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    VIET VO DAOla via della Pace

    FEDERAZIONE VIET VO DAO ITALIA a.s.d

    a.s.d VIET VO DAO LAZIO

    TESI PER IL CONSEGUIMENTO DEL GRADO DI III DANG

    Anno accademico 2011-2012

    Sessione desame: 1 giugno 2012

    Relatore:Ill.mo Dott. Maestro

    NGUYEN VAN VIET

    Candidato:ALBERTO CASTI

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    Premessa pag. 3

    Capitolo 1 - La via dellagire pag. 6

    Il valore dellinterrogazione pag. 8

    Questioni chiave: tre ipotesi pag. 10

    Chi siamo pag. 10

    Da dove veniamo pag. 12

    Dove andiamo pag. 13

    La scelta tra armonia e perversione pag. 16

    Propagazione benevola pag. 18

    Professione di umilt pag. 21

    Oltre larte marziale pag. 23

    Capitolo 2 Arte contro Marte pag. 25

    Morti in guerra dallanno 0 al 200 pag. 26

    Vittime dei principali conflitti tra il 1500 e il 1945 pag. 27

    Perdite umane in alcuni conflitti dal 1945 pag. 28

    Capitolo 3 Il Dao della pace pag. 31

    Superamento del concetto di conflitto pag. 33Dal contrasto allarmonia pag. 35

    La coscienza etica pag. 39

    La coscienza del s fisico: io e il mondo pag. 39

    La coscienza del s relazionale: io e gli altri pag. 41

    La coscienza del s etico: io per gli altri pag. 42

    Conclusioni: Verso larmonia pag. 44

    Bibliografia pag. 47

    I N D I C E

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    A mio padre che non c pi,a mio figlio che appena arrivato.

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    Lo scopo di questa tesi stato prevalentemente dicarattere personale. La finalit per cui stata redat-

    ta, il conseguimento del 3 Dang di Viet Vo Dao,

    stata quindi una preziosa occasione per mettere nero su

    bianco convinzioni maturate in anni di riflessioni.

    Nel mio percorso, ormai pi che ventennale nella prati-

    ca di questa disciplina, capitato di vivere personalmen-

    te, o vederli espressi in compagni di corso o allievi, con-

    flitti di carattere ideologico derivati dallidea che la pra-

    tica costante di una disciplina dalle temi-

    bili tecniche marziali, non possa convive-

    re con convinzioni etiche votate alla pace

    tra gli uomini.

    Concetti di vocazione umanitaria, non

    conflittuale, ma piuttosto volte a sancire

    limportanza dellarmonia tra i popoli,trovano posto da sempre nei precetti filo-

    sofici del Viet Vo Dao. Ma vittima evi-

    dentemente di facili pregiudizi che assi-

    milano la pratica di talune discipline

    orientali ai cosiddetti sport violenti, rimaneva per me

    necessario indagare ulteriormente lessenza di quella che

    ritengo essere la destinazione pacifica della pratica di que-sta disciplina.

    Lanalisi che segue il frutto di questa ricerca. Un ela-

    borato la cui ambizione spiegare come il Viet Vo Dao

    nella sua specificit, possa diventare uno strumento utile

    a preservare larmonia tra gli individui. La base su cui

    viene formulata tale ipotesi perlopi di carattere filoso-

    P R E M E S S A

    III

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    fico e muove i primi passi da unanalisi esistenziale, a

    indagare la nostra origine e la nostra destinazione nelmondo. A una valutazione di carattere generale sulla con-

    dizione umana e la sua interconnessione con il sistema

    Natura, segue un breve capitolo di statistica sui costi in

    termini di vite umane, causati nella storia dai conflitti

    bellici. Una premessa drammatica, ma indispensabile per

    sancire in maniera ancora pi marcata la necessit di un

    atteggiamento nuovo, di tolleranza e fratellanza tra gli

    individui a prescindere dalle convinzioni politiche e reli-

    giose, dalletnia o la classe di appartenenza.

    Allauspicio di una nuova era di pace il Viet Vo Dao pu

    contribuire dimostrando percorribile la strada della non

    conflittualit.

    P R E M E S S A

    IV

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    Alla nascita luomo molle e debolealla morte duro e forte

    Tutte le creature, lerbe e le piantequando vivono son molliquando muoiono son aride e secche.Durezza e forza sono compagne della morte.mollezza e debolezza son compagne della vita.Per questo chi si fa forte con larmi non vince,lalbero che forte vien abbattuto.Quel che forte e robusto sta in bassoquel che molle e debole sta in alto

    (Lao Tzu - Tao Te Ching)

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    C

    apita a tutti, prima o poi di chie-dersi perch ci troviamo in questomondo, chi siamo, da dove venia-

    mo e dove andiamo. Sono domande diffi-cili che il pi delle volte non trovanorisposta e che alimentano sin dai primordila speculazione filosofica.

    C chi crede che sia una divinit a dise-gnare il nostro destino, a farci nascere, cre-scere, e a un certo punto a spegnerci per chiss quale

    ignoto volere. Altri cercano di trovare luniverso nelmicroscopio o al di l dello spazio. Chi non ha fede inDio, o nella scienza, si dispera o si convince infine che inutile porsi tali questioni evitando a-priori di farsi ango-sciare dal dubbio. Ma possibile tracciare percorsi diver-si.

    Il testo che segue non vuole essere una risposta esausti-

    va a tali enigmi. Non contiene documentazione scientifi-ca a suffragio di quanto esposto perch il suo propositonon fornire strumenti di conoscenza, ma semplicemen-te invitare chi legge a spostare lattenzione dal particola-re al generale, a fare un passo indietro perch, solo in que-sto modo potremo compierne due in avanti.

    Spiegazioni chiare e semplici, relative al nostro essere

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    1La via dellagire

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    qui e ora e alla nostra missione mondana sotto gli occhi

    di tutti. Bisogna semplicemente ampliare il campo dellavista e ricordare ci che dato per assodato. possibileriportare splendore nel mondo senza essere santi o coman-danti. Basta acquisire nuovamente coscienza di s e diquel che ci circonda.

    Come si dimostrato nel precedente lavoroLa filosofiadel Dao (tesi per il conseguimento del 2 dang) e come inseguito ricorderemo, il Viet Vo Dao pu divenire unostrumento utile al raggiungimento di tale consapevolez-za. Ma a questa presa di coscienza occorreva dare unseguito.

    Larte marziale un semplice strumento di introspezio-ne, o pu piuttosto ambire ad acquisire anche una qual-che utilit collettiva?

    Nella tesi che segue cerchiamo di rispondere a questo

    interrogativo, illustrando come il Viet Vo Dao possa assu-mere una destinazione umanitaria conducendo il prati-cante alla scelta senziente del rifiuto del conflitto e tra-sformandosi da arte della guerra in arte della pace.

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    Il valore dellinterrogazione

    Le domande non solo giusto, ma indispensabile por-sele. Interrogarsi infatti non denota solo una sana curio-sit, ma porta ad aprirsi al mondo. come se nellariafluttuassero significati, segreti bisbigliati e noi nondovessimo fare altro che porci allascolto per carpirli.Lascolto interrogazione, diceva il filosofo tedescoMartin Heidegger, richiesta di significato e come tale un aprirsi al senso. Viceversa dire affermazione, chic-chiericcio, e la sete spasmodica di catalogare, di assegna-re il concetto appropriato a ogni cosa, un chiudersi alsenso. Lascolto, la domanda, rappresentano anche ilvuoto invocato dal taoismo, il so di non sapere diSocrate, la disponibilit a fare di s un contenitore pron-to ad accogliere conoscenze per avvicinarsi di pi alles-

    senza delle cose.Se seduto al tavolo mentre scrivo sento uno scricchiolio

    posso reagire in diversi modi:1) disinteressarmene e non farmi distogliere da quel che

    sto facendo;2) pensare che sono gli infissi delle finestre che si dila-

    tano al variare della temperatura e tornare a scrivere;

    3) distogliere lo sguardo dallo schermo del computer,guardare in direzione del punto da cui arrivato il suonoe accorgermi il gatto che si fermato sulle scale a osser-varmi incuriosito.

