Victor Hugo - Ruy Blas - Pubblica il tuo ebook e Leggi gratis · mostruoso e l'uomo si tramuta in...

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di

Victor Hugo

Victor Hugo – Ruy Blas

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PREFAZIONE DELL'AUTORE

Tre tipologie di spettatori compongono ciò che, per convenzione, si chiama pubblico: primo,

le donne; secondo, i pensatori; terzo, la massa propriamente detta. Ciò che la massa richiede quasi

esclusivamente all'opera drammatica è l'azione; ciò che le donne desiderano vedere sulla scena, è la

passione; ciò di cui vanno alla ricerca i pensatori, sono i caratteri. Se si studia attentamente questa

triplice ripartizione del pubblico, si giunge alla seguente conclusione: la massa è talmente

innamorata dell'azione, che fa volentieri a meno dei caratteri e delle passioni. Le donne, nonostante

provino un interesse sincero per l'azione, seguono con tanta partecipazione lo sviluppo della

passione da non preoccuparsi troppo del disegno dei caratteri e, infine, i pensatori amano a tal

punto veder vivere dei caratteri in scena, ovvero degli uomini che, pur tollerando benevolmente la

presenza della passione come un ingrediente necessario del dramma, finiscono per subire

malvolentieri la necessità dell'azione. Questo accade perché la massa, a teatro, cerca soprattutto

delle sensazioni mentre le donne cercano delle emozioni e il pensatore l'occasione di meditare. Tutti

vogliono ricavare piacere: i primi, il piacere degli occhi; le seconde, il piacere del cuore; gli ultimi, il

piacere dell'intelligenza. Da questa suddivisione deriva direttamente la presenza, sulla scena

francese, di tre diverse tipologie del dramma: la prima volgare e inferiore, le altre due illustri e

superiori. Sono tutte ugualmente tese a soddisfare una necessità di fondo: il dramma a forti tinte per

la massa; la tragedia che analizza la passione per le donne e la commedia, specchio dell'umanità

circostante, per i pensatori. Diciamo subito che non abbiamo la pretesa di stabilire nessun sistema

rigoroso. Preghiamo anzi il lettore di introdurre nel nostro pensiero le restrizioni che è passibile di

contenere. Ogni generalizzazione ammette sempre un'eccezione e sappiamo benissimo che la massa

è un'enorme entità in cui si trova di tutto: l'istinto del bello e la propensione al mediocre, l'amore

dell'ideale e la ricerca della volgarità. Sappiamo d'altronde che chiunque voglia definirsi pensatore

deve acquisire una sensibilità femminile quando si dedica all'esplorazione dei moti dell'animo e del

cuore e, comunque, è un dato acquisito che, grazie alla legge misteriosa che unisce i due sessi non

solo attraverso il corpo ma attraverso lo spirito, spesso in una donna troviamo un pensatore. Dopo

questa premessa e dopo aver ulteriormente pregato il lettore di non attribuire un senso tassativo alle

poche parole che ci restano da dire, proseguiamo il discorso. Chi voglia concentrarsi sulle tre

modalità di spettatori che abbiamo indicato, si accorgerà che tutte e tre hanno ragione. Le donne

hanno ragione a ricercare la commozione, i pensatori a voler essere istruiti, la massa a voler essere

divertita. Questa evidente conclusione determina le leggi del dramma. Infatti, al di là di quella

barriera di fuoco che chiamiamo ribalta, che separa il mondo della realtà da quello dell'illusione,

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creare e far vivere, nella simbiosi di natura e arte, dei caratteri ovvero, lo ripetiamo degli uomini e in

questi uomini, in questi caratteri, gettare delle passioni che sviluppino gli uni e modifichino gli altri

e infine, dallo scontro delle passioni e dei caratteri con le eterne leggi della Provvidenza, far

scaturire intera la vita umana, cioè gli avvenimenti piccoli e grandi, comici, dolorosi e terribili che

contengono, per il cuore, un piacere che si chiama interesse e per lo spirito una lezione che si chiama

insegnamento morale: questo è il fine del dramma. Come si vede, il dramma è tragedia in quanto

descrive le passioni ed è commedia in quanto descrive i caratteri. Il dramma è la terza grande forma

d'arte che in sé racchiude, comprende e feconda le prime due. Corneille e Molière esisterebbero

indipendentemente l'uno dall'altro se Shakespeare non fosse in mezzo a loro, dando la mano sinistra

a Corneille e la destra a Molière. In questo modo, le due opposte forze elettriche della commedia e

della tragedia si incontrano e la scintilla che ne deriva è il dramma. Spiegando come intende, e come

ha già in precedenza indicato, il principio, la legge e il fine del dramma, l'autore non si nasconde

affatto l'esiguità delle sue forze e i limiti della sua intelligenza. Ma vuole definire - e prega di non

essere frainteso - non ciò che ha fatto ma ciò che ha voluto fare. Mostra quello che è stato lo stadio

iniziale della sua ricerca, e nient'altro. Abbiamo solo qualche riga da riempire all'inizio di questo

libro e lo spazio che ci è concesso ai impedisce di sviluppare ulteriormente il discorso. Ci sia dunque

concesso, senza soffermarci ancora sulla transizione da un genere all'altro, di trascorrere dalle idee

generali che abbiamo tracciato (che sono i capisaldi dell'arte, avendo ottemperato alle condizioni

dell'ideale) alle idee particolari che un dramma come Ruy Blas può suscitare negli spiriti attenti.

Per prima cosa, solo limitandoci a un lato della questione, sotto il profilo della filosofia della storia,

qual è il significato del nostro dramma? Spieghiamoci meglio. Nel momento in cui una monarchia

sta per estinguersi si possono osservare diversi fenomeni. Intanto l'aristocrazia scompare e,

scomparendo, si divide. Ecco in che modo: il regno vacilla, la dinastia si spegne, la legge cade in

rovina: l'unità politica si dissolve seguendo le tristi sollecitazioni dell'intrigo; le classi alte della

società degenerano e s'imbastardiscono; all'esterno come all'interno regna una debolezza mortale; le

grandi cose dello Stato sono cadute rovinosamente, solo le piccole cose sono rimaste in piedi, un

triste spettacolo pubblico. Non esistono più polizia, esercito e finanze. Tutti intuiscono l'imminenza

della fine. Le conseguenze per lo spirito collettivo sono molteplici: impazienza della vigilia, timore

dell'indomani, sfiducia generale, profondo disgusto, scoraggiamento di fronte a qualsiasi iniziativa.

Dato che la malattia dello Stato ha sede nella testa, l'aristocrazia che gli sta accanto è la prima ad

esserne contagiata. Cosa le accade? Una parte della nobiltà, la meno onesta e la meno generosa,

resta a corte. Tutto sta per essere travolto, il tempo incalza, bisogna affrettarsi, arricchirsi,

ingrandirsi e profittare delle circostanze. Si pensa solo al proprio tornaconto. Ognuno, senza

pensare alle condizioni del paese, accumula la sua piccola fortuna privata ai margini del grande

infortunio pubblico. Si diventa cortigiani, ministri, ci si dà da fare per essere potenti e soddisfatti. Si

hanno delle capacità, si hanno pochi scrupoli e si riesce. Le cariche dello Stato, gli impieghi, le

dignità, il denaro: si prende tutto, si vuole tutto, si saccheggia ovunque impunemente. Si vive in

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base a una sola legge: la cupidigia, l'ambizione. Sotto l'apparenza della severità esteriore si

nascondono i disordini intimi generati dall'infermità umana. E, dato che questa vita tesa a

soddisfare l'orgoglio e la vanità del singolo impone un assoluto oblio dei sentimenti naturali, si

diventa feroci. Quando arriva il giorno del disastro, nel cortigiano caduto si sviluppa qualcosa di

mostruoso e l'uomo si tramuta in demonio. Lo stato disperato del regno spinge l'altra metà

dell'aristocrazia, la migliore, la più nobile, su un altro cammino. È un'aristocrazia che torna a casa,

si rifugia nei suoi palazzi, nei suoi castelli, nelle sue terre. Gli affari le fanno orrore, non può farai

nulla, la fine del mondo si avvicina: cosa può fare e perché disperarsi? Meglio stordirsi, chiudere gli

occhi, vivere e bere, amare e godere. Chissà? Forse c'è ancora un anno prima della rovina definitiva.

Appena pronunciata la sentenza, o magari semplicemente presentita, il gentiluomo comincia a darsi

da fare: decuplica il numero dei suoi servi, compra cavalli, fa regali dispendiosi alle sue amanti, dà

feste e si paga orge, getta, dona, vende, acquista, ipoteca, si compromette, dissipa i suoi beni, ricorre

agli usurai e, da ogni lato, appicca il fuoco al suo patrimonio. Finché, un mattino, è vittima di una

disgrazia. Gli è accaduto che, nonostante la monarchia stia per inabissarsi, lui si è rovinato prima

del crollo. Tutto è finito, consumato. Della sua vita scintillante non resta nemmeno un fil di fumo: è

volato via. E neanche un po' di cenere. Dimenticato e abbandonato da tutti tranne che dai creditori,

il povero gentiluomo si riduce a una condizione ambigua, tra il sicario, l'avventuriero e il pezzente.

Affonda e scompare risucchiato dalla folla, quella grande massa cupa, nerastra, che fino a quel

giorno aveva solo intravista ai propri piedi. Ci si rifugia dentro, si tuffa nella sua immensità. Non

ha più oro ma gli resta il sole, la ricchezza di chi non possiede nulla. Ha cominciato abitando in

cima alla scala sociale, adesso alloggia in fondo e ci si adatta. Si fa beffe del parente ambizioso, ricco

e potente. Diventa filosofo e paragona i ladri ai cortigiani. Ha comunque un'indole buona e

coraggiosa, leale e intelligente. È un bizzarro incrocio tra il principe, il poeta e il mendicante. Ride

di tutto. Oggi fa bastonare le guardie dai suoi compagni come, un tempo, le faceva bastonare dai

servi, senza mai partecipare di persona. Realizza, a modo suo, un'indissolubile unione tra

l'impudenza del marchese e la sfacciataggine dello zingaro. È sporco, all'esterno, ma sano

nell'intimo. Del gentiluomo gli sono rimasti l'onore, che custodisce gelosamente; il nome, che

nasconde, e la spada, che ostenta. Se il duplice ritratto che abbiamo tracciato si presenta a un dato

momento nella storia di tutte le monarchie, appare preponderante in Spagna alla fine del

diciassettesimo secolo. Così, se l'autore fosse pienamente riuscito ad esprimere questa costante del

proprio pensiero nel dramma che state per leggere (è, ahimè, ben lontano da presumere tanto di se

stesso), la prima metà dell'aristocrazia spagnola dell'epoca si riassumerebbe in Don Sallustio e la

seconda in Don Cesare. L'uno cugino dell'altro, come si conviene. Ma anche qui, come sempre, in

questo sommario disegno della nobiltà castigliana verso il milleseicentonovantacinque, non

dimentichiamo le rare e ben note eccezioni. Proseguiamo. Esaminando ancora quella monarchia e

quell'epoca, al di sotto dell'aristocrazia scissa e divisa che potrebbe, fino a un certo punto, essere

adombrata nei due uomini che abbiamo nominato, vediamo agitarsi nell'ombra qualcosa di grande,

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di cupo, d'ignoto: il popolo. Il popolo, ricco dell'avvenire e privo di presente; il popolo orfano e

povero, intelligente e forte; cacciato in basso e rivolto in alto, che sulla schiena porta impresso il

segno della servitù e nel cuore le premeditazioni del genio; il popolo, domestico degli aristocratici e

innamorato, nella sua miseria e nella sua abiezione, della sola figura che, in mezzo al crollo di tutta

una società, rappresenta per lui, in un divino fulgore, l'autorità, la carità e la fecondità. Il popolo è

Ruy Blas. Ora, al disopra di questi tre uomini che, così considerati, farebbero vivere e procedere, agli

occhi dello spettatore, tre fatti distinti e, attraverso i fatti, tutta la monarchia spagnola del

diciassettesimo secolo; al disopra di questi tre uomini si eleva una creatura pura e luminosa, una

donna, una regina. Mortificata nella sua femminilità, dato che vive come se fosse vedova; infelice

come regina, perché vive senza essere confortata dalla presenza del re; china verso quelli che stanno

al disotto di lei per pietà regale e forse per istinto femminile, la regina rivolge lo sguardo verso il

basso mentre Ruy Blas, il popolo, lo rivolge verso l'alto. Agli occhi dell'autore, senza pregiudizio di

ciò che i personaggi secondari possono conferire alla verità dell'insieme, queste quattro teste così

raggruppate riassumono i punti salienti che la monarchia spagnola di centoquarant'anni fa offriva

all'indagine dello storico e alla speculazione del filosofo. A queste quattro teste si potrebbe

aggiungerne una quinta, quella di re Carlo II. Ma nella storia, come nel dramma, Carlo II di

Spagna non è un personaggio ma un'ombra. Dobbiamo tuttavia assicurare che, ciò che si è letto fin

qui, non è la corretta spiegazione di Ruy Blas, ma solo un aspetto del dramma. È l'impressione che

potrebbe suscitare, se valesse la pena di studiarlo, nella mente attenta e severa di chi, per esempio,

volesse esaminarlo sotto il profilo della filosofia della storia. Tuttavia, per poco che valga, questo

dramma, come ogni cosa umana, presenta altre caratteristiche e può essere esaminato da altre

angolazioni. Un'idea, come una montagna, può essere osservata da un'infinità di punti diversi.

Dipende dal luogo in cui ai si pone. Ci si conceda, tanto per esemplificare, un paragone

eccessivamente ambizioso: il Monte Bianco, visto dalla Croix-de-Fléchères, non è il Monte Bianco

visto da Sallenches e resta, comunque, sempre il Monte Bianco. Inoltre, passando stavolta da un

esempio tanto grande a un altro di ben più modeste dimensioni, questo dramma, di cui abbiamo

sommariamente tracciato la collocazione storica, si presenterebbe completamente diverso a volerlo

considerare da un punto di vista più elevato, da un'ottica puramente umana. Don Sallustio

diventerebbe l'esempio dell'egoismo assoluto, di un'incessante apprensione. Il suo opposto, Don

Cesare, denuncerebbe la noncuranza e il disinteresse assoluti mentre Ruy Blas rappresenterebbe

quel genio e quella passione che, repressi dalla società, si slanciano tanto più in alto quanto più è

violenta la repressione e, infine, la regina esprimerebbe la virtù minata dalla noia. Invece, dal punto

di vista meramente letterario, l'aspetto del nostro pensiero, racchiuso in Ruy Blas muterebbe

ancora. Si potrebbero infatti identificare, nell'opera, le tre forme sovrane dell'arte idealmente

riassunte in alcuni personaggi esemplari. Don Sallustio rappresenterebbe il dramma, Don Cesare la

commedia e Ruy Blas la tragedia. Il dramma collega le fila dell'azione, la commedia le imbroglia e la

tragedia le dirime alla radice. Sono tutti aspetti che trovano riscontro, ma nessuno di essi convince

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completamente. La verità assoluta si coglie solo nella totalità dell'opera. Mi auguro che ognuno

trovi in Ruy Blas quello che cerca e l'autore, che non s'illude fino a questo punto, avrà raggiunto il

suo scopo. Il soggetto filosofico di Ruy Blas è il popolo che aspira ad elevarsi; il soggetto umano è

adombrato nell'amore di un uomo per una donna; il soggetto drammatico è rappresentato da un

lacchè innamorato di una regina. Infine la folla che ogni sera si accalca per vedere lo spettacolo (in

Francia non è mai venuta meno l'attenzione del pubblico per i tentativi dello spirito, al di là del

valore del risultato) vede in Ruy Blas solo quest'ultimo soggetto, il soggetto drammatico e cioè il

lacchè: ha ragione. Quello che si è detto a proposito di Ruy Blas ci sembra evidente anche riguardo a

qualsiasi altra opera. I capolavori dei grandi maestri sono importanti proprio perché, più di altre

opere, si possono studiare sotto molteplici aspetti. Di Tartufo certa gente ride e altra trema. Tartufo

è il serpente domestico ovvero l'ipocrita o, meglio ancora, la quintessenza dell'ipocrisia. È sia un

uomo che un'idea. Otello, per alcuni, è solo un negro che ama una bianca; per altri un

arrampicatore sociale che ha sposato una patrizia. Per i primi è un geloso, per i secondi è la gelosia

stessa. Questa molteplicità di aspetti non toglie nulla all'unità fondamentale della raffigurazione.

L'abbiamo già detto altrove: mille rami e un solo tronco. Se l'autore di questo libro ha

particolarmente insistito sul significato storico di Ruy Blas è perché, nella sua concezione, Ruy

Blas dal punto di vista storico (ma unicamente da questo punto di vista) si riallaccia a Ernani. In

Ernani come in Ruy Blas si assiste alla contrapposizione tra regalità e nobiltà. Con una differenza.

In Ernani dove non esiste ancora la monarchia assoluta, la nobiltà lotta contro il re, a volte con

l'orgoglio, a volte con la spada: è semifeudale, semiribelle. Nel 1519 il nobile vive lontano dalla

corte, sulle montagne, da bandito come Ernani o da patriarca come Ruy Gomez. Duecento anni

dopo, la questione è invertita di segno. I vassalli sono ormai dei cortigiani. E se, per caso, il nobile

vive sotto falso nome non lo fa per sfuggire al re ma ai creditori. Non diventa bandito, entra nella

schiera degli emarginati senza fissa dimora. Si sente che la monarchia assoluta ha dominato per

anni su quelle nobili teste curvandone una, spezzandone un'altra. E inoltre - ai sia consentita

un'ultima parola - in Ernani e Ruy Blas sono raffigurati due secoli di storia spagnola, due grandi

secoli in cui la discendenza di Carlo V ha dominato il mondo; due secoli che la Provvidenza, è da

sottolineare, non ha voluto allungare nemmeno di un'ora dato che Carlo V nasce nel 1500 e Carlo II

muore nel 1700. Nel 1700, Luigi XIV ereditava da Carlo V, come nel 1800 Napoleone ereditava da

Luigi XIV. Queste grandi apparizioni di dinastie che, a tratti, illuminano la storia sono per l'autore

uno spettacolo di malinconica bellezza su ani spesso si è soffermato il suo sguardo. Talvolta ha

tentato di fissarne qualche presupposto nelle sue opere. Per questo ha voluto far sfolgorare Ernani

dei raggi di un'aurora e velare Ruy Blas con le tenebre di un crepuscolo. In Ernani sorge il sole

della casa d'Austria, in Ruy Blas tramonta.

Parigi, 25 novembre 1838.

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PERSONAGGI

RUY BLAS

DON SALLUSTIO DI BAZAN

DON CESARE DI BAZAN

DON GURITANO

IL CONTE DI CAMPOREAL

IL MARCHESE DI SANTA-CRUZ

IL MARCHESE DEL BASTO

IL CONTE D'ALBA

IL MARCHESE DE PRIEGO

DON MANUEL ARIAS

MONTAZGO

DON ANTONIO UBILLA

COVADENGA

GUDIEL

Un Lacchè

Un Alcade

Un Usciere

Uno Sbirro

Un Paggio

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DONNA MARIA DI NEUBURG, regina di Spagna

LA DUCHESSA DI ALBUQUERQUE

CASILDA

Una Mezzana

Dame, Signori, Consiglieri Privati, Paggi, Governanti, Guardie, Sbirri, Gentiluomini di Camera,

Gentiluomini di Corte, Uscieri.

Madrid, 169...

ATTO PRIMO

DON SALLUSTIO

Il salone di Danae nel palazzo reale a Madrid. Magnifici mobili di gusto fiammingo, che risalgono

all'epoca di Filippo IV. A sinistra, grande finestra, dal telaio dorato, a piccoli riquadri. Da entrambi

i lati una porta bassa, su pareti trasversali, dà negli appartamenti interni. Sul fondo una vetrata a

riquadri dorati immette, attraverso un'altra porta, in una lunghissima galleria che ricopre tutta

l'estensione del palcoscenico. La galleria è mascherata da pesanti tendaggi che cadono dall'alto della

vetrata fino a terra. Un tavolo, una poltrona e l'occorrente per scrivere. Dalla porticina a sinistra

entra Don Sallustio, seguito da Ruy Blas e da Gudiel che trasporta un cofanetto e parecchi involti

che fanno pensare a preparativi di viaggio. Don Sallustio sfoggia una veste di velluto nero, un abito

cortigiano di moda all'epoca di Carlo Il. Al collo porta il toson d'oro. Sopra il severo abito nero

indossa un ricco mantello di velluto verde chiaro ricamato d'oro e foderato di raso nero. La sua

spada è sormontata da un'elsa imponente. Il cappello è adorno di piume bianche. Anche Gudiel

veste di nero e porta la spada. Ruy Blas è in livrea, brache alte e giustacuore scuro. Indossa un

soprabito a galloni rosso e oro. È a capo scoperto e non porta la spada.

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Scena prima

Don Sallustio di Bazan, Gudiel e, di tanto in tanto, Ruy Blas.

DON SALLUSTIO

Chiudi la porta, Ruy Blas, e apri quella finestra.

Ruy Blas esegue. Poi, a un cenno di Don Sallustio, esce dalla porta di fondo. Don Sallustio va alla

finestra.

Tutti dormono ancora... sta per sorgere l'alba. (Si volta bruscamente verso Gudiel) Ah! È un

fulmine a ciel sereno!... il mio regno è finito, Gudiel! Sono in disgrazia, sono messo da

parte, sono scacciato! Ah! Perdere tutto in un giorno solo! Il mio caso non è ancora di

pubblico dominio: non parlarne! Sì, per un'avventura - che follia alla mia età, lo ammetto! -

con una cameriera, con una donna qualunque! L'ho sedotta, ecco il guaio! La fanciulla fa

parte del seguito della regina che l'ha portata con sé da Neuburg. La donna si è lamentata,

mi ha accusato ed è arrivata al punto di trascinare il suo bimbo in presenza del re.

M'hanno ordinato di sposarla. Ho rifiutato e sono sulla via dell'esilio. Dell'esilio! Vent'anni

di fatiche inenarrabili, vent'armi d'ambizione e di lavoro, notte e giorno per l'odiato

presidente degli alcadi di corte! Finora nessuno pronunciava il mio nome senza provare

un brivido. Rappresento il casato dei Bazan, che può ben gloriarsi di me. E ora il mio

credito, il mio potere, tutto ciò che sognavo, tutto ciò che fabbricavo e tutto ciò che

possedevo, le cariche, gli impieghi, gli onori, tutto crolla miseramente ai miei piedi tra gli

osceni scoppi di risa della folla!

GUDIEL

Tutti ne sono ancora all'oscuro, signore.

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DON SALLUSTIO

Ma domani! Domani lo sapranno! Noi saremo in viaggio. Ma non voglio soccombere, no,

voglio scomparire! (Si sbottona rabbiosamente il farsetto) Mi abbottoni da capo a piedi come

se fossi un prete, mi stringi nel farsetto fino a farmi scoppiare! (Si siede) Oh! Ma io

costruirò di nascosto una trincea scura e profonda, sottoterra! (Si rialza) Scacciato!

GUDIEL

Chi ha vibrato il colpo, signore?

DON SALLUSTIO

La regina. Oh! Io mi vendicherò, Gudiel! Tu puoi capirmi. Tu che sei stato il mio maestro,

che per vent'anni mi hai aiutato, hai esaudito tutte le mie necessità. Tu sai bene fin dove si

spingono nell'ombra i miei pensieri, come un buon architetto cui basta un colpo d'occhio

per misurare la profondità del pozzo che ha scavato. Io parto. Vado a Finlas, in Castiglia,

nelle mie terre. Là penserò in pace! Per una donna! A te affido i preparativi del viaggio,

non abbiamo tempo da perdere. Adesso devo dire una parola a quel briccone che conosci

bene. Non si sa mai. Potrà essermi utile? Lo ignoro. Fino a stasera sono ancora padrone dei

miei atti. Avrò la mia vendetta, non temere! Come? Non lo so, ma voglio che sia

spaventosa! Adesso occupati della partenza, presto! Sta zitto! Tu vieni con me. Va! (Gudiel

saluta ed esce. Don Sallustio chiama) Ruy Blas!

RUY BLAS (presentandosi alla porta di fondo)

Vostra Grazia?

DON SALLUSTIO

Dato che non dormo più a palazzo, consegna le chiavi e chiudi le imposte.

RUY BLAS (inchinandosi)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Sarà fatto, Monsignore.

DON SALLUSTIO

Ascoltami attentamente. La regina attraverserà la galleria da quella parte per rientrare

nelle sue stanze dopo aver assistito alla messa. Tra due ore. Devi esserci anche tu, Ruy

Blas.

RUY BLAS

Monsignore, ci sarò.

DON SALLUSTIO (alla finestra)

Vedi quell'uomo in piazza che mostra un foglio alle sentinelle, e che adesso entra? Non

dirgli niente, ma fagli cenno di salire. Dalla scala di servizio. (Ruy Blas obbedisce. Don

Sallustio continua a parlare indicandogli la porticina a destra) Prima di andare... nella stanza

dove si trovano le guardie, guarda se i tre agenti in servizio sono svegli.

RUY BLAS (va alla porta, la socchiude e torna)

Sono addormentati, signore.

DON SALLUSTIO

Abbassa la voce. Avrò bisogno di te, non allontanarti. Vigila, non voglio che nessuno ci

disturbi.

Entra Don Cesare di Bazan. Cappello sfondato, grande mantello lacero che lascia intravedere delle

calze rotte e delle suole bucate. Spada corta, da sicario. Quando entra in scena, lui e Ruy Blas si

guardano e non riescono a reprimere un involontario gesto di sorpresa.

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON SALLUSTIO (osservandoli, tra sé)

Si sono guardati! Chissà se si conoscono...

Ruy Blas esce.

Scena seconda

Don Sallustio, Don Cesare.

DON SALLUSTIO

Eccoti qua, furfante!

DON CESARE

Già, eccomi qua, cugino.

DON SALLUSTIO

È un vero piacere imbattersi in un pezzente come te!

DON CESARE (salutando)

È un onore...

DON SALLUSTIO

Sappiamo bene, signore, ciò che si dice di voi.

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DON CESARE (amabilmente)

È di vostro gusto?

DON SALLUSTIO

Sì, incontra la mia piena approvazione. Don Carlo de Mira è stato derubato, la notte

scorsa. Gli hanno sottratto la sua spada dal fodero cesellato e il giustacuore. Era

l'antivigilia di Pasqua. Ma, dato che è cavaliere dell'ordine di San Giacomo, i malviventi gli

hanno lasciato il mantello.

DON CESARE

Gesù! Perché?

DON SALLUSTIO

Perché ordine e grado erano ricamati sulla stoffa. Allora, nessun commento

sull'aggressione?

DON CESARE

Diavolo! Viviamo in tempi spaventosi! Cosa sarà di noi, buon Dio, se i ladri persuadono

San Giacomo a entrare nelle loro fila?

DON SALLUSTIO

Voi facevate parte della banda!

DON CESARE

Victor Hugo – Ruy Blas

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Ebbene, se proprio mi costringete, sì, ero dei loro. Ma non ho torto un capello al vostro

Don Carlo, mi sono limitato a dare dei consigli.

DON SALLUSTIO

Avete fatto di meglio. Era tramontata da poco la luna a Plaza Mayor ieri sera, quando una

strana accozzaglia di tipi poco raccomandabili che si affrettavano all'uscita di una bettola

malfamata, ha preso d'assalto il posto di guardia. Eravate anche là!

DON CESARE

Cugino, non mi sono mai sporcato le mani con gli sbirri. È vero, ero là e, tra una stoccata e

l'altra, passeggiavo sotto gli archi componendo versi. Devo dire che si sono proprio

conciati per le feste.

