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DIPARTIMENTO DI MATEMATICA E FISICA "Ennio De Giorgi" Numero VI Anno 2015 Neutrini Viaggio nella Scienza thaca

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DIPARTIMENTO DI MATEMATICA E FISICA"Ennio De Giorgi"

Numero VI Anno 2015

Neutrini

Viaggio nella Scienza

thaca

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Ithaca: Viaggio nella Scienza

Una pubblicazione del Dipartimento di Matematica e Fisica “Ennio De Giorgi” dell’Universita del Salento.

Registrazione presso il Tribunale di Lecce n. 6 del 30 Aprile 2013.e-ISSN: 2282-8079

Direttore ResponsabileLuigi Spedicato.

IdeatoreGiampaolo Co’.

Comitato di RedazioneRocco Chirivı,

Paolo Ciafaloni,Maria Luisa De Giorgi,

Luigi Martina,Giuseppe Maruccio,

Marco Mazzeo,Francesco Paparella,

Carlo Sempi.

Segreteria di RedazioneDaniela Dell’Anna.

© 2013-2015 Dipartimento di Matematica e Fisica “Ennio de Giorgi”.© 2015 per i singoli articoli dei rispettivi autori.

Il materiale di questa pubblicazione puo essere riprodotto nei limiti stabiliti dalla licenza“Creative Commons Attribuzione – Condividi allo stesso modo 3.0 Italia” (CC BY-SA 3.0 IT).

Per il testo della licenza: http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/it/deed.it

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IthacaViaggio nella Scienza

VI 2015

3 Cosmic Gall (Sfrontatezza Cosmica)John H. Updike

5 In questo numero

La lezione mancata

7 Neutrini ed interazione deboleGiampaolo Co’

19 Le oscillazioni di neutrinoDaniele Montanino

37 Breve storia della ricerca delle oscillazioni neineutrini solari ed atmosfericiFrancesco Ronga

47 La domanda di MajoranaFrancesco Vissani

59 Interazione dei neutrini con la materiaMaria Benedetta Barbaro, Omar Benhar, Carlotta Giusti

e-ISSN: 2282-8079 Indice 1

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69 Neutrini e SupernovaeAlessandro Mirizzi

75 I neutrini in astrofisicaVincenzo Flaminio

97 Esperimenti di Neutrini negli USACamillo Mariani

101 L’Europa dei neutriniFrancesco Terranova

109 La frontiera dei neutrini steriliPaolo Bernardini

117 Neutrini: messaggeri di nuova fisicaEligio Lisi

e-ISSN: 2282-8079 Indice 2

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Cosmic Gall(Sfrontatezza Cosmica)John H. Updike Scrittore statunitense, 1932 – 2009.

I neutrini, son proprio piccini. Neutrinos, they are very small.Non hanno carica né massa T hey have no charge and have no massné sfiorano i loro vicini. And do not interact at all.I pianeti son palle, giochini, T he earth is just a si lly ballche ciascuno di loro passa To them, through which they simply pass,come fotoni fra vetri fini, Like dustmaids through a drafty hallo spazzini in una sala ventosa. Or photons through a sheet of glass.Snobbano i l più nobi le dei gas, T hey snub the most exquisite gas,passare un muro: gioco da bambini, Ignore the most substantial wall,bronzo e acciaio: è cosa spassosa, Cold-shoulder steel and sounding brass,insultano nobi li e tapini, Insult the stallion in his stall,per loro tutti son classe bassa, And scorning barriers of class,passano anche voi e me! Aghettini Infiltrate you and me! Like tallsotti li ed indolori cadono a catini And painless gui llotines, they fallsulle nostre teste, o dove passa. Down through our heads into the grass.Di notte, entrano dalle Isole Vergini, At night, they enter at Nepale traforano gli amanti in tutta corsa, And pierce the lover and his lasssbucando sotto al letto, poverini. From underneath the bed-you callCosa meravigliosa? Io direi crassa! It wonderful; I call it crass.

Telephone Poles and Other Poems, 1960

Ithaca: Viaggio nella Scienza VI, 2015 • Cosmic Gall (Sfrontatezza Cosmica) 3

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Ithaca: Viaggio nella Scienza VI, 2015 • Cosmic Gall (Sfrontatezza Cosmica) 4

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In questo numero

I tempi di realizzazione di un numero di Ithaca,partendo dalla scelta dell’argomento da trattaresino alla produzione del documento da pubbli-care, sono circa sei mesi. È quindi ovvio chequando abbiamo scelto di realizzare un numerosulla fisica dei neutrini eravamo temporalmenteben lontani dalla prima settimana dell’Ottobre2015 quando è stata annunciata l’assegnazionedel premio Nobel 2015 per la Fisica a Takaaki Ka-jita e a Arthur B. McDonald responsabili di dueesperimenti che hanno identificato fenomeni dioscillazione di sapore dei neutrini.La nostra decisione di dedicare alla fisica dei

neutrini il sesto numero di Ithaca scaturiva dal fat-to che negli ultimi venti anni questo tipo di fisicaha avuto uno sviluppo enorme, modificando pro-fondamente le basi della nostra concezione dellafisica fondamentale. In questo periodo di tempo,la fisica dei neutrini si è trasformata da una pio-nieristica attività di scoperta in unamatura scien-za di precisione consacrata dall’assegnazione delpremio Nobel.

La tradizionale descrizione della fisica dei neu-trini e dell’interazione debole è presentata nel-l’articolo di Giampaolo Co’ che rientra a pienotitolo nella rubrica La lezione mancata perché ilsuo contenuto è quello raccontato nei corsi uni-versitari prima che venisse identificata l’oscilla-zione dei neutrini. Di quest’ultimo tema parla,nel suo articolo, Daniele Montanino che nemettein evidenza il quadro teorico e ne discute alcu-ne delle evidenze empiriche. Nell’articolo chesegue, Francesco Ronga racconta la storia del-l’annuncio della scoperta dell’oscillazione deineutrini atmosferici nell’estate del 1998. Al dilà dell’interesse storico-cronanchistico l’articolopresenta uno spaccato della sociologia della fi-

sica dei grandi esperimenti internazionali, vistodagli occhi di uno dei suoi protagonisti.

Oggi l’oscillazione dei neutrini è un dato accer-tato, ma i misteri sulla struttura dei neutrini nonsono esauriti. A questo riguardo, una domandafondamentale è quella di cui si occupa l’articolodi Francesco Vissani che presenta il quesito se siapossibile che per i neutrini particelle e antiparti-celle siano identiche, come avviene, ad esempio,per i fotoni.

La nostra conoscenza sulla struttura dei neutri-ni è strettamente legata alla possibilità di identifi-carli, quindi è importante conoscere come questeparticelle interagiscano con la materia. I proble-mi legati all’interazione neutrino-materia sonopresentati nell’articolo di Maria Barbaro, OmarBenhar e Carlotta Giusti.

Una panoramica sulla situazione degli esperi-menti sui neutrini pianificati in Europa e negliStati Uniti è offerta, rispettivamente, dagli articolidi Francesco Terranova e Camillo Mariani.

Problemi aperti e futuro della fisica dei neutri-ni sono gli argomenti degli altri articoli di questonumero. Vincenzo Flaminio presenta un’ampiapanoramica sul ruolo dei neutrini nello studiodel cosmo. Paolo Bernardini discute i risultati diosservazioni che possono indicare la presenza dinuovi tipi di neutrini sensibili alla sola interazio-ne gravitazionale. Alessandro Mirizzi descrive ilruolo dei neutrini nelle esplosioni stellari di su-pernovae e indica come la loro possibile identifi-cazione possa essere utilizzata per comprendere imeccanismi dell’esplosione. Infine, Eligio Lisi in-dica come lo studio dei neutrini possa aiutarci adampliare i nostri orizzonti scientifici presentan-do dei fenomeni che possono difficilmente essereinglobati nell’attuale descrizione della natura.

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Speriamo che questi articoli stimolino l’interes-se dei lettori per la fisica dei neutrini, un settoredella ricerca scientifica vivace, pieno di prospetti-ve e aspettative, per nulla avulso dalla possibiliàdi offrire sorprese, ed ora codificato nel ricono-scimento ottenuto con l’assegnazione del PremioNobel per la Fisica 2015.

Buona lettura,il Comitato di Redazione.

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La lezione mancata

Neutrini ed interazionedeboleGiampaolo Co’ Dipartimento di Matematica e Fisica “Ennio De Giorgi” - Università del Salento

Questo articolo introduttivo è rivol-to a coloro che non hanno moltafamiliarità con la fisica dei neutri-

ni e dell’interazione debole, e presenta,sinteticamente, alcune informazioni e fat-ti ben consolidati che verranno conside-rati e discussi negli altri articoli di questonumero di Ithaca.

Un po’ di storia

La scoperta della radioattività viene fatta risalireal 1886, quando Henry Becquerel osservò che al-cune lastre fotografiche che aveva conservato inun cassetto ben sigillato dalla luce esterna, eranocomunque state impressionate poiché erano ac-canto a materiale che risultò emettere radiazione.Nei primi anni del 1900 fu già evidente che la ra-diazione emessa dai materiali radioattivi potevaessere catalogata in soli tre tipi differenti, che fu-rono chiamati α, β e γ secondo la loro capacità dipenetrazione nella materia. Si scoprì che i raggiα, i meno penetranti, erano nuclei di 4He, i raggiγ, i più penetranti, erano fotoni di alta energia,ed i raggi β, elettroni.I decadimenti α e γ presentavano spettri di-

screti. Questo significa che, per un determinatomateriale radioattivo, le energie dei raggi α e γerano costanti. Questo fatto fu immediatamentecompreso utilizzando la conservazione dell’ener-

gia, infatti il valore delle energie misurate deiraggi α e γ corrispondeva alla differenza tra lamassa del nucleo genitore, quello che decadeemettendo radiazione, e le masse dei prodottidel decadimento.

Figura 1: Spettro dell’energia dell’elettrone emesso neldecadimento β del nucleo 210Bi. L’energia mas-sima,Emax, di 1.16MeV, è data dalla differenzatra la massa del nucleo genitore, 210Bi e quelladel nucleo figlio, il 210Po. Le linea verticale in-dica come, in media, l’energia disponibile vienedivisa tra elettrone ed antineutrino. L’energiamedia dell’elettrone è misurata in esperimenticalorimetrici.

Al contrario, lo spettro energetico degli elet-troni misurati nel decadimento β, vedi Fig. 1,era continuo, per ogni materiale. Inoltre, misurecalorimetriche [1, 2] mostrarono che, mediamen-te, gli elettroni trasportavano meno della metà

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La lettera di PauliLa lettera di PauliLa lettera di Pauli

Istituto di Fisicadella Scuola PolitecnicaZurigo

Zurigo, 4 Dicembre 1930Gloriastrasse

Care Signore e Signori Radioattivi,come vi spiegherà in maggior dettaglio chi vi porta queste righe, persona che vi invito ad ascoltare,data la statistica ′′sbagliata′′ dei nuclei di N e Li - 6 e lo spettro beta continuo, mi è venuto in mente unrimedio disperato per salvare la conservazione dello scambio della statisticaa e dell’energia. Si trattadella possibilità che nei nuclei possano esistere particelle neutre, che chiamerò neutroni, che hanno spin1/2, e obbediscono al principio di esclusione e che, inoltre, differiscono dai quanti di luce nel fatto chenon viaggiano alla velocità della luce. La massa del neutrone dovrebbe essere dello stesso ordine digrandezza della massa dell’elettrone, e in ogni caso non maggiore di 0.01 masse del protone. Lo spettrobeta continuo avrebbe senso con l’ipotesi che, nel decadimento beta, in aggiunta all’elettrone, vengaemesso un neutrone in modo che la somma delle energie del neutrone e dell’elettrone sia costante.

Adesso emerge la domanda su quali tipi di forze agiscono tra i neutroni. Per me, il più probabile modelloper il neutrone sembra essere, per ragioni quanto-meccaniche (chi vi porta queste righe ne sa di più), cheil neutrone a riposo è un dipolo magnetico con un certo valore µ. Gli esperimenti sembrano richiedereche l’effetto di ionizzazione di questo neutrone non possa essere più grande di quello di un raggio γ, equindi µ non è maggiore di e× 10−13 cm.

Ma, al momento, non oso pubblicare niente riguardo a questa idea, e con fiducia mi rivolgo prima a voi,cari Radioattivi, con la domanda di quanto sia probabile trovare un’evidenza sperimentale per questoneutrone se avesse la stessa capacità, o forse 10 volte maggiore, di un raggio γ di passare attraverso lamateria.

Ammetto che il mio rimedio possa sembrare piuttosto improbabile poiché probabilmente questi neutroni,se esistono, sarebbero già stati visti da tempo. Ma se non ci si avventura, non si guadagna, e la serietàdella situazione, dovuta alla struttura continua dello spettro beta, è illuminata da un’annotazione delmio onorevole predecessore, il Sig. Debye, che mi ha detto recentemente a Bruxelles: ′′ Oh, è meglionon pensare affatto a questo, così come alle nuove tasse ′′. Quindi bisognerebbe seriamente discutereogni modo di risolvere questo problema. Quindi, cari Radioattivi, verificate e giudicate. Mi spiace, nonposso apparire personalmente a Tübingen poiché sono indispensabile a Zurigo a causa di un ballo nellanotte tra il 6 e 7 Dicembre. Con i miei migliori saluti a voi, e anche al Sig. Back,

il vostro umile servitoreW. Pauli

aPauli si riferisce al fatto che l’emissione di un singolo fermione, l’elettrone, violerebbe la conservazione dellastatistica dello spin poiché trasformerebbe un sistema a spin intero in uno stato che globalmente ha spinsemi-intero, o viceversa. (N.d.T.)

dell’energia disponibile, ottenuta dal confrontotra le masse dei nuclei genitore e figlio.Il tentativo di fornire una spiegazione di

queste osservazioni pose molti problemi, fuaddirittura messa in dubbio la conservazionedell’energia nei decadimenti β.Nel 1930 Wolfgang Pauli, in una lettera oggi

molto famosa, si veda il riquadro, propose l’ideadell’esistenza di una particella priva di carica

elettrica, quindi difficilmente rivelabile, che sa-rebbe stata emessa insieme all’elettrone, in modoche la somma delle energie delle due particellefosse costante. Pauli battezzò neutrone questaparticella, che doveva essere un fermione persoddisfare la conservazione della statistica, vedila nota nel riquadro.

Nel 1932 Chadwick identificò una particellaneutra di massa confrontabile con quella del pro-

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tone, e la denominò neutrone. Enrico Fermi sirese conto immediatamente che questa non erala particella prevista da Pauli, e differenziò lanomenclatura delle due particelle. Da bravo ita-liano chiamò neutrone la particella pesante identi-ficata da Chadwick e neutrino quella prevista daPauli, molto più leggera del neutrone. Fermi svi-luppò nel 1934 la teoria del decadimento β nellaquale prevedeva l’emissione di un elettrone e diun (anti)neutrino dovuta ad una interazione nu-cleare diversa da quella che tiene legati protonie neutroni nei nuclei.Il 14 Giugno 1956. Frederick Reines e Clyde

Cowan inviarono un telegramma a Pauli con ilseguente testo: ′′ Siamo felici di informarla cheabbiamo definitivamente rivelato i neutrini daframmenti di fissione osservando un processodi decadimento beta inverso di protoni. La se-zione d’urto osservata è in accordo con quellaattesa, sei volte dieci alla meno quarantaquattrocentimetri quadrati ′′. Pauli rispose ′′Grazie per ilmessaggio. Tutto arriva a chi sa come aspettare′′.

Lo studio dell’interazione debole, mise in evi-denza, a metà degli anni ’50, che la parità (vediil riquadro) non viene conservata in processi in-dotti da questa interazione [3]. La definizionedel tasso di violazione della parità, e non ultimoil segno, sono una pagina importante della sto-ria della fisica fondamentale di quegli anni. Leconseguenze di questo fatto sulle caratteristichedei neutrini sono rilevanti. In tutti i processi cheosserviamo la direzione dello spin dei neutrini ècontraria a quella del loro moto, ed il contrarioper gli antineutrini.

L’idea che esistessero differenti tipi di neutriniera già affermata quando nel 1962 fu identificatoil neutrino di tipo muonico [4].Tutti i fenomeni indotti da interazioni deboli

implicavano uno scambio della carica elettricatra le particelle coinvolte nella reazione. Nel casodel decadimento β− ad esempio, un nucleo sitrasforma in un altro nucleo con un neutrone inmeno ed un protone in più. La carica elettricapositiva acquisita dal sistema nucleare è compen-sata dalla creazione di un elettrone, che trasportacarica negativa. Globalmente la carica elettricaè sempre conservata, e fino ad oggi non sonomai stati osservati fenomeni nei quali non lo sia.Lo scambio della carica si riferisce al fatto cheparte della carica elettrica viene trasferita da un

sistema, in questo caso il nucleo genitore, ad unaltro, il nucleo figlio e l’elettrone. Dal punto divista teorico era previsto che potessero esisteredei processi di interazione debole nei quali unleptone (si veda la Figura 2) diffondeva da unbersaglio senza che con questo ci fosse scambiodi carica elettrica. Nel 1973 [5], questo tipo direazioni furono scoperte notando che muoni edelettroni interagivano tra loro in processi di dif-fusione senza che le rispettive cariche elettrichefossero modificate.

Nel 1975 venne scoperto un nuovo leptone [6],il τ , di massa 1777MeV,moltomaggiore di quelladell’elettrone e del muone. Si ipotizzò quindiche anche a questo leptone fosse associato unaltro neutrino che venne identificato, nel 2001,dall’esperimento DONUT al laboratorio Ferminegli USA [7].I bosoni vettori mediatori dell’interazione de-

boleW e Z0 furono identificati nel 1983 al colli-sore di protoni e antiprotoni al CERN di Ginevra[8, 9, 10].Partendo dai primi anni ’90 del secolo scorso

si è sviluppata un’ampia attività sperimentale in-dirizzata allo studio delle proprietà dei neutrini.Gli articoli di questo numero di Ithacadarannounquadro generale dei risultati acquisiti in questiultimi anni.

Il Modello Standard delleparticelle ed interazionifondamentali

La visione attuale dei componenti fondamentalidella materia è riassunta nella Figura 2. Ci sonodue famiglie di fermioni di spin 1/2, i quark edi leptoni, ognuna composta da sei elementi di-stinti da varie proprietà, come la carica elettrica,la massa, e da uno specifico numero quanticodetto di sapore. Questi fermioni interagisconocon quattro interazioni fondamentali, l’interazio-ne gravitazionale, l’interazione elettromagneticae le due interazioni nucleari, forte e debole. Lequattro interazioni fondamentali sono mediateda altre particelle, a spin intero, quindi boso-ni, che vengono scambiate tra le particelle cheinteragiscono.Le intensià relative tra le quattro interazioni

fondamentali possono essere definite utilizzan-

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Figura 2: Standard model.

do quantità adimensionali, si veda, ad esempio,il Cap. 9.3 di Ref. [11]. Definendo pari ad 1l’intensità dell’interazione forte, otteniamo chequella dell’interazione elettromagnetica è paria 10�2, quella dell’interazione debole è 10�5 equella dell’interazione gravitazionale 10�39.

Come viene anche indicato nella Figura 2, lagravità non è inquadrata nell’ambito di quelloche normalmente viene chiamato Modello Stan-dard. Al di là delle notevoli difficoltà teoriche neltentativo di conciliare le teorie della RelativitàGenerale e la Meccanica Quantistica, rimango-no irrisolti problemi empirici e osservativi. Ilbosone che dovrebbe mediare l’interazione gra-vitazionale non è mai stato identificato. Ad ognimodo, il ruolo dell’interazione gravitazionale nelmondo microscopico, cioè atomico, nucleare esub-nucleare, è irrilevante, data la sua piccolaintensità.

L’interazione forte agisce solo tra particelle do-tate di carica di colore, questo è il nome che èstato storicamente attribuito al numero quantico

che definisce questa caratteristica. Possiedonocarica di colore i quark e anche imediatori dell’in-terazione forte, i gluoni. In natura non sono maistati osservati quark, e nemmeno gluoni, liberi.Si osservano solo composti di quark e gluoni, chevengono chiamati adroni e sono, a loro volta ca-talogati come barioni se hanno spin semi-intero,e mesoni nel caso abbiano spin intero, o nullo.Le interazioni elettromagnetica e debole agi-

scono sia tra quark che tra leptoni. Il media-tore dell’interazione elettromagnetica è il foto-ne, mentre l’interazione debole è mediata dalloscambio dei bosoniW , la cui massa è di circa 80GeV, e Z0 con una massa di circa 91 GeV. È abitu-dine nella fisica nucleare e sub-nucleare parlaredi massa indicando la massa misurata nel siste-ma di riferimento a riposo della particella. Inol-tre, si utilizzano unità naturali dove la velocitàdella luce c e la costante di Planck ~ = h/2π sonouguali all’unità. Sfruttando la ben nota espres-sione di Einstein E = mc2 le masse possono es-sere espresse in unità di energia, in potenze di

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elettronvolt, 1 eV ' 1.60× 10−19 J.I neutrini sono leptoni privi di carica elettrica,

quindi non sono sensibili all’interazione nuclea-re forte, in quanto leptoni, e nemmeno all’intera-zione elettromagnetica, in quanto elettricamenteneutri. Quindi i neutrini interagiscono soltantoper il tramite dell’interazione debole. Possiamoribaltare il discorso affermando che ogni pro-cesso che coinvolge neutrini implica la presenzadell’interazione debole. Quindi, interazione de-bole e neutrini sono strettamente legati tra loro,e la comprensione dei fenomeni che coinvolgo-no i neutrini implicano la precisa conoscenzadell’interazione debole.Questo quadro è completato dal bosone di

Higgs, scoperto nel 2013. A questo propositosi veda il numero 1 di Ithaca.

Neutrini

Le reazioni indotte dalle interazioni deboli sonoclassificate come leptoniche quando sono coinvoltisolo leptoni, semi-leptoniche quando sono coinvol-ti sia leptoni che adroni, e adroniche o, meglio, nonleptoniche quando non ci sono leptoni coinvolti.La reazione del decadimento del muone è un

tipico processo debole leptonico

µ− → e− + νµ + νe (1)

µ-

νµ

e-

νe

W

Figura 3: Decadimento del muone.

La Figura 3 presenta il diagramma di Feyn-mann che schematizza il processo di decadimen-to del muone. Ogni elemento grafico di questotipo di diagrammi indica una funzione matema-tica e, conoscendo le regole, è possibile calcolarel’ampiezza di transizione direttamente legata adosservabili, ad esempio la vita media in processi

di decadimento, o la sezione d’urto in processidi diffusione.Nella Figura 3 ipotizziamo che la freccia del

tempo sia indirizzata dal basso verso l’alto. Ilmuone si muove liberamente, la sua funzioned’onda è descritta dall’equazione di Dirac in as-senza di qualsiasi interazione. Ad un certo mo-mento il muone µ, decade emettendo un neutri-no muonico νµ ed un bosoneW mediatore del-l’interazione debole. A sua volta il bosoneW de-cade in elettrone e− ed antineutrino elettronicoνe.La descrizione del processo (1) in questi ter-

mini ha delle implicazioni fisiche notevoli. Laprima riguarda la particella W che è virtuale.La conservazione dell’energia e dell’impulso ègarantita solo dalla somma delle energie e de-gli impulsi delle particelle iniziali, il µ in questocaso, e finali, νµ, e−, νe. Proprio perché la propa-gazione delW non conserva energia ed impulso,si parla di scambio virtuale. È notevole il fat-to che l’esistenza della W sia stata prevista intermini di scambio virtuale nella descrizione diprocessi deboli, come quello del decadimentodel muone, prima che fosse disponibile l’energiaper produrreW reali, e la tecnologia per poterlerivelare.La carica negativa è trasportata dal vertice

muonico a quello elettronico dal W , ed è glo-balmente conservata. L’altro fatto rilevante diquesto schema è che il numero di leptoni di tipomuonico ed elettronico è conservato. È consuetu-dine attribuire un numero quantico leptonico +1alle particelle, e -1 alle antiparticelle. Così comela conservazione di altre proprietà, ad esempioenergia, impulso, momento angolare, carica elet-trica, anche la conservazione del numero lepto-nico è uno strumento fondamentale per selezio-nare reazioni e decadimenti osservati, permessi,da quelli mai osservati, proibiti. Finora non èmai stata osservata alcuna violazione della con-servazione del numero leptonico, ma non sologlobalmente, ma anche famiglia per famiglia. Lareazione (1), ed il conseguente diagramma di Fig.3, indicano che il numero leptonico di muone +1dello stato iniziale è conservato dalla presenzadi νµ nello stato finale, mentre l’esistenza di unelettrone e di un antineutrino elettronico genera-no un numero leptonico di tipo elettronico nullo.Questo significa che non è mai stata osservata la

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reazioneµ− → e− + νµ + νe (2)

che conserverebbe tutti i numeri quantici, an-che quello leptonico globale, ma non ha la con-servazione del numero leptonico famiglia perfamiglia.

u

u

d

d

d

u

n

p

W

e-

νe

Figura 4: Decadimento del neutrone.

