro non mi piaceva, così quando ho ricevuto la prima

chiamata da una scuola, ho lasciato il vecchio lavoro ed ho incominciato ad insegnare.

E’ contenta di questa sua scelta?

Moltissimo, mi piace il lavoro di studio e di ricerca e soprattutto ho capito che stare insieme agli

alunni mi induce al miglioramento sia come insegnante, che come persona.

Ultimo libro letto?

“ Una vita violenta” di Pasolini

Cosa vorrebbe chiedere ai suoi alunni?

Cosa gli piace del mio metodo e cosa no

Per cosa li vorrebbe premiare?

Per l’educazione, l’entusiasmo e il rispetto che mostrano quotidianamente.

I propositi per quest’anno:

Prima di tutto preparare i miei alunni sugli argomenti delle mie materie, poi il giornalino che è un

progetto importante per la classe e per la scuola, etc…

Cosa prova quando entra in una nuova classe?

Molta emozione e mi interrogo sulla mia capacità di saperli motivare.

Cosa prova quando la classe si licenzia?

Un po’ di tristezza… spesso perdo degli alunni, ma acquisto degli amici.

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NOME: Samuele COGNOME: Cavallaro COMPLEANNO: 06/10 CIBO: Mascarpone MUSICA: Schumann COLORE: Verde Cosa l’ha spinta verso la carriera di insegnante? La passione di trasmettere ai ragazzi la bellezza della musica. E’ contento di questa sua scelta? Moltissimo, mi dà molte soddisfazioni. Ultimo libro letto? “Aut aut” di Kierkegaard. Cosa vorrebbe chiedere ai suoi alunni? Di impegnarsi sempre e stare un po’ più buoni. Per cosa li vorrebbe premiare? Perché, finora, ho dato pochissime insufficienze. Cosa prova quando entra in una nuova classe? Voglia di scoprire i nuovi alunni. Cosa prova quando la classe si licenzia? Ansia per le classi successive.

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NOME: Patrizia COGNOME: Pisi COMPLEANNO: 04/05 HOBBY: CIBO: frutta e verdura MUSICA: non ho un tipo di musica , ma un cantante o dei cantanti preferiti dipende dall’umore e dalle emozioni suscitate. FILM: genere giallo a sfondo sociale COLORE: La scelta è strettamente connessa all’ambito d’uso del colore e all’umore del momento. Cosa l’ha spinta verso la carriera di insegnante?

Già da piccola aiutavo le mie amichette e amichetti a fare i compiti e insegnavo loro ciò che imparavo al corso di inglese. Le lingue sono sempre state il leit motive (filo conduttore) della mia vita. E’ contento di questa sua scelta? Sì, a tutt’oggi. Probabilmente la rifarei, anche se è inevitabile, a volte, immaginarsi in altri contesti lavorativi. Ultimo libro letto? “Conversazioni notturne a Gerusalemme” di Carlo Maria Martini. Cosa vorrebbe chiedere ai suoi alunni? Di dedicare più tempo alla riflessione e all’approfondimento; le conoscenze non sono fini a se stesse, ma concatenate e

applicate nel modo giusto, possono aiutare ad ottenere risposte, altrimenti insperate. Per cosa li vorrebbe premiare? Parlerei di premi unicamente per chi è meritevole come studente e come persona; d’altra parte ogni alunno è chiamato al proprio dovere e, come tale, lo deve sentire. Propositi per quest’anno? Individuare strategie sempre più mirate all’aiuto di alunni con e in difficoltà. Cosa prova quando entra in una nuova classe? In prima gli alunni suscitano un senso di tenerezza e fragilità; sembrano sospesi fra curiosità e timore. Cosa prova quando la classe si licenzia? E’ inevitabile auspicarsi che buona parte di loro gratifichi il tuo operato nell’ambito della nuova realtà scolastica. Non mancano i timori rispetto ad alcuni di essi.