DON SALLUSTIO

C'è dell'altro.

DON CESARE

Vi ascolto.

DON SALLUSTIO

In Francia siete inoltre accusato, insieme ai vostri compari che infrangono la legge, di

avere aperto la cassa delle gabelle senza servirvi della chiave.

DON CESARE

Non dico di no. La Francia è nostra nemica.

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON SALLUSTIO

In Fiandra, incontrando Don Paul Barthélemy, che trasportava a Mons i prodotti di una

vigna assegnatagli dal capitolo della nobiltà, vi siete impadronito del denaro del clero.

DON CESARE

In Fiandra? Può darsi. Ho viaggiato parecchio. È tutto?

DON SALLUSTIO

Don Cesare, il sudore della vergogna sale ad avvamparmi le guance quando penso a voi.

DON CESARE

Bene. Lasciate che salga.

DON SALLUSTIO

La nostra famiglia...

DON CESARE

No. Solo voi a Madrid conoscete le mie vere origini. Non nominiamo la famiglia!

DON SALLUSTIO

L'altro giorno una marchesa, uscendo di chiesa, mi diceva "Chi è quel furfante che laggiù,

col naso in aria, con l'occhio rapace e l'anca pronta a balzare avanti, più povero di Giobbe e

più fiero di Braganza, maschera la miseria con l'insolenza mentre, sotto la manica

sbrindellata schiaccia col pugno il pomo della spada che gli ricade sui calcagni e inalbera,

con atteggiamento sprezzante e orgoglioso, un manto pieno di buchi e delle calze

malamente arrotolate?"

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DON CESARE (passando in rassegna il proprio abbigliamento)

Avrete risposto: è quel simpatico Zafari!

DON SALLUSTIO

No, sono arrossito, invece.

DON CESARE

Benissimo! La dama avrà riso. Me ne compiaccio, adoro far ridere le donne.

DON SALLUSTIO

Voi non frequentate altro che dei sicari!

DON CESARE

Volete dire dei chierici! Degli studenti più mansueti degli agnelli!

DON SALLUSTIO

Vi si vede ovunque con delle donne di bassa estrazione!

DON CESARE

O Lucinde amorose! O dolci Isabelle! Ma anche sul vostro conto circolano storielle

piccanti! Come! Osano trattarvi così quelle bellezze dall'occhio impudico a cui recito di

sera i sonetti che ho composto di mattina!

DON SALLUSTIO

Victor Hugo – Ruy Blas

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E, per finire, Matalobos, il ladro della Galizia che è il terrore di Madrid e si fa beffe della

nostra polizia, è un vostro intimo amico!

DON CESARE

Vogliamo discuterne, prego? Senza di lui, dovrei andarmene in giro nudo, il che sarebbe

sconveniente. Mi ha visto senza farsetto per strada, in pieno dicembre, e si è commosso.

Quello sciocco profumato d'ambra, il conte d'Alba, che il mese scorso fu derubato del suo

bel giustacuore di seta...

DON SALLUSTIO

Allora?

DON CESARE

È in mio possesso. Un dono di Matalobos.

DON SALLUSTIO

L'abito del conte! Non vi vergognate?

DON CESARE

Non proverò mai la vergogna di indossare un giustacuore ricamato, adorno di

passamanerie, che mi riscalda d'inverno e contribuisce, d'estate, alla mia eleganza!

Guardate, è nuovo di zecca. (Si sbottona il mantello quanto basta per fargli scorgere uno

splendido giustacuore di raso rosa ricamato d'oro) Le tasche sono piene di missive galanti

indirizzate al conte da centinaia di donne. Spesso, povero, innamorato, senza nulla in cui

affondare i denti, avvisto lo spiraglio infuocato di una cucina che manda fino al mio naso

l'effluvio dei suoi cibi. Mi siedo là vicino e comincio a leggere i bigliettini del conte e così,

ingannando lo stomaco e il cuore, assaporo l'odore del banchetto insieme all'ombra

dell'amore!

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON SALLUSTIO

Don Cesare...

DON CESARE

Per favore, cugino, basta con i rimproveri! Sono un gran signore, lo riconosco, e del vostro

stesso casato: sono Cesare, conte di Garofa. Ma il destino ha voluto che la follia mi tenesse

a battesimo! Ero ricco, possedevo terre e castelli: potevo permettermi il lusso di mantenere

delle amanti. Bah! Non avevo ancora compiuto vent'anni e mi ero già mangiato tutto! Non

mi restava di quel cospicuo benessere, vero o presunto, che una folla di creditori urlanti

dietro i miei passi! Così sono fuggito e ho cambiato nome. Adesso sono soltanto un allegro

scapestrato, Zafari, che nessuno - tranne voi - è in grado di riconoscere. Caro signore, io

non vedo nemmeno l'ombra del vostro denaro, e ne faccio a meno. Di sera appoggio la

fronte sul marciapiedi, davanti all'antico palazzo dei conti di Tevé - è là che da nove anni

passo le mie notti- e dormo col cielo azzurro che splende sul mio capo! Sono felice così.

Credetemi, è bellissimo! Tutti mi credono nelle Indie, al diavolo, morto e sepolto. La

fontana vicina zampilla, io bevo quell'acqua e poi cammino in lungo e in largo con

atteggiamento spavaldo. Il mio palazzo, dove sperperai tutte le mie fortune, ora

appartiene al nunzio Espinola. Benissimo. Quando, per caso, finisco in quei paraggi do

qualche consiglio ai carpentieri del nunzio che scolpiscono sul portone l'effigie di Bacco. E

adesso, mi prestate dieci scudi?

DON SALLUSTIO

Ascoltate...

DON CESARE (incrociando le braccia)

Fatemi vedere il vostro stile!

DON SALLUSTIO

Victor Hugo – Ruy Blas

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Vi ho chiamato qui, per rendervi un favore. Cesare, io non ho figli, sono ricco e tanto più

vecchio di voi e assisto con orrore alla vostra caduta in un abisso senza scampo: vorrei

aiutarvi. Fate il gradasso, ma siete disperato. Pagherò i vostri debiti, vi restituirò i palazzi

di un tempo, vi farò riammettere a corte e vi prometto che sarete di nuovo l'idolo dei cuori

femminili. Voglio che Zafari muoia e che Cesare rinasca. Dovete attingere liberamente alla

mia cassaforte, senza timore, a piene mani, senza preoccuparvi dell'avvenire. Se si hanno

dei parenti, è nostro dovere soccorrerli, Cesare, e mostrarci pietosi coi nostri cari...

Durante il monologo di Don Sallustio, il volto di Cesare, dapprima stupefatto, assume via via

un'espressione radiosa di completa fiducia. Alla fine sbotta.

DON CESARE

Non vi sono mai mancate le risorse dello spirito, quello che dite è particolarmente

significativo. Continuate.

DON SALLUSTIO

Cesare, pongo una sola condizione. Mi spiego subito. Ma prendete la mia borsa, prima.

DON CESARE (accettando la borsa, che è piena d'oro)

Oh, splendido!

DON SALLUSTIO

Vi darò cinquecento ducati...

DON CESARE (stupito)

Marchese!

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON SALLUSTIO (proseguendo)

A partire da oggi.

DON CESARE

Per Dio, disponete di me. Per quanto riguarda le condizioni, ordinate. Fidatevi della

parola di un prode: la mia spada è la vostra. Sono il vostro schiavo e, se vorrete, mi

scontrerò in campo aperto con Don Spavento, il capitano dell'inferno.

DON SALLUSTIO

Mi dispiace, Don Cesare, ma non posso accettare, per un motivo più che valido, la vostra

spada.

DON CESARE

Cosa posso offrirvi? Non ho altro.

DON SALLUSTIO (avvicinandosi a lui, sottovoce)

Voi conoscete - in questo caso è una fortuna - tutta la feccia di Madrid?

DON CESARE

Mi fate onore.

DON SALLUSTIO

Ve ne trascinate dietro un'eletta schiera: in caso di bisogno, potreste suscitare una

sommossa. Lo so bene. Forse potrà servire

DON CESARE (scoppiando a ridere)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Sul mio onore! Sembra che stiate progettando un melodramma. Al mio genio quale ruolo

compete nella trama? Sarà il libretto o la musica? Ordinate. I tumulti sono la mia

specialità.

DON SALLUSTIO (severamente)

Sto parlando a Don Cesare, non a Zafari. (Abbassando ancor più la voce) Ascolta. Ho bisogno,

per un risultato sconvolgente, di qualcuno che lavori al mio fianco nell'ombra, e mi aiuti a

fabbricare un avvenimento di grande importanza. Non sono crudele, ma in certi momenti

la delicatezza deve abbandonare ogni pudore, rimboccarsi le maniche e mettersi al lavoro.

Sarai ricco, ma devi aiutarmi di nascosto a piazzare, come fanno gli uccellatori di notte,

una rete sotto uno specchietto luccicante, una trappola per le allodole o meglio per le

fanciulle. Devo ricorrere a un piano ingegnoso e terribile - guarda che ti ritengo un uomo

senza scrupoli - per vendicarmi!

DON CESARE

Vendicarvi?

DON SALLUSTIO

Sì.

DON CESARE

Di chi?

DON SALLUSTIO

Di una donna.

DON CESARE (si erge in tutta la sua statura e squadra Don Sallustio con fierezza)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Non voglio sentire nient'altro! Alto là! Sulla mia fede, cugino, ascoltate adesso il mio

codice d'onore. Chi con la viltà e l'inganno si vendica... chi ha il diritto di portare la spada

perché è nobile e concepisce, uomo, un intrigo che ha per vittima una donna, chi è nato

gentiluomo e agisce come uno sbirro, quello - fosse pure accompagnato dal clangore di

cento trombe, fosse pure cosparso di decorazioni e medaglie, marchese o visconte o figlio

di una schiatta d'eroi - per me non è altro che un vile infame e sinistro che vedrei

volentieri, in ricompensa del suo operato, inchiodato alla forca della città!

DON SALLUSTIO

Cesare!

DON CESARE

Non parlate più, è un oltraggio ascoltarvi! (Getta la borsa ai piedi di Don Sallustio) Tenetevi il

vostro segreto e il vostro denaro. Oh! Capisco che si rubi, si uccida, si saccheggi, che nella

notte più cupa si assalga una fortezza con l'ascia in pugno e cento filibustieri armati; che si

sgozzino staffieri, guardiani, carcerieri; che tutti noi, banditi dalla società, ci precipitiamo

urlando al massacro, occhio per occhio, dente per dente, uomini contro uomini! Ma

distruggere una donna con la dolcezza! Scavarle una trappola sotto i piedi, e ingannarla

confidando nella fermezza del suo carattere! Prendere quel povero uccellino nella pania!

Oh! Piuttosto di disonorarmi fino a questo punto, piuttosto di ridiventare ricco e

rispettabile a questo prezzo - lo affermo qui, davanti a Dio, che vede la mia anima -

preferirei, per evitare una simile infamia, pur di non essere odioso e vile, miserabile e

perverso, che un cane mi rosicchiasse il cranio ai piedi della gogna!

DON SALLUSTIO

Cugino...

DON CESARE

Non rimpiango i vostri benefici finché troverò, nell'assoluta libertà della mia vita, l'acqua

nelle fonti e l'aria pura nei campi, un ladro in città che mi offra una veste per l'inverno,

Victor Hugo – Ruy Blas

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nella mia anima l'oblio delle ricchezze di un tempo e davanti ai vostri palazzi, signore,

quei portoni massicci che, a mezzogiorno, mi concedono, senza timore di svegliarmi, di

assopirmi col capo all'ombra e i piedi al sole! Addio! Tra noi due, Dio sa distinguere il

giusto. Coi cortigiani, coi vostri pari, Don Sallustio, io vi lascio per restare qui, tra i

furfanti. Io vivo coi lupi, non coi serpenti.

DON SALLUSTIO

Un momento...

DON CESARE

Vogliamo concludere l'incontro? Se volete farmi arrestare, procedete!

DON SALLUSTIO

Andiamo, Cesare, vi credevo irrecuperabile. Avete brillantemente superato la prova: sono

soddisfatto. Datemi la mano.

DON CESARE

Come?

DON SALLUSTIO

Ho voluto scherzare. Ogni parola è stata pronunciata per mettervi alla prova. Credetemi.

DON CESARE

Mi fate sognare, mentre sono qui, davanti a voi? La donna, il complotto, la vendetta...

DON SALLUSTIO

Victor Hugo – Ruy Blas

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Illusione! Fantasia! Inganno dei sensi!

DON CESARE

Alla buon'ora! Anche l'offerta di pagarmi i debiti era una visione? E quei cinquecento

ducati? Un'allucinazione?

DON SALLUSTIO

Ve li porto subito. (Si dirige alla porta di fondo e fa cenno a Ruy Blas di rientrare)

DON CESARE (tra sé, al proscenio, guardando in tralice Don Sallustio)

Hum! Che faccia da traditore! Quando la bocca dice di sì, gli occhi dicono forse.

DON SALLUSTIO (a Ruy Blas)

Resta qui, Ruy Blas. (A Don Cesare) Torno subito.

Esce dalla porticina di sinistra. Subito dopo, Ruy Blas e Don Cesare muovono l'uno verso l'altro.

Scena terza

Don Cesare, Ruy Blas.

DON CESARE

In fede mia, non m'ingannavo. Ruy Blas, sei proprio tu!

Victor Hugo – Ruy Blas

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RUY BLAS

E tu sei, Zafari! Cosa fai qui, a palazzo?

DON CESARE

Sono di passaggio. Adesso vado via. Sono come un uccello e amo gli ampi spazi. Ma

dimmi di te... Cos'è questa livrea? Un travestimento?

RUY BLAS (con amarezza)

No, sono travestito solo quando cambio d'abito.

DON CESARE

Che dici?

RUY BLAS

Dammi la mano, voglio stringerla come in quel tempo felice di gioia e povertà quando

vivevo senza fissa dimora, di giorno avevo fame, di notte avevo freddo, quando ero libero!

Quando ci siamo conosciuti, ero ancora un uomo. Entrambi figli del popolo - ahimè, era

l'aurora! - ci somigliavamo al punto che ci scambiavano per fratelli... cantavamo insieme

dalle prime luci dell'alba e, la sera, in presenza di Dio, il Padre che ci dava ospitalità,

dormivamo l'uno accanto all'altro sotto il cielo trapunto di stelle. Sì, abbiamo condiviso

tutto. Fino al momento che è scoccata quell'ora tristissima in cui ognuno ha preso la sua

strada. Adesso ti ritrovo, dopo quattro anni, sei sempre lo stesso, felice come un bimbo,

libero come uno zingaro, sempre lo stesso Zafari, ricco nella sua povertà, che nulla ha mai

avuto e niente ha mai voluto! Guarda me, invece: quanto sono cambiato! Fratello, cosa

posso dirti? Orfano, accolto per pietà in un collegio dove si apprendono la scienza e

l'orgoglio, il triste favore della sorte non ha fatto di me un operaio ma un malinconico

sognatore! Tu lo sai, perché mi hai conosciuto allora. Scagliavo pensieri e aspirazioni al

cielo in rime insensate. Al tuo riso beffardo opponevo cento, mille ragioni. Non so quale

Victor Hugo – Ruy Blas

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ambizione mi divorava, mi dominava! A che scopo lavorare? Mi rivolgevo a una meta

invisibile credendo che mi fosse possibile ottenere tutto ciò che volevo. Mi aspettavo tutto

dal destino! Io appartengo a quella razza che trascorre oziosa le giornate, in preda al

delirio, davanti ai palazzi che rigurgitano di immense ricchezze, che passa il tempo a

veder entrare e uscire le nobildonne! Così, quando sul marciapiedi mi dibattevo tra i morsi

della fame, ho dovuto raccogliere il pane nel solo luogo in cui potevo trovarlo:

nell'ignominia e nell'inerzia! Oh! Quando avevo vent'anni, credevo di essere un genio e mi

perdevo per le strade marciando a piedi nudi e meditando nel cuore il destino dell'uomo.

Avevo tracciato piani minuziosi in ogni direzione: una montagna di progetti!

Commiseravo la sorte infelice della Spagna e credevo, povero illuso, di essere la futura

speranza del mondo... Amico, guarda il risultato: un lacchè!

DON CESARE

Lo so, la fame è una porta bassissima e, quando la necessità ci costringe a varcarla, il più

alto è colui che deve chinarsi fino a terra. Confida nell'eterno flusso e riflusso della sorte.

Spera.

RUY BLAS (scuotendo il capo)

Servo il marchese di Finlas.

DON CESARE

Lo conosco bene. Vivi qui, a palazzo?

RUY BLAS

No, prima di stamani... Finora non avevo mai varcato questa soglia.

DON CESARE

Davvero? Eppure il tuo padrone, per grado e condizione, è obbligato a risiedervi.

Victor Hugo – Ruy Blas

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RUY BLAS

Sì, perché è continuamente richiesto a corte. Ma possiede anche un'altra dimora, ignota,

dove non si è mai fatto vedere alla luce del giorno. È una palazzina discreta, a cento passi

da Palazzo Reale. Là abito io. Attraverso una porta segreta di cui lui solo possiede la

chiave, talvolta di notte il marchese arriva, seguito da alcuni uomini. Portano tutti la

maschera, parlano a bassa voce, si chiudono dentro, non si sa cosa vengano a fare. Io

condivido l'alloggio con due negri. Sono muti e stanno ai miei ordini. Non conoscono il

mio nome.

DON CESARE

Sì, in quel luogo, come capo della polizia, riceve le spie, tende le sue orribili trappole. È un

uomo pericoloso che tiene ogni situazione sotto controllo.

RUY BLAS

Ieri mi ha detto: "Domani devi essere a palazzo, prima dell'alba. Entra dal cancello dorato".

Appena giunto, mi ha fatto indossare la livrea: questa divisa odiosa in cui mi vedi, la

indosso oggi per la prima volta.

DON CESARE (stringendogli la mano)

Spera!

RUY BLAS

Sperare! Non sai ancora nulla. Vivere sotto questi panni che mi sporcano, mi disonorano,

aver perduto l'orgoglio e la gioia, tutto questo è ben poco. Che importa essere degradato a

una cosa vile come uno schiavo! Ascoltami: fratello, io non sento il peso di questa infame

livrea, nel mio petto è sorta un'idra dai denti di fuoco che mi strazia il cuore, che mi

avvolge nelle sue spire. L'apparenza ti fa paura? Se potessi scrutarmi dentro, da parte a

parte!

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON CESARE

Cosa vuoi dire?

RUY BLAS

Inventa, immagina, costruisci delle ipotesi! Fruga nel tuo spirito. Cerca qualcosa di strano,

di folle, d'inaudito e di orribile. Una fatalità che atterra, che acceca! Metti insieme un

veleno disgustoso, scava un abisso più impenetrabile della follia, più cupo del delitto e

ancora non ti sarai avvicinato di un passo al mio segreto. Non indovini? Già, chi potrebbe

riuscirci? Zafari! Precipito lo sguardo nella voragine in cui mi trascina il destino! Amo la

regina!

DON CESARE

Cielo!

RUY BLAS

Sotto un baldacchino adorno del globo imperiale, ad Aranjuez o all'Escuriale e, a volte,

anche qui a palazzo, c'è un uomo, fratello mio, che si può ammirare inchinandoci riverenti,

che si nomina con terrore. Davanti a lui, come davanti a Dio, siamo tutti uguali. È un

uomo che guardiamo tremando, che serviamo in ginocchio, restare in sua presenza senza

scoprirsi il capo è l'onore più grande. È un uomo che, con un cenno, può far cadere le

nostre teste, che trasforma ogni capriccio della mente in un fatto, che vive in superba

solitudine, gravemente racchiuso nella profonda dignità del potere assoluto, un uomo che

fa sentire il suo peso su metà del globo. Ebbene io, il lacchè, sì io, mi ascolti?, sono geloso

di quell'uomo, sono geloso del re!

DON CESARE

Geloso del re!

Victor Hugo – Ruy Blas

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RUY BLAS

Sì, geloso del re, perché amo sua moglie.

DON CESARE

Infelice!

RUY BLAS

Ascolta. La aspetto tutti i giorni al passaggio. Sono come pazzo! La vita di quella povera

donna è solo una fitta trama di sofferenze! Ci penso ogni notte. Vivere in una corte

d'invidie e d'inganni, sposata a un sovrano che passa il tempo andando a caccia! Imbecille!

Stupido! Vecchio a trent'anni! Incapace di regnare come è incapace di vivere! Una famiglia

che si disgrega! Il padre era tanto debole da non riuscire a tenere in mano un editto! E lei,

così giovane e bella, ha concesso la sua mano a Carlo II! Lei! Che pena! Sai che ogni sera si

reca dalle suore del Rosario e risale lungo la via Ortaleza? Non so come si sia impadronita

di me una simile follia. Giudica tu: le piace tanto un fiore azzurro che viene dalla

Germania... Ogni sera io mi metto in cammino e vado fino a Caramanchel, a una lega da

qui, per cogliere quei fiori. Li ho cercati ovunque ma, altrove, non li ho mai trovati. Scelgo

i più belli, ne faccio un mazzo... - Oh, ma cosa ti dico, che stupidaggini! - e a mezzanotte

m'insinuo come un ladro nei giardini del palazzo e depongo i fiori sulla panchina che lei

predilige. Ieri, addirittura, ho avuto l'audacia di aggiungere ai fiori - compiangimi, fratello

- una lettera! Di notte, per giungere a quella panchina, occorre valicare le mura del parco e

superare, in cima, quelle aguzze punte di ferro che sbarrano l'accesso. So che un giorno mi

strapperanno le viscere, che ci lascerò sopra la mia carne. Ha trovato i miei fiori, ha visto la

mia lettera? Lo ignoro. Come vedi, fratello, sono caduto in preda alla follia.

DON CESARE

Diamine! È un'impresa rischiosa. Sta in guardia. Il conte d'Oñate l'ama anche lui e non la

perde di vista un istante nella sua qualità di capo del cerimoniale... e di innamorato. Caro

fratello, una notte qualche sgherro, qualche custode meno appassionato di te, potrebbe

sistemarti con un colpo d'archibugio prima che i tuoi fiori trovino il tempo d'appassire.

Che idea, amare la regina! Perché? Come hai fatto?

Victor Hugo – Ruy Blas

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RUY BLAS (con passione)

Credi che lo sappia? Che il diavolo si porti via la mia anima! Gliela cederei volentieri pur

di essere uno di quei giovani gentiluomini che adesso, dalla finestra, vedo come un

affronto vivente fare il loro ingresso con la piuma sul cappello e l'orgoglio sulla fronte! Sì,

sono pronto alla dannazione eterna pur di liberarmi dalle catene, e potere come loro

avvicinarmi alla regina in un abito meno vergognoso di questa livrea! O rabbia impotente!

Essere tanto vicino a lei, davanti a loro! In livrea! Un lacchè! Essere, per lei, nient'altro che

un lacchè! Mio Dio, abbi pietà di me! (Avvicinandosi a Don Cesare) Ora ricordo. Mi chiedevi

perché io l'amo, e da quando? Un giorno... Ma a cosa serve? È vero, hai sempre avuto

l'ansia di sapere! Di torturare fino all'agonia con migliaia di domande! Ma cosa chiedi?

Come, quando, perché? Il mio sangue bolle! L'amo alla follia, l'amo e non so altro!

DON CESARE

Non andare in collera.

RUY BLAS (ricadendo pallido e esangue su una poltrona)

No. Soffro troppo. Scusami. O meglio, vattene. Evitami, fratello. Abbandona questo

povero pazzo che nasconde con terrore sotto la livrea di un servo le passioni di un re!

DON CESARE (posandogli una mano sulla spalla)

Evitarti! Io che non ho mai sofferto, che non ho mai amato... Io, una campana vuota che

non può suonare; io, un accattone che mendica ovunque l'amore e a cui, di tanto in tanto,

il destino getta un soldo; io, un cuore spento da cui l'anima è rifuggita; io, il manifesto

stracciato dello spettacolo della sera prima; io, per quell'amore che colma i tuoi occhi,

fratello, ti invidio e insieme ti compiango! Ruy Blas!

Una pausa. Si stringono la mano e si guardano con immensa tristezza tradendo un'incrollabile

fiducia reciproca. Entra Don Sallustio, avanzando lentamente senza staccare gli occhi dal gruppo

Victor Hugo – Ruy Blas

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formato da Ruy Blas e Don Cesare che non notano la sua presenza. In una mano tiene il cappello e

una spada che appoggia su una poltrona, con l'altra regge una borsa che depone sul tavolo.

DON SALLUSTIO (a Don Cesare)

Ecco il denaro.

Sentendo la voce di Don Sallustio, Ruy Blas si alza come se fosse stato svegliato di soprassalto e

rimane in piedi, con gli occhi bassi, in un atteggiamento di profondo rispetto.

DON CESARE (tra sé, guardando in tralice Don Sallustio)

Hum! Che il diavolo mi porti! Questo essere ignobile ha sentito tutto. Bah! Cosa importa,

ormai! (Ad alta voce, a Don Sallustio) Grazie, Don Sallustio.

Apre la borsa, la rovescia sul tavolo. Prende in mano le monete, le soppesa, le suddivide in tante pile

sul tappeto di velluto. Mentre è occupato a contarle, Don Sallustio retrocede sul fondo badando a

non farsi scorgere da Don Cesare e apre la porticina di destra. A un segno convenuto, ne escono tre

sbirri vestiti di nero, con la spada in pugno. Don Sallustio si limita a indicar loro Don Cesare. Ruy

Blas è accanto al tavolo, in piedi, immobile come una statua, trasognato, incapace di vedere e di

udire.

DON SALLUSTIO (a bassa voce, agli sbirri)

Non appena sarà uscito, seguite l'uomo che sta contando il denaro. Impadronitevi di lui,

senza far rumore. Non voglio violenza. Dovete imbarcarlo, per la via più breve, a Denia.

(Consegna loro una pergamena sigillata) Ecco l'ordine, scritto di mia mano. Non date retta ai

suoi lamenti e alle sue follie, in mare aperto vendetelo ai corsari africani. Qui ci sono mille

piastre per voi. Agite subito!

Gli sbirri s'inchinano ed escono.

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON CESARE (terminando di riordinare il denaro)

Non c'è niente che sia tanto piacevole e divertente come giocare con degli scudi che ci

appartengono. (Divide i ducati in due parti uguali e si rivolge a Ruy Blas) Ecco la tua parte,

fratello.

RUY BLAS

Come!

DON CESARE (mostrandogli una delle due pile d'oro)

Prendili! Vieni! Adesso sei libero!

DON SALLUSTIO (osservandoli, tra sé)

Diavolo!

RUY BLAS (scuotendo il capo in segno di diniego)

No. Quello che ha bisogno di libertà è il cuore. No, il mio destino è qui. E qui devo restare.

DON CESARE

Va bene. Fai a modo tuo. Sei folle? E io sono in me? Solo Dio può saperlo. (Raccoglie il

denaro, lo getta nella borsa e se la nasconde addosso)

DON SALLUSTIO (sul fondo, tra sé, non perdendoli di vista)

Hanno più o meno lo stesso aspetto, lo stesso volto...

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON CESARE (a Ruy Blas)

Addio.

RUY BLAS

Dammi la mano!

Si stringono la mano. Don Cesare esce senza scorgere Don Sallustio che resta in disparte.

Scena quarta

Ruy Blas, Don Sallustio.

DON SALLUSTIO

Ruy Blas!

RUY BLAS (voltandosi bruscamente)

Monsignore?

DON SALLUSTIO

Stamani, quando sei arrivato, non ricordo bene, era già l'alba?