    In base alla mia disponibilit a pormi allascolto possodunque ottenere diversi gradi di conoscenza. Va da s che

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    nella quotidianit non tutto pu essere indagato o sinda-

    cabile. Ognuno di noi dar in base alla propria coscienzail grado di importanza che crede alle cose a cui intendeprestare attenzione.

    Il primo passo da compiere per una conoscenza piapprofondita della realt deve essere dunque uno stato diumilt, un aprirsi a risposte che potrebbero non trovarsin tra i vorticosi moti dellintelletto, n in complessi cal-coli matematici.

    La richiesta di significato nella nostra indagine deveessere dibattuta, mettendo in discussione quel che si sacon quello che non si sa, senso e nonsenso, visibile e invi-sibile. Linterrogazione lespressione di questo approccioed ancora una volta apertura a ci che fuori di me.

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    Fondatore dellAikido il giapponese Morihei Ueshiba (1883-1969) statoil primo e pi autorevole marzialista ateorizzare il concetto di arte della pace. Perquesta ragione lAikido, oarte dellArmonia stata in origine una disciplina dalla spiccataconnotazione spirituale derivata dalladesio-ne del Maestro allo shintoismo. Larte della

    pace sosteneva Ueshiba in alcuni precettioggi raccolti nel volumeArte della Pace non

    fa affidamento sulle armi o sulla forza bruta peravere successo; al contrario, entriamo in sintonia

    con lUniverso, manteniamo la pace nei nostrireami, promuoviamo la vita e preveniamo la mortee la distruzione. Il vero significato del termine

    samurai colui che osserva il potere dellamore.E ancora: Su questa terra, noi facciamo partedella stessa famiglia, e dovremmo operare assieme

    affinch la discordia e la guerra scompaiano.Senza lAmore, la nostra nazione, il mondo e lu-niverso saranno distrutti.

    Linsegnamento di Morihei Ueshiba

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    Questioni chiave: tre ipotesi

    Ma qualche risposta, seppure discutibile siamo di natu-ra portati a darla ed giusto che sia cos. Limportante non pretendere che queste abbiano un valore assoluto,universale e che si lasci sempre la porta aperta al dubbio.Se anche sono sbagliate, le nostre congetture ci aiuteran-no in ogni caso a progredire nella ricerca. I mattoni di unaconvinzione che si sgretola renderanno comunque pisolide le fondamenta del nuovo sapere acquisito.

    Cominciamo dunque ad avanzare qualche ipotesi sullefatidiche domande che si ricordavano sopra e che da sem-pre alimentano lindagine filosofica: chi siamo, dove andia-mo, da dove veniamo.

    CHI SIAMO?

    Siamo esseri bipedi implumi diceva Platone, siamoanimali sociali aggiungeva Aristotele. Entrambi aveva-no colto nel segno. infatti evidente che non siamocoperti di manti pelosi o piume, che siamo dotati diraziocinio e siamo creature sociali, ovvero legate lun lal-tro da una fitta rete di relazioni.

    Nasciamo con la capacit di respirare, osservare, gusta-re cibi, ascoltare suoni, come la grandissima parte dellealtre creature; ma a differenza di queste possiamo ancheparlare, creare cose utili o belle, divertenti o drammati-che, sappiamo ridere e gioire, amare e ricreare la realtsotto forma darte. Ma tutto ci lo facciamo principal-

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    mente perch c qualcun altro insieme a noi, qualcuno

    che ha i mezzi per condividere quel che facciamo. Ci sonotanti uomini nel mondo e tutti potenzialmente possonoparlare tra loro, scambiare conoscenze, progetti ed emo-zioni. Lessere non esiste afferma il monaco buddistaThich Nhat Hanh esiste solo linter-essere. Ogni gesto,ogni azione, in ogni istante della giornata compiuta invirt del fatto che siamo nati per relazionarci lun laltro.Lo strumento principale la parola, ma ci sono anche igesti, le espressioni, le allusioni e non di meno la poesia elarte.

    Nel quadro generale dellUniverso a noi noto appareevidente che la nostra intelligenza in qualche modo suigeneris, per non dire anomala. Per certi versi infattisuperiore alla media delle altre creature che abitano il pia-neta.

    Un altro dato fondamentale da considerare che, insie-me ad ogni genere animale o vegetale, siamo ospiti di ununico mondo. Abbiamo convissuto per milioni di anni conle altre creature alinterno di un sistema fondato su unarelazione costante, su un qualche rapporto di reciprocitche difficile interpretare in senso univoco e compiuto.

    PRIMA RISPOSTA: CHI SIAMO? Possiamo affermare diessere animali sociali, razionali e strettamente intercon-nessi tra di noi e con lambiente esterno.

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    DA DOVE VENIAMO?

    Al momento della nascita ci troviamo proiettati in unostato di necessit che ci vincola allambiente e agli altriuomini. Abbiamo bisogno del latte materno per nutrirci,ma anche degli alberi che producono lossigeno indispen-sabile alla nostra sopravvivenza. Ci serve un luogo ripara-to dove crescere al sicuro, ma anche la terra sotto i piediper poter camminare. Ci troviamo insomma immersi inuna fitta serie di relazioni, un sistema complesso checoinvolge la quasi totalit degli aspetti della realt a par-tire dallambiente, dagli altri uomini e da altre entitviventi, siano esse animali o vegetali, dai quali sarebbeimpossibile prescindere.

    In questo stato di necessit vi sono delle relazioni fon-damentali indispensabili a mantenere inalterato lequili-

    brio tra le parti e a garantire il perpetuarsi della vita.Nella filosofia del Viet Vo Dao si tratta dei cinque ele-menti enunciati nella legge Thuyet Ngu Hanh, ossia fuoco,metallo, legno, terra e acqua a cui associato ogni ciclo digenerazione e dominazione esistente in noi e fuori di noi.

    Venisse a mancare anche uno solo di questi elementi perpochi istanti, lintero sistema di vita cos come lo cono-

    sciamo si sgretolerebbe.Lessere umano legato indissolubilmente al contesto in

    cui vive, che gli offre dunque possibilit di sopravviven-za con laria e lacqua e col cibo che la terra pu produr-re. La Terra lambiente in cui lessere umano progredi-to ed a oggi lunico luogo nel buio Universo in cui que-

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    sto possa sopravvivere, avere un presente, creare un passa-

    to e guardare al futuro.

    SECONDA RISPOSTA: DA DOVE VENIAMO? Date le cono-scenze attuali luomo figlio della terra e viene dalla terrastessa. Un microcosmo in un macrocosmo anchesso vivo,anchesso composto per il 71% dacqua, di minerali e atomi.

    DOVE ANDIAMO?

    Perch mai dunque, se lessere umano ha dalla suaunintelligenza tanto evoluta da comprendere la necessitdi tali relazioni, non si comporta diversamente dalle altrecreature? Per quale ragione abbiamo sfruttato la nostrasuperiorit cognitiva non solo per sopravvivere ai preda-tori, ma per sottometterli? E perch ancora cos spesso

    continuiamo a ingaggiare guerre che immancabilmentelasciano vittime sul campo?