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NOME: Giulia

COGNOME: Sormani

COMPLEANNO: 13/05

HOBBY:Leggere, cinema, viaggiare, cucinare

COLORE: Rosso

FILM: “A qualcuno piace caldo”, ma ce ne sono tanti altri .

Cosa l’ha spinta verso la carriera di insegnante?

E’ stato un caso, un’esperienza che avrei sempre voluto fare e quando ne ho avuta l’occasione, mi

sono innamorata di questo lavoro.

E’ contenta di questa sua scelta?

Moltissimo.

Ultimo libro letto?

“Morti di carta” di Alicia Gimeniz Barlett. Adoro i gialli e “Il sergente nella neve” di Mario Rigoni

Stern.

Cosa vorrebbe chiedere ai suoi alunni?

Più che altro vorrei dire loro che, se si impegnano, possono fare qualsiasi cosa e che noi siamo qui

per loro e non solamente per insegnare, ma anche per ascoltarli se hanno qualche problema.

Per cosa li vorrebbe premiare?

Per l’educazione e l’impegno.

I propositi per quest’anno?

Non ce ne sono.

Cosa prova quando entra in una nuova classe?

Curiosità ed entusiasmo.

Cosa prova quando la classe si licenzia?

Nostalgia e la speranza che le superiori siano per loro facili e gratificanti.

A cura di Leoni Letizia e Calò Silvio

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LA GHIARA

Cari lettori , visto il Santo periodo che ci accingiamo a vivere, abbiamo pensato di dedicare un articolo ad uno dei monumenti sacri più importanti della nostra città.

La Ghiara è il principale monumento religioso della nostra città e continua ancora oggi ad essere meta di pellegrinaggi votivi. Non è solo monumento religioso, ma è anche rilevante dal punto di vista artistico per gli innumerevoli e pregevoli dipinti che affrescano il soffitto, il più conosciuto fra i dipinti presenti nella Chiesa è il Cristo del Guercino.

Fin dal 1310 i reggiani chiesero l'introduzione in città di un convento dei Servi di Maria. Nel 1313 i Padri Serviti entrarono in Reggio e, col concorso del Comune e dei privati cittadini, edificarono il loro convento con annessa una piccola chiesa. In seguito il loro complesso fu ampliato. La chiesa, che costeggiava il corso della Ghiara, aveva l'ingresso in corrispondenza dell'attuale accesso al Convento sotto il porticato alto, mentre la parte absidale con la torre giungeva dove oggi è la parte principale del tempio; aveva il titolo S. Maria dei Servi ed era ad unica navata con dieci altari. Sul muro di cinta del Convento, precisamente all'angolo del vicolo dei Servi, dove oggi sorge il cippo marmoreo, era dipinta un'immagine della Madonna, in atto di adorare il Bambino. Questa pittura commissionata nel 1573 da Ludovico Pratissoli e Giovanni Bianchi che la eseguì sul disegno di Lelio Orsi, era tanto venerata; nel 1596 fu inglobata in una cappelletta edificata entro il recinto dell'orto dei Servi. Il 29 Aprile del 1596 accadde il primo miracolo: un giovane garzone di bottega: Marchino da Castelnuovo Monti, sordomuto fin dalla nascita, recatosi a pregare davanti alla Santa Immagine, riacquistò improvvisamente la parola e l'udito. Dopo questo primo miracolo il prestigio della Santa Immagine crebbe così tanto che molte persone vi accorrevano per ricevere grazie: fu così che un altro ragazzo, Andrea, muto dalla nascita, incominciò a parlare miracolosamente nel 1596. Nello stesso anno Giuseppe Carratterri, dal momento che la sua gamba era girata al contrario, si recò al santuario sin da Scandiano con l'ausilio di una sola stampella per essere miracolato. Il miracolo avvenne e la sua gamba fu risanata. Nel 1608 un giovane di venti anni chiamato Domenico Crotti, diventato infermo alle gambe dopo un incidente, dopo aver pregato la Santa Immagine fu guarito e ricominciò a camminare. Un miracolo forse meno conosciuto fu quello che avvenne a Nicolò Langhoner che nel 1598, quando venne a visitare il santuario, dopo aver dato uno scudo in elemosina ne ritrovò un altro nella sua tasca. Invece il 22 Aprile 1614 Agramante Milani, un trombettiere del comune di Lodi, venuto a visitare la Sacra Immagine, venne ispirato imparando a leggere ed a scrivere. Un fanciullo reggiano, nel 1619, mentre scherzava e giocava con gli amici nel tempio, gli venne sete e, per dissetarsi si aggrappò all'acquasantiera che, però, gli crollò addosso. Quando arrivarono i soccorsi trovarono il bambino miracolosamente illeso: si chiamava Paolo Melli. L'ultimo degli otto

