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VII Rassegna di Musica Classica, Moderna e Contemporanea Parma, 27 aprile - 30 maggio 2017 Casa della Musica � Teatro Farnese

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VII Rassegna di Musica Classica, Moderna e Contemporanea

Parma, 27 aprile - 30 maggio 2017Casa della Musica � Teatro Farnese

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In copertina: Augusto Vignali, Senza titolo, 2017Opera digitale

A Giorgio Belledi,

raffinato intellettuale e pittore di rara sensibilità,il cui impegno ha contribuito in modo sostanziale alla crescita culturale di Parma.

(Parma, 1930 - 2017)

VII Rassegna di Musica Classica, Moderna e Contemporanea

Parma, 27 aprile - 30 maggio 2017Casa della Musica � Teatro Farnese

Direttore artistico Martino Traversa

OrganizzazioneMaria Elena BersigaRoberta ValentiGiulia Zaniboni

Ufficio stampaLuciana Convertini

TestiGiuseppe Martini

Iniziativa promossa dalla Fondazione Prometeo in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Parma.

Si ringrazia per la gentile collaborazione il Complesso Monumentale della Pilotta e tutto il personale della Casa della Musica.

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Calendario concerti

27/04 Casa della Musica, ore 20:30 Anna D’Errico Bach, Webern, Poppe, Benjamin, Schumann

04/05 Casa della Musica, ore 20:30 Hae-Sun Kang e Ciro Longobardi Bach, Boulez, Traversa, Messiaen, Debussy

22/05 Casa della Musica, ore 20:30 in collaborazione con Orléans Concours International Lorenzo Soulès Skrjabin, Debussy, Jolivet, Beethoven

30/05 Teatro Farnese, ore 20:30 con il sostegno di DRAC Alsace - Ministère de la Culture et de la Communication française Fantasia Ensemble Bach/Venturini

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27 aprile 2017 - Casa della Musica, ore 20:30

Anna D’Erricopianoforte

Johann Sebastian Bach (1685-1750)Ricercare a tre voci dall’Offerta musicale BWV 1079 (1747), 5'

Anton Webern (1883-1945)Variationen op. 27 (1935-1936), 7'- Sehr mäßig- Sehr schnell- Ruhig, fließend

Enno Poppe (1969)Thema mit 840 Variationen (1993, rev. 1997), 7'

George Benjamin (1960)Shadowlines (2001),16'I. CantabileII. WildIII. ScherzandoIV. TempestosoV. Very freely, solemn and spaciousVI. Gently flowing, flexible

Intervallo

Robert Schumann (1810-1856)Studi sinfonici op. 13 (1837), 27'Thema. AndanteEtüde I. Un poco più vivoEtüde II. Moderato Etüde III. Vivace Etüde IV. Allegro energico Etüde V. Scherzando Etüde VI. AgitatoEtüde VII. Allegro moltoEtüde VIII. Grave Etüde IX. Presto possibile Etüde X. Etüde XI. Con espressione Etüde XII. Allegro brillante

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In questo delizioso programma basato sul concetto di variazione, il Ricercare che apre l’Offerta musicale, dotto omaggio di Bach al Re di Prussia, sembra starci come i cavoli a merenda, e invece no. “Ricercare” era termine tradizionalmente legato all’invenzione, e in questo caso funge da esordio allocutivo, da perorazione che dà senso al tutto. Provate a togliere il Ricercare e avrete una serie di pezzi basati sulla variazione che si mordono la coda. Ripristinate il Ricercare e avrete la stabilità iniziale da cui procedono, come nella vita, le infinite possibilità delle cose.Beethoven avrebbe insegnato come queste possibilità possono allontanarsi tantissimo dal tema di fondo, Schumann capì che tutto nella realtà è variazione. Al punto da far passare gli Studi sinfonici attraverso tre o quattro titoli in diciotto anni (nel 1852 li chiamerà “Studi in forma di variazioni”), modificandone struttura, ordine dei pezzi e talvolta la natura. L’idea, nata nel 1834 e data alle stampe nel 1837, era di sfruttare le possibilità dei pianoforti recenti con i martelletti foderati in feltro, per cui prese un mediocre tema del barone von Fricken (suo suocero mancato), e lo fece passare attraverso passione, intensità, densità, luminosità, esplosione, fino al picco espressivo della nona variazione, e per il finale buttò via von Fricken e usò un altro tema, tratto dall’opera Der Templer und die Jüdin di Heinrich August Marschner. Effetto squisito e sontuoso, estrosamente anarchico.Il Novecento, ovviamente, ne trae le estreme conseguenze. La variazione, pensava Webern, non può che essere interessante di per sé, e non perché dipende da un tema. L’op. 27 è una specie di suite di variazioni, e il tema non è che una serie di dodici suoni. Lo sviluppo è pertanto strutturale, non espressivo; il contrappunto combinato in molteplici forme con relazioni strettissime fra le parti; la struttura quasi smaterializzata; la tensione fortissima, con vortici demiurgici di sapore bachiano. L’op. 27 divenne una specie di faro per i compositori tedeschi del secondo Novecento. Perché? Perché fece scoprire la variazione come scrigno di possibilità musicali per picchiare sui neuroni. Non a caso la tensione, e non la passione, è fortissima anche nelle variazioni di Enno Poppe, che sono 840 in 7 minuti proprio perché studiano valori metrici infinitesimali. E i sei preludi di Shadowlines composti da Benjamin mostrano che variare significa anche far sentire insieme diverse linee melodiche e ripeterle senza intrecciarle in contrappunto e senza renderle riconoscibili, ma chiaroscurate e crittografiche come sarebbe piaciuto a Schumann.