Un altro decadimento debole notevole è quellodel neutrone libero

n→ p+ e− + νe (3)

il cui diagramma è presentato nella Figura 4 intermini del contenuto di quark costituenti delneutrone e del protone. In questa schematizza-zione uno dei quark con numero quantico di sa-pore d, di carica -1/3, si trasforma in un quarkdi sapore u di carica +2/3. Le cariche elettrichesono espresse in termini dell’unità di carica checorrisponde, in modulo, alla carica dell’elettrone.

Il fatto eclatante di questo processo è il cambiodi sapore dei quark. Solo l’interazione debolepuò modificare il sapore dei quark. Questa ca-ratteristica dell’interazione debole è quella cheha permesso la sua identificazione. Il raggio diinterazione molto piccolo e la debole intensitàavrebbero oscurato la sua presenza se non aves-se avuto delle caratteristiche che permettono diprodurre fenomeni che le altre interazioni nonpossono generare.

Anche in questo caso si può osservare che ilnumero leptonico è conservato famiglia per fa-miglia. I due processi presi in esame indicanouna differenza tra neutrini ed antineutrini. In-fatti gli antineutrini prodotti dalla reazione (3)

permettono la reazione

νe + p→ n+ e+ (4)

maνe + n →/ p+ e− (5)

che indica che questa reazione non è mai stataosservata.

νµ

νµ

e-

e-

Z 0

Figura 5: Diffusione di neutrini con interazione neutra.

Le reazioni deboli non sono mediate soltantodallo scambio di bosoni carichiW±maanche dal-lo scambio di un bosone privo di carica elettrica,denominato Z0.Uno studio dettagliato di varie reazioni che

sono state osservate, ed altre mai rivelate, in-dica che i neutrini di tipo muonico e tau, so-no particelle differenti tra loro e dai neutrinielettronici.

Interazione debole

L’attuale descrizione dei fenomeni indotti dal-l’interazione debole è basata sullo scambio deibosoni W± e Z0. In questo quadro, lo studiodell’interazione è legato alla conoscenza dell’in-tensità e della modalità con la quale i due bosonisi accoppiano con quark e leptoni. In altre paro-le si tratta di descrivere quantitativamente queipallini che nelle figure dei vari diagrammi sonolegati alle linee che indicano lo scambio diW eZ0.

Trattiamo prima il problema dell’intensità del-l’interazione debole. La misura ottimale per va-lutare questa intensità è quella del decadimentodel muone, rappresentata dal diagramma di Fig.3. Questo perché si tratta di un processo checoinvolge solo leptoni, quindi non influenzatodalla presenza delle altre interazioni, come quel-

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la forte nel caso del decadimento del neutrone. Ilcontributo all’ampiezza di transizione del termi-ne che descrive il passaggio delW da un puntoall’altro del diagramma è dato dall’espressione[12]

g1

q2 − ω2 +M2W

g (6)

dove q è il modulo dell’impulso trasferito dalmuone ai prodotti del decadimento, e ω è l’ener-gia trasferita, data dalla differenza tra la massadel muone, 105 MeV, e quella dell’elettrone, 0.5MeV. Ho considerato nulle le masse dei neutrinicoinvolti nel processo. Il termineMW rappresen-ta la massa delW ed è di circa 80 GeV. Il termineg, che ho inserito separatamente per indicare cheè associato ad ognuno dei due vertici, è un nume-ro reale che rappresenta l’intensità con la quale ilW si accoppia alle altre particelle. Questo nume-ro è l’oggetto dello studio e viene comunementedefinito come costante di accoppiamento.

Dato che, come in questo caso, q2 − ω2 <<

M2W per molti processi studiati, si semplifica l’e-

spressione (6) trascurando l’impulso e l’energiatrasferiti

g2

q2 − ω2 +M2W

→ g2

M2W

=

√2

π

1

(~c)2GF (7)

dove è stata definita una nuova constante di ac-coppiamento GF , detta di Fermi. Nell’espres-sione precedente ho citato, per la prima volta,la presenza di due costanti fondamentali dellafisica, ~ la costante di Plank, la barra indica che èdivisa per 2π, e c, la velocità della luce nel vuoto.

Lo studio accurato del decadimento delmuonedetermina il valore

GF(~c)3

= 1.166× 10−5GeV−2 (8)

Per comprendere il significato quantitativo diquesto valore della costante di accoppiamentoconsideriamo la reazione schematizzata dal dia-gramma di Fig. 6, dove un neutrino muonicodiffonde, con corrente carica, da un elettrone.Per energie del neutrino Eνe molto più piccoledella massa del W , l’espressione della sezioned’urto per questo processo è data da [12]

σ =G2F

π(~c)42mec

2Eνe (9)

νµ

µ-

e-

νe

W

Figura 6: Diffusione di neutrini muonici con elettroni.

doveme=0.5 MeV è la massa dell’elettrone. So-stituendo i valori noti delle costanti otteniamo ilvalore della sezione d’urto in m2

σ = 10−45Eνe(m2) (10)

dove l’energia del neutrino deve essere espressain GeV.

Il valore estremamente piccolo di questa sezio-ne d’urto può essere meglio apprezzato se calco-liamo il libero camminomedio del neutrino nellamateria. Consideriamo un neutrino con energiadi 1 MeV che si propaga nel ferro il cui numerodi elettroni per m3 è ρ = 2.2 × 1030. Abbiamoche il libero cammino medio è dato da

L =1

ρσ=

[1.7 10−48m2 2.2 1030m−3

]−1' 3.74 1017m

Considerando che un anno luce corrisponde acirca 1016 m, il risultato ci dice che il libero cam-mino medio di un neutrino nel ferro è di pocomeno di 40 anni luce. Questi numeri sono indica-tivi della necessità di avere rivelatori di neutrinidi massa enorme.L’analisi di diversi fenomeni legati all’intera-

zione debole indica che il valore di g, o GF , èsempre lo stesso per qualsiasi leptone.

Dopo aver definito l’intensità della interazioneaffrontiamo il problema della modalità di accop-piamento tra leptoni ed i bosoniW e Z0. Il puntodi partenza è l’analogia con l’interazione elettro-magnetica. In quest’ultimo caso, il bosone me-diatore dell’interazione è il fotone, che ha spin 1.Il modo di accoppiarsi deve essere tale da preve-dere la corretta somma dei momenti angolari trale particelle interagenti. Senza entrare in dettaglitroppo tecnici, posso affermare che questo modo

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ParitàParitàParità

La parità di una entità fisica indica come questa si comporta quando si inverte il sistema dicoordinate in modo da definire i vettori di posizione con segno negativo. In termini matematicisi può definire un operatore di parità P che applicato all’operatore di posizione r lo trasformain −r, ovvero P(r) = −r . Gli autovalori dell’operatore parità possono essere solo +1, paritàpositiva, o -1, parità negativa. La velocità, definita coma la derivata della posizione rispetto altempo, v = dr/dt, ha parità negativa P(v) = d(−r)/dt = −v. Tutte le quantità vettoriali conparità negativa vengono definite come vettori polari, anche se, in maniera colloquiale, si tralasciaspesso l’aggettivo polare. Anche l’impulso p = mv, dovem è la massa del corpo considerato,è un vettore polare.Con vettori polari si possono costruire altre quantità che hanno proprietà di parità differenti.Ad esempio, il prodotto scalare di due vettori polari produce una quantità scalare che haparità positiva A = r1 · r2, quindi P(A) = A, poiché viene modificato il segno di entrambi ivettori polari. Il prodotto vettoriale di due vettori polari produce un vettore che non cambiasegno sotto parità. Un vettore di questo tipo è detto vettore assiale. Un tipico vettore assiale èil momento angolare L = r × p. Anche in questo caso, poiché entrambi i vettori assiali chedefiniscono L cambiano segno si ha che P(L) = L. Il prodotto scalare tra un vettore polareed uno assiale produce una quantità scalare con parità negativa P(L · r) = L · (−r). Questequantità vengono definite assiali. La tabella qui sotto riassume quanto detto.

tipologia paritàscalare +1vettore polare -1assiale (pseudoscalare) -1vettore assiale +1

di accoppiarsi ricorda, per le proprietà di simme-tria rotazionale, quello di un vettore a tre dimen-sioni. Per questo motivo l’accoppiamento con ilfotone è detto di tipo vettoriale. Siccome anche imediatori dell’interazione debole hanno spin 1,la prima ipotesi di proprietà di accoppiamento èquella di tipo vettoriale.

Questa ipotesi è stata messa in crisi dalla sco-perta del fatto che, nelle reazioni indotte dall’in-terazione debole, la parità non è conservata [3].Nel riquadro riassumo le proprietà di parità divarie entità. Il punto essenziale è il seguente. Idiagrammi che ho presentato schematizzano leampiezze di transizione dei processi in esame. Leprobabilità che queste transizioni avvengano so-no legate al modulo quadro di queste ampiezze.Se l’interazione debole fosse mediata da un so-lo tipo di accoppiamento non riveleremmo unaviolazione di parità. Il valore del quadrato diuna quantità rimane uguale sotto l’operazionedi cambio di parità. L’operazione di parità ap-

plicata ad una quantità matematica consiste, nelcaso di parità negativa, ad un cambio di segno,altrimenti, per parità positiva, non cambia nem-meno quello. In ogni caso, il quadrato di questaquantità mantiene sempre segno positivo.

Nel caso specifico, se l’accoppiamento fossepuramente vettoriale, di tipo V in gergo, la vio-lazione di parità non sarebbe rivelata. D’altraparte, la struttura algebrica dell’accoppiamentocon bosoni a spin 1 ammette che l’accoppiamen-to possa essere anche di tipo pseudo-vettoriale,anche detto vettor-assiale, per questo identifica-to come A. Tuttavia, anche in questo caso, sequesta fosse la sola modalità di accoppiamentonon vedremmo alcuna violazione di parità. Laviolazione di parità avviene solo se entrambi itipi di accoppiamento sono presenti nell’ampiez-za di transizione del processo debole. In questocaso il termine vettoriale cambia di segno manon quello vettor-assiale. Quadrando la combi-nazione lineare di questi due termini, il termine

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di interferenza ha segno diverso se la parità vie-ne modificata. Esemplificando in formule perchiarire

|V + αA|2 = V 2 + α2A2 + 2αV A , (11)

e applicando l’operatore di parità P

P(|V + αA|2) = (−V )2 + α2A2 − 2αV A . (12)

La storia della definizione del valore del coeffi-cienteα è un esempio del procedere della scienzamoderna. Sono state tratte, e pubblicate, conclu-sioni errate sia nel valore assoluto sia nel segnorelativo, ma il processo è continuato correggen-do quanto fatto fino a concordare, verso la finedegli anni ’60 del secolo scorso che α = −1. Perquesto motivo, l’accoppiamento dell’interazionedebole è chiamato V −A.Questo modo di accoppiarsi, che implica la

massima violazione di parità, ha delle conse-guenze importanti per la fisica dei neutrini. Perchiarire questo punto devo introdurre una nuovaquantità, detta elicità , definita come

h =σ · p|p|

. (13)

L’elicità è una quantità pseudo-scalare, vedi ri-quadro, vale +1 quandoσ, lo spin della particella,è esattamente allineato alla direzione del moto,indicata dalla direzione del suo impulso p. Va-le -1 in caso contrario, e, ovviamente, assumetutti i valori intermedi quando non c’è l’esattoallineamento o antiallineamento.

L’accoppiamento V −A dell’interazione debo-le implica che tutti i tutti i neutrini che interagi-scono con la materia abbiano elicità -1, e tuttigli antineutrini elicità +1.In realtà la quantità che viene conservata nei

processi indotti dall’interazione debole non è l’e-licitàma una quantità leggermente differente det-ta chiralità che, al contrario dell’elicità, rimanecostante indipendentemente dal sistema di riferi-mento nella quale si osserva, per questo motivosi dice che è un invariante relativistico. L’afferma-zione corretta è quindi che per l’accoppiamentoV −A, sono sensibili all’interazione debole solole particelle che hanno chiralità -1, sinistrorsa, ele antiparticelle con chiralità +1, destrorsa.Per particelle prive di massa chiralità ed elici-

tà coincidono. Più precisamente in questo caso,

elicità e chiralità hanno autovalori e autovettoricomuni. Quindi alla chiralità sinistrorsa corri-sponde elicità sinistrorsa, ovvero con autovalore-1, e viceversa. Da tutto questo ne discende l’af-fermazione fatta precedentemente per i neutrini,ipotizzandoli privi di massa.

Chiralità ed elicità coincidono solo se la massadella particella è nulla. Nel caso di particelle conmassa la chiralità è conservata nei processi diinterazione debole, e può venire descritta comecombinazione lineare dei due stati di elicità. Perparticellemassive la chiralità sinsitrorsa è descrit-ta dalla componente di elicità sinistrorsa più unacomponente di elicità destrorsa tanto maggiorequanto più grande risulta essere la massa dellaparticella.

Le conseguenze empiriche di questo fatto sononumerose e ragguardevoli. Qui menziono quellache, a mio avviso, è la più eclatante, e riguarda ildecadimento del pione. Il pione carico π− è unmesone di spin nullo con una massa di circa 140MeV ed una vita media di 2.6× 10−8 secondi. Ildecadimento del π− è

π− → µ− + νµ , (14)

con probabilità del 99.9877 %. Il decadimento

π− → e− + νe , (15)

favorito dal punto di vista energetico, e, quin-di, anche da quello della densità degli stati fi-nali, avviene solo con percentuali dell’ordine di10−4. Questo fatto, totalmente anti-intuitivo, vie-ne spiegato solo in termini di elicità, chiralità eaccoppiamento V −A.

π-

s

-p

-s

µ-

Figura 7: Decadimento del pione.

Analizziamo la conservazione dello spin con-siderando il decadimento del pione nel suo siste-ma di riferimento a riposo. Il valore dell’elicitàdell’antineutrino, privo di massa, è +1, che im-plica che il suo spin sia allineato alla direzionedel moto. Dato che la somma degli spin, e de-gli impulsi, deve essere nulla, il leptone carico

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si muove in direzione opposta a quella dell’an-tineutrino, e, anche in questo caso, lo spin ha lastessa direzione del moto, che implica elicità +1.Ma abbiamo visto che l’accoppiamento V − Acostringe le particelle a chiralità -1. Se il lepto-ne carico non avesse massa non potrebbe essereprodotto in questo fenomeno. In altre parole, ildecadimento del pione è possibile solo perchéi leptoni carichi hanno massa a riposo non nul-la. La massa, non nulla, genera una differenzanella chiralità, che rimane sempre sinistrorsa, el’elicità. In altre parole, la funzione d’onda delleparticelle con massa, autostato della chiralità conautovalore -1, è composto da una combinazionelineare di autostati di elicità con autovalore -1e +1, quest’utima componente tanto maggiorequanto più grande è la massa della particella.Dato che la massa del µ− è circa 200 volte quel-la dell’elettrone, la componente di elicità +1 èmolto più rilevante, e questo spiega perché ilpione decada essenzialmente in muone e rela-tivo antineutrino. In questa visione, se muoneed elettrone non avessero massa il pione sarebbestabile.

Concetti importanti

In questa Lezione Mancata ho cercato di riassu-mere alcuni fatti che ritengo importanti per lacomprensione della fisica dei neutrini e dell’inte-razione debole. La conoscenza di questi fenome-ni, e la loro interpretazione, sono rilevanti per lacomprensione degli articoli di questo numero diIthaca. Riassumo qui sotto i concetti chiave dellalezione.

• I neutrini sono sensibili solo all’interazionedebole. In realtà sono sensibili anche all’inte-razione gravitazionale che però, nell’ambitodella fisica del mondo atomico, nucleare, esub-nucleare, è trascurabile.

• Ci sono tre tipi di neutrini, ognuno di questiè associato ad un tipo di leptone carico, e−,µ− e τ−. Il numero leptonico è conservatofamiglia per famiglia, quindi, quando appa-re un leptone carico di un certo tipo, deveapparire anche un neutrino dello stesso tipo.Questo implica che i neutrini di un certo tipopossono essere coinvolti in specifiche reazio-ni non accessibili ad altri tipi di neutrini, e

questo permette di distinguerli. Questo pro-cedimento permette anche di distinguere ineutrini dagli antineutrini.

• La moderna descrizione dei fenomeni di in-terazione debole è basata sullo scambio didue tipi di bosoni vettori, a spin 1. Il boso-neW , carico elettricamente, ha una massadi circa 80 GeV, il bosone Z0, elettricamenteneutro, ha una massa di circa 91 GeV.

• Il raggio d’azione dell’interazione debole èestremente corto, dell’ordine di un centesi-mo di fm, e la sua intensità molto debole. Illibero cammino medio di un neutrino nelferro è dell’ordine di qualche decina di anniluce.

• Proprio per il suo piccolo raggio d’azionee per la debolissima intensità, l’interazio-ne debole non sarebbe identificabile se nonproducesse fenomeni attribuibili esclusiva-mente alla sua presenza. L’interazione de-bole è la sola che può modificare il saporedei quark, e anche quello dei leptoni. Neiprocessi di interazione debole la parità nonviene conservata.

• Il modo di accoppiamento dei bosoni me-diatori dell’interazione, V −A, implica chesolo particelle con chiralità sinistrorsa, e an-tiparticelle con chiralità destrorsa, sono sen-sibili all’interazione debole. Dato che perparticelle con massa nulla chiralità ed elicitàcoincidono, ne consegue che neutrini prividi massa possono essere identificati solo seil loro spin è antiallineato alla direzione delmoto, elicità sinistrorsa. Il contrario per gliantineutrini.

Questi fatti sono, al momento, ben accertati,ma non escludono possibilità alternative che pos-sono modificare il quadro presentato. Ad esem-pio, è ormai accettato il fenomeno dell’oscilla-zione di sapore dei neutrini, che viene spiegato,nellamaniera più semplice, con l’esistenza di unamassa a riposo per i neutrini. Questo fatto im-plica anche che possano esistere dei neutrini conelicità +1, con quali conseguenze? Non si esclu-de l’esistenza di neutrini con chiralità +1, macome potremmo identificare la loro presenza senon interagiscono con la materia nella modalitàV −A?

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Nonostante le difficoltà di rivelazione, oggila fisica del neutrino si sta trasformando in unascienza di precisione, ovvero nella quale lo scoponon è tanto quello della scoperta del fenomeno,ma quello della misura precisa di quantità ne-cessarie per la descrizione del fenomeno stesso.Nel passato l’interazione debole, ed i neutrini inparticolare, hanno sconvolto molte delle nostreaspettative, quindi attendiamoci ancora qualchesorpresa.

Z M Y

[1] C. D. Ellis, W. A. Wooster: “The average energy ofdisintegration of RadiumE”, Proc. Roy. Soc. A 117 (1927)109.

[2] L. Meitner, W. Z. Orthmann: “Über eine absoluteBestimmung der Energie der primären β-Stralen vonRadium E”, Z. Phys. 60 (1930) 143.

[3] C. S. Wu, E. Ambler, R. W. Hayward, D. D. Hoppes, R.P. Hudson: “ Experimental Test of Parity Conservationin Beta Decay”, Phys. Rev. 105 (1957) 1413 - 1414.

[4] G. Danby, J.-M. Gaillard, K. Goulianos, L. M. Leder-man, N. B. Mistry, M. Schwartz, J. Steinberger: “Ob-servation of High-Energy Neutrino Reactions and theExistence of Two Kinds of Neutrinos ”, Phys. Rev. Lett.9 (1962) 36-44.

[5] F.J. Hasert et al.: “Search for elastic muon-neutrinoelectron scattering”, Phys. Lett. B 46 (1973) 121-124.

[6] M. L. Perl et al.: “Evidence for Anomalous LeptonProduction in e+ e− Annihilation”, Phys. Rev. Lett. 35(1975) 1489.

[7] K. Kodama et al.: “Observation of τ neutrinointeractions”, Phys. Lett. B 504 (2001) 218.

[8] G. Arnison et al.: “Experimental observation of isola-ted large transverse energy electrons with associatedmissing energy at

√s= 540GeV”, Phys. Lett. B 122 (1983)

103-116.

[9] M. Banner et al.: “Observation of single isolated elec-trons of high transverse momentum in events with mis-sing transverse energy at the CERN pp collider”, Phys.Lett. B 122 (1983) 476-486.

[10] G. Arnison et al.: “Experimental observation of lep-ton pairs of invariant mass around 95 GeV/c2 at theCERN SPS collider”, Phys. Lett. B 126 (1983) 398-410.

[11] K. S. Krane: Introductory Nuclear Physics. John Wileyand Sons, New York (1988).

[12] B. Povh, K. Rith, C. Scholz, F. Zetsche: Particelle e nu-clei: un’introduzione ai concetti fisici. „ Bollati Boringhieri(Torino). 1998

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Giampaolo Co’: Professore associato di FisicaNucleare presso l’Università del Salento si occu-pa di teorie a molti corpi applicate allo studiodella struttura dei nuclei atomici.

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Le oscillazioni dineutrino

Ci sono soltanto due possibili conclusioni. Se il risultato con-ferma le ipotesi, allora hai appena fatto una misura. Se ilrisultato è contrario alle ipotesi, allora hai fatto una scoperta.

Enrico Fermi

Daniele Montanino Dipartimento di Matematica & Fisica “Ennio De Giorgi” - Università del Salento

Le oscillazioni di neutrino sonoun fenomeno quantomeccanico ma-croscopico per il quale i neutrini

possono cambiare il loro sapore ′′in volo′′.Questo fenomeno, suggerito inizialmenteda Bruno Pontecorvo negli anni ’50 delsecolo scorso, ha avuto successivamenteconferme sperimentali sempre crescentisino a diventare uno degli strumenti inso-stituibili per lo studio delle proprietà deineutrini (in particolare della loro massa)oltre che a spiegare alcune anomalie dicarattere astrofisico.

La massa dei neutrini

Sin da quando fu ipotizzato da Pauli, il neutrinoha rappresentato una sfida per i fisici a causadella sua natura sfuggente. In particolare ci siè resi subito conto che i neutrini dovevano ave-re una massa notevolmente più piccola rispettoalle altre particelle conosciute (eccetto il fotone),eventualmente persino nulla. Sebbene ilModelloStandard delle forze elettrodeboli nella sua for-mulazione minimale preveda una massa nulla

per i neutrini, i fisici si sono sempre chiesti se essipotessero comunque avere una massa, seppurepiccola. Per esempio, dato il gran numero di neu-trini fossili prodotti nel Big Bang, una massa deineutrini di qualche decina di eV avrebbe potu-to fornire una spiegazione della materia oscura(sebbene questa ipotesi sia stata successivamen-te scartata). È utile ricordare che l’elettronVolt,abbreviato eV, è una unità di misura di energiacorrispondente a circa 1.60× 10−19 J, ma a causadella relazione E = mc2 può essere considerataanche una unità di misura di massa corrispon-dente a circa 1.78 × 10−36 kg; per esempio unelettrone, ha una massa pari a 0.511 milioni dieV o MeV.

Ma come poter misurare la massa di qualcosadi così ineffabile come il neutrino? Ovviamenteè impensabile di poter porre un certo numerodi essi su di una bilancia (d’altronde questo tipodi misura non si può effettuare per la maggiorparte delle particelle), bisogna quindi ricorrere ametodi indiretti. I più noti sono tre: 1) misure ci-nematiche di precisione sugli elettroni emessi indecadimenti di tipoβ (in cui vengono emessi neu-trini); 2) eventuali effetti dei neutrini fossili sul-l’evoluzione dell’Universo (in particolare, dellestrutture a larga scala); 3) eventuali decadimenti

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rarissimi (detti doppio-β senza neutrini). Quest’ul-timo tipo di misura è possibile se il neutrino èuna particella di Majorana, ovvero se coincide conla sua propria antiparticella (si veda il contribu-to di Francesco Vissani su questo stesso numerodi Ithaca). Questa possibilità è contemplata innumerose estensioni del Modello Standard.Tutte le attuali ricerche dirette di massa effet-

tuate con i metodi precedenti hanno fornito ri-sposta negativa ponendo un limite alla massadei neutrini a qualche frazione di eV. Eppure i fi-sici delle particelle sono oggi assolutamente certiche i neutrini abbiano massa. Come è possibile?Per poter spiegare questo è necessario entrare nelreame della meccanica quantistica.

Autostati di sapore e autostati dimassa

Cominciamo col ricordare che quando si parla dineutrini non ci si riferisce ad essi come un’unicaparticella. Andiamo con ordine. Tutti ovviamen-te conoscono l’elettrone, forse non tutti sannoche questa particella ha due ′′cugini′′ più pesanti:ilmuone (indicato con µ) e il tau (τ ). Queste parti-celle hanno le stesse caratteristiche dell’elettrone(ovvero carica elettrica −1, spin 1/2, etc.) eccettola loro massa (105.7 MeV per il µ e 1777 MeV peril τ ). Ovviamente muoni e tau sono particelleinstabili, per cui una volta prodotte si disintegra-no in particelle più leggere (inclusi i neutrini),per questo non le vediamo nella vita di tutti igiorni. Queste tre particelle vengono denomina-te leptoni carichi (dal greco λεπτ oν, leggero), dacontrapporre ai barioni (da βαρυς , pesante).