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miracoli avvenne nel 1625: una madre portò la propria bimba, di soli quattro anni, a lavorare con lei in campagna. Alla bimba, di nome Laura Cavazzoni, venne sete e si avvicinò al pozzo per bere; però si sporse troppo e precipitò. La madre, disperata, iniziò a pregare la Beata Vergine della Ghiara e dopo tre ore di intensa adorazione, sentì una mano che le stringeva la spalla, si voltò e vide la propria figlia resuscitata. La Madonna compì miracoli anche fuori Reggio, ad esempio salvando Modena dalla peste: era il 4 gennaio del 1630 quando la città fu contaggiata dalla peste; a Reggio non moriva nessuno. La città di Modena decise di fare un voto alla Madonna della Ghiara, affinché li proteggesse dall'epidemia. La peste cessò ed i modenesi innalzarono una chiesa in onore della Madonna: la chiesa della Madonna del voto. Durante la nostra visita abbiamo chiesto ai Padri Anacleto e Fiorenzo informazioni relative ai momenti più sentiti del calendario liturgico: Natale, Pasqua e la sagra dell’ 8 Settembre. Questi sono sempre preceduti da un triduo che tratta le doti e le virtù della Madonna in aiuto ai devoti e che il padre celebrante propone al popolo dei fedeli. Il triduo si conclude sempre con una solenne celebrazione presieduta dal Vescovo con la presenza delle autorità cittadine.

Caratteristica della Madonna della Ghiara è una preghiera composta dal Vescovo ausiliare Menochio nel 1796 che si recita tutti i giorni durante la prima messa del mattino e l’ultima della sera.

Questo nostro lavoro è scaturito da una piacevole conversazione intrattenuta con Padre Gobbo, memoria storica del Santuario.