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4 maggio 2017 - Casa della Musica, ore 20:30

Hae-Sun Kang e Ciro Longobardi

Hae-Sun Kang, violino Ciro Longobardi, pianoforte

Johann Sebastian Bach (1685-1750)Sonata n. 2 in la maggiore BWV 1015 (1718-1722)per violino e pianoforte, 14'- [senza indicazione di tempo]- Allegro assai- Andante un poco- Presto

Pierre Boulez (1925-2016)Anthèmes 1 (1991-1992)per violino, 10'

Martino Traversa (1960)Quasi una sonata... (2013)per violino e pianoforte, 12'

Intervallo

Olivier Messiaen (1908-1992)da Vingt Regards sur l’Enfant Jésus (1944)per pianoforte, 15'I. Regard du PèreXII. La Parole toute-puissanteXI. Première communion de la Vierge

Claude Debussy (1862-1918)Sonata n. 3 in sol minore (1917)per violino e pianoforte, 13'- Allegro vivo- Intermède. Fantasque et legér- Finale. Très animé

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La musica contemporanea ci ha abituato a rileggere il passato con lo scopo di stimolare la neuropsicologia dell’ascoltatore, come mostrano i due pezzi a solo di questo programma. Nei Vingt Regards è staticità ipnotica, in Anthèmes 1 è contrasto illusivo. Messiaen utilizza quattro temi, li manipola attraverso magistrali artifici tecnici e sforzi intellettuali per allestire un polittico di due ore su momenti dell’infanzia di Gesù, in cui ogni pezzo trova una coerenza nell’insieme, ma l’insieme diventa arduo da afferrare nella sua unità. Anche per questo di solito se ne esegue una scelta: qui il numero 1, basato sul maestoso “tema di Dio”, il 12 (“Questo Bambino è il Verbo che tutto sostiene con la forza della sua parola”) in imponente monodia, e l’11 (concepimento di Gesù), una melodia dolce che si fa lieta al primo palpitare del cuore del Bambino. In Anthèmes 1 Boulez esplora quattro secoli di tecnica violinistica facendo leva su schemi opposti: distrugge e costruisce; espande tecniche, ma a un certo punto si sofferma sul pizzicato; divide in sezioni e al contempo suggerisce continuità; gira intorno alla nota re, eppure materializza temi cangianti – il titolo allude sia all’inglese “anthem” [inno] sia al francese “en thèmes” [in temi]. Nelle tre composizioni a violino e pianoforte si segue invece l’idea del passato come fonte di trasformazione linguistica. Il gesto è implicito in Bach, allusivo in Traversa e dichiarato in Debussy. La Sonata di Bach, la più concertante della raccolta di sei scritte durante il servizio presso l’elettore di Brandeburgo, guarda alla vecchia sonata a tre corelliana con basso continuo. Evocare frammenti linguistici stratificati nella memoria dell’ascoltatore è la strategia con cui Martino Traversa costruisce un pezzo che è una sonata non per struttura ma per analogia, e non è un crogiolo di reperti ma un dispositivo per connettere realtà lontane in una saturazione sonora che metta sotto pressione l’ascoltatore. Infine, la Sonata di Debussy, eseguita per la prima volta proprio un secolo fa (il 5 maggio 1917, con l’autore al pianoforte), si inscriveva in un ciclo incompiuto di sei per diversi strumenti nell’intento di riallacciare la contemporaneità alla storia musicale francese come gesto di salvaguardia dell’identità nazionale di fronte alla guerra. Dentro ci finiscono anche sintassi barocche, melodie popolari, autocitazioni, un po’ di Stravinskij: si usa dire che la fatale malattia di quei mesi sia responsabile di una scrittura tesa e lacerata, ma forse si trattava solo del traumatico incontro fra un passato inestirpabile e un presente immaturo.