Ogni leptone carico ha a sua volta il suo omolo-go neutro: il neutrino. Esistono quindi tre neutri-ni distinti: il neutrino elettronico (νe), il muonico(νµ) e il tauonico (ντ ). Si dice quindi che i neutri-ni hanno un sapore (in inglese, flavour) e i tre statiνe, νµ e ντ sono detti appunto autostati di sapore.Leptoni carichi e neutrini sono quindi chiamatigenericamente leptoni. Al momento non si co-noscono ulteriori famiglie di leptoni, ma dallemisure effettuate a LEP del decadimento dellaparticella Z0 si è certi che se esistessero, tali par-ticelle dovrebbero essere estremamente pesanti(neutrini compresi).

Cosa contraddistingue un neutrino di una fa-miglia da un altro? Dal fatto che in una intera-zione debole (quantomeno una interazione di′′corrente carica′′) un neutrino si trasforma esclu-sivamente nel suo leptone corrispondente; op-pure che ogni leptone viene prodotto in coppiacon il suo (anti–)leptone corrispondente. Faccia-mo un esempio: nel decadimento del pione inmuone e neutrino si ha il processo

π+ → µ+ + νµ . (1)

Il neutrino così prodotto se colpisce un protonesi trasforma esclusivamente un muone

νµ + p→ µ− + n . (2)

Questo è esattamente ciò che fecero Lederman,Schwartz e Steinberger nel loro celebre esperi-mento [1], nel quale mostrarono che i neutrinielettronici emuonici erano particelle distinte, sco-perta che ha fruttato loro il premio Nobel nel1988. C’è comunque da dire, e questo è importan-te per il discorso che seguirà, che in questo espe-rimento la distanza tra la zona di decadimentodei muoni e quella di assorbimento dei neutriniera esigua (circa 30 m). Vedremo che su distanzemaggiori le cose potrebbero complicarsi.Il fenomeno precedente può essere codificato

nella maniera seguente: ogni leptone porta conse un particolare numero quantico detto numeroleptonico di famiglia che si suppone conservato.Per le antiparticelle esso cambia di segno Peresempio nel caso del decadimento del pione inequazione (1) si ha

π+ → µ+ + νµ0 = (−1) + (+1)

. (3)

Questa legge di conservazione fa sì che alcuniprocessi siano proibiti. Per esempio, sebbeneil decadimento µ → e+γ sia cinematicamentepermesso, esso non si osserva poiché verrebbe-ro violati sia il numero leptonico muonico cheelettronico. Invece è possibile il processo

µ− → e− + νµ + νe (4)

(notare che con il simbolo ν si indicano gli anti-neutrini). Il lettore può facilmente verificare che inumeri quantici di ogni famiglia sono conservatinel processo.

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La formula di oscillazione nel vuotoLa formula di oscillazione nel vuotoLa formula di oscillazione nel vuoto

Supponiamo per esempio che un neutrino muonico con energia E venga prodotto nel puntox = 0 (il ragionamento funziona ovviamente per ogni sapore iniziale). Al tempo t = 0 essosarà quindi in autostato di sapore

|ν(0)〉 ≡ |νµ〉 = − sin θ|ν1〉+ cos θ|ν2〉 .

Poiché gli stati |νi〉 hanno massa e energia (e quindi impulso) definiti, essi propagano comeonde piane

|ν(x, t)〉 = −e−i~ (Et−p1x) sin θ|ν1〉+ e−

i~ (Et−p2x) cos θ|ν2〉 .

La probabilità che a distanza L dal punto di produzione il neutrino si osservi nello stato |νe〉sarà data da

Pνµ→νe(L) = |〈νe|ν(L, t)〉|2 = |(cos θ〈ν1|+ sin θ〈ν2|) |ν(L, t)〉|2

=∣∣∣− cos θ sin θe−

i~ (Et−p1L) + cos θ sin θe−

i~ (Et−p2L)

∣∣∣2 .Se E � mi possiamo riscrivere pic =

√E2 −m2

i ' E −m2i

2E ; dopo qualche calcolo elementareotteniamo l’equazione (7).

Matrice di mescolamento 3× 3Matrice di mescolamento 3× 3Matrice di mescolamento 3× 3

Nel caso generale la matrice di mescolamento può essere rappresentata come prodotto dimatrici di mescolamento elementari. Per esempio nel caso 3× 3 possiamo scrivere:

U =

1 0 00 cos θ23 sin θ23

0 − sin θ23 cos θ23

× cos θ13 0 sin θ13e

0 1 0− sin θ13e

−iδ 0 cos θ13

× cos θ12 sin θ12 0− sin θ12 cos θ12 0

0 0 1

In questo caso la matrice di mescolamento dipende da tre angoli di mescolamento θij dauna fase δ che tiene in conto delle violazioni di CP (si veda il riquadro dedicato) nel reamedei neutrini. Infatti per gli antineutrini δ → −δ. Ciò, come vedremo, ha conseguenze sulleoscillazioni di neutrino.

Supponiamo ora che i neutrini siano massivi.Il senso comune vorrebbe che ognuno dei neu-trini avrà separatamente una massa, ovvero chepotremmo misurare la massa del νe, del νµ e delντ . In realtà le cose non stanno così, in quantopuò accadere (ed in effetti vedremo che è pro-prio quello che accade!) che i neutrini che hannomassa definita (i cosiddetti autostati di massa) noncoincidano con i tre stati di sapore. Ciò può sem-brare paradossale ma non lo è affatto per chi haun pò di confidenza con la meccanica quantisti-ca: esistono osservabili incompatibili, come peresempio posizione e velocità di una particella,

che non possono essere misurate contempora-neamente. In un certo senso questa incertezza èl’equivalente del principio di indeterminazionedi Heisenberg per i neutrini: se conosciamo il sa-pore di un neutrino la sua massa è indeterminatae viceversa.

Gli autostati di massa vengono generalmenteindicati con νi, con i = 1, 2, 3. Tra gli autostati dimassa e quelli di sapore intercorre una relazione

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ν3

ν2

νe θ12

θ13

νµ ντ

θ23

ν1

Figura 1: Una rappresentazione geometrica della rela-zione tra gli autostati di massa e quelli disapore

ν1

ν2

ν3

ν1

ν2

ν3

������

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �

Figura 2: Gerarchie di massa dei neutrini

lineare tramite una matrice unitaria 3× 3: νeνµντ

= U ·

ν1

ν2

ν3

. (5)

La matrice U viene detta matrice di mescola-mento (in inglese mixing) o di Pontecorvo-Maki-Nakagawa-Sakata. La relazione diviene più sem-plice da comprendere se ci limitiamo a due solefamiglie di neutrini (p.e. νe e νµ) in tal caso larelazione precedente diviene

νe = cos θ ν1 + sin θ ν2

νµ = � sin θ ν1 + cos θ ν2 (6)

ovvero una semplice “rotazione tra gli stati. L’an-golo θ viene detto angolo di mescolamento. Nelcaso 3× 3 la matrice U viene scritta come il pro-dotto di tre matrici di mescolamento elementari

come illustrato nel riquadro. In figura 1 è illu-strato graficamente il significato degli angoli dimescolamento θij nel quale gli stati di massa edi sapore sono rappresentati come vettori.Per quanto riguarda le masse, vedremo dal-

lo studio degli esperimenti, che due neutrinihanno tra di loro una differenza di massa mi-nore della differenza di massa con il terzo sta-to. Convenzionalmente gli stati più vicini ven-gono denominati ν1 e ν2 con masse m1 < m2

rispettivamente. Al momento non è noto sem3

sia maggiore o minore di m1,2. Tale ambiguitàviene definita ′′gerarchia′′: se m3 > m1,2 la ge-rarchia si dice ′′normale′′, altrimenti ′′invertita′′.Notare che non vi è nessun motivo per affermareche la gerarchia normale sia più . . .normale diquella invertita, la denominazione è puramenteconvenzionale.

Le oscillazioni di sapore

Le oscillazioni di sapore nel vuoto

Veniamo ora al fenomeno delle oscillazioni disapore. Questo fenomeno può essere spiegatoin maniera naïve. Per semplicità consideriamoun sistema semplificato in cui abbiamo solo duesapori (per esempio νe e νµ) anche se il discor-so si generalizza facilmente. Supponiamo cheun neutrino venga prodotto in una interazione[per esempio un decadimento di un π come inequazione (1)]. Questo stato inizialmente si tro-va in un autostato di sapore. Supponiamo che ilneutrino abbia un’energia E ben definita. Comeabbiamo visto in precedenza questo stato è unasovrapposizione di stati di massa. A causa deldualismo onda-particella della meccanica quan-tistica, ciascuno di essi evolverà come un’onda,con lunghezza d’onda λi = ~/p, dove pi è l’im-pulso dello stato i-esimo, dato dalla relazionerelativistica p2

i = (E2 + m2i )/c

2 (d’ora in poi as-sumeremo che le masse vengono misurate in eV).Ciò significa che le due onde si propagano confrequenza diversa e questo da luogo ad un pro-cesso di interferenza in cui talvolta le onde sisommano in fase e talvolta in controfase, analo-go al fenomeno di ′′battimento′′ che talvolta sipercepisce nel suono delle canne d’organo.

La conseguenza di ciò è che il neutrino saràin generale una combinazione diversa degli stati

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Figura 3: Probabilità di oscil-lazione di un neutrino con sapo-re iniziale νe. In nero viene in-dicato il νe, in blu il νµ e in ros-so il ντ . I parametri utilizzati so-no sin2 2θ13 = 0.10, sin2 2θ23 =0.97, sin2 2θ12 = 0.86, ∆m2

13 =2.32×10�3 eV2, ∆m2

12 = 7.59×10�5 eV2, δ = 0 e gerarchia dimassa normale

di massa rispetto a quella iniziale. Vi è quindiin generale una probabilità non nulla che il neu-trino si possa trovare in uno stato ′′ortogonale′′a quello iniziale, ovvero abbia cambiato sapore.Il fenomeno delle oscillazioni viola quindi il nu-mero leptonico di famiglia (sebbene conservi ilnumero leptonico globale).

Nello scenario semplificato con solo i due sa-pori e e µ, quindi con solo due autostati di massacon massem1 em2, la probabilità di conversionead una data distanza L dalla sorgente è data da

Pνµ→νe(L) = sin2 2θ sin2

(∆m2

4~cEL

), (7)

dove θ è l’angolo di mescolamento e ∆m2 =

m22 � m2

1. Per chi abbia dimestichezza con lameccanica quantistica, una derivazione di que-sta formula si trova nel riquadro. Ovviamen-te, per la conservazione della probabilità si haPνµ→νµ = 1 � Pνµ→νe . Vediamo come le oscil-lazioni sono insensibili alla massa assoluta deineutrini, bensì alla loro differenza di massa alquadrato: le oscillazioni dei neutrini non sono ingrado di fornire informazioni sulle masse asso-lute dei neutrini (per questo motivo i fisici sonosicuri che i neutrini sono massivi ma non riesco-no ancora a quantificare le loromasse!). Notiamoanche che se θ = 0 o π/2 la probabilità di oscil-lazione si annulla: ciò non stupisce poiché intal caso gli autostati di sapore e quelli di massacoinciderebbero [si veda l’equazione (6)].

La lunghezza d’onda di oscillazione in metrivale

λν ' 2.47 m× E

MeV× eV2

∆m2, (8)

dove l’energiaE deve essere espressa inMeV e ladifferenza di massa al quadrato ∆m2 in eV2. No-tiamo che se θ è piccolo e/oL� λν la probabilitàdi oscillazione diviene molto piccola. Nell’espe-rimento di Lederman, Schwartz e Steinberger ladistanza tra punto di produzione e di osserva-zione era troppo breve per osservare oscillazio-ni (30 m, mentre vedremo che per neutrini dienergia E ≥ 300 MeV la lunghezza d’onda dioscillazione è maggiore di 300 km).Va fatta qui una piccola precisazione tecnica:

come già detto la derivazione di questa formu-la è semplificata poiché suppone che i neutriniabbiano energia definita. Ciò ci ha permessodi utilizzare onde piane (ovvero infinitamenteestese nello spazio e nel tempo). Questo è chiara-mente irrealistico. La soluzione risiede nel fattoche uno stato di energia definita non è possibilenell’ambito della meccanica quantistica poichépresuppone che l’esperimento si svolga in untempo infinitamente lungo (a causa delle relazio-ni di indeterminazione di Heisenberg). Vi sonoquindi derivazioni più sofisticate (che assumonoper esempio dei ′′pacchetti′′ d’onda localizzati)le quali portano però sostanzialmente agli stessirisultati a parte alcune correzioni trascurabili inquasi tutti i casi pratici.

Nel caso a tre generazioni ovviamente la for-

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Le simmetrie discrete e la violazione di CPLe simmetrie discrete e la violazione di CPLe simmetrie discrete e la violazione di CP

In Fisica sovente si studiano le simmetrie delle forze di natura, ovvero la proprietà dei fenomenidi rimanere immutati sotto particolari tipi di trasformazioni. Un esempio sono le trasformazionidiscrete. La più nota di queste è la trasformazione di parità, ovvero la riflessione delle coordinatespaziali (come nel ′′mondo dello specchio′′ del romanzo Alice ne paese delle meraviglie di LewisCarrol). E’ ben noto che le forze elettromagnetiche, nucleari forti e gravitazionali sono invariantiper parità (o, come si dice, sotto l’operatore P ), mentre le interazioni deboli no. Questo fudimostrato per la prima volta nel 1957 in un celebre esperimento eseguito da madame Wu.In questo esperimento si mostrò che nel decadimento 60Co→60Ni+e− + νe l’elettrone eraemesso preferenzialmente nella direzione opposta allo spin del nucleo di cobalto (in un mondo′′specchio′′ lo spin del nucleo sarebbe invertito e l’elettrone sarebbe emesso nella direzionedello spin, cosa che invece non si osserva). Alice ha la capacità di distinguere il mondo realeda quello speculare semplicemente tramite l’osservazione dei decadimenti deboli.In fisica delle particelle vi è una seconda simmetria detta coniugazione di carica (o C) in cuisi sostituiscono le particelle con le antiparticelle. Di nuovo, le interazioni elettromagnetiche,nucleari e gravitazionali sono invarianti sotto C ma lo stesso non si può dire delle interazionideboli, ovvero se in un processo si scambiano le particelle con le corrispondenti antiparticellesi ottiene un processo che non è osservabile in natura.Per lungo tempo si è creduto però che la combinazioneCP (in cui simultaneamente si scambianole particelle con le corrispondenti antiparticelle e si invertono le coordinate) fosse una simmetriaesatta per le interazioni deboli. Anche questo si è dimostrato falso. E’ noto infatti che certidecadimenti che coinvolgono mesoni violano CP . Per esempio il decadimentoK0

L → π−e+νe èpreferito al decadimentoK0

L → π+e−νe, dove laK0L è una combinazione di stati diK0 e K0. Se

CP fosse conservata i due canali di decadimento sarebbero esattamente equivalenti. Ciò indical’esistenza di violazioni di CP nel settore adronico, ovvero nelle interazioni che coinvolgonoquark. Le violazioni diCP costituiscono quindi una sostanziale asimmetria nel comportamentodi particelle e antiparticelle e potrebbero essere quindi essere una delle possibili spiegazionidel fatto che l’Universo è costituito esclusivamente da materia e non da antimateria.

mula di oscillazione è più complessa (non nedaremo una formula esplicita) e implica due sca-le di oscillazione, una dovuta alla differenza dimassa ∆m2

12 = m22 − m2

1 e un’altra dalla diffe-renza di massa più grande ∆m2

13 = m23 −m2

1. Ilsegno di ∆m2

13 determina la gerarchia di massa(positivo per la gerarchia normale e negativo perquella invertita). In figura 3 è mostrata la proba-bilità di oscillazione per un neutrino con saporeiniziale νe. Si nota come vi sia un’oscillazione a“lunga scala dovuta al ∆m2

12 a cui si sovrapponeun’altra a “corta scala determinata da ∆m2

13. Neconsegue che la distanza a cui porre il rivelato-re rispetto alla sorgente di neutrini determinain maniera sostanziale la differenza di massa alquadrato che vogliamo misurare.

Vi è un ulteriore peculiarità del caso generalea con tre generazioni rispetto al caso semplifica-to, ovvero la possibilità di osservare violazioni

di CP (si veda riquadro dedicato) nel settoreleptonico (ovvero di interazioni che coinvolgonoesclusivamente leptoni e neutrini) Intanto c’è dadire che se i neutrini fossero esattamente di mas-sa nulla, non vi sarebbero violazioni di CP nelsettore leptonico. Il fatto che i neutrini abbianomassa apre a questa possibilità. In particolareviolazioni di CP potrebbero manifestarsi comeasimmetrie nelle oscillazioni dei neutrini e de-gli antineutrini. Infatti, quando sostituiamo unneutrino con la sua antiparticella operiamo unatrasformazione di CP (e non solo di C). Ciò èdovuto al fatto che i neutrini sono oggetti chira-li, ovvero hanno lo spin sostanzialmente orien-tato nella direzione opposta al moto (sono, co-me si dice, ′′sinistrorsi′′), mentre gli antineutrinihanno lo spin sostanzialmente orientato nelladirezione del moto (sono ′′destrorsi′′). Una vio-lazione di CP nelle oscillazioni equivale a dire

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Pνα→νβ 6= Pνα→νβ (con α 6= β). Operativamente,la probabilità di oscillazione per gli antineutrinisi ottiene da quella dei neutrini sostituendo allamatrice di mixingU, la sua complessa coniugata.Con due sole generazioni evidentemente non siavrebbero violazioni di CP. Nel caso di tre gene-razioni ciò equivale a sostituire δ con�δ. Solo nelcaso δ = 0, π non si avrebbero violazioni di CP .Al momento non si hanno ancora indicazioni si-cure sul valore di δ (si veda in seguito). Questosarà uno dei prossimi obiettivi della ricerca suineutrini.

E’ utile aggiungere che esiste una ulteriore tra-sformazione detta inversione temporale (o T ) checonsiste nel cambiare la freccia del tempo. Sidimostra che la simmetria CPT deve essere rigo-rosamente rispettata da tutte le forze di natura(eccetto, forse, la gravità). Ne consegue che unaviolazione di CP si riflette in una violazione diT . Nel caso delle oscillazioni di neutrino ciò si-gnifica che in generale Pνα→νβ 6= Pνβ→να , mentredeve essere vero sempre che Pνα→νβ = Pνβ→να .

Le oscillazioni di sapore nella materia

Quando i neutrini attraversano lamateria ordina-ria le probabilità di oscillazione di neutrino pos-sono essere modificate. Infatti un neutrino che sipropaga può essere sempre scomposto nelle suecomponenti di sapore. Orbene, nella materia or-dinaria la componente νe avrà un accoppiamen-to peculiare con gli elettroni. Infatti, come giàaccennato nell’articolo ′′Neutrini ed interazionedebole′′ di Giampaolo Co’ in questo numero diIthaca, i neutrini di tutti i sapori possono interagi-re scambiandosi bosoni Z0 virtuali con i quark egli elettroni del mezzo attraversato. Ma i neutrinielettronici hanno anche una seconda possibilità,nella quale νe e gli elettroni del mezzo attraver-sato si ′′scambiano′′ tramite di una interazione dicorrente carica (con l’emissione / assorbimentodi un bosoneW virtuale), secondo i diagrammimostrati in figura 4.Il primo tipo di diagramma dà un contribu-

to uguale per tutti i sapori e può essere quinditrascurato. Il secondo tipo di diagramma invecefa sì che la componente elettronica del neutrinoacquisti una massa quadratica ′′effettiva′′ datada

A = 2√

2(~c)3GFNeE (9)

Figura 4: Le interazioni dei neutrini nella materia

doveGF è la costante di Fermi eNe è la densità dielettroni della materia attraversata dai neutrini.Ciò da luogo ad una modifica dell’equazione

di evoluzione del sapore (si veda il riquadro).Questo è noto come effetto diMikheyev–Smirnov–Wolfenstein (MSW) [2, 3]. Se il neutrino attraversauna porzione di materia a densità costante, sipuò vedere che la probabilità di oscillazione puòessere riscritta come

PMνe→νe = 1� sin2 2θM sin2

(4πL

λMν

), (10)

dove θM e λMν sono l’angolo di mixing e lalunghezza d’onda di oscillazione effettiva nellamateria:

sin 2θM =s2θ√

(A/∆m2 � c2θ)2 + s22θ

, (11)

λMν =λν√

(A/∆m2 � c2θ)2 + s22θ

. (12)

dove c2θ = cos(2θ) e s2θ = sin(2θ).Dalle equazioni precedenti notiamo come, se

si verifica la condizione A = ∆m2 cos 2θ, si puòavere mescolamento massimale e dunque unanotevole amplificazione dell’ampiezza di oscil-lazione. Questo fenomeno è detto risonanza. Ingenerale il neutrino attraverserà strati di materiaa densità variabile (come nel caso dei neutrinisolari) per cui esso può attraversare lo strato dirisonanza. Questo può portare ad una amplifi-cazione degli effetti di oscillazione. Non appro-fondiremo ulteriormente questo aspetto poichéè molto tecnico.Potrebbe sorprendere come gli effetti dovuti

alla materia siano importanti sulle oscillazioniquando invece la probabilità di assorbimento peri neutrini, come è noto, è estremamente picco-la. Ciò avviene perché l’effetto della materia ècoerente. Sebbene l’ampiezza di interazione del

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L’equazione MSWL’equazione MSWL’equazione MSW

Quando il neutrino attraversa la materia la sua equazione di evoluzione viene modificata. Inun sistema semplificato con due sole generazioni de neutrini l’equazione di evoluzione deglistati di sapore può essere scritta nella forma

i∂

∂x

(νeνa

)=

1

2~cE

[∆m2

2

(− cos 2θ sin 2θsin 2θ cos 2θ

)+

(A(x) 0

0 0

)](νeνa

),

dove νa può essere il νµ o il ντ (o una combinazione dei due) e A è dato dall’equazione (9).La matrice al secondo membro può essere diagonalizzata per mezzo di una matrice unitariaU(θM ), con θM dato dall’equazione (11). Gli stati definiti dalla rotazione νM = U†(θM )νf ,dove νf sono gli stati di sapore, sono gli autostati istantanei di massa nella materia (la cuimasse sono pari agli autovalori della matrice al secondo membro dell’equazione MSW). Sottocerte ipotesi gli autostati istantanei nella materia si propagano quasi inalterati (ovvero vi è unaprobabilità molto piccola di trasformazione di uno nell’altro). In tal caso la propagazione sidice adiabatica. Quando ciò accade, si può dimostrare che se un νe è prodotto nella materia(come nel caso dei neutrini solari) e osservato nel vuoto, la probabilità di sopravvivenza è datacon buona approssimazione da

Pνe→νe '1

2

(1 + cos θ cos θM0

),

dove θM0 è l’angolo di mescolamento nella materia nel punto di produzione.

neutrino sul singolo elettrone sia infinitesimale,l’effetto si cumula ad ogni singola interazione.L’effetto è simile a quello che si ha con l’attraver-samento di un fotone in un cristallo trasparentee birifrangente (ovvero in cui l’indice di rifrazio-ne dipende dalla direzione di polarizzazione delfotone): nonostante il fotone non sia assorbito siha una rotazione del piano di polarizzazione.

Le evidenze di oscillazione deineutrini

I neutrini solari

Il Sole è una intensa sorgente di neutrini elettro-nici (per ogni secondo ne arrivano sulla Terracirca 6 × 1010/cm2!) a causa delle reazioni nu-cleari di fusione che avvengono al suo interno. InFigura 5 sono mostrate le principali reazioni nu-cleari nel Sole in cui sono evidenziate le reazioniche producono neutrini. Il primo esperimento dirivelazione dei neutrini effettuato da Davis nellaminiera di Homestake negli anni ’60 del secoloscorso utilizzava la reazione νe+37Cl→ e−+37Arper misurare il flusso di neutrini provenienti dal

Sole (per una rassegna storica si veda il libro diJ. Bahcall [4]). Qui si presentò immediatamen-te una evidente anomalia: il flusso osservato dineutrini era all’incirca 1/3 di quello previsto. Cisi chiese quindi se il meccanismo di oscillazionedescritto in precedenza fosse in atto per i neutrinisolari (ricordiamo che l’energia dei neutrini sola-ri è solo di pochi MeV, insufficiente quindi allacreazione di µ o τ : è quindi impossibile la rivela-zione di eventuali νµ o ντ prodotti dall’oscillazio-ne). Lo scetticismo iniziale fu via via superatosia dall’affinarsi dei modelli solari che dall’ac-cumularsi di nuove prove sperimentali, in par-ticolare dagli esperimenti ′′Kamiokande′′ primae ′′SuperKamiokande′′ poi, e dagli esperimentiGALLEX/GNO e SAGE.