A cura di Cavazzoli Marco, Sedini Emilio, Serri Matteo

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Storia del presepio

Il termine presepe o più correttamente, come riportato nella maggior dei dizionari, presepio deriva dal latino praesaepe, propriamente “recinto chiuso, greppia, mangiatoia”; composto daprae =”innanzi” e saepes = “ recinto” ovvero, luogo che ha davanti un recinto. Gli evangelisti Luca e Matteo furono i primi a descrivere la storia della natività e il Vangelo di Natale di Luca, era già divulgato nelle prime comunità cristiane. Già nel quarto secolo troviamo a Roma (nelle catacombe) immagini della natività. L'origine esatta del presepio è difficile da definire, in quanto è il prodotto di un lungo processo. È storicamente documentato che già in tempo paleocristiano, il giorno di Natale nelle chiese venivano esposte immagini religiose, che dal decimo secolo assunsero un carattere sempre più popolare, estendendosi poi in tutta l'Europa. Comunemente il "padre del presepio" viene considerato San Francesco d'Assisi , poiché a Natale del 1223 fece il primo presepio: egli eresse una mangiatoia all'interno di una caverna in un bosco, vi portò un asino ed un bue viventi, ma senza la Sacra Famiglia. Poi tenne la sua famosa predica di Natale davanti ad una grande folla di persone, rendendo così accessibile e comprensibile la storia di Natale a tutti coloro che non sapevano leggere. Nella Cappella Sistina della Chiesa di Santa Maria Maggiore a Roma, si può ammirare uno dei più antichi presepi natalizi. Fu realizzato in alabastro nel 1289 da Arnolfo da Cambio e donato a questa chiesa. Il presepio ha la forma di una casetta, in cui è rappresentata l'adorazione dei Re Magi. Un periodo fiorente di presepi fu il Barocco. Prime notizie certe di presepi nelle chiese si rilevano dalla Germania meridionale quando, dopo la Riforma i Gesuiti riconobbero per primi il grande valore del presepio come oggetto di preghiera e di raccoglimento, nonché mezzo di informazione religiosa. I Gesuiti fecero costruire preziosi e fastosi presepi, tanto che quest'usanza si estese velocemente nelle chiese di tutta Europa cattolica, finché ogni comune volle un presepio in ogni chiesa. Presto si diffusero in tutta Europa. Nel 18osecolo, si cominciò ad ampliare e completare la storia di Natale con stazioni ed episodi, sia nei presepi delle chiese e dei castelli, sia nelle case della gente comune. La fine del 18osecolo fu contrassegnata dall' Illuminismo e dalla Secolarizzazione. In alcuni luoghi vennero vietati i presepi: soprattutto in Baviera si dovettero eliminare tutti i presepi dalle chiese, e furono portati nelle case contadine per evitarne la distruzione. La conseguenza fu che nei contadini crebbe l'interesse per l'arte raffinata dei presepi, così che essi stessi cominciarono ad intagliare le figure. Fino alla metà del 19o secolo preferivano sfondi con paesaggi di montagna; dalla seconda metà del secolo invece acquistò sempre di più interesse il presepio orientale. Tra 19° e 20° secolo diminuì l'interesse per i presepi, ma ci furono dei collezionisti che impedirono che molte rappresentazioni andassero irrimediabilmente perdute. Ne fu un esempio Max Schmederer, consigliere di commercio di Monaco, che raccolse presepi di tutto il mondo e lasciò in eredità ai suoi posteri una delle più grandi collezioni di presepi del mondo, che oggi è possibile ammirare al Museo Nazionale di Monaco di Baviera. Ai nostri giorni è cresciuto notevolmente l'interesse per i presepi, come dimostrano le società dei presepi, fondate un po’ ovunque. La Sacra Famiglia: la Madonna, San. Giuseppe e Gesù Bambino (che si inserisce nel presepe il giorno di natale ); l’ asino, il bue e i tre Re Magi ( che si inseriscono nel presepe il giorno dell’ epifania ) sono i personaggi principali del presepe. Ma sono molto comuni anche i pastori che portano dei doni alla Sacra Famiglia, gli angeli e vari animali come le pecore. Curiosità e presepi spettacolari Nel museo di Bressanone è possibile ammirare il più famoso dei "presepi annuali" del 18° secolo composto da più di 4000 figure. Nel Museo Diocesano di Bressanone troviamo anche l'altrettanto famoso Presepio Nissl, composto da 500 figure e realizzato dal contadino-scultore Franz Xaver Nissl (1731-1804).

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Racconto di fantascienza: Il robot che si sentiva umano

Natale dell'anno 2859. Elja era appollaiata

sul davanzale, guardando la neve che cadeva.

Aspettava il suo regalo.

Il campanello suonò. Elja scese speranzosa

per vedere suo padre che veniva verso di lei.

«Ehi, pa'! Andato bene il viaggio in

cybernave?» «Eccome!» Poi vide l'espressione

supplicante della bambina e rise: «Tranquilla,

il regalo è sotto il Ferralbero!» «Yeee!» strillò

lei contenta e corse a scartare il pacchetto.

Dentro c'erano delle parti in ferro, dei

componenti umanoidi. Papà scese e le spiegò:

«È un robot! Ci toccherà assemblarlo, però...»