RUY BLAS

Victor Hugo – Ruy Blas

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Non ancora, Eccellenza. Ho consegnato in silenzio il vostro lasciapassare al portiere e sono

salito.

DON SALLUSTIO

Portavi il mantello?

RUY BLAS

Sì, monsignore.

DON SALLUSTIO

Nessuno, allora, a palazzo, ti ha visto indossare questa livrea?

RUY BLAS

Nessuno in tutta Madrid.

DON SALLUSTIO (indicando la porta da cui è uscito Don Cesare)

Benissimo. Va a chiudere quella porta e cambiati d'abito.

Ruy Blas si sbottona la giacca e la getta su una poltrona.

Hai una bella calligrafia, non è vero? Scrivi. (Fa cenno a Ruy Blas di sedersi al tavolo dove c'è

l'occorrente per scrivere. Ruy Blas obbedisce) Oggi mi farai da segretario. Per prima cosa una

missiva galante - non voglio nasconderti nulla - per la regina del mio cuore, Donna

Praxedis, un demonio che a me sembra sceso dal paradiso. Sei pronto? Adesso dètto: "Un

pericolo terribile mi sovrasta. Solo la mia regina può scongiurare la tempesta recandosi da

me, stasera, a casa mia. Altrimenti, è la fine. La mia vita, la mia ragione, il mio cuore li

depongo ai piedi di colei che adoro". (Ride e s'interrompe) Un pericolo! Effettivamente

Victor Hugo – Ruy Blas

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l'espressione è indovinata, per attirarla a casa mia. Lo so per esperienza: le donne vogliono

sempre salvare chi è la causa della loro rovina. Aggiungi: "Dalla porta in fondo al viale,

entrerete di notte senza essere riconosciuta. Un servo fedele vi aprirà". Sul mio onore, è

perfetto. Ah! Firma.

RUY BLAS

Col vostro nome, monsignore?

DON SALLUSTIO

No. Col nome "Cesare". È quello che assumo nei convegni d'amore.

RUY BLAS (dopo aver eseguito)

Ma la dama non riconoscerà la calligrafia?

DON SALLUSTIO

Bah! Il sigillo basterà. Opero sempre così, in questi casi. Ruy Blas, stasera parto, ti lascio

qui. Ho concepito dei progetti su di te, come un amico sincero. Il tuo stato attuale

cambierà, ma dovrai eseguire i miei ordini alla lettera. Dato che in te ho trovato un

collaboratore discreto, fedele, riservato...

RUY BLAS (inchinandosi)

Monsignore!

DON SALLUSTIO (proseguendo)

Voglio contribuire alla tua fortuna.

Victor Hugo – Ruy Blas

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RUY BLAS (mostrando il biglietto appena scritto)

Dove bisogna indirizzare la lettera?

DON SALLUSTIO

Me ne incarico io. (Avvicinandosi al giovane con aria significativa) Voglio il tuo bene. (Pausa.

Fa cenno a Ruy Blas di sedere di nuovo al tavolo) Scrivi: "Io, Ruy Blas, lacchè di monsignore, il

marchese di Finlas, in ogni occasione, sia privata che pubblica, m'impegno a servirlo

fedelmente".

Ruy Blas esegue.

Firma col tuo nome. Poi la data. Bene. Da' qua. (Piega e ripone nel portafogli la lettera e il foglio

che Ruy Blas ha scritto) Mi hanno portato una spada. Ah, eccola! È su quella poltrona.

(Indica la poltrona su cui ha deposto spada e cappello. Si avvicina e impugna la spada) La fascia è

di seta, dipinta e ricamata all'ultima moda. (Gli fa ammirare la morbidezza del tessuto) Tocca.

Che ne dici, Ruy Blas, di questo fiore? L'elsa è di Gil, il famoso cesellatore, quello che, con

grande soddisfazione delle belle donne, riesce a ricavare nel pomo della spada lo spazio

per una scatola di pastiglie! (Infila al collo di Ruy Blas la fascia cui è attaccata la spada) Mettila.

Voglio vedere come ti sta. Ma certo, sembri un perfetto gentiluomo! (Ascoltando) Viene

gente. Si avvicina l'ora in cui passa la regina. Il marchese del Basto!

La porta di fondo prospiciente alla galleria si apre. Don Sallustio si slaccia il mantello e lo getta

addosso a Ruy Blas proprio nel momento in cui il marchese del Basto fa la sua apparizione. Poi si

avvicina al marchese trascinando con sé lo stupefatto Ruy Blas.

Scena quinta

Victor Hugo – Ruy Blas

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Don Sallustio, Ruy Blas, Don Panfilo d'Avalos marchese del Basto. Poi il marchese di Santa-Cruz,

Il conte d'Alba e tutta la corte.

DON SALLUSTIO (al marchese del Basto)

Marchese, permettete che presenti a Vostra Grazia mio cugino Don Cesare, conte di

Garofa, presso Velalcazar.

RUY BLAS (tra sé)

Cielo!

DON SALLUSTIO (a bassa voce, a Ruy Blas)

Taci!

MARCHESE DEL BASTO (salutando Ruy Blas)

Signore... felicissimo... (Gli tende la mano che Ruy Blas stringe con imbarazzo)

DON SALLUSTIO (a bassa voce, a Ruy Blas)

Adeguati, rispondi al saluto! (Ruy Blas saluta il marchese)

MARCHESE DEL BASTO (a Ruy Blas)

Amavo molto la vostra signora madre. (A bassa voce, a Don Sallustio, indicandogli Ruy Blas)

Com'è cambiato! Quasi non lo riconoscevo!

DON SALLUSTIO (a bassa voce, al marchese)

Ha lasciato la corte dieci anni fa!

Victor Hugo – Ruy Blas

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MARCHESE DEL BASTO (come sopra)

Infatti!

DON SALLUSTIO (battendo sulla spalla di Ruy Blas)

Eccolo di ritorno! Vi ricordate, marchese? Era un vero figliuol prodigo che sperperava

ovunque il denaro senza ritegno! Ogni sera al vivaio d'Apollo c'erano danze, feste

sontuose e cento musicisti che sorgevano e scomparivano tra le acque! Continuamente si

succedevano balli, concerti, maschere, ludi amorosi che abbagliavano tutta Madrid di

visioni rapide e fugaci! In tre anni si è rovinato! Era un libertino scatenato e, adesso, torna

dalle Indie su un galeone.

RUY BLAS (imbarazzato)

Signore...

DON SALLUSTIO (allegramente)

Chiamatemi pure cugino, siamo parenti. I Bazan sono un casato di gentiluomini illustri. Il

nostro capostipite è Iniguez d'Iviza. Suo nipote Pedro di Bazan sposò Marianna di Gor. Da

lei ebbe un figlio, Giovanni, che fu generale sull'Oceano ai tempi di Sua Maestà Don

Filippo. Giovanni ebbe due figli, che hanno innestato due blasoni sul nostro vecchio

albero! Io, il marchese di Finlas, e voi, il conte di Garofa. Due titoli che si equivalgono. La

linea femminile, Cesare, assicura al nostro rango pari dignità. Voi siete Aragona e io

Portogallo. Il vostro ramo non è meno elevato del nostro. Io sono il frutto dell'uno e voi il

fiore dell'altro.

RUY BLAS (tra sé)

A cosa mira quest'uomo?

Victor Hugo – Ruy Blas

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Durante l'allocuzione di Don Sallustio, si è avvicinato a loro il marchese di Santa-Cruz Don

Alvaro di Bazan y Benavides, un vecchio dagli imponenti baffi bianchi e dalla grande parrucca.

MARCHESE DI SANTA-CRUZ (a Don Sallustio)

Vi spiegate benissimo. Se è vostro cugino, è anche il mio.

DON SALLUSTIO

È vero, abbiamo le stesse origini. Il signore di Santa-Cruz. (Presentandogli Ruy Blas) Don

Cesare.

MARCHESE DI SANTA-CRUZ

Immagino che non si tratti della stessa persona... che credevamo morta.

DON SALLUSTIO

Invece è la stessa.

MARCHESE DI SANTA-CRUZ

È tornato?

DON SALLUSTIO

Dalle Indie.

MARCHESE DI SANTA-CRUZ (esaminando Ruy Blas)

Effettivamente!

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON SALLUSTIO

Lo riconoscete?

MARCHESE DI SANTA-CRUZ

Perbacco! L'ho visto nascere!

DON SALLUSTIO (sottovoce, a Ruy Blas)

Il brav'uomo è cieco ma pretende di vederci benissimo. Ti ha riconosciuto per dimostrare

che la sua vista è perfetta.

MARCHESE DI SANTA-CRUZ (tendendo la mano a Ruy Blas)

Stringetemi la mano, cugino.

RUY BLAS (inchinandosi)

Signore...

MARCHESE DI SANTA-CRUZ (sottovoce, a Don Sallustio, mostrandogli Ruy Blas)

Mi congratulo del suo aspetto! (A Ruy Blas) Felice di rivedervi!

DON SALLUSTIO (a bassa voce, al marchese, prendendolo in disparte)

Pago io i suoi debiti. Dato il posto che occupate, potete essergli utile. Se ci fosse un

impiego vacante a corte, in questo momento, dal re o dalla regina...

MARCHESE DI SANTA-CRUZ (sottovoce)

È un giovane di merito! Ci penserò. Inoltre, è nostro parente.

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON SALLUSTIO (a bassa voce)

La vostra reputazione è nota, al consiglio di Castiglia. Ve lo raccomando. (Lascia il marchese

di Santa-Cruz e si avvicina ad altri gentiluomini, a cui presenta Ruy Blas. Tra loro si trova anche il

conte d'Alba, elegantemente vestito. Don Sallustio gli presenta Ruy Blas) Mio cugino, Cesare,

conte di Garofa, presso Velalcazar. (I signori si scambiano profondi inchini davanti a Ruy Blas

sempre più sorpreso. Don Sallustio, al conte di Ribagorza) Eravate presente, ieri, al balletto

d'Atalanta? Lindamira ha danzato con una levità stupefacente! (Ammirando il giustacuore

del conte d'Alba) È splendido, conte d'Alba!

CONTE D'ALBA

Ne avevo uno ancora più bello. Di raso rosa con nastri d'oro. Me l'ha rubato Matalobos.

UN USCIERE (sul fondo)

Avanza la regina. Mettetevi in fila, signori.

Si scostano i pesanti tendaggi della galleria a vetri. I gentiluomini si dispongono accanto alla porta.

Il cordone è formato dalle guardie reali. Ruy Blas, in preda all'ansia, fuori di sé, corre in proscenio

sperando di trovare rifugio. Don Sallustio lo segue.

DON SALLUSTIO (sottovoce, a Ruy Blas)

Non vorrai che proprio quando si eleva il tuo stato, ti venga meno lo spirito per

sostenerlo? Svegliati, Ruy Blas. Sto per lasciare Madrid. La palazzina presso il ponte dove

abiti - non voglio conservare nulla per me, tranne le chiavi segrete - da questo momento è

tua, Ruy Blas, e anche i servi muti sono tuoi. Riceverai presto altri ordini. Se eseguirai

fedelmente la mia volontà, sarò l'artefice della tua fortuna. Adesso continua la tua ascesa e

non temere: il momento è favorevole. La corte è un paese in cui ci si muove tra le tenebre.

Procedi con gli occhi bendati, vedrò io per te!

Victor Hugo – Ruy Blas

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Altre guardie si dispongono sul fondo.

USCIERE (ad alta voce)

La regina!

RUY BLAS (tra sé)

La regina! Ah!

La regina, splendidamente vestita, appare circondata dai paggi e dalle dame del seguito sotto un

baldacchino di velluto cremisi sorretto da quattro gentiluomini di camera, a capo scoperto. Ruy

Blas, smarrito, la guarda come se fosse progressivamente assorbito dall'intensità della sua presenza.

Tutti i Grandi di Spagna si mettono il cappello: il marchese del Basto, il conte d'Alba, il marchese di

Santa-Cruz. Don Sallustio corre rapidamente alla poltrona, afferra il cappello, lo porge a Ruy Blas e

glielo calca sul capo.

DON SALLUSTIO (a Ruy Blas)

Cosa ti prende? Hai le vertigini? (Ad alta voce) Copritevi, Don Cesare. Siete un Grande di

Spagna.

RUY BLAS (perduto, a bassa voce, a Don Sallustio)

Cosa mi ordinate, adesso, monsignore?

DON SALLUSTIO (mostrandogli la regina che attraversa lentamente la galleria)

Di piacere a quella donna e diventare il suo amante.

ATTO SECONDO

Victor Hugo – Ruy Blas

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LA REGINA DI SPAGNA

Una sala attigua alla camera da letto della regina. A sinistra, una porticina che dà accesso alla sua

stanza. A destra, ad angolo acuto, un'altra porta che dà agli appartamenti esterni. Sul fondo, grandi

finestre spalancate. È il pomeriggio di una bella giornata estiva. Un tavolo massiccio. Poltrone. Ad

una parete, dentro una teca intarsiata, è visibile la statua di una santa. Alla base si legge "Santa

Maria Esclava". Dal lato opposto una statua della Vergine davanti a cui arde una lampada d'oro.

Accanto alla Vergine, un ritratto a figura intera del re Carlo II. Quando si alza il sipario, la regina -

Donna Maria di Neuburg - è in un angolo, seduta accanto a una donna giovane e bella. La regina è

in bianco, indossa un magnifico abito di stoffa con guarnizioni d'argento. Sta ricamando e, di tanto

in tanto, s'interrompe per discorrere. All'angolo opposto, su una seggiola a schienale, siede Donna

Juana de la Cueva, duchessa di Albuquerque, prima dama di compagnia, con un ricamo in mano. È

una vecchia rigida, vestita di nero. Vicino alla duchessa, a un tavolo, numerose governanti intente a

lavori femminili. Sul fondo Don Guritano, conte di Oñate, il maggiordomo: alto, magrissimo, dai

baffi grigi, sui cinquantacinque anni. Sembra un vecchio militare nonostante vesta con pomposa

eleganza e sia adorno di nastri persino sulle scarpe.

Scena prima

La Regina, la duchessa di Albuquerque, Don Guritano, Casilda, alcune governanti.

LA REGINA

Se n'è andato... eppure! Dovrei sentirmi a mio agio. Invece non è così! Il marchese di Finlas

mi fa paura. Quell'uomo mi odia.

Victor Hugo – Ruy Blas

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CASILDA

Non è in esilio secondo i vostri desideri?

LA REGINA

Quell'uomo mi odia.

CASILDA

Vostra Maestà...

LA REGINA

È davvero strano, Casilda, ma quell'uomo, per me, è come un angelo malefico. L'altro

giorno - doveva partire l'indomani - si presentò come al solito per baciarmi la mano. Tutti i

Grandi di Spagna, perfettamente nei ranghi, avanzavano verso il trono e io porgevo loro la

mano. Ero triste, ma serena: i miei occhi correvano distratti, tra le tenebre della sala, a una

battaglia raffigurata su una tela appesa alla parete di fronte. Poi d'improvviso, abbassando

lo sguardo sul tavolo, scorsi avanzare furtivo quell'uomo terribile! Non appena lo vidi,

non fui più capace di concentrarmi su nient'altro: camminava lentamente, giocava col

fodero di un pugnale di cui intravedevo la lama. Era severo, il suo sguardo feroce mi

abbagliava e quando si curvò rapido, agile, quasi strisciando... mi sembrò di sentire sulla

mano l'impronta viscida di una serpe!

CASILDA

Adempiva a un dovere: noi non ottemperiamo ai nostri?

LA REGINA

Le sue labbra non sono come quelle degli altri. È stata l'ultima volta che l'ho visto. Ci ho

pensato spesso, in seguito. Ho molte altre preoccupazioni, ma diventano superflue quando

rifletto che l'inferno è in quell'anima! Davanti a quell'uomo, sono soltanto una donna. Di

Victor Hugo – Ruy Blas

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notte, nei miei sogni, mi sembra di vagare e poi imbattermi in quel demone spaventoso

che mi bacia la mano. Vedo brillare quegli occhi da cui l'odio trapela come un veleno nero

e vischioso che s'insinua tra le vene, e tante volte sento giungere fino al cuore, che si

raggela a quel contatto, il suo freddo bacio che mi assale con brividi violenti! Tu cosa ne

pensi?

CASILDA

Lugubri fantasmi, signora.

LA REGINA

Effettivamente, ho delle preoccupazioni ben più gravi! (Tra sé) Oh! Devo nascondere il mio

tormento. (A Casilda) Dimmi, quei questuanti che non osavano avvicinarsi...

CASILDA (guardando dalla finestra)

Lo so, signora. Sono ancora giù, in piazza.

LA REGINA

Prendi! Gettagli la mia borsa.

Casilda prende la borsa e la getta dalla finestra.

CASILDA

Oh! signora, vi prego, voi che fate l'elemosina con tanto fervore, (indica alla regina Don

Guritano che, ritto immobile e silenzioso in fondo alla sala, continua a fissare la regina in

atteggiamento d'estatica adorazione) non concederete nulla al conte d'Oñate? Via, una parola

sola! È stato un valoroso, quell'armatura nasconde un cuore devoto! Tanto più tenero e

arrendevole quanto più è inflessibile il suo aspetto!

Victor Hugo – Ruy Blas

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LA REGINA

È tanto noioso!

CASILDA

È vero, ma parlategli!

LA REGINA (rivolgendosi a Don Guritano)

Buongiorno, conte.

Don Guritano si avvicina con tre profondi inchini e, sospirando bacia la mano alla regina che gliela

concede con assoluta indifferenza. Poi ritorna al suo posto, accanto alla prima dama di compagnia.

DON GURITANO (ritirandosi, a Casilda, sottovoce)

La regina è affascinante, oggi!

CASILDA (guardandolo allontanarsi)

Povero airone! Non si discosta dall'acqua che lo tenta! Dopo un intero giorno d'attesa,

afferra a malapena un buongiorno, un buonasera, spesso una parola qualunque e se ne va

in estasi, assaporando quella magra preda.

LA REGINA (con un triste sorriso)

Taci!

CASILDA

Victor Hugo – Ruy Blas

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Gli basta vedervi per essere felice! Vedere la regina per lui significa: gioia! (Ammirando un

cofanetto posato sul tavolo) Che bellissimo scrigno!

LA REGINA

Ho qui la chiave.

CASILDA

Questo legno di palma è magnifico!

LA REGINA (dandole la chiave)

Aprilo, come vedi l'ho fatto riempire di reliquie: lo invierò a mio padre, a Neuburg, ne sarà

lieto! (Ricade nei suoi pensieri, poi d'improvviso si riscuote. Tra sé) Non voglio pensarci! Voglio

cancellare tutto ciò che mi turba. (A Casilda) Va a prendermi un libro in camera mia. Sono

pazza! Neanche un libro in tedesco! Tutto è scritto in spagnolo! Il re è a caccia, non c'è mai.

È orribile, la noia! In sei mesi avrò passato dodici giorni in sua compagnia.

CASILDA

Sposate un re: ecco la vita che vi attende!

La regina torna a immergersi nei suoi pensieri da cui si strappa con uno sforzo violento, doloroso.

LA REGINA

Voglio uscire!

A queste parole, pronunciate imperiosamente dalla regina, la duchessa di Albuquerque, finora

immobile e rigida sulla sua seggiola, solleva il capo di scatto, si alza in piedi e s'inchina alla regina.

Victor Hugo – Ruy Blas

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DUCHESSA (con voce secca e dura)

È necessario, perché la regina esca, che ogni porta venga aperta - questa è la regola - da un

Grande di Spagna che abbia diritto alla chiave. In questo momento, nessuno di loro si

trova a palazzo.

LA REGINA

Questo significa che sono prigioniera! Che si vuole la mia morte, duchessa!

DUCHESSA (inchinandosi nuovamente)

Adempio ai miei obblighi di prima dama di compagnia. (Si risiede)

LA REGINA (disperata, si prende la testa tra le mani, tra sé)

Torniamo a sognare! No! (Ad alta voce) Su, presto, venite qui tutte, preparate un tavolo!

Giochiamo a carte!

DUCHESSA (alle governanti)

Non muovetevi! (Si alza e s'inchina profondamente alla regina) In base alla consuetudine, Sua

Maestà può giocare solo con dei sovrani o dei membri di famiglie reali.

LA REGINA (in un impeto d'ira)

Allora, convocateli!

CASILDA (tra sé, guardando la duchessa)

Che donna impossibile!

Victor Hugo – Ruy Blas

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DUCHESSA (facendosi il segno della croce)

All'attuale monarca Dio non ha voluto concedere parenti stretti. La regina madre è morta.

Egli è solo, ormai.

LA REGINA

Allora, desidererei prendere qualcosa. Ho fame.

CASILDA

Oh, che divertimento!

LA REGINA

Sei mia ospite, Casilda.

CASILDA (tra sé, osservando la duchessa)

Oh, la vecchiaia venerabile!

DUCHESSA (inchinandosi)

In assenza del re, la regina pranza sempre sola. (Si risiede)

LA REGINA (al limite della sopportazione)

Stare qui dentro, totalmente priva di risorse. Cosa farò, mio Dio? Non posso uscire, giocare

e nemmeno mangiare liberamente! Da un anno sono regina e da un anno ho cominciato a

morire.

CASILDA (tra sé, guardandola con immensa pietà)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Povera donna! Obbligata a resistere continuamente alle costrizioni che le impone la sciocca

etichetta di corte! Con una sola distrazione: vedere aggirarsi attorno alle rive di questo

stagno d'acqua morta (guardando Don Guritano, ritto immobile in fondo alla sala) un conte

decrepito che sogna di lei reggendosi a una zampa malferma!

LA REGINA (a Casilda)

Cosa si può fare? Cosa mi consigli?

CASILDA

Ho trovato! In assenza del re, il governo è nelle vostre mani: per distrarvi potreste

convocare i ministri!

LA REGINA (alzando le spalle)

Una rara distrazione! Dover ammirare otto volti impassibili che mi parlerebbero della

Francia e del suo vecchio re, di Roma, e del ritratto di monsignor l'arciduca che conducono

in processione a Burgos, tra i cavalieri, sotto un baldacchino d'oro sorretto da quattro

alcadi! Pensa a qualcosa di meglio.

CASILDA

Per debellare il vostro malumore, potrei sempre far salire un giovane scudiero... Che ne

dite?

LA REGINA

Casilda!

CASILDA

Victor Hugo – Ruy Blas

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Mi piacerebbe vedere finalmente un uomo. Signora, non ne posso più di mummie e di

scheletri! Credo che la vecchiaia sia un veleno che attacchi l'organismo attraverso gli occhi

e che, presto, saremo vecchie guardando continuamente dei vecchi!

LA REGINA

Ridi pure, sciocchina! Viene tanto presto il momento che il cuore cede: si perde il sonno e

si smarrisce la nozione di felicità. (Pensierosa) La mia sola gioia è quell'angolo remoto del

giardino dove mi concedono di sostare, sola.

CASILDA

Oh, che preziosa felicità, che luogo incantevole! Dietro ad ogni anfratto è in agguato una

spia. E la vista è sbarrata dalle mura, più alte degli alberi.

LA REGINA

Vorrei uscire, una volta!

CASILDA (sottovoce)

Uscire! Ascoltatemi, signora. Ssst! Non facciamoci sentire! Tutti i carceri cupi e tenebrosi

come questo permettono di cercare e di scovare, nell'ombra, quel gioiello sfavillante che si

chiama fuga! Io lo possiedo! Quando volete, a dispetto di chi vi opprime, vi condurrò

fuori, di notte, e insieme percorreremo la città.

LA REGINA

Cosa dici! Non è possibile! Taci!

CASILDA

È facilissimo!

Victor Hugo – Ruy Blas

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LA REGINA

Silenzio! (Si allontana da Casilda e torna a sognare ad occhi aperti) Perché proprio io, che tremo

alla vista dei Grandi di Spagna, non sono rimasta là, in Germania, presso i miei cari?

Correvamo tanto, io e mia sorella, tra l'erba alta! E quando, per la strada, incontravamo i

contadini che trasportavano le fascine, ci fermavamo a chiacchierare. Tutto era bello,

allora. Ma una sera, purtroppo, arrivò un uomo, chiuso nel suo abito nero. Io tenevo per

mano mia sorella, la mia dolce, la mia sola compagna. Mi disse: "Signora, state per

diventare regina di Spagna". Mio padre scoppiava di gioia, mia madre era in lacrime. Ora

piangono entrambi. In segreto farò pervenire a mio padre questo scrigno: ne sarà felice.

Tutto, accanto a me, tradisce la disperazione. Anche gli uccellini che venivano dalla

Germania sono morti.

Casilda mima il gesto di torcere il collo agli uccelli guardando con astio la duchessa.

E inoltre mi impediscono di avere i fiori del mio paese. Nessuna parola d'amore sfiora le

mie orecchie. Oggi sono regina, ma un tempo ero libera! Hai ragione, il parco di sera è

l'immagine della tristezza e le mura sono così alte da sbarrare l'accesso alla vista. La noia è

qualcosa d'atroce. (Si sente un canto in lontananza) Cos'è?

CASILDA

Sono le lavandaie che cantano andando alla brughiera.

Il canto si avvicina, si distinguono le parole. La regina ascolta avidamente.

VOCI IN LONTANANZA

Perché ascolti gli uccelli

nel folto del bosco?

Victor Hugo – Ruy Blas

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Il suono più armonioso

vibra nella tua voce.

Che Dio sveli o cancelli

gli astri di tutti i cieli,

la stella più splendente

è la luce nei tuoi occhi.

Che aprile rinnovi

i fiori del giardino!

Il fiore più seducente

ha radici nel tuo cuore.

Quell'uccello di fiamma,

quell'astro infuocato,

quel fiore dello spirito

si chiama Amore!

Le voci svaniscono e muoiono.

LA REGINA (assorta)

L'amore! Quelle donne sono felici. Le loro voci, quel canto mi fanno tanto male e tanto

bene.

Victor Hugo – Ruy Blas

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DUCHESSA (alle governanti)

Cacciatele via, lontano! Il canto di quelle femmine sguaiate disturba Sua Maestà!

LA REGINA (di scatto)

Perché? Si sentono appena. Povere donne! Voglio che siano lasciate in pace, duchessa. (A

Casilda, indicando una finestra sul fondo) Da questa parte, il bosco è meno folto, da qui si

gode la vista dell'aperta campagna, forse le vedremo passare! (Si dirige alla finestra con

Casilda)

DUCHESSA (alzandosi e sprofondandosi in un inchino)

Una sovrana di Spagna non guarda dalla finestra.

LA REGINA (si ferma d'improvviso e torna indietro)

Addio! Il sole morente che riempie le valli al tramonto, la polvere d'oro del crepuscolo che

cade lieve sui sentieri, i canti che svaniscono lontano, e che ognuno ascolta, per me non

esistono più! Mi sono congedata dal mondo. Non posso ammirare la natura voluta da Dio!

Non posso nemmeno assistere alla libertà degli altri!

DUCHESSA (facendo cenno alle dame di uscire)

Uscite! Oggi è il giorno dei Santi Apostoli.

Casilda si appresta a uscire. La regina la trattiene.

LA REGINA

Anche tu mi lasci?

Victor Hugo – Ruy Blas

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CASILDA (indicando la duchessa)

Signora, ci hanno ordinato di uscire.

DUCHESSA (salutando la regina con un profondo inchino)

Dobbiamo lasciare la regina alle sue devozioni.

Escono tutte, dopo essersi prostrate fino a terra.

Scena seconda

La Regina, sola.

LA REGINA

Alle sue devozioni! Sarebbe meglio dire alle sue ossessioni! Come posso combatterle? Sono

sola, tutti mi fuggono. Sono un misero spirito che si aggira nell'oscurità, senza una fiaccola

che gli rischiari la strada! (Sognando) Ah, l'impronta insanguinata di quella mano sul muro!