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22 maggio 2017 - Casa della Musica, ore 20:30

Lorenzo Soulèspianoforte

Aleksandr Skrjabin (1872-1915)Sonata n. 10 op. 70 (1913), 12'- Moderato

Claude Debussy (1862-1918)Images. Deuxième Série (1907), 13'I. Cloches à travers les feuillesII. Et la lune descend sur le temple qui fûtIII. Poissons d’or

André Jolivet (1905-1974)Mana (1935), 14'I. BeaujolaisII. L’OiseauIII. La Princesse de BaliIV. La ChèvreV. La VacheVI. Pégase

Ludwig van Beethoven (1770-1827)Sonata n. 26 in mi bemolle maggiore op. 81a (1809), 16'- Das Lebewohl- Die Abwesenheit- Das Wiedersehn

Concerto realizzato in collaborazione con Orléans Concours International

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“Misticismo” è la parola con cui si è soliti sbrigare gli umori decadenti di Skrjabin, frutto di un compromesso narcisistico molto russo fra introspezione ed estroversione. E infatti, descrivendo la sua Decima Sonata come una sonata di insetti «nati dal sole che li nutre», rivela un sentimento della natura come entità, che si manifesta in trilli ubiqui, fruscii, ragnatele polifoniche, armonie asperrime, sonorità tenebrose, raffinatezze timbriche. È uno dei vertici del tocco pianistico d’inizio Novecento vòlti a fare del suono un oggetto nell’atmosfera, insieme alla seconda serie di Images di sei anni prima, con cui Debussy aveva individuato sonorità pianistiche in grado di materializzare le paure del proprio tempo. La luce lunare su un tempio o il guizzare di enigmatici pesci: non altro che sbirciare l’inconscio dal buco della serratura (Boulez avrebbe detto: qui comincia la contemporaneità).È poi probabile che, mentre lavorava a Mana, André Jolivet avesse presente Children’s Corner in cui Debussy, con la scusa di descrivere l’elefantino di pezza e i fiocchi di neve per la figlioletta, faceva simbolismo sottotraccia. Mana è però del 1935, e nel frattempo a Parigi erano passati Bergson, Jung e le Esposizioni d’arte africana per cui, più che porte verso una dimensione altra, gli oggetti fisici apparivano veicoli di energie psichiche, come nel principio tribale Mana. In questo caso l’intento è materializzare le energie di cui si caricavano sei oggettini che l’amico Edgard Varèse gli aveva lasciato partendo per gli Stati Uniti. Non ci si aspetti però indeterminatezza, sospensione, arcano: abbiamo invece descrizione, plasticità, evocazione. La spiritualità va ritrovata semmai nelle tonalità sfuggenti e nelle ossessioni ritmiche.Più di un secolo prima, per una circostanza analoga, Beethoven dedicava una delle sue poche sonate a programma, l’op. 81a, all’amico arciduca Rodolfo d’Asburgo in fuga da Vienna assediata nel 1809 dai francesi: i titoli dei movimenti alludono a “Vivete bene”, “L’assenza”, “Il ritorno”. Il motto iniziale di tre suoni, che evoca i corni (lontananza, nostalgia), si ripercuote per tutto il pezzo e si trasforma in scalpiccìo di cavalli, stridere di ruote, gioia di rivedersi. Il tema del primo movimento è unico e sviluppato con arte certosina. Intaglio di qualità superiore, più che dialettica. Colori singolari, contrasti accesi, simboli, armonie sottili. Forza affettiva che attraverso l’ordito musicale vince le barriere della materia. Beethoven direbbe: avevo già intuito tutto.

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30 maggio 2017 - Teatro Farnese, ore 20:30

Fantasia Ensemble

Giulio Francesconi, flautoRoberta Gottardi, clarinettoMichele Poccecai, violinoClaude Hauri, violoncelloEmiliano Amadori, contrabbassoSimone Beneventi, percussioni

Franco Venturini (1977)The New Goldberg (2015-2017)Rielaborazione delle Variazioni Goldberg BWV 988 di J. S. Bachper flauto, clarinetto/clarinetto basso, violino, violoncello, contrabbasso, marimba e piccolo set di percussioni, 80'**Prima esecuzione assoluta

Concerto realizzato con il sostegno di DRAC Alsace - Ministère de la Culture et de la Communication française