«Iniziamo!» esclamò lei, cominciando già a

montare l'essere metallico. Papà sorrise.

«E... fatto!» Elja annunciò, collegando l'ultimo

cavo. Si sentì un “bip bip” e poi un “crrr”,

infine gli occhi del robot si illuminarono di

blu.

«Cariiiino!» Il robot era di un colore argentato,

l'aspetto vagamente simile a un umano, gli

occhi brillanti e gli arti poderosi.

«Inserire-nome-e-modalità» disse l'essere con

voce inespressiva. Il petto gli si aprì rivelando

una schermata con scritto “Digita il nome”.

Elja, esitante, disse: «Non so come si fa.»

Papà le sorrise e le chiese gentile: «Ci penso

io. Come lo vuoi chiamare?» Elja ci pensò su,

poi rispose: «Bittypup.» «Che strano nome. Va

bene. Che ne dici se scrivo solo “Buppy”?»

«Ok.» Papà digitò “Buppy”.

Il robot disse meccanicamente: «Unità

“Buppy” in funzione. Inserire modalità.» Sulla

schermata comparve: “Scegli modalità fra:

Robot compagnia, Robot consigliere, Robot

guardia del corpo” e altre 5 pagine piene di

nomi.

Elja, leggermente confusa dalla quantità dei

nomi, scelse d'istinto. «Vorrei un Robot

compagnia.»

Papà annuì e scelse l'opzione. “Buppy”

annunciò: «Modalità scelta: da compagnia.

Avvio software... attivato! Modalità accertata.

Unità: ottime condizioni.»

Elja lo guardò felice. Così iniziò la vita con

Buppy.

Un giorno, Elja passeggiava con Buppy e

papà. Era passato qualche giorno e la

bambina era felice. Un gatto, passando per la

strada di metallo luccicante, si spaventò per

il rombo di una cybernave e si aggrappò a

Elja, graffiandola.

Buppy parve animarsi. «Attivare-modalità-

difensiva!» Sparò un raggio laser dalla bocca,

incenerendo la coda dell'animale. Il gatto

stridette e fuggì. Elja si intristì. «Buppy! Non

devi fare del male ai poveri cuccioli!» Buppy

era confuso. «Ma-il-felino-voleva-farle-del-

male!» «Ma bisogna avere pietà di un povero

micio spaventato! Non rifarlo, ok?» Il robot

era ancora confuso. Papà prese la bimba da

parte.

«Elja» disse lentamente «i robot non possono

comprendere emozioni umane. Sono solo

macchine, rottami.» Elja sbarrò gli occhi.

«Non è vero!» protestò. «Buppy è umanissimo

ed è mio amico! Non ti permetto di parlargli

così!» La bambina scostò il padre e corse dal

robot, proteggendolo col suo corpo.

«Situazione-non-prevista-dagli-archivi...»

borbottò metallico Buppy, confuso dall'affetto

di Elja.

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Quella notte, la bambina dormiva sul suo

letto gravitazionale. Buppy rifletteva, visto

che essendo un robot non poteva dormire. La

sua memoria robotica gli riproponeva

all'infinito la scena del gatto e le parole di

Elja.

“Non ti permetto di parlargli così!” era la

frase che lo confondeva di più. “Gli umani mi

hanno sempre redarguito, mi hanno ordinato

di fare i lavori più sporchi... ma Elja è

diversa. Elja mi tiene in considerazione.”

D'istinto il robot guardò la bambina e sentì

che doveva proteggerla.

Stavolta però non gli era stato ordinato di

farlo; era la sua prima decisione... in

autonomia.

“È... un sentimento umano?” pensò. Stava

diventando umano? Guardò Elja, poi

mormorò: «Grazie.» Elja, nel sonno, borbottò:

«Ti proteggerò... Bup... py.»

Buppy per la prima volta sorrise.