    Ancora oggi, le nostre supposte potenzialit sono indi-rizzate in tuttaltra direzione rispetto al mantenimento diun quadro iniziale, di armonia. Piuttosto lazione antro-pica si distaccata dal contesto in cui luomo stesso haavuto origine. E se non si vuole accettare lidea in base

    alla quale gli effetti di questo agire siano stati disarmoni-ci, di certo si dovr ammettere che non hanno portatoalcun beneficio se non al perpetuarsi, almeno finora, dellaspecie umana.

    Il riscaldamento globale, leffetto serra, linquinamentoatmosferico, lestinzione di alcune specie animali, la

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    sovrappopolazione e il maltrattamento di capi di bestiame

    destinati alla macellazione, lo sversamento in mare e neicorsi di acqua di scorie radioattive o velenose, la pescaindiscriminata, il disboscamento delle foreste, la cementi-ficazione delle coste: di questo approccio conflittuale e dimolto altro dobbiamo chiederci, cosa ne ha guadagnato lavita sulla Terra? La risposta una sola: nulla. Un nonsen-so di fondo a cui non possibile dare giustificazione e cherichiede un serio ripensamento da parte di ciascuno di noi.

    Facciamo nostro dunque lappello lanciato dal filosofofrancese Edgar Morin nel recente volumeLa Via, Per la-venire dellumanit:

    Bisogna rivedere lassoluta disgiunzione fra lumano e ilnaturale, che risultata dallo sviluppo del razionalismo tecnico

    occidentale e dalla pregnanza dellantropocentrismo ebraico-cri-

    stiano. La chimera del dominio totale del mondo, incoraggiata

    dai prodigiosi sviluppi delle scienze e delle tecniche, si scontraoggi con la presa di coscienza della nostra dipendenza nei con-

    fronti della biosfera e con la nostra presa di coscienza dei poteri

    distruttivi della tecnoscienza nei confrontidellumanit stessa.

    Poich la via seguita dallumanit porta allaggravamento di

    tutti questi mali e pericoli, si tratta, con prese di coscienza e con

    riforme successive, di cambiare via. LHomo sapiens non deve pi

    cercare di dominate la Terra, ma deve cercare di averne cura e diorganizzarla (...). Una riforma del pensiero, inseparabile da

    una riforma delleducazione ci porterebbe a riconoscerci come figli

    della Terra, figli della Vita, figli del Cosmo. Ci farebbe pren-

    dere coscienza della nostra comunit di destino di esseri umani

    di ogni origine, minacciati dagli stessi mortali pericoli.

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    Sapremmo allora che il nostro piccolo pianeta perduto chiamato

    Terra la nostra casa - Home, Heimat; che essa la nostramatria, la nostra Terra-Patria. Tutti gli esseri umani abitano

    la casa comune dellumanit. Tutti gli esseri umani subiscono lo

    stato agonico di questo inizio di millennio. Tutti gli esseri

    umani condividono un destino di perdizione.

    TERZA RISPOSTA: DOVE ANDIAMO? Andiamo verso losconvolgimento del sistema Natura che sin qui ci ha con-sentito di progredire. Bench si tratti di una tendenzaregressiva, lunica, tra le condizioni sin qui citate, cheabbiamo ancora il potere di cambiare.

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    Antropizzazione: a nostra immagine

    Lantropizzazione il processomediante il quale luomo modificalambiente naturale, per renderlo piconsono ai propri fini. La colonizzazio-ne umana di territori naturali compor-ta sempre, o quasi, che vi siano altera-zioni dellambiente preesistente, e per-ci si dice, che tale ambiente subisceantropizzazione importante sottolineare che lantro-

    pizzazione non consiste necessariamentenella costruzione di un manufatto: rea-lizzare un sentiero battuto in un bosco,piantare un albero o anche solo metteredei pesci in uno stagno naturale sonointerventi che rendono un territorio antropizzato perch lo modificano in un modo che pu

    ripercuotersi nel campo biologico o spaziale a breve o lungo termine. In senso estremo,anche fotografare un paesaggio vergine corrisponde ad unazione di antropizzazione (pur nonattuata nella realt) che consiste nello scegliere nello stesso ambiente una tale forma od untale punto di vista piuttosto che altri.Modifiche ambientali come il disboscamento al fine di ottenere zone edificabili o col-

    tivabili, lagricoltura stessa, e lo sbancamento del terreno per la costruzione di strade edi ogni altro insediamento umano provocano danni sempre pi evidenti e sempre menoaccettabili. Tali modifiche portano con s, spesso, conseguenze come inquinamento,degrado, depauperamento delle risorse e, per la popolazione, condizioni di vita critiche.Invertire la tendenza appare difficile, ma in tutti i paesi sviluppati lopinione pubblicaimpone sempre pi ai vari governi una attenzione crescente al problema. La difesaambientale (o il suo recupero), quindi, diventata una necessit diffusa.

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    La scelta tra armonia e perversione

    Viviamo in unepoca in cui gli effetti distorti dellagireumano sono talmente evidenti, che non abbiamo altrechance se non quella di auspicare una profonda fase diautocritica. Un sostanziale cambio di rotta nel nostroagire che abbia effetti immediati sullambiente, sullerelazioni umane e di conseguenza sul nostro stesso vivere.Un moto di risveglio non solo auspicabile, ma necessa-ria.

    Si pu agire attraverso una scelta armonica, consapevo-le e votata alla condivisione pacifica tra gli uomini e traquesti e le altre creature. Condizione che finalmentelegittimerebbe anche il nostro essere qui e ora. La specieumana riscoprirebbe insomma il proprio senso nel nobileruolo di preservare la vita. Un fine che partecipazione,

    perseguibile attraverso la somma di tante azioni, piccole,quotidiane, ma coscienti della loro importanza.

    Definiamo per praticit o stato della vita precedenteagli effetti dellazione antropicaarmonia; quello successi-voperversione. Ogni aspetto della quotidianit si pu espe-rire una di queste due tendenze.

    Noi siamo qui, oggi, siamo nati, siamo cresciuti, vivia-

    mo, ci riproduciamo e infine moriremo. Dare un sensouniversale a questa esperienza terrena, che non sia quindisolamente quella di progredire individualmente comespecie, significa anche agire, trasmettere, tramandare. Lanostra grande forza nella possibilit di scelta, nel deci-dere se fare o non fare qualcosa, se dire o non dire qualco-sa, se cambiare o restare fermi. Ogni giorno, in ogni

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    istante possibile operare una scelta che potrebbe cam-

    biare ognuno di noi e una infinitesima porzione dimondo. Ogni gesto generoso, solidale, sorridente ha ilpotere di aprire il cuore e liberare il pensiero di chi loriceve. La nostra missione dunque ricercare un gesto diapertura verso quello che ci circonda. Che non sono sologli uomini, ma il sistema che ci accoglie, fatto di cosemortali, caduche come noi, ma anche eterne e inanimatecome le rocce.

    Non abbiamo scelto di essere qui. Semplicemente ungiorno abbiamo respirato aria e abbiamo fatto il nostroingresso nel mondo sensibile. Non abbiamo scelto di chiessere figli o genitori, non abbiamo scelto di essere neri,bianchi, gialli, alti o bassi, semplicemente siamo cos,quello che siamo. E cos dimprovviso questo diventa ilnostro unico mondo possibile e il nostro scopo quello di

    migliorarlo o peggiorarlo. Si tratta appunto di una scelta.

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    Propagazione benevola

    Agire significa dunque mette insieme tante piccoleazioni quotidiane che abbiano un effetto che, per quantolimitato, risulti immediato e concreto.

    Una coscienza attenta allambiente, per esempio portercon s una sportina da casa anzich accumulare buste diplastica quando si fa la spesa, non far scorrere inutilmen-te lacqua dai rubinetti, non lascer accese le luci senzache ve ne sia la necessit e utilizzer quando possibile labicicletta o i mezzi pubblici al posto dellautomobile.