Si è ferito? Dio mio! Ha voluto correre il rischio... Perché ha voluto varcare quel muro

inaccessibile? Per offrirmi i fiori che qui non posso avere, solo per questo, per così poco, ha

affrontato un simile pericolo! Quelle orribili punte di ferro l'hanno straziato, l'hanno ferito.

Ho visto un brandello di stoffa pendere, in alto. Una goccia di quel sangue sparso per me

mi compensa di tutte le lacrime che ho versato. (In preda a un'evocazione fantastica) Ogni

volta che, su quella panchina, mi metto a cercare i suoi fiori, prometto a quel Dio che

ormai m'ha abbandonata di non tornare più. E torno sempre, sempre. Cosa gli è accaduto?

Da tre giorni, ormai, m'ha lasciata. È ferito! Chiunque tu sia, povero giovane sconosciuto

che, sapendomi sola, lontana da tutto ciò che amo, senza chiedermi nulla, senza sperare in

nulla, vieni a me senza pensare ai pericoli cui ti esponi; tu che versi il tuo sangue, e

disprezzi la vita per donare un fiore alla regina di Spagna... chiunque tu sia, amico, la tua

ombra mi accompagna. Il mio cuore è soggetto a una legge inflessibile, ma posso almeno

Victor Hugo – Ruy Blas

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augurarti di non perdere l'amore di tua madre e di accogliere la mia benedizione! (Si sfiora

le vesti, con una mano, all'altezza del cuore) La sua lettera mi brucia! (Ricade nelle sue

meditazioni) E l'altro uomo, l'implacabile Don Sallustio! Mi sembra che il destino mi

protegga e, insieme, mi condanni. Mi segue un angelo e mi perseguita uno spettro: io non

li vedo ma, nella mia scura notte, sento che si agitano, per condurmi a una rivelazione

sorprendente e inaudita, un uomo che mi odia accanto a un uomo che mi ama. Chi mi

protegge mi salverà dalla furia dell'altro? Non lo so. Ahimè! La mia sorte oscilla, squassata

da venti contrari: che cosa debole e fragile è una regina! Voglio pregare. (S'inginocchia

davanti all'immagine della Vergine) Soccorrimi tu, io non oso alzare gli occhi fino a te!

(S'interrompe) Mio Dio, la stoffa lacerata, il fiore, la lettera ardono più del fuoco! (Si fruga in

petto ed estrae una lettera spiegazzata, un mazzolino di fiori azzurri rinsecchiti e un pezzo di stoffa

macchiata di sangue. Li getta sul tavolo e ricade, subito, in ginocchio) Vergine, stella dei

naviganti! Vergine, speranza del martire! Aiutami! (Interrompendosi) Quella lettera!

(Voltandosi verso il tavolo) È qui e mi attira a sé. (Tornando a inginocchiarsi) Non voglio

rileggerla! Regina della consolazione, tu che Gesù ha concesso per sorella agli afflitti!

Vieni, ti scongiuro! (Si alza, muove qualche passo verso il tavolo e infine, cedendo a un'attrazione

irresistibile, si impadronisce della lettera) Sì, la leggerò ancora! Per l'ultima volta! Poi la

distruggerò! (Con un triste sorriso) Povera me! Continuo a ripetermelo da un mese... (Apre

risolutamente la lettera e legge) "Signora, nell'ombra, ai vostri piedi, c'è un uomo che vi ama,

perduto nelle tenebre notturne che lo circondano. Un uomo che soffre, un verme

miserabile che contempla una stella del cielo, un uomo pronto a sacrificarvi la sua anima,

se sarà necessario, un uomo che morirà, sempre più giù, nel fondo, mentre voi brillerete

tra gli astri". (Depone la lettera sul tavolo) Quando l'anima ha sete, deve bere anche se la

fonte fosse avvelenata! (Piega la lettera e, con la stoffa, la nasconde in seno) Non ho nulla sulla

terra. Devo pur amare qualcuno! Se solo l'avesse voluto, avrei amato il re. Che invece mi

abbandona, senza amore, alla solitudine.

Si aprono i battenti della porta d'ingresso. Entra un usciere di palazzo in alta uniforme.

USCIERE (con voce stentorea)

Una lettera del re!

LA REGINA (come se si svegliasse di soprassalto, con un grido di gioia)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Del re! Sono salva!

Scena terza

La Regina, la duchessa di Albuquerque, Casilda, Don Guritano, dame del seguito della Regina,

paggi Ruy Blas. Tutti entrano con estrema deferenza. La duchessa precede le dame. Ruy Blas resta

in fondo. Veste con eleganza raffinata. Il mantello gli ricade sul braccio sinistro, nascondendolo.

Due paggi reggono su un cuscino di raso dorato la lettera del re. S'inginocchiano, a rispettosa

distanza, davanti alla regina.

RUY BLAS (in fondo, tra sé)

Dove sono? Com'è bella! Per chi mi trovo qui?

LA REGINA (tra sé)

È un aiuto del cielo! (Ad alta voce) Consegnatemela! (Voltandosi verso il ritratto del re) Grazie,

monsignore! (Alla duchessa) Da dove viene la lettera?

DUCHESSA

Da Aranjuez, signora, dove il re è a caccia.

LA REGINA

Lo ringrazio dal profondo del cuore. Nella mia solitudine ha intuito che sentivo il bisogno

di una parola d'amore che venisse da lui! Datemela, per favore.

DUCHESSA (S'inchina e mostra la lettera)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Devo ricordarvi che, secondo l'uso, io devo aprirla e leggerla per prima.

LA REGINA

Ancora! Sia pure, leggete!

La duchessa prende la lettera e l'apre lentamente.

CASILDA (tra sé)

Ascoltiamo la missiva galante.

DUCHESSA (leggendo)

"Signora, c'è un vento orribile ma ho ucciso sei lupi". Firmato: "Carlos".

LA REGINA (tra sé)

Ahimè!

DON GURITANO (alla duchessa)

È tutto?

DUCHESSA

Sì, signor conte.

CASILDA (tra sé)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Ha ucciso sei lupi! Ecco qualcosa che esalta l'immaginazione! Il vostro cuore è geloso,

annoiato, devoto, insoddisfatto? Ecco qua: ha ucciso sei lupi!

DUCHESSA (alla regina, presentandole la lettera)

Sua Maestà vuole?...

LA REGINA (rifiutandola)

No.

CASILDA (alla duchessa)

Nient'altro?

DUCHESSA

Senza dubbio. Non c'è bisogno d'altro. Il re è a caccia e, in viaggio, ci comunica chi e cosa

ha abbattuto, date le condizioni del tempo. Un'ottima abitudine. (Esaminando ancora la

lettera) L'ha scritta lui? No, l'ha dettata.

LA REGINA (strappandole la lettera ed esaminandola a sua volta)

È vero, non è la sua calligrafia. Salvo la firma! (La esamina con maggior attenzione e sembra

stupita. Tra sé) È un'illusione? È la stessa calligrafia della lettera! (Indica con la mano il petto,

dove ha nascosto la lettera dell'ignoto) Cosa significa? (Alla duchessa) Dov'è il latore del

messaggio?

DUCHESSA (indicando Ruy Blas)

Laggiù.

Victor Hugo – Ruy Blas

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LA REGINA (voltandosi nella direzione dove si trova Ruy Blas)

Volete dire quel giovane?

DUCHESSA

Proprio lui. È un nuovo scudiero che Sua Maestà offre alla regina. Un gentiluomo che il

signor di Santa-Cruz mi raccomanda da parte del re.

LA REGINA

Come si chiama?

DUCHESSA

È il signor Cesare di Bazan, conte di Garofa. Se dobbiamo dar credito alla sua fama, è un

gentiluomo di molte virtù!

LA REGINA

Bene. Desidero parlargli. (A Ruy Blas) Signore...

RUY BLAS (tra sé, in un sussulto)

Mi ha notato! Mi parla! Dio mio, sto tremando.

DUCHESSA (a Ruy Blas)

Avvicinatevi, conte.

DON GURITANO (tra sé, osservando con astio Ruy Blas)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Un giovane qualunque, uno scudiero! Questa confidenza non mi piace. (Ruy Blas, pallido e

turbato, avanza lentamente)

LA REGINA (a Ruy Blas)

Venite da Aranjuez?

RUY BLAS (inchinandosi)

Sì, mia signora.

LA REGINA

Il re sta bene? (Ruy Blas s'inchina, la regina mostra la lettera appena ricevuta) L'ha dettata per

me?

RUY BLAS

Era in sella, l'ha dettata da cavallo... (esita un istante) a un aiutante di campo.

LA REGINA (tra sé, guardando Ruy Blas)

I suoi occhi mi trafiggono, non oso chiedere a chi l'ha dettata. (Ad alta voce) Vi ringrazio,

potete andare. Ah! (Ruy Blas, che stava ritirandosi, torna verso la regina) Erano presenti molti

gentiluomini? (Tra sé) Perché, in sua presenza, sono colta da un'emozione tanto profonda?

(Ruy Blas s'inchina, la regina lo interroga) Li conoscete?

RUY BLAS

Quando ero là, non sono stati fatti dei nomi. Mi sono trattenuto solo il tempo strettamente

indispensabile. Ho lasciato Madrid tre giorni fa.

Victor Hugo – Ruy Blas

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LA REGINA (tra sé)

Tre giorni! (Lo guarda singolarmente turbata)

RUY BLAS (tra sé)

È sposata a un altro uomo! Che cosa spaventosa è la gelosia! E a chi è sposata! Nel mio

cuore si apre un'orribile voragine!

DON GURITANO (avvicinandosi a Ruy Blas)

Siete scudiero della regina? Permettete una parola. Conoscete gli obblighi del vostro

grado? Stanotte dovete vegliare nella stanza accanto per far entrare il re, se volesse far

visita alla regina.

RUY BLAS (trasalendo)

Far entrare il re! (Tra sé) Io! (Ad alta voce) Ma... il re non c'è.

DON GURITANO

Un re non può arrivare all'improvviso?

RUY BLAS (tra sé)

Ahimè!

DON GURITANO (tra sé, osservando attentamente Ruy Blas)

Cos'ha?

LA REGINA (che non ha perso una parola, senza mai distogliere lo sguardo da Ruy Blas)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Impallidisce!

Ruy Blas, barcollando, si appoggia a una poltrona.

CASILDA (alla regina)

Signora, questo giovane si sente male!

RUY BLAS (sostenendosi con difficoltà)

No, vi prego di credermi! È molto strano, si vede che il vento... il sole... la fatica del

viaggio... (Tra sé) Far entrare il re! (Ricade esausto sulla poltrona. Il mantello involontariamente

si apre lasciando intravedere la sua mano sinistra fasciata di bende macchiate di sangue)

CASILDA

Dio mio, signora, è ferito alla mano!

LA REGINA

Ferito!

CASILDA

Sta perdendo conoscenza! Su, presto, facciamogli odorare dei sali!

LA REGINA (frugandosi in seno)

Ho una fiala con un'essenza miracolosa... (In quell'attimo nota il polsino al braccio destro di

Ruy Blas) (tra sé) È lo stesso tessuto! (Nel suo turbamento, ha preso insieme alla fiala anche il

pezzo di stoffa che aveva gelosamente custodito. A Ruy Blas, che la guarda con dolorosa intensità,

non sfugge il risultato di quel gesto inconsulto)

Victor Hugo – Ruy Blas

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RUY BLAS (smarrito)

Oh! (Il suo sguardo sorprende quello della regina. Una pausa)

LA REGINA (tra sé)

È lui!

RUY BLAS (tra sé)

La stoffa... sul suo cuore!

LA REGINA (tra sé)

È lui!

RUY BLAS (tra sé)

Mio Dio, fammi morire adesso!

Nella confusione generale, mentre le dame del seguito si apprestano a soccorrere Ruy Blas, nessuno

nota ciò che sta accadendo tra il giovane e la regina.

CASILDA (facendo annusare i sali a Ruy Blas)

Come vi siete ferito? È accaduto di recente? No? La piaga si è riaperta in viaggio? Allora

perché vi hanno incaricato di trasmettere il messaggio del re?

LA REGINA (a Casilda)

Volete avere la compiacenza d'interrompere questo interrogatorio?

Victor Hugo – Ruy Blas

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DUCHESSA (a Casilda)

Come potete credere che tutto ciò interessi la regina?

LA REGINA

Se aveva scritto la lettera, non era la persona più indicata a portarla?

CASILDA

Ma non ha detto di averla scritta.

LA REGINA (tra sé)

Oh! (A Casilda) Taci!

CASILDA (a Ruy Blas)

Vostra Grazia si sente meglio?

RUY BLAS

Mi sembra di rinascere!

LA REGINA (alle dame)

È tardi ormai, è il momento di ritirarci. Scortate il conte alle sue stanze. (Ai paggi, sul fondo)

Come sapete, stanotte il re non è a palazzo. Dedica tutta la stagione alla caccia.

La regina, col seguito, rientra nei suoi appartamenti.

Victor Hugo – Ruy Blas

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CASILDA (seguendola con lo sguardo)

La regina ha in mente qualcosa. (Segue la regina ed esce portando con sé lo scrigno con le

reliquie)

RUY BLAS (solo. Immobile, un lungo istante, riascolta dentro di sé le parole della regina. Le rivive

nell'intimo, come se fosse caduto in una profonda allucinazione. Per terra, sul tappeto, dove la

regina, nel suo turbamento, l'ha lasciato cadere, è rimasto il brandello di stoffa che aveva conservato

sul cuore. Ruy Blas lo raccoglie, lo guarda amorosamente e lo copre di baci. Poi alza gli occhi al

cielo)

Signore, abbiate pietà di me! Non precipitatemi nella follia! (Guardando ancora il brandello di

stoffa) Era sul suo cuore.

Se lo nasconde in petto. Dalla porta da cui è appena uscita la regina, rientra Don Guritano che

avanza lentamente verso Ruy Blas. Gli arriva accanto in silenzio, sfodera la spada e, con lo sguardo,

la confronta a quella di Ruy Blas e constata la loro disparità. Allora rinfodera l'arma con cura sotto

lo sguardo stupito di Ruy Blas.

Scena quarta

Ruy Blas, Don Guritano.

DON GURITANO (rinfoderando la spada)

Me ne procurerò due di pari lunghezza.

RUY BLAS

Victor Hugo – Ruy Blas

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Cosa volete dire, signore?

DON GURITANO (gravemente)

Nel milleseicentocinquanta ero innamorato alla follia. Abitavo ad Alicante. Un giovane di

rara avvenenza guardava troppo da vicino la mia donna e passava sempre sotto il suo

balcone, davanti alla cattedrale. Era più orgoglioso del capitano di una nave ammiraglia.

Non era nobile, era un vile plebeo e si chiamava Vasquez. L'ho ucciso.

Ruy Blas cerca d'interromperlo ma Don Guritano, con un gesto, lo prega di desistere e riprende a

parlare.

Più tardi, verso il milleseicentosettanta, Gil, conte d'Iscola, un valoroso cavaliere, inviò alla

mia amata, Angelica, con una missiva galante che lei non mi nascose, uno schiavo di nome

Grifel di Viserta. Ho fatto massacrare lo schiavo ed ho ucciso il suo padrone.

RUY BLAS

Signore!

DON GURITANO (proseguendo)

Molto più tardi, verso il milleseicentottanta, sospettai di essere tradito dalla mia bella,

troppo incline alle tenerezze d'amore, nella persona di Tirso Gamonal, uno di quei bei

ragazzi dal viso altero e sprezzante che sembra fatto apposta per le piume maestose dei

cappelli! Vi ricordate? Era l'epoca in cui la moda prescriveva di ferrare le proprie

cavalcature in oro zecchino. Ho ucciso anche Tirso Gamonal.

RUY BLAS

Vi proponete di farmi capire qualcosa, signore?

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON GURITANO

Voglio semplicemente dire, conte, che l'acqua esce dal pozzo se si ha voglia di attingerla,

che domani il sole sorgerà alle quattro del mattino, che c'è un luogo deserto, isolato e fuori

mano, l'ideale per chiunque abbia del coraggio da far valere, dietro la cappella. Aggiungo

inoltre che vi chiamate Cesare mentre io, se permettete, sono Don Gaspare Guritano Tassis

y Guevarra, conte d'Oñate.

RUY BLAS (freddamente)

Non mi attenderete invano, signore.

Alle ultime battute Casilda, vinta dalla curiosità, è entrata in punta di piedi dalla porticina sul

fondo e, senza essere vista, ha sorpreso le parole dei due interlocutori.

CASILDA (tra sé)

Un duello! Avvertirò Sua Maestà. (Rientra e scompare dall'uscio di fondo)

DON GURITANO (assolutamente imperturbabile)

Per contribuire alla vostra istruzione, sempre siate interessato a conoscermi meglio, voglio

confidarvi, caro signore, che non ho mai particolarmente ammirato quegli sciocchi vanesi

che passano il tempo ad arricciarsi i baffi, quei fatui gingilli che riscuotono tanto successo

presso le gonnelle, che alzano spesso grida e lamenti, che sorridono stupidamente e,

strabuzzando gli occhi nei salotti, e appoggiandosi alle poltrone con gesti aggraziati

minacciano di svenire per un graffio.

RUY BLAS

Non vi capisco.

DON GURITANO

Victor Hugo – Ruy Blas

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Mi capite benissimo, invece. Siamo entrambi innamorati della stessa donna. E uno di noi,

qua dentro, è di troppo. Per farla breve, se voi siete scudiero, io sono maggiordomo. I

nostri diritti si equivalgono. Ma, tra i due, chi si trova in una posizione svantaggiosa sono

io, perché le forze non sono esattamente equilibrate: il diritto del più anziano non può

competere col diritto della giovinezza. Voi costituite un pericolo: vedere, al tavolo in cui

digiuno, sedersi un affamato che sfoggia dei denti aguzzi, un'aria di trionfo e uno sguardo

radioso, è un turbamento inaudito! Per quanto concerne la nostra disputa sul terreno

amoroso, un campo assai precario, devo confessarvi, caro signore, che non so

destreggiarmi tra versi squisiti: ho la gotta che me lo impedisce e, d'altronde, non sono

così sciocco da scendere in campo per la conquista del cuore di Penelope contrastando il

passo a un giovanotto che sviene con tanta grazia! Ecco perché, giudicandovi adorabile,

affascinante, nobile, appassionato e adorno di tante virtù, ho deciso di uccidervi!

RUY BLAS

Vi concedo di tentare la prova.

DON GURITANO

Conte di Garofa, domani, quando sorge il sole, nel luogo che vi ho indicato, senza servi e

senza testimoni, ci taglieremo la gola nel pieno rispetto delle regole, da gentiluomini, con

la spada e con la daga, come si conviene ai casati che rappresentiamo. (Tende la mano a Ruy

Blas che gliela stringe)

RUY BLAS

Nemmeno una parola di tutto questo, lo promettete? (Il conte fa un cenno d'assenso) A

domani. (Ruy Blas esce)

DON GURITANO (solo)

Non ho sentito tremare la sua mano. Prepararsi alla morte senza tradire la minima ansia si

addice a un gentiluomo, è sintomo di coraggio!

Victor Hugo – Ruy Blas

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Si sente girare una chiave nell'uscio che immette nella stanza della regina. Don Guritano si volta.

Chi apre quella porta?

Entra la regina che avanza lentamente verso Don Guritano, stupito e lusingato di vederla. La

regina stringe tra le mani lo scrigno.

Scena quinta

Don Guritano, la Regina.

LA REGINA (sorridendo)

Andavo in cerca di voi!

DON GURITANO (felice)

A chi devo tanta felicità?

LA REGINA (posando lo scrigno sul tavolo)

Dio mio, a nulla o meglio a un infimo capriccio, signore. (Ridendo) Proprio adesso,

chiacchierando, con Casilda - conoscete la follia delle donne? - lei sosteneva che voi sareste

pronto a fare per me tutto quello che voglio.

DON GURITANO

Casilda ha ragione!

Victor Hugo – Ruy Blas

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LA REGINA (ridendo)

Invece, io sostenevo il contrario!

DON GURITANO

Avete torto, signora.

LA REGINA

Casilda diceva che sacrifichereste per me anche la vostra anima, che versereste il vostro

sangue...

DON GURITANO

Casilda ha interpretato fedelmente il mio carattere.

LA REGINA

Ma io non le ho dato ragione.

DON GURITANO

Mentre io l'approvo incondizionatamente! Per Vostra Maestà, sono pronto a tutto.

LA REGINA

A tutto?

DON GURITANO

Victor Hugo – Ruy Blas

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A tutto!

LA REGINA

Allora voglio mettervi alla prova: giurate che, per compiacermi, obbedirete subito ai miei

ordini.

DON GURITANO

In nome di san Gaspare sovrano, mio venerato patrono, lo giuro! Comandate! Obbedirò, a

costo della vita!

LA REGINA (prendendo in mano lo scrigno)

Benissimo. Allora lascerete immediatamente Madrid per portare questo scrigno di legno

pregiato a mio padre, l'elettore di Neuburg.

DON GURITANO (tra sé)

Sono in trappola! (Ad alta voce) A Neuburg!

LA REGINA

A Neuburg!

DON GURITANO

Seicento leghe!

LA REGINA

Cinquecentocinquanta. (Mostrando il drappo che avvolge lo scrigno) Fate attenzione alle

frange di seta azzurra. Possono sciuparsi, in viaggio.

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON GURITANO

Quando dovrei partire?

LA REGINA

All'istante.

DON GURITANO

Lasciatemi un giorno! Partirò domani!

LA REGINA

Non mi è possibile accontentarvi.

DON GURITANO (tra sé)

Sono in trappola! (Ad alta voce) Ma...

LA REGINA

Partite!

DON GURITANO

Come?

LA REGINA

Ho la vostra parola.

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON GURITANO

Un affare...

LA REGINA

Impossibile.

DON GURITANO

Ma è un pretesto frivolo...

LA REGINA

Presto!

DON GURITANO

Un giorno solo!

LA REGINA

No.

DON GURITANO

Perché...

LA REGINA

Esaudite la mia volontà.

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON GURITANO

Io...

LA REGINA

No.

DON GURITANO

Ma...

LA REGINA

Partite!

DON GURITANO

Se...

LA REGINA

Vi darò un bacio! (Gli cinge il collo con le mani e lo bacia)

DON GURITANO (in collera, sedotto suo malgrado) (Ad alta voce)

Non posso resistere. Vi obbedirò, signora. (Tra sé) Devo ammettere che se Dio s'è fatto

uomo, il diavolo s'è fatto donna!

LA REGINA (indicando la finestra)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Qua sotto una carrozza vi attende.

DON GURITANO

Aveva previsto tutto! (Scrive in fretta poche parole su un foglio, suona un campanello. Entra un

paggio) Paggio, porta subito questa lettera al signor Don Cesare di Bazan. (Tra sé) Occorre

rinviare il duello al mio ritorno. Ma tornerò presto! (Ad alta voce) Mi piego al desiderio di

Vostra Maestà.

LA REGINA

Bene.

Don Guritano prende in consegna lo scrigno, bacia la mano alla regina, saluta con un profondo

inchino ed esce. Subito dopo, si sente in lontananza il rumore di una carrozza.

LA REGINA (cadendo riversa su una poltrona)

Non lo ucciderà più!

ATTO TERZO

RUY BLAS

La sala del governo nel palazzo reale a Madrid. Nel fondo, un portone massiccio sollevato di qualche

gradino dal livello del pavimento. Nell'angolo a sinistra, una parete trasversale chiusa da una

tappezzeria di liccio. All'angolo opposto, una finestra. A destra, un tavolo quadrato, coperto da un

tappeto di velluto verde, intorno a cui sono disposti sgabelli per otto o dieci persone che

corrispondono, sul tavolo, ad altrettanti leggii. Il lato del tavolo di fronte allo spettatore è occupato

Victor Hugo – Ruy Blas

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da una grande poltrona ricoperta di seta d'oro sormontata da un baldacchino anch'esso di seta

d'oro, con le armi di Spagna, sotto alla corona reale. Accanto alla poltrona, una seggiola. Quando si

alza il sipario, la giunta del Despacho Universal (il Consiglio Privato del re) sta per iniziare la

seduta.

Scena prima

Don Manuel Arias, presidente di Castiglia; Don Pedro Velez de Guevarra, conte di Camporeal,

consigliere di cappa e spada della contaduria-mayor; Don Fernando de Cordova y Aguilar, marchese

di Priego, insignito della stessa carica; Antonio Ubilla, cancelliere-capo delle rendite; Montazgo,

consigliere legale della Camera delle Indie; Covadenga, segretario supremo delle isole e numerosi

altri consiglieri. I consiglieri legali vestono in nero, gli altri in abito di corte. Camporeal sfoggia, sul

mantello, la croce di Calatrava. Priego porta al collo il toson d'oro. Don Manuel Arias, presidente

di Castiglia, e il conte di Camporeal parlano tra loro a bassa voce, in proscenio. Gli altri consiglieri

formano vari gruppi, in ordine sparso.

DON MANUEL ARIAS

Una simile fortuna nasconde un mistero.

CONTE DI CAMPOREAL

Gli è stato conferito il toson d'oro. Poi è divenuto segretario universale, ministro e, infine,

duca d'Olmedo!

DON MANUEL ARIAS

In sei mesi!

Victor Hugo – Ruy Blas

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CONTE DI CAMPOREAL

Evidentemente qualcuno lo aiuta, in segreto.

DON MANUEL ARIAS (misteriosamente)

La regina!

CONTE DI CAMPOREAL

Sapete che il re, malato, in preda alla follia, convive col sepolcro della sua prima moglie. Si

disinteressa dello stato, è chiuso nell'Escuriale e chi fa tutto è la regina!

DON MANUEL ARIAS

Caro Camporeal, come la regina regna su di noi, Don Cesare regna su di lei!

CONTE DI CAMPOREAL

Eppure vive in un modo insolito. Per quanto concerne la regina, sappiamo che non la

frequenta. Sembrano rifuggire l'uno dall'altra. Siete liberi di non credermi ma, dato che da

sei mesi spio tutti i loro passi, e con ragione, dovrei riscuotere la vostra fiducia. Inoltre -

che strano capriccio! - abita, accanto al palazzo di Tormez in una casa sempre chiusa, dalle

finestre sprangate, su cui vegliano due lacchè negri, rigidi difensori di quelle porte

sbarrate, che - se non fossero muti - potrebbero fare delle rivelazioni interessanti.

DON MANUEL ARIAS

Sono muti?

CONTE DI CAMPOREAL

Sì. Tutti gli altri domestici sono qui, negli appartamenti che occupa a palazzo.

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON MANUEL ARIAS

È molto strano.

DON ANTONIO UBILLA (che si è avvicinato a loro alle ultime battute)

Insomma, è un signore d'alto lignaggio!

CONTE DI CAMPOREAL

Ma la sua massima ambizione è di passare per un galantuomo! (A Don Manuel Arias) È il

cugino - a questa parentela deve l'appoggio di Santa-Cruz - del marchese Sallustio, che da

un anno è caduto in disgrazia. Ma un tempo questo Don Cesare, che oggi ci governa, era il

gaudente più scatenato che si fosse mai visto sotto la luna! Era un briccone - può

testimoniarlo chi l'ha conosciuto allora - che un bel giorno scambiò il patrimonio per la

rendita, e si mise a spendere a piene mani in donne e carrozze. I suoi capricci erano costosi

e il suo appetito talmente formidabile che era capace di trangugiare in un anno tutto il

Perù. D'improvviso sparì, e non si è mai saputo dove fosse andato a finire.