L’esperimento Kamiokande entrò in funzionea partire dal 1982 nella miniera di Kamioka inGiappone era semplicemente costituito da ungrande serbatoio contenente 3000 tonnellate diacqua ultrapurificata circondata da circa 1000fotomoltiplicatori. La rivelazione dei neutrini av-veniva tramite la tecnica della luce Cěrenkov. Ineutrini provenienti dal Sole possono talvolta ur-tare un elettrone conferendogli una velocità che

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Figura 5: Le reazioni nucleari nel Sole

Effetto CěrenkovEffetto CěrenkovEffetto Cěrenkov

Talvolta può accadere che una particel-la carica si muova in un mezzo ad unavelocità superiore a quella della luce nelmezzo stesso (che vale c/n, dove n è l’in-dice di rifrazione del mezzo). In tal casola particella perde energia rilasciando die-tro di se un cono di luce (tipicamente bluo ultravioletta) simile all’onda d’urto la-sciata da un aereo supersonico. Questo ènoto con il nome di effetto Cěrenkov.

è superiore a quella della luce nell’acqua. La luceCěrenkov rilasciata viene rivelata dai fotomolti-plicatori che circondano l’apparato, e dai qualiè possibile ricavare informazioni su direzioneed energia del neutrino incidente. In principio ineutrini di tutti i sapori sono in grado di urtarel’elettrone, però il νe ha una sezione d’urto diinterazione maggiore, per cui una conversionedi neutrini elettronici in altri sapori si traduce

in una diminuzione del tasso di eventi osservatirispetto a quello atteso in assenza di conversioni.L’esperimento Kamiokande fu sostituito dall’e-sperimento SuperKamiokande [5] che ha comin-ciato le operazioni nel 1998. Esso è costituito da50.000 tonnellate di acqua e circondato da piùdi 11.000 tubi fotomoltiplicatori, incrementandocosì di un fattore 10 la sensibilità dell’apparato.Gli esperimenti GALLEX/GNO e SAGE so-

no due esperimenti (oramai terminati), il primosituato nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso(LNGS) e il secondo nellaminiera di Baksan nellaregione del Caucaso, in cui la tecnica radiochi-mica utilizzata nel pionieristico esperimento diDavis è stata applicata ad un diverso nuclide, il71Ga: νe+71Ga→ e�+71Ge. Il vantaggio dell’u-so di questo nuclide era una maggiore sezioned’urto di assorbimento e una più bassa soglia dienergia di rivelazione.Il risultato di questi esperimenti fu unanime:

il flusso osservato dei neutrini solari era più bas-so di quello atteso (sebbene la soppressione eradiversa da esperimento ad esperimento) e ciò era

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Figura 6: Il flusso dei neutrini solari atteso per ogni esperimento con il contributo atteso dalle varie sorgenti confrontatocon i risultati sperimentali (in blu). Sono anche mostrate le incertezze teoriche e quelle sperimentali

in netto contrasto con i modelli solari. A questopunto, sebbene una soluzione ′′astrofisica′′ al pro-blema non fosse ancora completamente esclusa,la possibilità di spiegare questa anomalia tramitele oscillazioni divenne sempre più probabile. Ledifferenze osservate da esperimento ad esperi-mento potevano essere spiegate con la peculiaredipendenza dall’energia della probabilità di con-versione (in quanto ogni esperimento è sensibilea diversi range di energia dei neutrini).

Per poter distinguere tra una soluzione astrofi-sica ed una ′′oscillatoria′′ fu ideato l’esperimentoSNO (Subdury Neutrino Observatory) [6]. Que-sto esperimento (oramai anch’esso concluso), si-tuato nella miniera di Subdury in Canada, erasimile come concetto Superkamiokande ma conuna differenza sostanziale: utilizzava 1000 ton-nellate di acqua pesante anziché acqua normale.L’acqua pesante è composta da molecole D2Onelle quali agli atomi di idrogeno sono stati so-stituiti atomi di deuterio (D≡2H, il cui nucleo ècomposto cioé da un protone ed un neutrone).

Ciò permette questi due tipi di reazione dette di′′corrente carica′′ (CC) e ′′corrente neutra′′ (NC):

νe + 2H → p+ p+ e� (CC)

νx + 2H → p+ n+ νx (NC) .

In pratica, nel primo caso un neutrino elettronicomodifica un neutrone in protone trasformandosiin elettrone (che viene rivelato tramite la tecni-ca Cěrenkov). Nel secondo caso un neutrino diqualunque sapore semplicemente spezza il nu-cleo di deuterio in un protone e un neutrone. Lasuccessiva rivelazione del neutrone evidenzial’avvenuta reazione. Il punto è che la secondareazione ha la stessa sezione d’urto per i tre sa-pori quindi è capace di misurare il flusso totaledi neutrini provenienti dal Sole, mentre la primamisura la sola componente elettronica.

La risposta fu che il flusso totale di neutriniproveniente dal Sole era perfettamente compa-tibile con quello atteso dai modelli (si veda laFigura 6), mentre il flusso dei νe era compatibile

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Figura 7: LaPνe→νe in funzione dell’energia per neutriniosservati sulla Terra

con la soppressione di 1/3 osservata negli altriesperimenti: questa fu la prova principe che unprocesso di conversione νe → νµ è attivo nel Sole.

La conferma definitiva che il processo di con-versione è proprio quello di oscillazione è arriva-to dall’esperimento Borexino al Gran Sasso [7].Questo esperimento, anch’esso concettualmentesimile a SuperKamiokande, utilizza scintillato-re liquido (una sostanza di produrre un lampodi luce al passaggio di una particella carica) an-ziché acqua. Ciò ha permesso di aumentare lasensibiltà dell’apparato e abbassare la soglia dirivelazione dei neutrini fino a poter osservare lesorgenti di neutrini di più bassa energia, ovvero ineutrini ′′7Be′′ e ′′pp′′ (si veda la Figura 5) e quin-di di ′′ricostruire′′ la probabilità Pνe→νe in fun-zione dell’energia per poterla confrontare con imodelli teorici. Il risultato è illustrato in Figura 7.In grigio è mostrata la probabilità come previstadal modello teorico di propagazione adiabati-ca nella materia. Si noti che in questo caso nonsi osserva il tipico andamento oscillante attesoin equazione (10) poiché le oscillazioni ′′rapide′′vengono rapidamente mediate dall’effetto di in-tegrazione sulla zona di produzione dei neutrini.Ciò ha costituito l’ultima spettacolare confermadelle oscillazioni dei neutrini solari

L’esperimento KamLand

Nonostante la straordinaria evidenza portata daineutrini solari, un esperimento ′′terrestre′′ eranecessario per poter avere una conferma indi-pendente delle oscillazioni. Infatti, sebbene l’e-sperimento SNO avesse confermato l’esistenza

di un meccanismo di conversione νe → νµ,τ nelSole, non era escluso che questo meccanismo fos-se diverso dalle oscillazioni (per esempio tramiteinterazioni esotiche che erano in grado di modi-ficare il sapore nella materia). Inoltre nonostantelo straordinario successo del modello solare, bi-sogna sempre considerare che vi è un’incertezzaintrinseca sul flusso iniziale dei neutrini, dovutaalla non perfetta conoscenza di alcuni parame-tri all’interno del Sole (composizione chimica,sezioni d’urto nucleari, etc.). Una misura indi-pendente dei parametri di oscillazione avrebbemigliorato la conoscenza di questi parametri. In-somma, era necessario ottenere una conferma daun esperimento in cui tutte le condizioni fosserosotto controllo.

Figura 8: Probabilità di oscillazione in KamLand

A questo scopo fu costruito il rivelatore Kam-Land nella miniera di Kamioka in Giappone [8].Questo esperimento, simile per certi versi a Bo-rexino, fu progettato per poter osservare gli anti-neutrini elettronici prodotti dalle varie centralinucleari giapponesi (la quale è una delle nazio-ni al mondo con il più alto numero di centralinucleari attive sul suo territorio). Gli antineutri-ni in questo caso vengono rivelati attraverso lareazione nucleare “β-inversa: νe + p → e+ + n.La rivelazione di un positrone e poi di un neu-trone in coincidenza sono un sicuro segnale dirivelazione di un νe.

Anche qui la conferma è stata spettacolare. InFigura 8 è mostrata la probabilità di sopravviven-za (intesa come rapporto tra il flusso osservato equello atteso) in funzione di L0/E (si noti dallaformula (7) che la probabilità di oscillazione àdipendente da L/E) dove L0 è la distanza mediadei reattori dal rivelatore (dell’ordine di qualche

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I neutrini da reattore nucleareI neutrini da reattore nucleareI neutrini da reattore nucleare

I reattori nucleari sono una intensa sor-gente di νe. Infatti dopo ogni fissione sicreano radionuclidi con eccesso di neu-troni che si disintegrano più o meno ve-locemente tramite decadimento β. Me-diamente si producono 6νe e 300 MeV dienergia utile per ogni fissione. Ciò con-sente di quantificare il numero di neutriniper ogni GigaWatt di energia termica pro-dotto da una centrale: 1.9×1020PGWνe/s,dove PGW è la potenza termica dellacentrale.

centinaio di chilometri). Si riconosce perfetta-mente il pattern oscillatorio previsto dall’equa-zione (7) (si noti che in questo caso gli effetti dimateria sono trascurabili).

Analisi combinata dei neutrini solari

Fino a questo punto non abbiamo parlato deiparametri di oscillazione necessari per spiegarele oscillazione dei neutrini solari e di KamLand.Questo si ottiene attraverso una complessa inver-sione dei dati sperimentali e sofisticati metodistatistici.In principio i neutrini solari sono sensibili a

tutti i parametri di oscillazione. Quello che acca-de però è che, nell’ipotesi di gerarchia di massa|∆m2

13| � ∆m212, i neutrini solari dipendono po-

co o nulla dalla scala di massa più grande. Poi-ché, come si vedrà l’angolo θ13 è piccolo il νe sipuò considerare quasi una combinazione deglistati ν1 e ν2. In questa ipotesi le oscillazioni deineutrini dipendono sostanzialmente dal ∆m2

12 edall’angolo di mescolamento θ12 con una deboledipendenza dall’angolo θ13 (si veda la Figura 1).In un certo senso i neutrini solari sono sensibilialle oscillazioni ′′lunghe′′ di Figura 3.

L’analisi porta a delle ′′zone di compatibilità′′nello spazio dei parametri. Un esempio si puòvedere in Figura 9 (presa da [9]) nell’ipotesi θ13 =

0. In particolare notiamo un valore di ∆m212 ∼

7× 10−5 eV2. Torneremo in seguito sull’analisiglobale di tutti i parametri.

H

0.2 0.4 0.6 0.8sin2

θ12

0

5

10

15

∆m

2 21 [

10-5

eV2 ]

solar

KamLAND

global

0

5

10

15

20

∆χ2

90% CL

solarKamLANDsolar + KamLAND

0 5 10 15 20∆χ

2

3σ90% C

L

Figura 9: Zona dei parametri permessa nel piano∆m212−

θ12 [9]

I neutrini atmosferici

L’atmosfera terrestre è essa stessa sorgente dineutrini a causa delle interazione dei raggi co-smici di alta energia. Quando un raggio cosmicoprimario colpisce un nucleo in alta atmosfera puòdare luogo ad uno sciame di particelle seconda-rie che via via decadono. La maggior parte diesse sono pioni, sia positivi che negativi, che perlo più decadono come in (1). I muoni a loro voltaper lo più decadono come in (4). Ne consegueche vengono prodotti all’incirca un numero dineutrini/antineutrini muonici doppio di quellielettronici, mentre i ντ sono quasi assenti.Vari esperimenti furono dedicati allo studio

dei neutrini atmosferici ma il più importantedi essi rimane l’esperimento SuperKamiokande.Poiché l’energia tipica dei neutrini atmosferici èsuperiore ai 200MeV, la reazione νµ+N → µ+N ′,(dove N e N ′ sono due nuclei), diviene possibi-le e quindi gli esperimenti sono anche in gradodi rivelare i neutrini muonici (tramite la tracciaCěrenkov lasciata dai µ in acqua, distinguibileda quella degli elettroni). Per quanto riguarda iντ la situazione rimane sempre complicata poi-ché, quand’anche l’energia del neutrino fossesufficiente a produrre il τ , questo decade moltovelocemente e non lascia una traccia facilmentedistinguibile.Anche in questo caso era però evidente una

anomalia. Mentre il flusso di neutrini elettroniciproveniente da tutte le direzioni sembrava esserecompatibile con quello atteso, quello dei neu-trini muonici era decisamente minore, e questa′′sparizione′′ dipendeva dall’angolo di arrivo dei

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Figura 10: Dipendenza angolare del flusso dei neutrinimuonici osservata in SuperKamiokande. Inrosso il valore atteso senza oscillazioni, in neroi dati sperimentali, in verde il valore atteso conle oscillazioni

neutrini (e quindi dalla distanza percorsa). Dinuovo si immaginava che fosse in atto un proces-so di conversione, ma dato che il numero di neu-trini elettronici rimaneva compatibile con quelloatteso, ci si aspettava che la conversione fosseprevalentemente di tipo νµ → ντ . In figura 10viene mostrato il flusso di neutrini muonici infunzione dell’angolo di zenith. I neutrini prove-nienti dall’alto (cos Θ = 1) hanno percorso solopochi chilometri prima di essere rivelati e percui hanno ′′oscillato poco′′. Via via che l’angolodi zenith cresce (ovvero cos Θ decresce) l’effettodi oscillazione diventa sempre più importante el’effetto di oscillazione più consistente. Da no-tare che se le oscillazioni sono principalmenteνµ → ντ gli effetti di materia sono poco rilevanti.

Un’analisi fatta dalla collaborazione SuperKa-miokande mise in evidenza un pattern oscillato-rio simile a quello osservato in KamLand. Perpoter confermare anche qui l’ipotesi di oscillazio-ne sono stati costruiti vari esperimenti ′′a lungabase′′ in cui un fascio di neutrini muonici vie-ne ′′sparato′′ verso un rivelatore posto a qualchecentinaio di km distanza. Ciò è stato fatto trami-te gli esperimenti T2K [10] prima e K2K [11] inGiappone, MINOS [12] negli Stati Uniti e OPE-RA [13] al Gran Sasso. I primi due esperimentiusano SuperKamiokande come rivelatore e il fa-scio era prodotto al J-PARC per il primo, e a KEKper il secondo ad una distanza di circa 250 km.L’esperimento MINOS usa un fascio prodotto alFermilab e inviato ad un rivelatore posto nella

miniera di Soudan a circa 700 km di distanza.Particolare menzione merita il terzo esperi-

mento in cui il fascio di neutrini prodotto alCERN viene inviato al rivelatore posto nei Labo-ratori Nazionali del Gran Sasso per una distanzaanch’essa di circa 700 km. Questo esperimento èdedicato alla rivelazione dei ντ , cosa che abbia-mo già detto è molto complessa, e che gli altriesperimenti non sono in grado di fare. La rivela-zione utilizza una sofisticata tecnica fotograficain cui le tracce delle particelle prodotte dal de-cadimento del τ vengono analizzate in manieraautomatica. Sinora l’esperimento ha rivelato 5ντ nel fascio proveniente dal CERN, esattamentequanto ci si attendeva in circa 5 anni di presa dati,confermando l’ipotesi di oscillazione νµ → ντ .È inutile qui entrare nei dettagli di tutti gli

esperimenti; quello che conta è che tutti hannoconfermato che le oscillazioni di neutrino sonola spiegazione dell’anomalia dei neutrini atmo-sferici. Queste oscillazioni però sono diverse daquelle dei neutrini solari in quanto coinvolgo-no la differenza di massa maggiore. Esse sonoquindi sensibili principalmente al ∆m2

13 e all’an-golo θ23. Una marginale sensibilità all’angoloθ13 è però possibile in quanto vi è una piccolaevidenza di oscillazione νµ → νe sia nei neutri-ni atmosferici che negli esperimenti MINOS eK2K. Torneremo nel prossimo capitolo sulla mi-sura di θ13. Assumendo θ13 = 0 si può ottenereanche in questo caso una zona di compatibilitàdei parametri analogo al caso dei neutrini solari.In Figura 11 viene mostrato un esempio trattoda [9], in cui però solo MINOS è analizzato. Sinota come il valore di ∆m2

31 sia dell’ordine di2× 10�3 eV2, ovvero circa un fattore 30 più gran-de di ∆m2

12. Ciò conferma l’ipotesi di gerarchiadi massa.Notiamo anche che nel caso in cui il neutrino

più leggero sia senzamassa, la massaminima delneutrino sarebbe

√∆m2

31 ∼ 5× 10�2 eV. Questospiega perché sia del tutto plausibile che le ricer-che dirette della massa del neutrino non abbianoancora dato esito positivo: le sensibilità attualidegli esperimenti non sono in grado (e forse, fat-ta eccezione per la cosmologia, non saranno ingrado nei prossimi anni) di poter sondare cosìpiccoli valori di massa. Si deve sperare quindi dinon trovarci in questa situazione così sfortunata.

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H

0 0.25 0.5 0.75 1sin2

θ23

0

1

2

3

4

5

∆m

2 31 [

10-3

eV2 ]

0 5 10 15 20∆χ

2

0

5

10

15

20

∆χ2 atmospheric

MINOSatmospheric + MINOS

atmospheric

MINOS

global

90% CL

3σ90% C

L

Figura 11: Zona dei parametri permessa nel piano∆m2

13, θ23 [9]

La misura del θ13

Torniamo un attimo alla Figura 3. Come abbiamogià notato la Pνe→νe (in nero) presenta una strut-tura di “onda lunga” sulla quale si sovrappongo-no onde più corte. L’ampiezza dell’onda lunga èproporzionale a cos4 θ13 sin2 2θ12. Poiché, comevedremo, l’angolo θ13 è piccolo, il fattore cos4 θ13

dà un contributo trascurabile. L’ampiezza delleonde corte è invece proporzionale a sin2 2θ13. L’e-sperimento KamLand è sostanzialmente insen-sibile alle oscillazioni corte (a causa della risolu-zione in energia) per cui ha una bassa sensibilità(anche se non nulla) al θ13. Per poter effettuareuna misura di quest’angolo occorre quindi posi-zionarsi a brevi distanze dalla sorgente (∼ 1 km)oppure aumentare l’energia.A questo scopo sono stati ideati degli esperi-

menti ai reattori in cui il rivelatore à posizionatoa pochi chilometri dalle sorgenti (short baseline,SBL). Gli esperimenti sono Daya Bay [14] in Cina,RENO [15] in Corea del Sud e Double Chooz [16]in Francia. Tutti questi esperimenti (simili comeconcezione a KamLand) hanno confermato l’esi-stenza delle oscillazioni corte fornendo una mi-sura di θ13. Inoltre, come già accennato, anche gliesperimenti a lunga base MINOS e K2K riesconoa fare una misura di θ13. Ciò è molto importantepoiché la misura di questi esperimenti dipendeanche dalla fase δ per cui una misura contempo-ranea dai reattori e dagli acceleratori può fornireinformazioni su questo parametro che è moltodifficile da misurare.

In Figura 12 è mostrata la probabilità di oscilla-zione Pνe→νe (tratta da [17]) in Daya Bay. Anche

[km/MeV]⟩νE⟨ / effL0 0.2 0.4 0.6 0.8

) eν → eν

P(

0.9

0.95

1EH1

EH2

EH3

Best fit

Figura 12: L’evidenza di oscillazione in Daya Bay [17]

Riassunto dei parametri di oscillazione [18]Riassunto dei parametri di oscillazione [18]Riassunto dei parametri di oscillazione [18]

Parametro Best fit range a 3σ

∆m212/10−5 eV2 7.54 6.99 – 8.18

sin2 θ12/10−1 3.08 2.59 – 3.59∆m2

13/10−3 eV2 (NH) 2.43 2.23 – 2.61∆m2

13/10−3 eV2 (IH) 2.38 2.19 – 2.56sin2 θ13/10−2 (NH) 2.34 1.76 – 2.95sin2 θ13/10−2 (IH) 2.40 1.78 – 2.98sin2 θ23/10−1 (NH) 4.37 3.74 – 6.26sin2 θ23/10−1 (IH) 4.55 3.80 – 6.41δ/π (NH) 1.39 —δ/π (IH) 1.31 —

Nota: NH (IH) = gerarchia normale (invertita)

in questo caso l’evidenza del carattere oscillato-rio è inoppugnabile. Una simile figura è statamostrata dall’esperimento RENO. In Figura 13è mostrato la zona nel piano θ13 − δ permessadall’analisi simultanea [18]. Come si vede, si co-mincia a delineare una possibile soluzione ancheper il parametro δ.

Analisi combinata

Nel riquadro a pagina seguente è indicato l’at-tuale stato dell’arte dei parametri di oscillazio-ne [18] con il valore centrale per ogni parametroe il range a tre deviazioni standard. È interessan-te notare come lamaggior parte dei parametri siaoramai conosciuta con una precisione dell’ordinedi qualche percento. Questo è un risultato ecce-zionale per un settore che sino a meno di 20 annifa era considerato pionieristico ed ora è entratoin un un’epoca di misure di alta precisione!

Neutrini sterili?

Ma il neutrino, nonostante tutto, sembra riserva-re ancora sorprese. Vi sono infatti delle contro-

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0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.060.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1.2

1.4

1.6

1.8

2.0

0.00 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.060.0

0.5

1.0

1.5

2.0

0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.060.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1.2

1.4

1.6

1.8

2.0

0.00 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.060.0

0.5

1.0

1.5

2.0

0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.060.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1.2

1.4

1.6

1.8

2.0

0.00 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.060.0

0.5

1.0

1.5

2.00.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.060.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1.2

1.4

1.6

1.8

2.0

0.00 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.060.0

0.5

1.0

1.5

2.0

0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.060.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1.2

1.4

1.6

1.8

2.0

0.00 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.060.0

0.5

1.0

1.5

2.0

0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.060.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1.2

1.4

1.6

1.8

2.0

0.00 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.060.0

0.5

1.0

1.5

2.0LBL Acc + Solar + KL + SBL Reactors + SK Atm

13θ2sin 13θ2sin 13θ2sin

13θ2sin 13θ2sin 13θ2sin

π/δπ/δ

σ1 σ2 σ3

Norm

al Hierarchy

Inverted Hierarchy

Figura 13: Zone permesse nel piano θ13 − δ [18]

verse misure che non sono spiegabili nell’attualeschema di oscillazione (si veda l’articolo di PaoloBernardini in questo stesso numero di Ithaca).Infatti, ci sono due esperimenti che sembranopresentare evidenze di oscillazioni νµ → νe maad una scala di massa incompatibile con gli attua-li valori dei parametri. Essi sono LSND (oramaiterminato) e MiniBooNE [19]. Tale anomalia èperò controversa poiché avviene nella parte dibassa energia dello spettro (intorno ai 100 MeV)dove la sezione d’urto nucleone-neutrino non èben conosciuta (si veda la figura 14).

Recentemente anche un ricalcolo dei flussi deineutrini da reattore suggerirebbe un flusso mag-giore rispetto a quello calcolato in precedenza dicirca il 3% [20]. Ne consegue che ci sarebbe una′′sparizione′′ di circa il 3% di νe in tutti gli esperi-menti ai reattori, anche a piccola distanza. Anchequesta anomalia però coinvolge calcoli comples-si di spettri che potrebbero nascondere effetti difisica nucleare ancora non ben conosciuti.

Per poter spiegare questa anomalia è necessa-rio aggiungere una nuova scala di oscillazione

più corta con un valore di ∆m2 dell’ordine diqualche frazione di eV2. Inoltre occorre aggiun-gere almeno un nuovo stato ′′esotico′′ chiamatoneutrino sterile. Questo perché dalle misure diLEP sappiamo che non possono esistere più di3 neutrini standard leggeri. È necessario quin-di che queste nuove particelle non abbiano leinterazioni tipiche del Modello Standard e inparticolare non si accoppi con il bosone Z0. InLSND e in MiniBooNE le oscillazioni procede-rebbero con il neutrino sterile come stato inter-medio: νµ → νS → νe. Per di più non vi sarebbecompatibilità tra i risultati di LSND/MiniBooNEe l’evidenza di sparizione ai reattori (si veda Fi-gura 15 presa da [21]), per cui, per inquadraretutte le anomalie, sembra persino che un solostato sterile non sia sufficiente e quindi sarebbenecessario aggiungerne un secondo.