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Non avrebbe mai creduto, il giovane Johann Gottlieb Goldberg, che il suo cognome sarebbe rimasto appiccicato a una delle grandi creazioni di Johann Sebastian Bach: il suo cognome, e non quello del committente Hermann Karl von Keyserlingk, ambasciatore russo a Dresda, al quale Goldberg, suo dipendente e allievo di Bach, la suonava per alleviargli l’insonnia. Non lo avrebbe mai detto perché pare sia una leggenda, visto che le Variazioni nascono senza dedica a Keyserlingk, come ultima parte del “Quaderno per tastiera” preparato da Bach fra 1722 e 1741 per far esercitare la moglie Anna Magdalena e poi stampate con il titolo “Clavier Übung bestehend in einer Aria mit verschiedenen Veränderungen vors Clavicimbal mit 2 Manualen” (“Quaderno per tastiera consistente in un’Aria con diverse variazioni per clavicembalo a due manuali”).Come che sia, lo spunto delle Variazioni è una semplice aria bipartita dalla quale l’immensa scienza di Bach ha tratto trenta variazioni scansionate a gruppi di tre, l’ultima di ciascuno dei quali è un canone (voci a imitazione), in progressione di un tono rispetto al precedente. Ciò non significa solo diafana geometria, perché alcune variazioni (3, 7, 13, 18, 25, 26, 27) hanno sapore di danze, una di ouverture (16) e l’ultima è un quodlibet infarcito da melodie popolari. Una cesura a metà suggerisce una possibile pausa, visto che il ciclo è imponente, specie se eseguito coi ritornelli indicati. Inoltre, la ripetizione finale dell’Aria rivela una concezione dell’opera circolare e priva di curve psicologiche, la cui unità è perciò sentimentale e non strutturale, osservazione già alla base della celebre interpretazione di Glenn Gould che ha riportato le Variazioni all’attenzione del pubblico nel 1955.La rielaborazione per ensemble di stasera ripropone l’argomento sulla propensione della musica di Bach all’arrangiamento e perciò la sua natura di purezza che la renderebbe indifferente ai timbri. L’operazione può avere margini di legittimità e di profitto, ma va ogni volta motivata criticamente. Nelle Goldberg la prescrizione bachiana di un cembalo a due tastiere (“manuali”) per accentuare la visibilità polifonica si presta alle sottolineature polistrumentali, come quella di Venturini vòlta a rivelare il potenziale comunicativo delle Variazioni grazie all’esaltazione timbrica dell’ordito, fatto salvo che qualsiasi filtraggio attraverso la sensibilità contemporanea comporta fatalmente uno spostamento, che può essere anche virtuoso, rispetto all’originale.

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Anna D’Errico

Il repertorio di Anna D’Errico spazia dal classicismo alla musica d’oggi, per la quale nutre uno speciale interesse che l’ha portata a collaborare con alcuni dei più interessanti compositori della scena attuale quali Helmut Lachenmann, Salvatore Sciarrino, Pierre Boulez, Enno Poppe, Georges Aperghis, Brian Ferneyhough, Beat Furrer, Rebecca Saunders, Heinz Holliger, Jörg Widmann, George Benjamin, Claudio Ambrosini, Helmut Oehring.Conta apparizioni in istituzioni internazionali quali Lucerne Festival, Carnegie Hall, Elbphilharmonie Laeiszhalle Hamburg, Essen Philharmonie, Wien Modern, Rai NuovaMusica, Mozarteum Salzburg, Konzerthaus Berlin, Heidelberger Frühling, Teatro la Fenice di Venezia, Cantiere di Montepulciano, Ultraschall Berlin, Gare du Nord di Basilea, Parco della Musica di Roma, LAC di Lugano, June in Buffalo, CDMC Madrid, ZKM Karlsruhe. Ha suonato come solista con l’Orchestra Sinfonica Nazionale, l’Orchestra del Teatro La Fenice di Venezia, l’Orchestra della Svizzera italiana, l’Orchestra di Padova e del Veneto. Ha lavorato con direttori quali Pierre Boulez, Peter Eötvös, Marco Angius, Lucas Vis, Matthias Pintscher, Ilan Volkov, Jean Deroyer, Igor Dronov.La sua passione per la musica da camera l’ha portata ad avviare collaborazioni stabili quali quella con l’Ensemble Interface, di cui è membro fondatore, e il duo pianistico con Alfonso Alberti, e inoltre ad esibirsi con interpreti quali Uli Fussenegger, Ian Pace, Dimitri Vassilakis, Marco Fusi, Donatienne Michel-Dansac ed ensemble quali Ensemble Modern, Prometeo, Algoritmo, Icarus, Linea, Meitar.Ha inciso per le case discografiche Stradivarius, Raccanto, Ars Publica, Wergo e CMC-Canada.Come docente specializzata in tecniche e repertorio contemporaneo tiene workshop presso istituzioni accademiche di tutto il mondo, quali Conservatoire du Québec, Conservatoire de Montréal, University of Minnesota Duluth, Yong Siew Toh Conservatory di Singapore, Real Conservatorio Superior di Madrid, Sydney Conservatorium e University of Queensland. È docente di pianoforte presso il Conservatorio di Potenza. Suoi progetti educativi sono stati premiati con il Leone d’argento della Biennale di Venezia e il Premio Abbiati.Tra i riconoscimenti ricevuti, il Kranichsteiner Stipendienpreis agli Internationale Ferienkurse Darmstadt e il Pianist/Composer Commissioning Project assegnato dall’Yvar Mikhashoff Trust for New Music.