    Si tratta di azioni che riguardano la sensibilit dellin-dividuo e se dettate da buonsenso, possono essere perse-guite anche in maniera intransigente, senza commetterealcun torto. Immaginiamo di quali benefici godremmo sein tanti da domani smettessimo di utilizzare contenitori

    non biodegradabili, se smettessimo di fumare e rinuncias-simo a utilizzare lauto o la moto per una sola volta a set-timana. Le ripercussioni sul mercato, sulla salute e sul-lambiente sarebbero immediate.

    Chi vuole un mondo pi sano e pulito del resto beneche cominci a non sporcarlo e a indignarsi quando qual-cuno lo fa, piuttosto che aspettare semplicemente che dal-

    lalto vengano approntate soluzioni che incontrino la suasensibilit. Chi non vuole che vi siano guerre daltrocanto dovr essere il primo a mostrare un atteggiamentopacifico e tollerante.

    Guardiamo ai gradini pi alti della catena alimentare: ilpredatore insegue la preda, la cattura, la uccide e la divo-

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    ra. Tutto ci per la vittima non chiaramente esente da

    dolore e drammaticit, ma il predatore non ha una sceltaalternativa.Lessere umano a differenza delle altre creature che abi-

    tano il pianeta ha invece la possibilit di scegliere comeinfluenzare lambiente circostante. Se cambiare e coabita-re senza snaturare la propria essenza, o se sacrificare il suohabitat in virt di un temporaneo ed egoistico beneficio.

    Osservare un serpente mentre aggredisce un topo, lostritola e lo ingoia suscita in molti di noi un disagio. Lanatura nei suoi percorsi pu apparire crudele. Ma come sidiceva il serpente non ha alternative a questa crudelt.Deve uccidere, in apparenza anche brutalmente, persopravvivere.

    Vedere un uomo agire come un serpente, oltre che assolu-tamente deprecabile rappresenterebbe unassurdit. Lessere

    umano pu sempre scegliere se agire con quella che sarebbeuna gratuita brutalit o se regolarsi diversamente. La diffe-renza tra luomo e il serpente di cui sopra non sta solo nelladiversit che corre tra un essere umano e un rettile in termi-ni biologici, ma nel fatto che noi abbiamo capacit razioci-nanti tali che, specialmente allinterno di un contesto socia-le definito, in cui vigono comuni regole comportamentali,

    possiamo decidere se agire coscientemente.Questa scelta, se di amorevolezza e di preservazione del

    sistema natura o di armonia tra i popoli, la si pu definire dipropagazione benevola ed lunico, inalienabile vero potere inmano a ogni individuo; la nostra possibilit di riscatto gior-naliera, una salutare dose di auto-determinazione. Leffetto

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    farfalla enunciato da Edward Lorenz nel 1979 recita che il

    battito delle ali di una farfalla in Brasile pu scatenare untornado in Texas. Tale affermazione sta a sottolinearecome nella maggior parte dei sistemi biologici, chimici,fisici, economici e sociali, esistano degli elementi che,apparentemente insignificanti, sono in grado, interagen-do fra loro, di propagarsi e amplificarsi provocando effet-ti di grande impatto. nostra convinzione che se lamatrice di un gesto benevola, gli effetti avranno piprobabilit di mantenersi tali. Lo stesso, purtroppo, valeper il contrario.

    Tu scrive il monaco Thich Nhat Hanh nel saggio Ilsegreto della pace sei come una candela. Immagina di emettereluce tuttintonro: tutte le tue parole, i tuoi pensieri e le tue azio-

    ni partono da te in mille direzioni. Se dici qualcosa di gentile,

    le tue parole carine vanno in svariate direzioni e tu stesso vai con

    loro.

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    Il matematico statunitense Edward Norton Lorenz(1917-2008) noto per essere stato il pioniere dellateoria del caos.Lorenz costru un modello matematico dellaria che simuove nellatmosfera terrestre attraverso cui si rese contoche non sempre i cambiamenti climatici erano prevedi-bili. Minime variazioni dei parametri iniziali produceva-

    no enormi variazioni. tale effetto prese il nome di effet-to farfalla. Lorenz esplor la matematica che stava allabase del modello e descrisse un sistema di equazioni rela-tivamente semplice che dava come risultato uninfinitaserie di soluzioni di estrema complessit che mostravanouna sensibile dipendenza dai dati iniziali.Per questo Lorenz considerato il padre della teoria del

    caos deterministico in base a cui in un sistema comples-so una minima variazione dei dati di input ha grandeimpatto nel risultato finale e che, pur in condizioni ini-ziali simili, il sistema pu reagire in modi molto diversi.Il numero di possibili soluzioni comunque finito.

    Lorenz il padre della teoria del caos

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    Professione di umilt

    Chi sceglie la via dellagire benevolo lo fa impegnando-si in base alla propria coscienza con umilt e senza neces-sit di consenso, ma consapevole che la sua azione pro-durr comunque degli effetti che si rifletteranno sulla col-lettivit.

    E in questa scelta sta il fondamento del nostro essere quie ora, la nostra destinazione. Un grande privilegio checorrisponde a grande responsabilit. Uno status di elettidestinati a sfruttare le loro doti migliori per agire dellanostra singola volont.

    unazione che si attua con estrema umilt. Quel che sif non lo si f in nome di qualcuno o di qualcosa, ma perlibera scelta. Non c altro in questo atto di volont chela nostra coscienza, il nostro essere presenti a noi stessi e

    la finalit non altra che quella di garantire, nel limitedelle nostre possibilit, unesistenza migliore al prossimoe a noi stessi, senza la ricerca di un riconoscimento chesvierebbe dal proposito.

    LINCERTEZZA DELLESITO

    Nulla pu assicurare che a una mia azione benevola,costruttiva o propositiva, ne corrisponder una uguale. Semi adopero per il mio prossimo non detto che questifar altrettanto con me o qualcun altro. Ma vero il con-trario: se agisco negativamente nei confronti di qualcosao qualcuno, molto probabile che questa azione si riper-

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    cuoter su di me o altri, innescando una catena dagli

    effetti negativi. Un esempio molto banale pu esserequello che segue.Opzione 1. Un istruttore insegna ai suoi allievi una tec-

    nica di potenziamento della fascia addominale. La tecnica scorretta e a lungo andare questo genera in lui un inde-bolimento della colonna vertebrale. Un allievo che comeil suo maestro ben allenato sopporta inizialmente iltrauma e diventa a sua volta istruttore. Solo dopo anni,come gi stato per il suo insegnante, riscontrer unapatologia latente. Nel frattempo avr a sua volta insegna-to la tecnica errata ai suoi allievi che di conseguenzalamenteranno dolori alla schiena.

    Opzione 2. Listruttore insegna ai suoi allievi una tecni-ca di potenziamento della fascia addominale corretta, spe-cificando anche quali errori e disattenzioni nelleseguirla

    potrebbero causare patologie. Con buona probabilit nes-suno dei suoi allievi diretti nelle generazioni successivelamenter alcuna patologia.

    Nulla toglie poi che qualcuno invece possa mal inter-pretare il messaggio e possa a sua volta insegnare la tec-nica scorrettamente. Ma il danno sar certamente limita-to rispetto a quello causato dalla catena innescata dalli-

    struttore incompetente. Nel caso dellistruttore incapaceinfatti si produce negativit certa, nel secondo pi proba-bilmente positivit.

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    Oltre larte marziale

    Alla luce di quando esposto sopra, praticare larte mar-ziale col proposito di accentuare uno stato di contrastocon altri uomini o di risolvere conflittualmente eventualicontroversie, non renderebbe merito allintelligenza delgenere umano. Non farebbe infatti altro che alimentare lacondizione di perversione sopra esposta senza apportarenulla di benefico. Piuttosto, potrebbe lasciare vittime sulcampo, dalluna o dallaltra parte.