Scritto da Nazira Costi III A

RECENSIONE DEL LIBRO: “LE AVVENTURE DI TOM SAWER” TITOLO: LE AVVENTURE DI TOM SAWER GENERE: CLASSICO DELL’AVVENTURA PER RAGAZZI AUTORE: MARK TWAIN PROTAGONISTI: TOM SAWER, HUCKLEBERRY FINN, JOE HARPER E ZIA POLLY EPOCA: AMBIENTATO NELL’OTTOCENTO LUOGO: CITTADINA DI ST.PETERSBURG Il libro “Le avventure di Tom Sawer” parla appunto di questo ragazzo che tra una marachella e

l’altra, tra uno scappellotto e una sgridata, decide di scappare eroicamente di casa, ma non da

solo: con lui andranno Joe Hrper, il suo migliore amico e Huckleberry Finn, orfano di entrambi i

genitori e individuo ritenuto pericoloso. I tre amici scappano su un’isola e giocano a fare i pirati e i

pellerossa, mentre tutto il paese li crede morti e veste il lutto in vista dei funerali. Huck e Joe

però, cominciano a soffrire di nostalgia e decidono di tornare a casa, ma Tom riesce a fermarli,

pensando a un piano a dir poco diabolico: sarebbero apparsi al loro funerale. Il giorno del funerale

i tre cominciarono ad attraversa tranquillamente la navata centrale della chiesa, mentre il prete

aveva appena finito di recitare il sermone in loro onore. Ma Tom ha anche un altro problema:

Becky, una ragazza angelica che stregherà Tom e lo spingerà a fare cose che mai si sarebbe

sognato di fare, come prendersi una severa punizione per una cosa che aveva fatto la sua amata;

ma dopo questa piccola parentesi sentimentale, l’avventura riprende il sopravvento sul povero

ragazzo, che si ritroverà in un’enorme caverna-labirinto, troverà un tesoro e si libererà dell’indiano

Jo che lo voleva uccidere. Insomma, un libro carico di avventura, suspense e ironia.

Il libro mi è piaciuto molto perché l’ho trovato abbastanza facile da leggere, con un linguaggio

scorrevole. Sono contenta di averlo letto, perché si è rivelata una storia bellissima e anche

abbastanza verosimile.

Letizia Leoni

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La Ricetta: i cappelletti

Per il ripieno: prendere due pezzi di carne: maiale e manzo. Tagliarli a pezzi e farli rosolare nella

cipolla col burro, aggiungere un po' di cannella e farli stufare per circa due orette.

A cottura ultimata tritare la carne, aggiungere prosciutto e mortadella tritati, noce moscata,

parmigiano reggiano, uova e un po' di pan grattato. Amalgamare il tutto.

Per la pasta: uova, farina e un goccio d'acqua; si mescola il tutto e si tira una sfoglia sottile. Si

tagliano tanti piccoli quadretti; al centro di ognuno si mette un po' di ripieno e si chiude il tutto

come se fosse un piccolo cappello del prete. I cappelletti possono essere cotti nel brodo e conditi

con la panna e il ragù.

A questo piatto si accompagna molto bene il lambrusco.

Un saluto...buon appetito!

Silvio Calò

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GIOCHIAMO Super gioco!(strizzando l’occhio alle comprensioni di antologia) Inserisci le seguenti parole nelle frasi sottostanti: Luca – Matteo – Barocco – Sacra Famiglia – Presepio Nissl – Francesco d’ Assisi – 500 – Re Magi.

1. Gli evangelisti _________ e ________ furono i primi a descrivere la storia della natività.

2. Il periodo più fiorente per i presepi fu il __________.

3. Il padre del presepe viene considerato San __________________.

4. Nel museo di Bressanone troviamo il famoso ______________ composto da _____ figure.

5. La ______________ e i tre _________ sono i personaggi fondamentali del presepe.

REBUS

AR

CHE (4, 6)

La redazione desidera ringraziare la professoressa Guglielmino che ci ha supportati con suggerimenti e consigli e per il

prezioso aiuto Gazzotti Stefano e Lonardoni Francesco.