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Hae-Sun Kang

Hae-Sun Kang inizia a suonare il violino all’età di tre anni nel suo paese natale, la Corea del Sud. A quindici anni si trasferisce in Francia per proseguire gli studi presso il Conservatoire National Supérieur de Musique et de Danse de Paris, dove attualmente insegna. Incontra figure fondamentali per la sua evoluzione musicale, in particolare il suo maestro Christian Ferras, ed è premiata in diversi concorsi violinistici internazionali tra cui “Rodolfo Lipizer”, ARD International Music Competition, “Carl Flesch” e “Yehudi Menuhin”. Nominata primo violino dell’Orchestre de Paris nel 1993 e notata da Pierre Boulez, l’anno successivo entra a far parte dell’Ensemble Intercontemporain come solista.Hae-Sun Kang ha eseguito numerose prime assolute di opere scritte per il suo strumento, tra cui i concerti per violino di Dusapin, Fedele, Jarrell e Manoury, con importanti orchestre. Nel suo repertorio figurano anche i concerti per violino di Chin, Pintscher, Furrer, Ligeti. Nel 1997 ha eseguito in prima assoluta Anthèmes 2 per violino ed elettronica di Boulez, che ha registrato e portato nelle principali sale da concerto e nei festival di tutto il mondo. Nel dicembre 2015 ha suonato Anthèmes 2 all’Opéra National de Paris in una versione scenica con coreografia di Wayne McGregor.Nei suoi recital esegue spesso brani per violino solo, o per violino ed elettronica, scritti appositamente per lei, tra cui recentemente opere di Stroppa, Furrer, Chin, Aperghis, Fujikura, Morciano.Sia nei concerti con orchestra che nei recital solistici presenta sempre nuove opere. Tra le più recenti, la prima tedesca del secondo concerto per violino di Pintscher (Mar’eh) e prime assolute di Traversa (Red, per violino solo), Hurel (Trait d’union, per violino e violoncello) e Attahir (Izaaj, per violino ed ensemble).Nel gennaio del 2014 ha interpretato Scena di Jonathan Harvey con la Philharmonia Orchestra di Londra all’interno della stagione “Music of Today”. Dopo la prima assoluta nel 2012, Hae-Sun Kang ha eseguito Partita II di Philippe Manoury, per violino solo ed elettronica, in numerose occasioni; nel giugno 2016, nell’ambito del Festival ManiFeste, ha presentato una nuova versione del brano per ensemble ed elettronica con l’Ensemble Linea.Nel 2014 è stata nominata Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere dal Ministero francese della cultura.

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Ciro Longobardi

Finalista e miglior pianista presso l’International Gaudeamus Interpreters Competition 1994 di Rotterdam, Kranichsteiner Musikpreis nell’ambito dei 37° Internationalen Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt nello stesso anno, ha suonato per il Festival Traiettorie di Parma, Milano Musica, Ravenna Festival, Rai NuovaMusica di Torino, AngelicA di Bologna, Biennale Musica di Venezia, Saarländischer Rundfunk di Saarbrücken, Ferienkurse di Darmstadt, ZKM di Karlsruhe, Festival Synthèse di Bourges, Unerhörte Musik di Berlino, INA - GRM di Parigi, Fondazione Gaudeamus di Amsterdam, Guggenheim Museum di New York, Salzburger Festspiele, Festival Aperto di Reggio Emilia, AdM di Modena. Ha registrato per Stradivarius, Limen, Mode Records, RAI Trade, Neos, Tactus. Tra i premi ricevuti, un Coup de Cœur de Radio France (settembre 2011), un Premio Speciale della Critica per il miglior disco italiano del 2011 nella categoria classica/strumentale, un CD del mese (ottobre 2012) e un Premio del Disco (sezione musica contemporanea) della rivista Amadeus (agosto 2013).Ha tenuto conferenze-concerto e masterclass per i Conservatori di Alicante, Rotterdam, Ghent e Bruxelles (Koninklijk Conservatorium), per la Hochschule für Musik di Basilea, per la University of Chicago e per la Manhattan School of Music di New York. Dal 2012 al 2014 ha tenuto l’insegnamento di pianoforte nell’ambito del Master of Advanced Studies in Contemporary Music Performance presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano. Insieme a Michele Rabbia e Daniele Roccato ha recentemente fondato un trio dedito alla libera improvvisazione. È membro fondatore del collettivo Dissonanzen di Napoli e pianista dell’Ensemble Prometeo e dell’Ensemble Algoritmo.