    Ma possibile praticare il Viet Vo Dao con altri propo-siti. Disporre di uno strumento temibile, ma utilizzarlorifiutando loffesa, significa dare consapevolezza a ungesto che, come vedremo, ancora una volta una scelta,tra la via della guerra a quella della pace.

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    Non ci sono competizioni nellArte della Guerra. Un

    vero guerrioero invincibile perch non compete contro

    nulla. Vincere significa sconfiggere la mente conflit-

    tuale che si annida dentro di noi.

    Morihei Ueshiba

    (John Stevens, lArte della Pace)

    Chi vede come noi uomini siamo fatti e pensa che la

    guerra bella o che valga pi della pace, storpio di

    mente.

    Cartesio

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    L

    a locuzionearte marziale for-

    mata da due parole di chiaro

    significato. E laccostamento

    non casuale. Letimologia marzialesi riferisce a Marte, il Dio greco-

    romano della guerra. Va da s che

    una disciplina che voglia dirsi pura-

    mente marziale, dovrebbe avere

    come intento unico quello di insegnare a combattere con-

    tro altri uomini.

    Ma il concetto associato, quello diarte, evidenzia chia-ramente che il gesto fisico apparentemente violento in

    realt sublimato in quello artistico, quindi svincolato

    dalla mera finalit offensiva.

    Larte un mezzo di espressione potente, una forma di

    comunicazione allo stesso tempo evoluta e primordiale,

    uno strumento con cui gli uomini riescono a esprimere

    significati complessi, che altrimenti non sarebbero condi-

    visibili. Larte marziale in quantoarte, superamento del

    gesto bellicoso, e negazione dello stesso.

    Il Viet Vo Dao dunque non pu essere strumento di

    guerra.

    I militari che compongono gli eserciti e che si scontra-

    no, lasciano immancabilmente sul campo morte e deva-

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    2Arte contro Marte

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    stazione. Se i loro gesti fossero artistici il mondo avrebbe

    vissuto gi da lungo tempo in pace e armonia. Ma non cos: la storia del genere umano purtroppo costellata di

    conflitti e continua ad esserlo.

    Secondo i dati riportati dallassociazione medica di

    volontariato Emercency sul sito www.peacereporter.it i

    conflitti in atto nel mondo solo nel 2011 sono stati 31: 6

    in Medio oriente, 11 in Asia, 9 in Africa, 1 in Europa e

    due in America Latina. Guerre ancora in corso che dalli-

    nizio a oggi hanno causato la morte di oltre 1.580.000

    persone.

    Una inquietante statistica redatta da William Eckhardt,

    nel volume War-related Deaths Since 3000 BC, Bulletin of

    peace proposals, December 1991, mostra che la guerra come

    pratica non affatto inversamente proporzionale al livel-

    lo di cultura e progresso dei popoli, piuttosto il contrario:

    i morti in guerra dallanno 0 al 1995 hanno subito unrapido incremento.

    Il dato certamente pi inquietante legato al secolo

    scorso, il 1900, che porta il triste primato di oltre 109

    C A P I T O L O 2

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    Numero morti in guerra periodo di riferimento

    3.700.000 0 1499

    1.600.000 1500 1599

    6.100.000 1600 1699

    7.000.000 1700 1799

    19.000.000 1800-1899

    109.700.000 1900-1995

    MORTI IN GUERRA DALLANNO 0 AL 2000

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    milioni di persone rimaste uccise.Nel volume World Military and Social Expenditures del

    1991, Ruth Leger Sivard, Economista del Dipartimento

    di Stato Usa, focalizza lattenzione sui conflitti che dal

    1500 al 1945 sono costati il maggior numero di morti al

    genere umano. Il primato va alla Prima e alla Seconda

    Guerra Mondiale in cui hanno perso la vita rispettiva-

    mente 26 e oltre 53,5 milioni di persone.Le vittime dei conflitti sono quasi sempre per la mag-

    giore parte civili con un inquietante crescendo dal 1945

    in poi.

    Alla luce di dati raccolti evidente che il XX Secolo

    detiene il primato come il pi produttivo e contempora-

    neamente distruttivo nella storia del genere umano.

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    Conflitto periodo morti civili

    Rivolta dei contadini in Germania 1524-1525 175.000 57%

    Guerra di indipendenza olandese 1585-160 4.177.000 32%

    Guerra dei trentanni 1618-1648 4.000.000 50%

    Guerra di successione spagnola 1701-1714 1.251.000 n. d.

    Guerra dei sette anni 1755-1763 1.358.000 27%

    Rivoluzione francese

    e guerre napoleoniche 1792-1815 4.899.000 41%

    Guerra di Crimea 1854-1856 772.000 66%

    Guerra civile Usa 1861-1865 820.000 24%

    Paraguai contro Brasile e Argentina 1864-1870 1.100.000 72%

    Guerra franco-prussiana 1870-1871 250.000 25%

    Prima Guerra Mondiale 1914-1918 26.000.000 50%

    Seconda Guerra Mondiale 1939-1945 53.547.000 60%

    VITTIME IN ALcUNE GUERRE TRA IL 1500 E IL 1945

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    Nessun altro periodo storico gli si avvicina in termini di

    progresso sociale nelleducazione, salute e benessere e allo

    stesso tempo in violenza civile, numero di conflitti incorso, dispersi, rifugiati e investimenti stanziati in ambi-

    to militare.

    Nellarco del Novecento ci sono state 250 guerre e quasi

    110 milioni di morti. Dalla seconda met del secolo poi i

    conflitti sono divenuti pi frequenti e sanguinosi.

    I decessi civili sono stati il 50 per cento nella prima

    met del secolo, il 63% nel 1960, il 74 % negli Anni 80e oltre l80% negli Anni 90.

    Il parallelismo tra sviluppo industriale progresso econo-

    mico, sociale, educativo, medico, scientifico e lincremen-

    tarsi di conflitti sempre pi acerrimi inaccettabile per

    una societ che voglia dirsi moderna, pacifica e democra-

    tica. Ma al di l delle ragioni politiche, economiche, reli-

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    Conflitto periodo morti civili

    Guerra civile in Cina 1946-50 1.000.000 50%

    Guerra di Corea 1950-53 3.000.000 50%

    Guerra in Vietnam

    dallintervento Usa 1960-75 2.358.000 58%

    Guerra civile in Nigeria (Biafra) 1967-70 2.000.000 50%

    Guerra civile in Cambogia 1970-89 1.221.000 69%

    Secessione del Bangladesh 1971 1.000.000 50%

    Afghanistan (intervento sovietico) 1978-92 1.500.000 67%

    Guerra civile in Mozambico 1981-94 1.050.000 95%

    Guerra civile in Sudan Dal 1994 1.500.000 97%

    PERDITE UMANE IN ALcUNI cONFLITTI DAL 1945

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    giose o sociali che hanno causato i conflitti, laccentuarsi

    del loro potere devastante nel corso dei secoli da attri-buirsi evidentemente al potenziale distruttivo degli

    armamenti impiegati, tra cui certamente non rientra il

    combattimento corpo a corpo.

    Lo scopo militare dellarte marziale viene cos ad essere

    superato anche dalla storia. Difficilmente in un conflitto

    moderno un marizalista avr modo di impiegare tecniche

    di attacco-contrattacco o di difesa personale.

    Il Viet Vo Dao non lo studio del conflitto, ma rappre-

    senta il superamento dello stesso, la vittoria dellArte su

    Marte.