DON MANUEL ARIAS

L'età ha trasformato il folle spensierato in un rigido moralista.

CONTE DI CAMPOREAL

Tutte le prostitute, quando rinsecchiscono, dicono le devozioni.

DON ANTONIO UBILLA

Io lo ritengo una persona onesta.

CONTE DI CAMPOREAL (ridendo)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Oh, come siete ingenuo, Ubilla! Vi lasciate ancora sedurre dall'apparenza! (In tono

significativo) La casa della regina, ordinaria e civile, (sottolineando le cifre) costa

seicentosessantaquattromila ducati all'anno! È un pozzo senza fondo dove si possono

gettare le reti a colpo sicuro! Dove l'acqua è torbida, il pescatore ingrassa!

MARCHESE DE PRIEGO (intervenendo) Scusatemi, ma giudico imprudente la vostra

condotta... e le vostre parole. Mio nonno, che aveva mensa presso il conte-duca,

raccomandava sempre di mordere il re ma di baciare il favorito. Signori, vi prego,

occupiamoci degli affari di stato.

Tutti prendono posto accanto al tavolo. Alcuni sfogliano degli incartamenti, altri prendono la penna

in mano. L'impressione generale è quella di un ozio e un'inerzia assoluti. Una pausa.

MONTAZGO (sottovoce, a Ubilla)

Vi ho chiesto una tassa sul culto delle reliquie per poter pagare la nomina ad alcade di mio

nipote.

DON ANTONIO UBILLA (sottovoce)

E voi mi avevate promesso di nominare al più presto mio cugino Melchior d'Elva balì

dell'Ebro.

MONTAZGO (insorgendo)

Abbiamo appena elargito la dote a vostra figlia. La cerimonia nuziale è ancora in corso! Ci

perseguitate di continuo...

DON ANTONIO UBILLA (sottovoce)

Avrete il vostro alcade.

Victor Hugo – Ruy Blas

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MONTAZGO (sottovoce)

E voi il vostro balì. (Si stringono la mano)

COVADENGA (alzandosi)

Signori consiglieri di Castiglia, mi sembra il caso - perché nessuno esuli dalla sfera che gli

compete - di procedere a una regolamentazione dei diritti e dei contributi rispettivi. Le

rendite della Spagna scivolano in migliaia di mani, è una sciagura pubblica cui occorre

porre un termine. Alcuni hanno troppo poco mentre altri nuotano nell'oro. Voi avete

l'appalto dei tabacchi, Ubilla, mentre voi, marchese di Priego, vi siete preso la concessione

dell'indaco e del muschio. Camporeal riscuote l'imposta su ottomila uomini, il dazio sulle

merci per le Indie, il sale, mille altre tasse, e il cinque per cento sull'oro, sull'ambra e sul

giaietto. (A Montazgo) Voi che mi guardate con occhi tanto spaventati, voi solo, grazie alla

vostra ben nota sollecitudine, percepite l'imposta sull'arsenico e il diritto sulla neve, sulle

processioni, sulle carte da gioco e sulla lotta; avete l'ammenda sui borghesi puniti col

bastone, la decima sul mare, sul piombo e sul legno di rosa! Io signori, non possiedo nulla

ed esigo che mi venga restituito qualcosa!

CONTE DI CAMPOREAL (scoppiando a ridere)

Oh, che vecchio scostumato! Se riscuote i profitti più alti! A eccezione dell'India, possiede

le isole dei due mari. Che avidità smisurata! Ha afferrato con una mano Majorca e con

l'altra si aggrappa alla scogliera di Tenerife!

COVADENGA (in collera)

Non ho niente, vi ripeto!

MARCHESE DE PRIEGO (ridendo)

Ha i negri!

Tutti si alzano e si mettono a parlare contemporaneamente. Litigano ferocemente.

Victor Hugo – Ruy Blas

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MONTAZGO

Io, invece, ho un reclamo da esporre all'assemblea: voglio le foreste!

COVADENGA (al marchese de Priego)

Datemi l'arsenico e, in cambio, vi cedo i negri!

Da qualche istante Ruy Blas, senza essere notato dai presenti è entrato dalla porta di fondo e assiste,

in silenzio, alla scena. Abito di velluto nero, mantello di velluto rosso, cappello con una piuma

bianca e toson d'oro al collo. Li ascolta immobile, senza intervenire. Poi, d'improvviso, avanza

lentamente e appare tra loro quando la disputa ha raggiunto il culmine.

Scena seconda

Ruy Blas e gli astanti.

RUY BLAS (avvicinandosi)

Buon appetito, signori!

Tutti si voltano. Lunga pausa che esprime stupore e inquietudine. Ruy Blas si calca il cappello in

testa e, a braccia conserte, pronuncia la seguente allocuzione squadrando, uno per uno, i membri del

governo.

Eccovi qua, onestissimi ministri! Virtuosi consiglieri! Ecco il vostro modo di servire lo

stato: siete dei servi che depredano la casa affidata alle loro cure! Non provate neanche

vergogna ad avere scelto per le vostre malversazioni l'ora dolorosa in cui la Spagna

Victor Hugo – Ruy Blas

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agonizzante piange! Qui dentro l'unico interesse che vi compete è quello di riempirvi le

tasche e di filar via indisturbati! Siate maledetti, davanti al vostro paese che va in rovina,

miserabili becchini che lo derubate fin nella fossa! Aprite gli occhi, abbiate almeno il

pudore o il coraggio di guardare: la Spagna e il suo onore, la Spagna e la sua dignità

stanno per scomparire. Dopo Filippo IV, abbiamo perso, senza fare la minima

opposizione, il Brasile e il Portogallo; Brisach nell'Alsazia, Steinfort nel Lussemburgo e

tutta la contea fino all'ultimo baluardo; il Roussillon, Ormuz, Goa, cinquemila leghe di

costa e ancora Fernambouc e le Montagne Azzurre! Guardatevi intorno! Da occidente ad

oriente, l'Europa che vi odia adesso ride di voi! Come se il vostro re ormai non fosse che

una pallida ombra Olanda e Gran Bretagna si dividono il regno, Roma vi tradisce e potete

azzardarvi solo con difficoltà ad inviare un esercito in Piemonte, che pure è nostro alleato;

la Savoia e il duca che la governa nascondono mille insidie e infine la Francia, per

assoggettarvi, aspetta solo la prima occasione. Anche l'Austria ha allungato le sue mire e il

fanciullo bavarese sta per morire, come sapete. Per quanto riguarda, infine, i vostri viceré,

Medina, nella sua lussuria, ha fatto di Napoli la corte degli scandali, Vaudémont vende

Milano, Legañez perde le Fiandre. C'è un rimedio allo sfacelo? Lo stato è povero, lo stato è

senza esercito, privo di risorse economiche, e sul mare, dove si sfoga l'ira divina del

Creatore, abbiamo perso trecento navi, senza contare le galee. E voi osate! Signori, in

vent'anni, pensateci, il popolo - ho calcolato esattamente l'ammontare e posso garantirvelo

- ripiegando sotto l'ignominia che gli avete imposto, per voi, per i vostri piaceri, per le

vostre infami prostitute, quel popolo misero, lacero, che continuate a sfruttare, ha pagato

col sudore centotrenta milioni d'oro! E non è ancora tutto! E voi siete qui a pretendere, a

esigere, da signori e padroni! Mi vergogno di voi! Il paese è invaso da mercenari, da

avventurieri che battono le campagne e bruciano il grano. Da ogni siepe spunta l'occhio

spietato dell'archibugio. Come se non bastasse la guerra dei principi, c'è la guerra tra i

conventi, la guerra tra le province: tutti tentano di fare a pezzi il vicino più debole,

sembrano morsi di affamati su una nave che affonda! La Chiesa è in rovina, vi han fatto il

nido le serpi e l'erba cresce rigogliosa. E i Grandi di Spagna? Il ricordo degli antenati è

immortale ma non è confortato da nient'altro, ormai. L'unica legge è l'intrigo, la lealtà è

morta. La Spagna è la fogna in cui si riversa il letamaio delle nazioni Ogni signore ha al

suo servizio cento sicari che parlano cento lingue diverse. Genovesi, sardi, fiamminghi...

Madrid è la nuova Babele. La polizia, spietata col povero, non lesina protezione al ricco. La

notte è il regno dei delitti, delle disperate grida d'aiuto. Sono stato derubato anch'io, vicino

al ponte di Toledo! Mezza Madrid deruba l'altra metà I giudici sono venduti e i soldati non

ricevono il soldo. Siamo stati i conquistatori del mondo noi, gli spagnoli! E adesso di che

esercito disponiamo? Poco più di seimila uomini costretti ad andare a piedi nudi. Dei

pezzenti, dei montanari, degli ebrei, vestiti di stracci, con un pugnale tra i denti. I

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reggimenti non ci sono più, sono resti di bande armate Non appena si allungano le ombre

della sera, viene l'ora in cui il mercenario sbandato diventa un ladro di strada. Matalobos

ha più truppe di un barone. Ognuno dei suoi affiliati è in grado di dichiarare guerra al re

di Spagna! Ahimè! I contadini, nelle campagne, insultano, passando, la carrozza del re!

Mentre il vostro signore, divorato dalla paura e dal dubbio, solo, all'Escuriale, tra le tombe

degli antenati, piega pensoso quella fronte su cui crolla l'Impero! Ecco il risultato! Ormai

l'Europa schiaccia col tallone questo paese che è stato porpora ed ora è un volgare cumulo

di stracci. Nel secolo della nostra disfatta lo stato è a terra, prostrato, e voi siete qui a

contendere su chi si prenderà gli avanzi! Al grande popolo spagnolo le membra sono state

asportate ad una ad una, s'è nascosto giù, nell'ombra, e voi continuate a dissanguarlo:

adesso agonizza in quest'antro dove si conclude il suo destino. E uno spettacolo

tristissimo, come vedere un leone divorato dai vermi! In questi tempi di vergogna e

d'orrore, Carlo V, grande imperatore, cosa fai chiuso nel tuo sepolcro? Alzati, vieni a

vedere! Gli onesti cedono ai malvagi. Questo regno che ispirava terrore, costituito da mille

imperi, minaccia di crollare... Abbiamo bisogno del tuo braccio... aiuto, Carlo V! Perché la

Spagna muore, perché la Spagna si spegne! Il globo dell'impero, che scintillava nel palmo

della tua destra, quel raggio accecante che faceva credere al mondo che ormai il sole

sorgesse a Madrid adesso è un astro estinto, avvolto da una cupa fascia d'ombra, una luna

smangiata per tre quarti che continua a calare, che l'aurora di un altro popolo cancellerà

per sempre! Ahimè! La tua eredità è caduta in mano ai mercanti: i tuoi raggi si sono

trasformati in piastre! La tua magnificenza è irreparabilmente compromessa! O gigante,

perché continui a dormire? Si vende a peso il tuo scettro! Mentre un nugolo di nani

deformi si ritagliano un giustacuore nel tuo manto regale e l'aquila dell'Impero che un

tempo, soggetta alla tua legge, ricopriva il mondo di tuoni e lampi cuoce, povero uccello

spennato, nella loro disgustosa marmitta!

I consiglieri tacciono costernati. Solo il marchese di Priego e il conte di Camporeal sollevano il capo

e sfidano in preda all'ira, lo sdegno legittimo di Ruy Blas. Dopo essersi consultato con Priego,

Camporeal si avvicina al tavolo, scrive qualche parola su un foglio, firma e fa firmare al marchese.

CONTE DI CAMPOREAL (indicando il marchese di Priego e consegnando il foglio a Ruy Blas)

Signor duca, in nome di entrambi, vi presento le dimissioni dalla carica che occupiamo.

Victor Hugo – Ruy Blas

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RUY BLAS (prendendo il foglio, freddamente)

Vi ringrazio. Vi ritirerete, con la vostra famiglia, (a Priego) voi in Andalusia, e (a Camporeal)

voi, conte, in Castiglia. Ognuno nei propri stati. Avete tempo fino a domani per lasciare la

corte.

I due signori s'inchinano ed escono sprezzanti, col cappello in capo. Ruy Blas si rivolge agli altri

consiglieri.

Chiunque non voglia seguirmi su questa strada, è libero di seguire quei signori.

Silenzio tra gli astanti. Ruy Blas si siede davanti al tavolo su una poltrona dall'ampio schienale a

destra del seggio regale e comincia ad aprire la corrispondenza. Mentre legge rapidamente le

missive, Covadenga, Arias e Ubilla si scambiano qualche parola a bassa voce.

DON ANTONIO UBILLA (a Covadenga, indicando Ruy Blas)

Mio caro, abbiamo un padrone. Questo sarà un grand'uomo.

DON MANUEL ARIAS

Sì, se ne avrà il tempo.

COVADENGA

Sempre che non si perda a guardare le cose troppo da vicino.

DON ANTONIO UBILLA

Sarà un altro Richelieu!

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON MANUEL ARIAS

Se non è un nuovo Olivares!

RUY BLAS (dopo aver letto rapidamente una lettera che ha appena aperta)

Un complotto! Come? Cosa vi dicevo, signori? (leggendo) "... Vigilate, duca d'Olmedo. Si sta

preparando un agguato per rapire una persona molto influente a Madrid". (Esaminando la

lettera) Non se ne fa il nome. Starò in guardia. È una lettera anonima.

Entra un usciere che si avvicina a Ruy Blas con un profondo inchino.

Sì, cosa c'è?

USCIERE

Annuncio a Vostra Grazia, monsignore l'ambasciatore di Francia.

RUY BLAS

Ah, d'Harcourt! Mi dispiace, ora sono occupato.

USCIERE (inchinandosi)

Vostra Grazia, il nunzio imperiale vi attende nel salone d'onore.

RUY BLAS

A quest'ora? Impossibile.

Victor Hugo – Ruy Blas

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L'usciere s'inchina ed esce. Poco prima è entrato un paggio, che indossa una livrea rosso fuoco con

galloni d'argento. Adesso si avvicina a Ruy Blas.

RUY BLAS (scorgendolo)

Il mio paggio! Non ci sono per nessuno.

PAGGIO (sottovoce)

Il conte Guritano, di ritorno da Neuburg...

RUY BLAS (con un gesto di sorpresa)

Ah! Insegnagli la strada per raggiungere casa mia. Lo attendo domani, se lo ritiene

opportuno. Va pure. (Il paggio esce. Ai consiglieri) Tra poco lavoreremo insieme. Signori, vi

attendo tra due ore. Potete andare.

Tutti escono. Si congedano con profondi inchini. Ruy Blas, rimasto solo, fa qualche passo per la

stanza, assorto nei suoi pensieri. D'improvviso si solleva un arazzo in un angolo del salone ed

appare la regina, vestita di bianco, con la corona in testa. Il suo volto, radioso, esprime una fiducia,

un'ammirazione infinita e un rispetto incondizionato per Ruy Blas. Con un braccio tiene sollevato

l'arazzo. Dietro, s'intravede una galleria avvolta nelle tenebre e, nel fondo, una piccola porta. Ruy

Blas, voltandosi, vede finalmente la regina e resta impietrito davanti a quell'inattesa apparizione.

Scena terza

Ruy Blas, la Regina.

LA REGINA

Victor Hugo – Ruy Blas

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Vi ringrazio!

RUY BLAS

Cielo!

LA REGINA

Vi approvo per averli affrontati così. Non posso resistere, duca: devo stringere una mano

ferma e leale come la vostra! (Si avvicina rapidamente a Ruy Blas e gli prende la mano prima che

il giovane possa rifiutarsi)

RUY BLAS (tra sé)

Stare sei mesi lontano da lei e poi d'improvviso, rivederla! (Ad alta voce) Eravate qui,

signora?

LA REGINA

Sì, duca, ho sentito tutto, ero qui. Ascoltavo con tutta l'anima!

RUY BLAS (mostrando il passaggio segreto)

Non avrei mai creduto... questa galleria, signora...

LA REGINA

Nessuno ne sospetta l'esistenza. È un dedalo oscuro che Filippo II fece scavare nella

parete: da lì invisibili a tutti, come un'ombra, non sfugge nemmeno una parola. Tante volte

ho sorpreso Carlo II, triste, addolorato, assistere alle sedute dove i suoi beni venivano

depredati, dove si vendeva lo stato.

Victor Hugo – Ruy Blas

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RUY BLAS

Cosa diceva?

LA REGINA

Non parlava.

RUY BLAS

Non diceva nulla? Cosa faceva, allora?

LA REGINA

Andava a caccia. Invece voi! Sento ancora il vostro accento minaccioso. Com'eravate altero

e sprezzante nei loro confronti, con la ragione, intera, dalla vostra parte! Sollevavo appena

un lembo dell'arazzo e vedevo voi! I vostri occhi brillavano di fredda irritazione, li

incenerivano col lampo delle pupille! Li avete smascherati! In mezzo alla rovina, mi

sembrava che solo voi foste rimasto in piedi! Dove avete imparato tutto ciò che

proclamate? Come fate a conoscere le cause e gli effetti degli eventi? Niente può sfuggirvi?

Come mai la vostra voce risuonava alta e chiara come la voce di un sovrano? Come mai

eravate, come solo Dio avrebbe potuto essere, così grande e terribile?

RUY BLAS

Perché vi amo! Perché avverto nelle fibre, io, odiato da tutti, che la rovina minacciata da

loro rischia di travolgervi! Perché niente può fermare il profondo empito del mio cuore, e

per salvarvi sono pronto ad assumermi la salvezza del mondo! Sono un infelice

prigioniero dell'immenso amore che voi sola avete suscitato! Ahimè! Io penso a voi come il

cieco pensa alla luce. Ascoltatemi, signora. Sono abitato da un'infinità di sogni. Vi amo da

lontano, vi amo dal basso, vi amo dal profondo dell'ombra. Non oserei toccare la punta

delle vostre dita: voi mi confondete irraggiando luce come un angelo! Ho tanto sofferto. Se

poteste intravedere la verità, signora! Adesso mi rivelo a voi. Per sei mesi, nascondendo la

mia passione, vi ho evitata. Rifuggivo dalla vostra presenza, mi torturavo. Quegli uomini

per me non rivestono la minima importanza, io vi amo. Mio Dio, ed oso rivelarlo, gettarlo

Victor Hugo – Ruy Blas

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in faccia a Vostra Maestà. Come devo fare? Se voi mi ordinaste di morire, mi ucciderei! Il

terrore mi divora il cuore. Perdonatemi!

LA REGINA

Parla, te ne prego, trascinami con le tue parole! Nessuno mi ha mai parlato così. Voglio

ascoltarti! La tua anima, svelandosi a me, mi rivela la mia anima. Ho bisogno dei tuoi

occhi, ho bisogno della tua voce. Oh! Ero io che mi tormentavo! Se tu sapessi! Cento volte,

cento volte, da sei mesi che il tuo sguardo evita il mio... No, non devo rivelare subito,

scioccamente, queste cose. Sono molto infelice. Oh! Devo tacere. Ho paura!

RUY BLAS (che l'ascolta con passione)

Proseguite, signora! Voi sollevate il mio povero cuore!

LA REGINA

Allora, ascoltami! (Alzando gli occhi al cielo) Sì, voglio dirgli tutto. È un delitto? Non me ne

importa. Quando il cuore va in pezzi, è legittimo mostrare allo scoperto i segreti che celava

nell'intimo. Tu eviti la regina? Sappi, allora, che la regina andava in cerca di te. Ogni

giorno vengo qui, in questo passaggio segreto: ti ascolto e raccolgo ad una ad una le tue

parole, in silenzio, ammirando quell'intelligenza risoluta che decide, giudica, comanda,

affascinata dalla tua voce che suscita il mio interesse per qualunque argomento. Ormai, ai

miei occhi, hai assunto l'aspetto del re, dell'autentico sovrano. E sono stata io, in questi

mesi, forse l'hai sospettato, che ti ho fatto salire, uno dopo l'altro, i gradini che portano in

alto, alla sommità. Dove Dio avrebbe dovuto collocarti, ti ha messo una donna. Sì, tutto ciò

che mi circonda riceve la tua vigile attenzione. Ti ammiro. Un tempo mi hai donato un

fiore oggi io ti dono un impero! Un giorno ti ho giudicato leale, oggi vedo la tua

grandezza. Ecco, cosa può amare incondizionatamente una donna! Mio Dio! Se è scorretto

il mio modo d'agire perché rinchiudermi in questo sepolcro come una colomba in gabbia,

senza nessuna speranza, senza amore, senza un raggio di sole? Un giorno, quando ne

avremo il tempo, ti racconterò le mie sofferenze. Sempre sola, dimenticata da tutti! Ogni

istante, ogni ora, ricevo una nuova umiliazione. Pensa, per esempio, a quello che è

accaduto ieri. La mia stanza non mi piace. Devi sapere anche questo, tu che sai tutto: ci

sono stanze in cui si respira una tristezza più profonda del solito, e ho voluto cambiare

Victor Hugo – Ruy Blas

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quella che mi era destinata. Comprendi a quali catene si è avvinti? Non mi è stato

concesso! Qui dentro, sono una schiava! Duca, è necessario - il cielo ti ha mandato per

questo - salvare lo Stato che vacilla, salvare dall'abisso in cui sprofonda il popolo dei

lavoratori e amarmi, amare una donna che soffre! Ti dico tutto ciò che penso, in fretta, in

disordine, ma tu comprenderai che la ragione è dalla mia parte.

RUY BLAS (cadendo in ginocchio)

Signora...

LA REGINA (gravemente)

Don Cesare, lascio la mia anima nelle vostre mani. Per tutti sono la regina, per voi soltanto

una donna. Il mio amore, il mio cuore vi appartengono, duca. Confido che il vostro onore

rispetti il mio onore. Quando mi chiamerete presso di voi, verrò. Sono pronta. O Cesare!

Che generosa intelligenza possiedi! Sii orgoglioso di te stesso, il genio è la tua corona!

(Bacia in fronte Ruy Blas) Addio. (Solleva l'arazzo e scompare)

Scena quarta

Ruy Blas, solo.

RUY BLAS (assorto in un'angelica contemplazione)

Davanti ai miei occhi si schiude il cielo! Dio! Questa è la prima ora della mia vita. Davanti

a me tutto un mondo, un mondo di luce, come quei paradisi che si affacciano in sogno, si

spalanca inondandomi dei suoi raggi luminosi, dandomi la vita! Mi sento pervaso, dentro

e fuori di me, d'estasi, di mistero e di gioia, di ebbrezza e di orgoglio, di tutto ciò che al

mondo è l'immagine radiosa della divinità: l'amore nella sua maestà e nella sua potenza!

La regina mi ama! Dio mio, è vero, mi ama! Sono molto più di un re, dato che lei mi ama!

Mi sento travolto! Sono felice, sono amato, sono vincitore! Duca d'Olmedo, con la Spagna

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ai miei piedi, possiedo il suo amore! Quest'angelo, che contemplo in ginocchio, di cui oso

fare il nome, con una sola parola mi trasfigura e trascende la mia condizione umana. Sono

vivo e, allo stato di veglia, m'incammino tra gli astri dei miei sogni! Oh sì, ne ho la

certezza! Lei mi ha parlato! Lei, sì, lei! Aveva un piccolo diadema, un simbolo, fatto di

merletto argenteo. Io contemplavo, quando parlava - mi sembra ancora di vederla -

un'aquila finemente cesellata che brillava sul suo bracciale d'oro. Lei confida in me, me l'ha

detto. Povero angelo! Oh! Se è vero che Dio, con un insolito prodigio, dandoci la

possibilità di amare, ha voluto fondere nel nostro cuore la grandezza dell'uomo alla

tenerezza, io che ormai non ho più timori da quando so di essere amato, io che la sua

scelta insindacabile ha reso onnipotente, io che col mio cuore ricco di generosa passione

desto l'invidia dei re, davanti a Dio che mi ascolta, senza paura, ad alta voce, proclamo che

voi, signora, potrete sempre contare su di me, sul mio braccio come regina e sul mio cuore

come donna! Pura e leale, la devozione è la gemma nascosta in fondo al mio amore! Oh,

non dovete temere!

Da qualche istante un uomo, avvolto in un ampio mantello con un cappello dai galloni d'argento, è

entrato dalla porta di fondo. Avanza furtivo verso Ruy Blas senza essere visto e quando

quest'ultimo, in preda a un'estasi indicibile, alza gli occhi al cielo, l'uomo gli appoggia bruscamente

una mano sulla spalla. Ruy Blas si volta come se fosse stato destato di soprassalto. L'uomo si libera

del mantello e Ruy Blas riconosce in lui Don Sallustio che indossa una livrea colore del fuoco, a

galloni d'argento, simile a quella del paggio di Ruy Blas.

Scena quinta

Ruy Blas, Don Sallustio.

DON SALLUSTIO (posando la mano sulla spalla di Ruy Blas)

Buongiorno.

Victor Hugo – Ruy Blas

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RUY BLAS (terrorizzato, tra sé)

Gran Dio, sono perduto! Il marchese!

DON SALLUSTIO (sorridendo)

Scommetto che non pensavate a me.

RUY BLAS

Vostra Grazia, effettivamente, mi sorprende. (Tra sé) Oh, l'infelicità torna ad afferrarmi!

Contemplavo l'angelo senza accorgermi della presenza del diavolo. (Corre verso l'arazzo che

nasconde il passaggio segreto e ne chiude a chiave l'ingresso prima di tornare, a passi malfermi, da

Don Sallustio)

DON SALLUSTIO

Allora, come va?

RUY BLAS (fissa attonito Don Sallustio, impassibile, come se non riuscisse ancora a connettere)

Questa livrea?

DON SALLUSTIO (sempre sorridendo)

Dovevo pur entrare a palazzo. Con questa divisa si va liberamente dappertutto. Ho preso

la vostra livrea, devo dire che è di mio gusto. (Si copre il capo. Ruy Blas resta a testa nuda)

RUY BLAS

Temo per voi...

DON SALLUSTIO

Victor Hugo – Ruy Blas

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Timore! Che parola ridicola!

RUY BLAS

Siete stato esiliato!

DON SALLUSTIO

Davvero? Sì, è possibile.

RUY BLAS

Se qualcuno vi riconoscesse, a palazzo, in pieno giorno?

DON SALLUSTTO

Bah! I cortigiani, che vivono senza pensieri, perderebbero del tempo, quel tempo che è

tanto breve, a ricordare la fisionomia di un uomo in disgrazia? Quando mai si dedica tanta

attenzione a un servo? (Si siede in poltrona. Ruy Blas resta in piedi) Allora, quali sono le

ultime novità, a Madrid? È vero che, ardendo d'indebito zelo, per i begli occhi del denaro

pubblico, avete esiliato Priego, un Grande di Spagna? Vi siete dimenticato che siete

parenti. Sua madre è una Sandoval, come la vostra. Diamine! Sandoval, nel suo stemma,

ha uno scudo d'oro con una banda color sabbia. Confrontate i vostri blasoni, Don Cesare.

Non potete sbagliare. La vostra è un'azione che non si usa, tra parenti. Adesso i lupi si

travestono da santi apostoli per far la guerra ad altri lupi? Aprite gli occhi per voi, ma

chiudeteli per gli altri. Ciascuno per sé.

RUY BLAS (rassicurandosi un poco)

Tuttavia, signore, permettetemi, monsignor di Priego, nella sua qualità di nobile, ha il

torto di aggravare il debito della Spagna. Attualmente dobbiamo approntare un esercito in

assetto di guerra: ne abbiamo l'obbligo, anche se non ne abbiamo la possibilità. L'erede

bavarese sta per morire. Proprio ieri, il conte d'Harrach, che certo conoscete, me l'ha

Victor Hugo – Ruy Blas

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comunicato in nome dell'imperatore, suo sovrano. Se l'arciduca vuole sostenere i suoi

diritti, sarà la guerra...