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Lorenzo Soulès

Nato a Lione in una famiglia di musicisti, Lorenzo Soulès inizia a suonare il pianoforte all’età di tre anni. A nove anni entra al CNR di Parigi nella classe di Olivier Gardon e ne esce quattro anni più tardi con un Diploma di Studi musicali.Ancora giovane dovrà fare una scelta importante, quella del professore a cui affidare la prosecuzione dei suoi studi musicali. Continuerà a formarsi a Colonia, sotto la guida di Pierre-Laurent Aimard e Tamara Stefanovich. In contemporanea si reca spesso a Barcellona per approfondire l’integrale della suite per pianoforte Iberia di Isaac Albéniz con la famosa Alicia de Larrocha. Nel 2012, a vent’anni, affronta il primo grande concorso internazionale. Sceglie il prestigioso concorso di Ginevra dove viene premiato all’unanimità dalla giuria e dal pubblico, conquistando tutti i premi: Primo Premio, Premio Coup de Cœur Breguet, Premio del pubblico, Premio del giovane pubblico e Premio Air France KLM.Il premio Coup de Cœur del celebre orologiaio svizzero, gli offre la possibilità di registrare il suo primo disco (Nascor, 2012), un bel biglietto da visita, dedicato a Mozart, Beethoven, Brahms e Skrjabin. Su questa pubblicazione, premiata con un ffff, Télérama scriverà che «al di là della perfezione tecnica, l’esecuzione pianistica di Lorenzo Soulès emana una nobiltà di emozioni e una pienezza dell’anima dalle atmosfere crepuscolari, una padronanza degli slanci demoniaci che il programma del suo récital mette particolarmente in evidenza». Questa registrazione viene accolta con favore anche da France Musique e dalle riviste Diapason e Pianiste.I concerti, sempre più numerosi, non impediscono a Soulès di concedersi il tempo di realizzarsi, al suo ritmo, lontano dal miraggio delle carriere di breve durata. Continua a perfezionarsi a Colonia dove studia alla Hochschule für Musik und Tanz.Nella stagione 2015/2016 si esibisce al NDR-Hamburg, a Ginevra, al Festival Messiaen au Pays de la Meije, al Royal Festival Hall di Londra, al Festival Aldeburgh e a Buenos Aires.La stagione 2016/2017 lo porterà in vari festival in Italia, tra i quali il Festival Piano City Milano e al Gasteig di Monaco di Baviera, al Klavier-Festival Ruhr e al Festival Messiaen per il secondo anno consecutivo.

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Orléans Concours International

Creata nel 1992 dalla pianista Françoise Thinat, e diretta oggi dalla milanese Isabella Vasilotta, l’istituzione Orléans Concours International ha l’obiettivo di organizzare, ogni due anni, un grande e prestigioso concorso internazionale, il Concours International de piano d’Orléans, dedicato al repertorio pianistico dal 1900 ai giorni nostri. Essendo aperto al pubblico, se da un lato il concorso spinge i candidati verso nuovi orizzonti musicali, è anche un vero e proprio veicolo per la scoperta della musica contemporanea per gli spettatori in sala. Oltre a residenze, conferenze, la registrazione di un disco e svariate tournée, il concorso riserva uno spazio importante alla creazione musicale proponendo un premio di composizione aperto a tutti i partecipanti e commissionando per ogni edizione un brano ad un compositore rinomato, imposto ai tre finalisti nel corso dell’ultima prova. Spinta da una necessità pedagogica, Françoise Thinat ha creato nel 2004 il concorso Brin d’herbe, letteralmente “in erba”, un secondo concorso per giovani pianisti dagli 8 ai 18 anni - suddivisi su tre livelli - organizzato negli anni dispari. Il concorso junior verte anch’esso sul repertorio contemporaneo con un’apertura verso il jazz e l’improvvisazione musicale, offrendo l’occasione a promettenti pianisti di incontrare compositori e musicisti affermati, del calibro di György Kurtág, e seguendoli nei primi passi della loro carriera. Anche per i vincitori di Brin d’herbe il concorso è un vero trampolino di lancio, viste le numerose opportunità che hanno di esibirsi fin da piccoli su scene prestigiose e con ensemble rinomati. Dalla prima edizione del 1994 ad oggi, Orléans Concours International ha proseguito il suo lavoro di diffusione del repertorio pianistico contemporaneo proponendo ai principali vincitori di ogni edizione numerosi concerti, in recital o in accompagnamento ad un’orchestra, in Francia e all’estero, come è il caso, dal 1999, con la tournée in America del Sud. In continuità con il desiderio di far conoscere i nuovi talenti nel mondo, dal 2016 al 2018 il concorso organizza una tournée italiana che coprirà dopo Milano e Parma, le città di Mantova, Spoleto, Lecce e Torino.