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    Il saggio, che pacifico, tiene in pregio la sini-stra, chi adopera larmi tiene in pregio la

    destra. Ecco che son le armi: strumenti del mal-vagio, non strumenti del saggio

    (Tao Te Ching)

    Ottenere cento vittorie su cento battaglie non il massimo dellabilit: vincere il nemicosenza bisogno di combattere, quello il trionfomassimo

    (Sun Tzu,Larte della guerra)

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    A

    bbiamo visto che levoluzionescientifica che discende dallosviluppo intellettivo del gene-

    re umano, dimostra che siamo in qualchemodo destinati a superare i nostri limiti. Cos stato nel corso dei millenni, da quando iprimi ominidi abitavano la terra procaccian-dosi il cibo con le clave, cos continua a essereoggi con i periodici balzi in avanti compiutiin ogni ambito del sapere.

    Nelluomo vi in sostanza una destinazione al cambia-mento, alla crescita sotto il profilo culturale, tecnologico,industriale che non si ancora emancipata dalla barbarie cheaccompagna lazione di progresso. Tra potenza e atto, tracausa ed effetto, si insinua in noi il limite della violenza cheprende forma in una miriade di sfaccettature diverse, adanno di noi stessi, di altri esseri viventi e dellambiente in

    genere.Un sacrificio legittimato dallidea evidentemente con-

    divisa che, per giustificare il benessere e la sussistenza dipoche creature, sia inevitabile il sacrificio di molte altre.A partire da quelle che abbondano sulle nostre tavole,allevate e uccise per il nostro palato, passando per lam-

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    3Il Dao della pace

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    biente sottoposto in maniera sempre pi drammatica agli

    effetti collaterali dellazione antropica, per arrivare allaguerra e alla sopraffazione dei popoli sugli altri popoli.Di fronte a tale situazione possiamo scegliere se preser-

    vare questo stato di cose, quindi perpetuare una condizio-ne di conflitto tra luomo, lambiente e gli altri uomini, ose coscientemente adoperarci per invertire radicalmentetale tendenza, ripristinando uno stato armonico di convi-venza.

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    Superamento del concetto di conflitto

    Vi pu essere un certo imbarazzo da parte di chi, purrifiutando la violenza, pratica una disciplina ricca di tec-niche temibili quali quelle del Viet Vo Dao, basate sul-lattacco e il cotrattacco, la difesa personale, il combatti-mento marziale e sportivo e lo studio delle armi.

    questo un disagio giustificato se si guarda allarte mar-

    ziale nella sua configurazione pi superficiale, ma assoluta-mente fuori luogo se se ne considera il substrato filosoficooltre che, come abbiamo visto, la sua essenza prevalente-mente artistica.

    Il Viet Vo Dao sin dalla sua origine animato da unapproccio spirituale proiettato verso la pace elarmonia tra i popoli da cui la disciplinavietnamita, trae continuo sostentamentodistinguendosi per altro da molte altrepratiche affini votate alla difesapersonale e al combattimento dastrada.

    Tali concetti sono riassunti achiare lettere nelle parole del GranMaestro Charles Phan Hoang, che in

    occasione della nascita dellinternationalViet Vo Dao, a Parigi nel 1973, affermquanto segue:

    Questo mondo sarebbe un inferno se ad

    ogni istante fosse necessario vivere in

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    Gran Maestro Phan Hoang, fonda-tore dellInternational Viet Vo Dao.

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    stato di allerta. Linferno sarebbe mille volte pi terribile se tutti

    gli abitanti praticassero una tecnica marziale che permettesseloro di reagire con violenza e di distruggere molto velocemente

    lavversario.

    Tuttavia per quanto riguarda larte marziale, dappertutto si

    conosce esclusivamente questo aspetto di efficacia della tecnica.

    La nostra arte marziale, cos nobile e sacra, deve essere preser-

    vata da qualsiasi deformazione. Deve essere compresa non come

    semplice tecnica marziale, ma come un vasto movimento mondia-

    le di educazione che mira ad elevare il valore delluomo.

    Ci esige una partecipazione da parte di tutti noi ed una orga-

    nizzazione seria. Spetta a noi dunque, costruire il nostro edifi-

    cio e conservare la dignit. Essere Viet Vo Dao sinh significa

    essere cosciente del destino umano; significa esser in grado di

    assumere la propria responsabilit verso gli altri e verso s stes-

    si; significa cercare costantemente lequilibrio di ogni cosa.

    Larmonia lanima del Viet vo Dao, la perseveranza e la mode-stia il valore del praticante.

    La grandezza del Viet Vo Dao quella di rendere ogni prati-

    cante un amico sincero degli uomini e non un nemico pi forte tra

    i nemici. Vivere pienamente significa vivere in perfetta armonia

    con gli altri e non isolati nellorgoglio di un sovrano.

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    Dal contrasto allarmonia

    Pu apparire paradossale, ma unarte marziale rispettoalle pratiche meditative o a discipline sportive che nonottemperano la pratica di tecniche considerate offensive,offre un vantaggio nel nobile obiettivo di superare lideadi conflitto, che quello di andare oltre una condizioneconoscendola in ogni sua pi piccola sfaccettatura e infi-

    ne a negandola.Il superamento della guerra come concetto e come pra-tica non perseguibile semplicemente applicando su diesso un altro concetto, ancora pi astratto, che quellodella pace. Lidea di conflitto pu essere pi agilmentesuperato proponendosi come obiettivo lazione non-con-flittuale, ossia la negazione del confronto violento: il non-conflitto, la non-guerra.

    Si pu insegnare a combattere, si pu insegnare comeessere potenzialmente offensivi, ma non si pu insegnarela pace. Questultima deve essere piuttosto una sceltaindividuale e meditata.

    Lidea di pace un concetto assoluto che per altro nontrova facilmente riscontri nella vita reale umana, n inquella naturale ed pertanto di difficile applicabilit: li-

    dea di non-guerra nasce invece da una presa di coscienza,dalla consapevolezza del dramma collettivo che questarappresenta e dalla necessit di superarla operando unascelta compiuta e decisa, che appunto quella di rinun-ciare al conflitto.

    E se la guerra, pu essere convertita con un comune atto

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    di volont in non-guerra, larte marziale, insieme di tec-

    niche potenzialmente temibili, pu diventare una via pre-ferenziale nel nostro cammino verso la convivenza armo-nica.

    La chiave di volta di questo processo sta nel trasformar-ne radicalmente la finalit della pratica marziale: non sisviluppano tecniche sempre pi efficaci e temibili perapplicarle, ma per non utilizzarle. Essere coscienti deldolore che si pu produrre con un movimento, pu esse-re un utile deterrente allutilizzare quella stessa tecnica afini offensivi.

    Larte che si dice marziale e che porta nel nome stesso lasua componente conflittuale, risulta cos un punto di par-tenza privilegiato nel percorso verso la pace, poich unostrumento capace di produrre violenza, ma soprattutto diinibirla.

    senza dubbio schiacciante il numero di praticanti diViet Vo Dao che hanno utilizzato le loro conoscenze tec-niche per evitare allorigine il conflitto, invece che perprocurare offesa.

    Il Viet Vo Dao pu essere un percorso di benevolenzache comincia nel vo duongper essere esteso alla quotidia-nit, in tutti i suoi aspetti. Si apprendono tecniche stu-

    diate per una possibile offesa nei confronti dellavversario,per giungere alla consapevolezza e alla padronanza neces-sarie a non utilizzarle.

    Un conflitto del resto non lo si supera vincendolo, maevitandolo, comprendendone il prezzo che comportereb-be in termini di sacrifici. Non si tratta di un discorso di

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    mera economia, non necessario fare la conta delle perdi-

    te per stabilire se unazione conveniente o meno, suf-ficiente raggiungere una coscienza del dolore causabile,passaggio questo a cui, qualora non fosse immediatamen-te comprensibile, contribuisce la storia del genere umanole cui pagine sono, lo abbiamo visto, colme di dolore.