DON SALLUSTIO

Tira un vento gelido. Volete chiudere la finestra, per favore?

Ruy Blas, pallido di vergogna e disperazione, esita un attimo. Poi, con uno sforzo, s'incammina,

chiude la finestra e torna da Don Sallustio che, sprofondato in poltrona, lo segue con gli occhi

ostentando indifferenza.

RUY BLAS (ricomincia a parlare e tenta di convincere Don Sallustio)

Se vi rendeste conto dei problemi che comporta una guerra! Cosa possiamo fare senza

denaro? Eccellenza, ascoltate. La salvezza della Spagna riposa nella nostra integrità. Per

quanto mi riguarda, ho mandato a dire all'Imperatore, come se fossimo pronti ad

attaccarlo, che avrei saputo tenergli testa...

DON SALLUSTIO (interrompendo Ruy Blas e mostrandogli il fazzoletto che ha lasciato cadere

entrando)

Scusate! Volete raccogliere il fazzoletto?

Ruy Blas, come se fosse atrocemente torturato, esita un attimo. Poi si china a raccogliere il

fazzoletto e lo porge a Don Sallustio che se lo rimette in tasca.

Dicevate?

RUY BLAS (con sforzo)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Parlavo della salvezza della Spagna! Sì la Spagna prostrata e l'interesse pubblico esigono

che ci dimentichiamo di noi stessi. Ah! Ma ogni nazione è pronta a benedire i suoi

liberatori! Salviamo questo popolo! Abbiamo il coraggio di essere grandi, colpiamo senza

pietà! Sbarazziamoci degli oscuri intrighi, smascheriamo i colpevoli!

DON SALLUSTIO (freddamente)

Prima di tutto, le vostre maniere sono discutibili. Rischiate di apparire pedante, non è più

di moda il piccolo genio che denuncia con astio ogni abuso e ne approfitta per fare del

chiasso! Per un solo milione, che d'altronde ormai è stato speso, non è il caso di

abbandonarsi a urla disumane! Mio caro, i grandi signori non somigliano ai vostri

pezzenti. Sono abituati a vivere con larghezza. Vi parlo senza perifrasi. Che bell'aspetto ha

chi si prende la briga di raddrizzare i torti, sempre gonfio d'orgoglio, reso paonazzo

dall'ira! Bah! Sembra che vi piaccia il ruolo del capitano del popolo, idolo dei borghesi e

dei venditori ambulanti. Mi fate pena. Concedetevi, almeno, qualche capriccio inedito.

L'interesse pubblico? Pensate prima al vostro. La salvezza della Spagna è solo una parola

vana di cui molti altri abuseranno urlandola al vento come e meglio di voi! La popolarità?

È l'espressione più volgare della gloria. Montare la guardia, come un botolo che latra,

attorno alle gabelle? Che bel mestiere! Conosco degli atteggiamenti più eleganti. La virtù?

La fede? L'onestà? Non sono oro ma princisbecco, già consunto ai tempi di Carlo V. Voi

non siete uno sciocco: dovremo guarirvi da questo eccessivo patetismo? Succhiavate

ancora il latte quando noi, allegramente, servendoci di uno spillo o dei nostri calci robusti,

avevamo già fatto scoppiare il vostro pallone tra risate di scherno, liberandoci del vento

che gonfia a dismisura le vostre vane pretese!

RUY BLAS

Eppure, monsignore...

DON SALLUSTIO (con un sorriso gelido)

Non cessate di stupirmi! Ma adesso occupiamoci di cose serie. (Con un tono secco, imperioso)

Domani mi aspetterete, tutta la mattina, a casa vostra, nella dimora che vi ho lasciato in

custodia. I miei affari stanno avviandosi a buon fine. Al nostro servizio terrete solo i muti.

Fate sostare in giardino, nascosta nel folto, una carrozza pronta a partire da un momento

Victor Hugo – Ruy Blas

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all'altro. Mi occuperò io dei cambi dei cavalli. Eseguite gli ordini. Se vi occorre denaro,

procurerò di inviarvelo.

RUY BLAS

Obbedirò, signore. Acconsento a tutto. Ma giuratemi, prima, che in questa faccenda non è

coinvolta la regina.

DON SALLUSTIO (che giocherellava con un coltello d'avorio sul tavolo, si volta appena)

Sono cose che vi riguardano?

RUY BLAS (vacillando, lo guarda terrorizzato)

Ah! Siete un uomo spaventoso. Mi tremano le ginocchia... Mi trascinate verso un abisso

ignoto. Oh! Mi sembra che una mano orribile mi sottragga ogni energia! Indovino, in voi,

un progetto mostruoso... Abbiate pietà! Devo confessarvelo: ahimè, siatene giudice voi

stesso! Non lo sapevate ancora! Io amo quella donna!

DON SALLUSTIO (freddamente)

Vi sbagliate. Lo sapevo.

RUY BLAS

Lo sapevate!

DON SALLUSTIO

Come no! Ha importanza?

RUY BLAS (sorreggendosi alla parete per non cadere, come se parlasse tra sé)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Allora il vile si compiace di torturarmi! Ma... è troppo orribile, sarebbe atroce! (Alza gli

occhi al cielo) Dio onnipotente! Dio che mi metti alla prova, risparmiami Signore!

DON SALLUSTIO

Ma allora... sognate davvero! Devo dire che fate male a prendervi sul serio, signore! È

grottesco. Io procedo inesorabile verso un fine che solo io conosco, ben più lusinghiero per

voi di quanto possiate supporre. Calmatevi e obbedite. Ve l'ho già detto e ora ve lo

confermo, voglio la vostra felicità. Via, ormai è cosa fatta! Date troppa importanza ai

tormenti e alle pene del cuore! Ci siamo passati tutti. Ma durano ventiquattr'ore o poco

più. Non sapete che, qui, si tratta del destino di un impero? Cos'è il vostro, in paragone?

Non voglio nascondervi nulla, esigo solo che abbiate il buon senso di seguirmi. Restate al

vostro posto! Io sono comprensivo, ragionevole ma, diamine!, un lacchè, sia di creta che di

terra volgare, è solo il recipiente in cui travaso le mie idee. Di uomini come voi, mio caro,

noi facciamo quello che vogliamo. Chi vi comanda, a seconda del piano che sta

apprestando, vi traveste come gli pare e, come gli pare, vi toglie la maschera. Vi ho

innalzato alla dignità di signore. Il ruolo più ambito, per il momento. Adesso ne indossate

i vestiti, l'apparenza. Ma non dovete dimenticare che servite me. Per caso, ora fate la corte

alla regina come, per caso, potreste essere di turno, in piedi, dietro la mia carrozza. Vi

chiedo di essere ragionevole.

RUY BLAS (dopo averlo ascoltato smarrito, quasi non credendo alle proprie orecchie)

Dio! Dio di demenza! Dio di giustizia! Che delitto ho commesso per meritare questo

castigo? Cos'ho fatto? Voi, che siete nostro padre, non vorrete che un uomo piombi nella

disperazione! Ecco a che punto mi trovo! Volontariamente, senza che mi si possa imputare

nulla, solo per vedere una misera vittima agonizzare sotto i vostri occhi, voi, monsignore,

mi avete precipitato nell'abisso! Avete voluto calpestare un cuore infelice colmo di fede e

d'amore, per ricavarne il piacere orribile della vendetta! (Parlando tra sé) Perché è una

vendetta! Non è più lecito dubitarne! E posso indovinare che è diretta contro la regina!

Cosa posso fare? Andare a raccontarle tutto? Cielo! Trasformarmi ai suoi occhi in un

oggetto di disgusto e d'orrore! Un lacchè, un millantatore, un ipocrita! Una canaglia

sfrontata che si caccia via a bastonate! Mai! Ah, io divento pazzo, sto perdendo la ragione!

(Pausa. Meditando) Dio mio, come si possono concepire simili mostruosità! Costruire in

segreto una macchina infernale, provvederla di infinite ruote micidiali e poi, sotto la

macina, per vedere se funziona, gettare un'uniforme, un oggetto vile, un lacchè! Subito

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dopo metterla in azione e guardar uscire, sotto gli ingranaggi, dei brandelli di fango e di

sangue, un capo fracassato, un cuore ancora tiepido di vita, e non tremare, scossi da

brividi convulsi, quando si riconosce, nonostante la volgare etichetta che gli si butta

addosso, che quel lacchè era un essere umano! (Rivolgendosi a Don Sallustio) Siamo ancora

in tempo! Monsignore ascoltatemi, l'orribile ingranaggio non è ancora in movimento!

(Gettandosi ai suoi piedi) Pietà di me! Grazia! Abbiate pietà di lei! Mi conoscete come un

fedele servitore, avete avuto modo di constatarlo. Guardatemi! Sono qui, in ginocchio!

Grazia!

DON SALLUSTIO

Quest'uomo non capirà mai niente. È indisponente!

RUY BLAS (trascinandosi ai suoi piedi)

Grazia!

DON SALLUSTIO

Non perdiamoci in chiacchiere, signore. (Si dirige alla finestra) Scommettiamo che avete

chiuso male la finestra. C'è un vento! (Si avvicina e chiude le imposte)

RUY BLAS (alzandosi)

Ah, è troppo! Adesso sono il duca d'Olmedo, un ministro plenipotenziario, e rialzo la

fronte sotto il piede che mi schiaccia!

DON SALLUSTIO

Come avete detto? Ripetete, prego. Ruy Blas duca d'Olmedo? Avete una benda sugli occhi.

Duca d'Olmedo è stato fatto Bazan, non voi.

RUY BLAS

Victor Hugo – Ruy Blas

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Vi faccio arrestare.

DON SALLUSTIO

Rivelerò la vostra identità.

RUY BLAS (esasperato)

Ma...

DON SALLUSTIO

Volete denunciarmi? Ho messo a repentaglio la mia e la vostra testa, ho previsto tutto.

Quest'aria trionfale è prematura!

RUY BLAS

Negherò tutto!

DON SALLUSTIO

Andiamo, non siate così ingenuo!

RUY BLAS

Non avete prove!

DON SALLUSTIO

E voi non avete buona memoria. Io mantengo sempre fede a quello che dico, potete starne

certo. Non siete che il guanto, la mano sono io! (Sottovoce, avvicinandosi a Ruy Blas) Se non

obbedirai, se domani non ti troverò a casa tua ad eseguire esattamente i miei ordini, se ti

lasci sfuggire una sola parola di quello che accade, se i tuoi sguardi, le tue azioni ti

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tradiscono... colei che tanto ti sta a cuore, per cominciare, sarà pubblicamente diffamata e

uscirà annientata dal resoconto dei vostri rapporti, che farò pervenire ovunque. Inoltre

riceverà, questo è sicuro, una lettera sigillata che conservo in un luogo noto a me solo

scritta - mi auguro ti ricordi - sotto dettatura di chi? E firmata, ti ricordi da chi? Ecco il

testo che i suoi occhi decifreranno: "Io, Ruy Blas, lacchè di monsignore il marchese di

Finlas, in ogni occasione, sia privata che pubblica, m'impegno a servirlo fedelmente".

RUY BLAS (annichilito, con voce spenta)

Basta così. Signore, eseguirò i vostri ordini.

Si apre la porta di fondo. Rientrano i Consiglieri del consiglio privato. Don Sallustio si nasconde

nel suo ampio mantello.

DON SALLUSTIO (sottovoce)

Vengono. (S'inchina profondamente a Ruy Blas. Ad alta voce) Servo vostro, signor duca.

Esce.

ATTO QUARTO

DON CESARE

Una stanzetta arredata con lusso, avvolta nelle tenebre. Mobili e tappezzeria di foggia antica, dalla

doratura sbiadita. Le pareti sono ricoperte di vecchi tendaggi di velluto rosso, logoro ma ancora

splendente qua e là soprattutto sullo schienale delle poltrone, con grandi galloni d'oro che lo

dividono in bande verticali. Nel fondo, una porta a due battenti. A sinistra, su una parete

trasversale, grande caminetto scolpito che risale all'epoca di Filippo II, con uno stemma di ferro

Victor Hugo – Ruy Blas

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battuto all'interno. Dal lato opposto, su un'altra parete trasversale, una porticina bassa che dà su

una galleria oscura. Una sola finestra, a sinistra, collocata in alto, con le sbarre e uno scuro

inferiore, come le inferriate dei carceri. Sulla parete, alcuni vecchi ritratti anneriti, semicancellati.

Grande cassone da corredo con specchio veneziano. Enormi poltrone dell'epoca di Filippo III. Un

armadio intagliato addossato alla parete. Un tavolo quadrato con l'occorrente per scrivere. In un

angolo, un tavolino rotondo coi piedi dorati. È mattina. Quando si alza il sipario, Ruy Blas, vestito

di nero, senza mantello e senza toson d'oro, passeggia nervosamente per la stanza. È molto inquieto.

Si nota sul fondo il suo paggio, immobile, in attesa di ordini.

Scena prima

RUY BLAS (parlando tra sé)

Che fare? Lei, per prima! Lei, prima di tutto! Solo lei! A costo di farmi schizzare il cervello

sulle pareti, a costo di finire sulla forca o in fondo all'inferno! Devo salvarla! Sì, ma come

riuscire? Come fare? Offrire il mio sangue, il mio cuore, la mia anima non è niente, è

troppo facile. Ma confondere quella trama! Poter sapere... scoprire! Qui occorre indovinare

ciò che quell'uomo ha potuto concepire, organizzare! Esce dall'ombra all'improvviso,

subito s'immerge di nuovo nelle tenebre e, là dentro, nella sua notte impenetrabile, cosa

fa? Quando penso che, d'impeto, senza pensare, l'ho pregato di desistere! Come sono vile,

che stupidaggine! E allora? È l'immagine della crudeltà. Che proprio io speri - questo

rancore indubbiamente è di vecchia data - che lui, afferrata la preda, la lasci andare dopo

averla solo addentata! Che questo demone ceda ai lamenti di un servo e cessi di

perseguitare la regina! Si lasciano addomesticare le belve? Eppure, infelice!, devi salvarla

ad ogni costo, sei tu che l'hai perduta e adesso devi liberarla! È finita. Eccomi di nuovo a

terra! Precipitato da tanta altezza in questa voragine! Non avrò sognato! Oh, lei deve

sfuggirgli! Ma... e lui? Da quale uscita, da quale trabocchetto emerge alla luce del sole

l'uomo del tradimento? È il padrone della mia vita, di me e di questa casa. Può strappare,

in un momento, gli ori che la adornano. Possiede le chiavi di ogni serratura. È libero di

entrare, di uscire, di avvicinarsi nell'ombra e di calpestare il mio cuore come si calpesta

impunemente il pavimento! Sì, stavo sognando! Il destino turba l'intelligenza nel rapido

incalzare e sovrapporsi degli avvenimenti. Sto diventando pazzo, le mie idee fuggono

Victor Hugo – Ruy Blas

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dalla loro sede naturale. Ero orgoglioso delle mie capacità e ora, Dio mio!, la ragione, presa

nel rabbioso vortice della paura, vacilla come un giunco piegato dal vento! Che fare?

Riflettiamo. Dobbiamo comunque impedirle di uscire dal palazzo. Sì, certamente avrà teso

qui dentro la trappola infernale. Intorno a me si addensano le tenebre, scendo nell'abisso.

Sento la presenza dell'agguato, ma non riesco a scorgerne i contorni. Soffro! Sì, come ho

detto, impediamole di lasciare il palazzo. Dev'esserne avvertita subito, senza indugio, da

un uomo fidato. Da chi? Non ho nessuno!

Riflette in preda a uno scoraggiamento profondo. Poi rialza il capo. Un'idea improvvisa gli ha

restituito la luce della speranza.

Sì, Don Guritano l'ama! Ed è un uomo leale! (Fa cenno al paggio di avvicinarsi. Sottovoce)

Paggio, recati subito da Don Guritano. Fagli, da parte mia, le mie scuse. Pregalo di fare

immediatamente visita alla regina. Deve chiederle, a mio nome e a suo nome, di non

lasciare il palazzo per tre giorni, qualunque siano le pressioni che può ricevere. Qualunque

cosa accada, non deve uscire. Corri! (Richiamando il paggio) Ah! (Toglie da un astuccio un

foglio e una matita) Deve consegnare questo messaggio alla regina, digli che tenga gli occhi

bene aperti! (Scrive in fretta appoggiando il foglio sul ginocchio) "Fidatevi di Don Guritano,

seguite i suoi consigli!" (Piega il messaggio e lo consegna al paggio) Per quanto riguarda il

duello, digli che ho torto, che mi prosterno ai suoi piedi, che voglia comprendere le pene

che mi affliggono e che porti questa supplica alla regina: gliene renderò grazie con

pubbliche scuse. La regina è in pericolo: non deve assolutamente uscire. Qualunque cosa

accada. Almeno per tre giorni. Esegui tutte queste istruzioni. Ti raccomando, non lasciarti

sfuggire neanche una parola!

PAGGIO

La mia devozione vi è nota. Siete un buon padrone.

RUY BLAS

Corri, mio caro paggio. Hai capito bene?

Victor Hugo – Ruy Blas

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PAGGIO

Si, monsignore. Non temete. (Esce)

RUY BLAS (rimasto solo, ricade nella poltrona)

Il mio animo si placa. Tuttavia, come durante il delirio, sento confusamente di aver

tralasciato qualcosa. Sì, il mezzo è sicuro. Don Guritano! E io? Devo star qui ad aspettare

Don Sallustio? Perché? No, non lo attenderò. Se non mi trova, per un giorno riuscirò a

fermarlo. Vado in chiesa a pregare. Esco, ho bisogno d'aiuto, Dio mi ispirerà! (Afferra il

cappello agita un campanello posato sul tavolo. Alla porta di fondo compaiono due negri, vestiti di

velluto verde chiaro e di broccato d'oro, giacche pieghettate a grandi falde) Esco. Tra poco arriverà

un uomo. Da un ingresso riservato. È probabile che qui, in casa, lo vedrete comportarsi

come se fosse il padrone. Lasciatelo fare. E se venisse qualcun altro... (Dopo un attimo

d'esitazione) In fede mia, lasciatelo entrare! (Congeda con un gesto i negri che s'inchinano in

atto d'obbedienza ed escono) Andiamo! (Esce)

Quando la porta si chiude alle spalle di Ruy Blas, si sente un fracasso inaudito proveniente dal

caminetto. Ne esce un uomo, avviluppato in un mantello sbrindellato, che si precipita nella stanza.

È Don Cesare.

Scena seconda

Don Cesare.

DON CESARE (Agitato, ansioso, stordito, coi capelli in disordine e, sul volto, un'espressione che

tradisce, insieme, soddisfazione e inquietudine)

Tanto peggio! Sono io! (Si rialza strofinando la gamba su cui è caduto, e avanza nella stanza col

cappello in mano sprofondandosi in inchini)

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Chiedo scusa! Non badate a me, sono qui di passaggio. Stavate parlando tra voi... Vi

prego, continuate. Sono entrato un po' bruscamente: rinnovo le mie scuse, signori. (Si ferma

in mezzo alla stanza e si accorge di essere solo) Nessuno! Un momento fa, sporgendomi dal

tetto, mi era parso di sentire delle voci. Nessuno! (Sedendosi in poltrona) Benissimo.

Riposiamoci. La solitudine ha degli effetti corroboranti. Uffa! Quanti avvenimenti! Sono

ancora tutto sottosopra come un cane fradicio che si scuote l'acqua di dosso e ne resta

accecato! Dapprima gli sbirri mi hanno stretto nella loro morsa, poi quell'imbarco assurdo,

i corsari e quella grande città dove sono stato torturato. Che dire, poi, degli attentati alla

mia virtù per opera di quella donna gialla? Per finire, c'è stata la fuga dal carcere, i lunghi

viaggi e il ritorno in Spagna! Che romanzo incredibile! Il giorno stesso del mio arrivo, mi

scontro con gli stessi sbirri dell'altra volta! Che m'inseguono a perdifiato, a cui sfuggo

correndo a precipizio: salto un muro, vedo una palazzina nascosta dagli alberi, corro là,

non mi vede nessuno. Mi arrampico e, dalla rimessa, raggiungo il tetto e riesco a penetrare

in una casa sconosciuta attraverso un camino che riduce a brandelli il miglior mantello che

le mie scarpe abbiano mai visto! Perdio! Il signor Sallustio è un vero pendaglio da forca!

(Osserva il suo aspetto in uno specchio veneziano che si trova sul cassone coi tiretti scolpiti) Il

giustacuore m'ha seguito in tutte le mie vicissitudini. E combatte ancora! (Si toglie il

mantello e osserva allo specchio lo stato del giustacuore di raso logoro, strappato e rappezzato. Poi si

porta una mano alla gamba guardando con irritazione verso il camino).

Nella caduta la gamba ha maledettamente sofferto! (Apre i tiretti del cassone. Trova il

mantello di velluto verde chiaro, ricamato d'oro, che Don Sallustio aveva donato a Ruy Blas. Don

Cesare lo esamina e lo paragona al suo) Questo mantello è in uno stato migliore del mio. (Se lo

getta sulle spalle e, al suo posto, mette il suo nel cassone, dopo averlo ripiegato con cura. Vi

aggiunge il cappello che, con un pugno, riduce alle dimensioni di un cencio. Poi chiude il cassetto e

passeggia per la stanza orgoglioso del bel mantello ricamato d'oro).

Basta così, adesso sono tornato. Tutto va per il meglio. Ah, caro cugino, volevate che

emigrassi in Africa, dove l'uomo è un misero topolino tra le grinfie della tigre! Maledetto

cugino, mi vendicherò spaventosamente di te. Ma prima, voglio mangiare! Poi, sotto il mio

vero nome, verrò a farti visita trascinandomi dietro una bella compagnia di furfanti che

puzzano di forca e, alla fine, ti darò in pasto, vivo, a tutti i miei creditori e ai loro figli.

(Scorge in un angolo un magnifico paio di stivali adorni di trine. Si libera in fretta delle scarpe e

indossa subito le nuove calzature).

Vediamo, intanto, dove sono finito grazie alla sua perfidia. (Dopo aver attentamente

esaminato la stanza). Una dimora piena di mistero, l'ideale per le tragedie! Porte chiuse,

imposte sbarrate, un vero carcere. In questo luogo affascinante si entra dall'alto, come il

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vino quando viene imbottigliato. (Con un sospiro) Com'è buono il vino... quando è di

marca!

(Scorge il piccolo uscio a destra, lo apre e s'introduce rapidamente nella galleria comunicante, poi

rientra. È molto sorpreso). Meraviglia delle meraviglie! Una galleria senza uscita, chiusa da

ogni lato! (Va alla porta di fondo, la socchiude e guarda fuori poi la richiude e torna al proscenio).

Nessuno! Dove sono finito? In ogni modo, gli sbirri hanno perso le mie tracce. Perché

preoccuparmi d'altro? Devo cadere in crisi e perdere tutto il mio coraggio solo perché non

ho mai visto una cosa come questa? (Si risiede in poltrona, sbadiglia e si rialza quasi subito)

Ah, ma che noia stare in un luogo simile! (Accorgendosi di un armadietto, sulla sinistra, che

smussa l'angolo della parete) Guardiamo, sembra una biblioteca. (Si avvicina, lo spalanca. È

una dispensa colma di cibo) Proprio quello che ci vuole. Del paté, del vino, un cocomero. Un

pranzo completo. Sei bottiglie ben schierate! Diamine! E io che avevo dei pregiudizi sulla

casa! (Esaminando le bottiglie ad una ad una) Sono di ottima qualità! È proprio un armadio

degno di nota!

(Va a prendere in un angolo un tavolino rotondo, lo porta al proscenio e lo apparecchia con l'intero

contenuto della dispensa: bottiglie, piatti, ecc., cui aggiunge le posate e un bicchiere. Poi stappa una

bottiglia) Leggiamo prima questa. (Riempie il bicchiere e lo tracanna di colpo) È il sublime

capolavoro di un famoso poeta: il sole! Lo Xérès-dei-Cavalieri non è più vermiglio di te! (Si

siede, si versa un altro bicchiere e beve) C'è un solo libro che possa stargli alla pari? Trovatemi

qualcosa che contenga più spirito! (Beve) Oddìo, che conforto insperato! Mangiamo.

(Attacca il pâté) Quei cani degli sbirri! Li ho messi fuori strada. Sono riuscito a far perdere

le mie tracce. (Mangia) Questo è il re dei pâté! Quanto al padrone di casa, se arrivasse qui...

(va alla dispensa e ne torna con un bicchiere e un coperto che depone sul tavolo) ... Io inviterò!

Basta che non mi cacci via! Su, facciamo presto. (Divora in fretta e furia enormi quantità di

cibo) Dopo cena, visiterò la casa. Chi può abitare qui dentro? Forse un bravo giovane. Qua

c'è sotto qualche storia di donne. Bah! E io che male faccio? Cosa pretendo? Nient'altro che

l'ospitalità di questo degno mortale: secondo la consuetudine (s'inginocchia e circonda il

tavolo con le braccia) abbracciamo l'altare. (Beve) Comunque, questo non è il vino di un

malvagio. E poi, ho deciso, se viene qualcuno dirò chi sono. Ah! Vi farò sputar sangue,

maledetto cugino! Come, quel pezzente, quel cane rognoso, quel bandito? Quello Zafari,

quel mendicante, quel perdigiorno? Verissimo! Proprio lui, Don Cesare di Bazan, cugino

di Don Sallustio! Oh! Che sorpresa inaudita! E quanti pettegolezzi a Madrid! Quando è

tornato? Stamattina? Stanotte? Che tafferuglio provocherà l'inattesa notizia, che chiasso

per un gran nome caduto nell'oblio che, di colpo, torna a galla! Don Cesare di Bazan!

Sissignori, proprio io. Non ci si pensava più, non se ne parlava più... Ma come? Non era

morto? È qua in perfetta salute, signore e signori! Gli uomini diranno "Diavolo!", le donne

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diranno "Oh!", come un dolce mormorio che vi accoglie, rientrando a casa, insieme ai

furiosi latrati di trecento creditori! Un ruolo splendido da recitare! Ahimè, non ho più un

soldo.

Rumore alla porta.

C'è qualcuno! Senza dubbio mi scacceranno come il più infimo dei guitti. Non fa niente,

vai fino in fondo, Cesare! (Si avviluppa nel mantello fino agli occhi. Si apre la porta di fondo.

Entra un servo in livrea trasportando un sacco pesante)

Scena terza

Don Cesare, un Lacchè.

DON CESARE (squadrando il lacchè dalla testa ai piedi)

Chi vieni a cercare qui dentro, compare? (Tra sé) Mostriamoci sfrontati, il rischio è grosso.

LACCHÈ

Don Cesare di Bazan.

DON CESARE (abbassando il mantello e scoprendo il volto)

Don Cesare! Ma sono io! (Tra sé) È incredibile!

LACCHÈ

Siete voi il signor Don Cesare di Bazan?

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DON CESARE

Perdio! Ho questo onore. Cesare! Il vero Cesare! Il solo Cesare! Il conte di Garo...

LACCHÈ (posando il sacco sulla poltrona)

Controllate, per favore, se risponde alle vostre esigenze.

DON CESARE (stupefatto, tra sé)

Del denaro! Ah, questo è troppo! (Ad alta voce) Mio caro...

LACCHÈ

Contate. È la somma che sono stato incaricato di portarvi.

DON CESARE (gravemente)

Ah, certo! Capisco. (Tra sé) È proprio il caso che il diavolo... Via, non disturbiamo

l'andamento di questa bella storia. Il denaro arriva al momento giusto. (Ad alta voce) Ti

occorre una ricevuta?

LACCHÈ

No, monsignore.

DON CESARE (indicandogli il tavolo)

Mettilo lì. (Il lacchè ubbidisce) Da chi proviene?