C’è da dire che il mescolamento con gli statisterili deve essere piccolo, per cui questo spieghe-rebbe perché questa oscillazione non si osservanei neutini solari o atmosferici. Tuttavia questoeffetto si sarebbe dovuto osservare nel flusso tota-

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Figura 14: L’anomalia di MiniBooNE: si osservi la discre-panza tra il flusso atteso e i dati sperimentalia bassa energia

le (interazioni di corrente neutra) inMINOS, cosache non accade. Oltretutto un valore di ∆m2 cosìelevato entra in conflitto con i limiti cosmologici.Questo rende estremamente controverso il mo-dello. C’è da chiedersi se aggiungere nuovi neu-trini non sia qualcosa alla stregua degli ′′epicicli′′medievali, o se la spiegazione non vada cercataaltrove.Per poter dipanare questo mistero sono stati

proposti due esperimenti. Nel primo, denomina-to SOX, si propone di porre una intensa sorgenteradioattiva di neutrini molto vicino alll’esperi-mento Borexino. Nel secondo, chiamato NES-Sie [23], in costruzione al CERN, un fascio dineutrini di energia∼GeV viene diretto contro unrivelatore ad argon liquido ad una distanza dicirca 1 km. Entrambi gli esperimenti saranno ingrado di coprire la zona dei parametri necessariaper spiegare le anomalie precedenti e decidere afavore o contro l’esistenza di questi nuovi statisterili.

Il futuro

Oltre a chiarire ilmistero del neutrino sterile, unodei prossimi obbiettivi sarà stabilire la gerarchiadi massa del neutrino. Infatti la conoscenza dellagerarchia è importante per le misure di massadei neutrini. Se la gerarchia di massa è inversa iprossimi esperimenti di misura di doppio β sen-za neutrini potrebbero confermare (o escludere)la natura di Majorana dei neutrini. Al contra-rio, lo scenario più sfortunato potrebbe esserequello di gerarchia normale: un risultato nega-

Figura 15: Zone permesse in uno schema ′′3+1′′ per leevidenze di LSND/MiniBooNE (in marro-ne) e le evidenze di sparizione ai reattori (ingiallo/blu) [21]

tivo di misura di doppio-β senza neutrini nonescluderebbe che il neutrino sia di Majorana.Purtroppo la misura della gerarchia di mas-

sa è molto difficile poiché è necessario misurareentrambe le scale di oscillazione. Una propo-sta è JUNO [24], un esperimento ai reattori incostruzione in Cina. In questo esperimento unrivelatore è posto ad una distanza intermedia(circa 70 km) rispetto a KamLand e gli SBL. Percomprendere la difficoltà di questo esperimento,in Figura 16 è mostrato lo spetto atteso nel casodi gerarchia normale e invertita: l’esperimentodeve essere in grado di discriminare questi duespettri con estrema precisione!Una proposta alternativa è l’esperimeto PIN-

GU [25]. In questo caso una porzione dell’e-sperimento IceCUBE, un rivelatore costruito alPolo Sud per rivelare neutrini di altissima ener-gia (≥ 1015 GeV), sarà ottimizzata per poter os-servare neutrini di energie più basse, in par-ticolare i neutrini atmosferici. In questo casol’effetto MSW amplificherebbe la differenza diprobabilità di oscillazione dovute alle diversegerarchie.Il passo successivo sarà la misura della fase δ.

Questa fase potrebbe essere legata all asimme-triamateria-antimateria nell’universo. Lamisuraprecisa di questa fase richiede la costruzione disuper-fasci molto intensi sia di neutrini che diantineutrini.

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Figura 16: Spettro dei neutriniatteso per l’esperimento JUNO

Conclusioni

Sino a poco più di 20 anni fa (quando ero ancorastudente e scrivevo la mia tesi sulle oscillazionidei neutrini solari) l’idea che i neutrini fosseromassivi lasciava ancora scettici molti fisici. Ep-pure in pochi anni quella strana idea è diventatascienza di precisione. Ora non solo sappiamoche i neutrini sono massivi ma ne conosciamo lamaggior parte dei parametri con grande detta-glio. Contestualmente siamo riusciti a dipanareuna assillante anomalia astrofisica, il problemadei neutrini solari.

Va anche detto che la misura delle masse e deimescolamenti dei neutrini non costituisce unasemplice curiosità teorica. Infatti una massa co-sì piccola dei neutrini è pressoché inspiegabileall’interno delle attuali teorie. Il meccanismo digenerazione di massa dei neutrini potrebbe in-vece derivare da estensioni di alta energia delModello Standard tramite un meccanismo ′′adaltalena′′ (si veda l’articolo di Eligio Lisi in que-sto numero di Ithaca). La misure delle (piccole)masse dei neutrini potrebbe quindi paradossal-mente gettare luce su scale di energie altissime,inaccessibili con gli attuali esperimenti.Non ho menzionato in questa breve rassegna

tantissime altre applicazioni delle oscillazioni dineutrino, che vanno dallo studio dei neutrini daSupernova (in cui la densità dei neutrini è tal-mente elevata che compaiono effetti non linearidi “autointerazione ) o durante il Big Bang, o il

ruolo delle oscillazioni nei neutrini di altissimaenergia, oppure nei neutrini prodotti all’inter-no della Terra (i cosiddetti geoneutrini), osservatirecentemente da KamLand e Borexino.Eppure, nonostante questi successi, alcune

anomalie potrebbero aprire nuove prospettive discoperta (come nuove particelle sterili). A que-sto proposito vale la frase di Enrico Fermi citataall’inizio di questo articolo. Un risultato è contra-rio alle ipotesi può essere indizio di una grandescoperta. Aspettiamo il futuro e stiamo a vedere.

Z M Y

[1] G. Danby, J. M. Gaillard, K. A. Goulianos, L. M. Le-derman, N. B. Mistry, M. Schwartz and J. Steinberger:“Observation of High-Energy Neutrino Reactions andthe Existence of Two Kinds of Neutrinos”, Phys. Rev.Lett. 9 (1962) 36.

[2] L. Wolfenstein: “Neutrino Oscillations in Matter”,Phys. Rev. D 17 (1978) 2369.

[3] S. P. Mikheyev and A. Y. Smirnov: “Resonant neutrinooscillations in matter”, Prog. Part. Nucl. Phys. 23 (1989)41.

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[5] SuperKamiokande web site: www-sk.icrr.u-tokyo.ac.jp/sk/index-e.html

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flavour neutrino oscillation update”, New J. Phys. 10(2008) 113011.

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[10] T2K web site: t2k-experiment.org

[11] K2K web site: neutrino.kek.jp

[12] MINOS web site: www-numi.fnal.gov

[13] OPERA web site: operaweb.lngs.infn.it

[14] Daya Bay web site: dayabay.ihep.ac.cn

[15] RENO web site:hcpl.knu.ac.kr/neutrino/neutrino.html

[16] Double Chooz web site: doublechooz.in2p3.fr

[17] F. P. An et al. [Daya Bay Collaboration]: “New Mea-surement of Antineutrino Oscillation with the FullDetector Configuration at Daya Bay”, Phys. Rev. Lett.115 (2015) 111802.

[18] F. Capozzi, G. L. Fogli, E. Lisi, A. Marrone, D. Mon-tanino and A. Palazzo: “Status of three-neutrinooscillation parameters, circa 2013”, Phys. Rev. D 89(2014) 093018.

[19] MiniBooNe web site: www-boone.fnal.gov

[20] G. Mention, M. Fechner, T. Lasserre, T. A. Mueller,D. Lhuillier, M. Cribier and A. Letourneau: “TheReactor Antineutrino Anomaly”, Phys. Rev. D 83(2011) 073006.

[21] J. M. Conrad, C. M. Ignarra, G. Karagiorgi,M. H. Shaevitz and J. Spitz: “Sterile Neutrino Fits toShort Baseline Neutrino Oscillation Measurements”,Adv. High Energy Phys. 2013 (2013) 163897.

[22] SOX web site: web.ge.infn.it/sox/

[23] NESSie web site: web2.infn.it/NESSiE/

[24] JUNO web site: english.ihep.cas.cn/rs/fs/

juno0815/

[25] M. G. Aartsen et al. [IceCube PINGU Collaboration]:Letter of Intent: The Precision IceCube Next GenerationUpgrade (PINGU). arXiv:1401.2046, (2014).

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Daniele Montanino: Ricercatore in Fisica Teori-ca presso l’Università del Salento. Si occupa prin-cipalmente di fisica e fenomenologia delle par-ticelle elementari, con particolare riguardo allafisica astroparticellare e alla fisica dei neutrini.

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Breve storia della ricercadelle oscillazioni neineutrini solari edatmosfericiFrancesco Ronga Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - Laboratori Nazionali di Frascati,

Via E. Fermi, 40 - 00044 Frascati, Italy

Introduzione

Comunemente si tende a indicare il 1998 comeanno della scoperta delle oscillazioni di neutrino.In realtà la storia è molto più complessa ed è du-rata circa 30 anni. Durante questi anni vi è statoinoltre un dibattito spesso acceso sullamancanzadei neutrini elettronici provenienti dal sole e sul-la mancanza dei neutrini di tipo muonico neglisciami dei raggi cosmici. Tale dibattito però era li-mitato ai pochi ricercatori coinvolti direttamentenegli esperimenti. Nel 1998 l’evidenza divennetale da cancellare tutti i dubbi ed il risultato ven-ne accettato da tutta la comunità scientifica. Acausa dei numerosi protagonisti di questa com-plessa vicenda il premio Nobel per le oscillazionidi neutrino è stato assegnato solo in questi gior-ni, il 6 ottobre 2015, dopo ben 17 anni, a ArthurMcDonald per le oscillazioni dal sole e a TataakiKajita per le oscillazioni di neutrini atmosferici.Tali Nobel seguono quelli del 2002 a RaymondDavis jr e Masatoshi Koshiba aventi come moti-vazione ufficiale la prima rivelazione di neutriniastrofisici dal sole e dalla supernova del 1987.

Una versione più estesa di que-sto articolo si trova all’indirizzowww.lnf.infn.it/∼ronga/nustor.pdf

Neutrini dal sole

Il 7 marzo del 2003 in un convegno all’Accade-mia dei Lincei organizzato da Milla Baldo Ceo-lin, Arthur McDonald spokesman del SudburyNeutrino Observatory, e premio Nobel 2015, fecenotare che l’evidenza del deficit dei neutrini dalsole (neutrini di tipo elettronico) durava dal 1968,data del primo lavoro sperimentale sul flusso deineutrini solari con l‘esperimento con il cloro delpremio Nobel R. Davis jr [1]. Il deficit era gran-de, circa il 30%, e divenne subito statisticamentemolto significativo. Si sarebbe potuto già neglianni ’70 pensare alle oscillazione di neutrino efar partire un programma sperimentale per unostudio più accurato. Nicola Cabibbo chiese comemai questo non avvenne e perchè ci vollero 30 an-ni per accettare il fenomeno delle oscillazioni dineutrino, predetto da Bruno Pontecorvo già nel

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1957. Ricordo che McDonald rispose all‘incircache era un problema di sociologia scientifica.

Fino agli inizi degli anni cinquanta del secoloscorso la fisica delle particelle si era sviluppatacon lo studio dei raggi cosmici, poi ci fu lo svilup-po rapido degli acceleratori e tutte le energie deiricercatori del settore furono rivolte alle ricerchecon acceleratori. I successi furono subito enormie ben presto si pensò che la fisica delle particellesi potesse studiare solo con acceleratori. L‘ideache si potesse fare fisica delle particelle anchesenza acceleratori allora era minoritaria e discus-sa principalmente in conferenze come quelle suiraggi cosmici.

Inoltre le raffinate tecniche radio-chimiche usa-te da Davis erano spesso al di là della completacomprensione dei fisici sperimentali dell‘epocae il complesso calcolo teorico del flusso dei neu-trino solari di John Bahcall era ritenuto sospetto.Tutta questa incomprensione portò alla manca-ta approvazione negli USA di un esperimentoradio-chimico sui neutrini solari di seconda ge-nerazione con il gallio. Esperimenti con il galliofurono approvati solo nella seconda metà deglianni ottanta ed in Europa: al Gran Sasso (Gallex)e in Russia (Sage).Oltre a pregiudizi sperimentali vi era un for-

te pregiudizio teorico: in analogia a fenomenianaloghi per i quark, si riteneva che l‘ampiezzadelle oscillazioni di neutrino sarebbe dovuta es-sere piccola e quindi fosse poco plausibile chele oscillazioni potessero produrre la grande ri-duzione del flusso dei neutrini solari osserva-ta. Nel 1978 fu studiato da Mikheev, Smirnov eWolfenstein [2, 3] l’effetto dell‘attraversamentodella materia sulle oscillazioni dei neutrini (ef-fetto materia). Questo effetto poteva provocareun‘amplificazione delle oscillazioni. Quindi fusuggerita una soluzione del problema dei neutri-ni solari che salvava il pregiudizio teorico: l’am-piezza di oscillazione originaria era piccola mapoi era amplificata con l’effetto materia.

Alcuni teorici [4] ritennero allora che, ancheammessa la possibilità di oscillazione dei neutri-ni solari, la soluzione fosse: ampiezza di oscilla-zioni piccole e valori delle differenze delle massedei neutrini attorno ai 10 eV. In tal caso i neutrinisarebbero stati importanti in cosmologia e avreb-bero potuto spiegare il problema della materiaoscura. Sulla base di queste considerazioni fu-

rono approvati al CERN due esperimenti, CHO-RUS e NOMAD, per la ricerca delle oscillazionisu un fascio dei neutrini muonici e su distanzedell’ordine del km.

Comunque debbo ricordare la presenza di ungruppetto di teorici non allineato a questo pen-siero dominante. Dopo le prime conferme deldeficit dei neutrini solari e l’inizio dell’anomaliadei neutrini atmosferici G.L. Fogli iniziò ad oc-cuparsi della questione, e nel 1994 il gruppo diteorici di Bari (G.L. Fogli, E. Lisi e D. Montani-no) pubblicò un lavoro [5] su un‘analisi globaledelle oscillazioni dei neutrini solari e dei neutri-ni atmosferici, primo di una lista di lavori checontinua ancor oggi.

Neutrini atmosferici e fascio dineutrini dal CERN al Gran Sasso

La storia del deficit dei neutrini muonici deri-vanti dagli sciami prodotti dai raggi cosmici acausa delle interazioni con l‘atmosfera è anchepiù complessa di quella dei neutrini solari. Aipregiudizi riportati precedentemente si aggiun-gevano differenze dei dati dei vari esperimentiche, a posteriori, dobbiamo ritenere dovuti a flut-tuazioni statistiche ma anche ad analisi dei datierrate.Negli anni ’80 i teorici delle teorie di grande

unificazione (GUT) predissero che il protone do-vesse essere instabile e che la vita media del pro-tone fosse tale da poter rivelare decadimenti delprotone alla portata di esperimenti aventi massadi ameno 1000 tonnellate. Due tecniche furonoproposte: la rivelazione con l‘effetto Cherenkovin acqua (IMB negli USA e Kamiokande in Giap-pone) e la rivelazione con un calorimetro conlastre di ferro separate da rivelatori traccianti(Frejus in Francia, Nusex in Italia sotto il monteBianco e Soudan negli USA). La ricerca dei de-cadimenti del protone era limitata dai neutriniatmosferici che avrebbero potuto produrre eventisimili ad un decadimento del protone.Ben presto nel 1986 l‘esperimento IMB [7] os-

servò i primi neutrini atmosferici ed osservò cheil numero di neutrini di tipo muonico contenutinel rivelatore era inferiore a quanto attesomentreil numero di neutrini di tipo elettronico era com-patibile con le predizioni. Ciò provocò grande

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eccitazione perchè si capì subito che tale effet-to poteva essere causato dalle oscillazioni deineutrini muonici. Il risultato di IMB e poi di Ka-miokande non fu confermato dall‘esperimentodel Frejus e con minore evidenza statistica daNusex. Molti pensarono allora che l’effetto fossedovuto a differenze delle interazioni dei neutriniin ferro ed in acqua.

A complicare ulteriormente le cose inoltrenel 1992 la collaborazione IMB pubblicò [8]un‘analisi basata sui muoni prodotti dai neutrinimuonici e che si fermavano all‘interno del rivela-tore (′′stoppingmuons′′). In questo lavoro venivaaffermato che non c‘era evidenza di oscillazioni.In base a tale analisi si escludevano ampie zo-ne dei valori dei due parametri i mportanti perle oscillazioni: ampiezza di oscillazione e diffe-renza delle masse. In particolare si escludevanoproprio i valori dei parametri che ora abbiamoben misurato.

Figura 1: Figura analoga a quella dell’articolo di IMBpubblicato su Physics Review Letters nel1992[8]. Tutte le curve racchiudono zone esclu-se, tranne Kamiokande che racchiude la zonapermessa. Si noti che la curva B di IMB escludecompletamente la stella rossa che rappresentai valori attuali dei parametri di oscillazione.Questo risultato errato creò molta confusione erallentò la proclamazione della scoperta.

La figura 1 è simile alla figura presentata intale lavoro, pubblicato sulla prestigiosa rivistaPhysics Review Letters. Questo risultato sem-brava una conferma definitiva che il deficit dineutrini di tipo muonico degli eventi contenutidovesse essere strumentale. A questo risultatose ne aggiungevano altri relativi alla categoriadi eventi chiamata ′′muoni passanti diretti versol‘alto′′ degli esperimenti IMB, BAKSAN e Kamio-kande stesso i quali sembravano escludere undeficit dei neutrini muonici di questa categoria.

Nonostante questo, e in un ambito ristretto, cisi andava convincendo che qualcosa ci fosse. Ri-cordo che nel 1979, sotto la presidenza INFN diA. Zichichi, si iniziò la progettazione del labora-torio sotterraneo del Gran Sasso. Fin dall’iniziosi tenne presente la possibilità di esperimenti dioscillazione con un fascio di neutrini su distanzadi 732 km dal CERN al Gran Sasso [9].

Attorno al 1992, il premio Nobel Carlo Rubbia,direttore del CERN dal 1989 al 1993, iniziò adoccuparsi della questione[10]. Rubbia ripresein mano la vecchia idea del fascio dal CERN alGran Sasso e spinse per un progetto di fasciodi neutrini. Con tale fascio si sarebbero potuteverificare le anomalie dei neutrini atmosferici inmaniera controllata.Comunque il fascio non venne preso mai in

seria considerazione, sulla base dei pregiudizidominanti. Anche dopo il 1998 la comunità difisici sperimentali europei dei neutrini era divi-sa, e il fascio CERN Gran Sasso (CNGS) fu ap-provato dall’INFN, durante la presidenza di E.Iarocci e dal CERN solo nel dicembre 1999. Al-l’epoca i progetti concorrenti MINOS negli USAe K2K, T2K in Giappone erano già in fase avan-zata. Per dare un esempio delle difficoltà si puòricordare che alcuni paesi europei non volleropartecipare a questa impresa, nonostante fossefinanziata quasi completamente dall’Italia. Perl’approvazione del CNGS fu decisivo il fatto cheil direttore generale del CERN dell’epoca fosseLuciano Maiani.

MACRO e i neutrini atmosferici

A questo punto debbo inserire dei ricordi per-sonali, dovuti al fatto che, nel 1989, era entratoparzialmente in funzione al Gran Sasso l’esperi-mento MACRO. MACRO aveva come obbiettivo

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Figura 2: Pagina della proposta di MACRO del 1984 ri-portata da B. Barish nell’ultima riunione diMACRO del 21 gennaio 2010 al Gran Sasso.La regione tratteggiata rappresentava il risulta-to dello studio della sensibilità di MACRO nel1984. Il segnale di oscillazione è stato trovatopoi proprio in tale regione.

principale la ricerca dei monopoli magnetici pre-visti dalle teorie di Grande Unificazione. Però lostesso apparato poteva rivelare neutrini atmosfe-rici di tipo muonico. La rivelazione era basatasull’osservazione di muoni verso l’alto prodottinella roccia sotto il rivelatore dai neutrini muo-nici. Il verso dei muoni era riconosciuto misu-rando i tempi in contatori a scintillazione. Laricerca delle oscillazioni di neutrino era un temapresente fin dagli inizi di MACRO. La Figura 2contenuta nella proposta del 1984[11] mostra laregione dei parametri di oscillazione accessibilea MACRO. Tale regione includeva il valore deiparametri di oscillazione che conosciamo ora.

Il mio coinvolgimento nell’analisi dei neutrinifu in parte casuale, perché l’allora spokesmanitaliano, Enzo Iarocci, voleva sapere se il terzopiano di scintillatori, non ancora costruito, erarealmente indispensabile in questo tipo di analisi.Iarocci mi chiese di occuparmene perché sapevadella mia esperienza in tempi di volo maturatain altri esperimenti.

Pochè MACRO era ancora in costruzione, siprendevano dati in condizioni instabili, e quindisi era molto prudenti nel fare affermazioni sulflusso dei neutrini. Però già all’epoca si notavaun netto deficit di eventi particolarmente con-centrato sulla verticale. Molti di noi ritenevanoche potesse essere un fatto strumentale dovutoalla presa dati non stabile, oppure si pensava chepotesse essere un effetto di laghi o caverne sotter-ranee (cosa poi smentita). Risultati preliminaribasati su 45 eventi sulla neutrino astronomia fu-rono presentati alla quinta conferenza ′′NeutrinoTelescope′′ di Venezia del marzo 1993 [12].

In MACRO poi si coagulò un nucleo di perso-ne dedicate a questo tipo di analisi. Al gruppettostorico costituito da Paolo Bernardini, Doug Mi-chael, Antonio Surdo, Teresa Montaruli e Mauri-zio Spurio si aggiunsero in vari periodi Ed Diehl,Bob Nolty, Colin Okada, Eugenio Scapparone.Avevamo poi il supporto per la parte teorica diPaolo Lipari e Stanislav Mikheev. Questo fu ilgruppetto di persone che in genere presentava irisultati di MACRO alle varie conferenze. Questepresentazioni erano spesso lasciate a noi perchéc’era diffidenza sui risultati anche da parte de-gli altri componenti della collaborazione. Moltipensavano che gli effetti osservati fossero dovutia efficienze fuori controllo.

Una presa dati più stabile, anche se solo con lasola parte inferiore dell‘apparato, avvenne solonel 1993 e risultati preliminari con una limita-ta statistica di 74 eventi furono pubblicati nel1995 su Physics Letters[13]. Si osservò un nume-ro di eventi pari al 73% di quello allora atteso esi confermò il deficit accentuato sulla direzioneverticale. La combinazione della distorsione del-la distribuzione angolare e della riduzione delnumero totale di eventi suggeriva un effetto dioscillazioni. Comunque, a causa della statisticalimitata e dei risultati negativi di IMB riportati infigura 1, fummo molto (o troppo) prudenti nelleconclusioni. Nell’abstract infatti si diceva:

At the 90% confidence level, the data are consi-stent with no neutrino oscillations or some possibleoscillation hypotheses with the parameters suggestedby the Kamiokande contained- event analysis.

La frase era diplomatica perchè, come già det-to, questo risultato era in contrasto con quantoriportato non solo da IMBma anche da BAKSANe Kamiokande. Ricordo che Kamiokande dava

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risultati contraddittori tra eventi contenuti edeventi non contenuti.Anche il progetto del fascio del CERN-Gran

Sasso, ristagnava. L’allora direttore del labora-torio del Gran Sasso, Piero Monacelli, sollecitòcon scarso successo la dirigenza del CERN e del-l’INFN. Piero Monacelli sollecitò anche propostedi esperimento su un possibile fascio CNGS.

Un importante risultato sperimentale fu da noipubblicato nel 1998 su Astroparticle Physics [14]dopo essere stato rifiutato da Physics Review Dnel 1997. L’articolo era sull’osservazione di par-ticelle cariche verso l’alto prodotte da muoni dialte energie in rivelatori sotterranei. Secondo noil’articolo era molto importante perché avevamoscoperto un fondo nella ricerca di neutrini muo-nici verso l’alto di cui non avevano tenuto contoIMB e BAKSAN. Tale fondo dipendeva dall’in-tensità dei raggi cosmici e tale intensità in IMBe BAKSAN era molto maggiore che in MACROa causa della profondità minore. Questo fondo,secondo noi, metteva in dubbio i risultati di IMBe BAKSAN ed in particolare quello riportato infigura 1. Forse questa affermazione molto forte,ma corretta, provocò il rigetto dell‘articolo daparte di Physics Review D, e il nostro successivoinvio alla rivista europea Astroparticle Physics.Arriviamo adesso al 1998. L’autore di questa

nota era stato designato già nel 1997 a parlareper conto di MACRO alla XVIII conferenza deineutrini di Takayama del 4-9 Giugno 1998. Inol-tre, Paolo Bernardini era stato designato a parla-re al Vulcano workshop del 25-30 maggio 1998che sarebbe avvenuto qualche giorno prima diTakayama.