    Unarte impiegata per perpetuare lo stato di violenza unarte della morte e non portatrice di alcuna possibi-lit di sviluppo se non appunto attraverso il superamentodei suoi stessi limiti. Uno strumento in origine votato alcombattimento pu quindi diventare veicolo di amorevo-lezza, creando non uomini forti pronti a combattere altriuomini, ma uomini ancor pi forti, consci dei limiti edella drammaticit delloffesa e capaci di rinunciare inorigine al conflitto.

    Nel momento in cui ho gli strumenti per fare potenzial-

    mente del male e decido coscientemente di non farlo,applico dunque larte della pace.

    Il vantaggio dello studio di una disciplina marzialecome il Viet Vo Dao, sta nel fatto che a differenza di altrepratiche sportive lavora sul versante individuale: il sin-golo che apprende le tecniche, che si allena col sudoredella propria fonte, che studia attacchi e contromosse e

    sceglie di non applicarle a suo insindacabile giudizio.Pi una tecnica eseguita con precisione, potenza e

    disinvoltura, pi pu rivelarsi efficace in termini di offe-sa, e pi la negazione cosciente di questa sua potenzialitne eleva lo scopo sublimandola in un gesto che non sola-mente artistico, bens di pace e benevolenza. Da qui la

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    possibilit da parte del vo sinh di trasformare il Viet-Vo-

    Dao da arte marziale in senso stretto a strumento di pace.

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    Chi Hsing-tzu addestrava un gallo da combattimento per il re Hsuandei Chou. Dopo dieci giorni costui gli chiese:Il gallo in grado di combattere?Non ancora gli rispose - arrogante e presuntuoso.Dopo dieci giorni quello sinform di nuovo:Non ancora gli disse - Reagisce alle ombre e agli echi.

    Dopo dieci giorni quello sinform di nuovo:Non ancora gli rispose - ha lo sguardo battagliero e il temperamentocollerico.Dopo dieci giorni quello sinform di nuovo:Pu andare disse - non si muove nemmeno se c un gallo che lanciaun richiamo, a guardarlo sembra un gallo di legno. La sua virt com-pleta. Un gallo che non sia come lui non oser fargli fronte e fuggir.

    (Lieh-tzu)

    Il gallo del Maestro Chi Hsing

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    La coscienza etica

    La pratica dellarte marziale consente quindi di elevare lacoscienza su tre livelli principali che distinguiamo comesegue:

    1. Coscienza del s fisico;2. Coscienza del s relazionale;3. Coscienza del s etico.

    LA COSCIENZA DEL S FISICO: IO E IL MONDO

    La coscienza del s fisico la scoperta delle potenzialite dei limiti del proprio corpo e della propria mente nelpercorso di sviluppo seguito a un allenamento costante,serio e motivato. Attraverso lo studio e lallenamento ilpraticante condotto giocoforza a unriesame del proprio stato fisico ementale, poich costretto amuoversi in contesti e situa-zioni altre, rispetto a quelleofferte dalla quotidianit.

    Come le pi complete disci-pline sportive il Viet Vo Dao

    aumenta la prestanza fisica, lacoordinazione motoria, accrescelattenzione, nonch il controllodellemotivit. Il Vo sinh guidato auna maggiore conoscenza di s e a una riconsiderazione

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    dei propri limiti fisici e mentali, reali o supposti che

    siano.Questo processo pu avvenire pi o meno consapevol-mente, secondo il livello raggiunto dal praticante. La pra-tica costante, ripetitiva delle tecniche, agisce infatti pri-mariamente sullinconscio preparandolo ad agire o reagi-re istintivamente.

    Un Vo sinh abituato a eseguire tecniche di caduta peresempio, non sar facilmente sorpreso da unimprevistascivolata e se anche dovesse esserlo, gli effetti sul suocorpo saranno con ogni probabilit meno traumatici diquanto potrebbero esserlo su persone non avvezze a queltipo di prestazioni.

    Il praticante di arti marziali in sostanza educato a unacoscienza del s fisico superiore, poich acquisisce unsapere volto a compiere gesti che vanno oltre le necessit

    primarie di un essere umano. Una schivata, una parata,un calcio in volo o un taglio mano, non servono a nessu-no nella quotidianit, ma possono servire a tutti peraccrescere la coscienza della relazione esistente tra il pro-prio corpo e lo spazio in cui questo si muove.

    La pratica dellarte marziale esalta cos la relazione traluomo e il mondo, tra individuale e universale, sancendo

    inequivocabilmente la necessit di questa reazione e delnostro legame con ci che ci circonda.

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    LA COSCIENZA DEL S RELAZIONALE: IO E GLI ALTRI

    La coscienza del s relazionale deriva dalla comprensionedegli effetti che lazione marziale pu produrre verso le-sterno. Se applico adeguatamente una tecnica di rottura latavoletta di legno si romper al suo centro; se durante ungara colpisco il mio avversario in un punto scopertoaumenter il mio punteggio; se ho qualcuno da sollevarepotr imparare le tecniche di proiezione o di aggancio.

    Solo grazie al rapporto costante con laltro da me, nellostudio dellarte marziale viene innescata la crescita indi-viduale. Complicit, condivisione, competizione sonotutti elementi di stimolo per migliorare ulteriormente leproprie capacit. I nostri maestri, i nostri condiscepoli, inostri allievi, a tutti dobbiamo riconoscenza, poich grazie alla nostra interazione che il cammino nel Viet Vo

    Dao possibile.La seconda delle leggi dei tre principi del Viet Vo Dao

    (Nguyen Ly Vi Nguyen) se il Viet Vo Dao esiste deve averedei praticanti. Se questi non ci fossero evidente che ilViet Vo Dao non esisterebbe.

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    LA COSCIENZA DEL S ETICO: IO PER GLI ALTRI

    La coscienza del s etico si acquisisce con il superamen-to degli aspetti puramente marziali della disciplina e lascoperta del suo potenziale come strumento per crearearmonia: scopro che ho delle potenzialit fisiche attraver-so lo studio dellarte marziale e ho acquisito coscienza delmio s fisico; imparo ad attaccare e contrattaccare alle-nandomi con i miei condiscepoli fino a migliorare ulte-riormente la mia tecnica e a comprenderne la pericolo-sit; scelgo di non utilizzarla nella vita reale, preservan-do la pace tra me e laltro.

    La legge Dinh Ly Thuong Dich, o legge dellevoluzionepermanente, recita che esiste una evoluzione in ogni cosa,sia essa rapida o lenta, percepibile o no. Di conseguenza ilViet Vo Dao deve a sua volta evolvere ogni giorno. Si con-

    siderano tre possibili orientamenti evolutivi, quello cheprocede verso il progresso, quello che procede verso ladecadenza e quello che rimane stabile. Il praticante inogni momento deve essere cosciente della sua situazionericonoscendola in una di queste tre possibili evoluzioniper essere eventualmente in grado di agire, cambiare dire-zione e invertire il corso degli eventi. E se progredire

    divenire un amico sincero degli uomini evidente chela strada non pu essere quella delloffesa, bens quelladella pratica della pace.

    C A P I T O L O 3

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    Anche la debole forza di una formica, pusmuovere la grande potenza di una montagna

    (detto cinese)

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    N

    el tentativo di dare una risposta

    alle domande che da sempre

    alimentano la ricerca filosofica

    abbiamo dunque analizzato succinta-

    mente la condizione esistenziale umana,

    rilevando da una parte la forte interdi-

    pendenza tra le parti del sistema Natura, e

    dallaltra come nellultimo secolo questo vinco-

    lo sia stato compromesso dallazione antropica, sia sul

    versante ambientale che sociale.