LACCHÈ

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Il signore lo sa bene.

DON CESARE

Senza dubbio. Ma...

LACCHÈ

Il denaro - devo aggiungere - viene da chi sapete per lo scopo che sapete.

DON CESARE (soddisfatto della spiegazione)

Ah!

LACCHÈ

Sia voi che io dobbiamo essere discreti. Ssst!

DON CESARE

Ssst! Questo denaro viene... Che frase magnifica! Ripetimela, per favore.

LACCHÈ

Questo denaro...

DON CESARE

Tutto si spiega! Mi viene da chi so...

LACCHÈ

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... per lo scopo che sapete. Noi dobbiamo...

DON CESARE

Entrambi!!!

LACCHÈ

Essere discreti.

DON CESARE

Perfettamente chiaro.

LACCHÈ

Io eseguo gli ordini, il resto non lo comprendo.

DON CESARE

Bah!

LACCHÈ

Ma voi capite!

DON CESARE

Maledizione!

LACCHÈ

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Basta così.

DON CESARE

Io comprendo e prendo, mio caro. Il denaro che si riceve, d'altronde, è sempre chiarissimo.

LACCHÈ

Ssst!

DON CESARE

Ssst!!! Non siamo indiscreti! Diamine!

LACCHÈ

Contatelo, signore!

DON CESARE

Per chi mi prendi? (Ammirando le dimensioni del sacco posato sul tavolo) Che ventre

imponente!

LACCHÈ (insistendo)

Ma...

DON CESARE

Mi fido di te.

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LACCHÈ

L'oro è in sovrane. Pistole doppie che pesano sette grosse e trentasei grani, o buoni dobloni

di mezza libbra. L'argento, nel conio con la croce.

Don Cesare apre il sacco e ne estrae numerosi sacchetti pieni d'oro e d'argento, che apre e vuota sul

tavolo con grande stupore. Subito dopo pesca a piene mani in quell'inconsueta riserva aurea e si

riempie le tasche di pistole e dobloni.

DON CESARE (interrompendosi, con autorità. Tra sé)

Il mio romanzo, come ogni fiaba che si rispetti, si chiude felicemente: muore accarezzando

un milione! (Continua a riempirsi le tasche) O delizia! Quasi quasi divoro un galeone!

(Riempita una tasca, passa all'altra. Si tasta dappertutto alla ricerca di altre tasche, dimenticando la

presenza del lacchè)

LACCHÈ (osservandolo impassibile)

Sono in attesa di ordini.

DON CESARE (voltandosi)

A che scopo?

LACCHÈ

Per eseguire rapidamente, senza indugio, quello che io ignoro e che voi sapete benissimo.

Interessi enormi...

DON CESARE (interrompendolo con aria d'intesa)

Già, pubblici e privati!!!

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LACCHÈ

Richiedono che si proceda all'istante. Ripeto ciò che mi è stato ordinato di dire.

DON CESARE (battendogli sulla spalla)

Di questo ti sono grato, fedele servitore!

LACCHÈ

Per non perdere tempo, il mio padrone, per aiutarvi, mi ha posto al vostro servizio.

DON CESARE

Ha agito correttamente. Conformiamoci ai suoi desideri. (Tra sé) Che sia impiccato, se so

cosa devo dirgli. (Ad alta voce) Avvicinati, caro, e per prima cosa (riempie di vino l'altro

bicchiere) bevi questo!

LACCHÈ

Come, signore?

DON CESARE

Bevi, ti dico! (Il lacchè beve. Don Cesare gli riempie il bicchiere) Vino d'Oropesa! (Fa sedere il

lacchè, lo fa bere e gli versa altro vino) Parliamo. (Tra sé) Ha già gli occhi lucidi. (Ad alta voce,

adagiandosi in poltrona) L'uomo amico mio, non è altro che fumo nero soffiato dal fuoco

della passione. Tutto qui. (Gli versa da bere) Non faccio che raccontarti sciocchezze. Eppure

il fumo, appena s'innalza nell'azzurro del cielo, adotta un comportamento ben diverso di

quando si trova chiuso in un camino. Sale allegro e felice mentre noi caschiamo giù. (Si

strofina la gamba) L'uomo è solo del vile piombo. (Riempie i due bicchieri) Beviamo. Tutti i

tuoi dobloni non valgono il canto di un ubriaco di strada. (Avvicinandosi con aria misteriosa)

Vedi, dobbiamo essere prudenti. L'asse del carro, se è troppo carica, cede. La parete, priva

di fondamenta, si schianta al suolo. Caro, abbottonami il collo del mantello.

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LACCHÈ (con orgoglio)

Signore, non sono il vostro domestico. (Prima che Cesare glielo possa impedire, scuote il

campanello posato sul tavolo)

DON CESARE (tra sé, spaventato)

Ha suonato! Adesso, forse, arriverà il padrone di casa! Sono in trappola!

Entra uno dei negri. Don Cesare, in preda a una viva agitazione, si volta dal lato opposto non

sapendo che contegno assumere.

LACCHÈ (al negro)

Agganciate il bottone al manto di Sua Grazia.

Il negro si avvicina con gravità a Don Cesare che lo lascia fare con aria stupefatta, poi aggancia il

collo del mantello, saluta ed esce lasciando Don Cesare annichilito.

DON CESARE (alzandosi da tavola, tra sé)

Sono caduto nelle mani di Belzebù, parola d'onore! (Viene al proscenio e cammina

nervosamente) A questo punto, accettiamo senza discutere ciò che ci viene offerto. Pare che

debba continuare a contare scudi e dobloni. Ho molto denaro. Cosa ne farò? (Voltandosi

verso il lacchè, seduto a tavola, che comincia a vacillare sulla seggiola ai primi sintomi di

ubriachezza) Un momento, riflettiamo! (Concentrandosi, tra sé) Vediamo... se pagassi i miei

creditori! Macché! Se almeno, per calmare quelle anime aride e volgari, le innaffiassi con

un acconto sostanzioso? Perché dovrei mettermi ad innaffiare dei fiori tanto brutti? Il

denaro è il mezzo più facile per corrompere un uomo e per farcirlo fino al gozzo - fosse

pure un discendente di Annibale, il conquistatore di Roma - di sentimenti borghesi! Cosa

si direbbe in giro? A vedermi pagare i debiti! Ah!

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LACCHÈ (vuotando il bicchiere)

Cosa mi ordinate?

DON CESARE

Lasciami in pace, sto pensando. Bevi, intanto. (Il lacchè si rimette a bere. Don Cesare continua

a riflettere finché, colpito da un'idea improvvisa, si tocca la fronte con una mano) Sì! (Al lacchè)

Alzati subito. Ecco cosa bisogna fare. Riempiti le tasche di scudi. (Il lacchè si alza vacillando e

si riempie di monete le tasche del giustacuore. Don Cesare lo aiuta, continuando a parlare) Nel

vicolo, in fondo a Plaza Mayor, entra al numero nove. È una casa stretta. Non è poi tanto

male nonostante la finestra, a destra, che ha un vetro rotto sostituito da una toppa di carta.

LACCHÈ

È orba, la casa?

DON CESARE

No, è guercia. Ci si può rompere il collo salendo la scala. Fa attenzione.

LACCHÈ

Una scala?

DON CESARE

Pressappoco. Ma più ripida. Là in cima ci sta una bellezza facile da riconoscere: una cuffia

malmessa piantata alla brava su una massa di capelli sfatti, un po' tozza, rossa di pelo...

una donna incantevole! Ma, ti raccomando, il massimo rispetto: è la mia amante. Si chiama

Lucinda e una volta era la bionda dagli occhi azzurri che danzava il fandango, di sera,

davanti al papa. Dalle duecento ducati da parte mia. In un altro fetido buco, là vicino,

troverai anche un diavolaccio dal naso rosso con un cappello scolorito, calato sul viso fino

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alle sopracciglia, da cui pende una penna che, in quel punto, sembra un vero segno

tragico. Porta una spada enorme e, dalla spalla, gli cade un cencio. Da' a quel briccone sei

piastre, da parte nostra. Un po' più lontano, troverai un buco più nero di un forno, una

taverna che sbraita suoni sguaiati all'angolo di un crocicchio. Sulla soglia, c'è uno dei suoi

abituali frequentatori. Beve e fuma di continuo. È un uomo di rara educazione, di

un'eleganza irreprensibile, un signore che non si è mai lasciato sfuggire una bestemmia, è

il mio amico del cuore, si chiama Goulatromba. Trenta scudi! Digli, come se recitassi un

paternostro, che se li beva subito e che ne avrà degli altri. A tutti questi miserabili,

consegna tutte quelle belle monete luccicanti e non meravigliarti se faranno tanto d'occhi.

LACCHÈ

E poi?

DON CESARE

Tieni il resto per te. Ah, l'ultimo capitolo...

LACCHÈ

Cosa comandate, monsignore?

DON CESARE

Va ad ubriacarti, gaglioffo! Rompi tutti i boccali che puoi, fai molto baccano e rientra a

casa solo domani, a notte alta.

LACCHÈ

Ho capito, principe. (Si dirige alla porta camminando a zig-zag)

DON CESARE (guardandolo camminare)

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È spaventosamente ubriaco. (Lo richiama, il lacchè si avvicina) Ah!... Quando uscirai di qua,

ti seguirà un branco di fannulloni. Ti raccomando, sii degno del vino che hai in corpo.

Comportati con austera semplicità. Se per caso qualche scudo ti dovesse cadere dagli

stivali, non raccoglierlo e se dei leccapiatti, dei chierici, degli studenti, dei vagabondi

facessero a gara per raccattarli, lascia pure che se li disputino. Non comportarti come

quelli che vogliono mostrare severità o ferocia. Anche se ti alleggerissero un po' le tasche,

cerca di essere indulgente. In fondo, sono uomini come noi. Vedi, è proprio una legge

universale: in questo mondo pieno di orrori e miserie, a volte si sente il bisogno di elargire

un po' di gioia agli altri. (Con malinconia) È probabile che tutta questa gente, prima o poi,

penda da una forca! Comportiamoci di conseguenza: abbiamo per loro riguardi speciali!

Adesso va.

Il lacchè esce. Don Cesare, rimasto solo, si risiede, appoggia i gomiti sul tavolo e resta assorto in

profonde riflessioni.

Il primo dovere del cristiano e del saggio è di fare buon uso del denaro, quando gli tocca

in sorte. Ho da vivere largamente per otto giorni! Li vivrò e, se mi avanza del denaro, lo

impiegherò in fondazioni di carità. Ma non ci faccio molto affidamento, me lo

riprenderanno senz'altro. Indubbiamente si tratta di un equivoco, il servo avrà frainteso

oppure io avrò pronunciato male il mio nome...

Si riapre la porta di fondo. Entra una vecchia mezzana, dai capelli grigi, che veste il costume

regionale basco. Sfoggia un ventaglio e una mantiglia nera.

Scena quarta

Don Cesare, una mezzana.

MEZZANA (sulla soglia)

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Don Cesare di Bazan?

Don Cesare, assorto in meditazione, rialza bruscamente il capo.

DON CESARE

Per tutti i fulmini! (Tra sé) Oh, una donna! (Mentre la vecchia s'inchina profondamente, Cesare

torna stupefatto al proscenio) Qua ci dev'essere lo zampino del diavolo o di Don Sallustio! Ci

scommetto che, prima o poi, si farà vivo il mio amato cugino. Una mezzana! (Ad alta voce)

Don Cesare sono io. Cosa ti conduce qui? (Tra sé) Di solito una vecchia è il lasciapassare di

una giovane.

MEZZANA (s'inchina facendosi il segno della croce)

Signore, vi saluto, in questo giorno di astinenza, in nome di Gesù figlio di Dio che nessuno

può vincere.

DON CESARE (tra sé)

Preambolo devoto di una conclusione galante. (Ad alta voce) Amen! Buongiorno.

MEZZANA

Dio vi mantenga in questa felice disposizione! (Misteriosamente) Avete dato alla persona

che mi manda qui, da voi, appuntamento per un convegno segreto, stanotte?

DON CESARE

Non ne dubito affatto.

MEZZANA (estrae dal guardinfante un foglio piegato che gli mostra senza consegnarglielo)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Allora siete voi quel signore tanto riservato che ha inviato un messaggio, relativo a

stanotte, a una persona che vi ama e che conoscete bene?

DON CESARE

Sono io.

MEZZANA

Bene. La dama, maritata a un vecchio barbogio, evidentemente è costretta ad essere cauta:

mi hanno incaricata di assumere informazioni. Io non conosco quella persona che voi,

invece, conoscerete bene. La sua cameriera mi ha detto come stanno le cose. È sufficiente,

non facciamo nomi.

DON CESARE

Tranne il mio.

MEZZANA

È una cosa semplicissima. A una dama l'amico del cuore chiede un appuntamento, si teme

di cadere in qualche insidia e, dato che le precauzioni non sono mai troppe, si manda me

in avanscoperta per avere da voi, in persona, la conferma diretta...

DON CESARE

Oh, la vecchia strega! Perdio, quanto trambusto per un bigliettino amoroso! Ma certo che il

latore sono io, io, ti dico!

MEZZANA (posa sul tavolo il foglio piegato, che Don Cesare esamina pieno di curiosità)

In questo caso, se siete voi, scriverete: "Venite", sul retro della lettera. Ma non di vostra

mano, per non compromettere nulla.

Victor Hugo – Ruy Blas

121

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DON CESARE

Di mia mano? Non ci penso nemmeno! (Tra sé) Messaggio trasmesso a dovere! (Tende la

mano per prendere la lettera ma la missiva è sigillata e la vecchia non gli permette di toccarla)

MEZZANA

Non apritela! Dovete riconoscere il plico.

DON CESARE

Perbacco! (Tra sé) E io che ardevo dalla curiosità! Recitiamo la nostra parte! (Scuote il

campanello. Appare un negro) Sai scrivere? (Il negro fa un cenno affermativo, stupore di Don

Cesare. Tra sé) Mi ha fatto cenno! (Ad alta voce) Sei muto, per caso? (Nuovo cenno affermativo

del negro e ulteriore stupore di Cesare. Tra sé) Benissimo! Il gioco prosegue! Adesso è la volta

dei muti! (Al muto, indicandogli la lettera che la vecchia tiene spiegata sul tavolo) Scrivi lì sopra:

"Venite". (Il muto scrive. Don Cesare fa cenno alla mezzana di riprendere la lettera e al muto di

uscire. Il muto esce. Tra sé) Mi ha obbedito!

MEZZANA (riponendo, con aria misteriosa, la lettera nel guardinfante e avvicinandosi a Don

Cesare)

Stasera la vedrete. È bella?

DON CESARE

Affascinante!

MEZZANA

La cameriera mi ha colpito favorevolmente. Mi ha preso da parte durante la predica. Una

bellezza! Un profilo angelico con due occhi diabolici! Sembra molto esperta nelle faccende

d'amore.

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON CESARE (tra sé)

Mi accontenterei della cameriera.

MEZZANA

Dato che il bello s'impone sempre al brutto, e la sultana si giudica sempre dalla schiava,

come il padrone dal servo, la vostra dama è certo una bellissima signora.

DON CESARE

Voi mi adulate!

MEZZANA (s'inchina per prendere congedo)

Vi bacio la mano.

DON CESARE (dandole una manciata di dobloni)

Voglio riempirti le zampe! Tieni, vecchia!

MEZZANA (intascando)

Sono allegri i giovani d'oggi!

DON CESARE (congedandola)

Va!

MEZZANA (tra gli inchini)

Victor Hugo – Ruy Blas

123

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Se aveste bisogno di me... Sono Donna Oliva, mi trovate al convento di Sant'Isidro. (Esce.

Poi la porta si riapre e, da un battente, spunta con la testa) Mi metto sempre a destra, alla terza

colonna, entrando in chiesa. (Don Cesare si volta impaziente. La porta si chiude per riaprirsi

un'altra volta lasciando apparire la vecchia) Stasera la vedrete! Ricordatevi di me, signore,

nelle vostre preghiere.

DON CESARE (scacciandola, in preda all'ira)

Ah!

La mezzana scompare, la porta si richiude.

DON CESARE (solo)

Devo rassegnarmi a non stupirmi più di nulla! Mi sembra di abitare nella luna. Godo, per

il momento, i favori della buona sorte: una volta saziata la fame, adesso placherò le attese

del cuore. (Riflettendo) Una splendida opportunità. Vediamo come va a finire.

Si riapre la porta di fondo. Appare Don Guritano con due lunghissime spade sguainate sottobraccio.

Scena quinta

Don Cesare, Don Guritano.

DON GURITANO (dal fondo)

Don Cesare di Bazan?

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON CESARE (si volta e scorge Don Guritano con le spade)

Finalmente! Era ora! L'avventura era di buon auspicio adesso si fa interessante. Un pranzo

eccellente, del denaro, un convegno d'amore e poi un duello! Don Cesare fa ritorno al suo

elemento naturale! (Particolarmente lieto, si avvicina a Don Guritano e lo saluta cordialmente.

Don Guritano lo fissa minaccioso e avanza al proscenio con passo rigido) Abita qui, caro signore.

Volete accomodarvi, (gli indica una poltrona, Don Guritano resta in piedi) prendere posto,

sedervi? Consideratemi a vostra completa disposizione. Felice di conoscervi, vogliamo

discorrere? Cosa c'è di nuovo a Madrid? Ah, che città meravigliosa! Io non ne so più nulla.

Ma ritengo che sia Matalobos che Lindamira continuino a riscuotere ammirazione. Se

volete sentire la mia opinione, io più che un volgare bandito da strada temo il rischio

enorme rappresentato da quella ladra di cuori! Ah, le donne, signore! Quella fauna

diabolica m'incatena, la mia ragione abdica di fronte a loro! Parlate, vi supplico, rimettete

il mio cervello in carreggiata. Non sono più un essere umano, non appartengo al consorzio

dei vivi, sono un'entità stravagante, un morto ridestato dalla tomba, un bue, un hidalgo

della vecchia Castiglia. Mi hanno strappato le piume dal cappello, non ho più i miei

guanti. Vengo da strani, incredibili paesi.

DON GURITANO

Davvero, signore? Credo di venire da luoghi ancora più lontani.

DON CESARE (gioviale)

Da quale lido ospitale?

DON GURITANO

Dall'estremo nord.

DON CESARE

Io vengo da più lontano, dal mezzogiorno.

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON GURITANO

Sono furioso!

DON CESARE

Ma guarda! Io crepo di bile!

DON GURITANO

Ho sulle spalle milleduecento leghe!

DON CESARE

E io duemila! Ho visto donne gialle e azzurre, verdi e nere. Ho ammirato luoghi benedetti

dal cielo come la felice città di Algeri e la bellissima Tunisi dove, grazie alle sagge

abitudini dei turchi, ho visto parecchia gente impalata, appesa agli usci.

DON GURITANO

Sono stato giocato, signore!

DON CESARE

E io sono stato venduto!

DON GURITANO

M'hanno quasi esiliato!

DON CESARE

M hanno quasi impiccato!

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON GURITANO

Con estrema impudenza, mi mandano a Neuburg a portare quattro parole chiuse in un

cofanetto: "Trattenete il più a lungo possibile questo vecchio pazzo".

DON CESARE (scoppiando a ridere)

Splendido! Chi è l'autore della beffa?

DON GURITANO

Voglio torcere il collo a Cesare di Bazan!

DON CESARE (con gravità)

Ah!

DON GURITANO

Come se non bastasse, poco fa mi invia un lacchè, al suo posto. Per scusarlo! dice. Pensate,

mi manda un domestico che serve a tavola! Mi sono rifiutato di riceverlo e l'ho messo ai

ceppi, a casa mia, in un sotterraneo. Adesso faccio visita al padrone. Quell'impudente,

quel traditore, quel Cesare di Bazan! Devo sopprimerlo! Dov'è?

DON CESARE (sempre con gravità)

Sono io.

DON GURITANO

Voi! Volete scherzare?

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON CESARE

Io sono Don Cesare.

DON GURITANO

Come! Ancora!

DON CESARE

Certo, ancora!

DON GURITANO

Caro signore, abbandonate subito questo ruolo! Vi credete spiritoso ma io non mi diverto

affatto.

DON CESARE

Invece voi siete molto divertente interpretando la parte del geloso! Credetemi, vi

compiango sinceramente. Vedete, i disastri che derivano dai nostri vizi sono più pericolosi

delle conseguenze provocate dai vizi altrui. Non ho difficoltà a dichiararvi che preferisco

di gran lunga essere povero piuttosto che avaro e cornuto piuttosto che geloso. Come voi,

che siete sia l'uno che l'altro. Vi confido, inoltre, che ho dato per stasera appuntamento a

vostra moglie.

DON GURITANO

Mia moglie!

DON CESARE

Sì, vostra moglie!

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON GURITANO

Andiamo, non sono sposato!

DON CESARE

E venite qui a fare tanto chiasso! Non siete sposato! Da un quarto d'ora avete assunto il

contegno di un marito che urla o di una tigre che si dispera a un punto tale da

costringermi a fornirvi spontaneamente tutti i consigli disponibili in un caso del genere!

Ma scusate, se non siete sposato, per Ercole!, perché volete rendervi ridicolo ad ogni costo?

DON GURITANO

Signore, voi mi portate all'esasperazione!

DON CESARE

Bah!

DON GURITANO

Questo è troppo!

DON CESARE

Davvero?

DON GURITANO

Ve la farò pagare!

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON CESARE (esamina divertito le calzature di Don Guritano, quasi invisibili sotto una nuvola

di fiocchi e di nastri, secondo l'ultima moda)

Una volta i nastri si mettevano in testa. Mentre oggi, a quanto sembra, secondo un

costume più civile, adornano gli stivali e lambiscono anche i piedi! Affascinante!

DON GURITANO

Dobbiamo batterci!

DON CESARE (impassibile)

Credete?

DON GURITANO

Voi non siete Cesare, questa è un'altra faccenda: ma comincerò ugualmente con voi.

DON CESARE

Bene, ma badate, piuttosto, di non finire la vostra carriera, con me.

DON GURITANO (offrendogli una spada)

Sciocco! Qui, subito!

DON CESARE (prendendo la spada)

Ma certo. Quando affronto un duello, non lo lascio mai a metà!

DON GURITANO

Dove?

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON CESARE

Qua dietro. La strada è deserta.

DON GURITANO (provando, sul pavimento, la punta della spada)

Cesare lo ucciderò poi!

DON CESARE

Ne siete sicuro?

DON GURITANO

Non ho dubbi!

DON CESARE (flettendo la lama)

Bah! Con uno di noi ucciso in campo, vi sfido poi, a uccidere Don Cesare.

DON GURITANO

Usciamo!

Escono. Si sente svanire, in lontananza, l'eco dei loro passi. Un piccolo uscio segreto si apre nella

parete a destra. Entra Don Sallustio.

Scena sesta

Victor Hugo – Ruy Blas

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Don Sallustio, vestito di verde scuro, quasi nero.

DON SALLUSTIO (Appare pensoso ed agitato. Si guarda attorno e ascolta inquieto)

Nessun preparativo! (Scorgendo la tavola apparecchiata) Cosa significa? (Sentendo fuori scena i

passi di Cesare e di Guritano) Perché questo rumore? (Fa qualche passo, ansioso) Stamani

Gudiel ha visto uscire il paggio. L'ha seguito. Andava da Guritano. Non c'è traccia di Ruy

Blas. E quel paggio... Diavolo! Tenta di sfuggirmi con un colpo di mano! Sì, qualche buon

consiglio di cui avrà incaricato Don Guritano presso di lei! Dai muti non c'è modo di

saperlo! Maledizione! Non avevo previsto Don Guritano!

Riappare Don Cesare con la spada sguainata che, entrando, getta su una poltrona.

Scena settima

Don Sallustio, Don Cesare.

DON CESARE (sulla soglia)

Ah, finalmente! Eccoci di fronte, vecchio demonio!

DON SALLUSTIO (voltandosi, annichilito)

Don Cesare!

DON CESARE (incrociando le braccia e scoppiando a ridere)

Victor Hugo – Ruy Blas

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State tramando qualcosa di spaventoso! La mia comparsa danneggia i vostri piani, non è

vero? Entro io e mi piazzo, lungo disteso, in mezzo al vostro intrigo!

DON SALLUSTIO (tra sé)

Tutto è perduto!

DON CESARE (ridendo)

È da stamani che sto calpestando le vostre complicatissime ragnatele. Credo che nessuno

dei vostri progetti sia rimasto in piedi. Ho fatto irruzione dappertutto, ho demolito

parecchio. E me ne rallegro.

DON SALLUSTIO (tra sé)

Diavolo! Cos avrà fatto?

DON CESARE (ridendo sempre più di gusto)

Il vostro servo con tutto quel denaro, per quell'affare! Per la cosa che sapete! Per chi

sapete! (Ridendo) Impagabile!

DON SALLUSTIO

Allora?

DON CESARE

L'ho fatto ubriacare.

DON SALLUSTIO

E il denaro che aveva portato?

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON CESARE (con improvvisa autorità)

L'ho regalato a parecchia gente. Diamine! Avrò pure degli amici...

DON SALLUSTIO

Tu mi sospetti a torto. Io...

DON CESARE (facendo tintinnare i soldi in tasca)

Mi son subito riempito le tasche, l'avrete capito. (Rimettendosi a ridere) Sapete? La signora...

DON SALLUSTIO

Oh!

DON CESARE (notando la sua ansia)

... che conoscete (Don Sallustio ascolta dolorosamente perplesso mentre Don Cesare prosegue

ridendo) mi regala l'orrenda compagnia di una vecchia governante con tanto di barba al

mento e un naso enorme...

DON SALLUSTIO

A che scopo?

DON CESARE

A chiedere, sottovoce, per prudenza, se è proprio Don Cesare che stanotte la attende...

DON SALLUSTIO (tra sé)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Cielo! (Ad alta voce) Cos'hai risposto?

DON CESARE

Mio caro, ho detto di sì! Che l'attendevo!

DON SALLUSTIO (tra sé)

Forse tutto non è perduto!

DON CESARE

E, per finire, il vostro sicario, il vostro gran capitano che, sul luogo dello scontro, si è

spacciato per un certo Guritano, (movimento impercettibile di Don Sallustio) che stamani, da

uomo accorto, si è rifiutato di ricevere un servo di Cesare con un messaggio indirizzato a

lui, che era venuto qui a chiederne ragione a me...

DON SALLUSTIO

Ebbene, dov'è finito?

DON CESARE

Quello sciocco? L'ho ucciso!

DON SALLUSTIO

Davvero?

DON CESARE

Andate a sincerarvene. Sta morendo là, dietro al muro.

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON SALLUSTIO

Sei sicuro che sia morto?

DON CESARE

Ho paura di sì.

DON SALLUSTIO (tra sé)

Respiro! Che fortuna! Il cielo mi assiste! Non ha sconvolto i miei piani! Al contrario! Ma

ora devo liberarmene definitivamente: congedarlo, e per sempre! È un aiutante scomodo!

Per il denaro, pazienza. (Ad alta voce) È una storia molto strana. Non avete visto nessun

altro?

DON CESARE

No. Ma ne vedrò tanti. Ho intenzione di continuare. Voglio che il mio nome corra sulla

bocca di tutta la città. Farò scoppiare uno scandalo colossale. Potete starne certo.

DON SALLUSTIO (tra sé)

Diavolo! (Rapidamente, avvicinandosi a Don Cesare) Tieniti pure i soldi, ma lascia subito

questa casa!

DON CESARE

Come no! Così mi farete pedinare! Conosco i vostri metodi: scommetto che tornerei - o

destino fortunato! - a contemplare l'azzurro del Mediterraneo! Non ci penso nemmeno.