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Fantasia Ensemble

Fantasia Ensemble nasce nel 2014, sotto la direzione artistica del flautista Giulio Francesconi. Formazione a geometria variabile capace di adattarsi alle esigenze esecutive e ai progetti che vengono di volta in volta realizzati, si compone di giovani musicisti impegnati anche in altri gruppi nonché in esperienze solistiche, legati da affinità e complicità artistica. Senza alcuna limitazione nel repertorio affrontato, Fantasia Ensemble ha sviluppato progetti di musica contemporanea in collaborazione con alcuni compositori emergenti del panorama internazionale che hanno scritto brani ad hoc.Esempio di questa collaborazione è il recente coinvolgimento dell’ensemble in The New Goldberg, un progetto del compositore Franco Venturini che prevede la rielaborazione delle Variazioni Goldberg di J. S. Bach, una tra le opere più stimate della storia della musica occidentale. Obiettivo è la trasfigurazione delle risorse tecniche e foniche del clavicembalo originale in quelle, più diversificate e modulabili, di un organico strumentale di musica da camera, concepito quindi come un solo iper-strumento che modula la materia sonora. The New Goldberg ha ricevuto il plauso e il sostegno della DRAC Alsace - Ministère de la Culture et de la Communication française.

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Augusto Vignali

Con ironia e curiosità Augusto Vignali ha rappresentato gli immaginari degli anni ’70 e ’80. Art director e fashion graphic per Fiorucci a Milano, il suo stile è entrato nel mondo della moda e del branding, sulle navi da crociera con una lunga collaborazione con Costa Crociere. Affascinato dalla “parola ben composta” di Jan Tschichold, che giocava con le lettere e dall’arte tipografica di Bodoni e Brody; ispirato dai grandi illustratori americani dell’inizio del ’900 e dalla tradizione, incuriosito dai segni quotidiani incontrati per le strade, sui muri, tra la gente. Ascoltare e guardare il mondo per imparare da quello che ci succede intorno, ogni giorno: per lasciare un segno, lontano dai luoghi comuni.

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Casa della Musica

La Casa della Musica ha sede in Palazzo Cusani, eretto nella seconda metà del XV secolo e riaperto nel 2002 a seguito di un accurato restauro a cura del Comune di Parma. È composta da molteplici spazi: una Sala Concerti, un Auditorium, una Biblioteca - Mediateca per la consultazione ed il prestito, dotata di sala ascolto e postazioni internet, l’Archivio Storico del Teatro Regio. Ogni spazio è stato pensato e realizzato per una funzione particolare, così da rendere l’edificio sede abituale di diversi eventi musicali o spettacolari, convegni, seminari, presentazioni, proiezioni video, incontri culturali, attività didattiche, esposizioni. Il chiostro, inoltre, permette di poter ospitare eventi musicali all’aperto durante i mesi estivi. Al suo interno è situato il Museo multimediale “L’opera in scena: viaggio nel teatro musicale a Parma” che prende spunto dalla tradizione della città per raccontare quattro secoli di storia del teatro d’opera italiano. La Casa della Musica comprende inoltre importanti realtà quali il Museo Casa Natale Arturo Toscanini e la Casa del Suono: la Casa Natale Arturo Toscanini si presenta oggi come un museo rinnovato e moderno, che, in occasione delle celebrazioni del 2017, è stato arricchito da alcuni documenti e cimeli della vita pubblica e privata del Maestro parmigiano mai esposti prima; la Casa del Suono, che ha sede nel suggestivo spazio dell’ex-chiesa di Santa Elisabetta (metà del sec. XVII), nasce con l’ambizione di riflettere sul nostro modo di ascoltare e intendere la musica, ed è dedicata a un pubblico vastissimo, vale a dire a tutti coloro che oggi ascoltano musica e suoni trasmessi da strumenti tecnologici. Il percorso che la Casa del Suono propone è quello della storia e della evoluzione di tali strumenti per giungere alla situazione di oggi (dal fonografo al grammofono, dalla radio al magnetofono, dal compact disc all’iPod) e gettare uno sguardo verso il futuro. Al suo interno accoglie una preziosa raccolta di fonoriproduttori, nonché strutture dotate di innovativi impianti di riproduzione sonora e servizi dedicati alla ricerca scientifica e artistica, alla didattica e alla divulgazione.