Nel corso del 1997 e del 1998 la statistica diMA-CRO era aumentata, le analisi si erano raffinate,avevamo portato avanti ben tre analisi paralle-le e verificato che i risultati fossero compatibili.Una delle analisi usava un’elettronica alternati-va per la misura dei tempi (il circuito PHRASEsviluppato a Pisa per la misura dei tempi). Ave-vamo anche risposto a una serie di quesiti postida Barry Barish per verificare le efficienza del-l’apparato a cui si associò Giorgio Giacomelli co-spokesman della parte italiana. Avevamo trovatoil motivo per cui IMB e BAKSANdavano risultatiper noi errati. Insomma eravamo pronti a fare af-fermazioni più decise ed esplicite in favore dellapresenza di oscillazioni. L‘unica perplessità che

avevamo era che la zona preferita dai dati di MA-CRO non corrispondeva a quella di Kamiokande(analisi successive di Kamiokande spostarono lazona preferita)

Con questo spirito ci presentammo alla riunio-ne annuale di MACRO negli USA in cui in par-ticolare si doveva discutere delle presentazionialle conferenze estive: le prime erano il Vulca-no workshop a Vulcano e la ′′neutrino 1998′′ inGiappone. La riunione si tenne il 18-20 aprile aBoston in coincidenza con la celebre maratona.La discussione sulla presentazione dei risultatidei neutrini fu molto accesa. C‘è da tener presen-te che nel gruppo americano vi erano personeche avevano partecipato ad IMB e persone chepartecipavano a SuperKamiokande. Inoltre sta-vano per essere pubblicati i risultati negativi diCHOOZ, un esperimento su reattore teso a ve-rificare i risultati di Kamiokande supponendoche ci fossero oscillazioni con scomparsa deglianti-neutrini elettronici. CHOOZ, a cui parteci-pava un gruppo di MACRO, escludeva una del-le possibilità di oscillazione, nulla potendo diresull‘altra possibilità (neutrinomuone in neutrinotau), però contribuiva a generare un‘atmosferadi scetticismo sulle oscillazioni.Per tutti questi motivi, nonostante gli sforzi

e la contrarietà della parte italiana del gruppodei neutrini, si decise a maggioranza che nullaavrebbe dovuto dirsi in favore delle oscillazionidei neutrini. In particolare non si sarebbe dovutopresentare il grafico della regione permessa deiparametri.

Non so sinceramente cosa avremmo presenta-to dopo la decisione negativa del gruppo MA-CRO. Probabilmente io avrei fatto la stessa pre-sentazione che poi ho fatto, ma con altro spirito.Comunque la discussione avvenne in assenzaper indisposizione di Barry Barish. Tra l‘altroè l’unica volta che ho saputo di B. Barish indi-sposto. Per fortuna il giorno dopo, il 20 Aprile,Barish era di nuova in forma; venne alla riunio-ne e si fece raccontare cosa era successo. Poi,rispettando i patti presi quando ci aveva chie-sto di verificare le efficienze, intervenne con ilsuo fare deciso e convinse il gruppo americanoa cambiare opinione.

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La conferenza dei neutrini diTakayama del giugno 1998

La conferenza iniziò lunedì 4 giugno 1998. Simormorò subito che ci sarebbe stato un gros-so annuncio di Superkamiokande e quindi c‘eragrande attesa. Il primo giorno ci fu una sessio-ne dedicata ai neutrini solari: nell‘ordine in Ho-mestake (esperimento con il cloro di Davis), poiGallex, Sage e Superkamiokande.È impressionante vedere come il deficit nel

flusso dei neutrini rivelati fosse visto, sia pure informe diverse, da tutti gli esperimenti sia quelliradio-chimici, che quello in acqua. Superkamio-kande inoltre disponeva di migliaia di eventi concui era possibile iniziare a studiare effetti piccolicome quello dovuto alla variazione della distan-za terra-sole. Nell‘intervento di J. Bahcall delpomeriggio sui flussi attesi dai calcoli dei neu-trini solari si sottolineava il fatto che oramai siaveva un deficit con un effetto di 20 deviazionistandard. Molti si aspettavano già il lunedì ilgrosso annuncio ma non fu così.

Era chiaro quindi che ci sarebbero stati risultatiancora più importanti da parte di SuperKamioan-de nel settore dei neutrini atmosferici. A tale ar-gomento era dedicata la mattinata del 5 giugno.L’agenda prevedeva nell’ordine l’intervento di E.Peterson (Soudan2), F. Ronga (MACRO) e del pre-mio Nobel 2015 T. Kajita (Kamiokande e Super-kamiokande). L‘agenda mi preoccupava perchésapevo che Superkamiokande era un esperimen-to di qualità molto superiore a MACRO, per cuiera possibile che in caso di discrepanza si dessemaggior credito ai dati di Superkamiokande e cifosse una smentita immediata. Inoltre sapevamoche gli eventi contenuti di Kamiokande preferiva-no oscillazioni con un differenze di massa moltopiù grande di quello osservato da noi e quindisi poteva pensare che ciò fosse confermato nellapresentazione di Kajita. Con trepidazione attesiquindi le conclusioni di Kajita.

Dopo la conferenza alcuni pensaronoche la presentazione di MACRO fosse stata′′aggiustata′′ sapendo quello che avrebbe dettoKajita. In realtà non fu così, perché le linee dellapresentazione erano state fissate nella riunionedi Boston di aprile e la presentazione era similea quella di Paolo Bernardini già avvenuta ilpomeriggio del 29 maggio 1998. Il workshop di

NEUTRINO 98 MACRO (F RONGA)

Figura 3: Trasparenze dalla presentazione di MACRO a′′neutrino 1998′′. Le trasparenze sono ancorasul sito della conferenza http://www-sk.icrr.u-tokyo.ac.jp/nu98/scan/index.html. Trasparenzesimili erano state già mostrate da Paolo Ber-nardini sei giorni giorni prima al Vulcanoworkshop 1998

Vulcano aveva una partecipazione più limitatadi quella di neutrino 1998 per cui la notizianon aveva raggiunto il grande pubblico. Sipotrebbe perciò dire che il primo annunciosulle oscillazione di neutrino sia avvenuto il 29maggio 1998 a Vulcano da parte di MACRO enon a Takayama.

La presentazione di SOUDAN2 confermava lamancanza dei neutrini muonici risolvendo final-mente la discrepanza ferro-acquama non conclu-deva nulla sulle oscillazioni. Della presentazionedi MACRO riporto in figura 3 due trasparenzetra le più significative. La prima è il grafico del-la regione di confidenza che fa vedere che nel1998 MACRO aveva un effetto superiore al 99%di livello di confidenza in favore di oscillazionineutrino muone in neutrino tau e che la zonapermessa non era molto diversa da quella di Su-perKamiokande di figura 4. La seconda traspa-renza di MACRO riporta tra le conclusioni che ilneutrino sterile era sfavorito (c’era un fattore 8tra le probabilità in neutrino tau e quella in neu-trino sterile). Questa analisi era stata possibilegrazie al lavoro di Paolo Lipari che da tempo sioccupava del calcolo dell’effetto materia. Questi

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NEUTRINO 1998 SUPERKAMIOKANDE (T. KAJITA)

Figura 4: Trasparenze dalla presentazione di SuperKami-kande a neutrino 1998.

risultati furono pubblicati nei proceedings delleconferenze e ancora prima inviati il 29 Giugno1998 a Phys Letters B [15].

Anche della presentazione di Superkamiokan-de riporto nella figura 4 due trasparenze tra le piùsignificative. La prima è quella relativa all‘analisiper escludere il neutrino sterile con una studiodella topologia degli eventi. La seconda è quel-la conclusiva con il famoso plot che viene an-cora ricordato in tutto il mondo. La forza delrisultato di SuperKamiokande stava nel fatto chele analisi con tipi diversi di eventi finalmenteconcordavano nel risultato. La curva arancione(stopping/through) sconfessava completamenteil risultato di IMB di figura 1. Questi risultati fu-rono subito pubblicati e risultano tra i più citatitra tutti gli esperimenti di fisica delle particel-le [16]. Bisogna pure osservare che il risultatodi SuperKamiokande contraddiceva in parte an-che il risultato di Kamiokande (curva verde) edera completamente in accordo con il risultato diMACRO in figura 3.I giapponesi avevano organizzato una confe-

renza stampa per pubblicizzare questi risultatiin tutto il mondo, cosa che avvenne con gran-de successo anche presso il grande pubblico. Ilrisultato di MACRO però scomparve nei comu-nicati stampa, e l‘INFN fu colto di sprovvista,nonostante gli sforzi di G. Giacomelli. Questo

in parte avvenne anche a causa tutti i dubbi e leperplessità che ho ricordato prima.

La conferenza continuò in tono un pò minoredopo questo avvenimento storico.

Ricordo solo il segnale, forse dovuto a neutrinisterili, dell’esperimento LSND perché ebbe unagrossa importanza nel dibattito europeo ed ita-liano e nell’approvazione del fascio dal CERN alGran Sasso. Ci fu una proposta per un fascio dineutrini su piccola distanza al CERN per la veri-fica di LSND, ma tale proposta non fu approvata.L’effetto di LSND è tuttora in parte non spiegatononostante esperimenti dedicati a Fermilab negliUSA.

Un effetto negativo di tale dibattito furono gliulteriori ritardi nell’approvazione del CNGS. Cifurono anche altre proposte alternative comequella del fascio dal CERN ai monti del massic-cio dello JURA su distanze dell‘ordine dei 17 Km.Tra i ricercatori del Gran Sasso, in un ambientesicuramente più difficile di quello di un grandelaboratorio come il CERN, circolava una battu-ta cattiva. La battuta era che queste proposteerano tutte di tipo DIRAC (′′Devo Immancabil-mente Restare Al Cern′′). Forse queste conside-razioni di tipo sociale, oltre ad un problema dicosti, spinsero a non costruire per il CNGS unrivelatore di neutrini vicino localizzato al CERN:tale rivelatore avrebbe ampliato le possibiltà delfascio permettendo un confronto tra misure vici-no/lontano. Però si temeva forse che il rivelatorevicino assorbisse la maggiore parte degli interes-si. Alla fine il fascio fu approvato nel dicembre1999 con il programma scientifico della misuradell‘apparizione dei neutrini tau con gli esperi-menti ICARUS ed OPERA. In tale ricerca non viera bisogno del rivelatore vicino.

Conclusioni

Il 1998 fu un punto di svolta perché convinse defi-nitivamente la comunità dei fisici delle particelleelementari dopo quasi 30 anni dalle prime indi-cazioni delle oscillazioni di neutrino. Dopo diallora furono proposti, approvati e costruiti mol-ti esperimentii. Il settore si velocizzò, nonostantele interazioni deboli.Siamo oramai alla terza generazione di espe-

rimenti sulle oscillazioni di neutrino e la matri-ce delle oscillazioni è misurata tutta, tranne un

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parametro. Resta un rimpianto personale comeitaliano ed europeo: la non completa valorizza-zione dei risultati ottenuti da MACRO al GranSasso, la divisione della comunità dei fisici deineutrini in Europa sui programmi scientifici el‘ostilità di parte della comunità dei fisici di par-ticelle. Come esempio di questi problemi ricordoche quando ci furono problemi finanziari per lacostruzione di LHC una della azioni per ridurrele spese al CERN fu la chiusura del piccolissimogruppo del CERN che lavorava su OPERA. Que-sto fu sicuramente un segnale psicologicamentemolto negativo per la collaborazione OPERA eper la comunità europea.

Il comportamento dei Giapponesi fu comple-tamente diverso. Avevano approvato con deter-minazione il primo fascio di neutrini su lungadistanza (K2K) ben prima del 1998, credendo inquesto tipo di fisica fin dall’inizio, nonostantetutti i dubbi elencati in questa nota. Per cui ilrecente Nobel del 2015 stato più che meritato.

Dopo la fine della presa dati con il CNGS, oggiin Europa non si fa più fisica dei neutrini confasci di particelle, nè a piccola nè a grande di-stanza. Forse questo è corretto da un punto divista di divisione dei compiti a livello mondiale,ma lascia un pò di amaro. Per fortuna in Italiacontinua al Gran Sasso la fisica dei neutrini senzaacceleratori con BOREX (neutrini dal sole e dasorgente), CUORE e GERDA (massa dei neutrini,e neutrini di Majorana).

Z M Y

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Francesco Ronga: Già dirigente di ricerca pressoi Laboratori INFN di Frascati, è un fisico speri-mentale. Ha lavorato all’anello di accumulazio-ne ADONE a Frascati e agli esperimenti PEP14e MAC a Stanford, contribuendo alla scopertadella particella J/PSI. È stato responsabile del-l’acquisizione dati e dell’analisi sui neutrini at-mosferici nell’esperimento MACRO al Gran Sas-so. Si è interessato anche di onde gravitazionali,arrivando a rivelare gli effetti dei raggi cosmi-ci sulle barre risonanti. È stato presidente dellaCommissione Scientifica Nazionale II dell’INFNed è autore di oltre 300 pubblicazioni su rivisteinternazionali.

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La domanda di MajoranaFrancesco Vissani Gran Sasso Science Institute e Laboratori Nazionali del Gran Sasso - INFN, L’Aquila

Lo studio delle particelle elementariè stato una continua fonte di sor-prese e questo è particolarmente

vero per i neutrini. L’unica prova spe-rimentale che abbiamo dell’esistenza dinuova fisica, non ancora completamen-te compresa, è il fatto che essi abbianomassa. Ciononostante, alcune delle piùantiche domande su queste particelle re-stano ancora senza risposta, come quellaproposta da Ettore Majorana sulla naturadella massa dei neutrini. In questo sag-gio, ci proponiamo di chiarire il senso diquesta domanda. Offriremo un somma-rio dei risultati parziali ottenuti, illustran-do gli sviluppi in corso e discutendo cosamanca per giungere alla risposta.

Elettroni, positroni, fotoni

Lo studio dell’atomo e dei suoi componenti haportato alla formulazione della elettrodinamicaquantistica, una teoria che descrive con impres-sionante accuratezza le interazioni tra luce e ma-teria, e che si fonda sui principi della relatività edella teoria dei quanti. Vorremmo iniziare que-sto saggio richiamando alcuni aspetti di questateoria che erano noti ad Ettore Majorana e chefornirono spunti per le sue ricerche.

Le particelle minime di materia note come elet-troni e con carica negativa si legano intorno aipiccoli e pesanti nuclei di carica positiva e spiega-no la struttura dell’atomo, i suoi comportamentie le trasformazioni chimiche. Inoltre, come mo-

Figura 1: Un elettrone atomico assorbe un fotone conenergia E (linea ondulata viola) e va in un li-vello eccitato. Poi, l’elettrone torna allo sta-to iniziale emettendo due fotoni con energieE1 + E2 = E. In altre parole, l’energia siconserva ma il numero dei fotoni può variare.

strato da Einstein, anche la luce è composta daparticelle elementari dette fotoni.

La prima importante annotazione è che il nu-mero di fotoni non è soggetto ad una legge diconservazione. Per esempio, esso può variare inuna transizione atomica, come illustrato in Fig. 1.

Per gli elettroni è diverso. Nelle trasformazionichimiche il loro numero è fissato. Se abbiamouna reazione con energie varie volte più grandidella massa dell’elettrone, come quella mostratain Fig. 2, l’energia si può convertire inmateria. Inquestomodo si possono produrre nuovi elettroni,ma sempre in associazione con positroni (e cioèantielettroni) che hanno carica opposta. Così, lacarica elettrica si conserva, e proprio per questo,il numero netto di elettroni non cambia mai.

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Figura 2: Tracce lasciate in una camera a bolle da elettro-ni (evidenziati in verde) e positroni (in rosso).La presenza di un campo magnetico permet-te la misura della carica elettrica. I fotoni checausano le reazioni entrano da sinistra ma nonavendo carica elettrica non causano tracce.

Nella elettrodinamica quantistica, la legge diconservazione della carica corrisponde ad unprincipio di invarianza. Per il lettore interessa-to ai dettagli, menzioniamo qualche aspetto diquesta connessione.

La possibilità che il numero di particelle cambiè descritta introducendo il concetto di campoquantizzato. Nella teoria di Dirac dell’elettrone,ne esiste uno per l’elettrone ed uno per il fotone;essi sono denotati di solito con Ψ ed Aµ.I due campi differiscono per vari aspetti, in-

clusi il fatto che il primo è intrinsecamente com-plesso mentre il secondo è invece reale.1 Questosignifica cheΨ descrive una transizione in cui unelettrone scompare oppure un antielettrone ap-pare. Invece il campo del fotone è neutro, e nonc’è niente che distingua il fotone dall’antifotone:essi sono proprio la stessa particella.Il principio di invarianza che corrisponde al-

la carica elettrica afferma che nessuna quanti-tà osservabile varia quando trasformiamo Ψ′ =

eiαQΨ, dove Q = −1 è la carica elementare del-l’elettrone ed α un parametro reale. Per questo,la teoria non permette che un nuovo elettrone ap-paia (o scompaia) da solo, ma richiede che essosia accompagnato da un un positrone. Il nume-ro netto di elettroni è vincolato dal principio diinvarianza, che non vincola invece quello di foto-ni. Infatti, il campo del fotone non si trasformaaffatto, o come direbbe un matematico, si deve1Questo corresponde a ben noti fatti formali: nella mec-canica quantistica la funzione d’onda di Schrödingerè complessa, mentre nella teoria di Maxwell il campoelettrico o quello magnetico sono funzioni reali.

Reazioni tra particelle elementariReazioni tra particelle elementariReazioni tra particelle elementari

In Fig. 2 mostriamo 2 reazioni in cui si for-ma una coppia elettrone positrone. Nellaprima, un elettrone atomico viene urtato,come schematizzato dalla formula

γ + e− → e− + e− + e+

Nella seconda, l’urto coinvolge un fotonedel campo del nucleo atomico γ∗:

γ + γ∗ → e− + e+

Dal punto di vista della conservazionedella carica elettrica, il cui valore elemen-tare è −1, queste reazioni corrispondonoalle identità algebriche 0− 1 = −1− 1 + 1e 0 + 0 = −1 + 1, che mostrano come lacarica elettrica sia conservata.

trasformare con Q = 0, proprio perché il campoAµ è reale.

Altre particelle neutre

Lo studio del nucleo dell’atomo e delle reazionidi alta energia, permise, fin dall’inizio degli anni’30 del secolo scorso, di scoprire nuove particelle.Tra queste, due di esse risultarono neutre, e cioèsenza carica elettrica. La prima è il neutrone,che pesa appena di più del protone e con essocostituisce i nuclei dell’atomo. La seconda è ilneutrino, che venne scoperto in modo piuttostoparticolare.

In certe trasformazioni nucleari vengono emes-si elettroni, detti raggi β secondo la terminologiadi Rutherford. Si pensava che fossero descritteda:

(A,Z)?→ (A,Z + 1) + e−

siccome la carica del nucleo deve aumentare diuna unità per lasciare la carica elettrica invariata.I fisici si aspettavano che l’energia cinetica T del-l’elettrone emesso fosse semplicemente fissatadalle masse degli atomi iniziali e finali, secondola legge T = (Miniziale −Mfinale)c

2. Ma sin daglianni ’20 si sapeva che la precedente predizio-ne indica solo il valore massimo di T che puòprendere tutti i valori possibili fino a zero.

Fu Pauli ad ipotizzare che, in questi decadi-menti β, fosse emessa anche una particella neu-tra che porta via l’eccesso di energia. Era proprio

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Figura 3: Una particella di Dirac ha due stati di spin.Assieme ad essa esiste la sua antiparticella, cheper definizione ha carica opposta. Il caso tipicoè quello dell’elettrone.

il neutrino, che come supposto da Pauli avevasolo piccolissime interazioni con la materia or-dinaria (preciseremo nel seguito il concetto e ladistinzione tra neutrini ed antineutrini). Tre an-ni dopo, grazie a Fermi, le interazioni di questeparticelle vennero quantificate e nel 1956 si riuscìad osservarle in laboratorio.

La domanda di Majorana

L’esistenza di particelle neutre solleva una do-manda sulla loro natura. Possono essere consi-derate affini al fotone, particella non solo neutrama addirittura identica alla propria antiparticel-la, o viceversa, vanno assimilate all’elettrone, dimodo che il neutrino e l’antineutrino sono dueparticelle distinte da qualche ipotetica ‘carica’?

Per chiarezza di esposizione, mostriamo inFig. 3 quali particelle corrispondono ad un cam-po della teoria di Dirac. Usiamo delle trottolineproprio come si fa nei corsi elementari di chimi-ca per raffigurare gli elettroni. Una particella diMajorana è in un certo senso più semplice; essacoincide con la propria antiparticella, come mo-strato in Fig. 4. Notiamo che sia nel caso di Diracche in quello di Majorana, stiamo consideriamodelle particelle a riposo.In questo saggio chiameremo particelle di ma-

teria quelle come l’elettrone, i neutrini, i protonii neutroni o i quarks. Esse sono collettivamentechiamate fermioni, essendo soggette alla statisti-ca di Fermi-Dirac, che generalizza il principio di

Figura 4: Anche una particella di Majorana ha due statidi spin, ma essa coincide con la propria antipar-ticella e perciò non ha alcuna carica. In questo,somiglia ad un fotone.

esclusione a cui obbediscono gli elettroni. Percontrasto, particelle come il fotone, il gluone, leparticelleW e Z o la particella di Higgs sono sog-gette alla statistica di Bose-Einstein, e vengonochiamate bosoni.In termini formali, e considerando la prece-

dente discussione, la domanda di Majorana nonè altro che

una ipotesi sulla natura della massadelle particelle neutre di materia.

Si noti che abbiamo dato per scontato che stiamoparlando di particelle dotate di massa, in quantoabbiamo introdotto i concetti di particella di Di-rac o di Majorana proprio utilizzando il sistemadi riferimento a riposo delle particelle stesse.

Majorana avanzò la sua ipotesi in termini mol-to generali: proprio come ogni numero comples-so può essere scritto come parte reale e parteimmaginaria, ogni campo di materia può esseredecomposto formalmente in due campi di Majo-rana. (In termini formali, è corretto asserire che ilcampo di Majorana è reale, proprio come quellodel fotone.)

Ma il caso più interessante è quello in cui un so-lo campo di Majorana descrive completamenteuna particella. Siccome questo è possibile sol-tanto per particelle neutre, originariamente sispeculò sul neutrone e sul neutrino. Ma comenotato da Racah, neutrone e antineutrone hannomomento magnetico uguale ed opposto; questorichiede che siano descritte dalla teoria di Dirac,

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Figura 5: Quando le energie ci-netiche dei leptoni neutri (neutri-ni o antineutrini che siano) sonomolto maggiori delle loro masse,essi sono più facilmente osserva-bili. In questo regime, gli esperi-menti mostrano che gli stati conspin antiparallelo o parallelo alladirezione del moto interagisconoin modo differente e producono ri-spettivamente leptoni negativi opositivi. Questo permette di defi-nire, in questo regime, cosa sia unneutrino e cosa un antineutrino.

in prima approssimazione almeno 2. Per questaragione, la principale particella di materia candi-data a soddisfare l’ipotesi di Majorana è propriol’elusivo neutrino.

Cosa sappiamo sui neutrini

Dalla scoperta dei neutrini ad oggi, il senso delladomanda posta da Majorana è stato sempre piùprecisato. Per capire come, iniziamo richiaman-do le principali cose che abbiamo imparato suineutrini. Discuteremo certe particolarità delleloro interazioni ed i convincenti indizi che questeparticelle siano dotate di massa.

I tre tipi di neutrini Siamo certi che esistono tretipi diversi di neutrini. Ognuno di essi è associa-to ai rispettivi leptoni carichi e, µ, τ che vengonoprodotti nelle interazioni di neutrini o nei deca-dimenti. Per questo spesso vengono chiamatileptoni neutri e sono denominati νe, νµ, ντ .Consideriamo per esempio è il decadimento

del neutrone

n→ p+ e+ νe

2Non possiamo escludere che neutroni ed antineutroni simescolino tra di loro in piccola misura. In questo casogli stati di massa definita sarebbero descritti dalla teoriadi Majorana.

o un altro decadimento tipico come quello delleparticelle dette pioni con cui si producono fascidi neutrini negli acceleratori,

π+ → νµ + µ+

Da quanto ne sappiamo, il primo decadimentodà sempre e solo leptoni neutri νe, il secondosempre e solo leptoni neutri νµ; sulla distinzionetra neutrini ed antineutrini, si veda la sezioneimmediatamente successiva.

Peculiari interazioni e conseguenze Passia-mo a parlare delle interazioni di neutrino. Unaprima proprietà, nota sin dai tempi di Fermi, èche all’aumentare della energia i neutrini inte-ragiscono sempre di più. Questo ha come con-seguenza pratica che, più grande è l’energia deineutrini, più facile è osservarli. Allo stesso tem-po, gli effetti più evidenti dellemasse dei neutrinisono vieppiù trascurabili in questo regime.Quando le masse dei neutrini sono piccole ri-

spetto alla loro energia cinetica, emerge una se-conda e davvero sorprendente proprietà delleinterazioni: le particelle con spin parallelo alladirezione del moto interagiscono producendoleptoni carichi positivi, mentre quelle con spinantiparallelo interagiscono producendo leptonicarichi negativi, come mostrato in Fig. 5. Pertan-to, nel caso di particelle in moto veloce, è possi-bile definire i primi come antineutrini ed i secon-

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di come neutrini, indipendentemente da qualesia la natura della loro massa. Questo spiega lascelta dei colori usati per denotare gli stati diparticella in Fig 4, analoga a quella di Fig. 3.