    Di fronte a tale situazione di emergenza che, compro-messi gli equilibri, potrebbe mettere in serio pericolo la

    sussistenza stessa della specie umana, si possono avere

    diversi atteggiamenti: si pu ignorare il problema poich

    non se ne ha coscienza; se ne pu avere coscienza, ma

    disinteressarsene colpevolmente; se ne pu avere coscien-

    za e prodigarsi per individuare metodi e strumenti che

    garantiscano prosperit e convivenza pacifica tra le parti.Nel suo pi nobile aspetto il Viet Vo Dao, pu ambire

    ad essere uno degli strumenti utili a risvegliare lattenzio-

    ne degli individui e il loro inter-essere con gli altri uomini

    e lambiente che li ospita.

    In primo luogo consente infatti di agire positivamente

    C O N C L U S I O N E

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    4Verso larmonia

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    sulla coscienza dei singoli, portandoli a confrontarsi con

    situazioni di difficolt non comuni nella vita reale, quindiad ampliare la conoscenza di s stessi. Di conseguenza, nel

    confronto con gli altri e con il proprio campo dazione,

    accresce la consapevolezza del legame che ci vincola gli uni

    agli altri, e tutti allambiente in cui viviamo: ho bisogno del

    terreno per prendere lo slancio prima di sferrare un calcio,

    come dellaria per respirare; necessito di un compagno con

    cui allenarmi sul vo duongcome di altri essere umani con cui

    condividere conoscenze, affetti ed emozioni; posso contare

    su un maestro che mi guida del cammino del Viet Vo Dao,

    come su un fratello maggiore che mi sprona a migliorare per

    rendermi pi forte di fronte alle avversit della vita.

    Compreso il valore fondante e la necessit di questa

    complessit di relazioni, non resta che chiedersi se sia

    possibile compiere un passo ulteriore e adoperarsi singo-

    larmente con piccoli gesti propositivi per proteggere esalvaguardare questultima preziosa risorsa di cui dispo-

    niamo: il nostro essere nel mondo, col mondo, per il mondo.

    Il genere umano, colpevole dei tanti misfatti che ne

    macchiano la storia, deve giungere finalmente a un punto

    di svolta e trasformarsi in attore di un radicale cambio di

    rotta. Occorre insomma passare da quello che qui stato

    definitostato di perversione a un auspicabile era di armonia.In unepoca come quella attuale, in cui si sono evoluti i

    sistemi di comunicazione, in cui si sono conseguiti risul-

    tati straordinari in ogni ambito del sapere, accettare la

    teoria dellhomo homini lupus, ossia legittimare la sopraffa-

    zione del pi forte sul pi debole, quanto meno anacro-

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    nistico, poich significa rassegnarsi allidea che il genere

    umano sia destinato a scomparire.Il Viet Vo Dao insegna a ogni Vo sinh che il cambia-

    mento alla portata tutti e che unazione benevola nei

    confronti di ci altro da noi e dei nostri interessi perso-

    nali, comincia in noi stessi per poi propagarsi e coprire

    grandi distanze, come le onde generate da un sasso getta-

    to nello stagno.

    Spogliandosi della sua veste puramente marziale, larte,

    con la sua intrinseca capacit di sublimare, diventa arte

    della non-guerra, etica, e veicolo di conoscenze e valori che

    difficilmente potrebbero essere trasmessi in altra forma.

    Come il pittore carica le ombre di tinte scure per dare mag-

    giore risalto ai colori, il Viet Vo Dao pu diventare una via

    da percorrere, uno stimolo al rifiuto di un approccio con-

    flittuale con la realt e al raggiungimento della convivenza

    armonica tra le parti che la compongono.A dare sostanza a questa convinzione la storia ormai di

    quasi 40 anni dellInternational Viet Vo Dao che, esente

    da facili egoismi e personalismi, ha diffuso cultura e tec-

    niche marziali, ma soprattutto ha dato vita a un movi-

    mento che dai singoli centri si propaga al livello planeta-

    rio, come un esempio concreto di fratellanza possibile tra

    uomini di razze, etnie e religioni diverse.Il Viet Vo Dao non dunque una delle tante discipline

    marziali, e neppure una semplice forma darte: il Viet Vo

    Dao unarte della pace.

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    Fonti Bibliografiche

    FILOSOFIA ORIENTALE

    - Larte della Pace - Morihei Ueshiba, a cura di John

    Stevens, edizioni Mediterranee, 2004

    - Il segreto della pace, Thich Nhat Hanh, Mondadori

    2003;

    - Tao, i grandi testi antichi, Tomassini-Lanciotti, Utet

    2003;

    - Il pensiero cinese, Marcel Granet, Adelphi 2004;

    - Larte della Guerra, Sun tzu a cura di Thomas Cleary,

    Ubaldini Editore 1990;

    - Anche se non penso sono, Itsuo Tsuda, Luni

    Editore, 2004;

    - La scienza del particolare, Itsuo Tsuda, Luni

    Editore, 1999;- La via della spogliazione, Itsuo Tsuda, Luni Editore,

    1997;

    - Percorsi della Risonanza, lezioni di Quigong e

    Taijiquan, Sergio Raimondo, Giovanna Sabatelli, edizio-

    ni Universitarie Universit di Cassino 2006;

    - Lo stretching dei meridiani, Gianna Tomilianovich,

    Edizioni il punti dincontro, 2005;- Aikido, Morihei Ueshiba, a cura di John Stevens,

    Edizioni Mediterranee 2003;

    - La Via dellarte marziale vietnamita, Federazione

    Viet Vo Dao Italia, a.s.d. 2006;

    - Viet Vo Dao Informa, Anno VII, n. 6, Aprile 2000,

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    Federazione Viet Vo Dao Italia

    - Il medico di s stesso, manuale pratico di medicinaorientale, Naboru Muramoto, Feltrinelli, 2000

    - Il codice segreto dei Samurai. Hagakure,

    Yamamoto Tsunetomo, Luni Editore, 2006

    - Jeet Kune Do. Il libro segreto di Bruce Lee,

    Edizioni Mediterranee, 1983

    - En route, Matre Phan Hoang, International Viet Vo

    Dao

    - Vo Duong Magazine, n. 1 e 2

    FILOSOFIA OCCIDENTALE

    - La via - Per lavvenire dellumanit - Edgar Morin,

    Raffello Cortina Editore, 2012;

    - Essere e tempo, Martin Heidegger, Longanesi 1992

    - Storia dellermeneutica, Mauro Ferrarsi, Bompiani1997

    - Il Tao della fisica, Fritjof Capra, Adelphi 2003;

    - Il punto di svolta, Fritjof Capra, Feltrinelli, 2003;

    - Cera una volta il paradosso, Piergiorgio Odifreddi,

    Einaudi 2001;

    - Il visibile e linvisibile, Maurice Merleau-Ponty,

    Bompiani 1993- La natura, Maurice Merleau-Ponty, Raffaello cortina

    editore 1996

    - Storia della Filosofia, Nicola Abbagnano, Vol. 8 e 9,

    Tea edizioni 1996

    - Essere nel tempo, Francesca Rivetti Barb, Jaca

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    Book, 1990

    - Logica della scoperta scientifica, Karl Popper,Einaudi 1970

    SITI INTERNET

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    - Peace Reporter,

    - Presentepassato

    - Palestra Bao Lan,

    - Federazione Viet Vo dao Italia,

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    - Viet Vo Dao Brescia,

    - Vietnamese Traditional Martial Arts, - Viet Vo Dao Germania,

    - Tay Son Vo Dao,

    - Feng Huang

    - Viet Vo Dao Treviso,

    - Charles Phan Hoang,