5x1000 alla Fondazione Prometeo

Codice Fiscale: 92146840340Per sostenere la cultura del nostro tempo

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Teatro Farnese

Situato al primo piano del Palazzo della Pilotta, il Teatro Farnese occupa un grande salone che era originariamente destinato a “sala d’arme”, riadattato e trasformato in teatro tra il 1617 e il 1618 su progetto dell’architetto ferrarese Giovan Battista Aleotti, detto l’Argenta. Costruito in brevissimo tempo con materiali leggeri come il legno, la cartapesta e lo stucco dipinti, usati per simulare marmi e metalli preziosi, il teatro nacque per volontà di Ranuccio I, Duca di Parma e Piacenza dal 1593 al 1622, il quale intendeva accogliere con grande sfarzo la sosta a Parma del Granduca di Toscana Cosimo II de’ Medici, in viaggio verso Milano, nel tentativo di rinsaldare i legami con la famiglia medicea attraverso un accordo matrimoniale tra le due famiglie ducali. Sfumato per motivi di salute il viaggio di Cosimo, l’inaugurazione del Teatro – già ultimato nel 1619 – avvenne solo nel 1628, in occasione delle nozze tra Margherita de’ Medici e il Duca Odoardo Farnese, con uno spettacolo allegorico-mitologico dal titolo Mercurio e Marte (testo di Claudio Achillini e musiche di Claudio Monteverdi) arricchito da un torneo e culminante in una spettacolare naumachia. Concepito per realizzarvi l’opera-torneo, in cui il melodramma si fonde con il gioco d’armi mimando l’evento bellico, un genere sontuoso che solo le casate principesche si potevano permettere, il teatro esprime le ultime acquisizioni tecnico-spettacolari maturate a Ferrara e in Emilia durante la seconda metà del Cinquecento. La novità, che fece del Farnese un modello per la successiva scenografia teatrale barocca, sta nella vastità e forma degli spazi. Il proscenio monumentale separa il palco dalla cavea che poteva essere riservata al pubblico o diventare arena di spettacolo e, riempita d’acqua, di battaglie navali. La notevole profondità del palcoscenico, con tre ordini di telari, gallerie superiori per il movimento e sottopalco attrezzato, permise di realizzare le prime scene mobili della cultura teatrale, mentre la cavea, a gradoni e doppio ordine di serliane, con la sua pianta a U era funzionale alla capienza, alla migliore visuale agli estremi e all’acustica. La decorazione pittorica e la presenza di due archi trionfali sormontati dalle statue equestri dei Farnese trasformano lo spazio in una piazza monumentale di epoca imperiale e alludono al centro del potere civile e militare. Utilizzato per pochi eventi eccezionali, fu colpito da un bombardamento nel 1944 e ricostruito dopo il 1956 secondo il disegno originario; le parti lignee, in origine completamente decorate, furono lasciate grezze, ad evidenziare le poche strutture originali superstiti.

Fondazione Prometeo

La Fondazione Prometeo è un’istituzione creata con l’intento di sviluppare iniziative culturali nel campo della musica, dell’arte e della scienza. Il principale obiettivo della Fondazione è la promozione della musica contemporanea a livello internazionale tramite il proprio gruppo musicale, l’Ensemble Prometeo, e la rassegna Traiettorie, alla quale nel 2010 è stato conferito il Premio Abbiati della critica musicale italiana come migliore iniziativa per i suoi vent’anni di attività nella diffusione del linguaggio musicale del nostro tempo. Traiettorie ha visto la presenza dei più importanti solisti ed ensemble internazionali e, con oltre duecentocinquanta concerti all’attivo, è una delle principali realtà nazionali ed europee dedicate alla musica moderna e contemporanea.Nel 2015, per celebrare i venticinque anni della rassegna, la Fondazione Prometeo ha elaborato Polifonie, un progetto triennale di livello internazionale che prevede una programmazione concertistica di ampio respiro grazie alla partecipazione dei principali interpreti nel campo della musica classica e contemporanea, oltre trenta commissioni a compositori di primo piano sulla scena internazionale, ognuno dei quali scriverà un brano musicale che verrà eseguito in prima assoluta durante l’arco del triennio, molteplici iniziative collaterali a carattere seminariale, un ciclo di conferenze e incontri nell’ambito della musica, dell’arte e della scienza, produzioni discografiche e una serie di pubblicazioni fra le quali la realizzazione della rivista scientifica «Nuove Musiche», dedicata alla musica contemporanea. Inoltre, nell’intento di cogliere il senso più profondo della molteplicità di voci e strumenti a cui il termine “polifonie” rimanda, la Fondazione Prometeo ha avviato una collaborazione con il Politecnico di Milano e la sua Scuola di Architettura e Società, nella realizzazione del progetto Parma Città delle Muse.Nel corso degli anni, la Fondazione ha potuto contare sul sostegno degli enti pubblici a livello nazionale, regionale e locale, sulla collaborazione con le principali istituzioni del contesto culturale italiano e con rinomati centri internazionali di ricerca, nonché sull’appoggio di artisti, intellettuali e associazioni musicali che ne condividono il profondo impegno etico.