Questo implica che, nel caso di Dirac, lo sta-to di neutrino con spin parallelo al suo moto el’antineutrino con spin antiparallelo al suo motonon producono alcun leptone, nè positivo nè ne-gativo. Si parla in questo caso di stati sterili. Ilpunto è ulteriormente illustrato per mezzo del-l’esperimento concettuale di Fig. 6. Notiamo enpassant che l’universo stesso funge da sorgente equindi, a seguito della sua espansione, da rallen-tatore di neutrini: si sta valutando la possibilitàdi condurre esperimenti reali seguendo questeidee generali.

Figura 6: In una stanza, abbiamo neutrini νµ con spinorientati in basso. Accelerandoli verso ilsoffitto produrranno µ−. Accelerandoli ver-so il pavimento daranno µ+ se sono parti-celle di Majorana ma se sono di Dirac noninteragiranno.

Cariche leptoniche conservate – o no? Intutte le reazioni che sono state investigate, usan-do particelle che si muovono molto velocemente,si è visto che la somma del numero di leptoni ca-richi e neutri resta sempre la stessa. Si può tenereconto di questo fatto postulando l’esistenza diuna carica leptonica conservata. Ma come abbia-mo precedentemente osservato, non è possibiledare una definizione di neutrini ed antineutriniche sia valida in tutti i sistemi di riferimento, sele particelle sono di Majorana.

Diciamolo più precisamente. Se i leptoni neu-tri avessero quel tipo di massa ipotizzato da Di-rac (o se non l’avessero proprio) neutrini ed an-

Ricerche dirette di massa dei neutriniRicerche dirette di massa dei neutriniRicerche dirette di massa dei neutrini

Velocità dei neutrini: Dalle osserva-zioni della supernova 1987A abbiamodesunto che lamassa sia inferiore a 5.8 eV.

Spettro β: Si misurano gli elettronicorrispondenti a neutrini con piccolaenergia cinetica. Mainz e Troitsk hannoottenuto un limite superiore di 2 eV.

Cosmologia: i neutrini sono prodotti neiprimi istanti di vita dell’universo, e quan-do il fondo cosmico di radiazione diventavisibile, la loro temperatura è circa 0.2 eV.I limiti sulle masse sono inferiori a 0.1 eV.

tineutrini sarebbero ben distinti. Se invece essipossedessero il tipo di massa postulato da Majo-rana, la distinzione non avrebbe validità assolutae dovrebbero esistere processi in cui la carica lep-tonica viene violata, come discuteremo megliodopo. Pertanto, la questione della conservazio-ne (o meno) della carica leptonica merita i piùaccurati esami sperimentali.

Evidenze che i neutrini hanno massa I ten-tativi più diretti di misurare la massa dei neutri-ni non sono stati ancora coronati da successo. Imetodi noti sono tre e sono illustrati nel riqua-dro. Solo un quarto metodo, piuttosto indirettoma estremamente sensibile, ha fornito evidenzeconvincenti che le masse non siano zero.Questo metodo sfrutta la natura ondulatoria

dei neutrini. Per capire i princìpi su cui è ba-sato, partiamo dall’analogia tra neutrini e luce.Come è noto, un raggio di luce che si propagain una data direzione ha due possibili stati dipolarizzazione ortogonali alla direzione del mo-to. Possiamo produrre luce polarizzata in unacerta direzione con un filtro detto polarimetro.Ma se poi (con un secondo filtro) cerchiamo dipolarizzare ulteriormente la luce nella direzioneortogonale alla prima, non troviamo niente: laluce viene assorbita del tutto. Questo permettedi concludere che i due stati di polarizzazionesono tanto diversi quanto un neutrino νe ed unoνµ. D’altro canto, è possibile trasformare unostato di polarizzazione nell’altro per mezzo di

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Figura 7: Conosciamo la distri-buzione tra i tre stati di massaν1, ν2, ν3 del neutrino elettronicoνe (in giallo) che è la cosa che ciinteressa di più per la discussione.Abbiamo misurato le differenze dimasse quadre, ma non la massadel neutrino più leggero: standosolo alle informazioni empiriche,su base speculativa, essa potrebbeessere relativamente grande.Non sappiamo ancora se lo spet-tro di massa dei neutrini somiglia quello dei fermioni carichi (il ca-so illustrato in alto a sinistra, det-to spettro normale), oppure no(il caso illustrato in alto a destra,detto spettro inverso).

particolari cristalli, che hanno la caratteristica dipropagare i due stati di polarizzazione con ve-locità differenti. A questo punto ci chiediamo, èpossibile che qualcosa del genere avvenga per ineutrini?

Consideriamo un neutrino di tipo νµ prodottoin un decadimento. Assumiamo che questo neu-trino sia uno stato composito (o come si dice inmeccanica quantistica, sovrapposto) di più neutri-ni con massemi, con i = 1, 2, 3. Le loro funzionid’onda oscillano con frequenze fi, proporzionalialle loro energie.3 Siccome le masse sono diverse,energie e frequenze sono diverse: dunque le fun-zioni d’onda delle tre componenti non oscillanoin fase. Per questo, con lo scorrere del tempo, unneutrino di tipo νµ non resta uguale a se stesso,ma acquista una certa probabilità di diventare νeo ντ . Si parla in gergo di oscillazioni di neutrino oanche, forse più precisamente, di trasformazionidi neutrino.

Esperimenti di neutrini dal sole, dalla atmosfe-ra terrestre, da reattori e da fasci artificiali hannopermesso la verifica di queste idee proposte daPontecorvo. In questo modo abbiamo imparatomolto sulle masse dei neutrini: si veda la Fig. 7per un sommario delle informazioni disponibili.

Non conosciamo ancora la massa del neutrinopiù leggero e dobbiamo ancora dirimere una im-

3Vale Ei = hfi, dove h è la costante di Planck e doveEi =

√(pc)2 + (mic2)2, secondoEinstein; p è l’impulso

del neutrino e c la velocità della luce.

barazzante ambiguità sul tipo di spettro dimassa.I due spettri, compatibili con le informazioni spe-rimentali oggi disponibili, sono detti normale einverso. Ma certo, le evidenze che i neutrini abbia-no massa rendono urgente capire quale tipo dimassa essi abbiano: se quello suggerito da Dirac,o quello suggerito da Majorana.

Alla ricerca della creazione dielettroni

Da più di 70 anni, gli studiosi delle particelleelementari sono alla ricerca di una ipotetica tran-sizione nucleare, che, se osservata, fornirebbeuna risposta alla domanda di Majorana. Si trattadella seguente reazione, nella quale un nucleoatomico si trasforma aumentando la sua caricadi due unità ed emettendo due elettroni,

(A,Z)→ (A,Z + 2) + 2e− [0νββ]

Questa reazione viene detta in gergo doppio deca-dimento β senza emissione di neutrini e indicata perbrevità con la sigla 0νββ. Essa può essere messain contrasto con un’altra reazione, sua analoga,

(A,Z)→ (A,Z + 2) + 2e− + 2νe [2νββ]

detta in gergo doppio decadimento β con emissionedi neutrini, indicata come 2νββ. Mentre la se-conda reazione è stata osservata per vari nuclei,

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Doppio decadimento β senza neutrini = trasformazione nucleare con creazione di elettroniDoppio decadimento β senza neutrini = trasformazione nucleare con creazione di elettroniDoppio decadimento β senza neutrini = trasformazione nucleare con creazione di elettroni

Quando si parla di raggi β per riferirsi all’emissione di elettroni ci si conforma alla terminologiausata da Rutherford ma si paga un pesante prezzo alla chiarezza di esposizione: gli elettronisono noti a tutti mentre i raggi β fanno parte del gergo specialistico.Inoltre, parlare di doppio decadimento β senza neutrini significa definire un processo per l’assenzadi qualcosa, che non aiuta di certo un profano a capire di cosa si sta parlando.In aggiunta a questo, la denominazione tradizionale tende a nascondere il fatto che non stiamoragionando di un processo tra i tanti, ma, piuttosto, di uno in cui avviene creazione di elettroni.In altre parole, questo processo nucleare ci offre la possibilità di indagare sperimentalmentel’origine della materia. Non è cosa da poco: a fronte delle numerosissime speculazioni teorichesu di questa tematica, non si dispone ancora di alcuna informazione solida a riguardo.

Figura 8: Illustrazione degli spettri energetici attesi neidue tipi di doppio decadimento β. Nell’asseorizzontale viene riportata la somma delle ener-gie cinetiche Ti degli elettroni, divisa per l’ener-gia massima disponibile nel decadimento, Qββ ,pari alla differenza tra la massa atomica dellaspecie chimica iniziale e quella finale.

la prima non è stata ancora osservata. La suacaratteristica saliente, utilizzata nella ricerca spe-rimentale, è che i due elettroni portano via lamassima energia disponibile, come mostrato inFig. 8.Passiamo adesso a delineare la connessione

di questo processo con la domanda di Majorana.Un comodo ausilio per questo scopo è il diagram-ma di Fig. 9, detto diagramma di Feynman. Essomostra come la presenza di una massa di Majora-na implichi l’esistenza della transizione nucleare0νββ che stiamo discutendo. Vediamo un po’meglio il suo significato. Le linee blu in Fig. 9descrivono il nucleo iniziale N di carica Z chesi trasforma nel nucleo finale N ′ di carica Z + 2,dopo essere diventato, nel tratto compreso tra ivertici A e B, un nucleo di carica Z + 1. In con-formità alla teoria di Fermi, nei vertici vengono

Figura 9: Diagramma di Feynman che mostra come lamassa di Majorana dia luogo al decadimentodoppio β senza emissione di neutrini.

emessi elettroni (raggi β) e leptoni neutri νe, maquesti ultimi si ‘annichilano’. Questo è possibilesolo se la massa dei neutrini è del tipo di Majora-na, che implica che neutrini ed antineutrini sianolo stesso tipo di particella. In questa situazioneil neutrino emesso in A è riassorbito in B.Numerosi esperimenti hanno contribuito al-

la ricerca del doppio decadimento β senza neu-trini. I progressi maggiori sono stati ottenuticon esperimenti basati su cristalli di germanio(Heidelberg-Moscow, IGEX, GERDA) e sul gasnobile xenon (KamLAND-Zen, EXO-200). Essihanno mostrato come le vite medie del decadi-mento eccedano la ragguardevole cifra di 1025

anni. Nuovi esperimenti son prossimi ad entrarein funzione. Due di quelli ospitati dai LaboratoriNazionali del Gran Sasso sembrano molto pro-mettenti: CUORE (Fig. 10) basato su cristalli diossido di tellurio, e GERDA, basato sul decadi-mento del nucleo di germanio, che ha già presodati e sta entrando in una seconda fase operativa.

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Figura 10: Il criostato dell’esperimento CUORE.

Si sta iniziando a ragionare di una prossima ge-nerazione di esperimenti, che utilizzi rivelatoriancora più grandi e sensibili.

Quanto alle predizioni delle vite medie, ci so-no due tipi di ostacoli. Per prima cosa, non cono-sciamo ancora con precisione le masse dei neutri-ni e quindi non possiamo predire con sicurezzail valore del parametro mββ , proporzionale al-l’ampiezza di decadimento. Inoltre, è vero chela dinamica a livello di neutrini è ben compre-sa, ma i nuclei atomici sono oggetti complessi,ed una loro descrizione accurata è difficile. Nediscuteremo nella prossima sezione.

Un contesto in evoluzione

Negli ultimi anni, sono emerse nuove importan-ti informazioni dalla cosmologia e dalla fisicanucleare teorica che testimoniano la vivacità ela natura multidisciplinare di questo tipo di ri-cerche. Ne parliamo qui sotto, mettendo in lucele implicazioni sulla interpretazione del doppiodecadimento β senza emissione di neutrini.

Il parametro mββIl parametro mββIl parametro mββ

La transizione 0νββ avviene se i neutri-ni hanno massa di Majorana diversa dazero. Quello che conta è la massa delneutrino elettronico mββ (o per la pre-cisione, il valore assoluto dell’elementodella matrice di massa dei neutrini elet-tronici). Il suo valore viene calcolato co-me somma delle masse dei singoli neu-trini mi, pesata con la matrice di me-scolamento del neutrino elettronico Uei

mββ =∣∣∣∑3

i=1 U2eimi

∣∣∣ .La vita media del decadimento 0νββ èinversamente proporzionale adm2

ββ .

Impatto della cosmologia I neutrini hannoun ruolo importante in astrofisica e cosmologia.Per illustrare questo, ricordiamo che il tasso diespansione dell’universo dipende dal numero dispecie di neutrini. Esso ha un impatto sulle ab-bondanze cosmologiche degli elementi leggeri(che vengono fissate nei primi secondi di vitadell’universo) e anche sulla distribuzione delleperturbazioni di temperatura del fondo di ra-diazione cosmica (che viene fissata quando l’u-niverso ha varie centinaia di migliaia di anni).Entrambe le osservazioni sono compatibili conl’ipotesi che solo i tre neutrini noti contribuiscanoall’espansione dell’universo.Ancora più importante per quanto segue è il

ruolo cosmologico delle masse dei neutrini. Pergli effetti che consideriamo, tutto quello che con-ta è l’accoppiamento alla gravità, che non distin-gue neutrini di Dirac o di Majorana. Ci sembracorretto ricordare che nei decenni scorsi, la co-smologia ha in varie occasioni suggerito che lemasse dei neutrini fossero diverse da zero, manel tempo, queste indicazioni si sono indebolite.I risultati del 2015 convergono nell’indicare in-vece uno stringente limite superiore sulle massedei neutrini. Assumendo che i neutrini siano diMajorana, concludiamo che c’è un importantelimite sulla massamββ che regola l’ampiezza deldecadimento doppio β senza neutrini. Esso èillustrato e discusso in Fig. 11.Per il seguito della discussione, terremo pre-

sente tanto il limite superiore su mββ indicato

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Figura 11: Per interpretarecorrettamente l’assunzione che latransizione nota come doppio βsenza neutrini avvenga a causadelle masse di Majorana dei treneutrini noti bisogna tenere contodi tutte le informazioni sperimen-tali sulle masse dei neutrini.In particolare, l’interpretazione direcenti osservazioni cosmologicheconduce ad un limite superiore sul-la somma delle masse dei neutriniΣcosm = m1 +m2 +m3, che a suavolta implica un limite sulla com-binazione di massa dei neutrini,mββ , che regola il tasso di doppiodecadimento β senza neutrini.Mostriamo qui a fianco le regionipermesse per mββ , a vari livellidi confidenza, nelle ipotesi che lospettro di massa dei neutrini siaquello normale (arancio) oppurequello inverso (blu).

dalla figura, quanto il valore piuttosto specifico

mββ = 8 meV

compatibile con le indicazioni correnti e possibileper uno spettro di massa dei neutrini normale:si veda la Fig. 11.

Incertezze dalla fisica del nucleo Con quan-ta precisione si può prevedere la vita media delprocesso 0νββ? Dieci anni fa, la gran parte deifisici avrebbe risposto pressapoco come segue:siccome le varie e numerose previsioni teorichedifferiscono di un fattore di due o tre, sarebbeincauto assumere che si possa fare molto di me-glio. L’opinione generale iniziò a mutare quandoil gruppo di Faeßler e collaboratori produsse cal-coli che esibivano un errore formale del 10-20%,ed i suoi calcoli risultarono in ragionevole accor-do con altri calcoli, indipendenti e condotti conmetodi completamente diversi, svolti dal gruppodi Iachello e collaboratori.

Ma la cautela è d’obbligo. Consideriamo infat-ti processi simili, come il decadimento β singolo

o la cattura di un elettrone dell’atomo,

(A,Z)→ (A,Z + 1) + e� + νe [β-](A,Z)→ (A,Z � 1) + e+ + νe [β+](A,Z) + e� → (A,Z � 1) + νe [cattura]

o anche il 2νββ. Si trova che l’accordo tra pre-dizioni e misure è entro un fattore intorno a 2-3.L’impulso dei neutrini in questi processi è di variordini di grandezza più piccolo dell’impulso deineutrini coinvolti nel 0νββ, poiché in quest’ul-timo processo, i neutrini sono confinati all’in-terno del raggio nucleare, e devono soddisfarela relazione di indeterminazione di Heisenberg.Ma questo non implica che le predizioni che ri-guardano il 0νββ siano molto più affidabili dellealtre.

Diversi autori hanno avanzato una interessan-te congettura, che forse potrebbe aiutare a chia-rire la situazione. Nel decadimento β, anche inucleoni hanno interazioni caratteristiche checorrispondono a quelle già discusse per i neu-trini. I nucleoni sono soggetti ad intensi accop-piamenti con le correnti di spin, che non hannoanalogo nelle interazioni elettromagnetiche. Lerelative costanti di accoppiamento, dette accop-

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Figura 12: Masse richieste per dar luogo ad un singoloevento di segnale dal doppio β senza neutriniin 5 anni di osservazione. I cubi sono di ger-manio, le bombole di gas contengono xenon:la più grande è fuori scala. Nei tre casi, siassume che la vita media vera coincida con ilpresente limite sperimentale, o che le vite me-die vere corrispondano a mββ = 8 meV cone senza modifiche dell’accoppiamento assialenel mezzo nucleare.

piamenti assiali, sono misurate e ben note nelcaso di nucleoni liberi, ma sembra ragionevolecongetturare che gli accoppiamenti dei nucleo-ni nel mezzo nucleare possano essere diversi daquelli liberi.

Sviluppando questa congettura, e postulandoche gli accoppiamenti assiali nel nucleo sianomodificati, si può recuperare un accordo moltomigliore tra predizioni sui processi di decadi-menti β con emissione di neutrini e misure. Mo-dificando il valore degli accoppiamenti assialisi trova che le predizioni per 0νββ cambiano: sitrova che il tasso di reazione atteso diminuiscefino a 5 o 6 volte.

Se ci proponiamo di osservare un singolo even-to di segnale in un certo tempo di presa dati ese ipotizziamo ottimisticamente che non ci sianoeventi spuri (rivelatore ideale), la correttezza del-la congettura implica la necessità di aumentaredello stesso fattore la massa del rivelatore. NellaFig. 12, si visualizza quale massa servirebbe pervedere un singolo evento di 0νββ in varie ipote-si. In particolare, illustriamo nella stessa figuraquali sarebbero le implicazioni della congetturasopra descritta, assumendo che valga mββ = 8

meV.

Figura 13: Le particelle del modello standard di una sin-gola famiglia (non mostriamo le altre due, nèle antiparticelle per per non appesantire la fi-gura). Nella parte superiore, le particelle conspin parallelo all’impulso; nella parte inferio-re, quelle con spin antiparallelo all’impulso. Itre tipi di quarks vengono distinti dal numeroquantico di “colore”. Il punto di domandasottolinea l’assenza di un neutrino con spinparallelo all’impulso.

Oltre la fisica nota

Le evidenze che i neutrini abbianomassa mostra-no che il modello teorico di riferimento che co-nosciamo, detto modello standard, è incompletoe va modificato. Ci sono varie opzioni plausibili,e, in queste ultime pagine, ne discutiamo breve-mente una che suggerisce che i neutrini abbianomassa di Majorana.

Come è noto, ci sono 2 tipi di particelle di ma-teria: i quark, sensibili alle interazioni forti, ed ileptoni (carichi e neutri), che invece non lo sono.Tutte queste particelle, tranne forse i leptoni neu-tri, hanno natura di Dirac. Quindi la direzionedel loro spin può avere componenti parallele oantiparallele alla direzione del moto. Nel mo-dello standard si postula che i neutrini abbianosolo uno di questi stati. L’altro, se anche fossepresente, non interagisce con la materia comemostrato in Fig. 13.Ma è lecito pensare che anche l’altro tipo di

leptoni neutri esista e che prenda parte a nuoveinterazioni, corrispondenti a scale di massa piùgrandi. Difatti, la struttura del modello standardispira l’idea che proprio questi nuovi neutriniabbiamo grandi masse del tipo di Majorana. Inquesto modo, spieghiamo la ragione per cui nonli osserviamo e ne derivano due conseguenze

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molto interessanti. Per prima cosa, ne segue chei neutrini noti hanno una piccola massa di Majo-rana. Inoltre, in questi modelli diventa possibilespiegare l’origine della materia nei primi istantidell’universo. Non discuteremo oltre questi im-portanti argomenti che sono oggetto di intensidibattiti teorici e che ci si augura di riuscire averificare con adeguati esperimenti nel futuro,sperabilmente dopo la misura della vita mediadella transizione 0νββ.

Sommario e discussione

Anche se i neutrini sono piuttosto lontani dallanostra esperienza quotidiana, a causa delle lo-ro debolissime interazioni, essi hanno avuto unruolo centralissimo nel disegnare il modello di ri-ferimento delle particelle elementari. Da quandoci siamo resi conto che possiedono masse piccolema non nulle, sono diventati ancora più impor-tanti e ci costringono a capire come modificarele nostre idee correnti sul modello standard.

Affrontare la domanda di Majorana sulla natu-ra delle masse dei neutrini è diventato più urgen-te che mai. L’ipotesi di Majorana sulle masse ècompatibile con tutte le informazioni disponibilie si armonizza bene con le idee teoriche correnti.Il modo più ragionevole per verificarla è la ricer-ca della transizione nota come doppio β senzaneutrini.Un risultato positivo avrebbe un enorme im-

portanza: questo processo implica la creazione dielettroni, e cioè di materia ordinaria. Purtroppoper adesso non abbiamo avuto ancora riscontridagli esperimenti. Quanto alla teoria, abbiamodiscusso le ragioni per cui non siamo in gradodi predire in modo affidabile il segnale attesonè di escludere che esso sia molto difficile daverificare.

In questa situazione, ci sembra che il meglioche si possa fare sia semplicemente di continuarea chiarirci le idee e soprattutto di non desisteredagli sforzi sperimentali.

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Francesco Vissani: Ricercatore dell’Istituto Na-zionale di Fisica Nucleare (INFN) presso i La-boratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS), coor-dinatore del programma di PhD in fisica astro-particellare presso il Gran Sasso Science Institute(GSSI) di L’Aquila, si occupa principalmente difisica e astrofisica dei neutrini dal punto di vistateorico.È molto interessato alla didattica e comuni-

cazione della fisica a tutti i livelli ed è semprecontento di discutere di fisica con le personeinteressate.Ha avuto piacere di lavorare sugli argomen-

ti di questa nota con due giovani colleghi spe-rimentali, Simone Marcocci e Stefano Dell’Oro(quest’ultimo in tenuta da lavoro, in Fig. 10) econ il noto teorico Alessandro Strumia, con cuiha anche scritto un lungo lavoro di rassegna pro-prio sui neutrini. I risultati di questi studi sonodescritti in vari articoli, che il lettore interessa-to può reperire dal database pubblico inSPIRE,

http://inspirehep.net/?ln=en

I diagrammi più belli sopra inclusi sono fruttodi questi lavori in collaborazione.

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Interazione dei neutrinicon la materia

A billion neutrinos go swimming in heavy water: one gets wetMichael Kamakana

Maria Benedetta Barbaro Dipartimento di Fisica - Università di Torino

Omar Benhar INFN e Dipartimento di Fisica - Università di Roma “La Sapienza”

Carlotta Giusti Dipartimento di Fisica - Università degli Studi di Pavia

Le interazioni tra i neutrini e i nu-clei atomici—che generano i segna-li utilizzati per rivelare le oscilla-

zioni dei neutrini—sono un esempio uni-co di come, in un processo di diffusio-ne, i ruoli di sonda, bersaglio e rivelatorepossano diventare intercambiabili.

Introduzione

I neutrini sono particelle straordinariamente elu-sive. Per dirla con Leon Lederman, si aggiudica-no senza rivali il primopremio del concorsomini-malista: hanno carica elettrica nulla e massa qua-si nulla, e si lasciano coinvolgere solo dall’intera-zione debole responsabile del decadimento betadel neutrone (oltre che da quella gravitazionale,che è comunque trascurabile).Nel 1934, Hans Bethe e Rudolf Peierls, basan-

dosi su una stima della sua sezione d’urto otte-nuta analizzando il decadimento beta inverso,conclusero perentoriamente che “non c’è alcunmodo possibile di osservare un neutrino”[1]. Daparte sua, Wolfgang Pauli, che aveva ipotizzatol’esistenza del neutrino quattro anni prima, com-

mentò costernato: “Ho fatto una cosa terribile:ho postulato l’esistenza di una particella che nonpuò essere rivelata”.

In effetti, le sezioni d’urto associate alle intera-zioni deboli sono molto piccole, e quindi estre-mamente difficili da misurare. Il valore ottenutoda Bethe e Peierls, σ ≈ 10−44 cm2, è circa ventiordini di grandezza minore delle sezioni d’urtotipiche delle interazioni forti tra protoni e neu-troni. Utilizzando questa stima si trova un va-lore del cammino libero medio di un neutrinonell’acqua—cioè della distanza media che unneutrino può percorrere senza che si verifichinocollisioni con le particelle del mezzo circostan-te—dell’ordine di dieci anni luce (un anno luce èpari a 9461 miliardi di km).