DON SALLUSTIO

Victor Hugo – Ruy Blas

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Credimi.

DON CESARE

No. In questo palazzo, che sembra un carcere, ho la sensazione che qualcuno stia per

cadere, vittima dei vostri inganni. Ogni intrigo di corte è una scala doppia. Da un lato, con

le braccia legate e lo sguardo a terra, sale malinconico il condannato e, dall'altro, il

carnefice. Il solo ruolo che voi potete assumervi.

DON SALLUSTIO

Oh!

DON CESARE

Ma io, di colpo, vi sottraggo la scala: patatrac!

DON SALLUSTIO

Giuro...

DON CESARE

Voglio recitare ancora, in questa bella storia, per rovinarvi. Caro cugino, conosco voi e le

vostre risorse: avrete almeno due o tre marionette appese allo stesso filo! Eccomi qua: io

sono una di loro! E resto al mio posto!

DON SALLUSTIO

Ascolta...

DON CESARE

Victor Hugo – Ruy Blas

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Aborro la retorica! Ah! Voi mi fate vendere ai corsari africani! Ah! mentre fabbricate, qui,

dei falsi Cesari! Ah! Voi compromettete il mio nome!

DON SALLUSTIO

Fatalità!

DON CESARE

Fatalità? Vivande che i bricconi cucinano per gli allocchi che le trangugiano! Altro che

fatalità! Tanto peggio per voi, se crollate insieme ai vostri piani! Io voglio salvare tutti

coloro che vorreste rovinare. Griderò il mio nome sui tetti. (Sale sul davanzale della finestra e

guarda fuori) Aspettate! Bene, ci sono degli sbirri qui, sotto alla finestra. (Passa un braccio

attraverso le sbarre e lo agita urlando) Ehi, voi!

DON SALLUSTIO (tra sé, sgomento, al proscenio)

Se si fa riconoscere, tutto è perduto!

Entrano gli sbirri, preceduti da un alcade. Don Sallustio è in uno stato di estrema tensione. Don

Cesare, con aria di trionfo, accoglie l'alcade.

Scena ottava

Gli astanti, un Alcade, alcuni Sbirri.

DON CESARE (all'alcade)

Mettete a verbale che...

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON SALLUSTIO (indicando Don Cesare all'alcade)

Quest'uomo è Matalobos, il famoso furfante!

DON CESARE (stupefatto)

Come!

DON SALLUSTIO (tra sé)

Se guadagno ventiquattr'ore mi riprendo tutto! (All'alcade) Questo briccone si azzarda a

penetrare in pieno giorno in casa d'altri! Non lasciatevelo scappare!

Gli sbirri afferrano Don Cesare per il bavero.

DON CESARE (furibondo, a Don Sallustio)

Sono il vostro fedele servitore, voi mentite spudoratamente!

L'ALCADE

Chi ci ha chiamato?

DON SALLUSTIO

Sono stato io.

DON CESARE

Ah, questa è proprio bella!

Victor Hugo – Ruy Blas

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L'ALCADE

Silenzio! Non ho motivo di dubitarne.

DON CESARE

Ma se sono Don Cesare di Bazan, in persona!

DON SALLUSTIO

Don Cesare? Prego, esaminate il suo mantello. Sotto al colletto troverete scritto "Sallustio".

Questo mantello è mio, me l'ha appena rubato.

Gli sbirri strappano il mantello a Cesare, l'alcade lo esamina.

L'ALCADE

Corrisponde.

DON SALLUSTIO

E il giustacuore che indossa...

DON CESARE (tra sé)

Oh, maledetto Sallustio!

DON SALLUSTIO (proseguendo)

... appartiene al conte d'Alba, a cui fu sottratto tempo fa. (Indicando uno stemma ricamato sul

paramento della manica sinistra) Vedete, ecco qui il blasone!

Victor Hugo – Ruy Blas

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DON CESARE (tra sé)

È stregato!

L'ALCADE (esaminando lo stemma)

Già, i due castelli d'oro...

DON SALLUSTIO

... e le due caldaie: Enriquez e Gusman. (Dibattendosi, Don Cesare lascia cadere al suolo qualche

moneta che gli ingombrava le tasche. Don Sallustio fa notare il contenuto all'alcade) È questo il

modo in cui i cittadini onesti portano il loro denaro uscendo di casa?

L'ALCADE (scuotendo il capo)

Hum!

DON CESARE (tra sé)

Sono spacciato! (Gli sbirri lo perquisiscono e gli sequestrano il denaro)

UNO SBIRRO (frugandogli addosso)

Delle carte!

DON CESARE (tra sé)

Sono ancora lì! Povere missive galanti, sono rimaste intatte nelle mie traversie!

L'ALCADE (esaminandole)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Delle lettere... Ma come? Di calligrafie diverse?

DON SALLUSTIO (facendogli notare le intestazioni)

Tutte dirette al conte d'Alba!

L'ALCADE

Sì.

DON CESARE

Ma...

GLI SBIRRI (legandogli le mani)

Preso! Che sollievo!

UNO SBIRRO (entrando, all'alcade)

Signore, è stato appena assassinato un uomo.

L'ALCADE

Chi è il colpevole?

DON SALLUSTIO (indicando Don Cesare)

Lui!

DON CESARE (tra sé)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Il duello! Che bell'impresa!

DON SALLUSTIO

Ha fatto irruzione qua dentro, con la spada sguainata. Eccola.

L'ALCADE (esaminando la spada)

Del sangue. Molto bene. (A Don Cesare) Su, in marcia!

DON SALLUSTIO (a Don Cesare, portato via dagli sbirri)

Buonasera, Matalobos.

DON CESARE (muovendo un passo verso di lui e guardandolo negli occhi)

Siete il più vile, il più spregevole degli uomini!

ATTO QUINTO

LA TIGRE E IL LEONE

Lo stesso luogo. Di notte. Una lampada sul tavolo. Quando si alza il sipario, Ruy Blas è solo in

scena. Indossa, sopra i vestiti, una lunga cappa nera.

Scena prima

Victor Hugo – Ruy Blas

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Ruy Blas, solo.

RUY BLAS

Tutto è finito. Il sogno è tramontato, le visioni cadono in polvere! Fino al calar della sera

ho vagato a caso per le strade. E ora sono pieno di speranza. Sono tranquillo. Di notte il

pensiero è libero, il cervello non registra più i rumori esterni. Queste nere pareti non

comunicano sensazioni spaventose: i mobili sono al loro posto, le chiavi sono negli armadi

e i muti dormono, lassù. La casa è immersa nella quiete. Sì, non c'è proprio motivo di

allarmarsi. Tutto va bene. Posso fidarmi del mio paggio. E anche di Don Guritano, quando

è in gioco la salvezza di lei. Mio Dio! Posso davvero mormorare una benedizione, le avete

fatto ricevere il mio messaggio, Dio buono e giusto, mi avete aiutato a proteggere

quell'angelo e a confondere i piani di Sallustio, a metterla al riparo dagli intrighi, perché

non debba soffrire, perché sia salva ed io possa finalmente morire? (Si fruga in petto, estrae

una fiala e la posa sul tavolo) Sì, adesso muori, vile! Ricadi nell'abisso! Muori come deve

morire chi espia un atroce delitto! Muori, in questa casa, vile, solo e miserabile! (Si sbottona

la veste nera, si intravede la livrea che indossava al primo atto) Muori e, sotto al sudario, indossa

la tua livrea! Dio! Se quel demonio viene a contemplare il cadavere della sua vittima,

(barrica con un mobile l'accesso alla porta segreta) che almeno non entri da questa porta

orribile! (Torna al tavolo) Oh! Certamente il paggio ha trovato Guritano, non erano ancora

le otto del mattino. (Contempla la fiala) Per quanto riguarda me, ho già pronunciato la

sentenza e preparo la mia esecuzione. Io stesso mi farò cadere il pesante coperchio della

tomba. Mi resta almeno la soddisfazione di pensare che ormai nessuno può contrastare

questa decisione. La mia scomparsa è decretata. (Ricadendo in poltrona) Eppure lei mi

amava! Aiutatemi, signore! Mi manca il coraggio! (Piange) Oh! Se il mondo ci avesse

lasciati in pace! (Si nasconde il capo tra le mani, in una crisi di pianto) Dio! (Rialzando il capo e

guardando sgomento la fiala) L'uomo che me l'ha venduta, mi ha chiesto in che giorno del

mese siamo. Non ho saputo rispondergli. La testa mi scoppia. Gli uomini sono crudeli. Tu

muori, e la tua scomparsa passa inosservata. Come soffro! Lei mi amava! È opinione

comune che non si possa mai rivivere un istante del nostro passato! Non la vedrò più! La

sua mano che ho stretto, quella bocca che mi sfiorò la fronte... Angelo caro! Povero angelo!

Devo morire e morire disperato! Quell'abito di cui ogni piega racchiudeva, testimoniava la

sua grazia, il suo piede che, passando, mi faceva sussultare, i suoi occhi in cui naufragava

Victor Hugo – Ruy Blas

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l'indecisione dei miei occhi, il sorriso, la voce... Non la vedrò mai più! Non la sentirò più!

Ma com'è possibile? Mai!

Avanza con angoscia, proteso verso la fiala. L'afferra con ansia e, in quell'attimo preciso, si apre la

porta di fondo. Appare la regina, vestita di bianco, con un mantello sauro. Il cappuccio, gettato

all'indietro, sulle spalle, permette di scorgere il suo pallido viso. Ha in mano una lanterna cieca che

depone a terra prima di avvicinarsi, rapida, a Ruy Blas.

Scena seconda

Ruy Blas, la Regina.

LA REGINA (entrando)

Don Cesare!

RUY BLAS (voltandosi terrorizzato, si abbottona precipitosamente la cappa che nasconde la sua

livrea)

Dio mio! È lei! Vittima di quell'orribile tranello! (Ad alta voce) Signora!...

LA REGINA

Come! Un grido di terrore! Cesare...

RUY BLAS

Chi vi ha detto di venire qui?

Victor Hugo – Ruy Blas

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LA REGINA

Tu.

RUY BLAS

Io? Come?

LA REGINA

Ho ricevuto da parte vostra...

RUY BLAS (in un affanno crescente)

Ditemi, subito!

LA REGINA

Una lettera.

RUY BLAS

Da parte mia!

LA REGINA

Scritta di vostro pugno.

RUY BLAS

Ci sarebbe da rompersi la testa contro il muro! Se non ho scritto neanche una parola, ne

sono certo!

Victor Hugo – Ruy Blas

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LA REGINA (togliendosi dal petto un biglietto e porgendoglielo)

Leggete, allora.

Ruy Blas afferra la lettera, si curva verso la lampada e legge.

RUY BLAS (leggendo)

"Un pericolo terribile mi sovrasta. Solo la mia regina può scongiurare la tempesta..."

(Guarda la lettera stupefatto, come se non potesse proseguire)

LA REGINA (continuando e indicandogli, con un dito, le frasi che legge)

"... recandosi da me, stasera, a casa mia. Altrimenti, è la fine".

RUY BLAS (sentendosi mancare)

Oh, tradimento! Questo biglietto!

LA REGINA (continuando a leggere)

"Dalla porta in fondo al viale, entrerete di notte senza essere riconosciuta. Un servo fedele

vi aprirà".

RUY BLAS (tra sé)

Avevo dimenticato questo biglietto. (Alla regina, con voce terribile) Andate via, non perdete

tempo!

LA REGINA

Victor Hugo – Ruy Blas

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Sì, me ne andrò, Don Cesare. Dio mio! Siete crudele! Che cosa ho fatto?

RUY BLAS

Cielo! Cosa fate! Correte incontro alla catastrofe!

LA REGINA

Come?

RUY BLAS

Non c'è tempo per le spiegazioni. Fuggite, vi supplico.

LA REGINA

Avevo persino mandato una vecchia, stamani, per accertarmene...

RUY BLAS

Dio! Ad ogni istante che passa mi sembra di sentire la vostra vita che si consuma, come un

cuore che sanguina. Andatevene!

LA REGINA (come colta da una risoluzione improvvisa)

La dedizione che il mio amore sognava m'ispira. State per soccombere di fronte a un

pericolo di estrema gravità. E volete che io non lo condivida con voi! Resterò qui.

RUY BLAS

Ah, che felice risoluzione! Dio mio! Restare in questo luogo, a quest'ora!

Victor Hugo – Ruy Blas

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LA REGINA

Ma la lettera è vostra. Allora...

RUY BLAS (alzando, disperato, le braccia al cielo)

Bontà divina!

LA REGINA

Volete allontanarmi da voi.

RUY BLAS (prendendole le mani)

Cercate di comprendere!

LA REGINA

Ho indovinato. In un primo momento mi avete scritto, e poi...

RUY BLAS

Non ti ho scritto. Sono un demonio. Fuggi! Sei tu, povera innocente, ad essere caduta in

trappola! E questa l'orribile verità: l'inferno ti circonda da ogni lato! Perché non trovo nulla

per persuaderti? Ascolta, comprendimi, io ti amo: lo sai, non è vero? Per distogliere il tuo

spirito da tutto ciò che stai immaginando, vorrei strapparmi il cuore dal petto! Oh! Per

pietà! Ti amo. Vai via, subito!

LA REGINA

Don Cesare...

RUY BLAS

Victor Hugo – Ruy Blas

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Oh! Vattene! Ma, adesso che ci penso, qualcuno ti ha fatto entrare?

LA REGINA

Sì.

RUY BLAS

Per l'inferno! Chi?

LA REGINA

Era mascherato, il muro lo nascondeva alla vista.

RUY BLAS

Mascherato! Cos'ha detto? Era alto, di statura? Chi è quell'uomo? Parla, ti scongiuro,

aspetto che parli!

Appare alla porta di fondo un uomo mascherato, vestito di nero.

L'UOMO MASCHERATO

Sono io!

Si toglie la maschera. È Don Sallustio. La Regina e Ruy Blas lo fissano atterriti.

Scena terza

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Don Sallustio, e gli astanti.

RUY BLAS

Gran Dio! Fuggite, signora!

DON SALLUSTIO

È troppo tardi. Donna Maria di Neuburg non è più regina di Spagna.

LA REGINA (in un moto d'orrore)

Don Sallustio!

DON SALLUSTIO (indicando Ruy Blas)

Sarete per sempre la fedele compagna di quest'uomo.

LA REGINA

Gran Dio! È una trappola spaventosa! E Don Cesare...

RUY BLAS (disperato)

Signora, cos'avete fatto?

DON SALLUSTIO (avanzando lentamente verso la regina)

Siete in mio potere. Ma voglio parlare senza recare offesa a Vostra Maestà: ormai la mia ira

è svanita. Vi trovo qui - ascoltatemi, bene e senza far rumore - sola, a mezzanotte, in

questa stanza, in compagnia di Don Cesare. Un fatto che, reso pubblico, trattandosi di una

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regina, è sufficiente ad annullare il vostro matrimonio a Roma. Il Santo Padre ne sarebbe

informato seduta stante. Ma c'è una via d'uscita: se acconsentite alle mie richieste, tutto

può restare segreto. (Si toglie di tasca una pergamena, che srotola e presenta alla regina) Firmate

qui: è una lettera indirizzata al re. La farò recapitare dal grande scudiero del notaio

maggiore. Subito dopo, una carrozza, che ho riempito d'oro, (indicando l'esterno) è pronta.

Partite insieme, immediatamente. Col mio aiuto. Senza nessun fastidio, per la via di

Toledo e di Alcantara, arriverete in Portogallo. Andate dove vi pare, la cosa non ci

riguarda più: chiuderemo gli occhi. Obbedite. Vi garantisco che, fino a questo istante, solo

io sono al corrente del vostro caso. Mentre, se rifiutate, tutta Madrid, domani, ne sarà

minuziosamente informata. Perché lasciarsi trasportare dalla collera? Siete in mio potere.

(Indicando, sul tavolo, l'occorrente per scrivere) Ecco tutto quanto vi serve per scrivere,

signora.

LA REGINA (atterrita, cadendo sulla poltrona)

Sono in suo potere!

DON SALLUSTIO

L'unica cosa che vi chiedo è il vostro consenso, per portarlo al re. (Sottovoce a Ruy Blas, che

ascolta immobile, come colpito dal fulmine) Lasciami fare, amico, sto operando in tuo favore.

(Alla regina) Firmate.

RUY BLAS (tremando, tra sé)

Che fare?

DON SALLUSTIO (curvandosi al suo orecchio, offrendole una penna)

Andiamo! Cos'è una corona? Vi guadagnate la felicità, rinunciando al trono. Ho ordinato

ai miei servi di sostare fuori, all'aperto. Nessuno sa nulla di quello che accade. Tutto

rimane qui, tra noi tre. (Cerca di metterle la penna in mano. La regina non la accetta e non la

respinge) Allora? (La regina, vittima di un'atroce incertezza, lo guarda angosciata) Se non

firmate, vi condannate da sola: allo scandalo e al chiostro!

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LA REGINA (prostrata)

Oh Dio!

DON SALLUSTIO (indicando Ruy Blas)

Cesare vi ama. È degno di voi. Sul mio onore, vi giuro che discende da un nobile casato. È

quasi un principe. Un gentiluomo che ha il castello di famiglia sui monti e le terre in

campagna. È duca di Olmedo, Bazan, e Grande di Spagna... (Guida, sulla pergamena, la mano

della regina che, ansiosa e tremante, sembra pronta a sottoscriverla)

RUY BLAS (come se, l'improvviso, si risvegliasse)

Mi chiamo Ruy Blas e sono un lacchè! (Strappa la pergamena dalle mani della regina e la lacera)

Non firmate, signora! Finalmente! Mi sentivo soffocare!

LA REGINA

Ma cosa dice? Don Cesare!

RUY BLAS (lascia cadere al suolo la cappa che nascondeva alla vista la livrea. È senza spada)

Dico che mi chiamo Ruy Blas, e che sono il servo di quest'uomo! (Voltandosi verso Don

Sallustio) Dico che ne ho abbastanza di delazioni e d'inganni, e che rifiuto la felicità a

questo prezzo! Grazie tante! Ah! Potete evitare, ormai, di mormorarmi sottovoce

all'orecchio! Dico che è suonata l'ora del mio risveglio e, nonostante sia stato coinvolto nel

vostro orribile intrigo, non ho intenzione di prestarmi ancora. Quanto a noi due,

monsignore, formiamo una coppia davvero sinistra: io indosso la divisa del lacchè, e voi

ne avete l'anima!

DON SALLUSTIO (alla regina, freddamente)

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Effettivamente quest'uomo è al mio servizio. (A Ruy Blas, con fermezza) Non una parola di

più.

LA REGINA (lasciandosi sfuggire un grido disperato e torcendosi le mani)

Giusto cielo!

DON SALLUSTIO (proseguendo)

Ha solo parlato troppo presto. (Incrocia le braccia e si rialza in piedi, con voce tonante) Ebbene,

perché tacere? Sveliamo un mistero. Che importa? La mia vendetta, ormai, è cosa fatta.

(Alla regina) Che ne dite? Credo che Madrid scoppierà in una risata omerica! Ah! Voi mi

avete annientato! E io vi depongo dal trono. Ah! Voi mi avete esiliato! Stavolta sono io che

vi caccio, e me ne vanto! Ah! Voi mi avevate proposto in moglie la vostra cameriera!

(Ridendo) Io vi ho dato il mio lacchè per amante. Potete anche sposarlo! Dato che il re vi

lascia per sempre! La vostra unica ricchezza sarà quella di possedere il suo cuore, (ridendo)

ovvero lo avrete nominato duca per diventare duchessa! (In un'orribile smorfia) Ah! Mi

avevate sconfitto, rovinato, calpestato e pensavate di dormire in pace, povera pazza!

Durante queste ultime parole, Ruy Blas è andato alla porta di fondo, l'ha chiusa col chiavistello e,

lentamente, si è avvicinato alle sue spalle senza farsi scorgere. Nel momento in cui Sallustio

termina la sua allocuzione, concentrando sulla regina pallida e disfatta il fuoco di uno sguardo

colmo di trionfo e di odio, Ruy Blas impugna la spada del marchese e la snuda con una mossa

audace.

RUY BLAS (terribile, impugnando la spada di Don Sallustio)

Vi accuso di aver insultato la vostra regina! (Don Sallustio si precipita alla porta ma Ruy Blas

glielo impedisce) Oh! Non tentate di uscire da quella parte, non è proprio il caso. Ormai ho

tirato il chiavistello: l'accesso vi è precluso. Marchese, finora un demonio ha vegliato sui

tuoi passi ma ora sarà costretto a mostrarsi, se vuole strapparti dalle mie mani. È il mio

turno! Se ci si imbatte in una serpe, la si schiaccia. Qua dentro non entrerà nessuno, né i

tuoi uomini e nemmeno l'inferno! Ti calpesto, sotto il mio tallone di ferro, bestia

schiumante di rabbia! Quest'uomo osava impunemente insultarvi, signora? Permettete che

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ve ne spieghi il motivo. Non ha un'anima, è un mostro. Ieri, ridendo, mi soffocava, mi

annientava. Mi ha straziato il cuore, a suo piacere. Quando mi ha obbligato a chiudere una

finestra, mi è sembrato di assistere al mio martirio! Ho pianto! Ho pregato! Non sono

neanche in grado di riferirvelo. (Al marchese) In quel momento, stavate enumerando tutti i

vostri risentimenti. Non mi degno di discutere quelle assurde motivazioni che, d'altronde,

mi sono rifiutato di comprendere. Miserabile! Osate torturare la vostra regina, una

creatura adorabile, in mia presenza! Devo confessarvi che mi state deludendo: voi, che un

tempo passavate per un uomo di spirito! Credete, forse, che vi permetterò di proseguire

senza oppormi? Ascoltate, monsignore: quando, qualunque sia la sua condizione, un

traditore, un infame impostore si rende colpevole di mostruose atrocità, ogni uomo, sia

nobile o popolano, ha il diritto, al suo passaggio, di sputargli in faccia la sentenza che si

merita, di afferrare una spada, un'ascia, un coltello! Perdìo! Sono stato lacchè! Quando

diventerò carnefice?

LA REGINA

Non vorrete colpire quest'uomo?

RUY BLAS

Mi dispiace dovermi assumere quest'incarico davanti a voi, signora, ma bisogna che

questa faccenda sia regolata qui. (Spinge Don Sallustio verso la galleria) È deciso, signore!

Entrate qua dentro e pregate Iddio!

DON SALLUSTIO

È un assassinio!

RUY BLAS

Ne sei certo?

DON SALLUSTIO (disarmato, guardandosi attorno con rabbia impotente)

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A queste pareti non c'è nulla! Neanche un'arma! (A Ruy Blas) Datemi una spada!

RUY BLAS

Hai voglia di scherzare, marchese! Padrone! Mi hai scambiato, forse, per un gentiluomo?

Vorresti batterti a duello! Ma come! Io sono al tuo servizio, appartengo alla schiera dei

servi bardati di rosso e oro, sono uno di quei furfanti su cui si prova il potere del castigo e

della frusta: qualcuno che si può tranquillamente eliminare! Adesso io sto per uccidere te:

lo capisci, monsignore? Come un criminale, come un pusillanime, come un cane!

LA REGINA

Grazia per lui!

RUY BLAS (alla regina, afferrando saldamente il marchese)

Signora, è tempo di vendetta. Il demonio non può più essere salvato dall'angelo!

LA REGINA (in ginocchio)

Grazia!

DON SALLUSTIO (chiamando)

Aiuto! Vogliono uccidermi!

RUY BLAS (alzando la spada)

Non hai ancora finito?

DON SALLUSTIO (gettandosi su di lui e gridando)

Muoio assassinato! Demonio!

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RUY BLAS (spingendolo nella galleria)

La morte è il castigo che meriti!

Scompaiono nella galleria, la porta si richiude dietro di loro.

LA REGINA (rimasta sola, cade semisvenuta in poltrona)

Cielo!

Un attimo di pausa. Riappare Ruy Blas, pallido, esangue, senza spada.

Scena quarta

La Regina, Ruy Blas.

Ruy Blas, vacillando, cerca di avvicinarsi alla regina, gelida e immobile, poi cade in ginocchio senza

rialzare gli occhi temendo d'incontrare il suo sguardo.

RUY BLAS (con voce grave, quasi spenta)

Adesso, signora, devo dirvi tutto. No, non mi avvicinerò. Non vi nascondo nulla. Non

sono colpevole come mi ritenete. Anche se comprendo che, ai vostri occhi, il mio

tradimento deve sembrarvi mostruoso. Oh! Non è facile da raccontare. Anche se la mia

anima è nobile, e l'onestà traluce dal mio spirito. Il vostro amore mi ha perduto. Non cerco

una scusante: lo so, avrei dovuto trovare il mezzo di difendermi. La colpa è consumata!

Ma non importa, credetemi: vi ho amato tanto!

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LA REGINA

Signore...

RUY BLAS (sempre in ginocchio)

Non temete, non mi avvicinerò di un passo. A Vostra Maestà, poco per volta, sto

confessando tutto. Credetemi, il mio spirito non è contaminato dalla viltà. Tutt'oggi ho

corso come un pazzo per le vie della città, tanto che il mio strano comportamento non è

passato inosservato. Vicino all'ospedale che avete fondato ho avuto la sensazione, nel mio

delirio, che una povera donna senza dire una parola mi abbia asciugato le gocce di sudore

che m'imperlavano la fronte. Mio Dio, abbiate pietà di me! Il mio cuore va in pezzi!

LA REGINA

Cosa volete?

RUY BLAS (giungendo le mani)

Che mi perdoniate, signora!

LA REGINA

Mai.

RUY BLAS

Mai! (Si rialza e si avvicina lentamente al tavolo) Ne siete convinta?

LA REGINA

No, mai!

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RUY BLAS (Prende la fiala dal tavolo, la porta alle labbra e ne beve il contenuto)

Spegniti, triste fiamma!

LA REGINA (alzandosi e correndo verso di lui)

Cosa sta facendo?

RUY BLAS (posando la fiala)

Nulla. Le mie sofferenze sono terminate. Nulla. Voi mi maledite, e io vi benedico. Tutto

qui.

LA REGINA (sconvolta)

Don Cesare!

RUY BLAS

Quando penso, angelo caro, che mi avete amato!

LA REGINA

Cos'è questo filtro sconosciuto? Cos'avete fatto? Dimmelo, rispondimi! Parlami! Cesare! Ti

perdono. Io ti amo, io credo in te!

RUY BLAS

Mi chiamo Ruy Blas.

LA REGINA (stringendolo tra le braccia)

Victor Hugo – Ruy Blas

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Vi perdono, Ruy Blas! Ma cosa avete fatto? Parla, te lo ordino! Non sarà del veleno, quel

liquido spaventoso? Rispondimi!

RUY BLAS

Sì! È veleno. Ma ho la gioia in cuore. (Stringendo a se la regina e alzando gli occhi al cielo)

Concedetemi, Signore, immensa giustizia sovrana, che questo povero lacchè benedica la

sua regina, che ha consolato il mio cuore straziato, in vita col suo amore e, in morte, con la

sua pietà!

LA REGINA

Un veleno! Dio mio! Sono stata io ad ucciderlo! Io ti amo! Se avessi perdonato?...

RUY BLAS (sentendosi mancare)

Non avrei agito diversamente. (La sua voce si spegne, la regina lo sorregge tra le braccia) Non

potevo più vivere. Addio! (Indicando la porta) Fuggite, vi supplico! Nessuno ne saprà nulla.

Sto morendo. (Cade a terra)

LA REGINA (gettandosi sul suo corpo)

Ruy Blas!

RUY BLAS (si riscuote un attimo dal sopore mortale sentendo il suo nome pronunciato dalla

regina)

Grazie!