I neutrini possono essere osservati solo indi-rettamente, attraverso le interazioni tra le altreparticelle prodotte nelle interazioni deboli e lamateria di cui è fatto il rivelatore. Poiché que-ste interazioni si verificano in modo casuale, peraumentarne la frequenza sono necessari fasci dineutrini sufficientemente intensi e grandi quan-tità di materia: più neutrini, più materia, piùinterazioni, più eventi.

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Questa strada è stata battuta con costanza egrande successo da Frederick Reines e Clyde Co-wan [2], che utilizzarono come sorgente il reat-tore nucleare di Savannah River—capace di pro-durre un flusso di 1013 antinueutrini per centi-metro quadrato al secondo—e come rivelatoreun apparato (rappresentato nella Fig. 1) costitui-to da tre serbatoi contenenti ciascuno 1200 litridi liquido scintillante alternati con due serbatoiriempiti con 400 litri d’acqua e 40 kg di cloruro diCadmio. Il rivelatore era situato ad una distanzadi 11 m dalla sorgente, ed interrato a una profon-dità di 12 m, per schermarlo dal fondo dovutoalla radiazione cosmica.

Figura 1: Rivelatore usato da Reines e Cowan per l’espe-rimento di Savannah River, che ha fornito laprima conferma sperimentale dell’esistenza deineutrini. I serbatoi I, II e III contenevano liqui-do scintillante, mentre quelli indicati con A eB erano riempiti d’acqua e cloruro di Cadmio.Sulle facce esterne dei serbatoi I, II e III eranoinstallati 90 tubi fotomoltiplicatori.

Gli antineutrini provenienti dal reattore pote-vano interagire con l’idrogeno dell’acqua tramiteil decadimento beta inverso, cioè il processo

ν + p→ n+ e+ .

Il positrone prodotto si annichilava immediata-mente con un elettrone atomico, dando luogoall’emissione di due fotoni che venivano rivelatida tubi fotomoltiplicatori, e circa 10 msec più tar-di il neutrone veniva catturato da un nucleo diCadmio, con conseguente emissione di un altrofotone.

Con il reattore in attività, Reines e Cowan rive-larono circa 3 eventi all’ora, una frequenza moltomaggiore di quella degli eventi dovuti ai raggicosmici. Il 14 giugno 1956 furono quindi in gra-do di comunicare a Pauli che il neutrino era statofinalmente osservato in modo definitivo.

Gli esperimenti moderni, il cui scopo principa-le è la determinazione delle proprietà del neutri-no attraverso l’osservazione delle sue oscillazionitra stati di diverso sapore, sono per lo più progetta-ti seguendo uno schema concettualmente similea quello utilizzato per l’esperimento di SavannahRiver. In molti casi, i segnali osservati vengonoperò prodotti attraverso meccanismi di reazionecomplessi, nei quali la struttura e la dinamica deinuclei atomici dei materiali presenti nel rivela-tore giocano un ruolo fondamentale. La misuradi precisione delle grandezze fisiche rilevanti ri-chiede quindi che tutti questi meccanismi, checontribuiscono a determinare la sezione d’urtoneutrino-nucleo, siano ben compresi e descrittiaccuratamente.Per riassumere, possiamo dire che la misura

delle oscillazioni dei neutrini è basata sull’osser-vazione di processi di diffusione neutrino-nucleonei quali il nucleo bersaglio funge da rivelatore,mentre il segnale osservato viene utilizzato perdeterminare le proprietà, largamente sconosciu-te, della sonda. Non va però dimenticato che lostesso segnale può anche contenere informazionipreziose su aspetti ancora poco noti della dina-mica nucleare, difficili o impossibili da studiareusando come sonde leptoni carichi o adroni.

L’osservazione delle oscillazionidei neutrini

Secondo il Modello Standard dell’interazioneelettrodebole, i neutrini hanno massa nulla edesistono in tre diversi stati di sapore. Oltre alneutrino elettronico, sono stati infatti osserva-ti neutrini emessi o assorbiti insieme agli altridue leptoni carichi, il muone ed il tau. I neutrinielettronici, muonici e tauonici, νe, νµ e ντ , parteci-pano a reazioni in cui compaiono esclusivamentei leptoni carichi corrispondenti. Quindi, nel Mo-dello Standard, il numero leptonico associato aciascun sapore è una grandezza conservata.

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Grazie ai risultati di una serie di esperimen-ti effettuati negli ultimi due decenni, oggi sap-piamo che la massa del neutrino è certamentediversa da zero, pur essendo molto minore delvalore—dell’ordine di grandezza dellamassa del-l’elettrone —suggerito da Pauli nella sua famosalettera alle “Care Signore e Signori Radioattivi”.Se i neutrini avessero massa nulla, gli stati di

diverso sapore sarebbero degeneri. In questo ca-so, esistererebbe una base in cui l’hamiltonianaed i numeri leptonici potrebbero essere diago-nalizzati simultaneamente. In presenza di unamassa diversa da zero, invece, gli stati che descri-vono i neutrini di sapore assegnato differisconodagli autostati dellamatrice dimassa, e si verificail fenomeno tipicamente quantistico del mescola-mento. A sua volta, il mescolamento è all’originedelle oscillazioni dei neutrini, ipotizzate per pri-mo da Bruno Pontecorvo già nel 1957, poco dopola scoperta di Reines e Cowan.Supponiamo che un’interazione debole dia

luogo all’emissione di un neutrino di sapore α.Lo stato del neutrino è descritto da una combi-nazione degli autostati di massa νk (k = 1, 2, 3)

secondo la

| να〉 =∑

k

U∗α,k | νk〉 ,

dove U è la matrice unitaria che determina il me-scolamento. Al momento in cui viene rivelato,il neutrino si troverà ancora in un autostato disapore, che chiameremo β, ma poiché durantela propagazione dalla sorgente al rivelatore lefasi della funzione d’onda corrispondenti ai di-versi autostati della massa evolvono nel tempoin maniera diversa, esiste una probabilità finitache il neutrino rivelato sia in uno stato di saporediverso da quello del neutrino emesso, cioè chesia β 6= α. Ad esempio, un neutrino elettronico,dopo aver percorso una distanza sufficientemen-te lunga, può essere osservato come neutrinomuonico.Nel caso semplice di due sapori la matrice U

dipende da un solo parametro, l’angolo di me-scolamento θ, e la relazione tra gli autostati delsapore e quelli della massa è

|να〉 = cos θ|ν1〉 − sin θ|ν2〉|νβ〉 = sin θ|ν1〉+ cos θ|ν2〉 .

La probabilità che un neutrino prodotto in unostatoα con energiaEν venga osservato nello statoβ dopo aver percorso la distanzaL si può scriverenella forma

P (α→ β) = sin2 2θ sin2

(1.267 ∆m2 L

),

dove ∆m2 = m22 − m2

1, e le mi, Eν e L sonoespresse, rispettivamente, in eV, GeV e km. Sinoti che θ e ∆m2 sono le proprietà intrinsechedei neutrini che si vogliono determinare con lamisura, mentreEν edL sono grandezze caratteri-stiche dell’apparato sperimentale. L’espressionedi P (α→ β) mostra chiaramente che se i neutri-ni oscillano le loro masse sono diverse da zero, eviceversa.

Nel caso di tre sapori la descrizione della pro-babilità di oscillazione è analoga, ma più com-plessa. I parametri da determinare sono tre ango-li di mescolamento, tre differenze tra i quadratidelle masse ed una fase.

Le oscillazioni dei neutrini hanno avuto molteverifiche sperimentali. Sul finire degli anni ses-santa, l’esperimento Homestake [3] ha osservatoun deficit di neutrini solari, rispetto alle previ-sioni del modello standard del Sole, la cui in-terpretazione in termini di oscillazioni è statadefinitivamente confermata nel 2001 dalle mi-sure effettuate al Sudbury Neutrino Observato-ry (SNO) [4]. Nel frattempo, le oscillazioni deineutrini atmosferici erano state osservate per laprima volta dall’esperimento SuperKamiokande,nel 1998 [5].

Molti esperimenti recenti hanno utilizzato neu-trini prodotti da sorgenti artificiali, cioè reattorinucleari [6, 7, 8, 9] o macchine acceleratrici, nellequali i neutrini vengono prodotti dal decadimen-to in volo di pioni, ottenuti a loro volta dallecollisioni del fascio primario di protoni con unbersaglio [10, 11, 12, 13, 14, 15].Negli esperimenti che utilizzano fasci di neu-

trini prodotti da acceleratori, la cui energia variatra qualche centinaio di MeV a qualche decina diGeV, la distanza L tra la sorgente ed il rivelatore(baseline), scelta in modo da massimizzare la pro-babilità di oscillazione, è tipicamente dell’ordinedelle centinaia di km. Gli esperimenti progettaticon questi valori di L sono chiamati long baseline.

Le oscillazioni dei neutrini possono essere rive-late osservando, a distanza L dalla sorgente, una

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diminuzione del numero di neutrini di un de-terminato sapore (esperimenti di “scomparsa”,o disappearance), oppure la presenza di neutrinidi sapore diverso da quello del fascio originario(esperimenti di “comparsa”, o appearance).

Gli esperimenti in modalità disappearance ri-chiedono elevata statistica e una conoscenza ac-curata delle proprietà del fascio di neutrini inci-dente, in particolare l’intensità e la distribuzionein energia, in quanto sia la probabilità di oscil-lazione che la sezione d’urto di interazione di-pendono dall’energia del neutrino Eν . In molticasi, poiché queste caratteristiche del fascio nonsono note a priori con la precisione necessaria,vengono utilizzati due rivelatori, posti a distanzadiversa dalla sorgente: uno vicino (near detector),che permette di effettuaremisure usando il fasciooriginario, ed uno lontano (far detector), col qualele misure vengono ripetute dopo che i neutrinihanno percorso la distanza L. Negli esperimentiin modalità appearance, d’altra parte, non è ri-chiesta una statistica elevata, ma è importanteconoscere se e quanti neutrini di sapori diversisono inizialmente presenti nel fascio.Nelle misure effettuate in modalità disappea-

rance, i parametri di oscillazione vengono deter-minati analizzando la dipendenza dall’energiadella probabilità di oscillazione, che si ottienefacendo il rapporto tra il numero di eventi rivela-ti, rispettivamente, con il far e il near detector. Ilrisultato ottenuto dalla Collaborazione T2K ap-plicando questa procedura è riportato nella Fig. 2,che illustra la relazione tra il segnale misuratoed i parametri che caratterizzano l’oscillazione.I neutrini interagiscono con la materia del ri-

velatore mediante correnti cariche o neutre, tra-sferendo al bersaglio energia e impulso. Nell’in-terazione di corrente carica (CC), che avvienetramite lo scambio di un bosoneW±, il neutrinoviene assorbito dalla particella di materia con cuiinteragisce—un nucleone legato all’interno di unnucleo atomico—e viene emesso il leptone caricoassociato. Il leptone carico presente nello statofinale è generalmente l’unica particella che vie-ne rivelata. Nell’interazione di corrente neutra(NC), che avviene tramite lo scambio di un boso-ne Z0, il neutrino rimane neutrino, ed è quindipresente nello stato finale. In questo caso, quelloche viene rivelato può essere il nucleo bersaglioche rincula o, se il nucleo si disintegra, i prodotti

1. disappearance measurement 2 goals for T2K and NOvA experiments

(1) precision measurement for m2 and sin2223 through events

- Accurate neutrino energy reconstruction(2) e appearance measurement- Careful rejection of background reactions

Teppei Katori, Indiana University03/05/08 7

mis-reconstruction of neutrino energy spoils disappearance signals

sin2223

m2

Reconstructed neutrino energy (GeV)

T2K collabo.

background

Reconstructed neutrino energy at far detector

T2K collabo.

far/n

ear

ratio

Figura 2: Andamento della probabilità di oscillazione os-servata dalla Collaborazione T2K, in funzionedell’energia del neutrino ricostruita analizzan-do le particelle prodotte nell’interazione con ilnucleo bersaglio.

della reazione.Le interazioni CC sono più semplici da osser-

vare, perchè elettroni e muoni lasciano traccefacilmente visibili nei rivelatori. Inoltre l’identi-ficazione del leptone carico prodotto permettedi risalire al sapore del neutrino incidente. Peresempio, se si rivela un elettrone se ne dedu-ce che il neutrino iniziale era di tipo elettronico.Inoltre, la produzione di un leptone carico richie-de che sia disponibile una quantità di energiasufficiente da trasformare nella sua massa. Que-sto implica che per neutrini di energia molto bas-sa (neutrini solari o neutrini prodotti da reattori)le interazioni CC possono interessare esclusiva-mente neutrini di tipo elettronico. L’interazioneNC, al contrario, non permette l’identificazionedel sapore del neutrino iniziale.

La ricostruzione dell’energia delneutrino

Come abbiamo visto, gli esperimenti long baseli-ne—che utilizzano fasci di neutrini prodotti daacceleratori—sono basati sull’osservazione del-la dipendenza della probabilità di oscillazionedall’energia del neutrino incidente, Eν . Questaquantità non è però nota a priori, essendo di-stribuita secondo un flusso del tipo di quello

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illustrato nella Fig. 3, che si riferisce all’espe-rimento MiniBooNE. Si vede chiaramente cheneutrini con energie che differiscono di moltecentinaia di MeV vengono prodotti con la stessaprobabilità. Di conseguenza, il valore di Eν de-ve essere ricostruito a partire dalle proprietà os-servate delle particelle prodotte nell’interazioneneutrino-nucleo.

Figura 3: Dipendenza dall’energia del flusso di neutriniutilizzato dall’esperimento MiniBooNE.

Gli esperimenti che usano fasci di neutrini conenergie piccate intorno a 600 – 800 MeV, comeT2K e MiniBooNE, determinano il valore di Eνdagli eventi prodotti da interazioni CC utiliz-zando le variabili cinematiche del leptone caricopresente nello stato finale, cioè la sua energiacinetica e l’angolo di emissione, che vengono mi-surate in grandi rivelatori Cherenkov riempitid’acqua o di olio minerale.Questa tecnica, chiamata ricostruzione cine-

matica, è utilizzata principalmente per gli eventiquasi elastici—caratterizzati dall’assenza di pio-ni nello stato finale—che forniscono il contribu-to dominante alla sezione d’urto totale a ener-gie relativamente basse. La sua applicabilità ri-chiede però che sia verificata una ipotesi moltostringente sul meccanismo di reazione.L’algoritmo di ricostruzione è basato sull’as-

sunto che il neutrino interagisca con un singolonucleone in quiete, la cui energia di legame al-l’interno del nucleo viene approssimata con unacostante, ε. In questo caso, lo stato finale consistedi un leptone carico, un nucleone emesso dal nu-cleo bersaglio e un nucleo residuo in uno statolegato.

Esperimenti effettuati utilizzando fasci di elet-troni hanno dimostrato chiaramente che mecca-nismi di reazione diversi dall’emissione di unsingolo nucleone possono produrre eventi che,pur essendo identificati come quasi elastici dalpunto di vista sperimentale, sono caratterizzatida stati finali più complessi. La ricostruzione ac-curata dell’energia del neutrino in eventi di que-sto tipo—che discuteremo più avanti—richiedeovviamente algoritmi più complessi, basati sumodelli realistici della dinamica nucleare.A energie maggiori di ∼ 1 GeV il contributo

dei processi inelastici—produzione di risonanzee diffusione profondamente inelastica—aumentafino a diventare dominante. La determinazionedell’energia del neutrino in questo regime cine-matico richiede la ricostruzione di eventi caratte-rizzati dalla presenza nello stato finale di moltiadroni, sia nucleoni che mesoni. Questo tipo dianalisi è possibile, almeno in linea di principio,utilizzando la tecnica calorimetrica.I calorimetri sono rivelatori che permettono

di misurare la cosiddetta energia visibile—cioèl’energia cinetica depositata dalle particelle pre-senti nello stato finale—associata ad ogni evento.Dispositivi di questo tipo sono già stati utilizza-ti dagli esperimenti MINOS [12], OPERA [14]e NOνA [16], e avranno un ruolo fondamenta-le in esperimenti attualmente in fase di proget-tazione, come il Deep Underground NeutrinoExperiment (DUNE) [17].La tecnica calorimetrica è ovviamente basata

sulla capacità di ricostruire correttamente lo statofinale, che dipende in primo luogo dalle caratte-ristiche e dalle prestazioni del rivelatore. Anchegli effetti nucleari sono però molto importanti,poiché possono essere all’origine di una quantitàsignificativa di energia mancante, che rende pro-blematica la ricostruzione di Eν . Per esempio, seun pione prodotto al vertice primario di intera-zione è riassorbito all’interno del nucleo, la suaenergia non viene depositata nel calorimetro, econtribuisce all’energia mancante.In conclusione, indipendentemente dal meto-

do utilizzato per la ricostruzione, la determina-zione dell’energia del neutrino—indispensabileper ottenere i parametri di oscillazione dall’a-nalisi del segnale osservato—richiede che tuttii meccanismi di reazione attivi nell’interazioneneutrino-nucleo siano descritti accuratamente.

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Meccanismi di reazione

Benchè le interazioni dei neutrini con i nucleoniliberi siano piuttosto ben conosciute, la descrizio-ne delle interazioni con i nuclei atomici presentanotevoli difficoltà. La complessità della dinami-ca delle interazioni forti, all’origine delle forzeagenti tra i nucleoni, dà luogo ad una varietà diprocessi, che contribuiscono alla sezione d’urtoneutrino-nucleo con un peso relativo dipenden-te, oltre che dall’energia del neutrino incidente,dalla cinematica del processo di diffusione.Un ruolo determinante lo gioca l’impulso tra-

sferito, q, che determina la risoluzione spazialecon cui la sonda “vede” il nucleo bersaglio, λ,attraverso la semplice relazione λ ∼ π/q.

Per valori di λ dell’ordine del raggio nucleare,che nel caso dei materiali usati per i rivelatoriè compreso nell’intervallo 2.5 – 5 fm, (1 fm =10−13 cm, 1 fm−1 = 197.3 MeV), l’interazione hacome risultato il rinculo del nucleo bersaglio, che,a seconda dell’energia trasferita, può restare nel-lo stato fondamentale o essere eccitato ad unostato dello spettro discreto.A momenti trasferiti maggiori di ∼ 500 MeV,

d’altra parte, λ diventa minore della distanzamedia che separa i nucleoni all’interno del nu-cleo. In questo regime cinematico l’interazio-ne coinvolge per lo più un singolo nucleoneche—almeno in prima approssimazione—ricevetutto l’impulso e l’energia trasferiti dalla son-da. È però importante ricordare che si tratta diun nucleone in moto e legato all’interno del nu-cleo, la cui risposta all’interazione debole èmoltodiversa da quella di un nucleone libero in quiete.

Se l’energia del neutrino è dell’ordine delle cen-tinaia di MeV, nella maggior parte delle collisionila frazione trasferita al nucleone non è sufficientead eccitarne i gradi di libertà interni né, a mag-gior ragione, a provocarne la frammentazione.In questo caso, il meccanismo dominante è la dif-fusione quasi elastica. Per esempio, nel caso diuna interazione NC con il nucleo di ossigeno, il-lustrato schematicamente nella Fig. 4 la reazionerilevante è la

ν` + 168O→ ν ′` + p+ 15

7N?,

dove l’indice ` si riferisce al sapore leptonico, e168O denota il nucleo di ossigeno—composto daZ = 8 protoni e A− Z = 8 neutroni—nello stato

fondamentale. Nello stato finale sono presenti,oltre al neutrino, un protone emesso dal nucleodi ossigeno e il nucleo residuo, 15

7N∗, che può

trovarsi nello stato fondamentale o in un qual-siasi altro stato legato. Quindi, come abbiamoanticipato nella sezione precedente, dal punto divista sperimentale, i processi quasi elastici sonocaratterizzati dall’assenza di pioni, che vengonoprodotti principalmente nei decadimenti deglistati eccitati del nucleone.

ν(Eν,k

)

ν′(E′ν,k

′)

p’s n’s

Figura 4: Rappresentazione schematicha dell’interazionedi corrente neutra tra un neutrino di quadrim-pulso k ≡ (Eν ,k) ed un protone nel livello1p3/2 dello stato fondamentale del nucleo diossigeno. Nello stato finale del processo sonopresenti, oltre al neutrino, un protone, emessodal nucleo di ossigeno, ed un nucleo di azoto.

Il meccanismo illustrato nella Fig. 4 è basatosull’ipotesi che la dinamica nucleare possa es-sere descritta in termini di un campo medio chegenera i livelli energetici occupati dai nucleoni.In questo schema, che è alla base del modelloa shell nucleare, nello stato fondamentale pro-toni e neutroni occupano i livelli di energia piùbassa—nel caso dell’ossigeno i livelli 1s1/2, 1p1/2e 1p3/2

1 —che costituiscono il mare di Fermi, esi comportano come un insieme di particelle in-dipendenti. L’implementazione più radicale diquesto approccio è il modello a gas di Fermi, nelquale il nucleo è descritto come un gas degeneredi nucleoni con un’energia di legame media ε.1Usiamo la notazione spettroscopica, secondo la quale glistati con momento angolare orbitale, L = 0 e 1 sonoindicati, rispettivamente, con le lettere s e p. L’indice inbasso si riferisce all’autovalore del momento angolaretotale, J .

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A partire dagli anni sessanta, molti esperimen-ti di diffusione ellettrone-nucleo hanno analizza-to i limiti del modello a shell, rivelando deviazio-ni significative rispetto alle sue previsioni dovutealla presenza di forti correlazioni tra i nucleoni.Le correlazioni si manifestano attraverso col-

lisioni tra coppie di nucleoni nello stato fonda-mentale del nucleo, che hanno come conseguen-za l’eccitazione di entrambe le particelle a statidello spettro continuo al di fuori del mare diFermi. La conseguente riduzione della proba-bilità di occupazione dei livelli energetici pre-visti dal modello a shell è stata confermata daesperimenti effettuati usando una grande varietàdi nuclei bersaglio—dall’elio fino al piombo—econdizioni cinematiche diverse.Se l’interazione con il neutrino coinvolge una

delle particelle appartenenti alla coppia correla-ta, nello stato finale del processo sono presentidue nucleoni emessi dal nucleo bersaglio e unnucleo residuo di A-2 nucleoni. Per esempio, nelcaso di interazione CC con l’ossigeno si possonoverificare le reazioni

ν` + 168O→

{`− + p+ n + 14

8O?

`− + p+ p + 147N

? .

Poiché in molti esperimenti l’unica particellarivelata è il leptone carico, `−, dal punto di vistaosservazionale questi processi sono indistingui-bili dalla reazione in cui viene emesso un solonucleone

ν` + 168O→ `− + p+ 15

8O?,

e il loro contributo deve essere incluso nell’ana-lisi dei dati. Nel caso in cui sono presenti duenucleoni nello stato finale la ricostruzione dell’e-nergia del neutrino è però molto più complica-ta, e richiede un modello della dinamica nuclea-re che includa in modo esplicito l’effetto dellecorrelazioni tra in nucleoni.Altri due meccanismi danno luogo a proces-

si con emissione di due nucleoni: l’interazionenello stato finale tra il nucleone che ha assorbitoil quadrimpulso trasferito dal neutrino e un nu-cleone “spettatore”, e le interazioni nelle quali ilquadrimpulso trasferito viene condiviso da duenucleoni. Un esempio di quest’ultimo tipo direazione è il processo in cui l’interazione debolecoinvolge un mesone scambiato tra due nucleoni

interagenti.Notiamo infine che, anche nel regime cinema-

tico in cui la diffusione quasielastica è dominan-te—per esempio, all energie tipiche dell’esperi-mento MiniBooNE contribuisce per circa il 60%alla sezione d’urto totale—le reazioni in cui lostato finale contiene almeno un pione rappresen-tano un fondo molto importante, la cui descrizio-ne è fondamentale per la corretta interpretazionedel segnale osservato.

Stato dell’arte e prospettive

Negli ultimi 10 anni, l’attività—sia teorica chesperimentale—dedicata allo studio delle sezio-ni d’urto neutrino-nucleo ha subito un notevoleimpulso, dovuto soprattutto alla crescente consa-pevolezza del ruolo giocato da queste grandezzenella misura dei parametri che caratterizzano leoscillazioni.

Gli esperimenti in corso ed in fase di costruzio-ne hanno il duplice scopo di misurare la sezioned’urto dei neutrini e fare luce sui meccanismilegati alla dinamica delle interazioni forti e allastruttura del nucleo, molti dei quali ancora pococonosciuti, che la determinano.L’esperimento MINERνA [18], già in fase di

presa dati al Fermi National Accelerator Labo-ratory (FNAL), nei pressi di Chicago, misureràsezioni d’urto di neutrini ed antineutrini di ener-gia Eν ∼ 3.5 GeV, usando come rivelatore 5 ton-nellate di scintillatore plastico e come bersaglinuclei di idrogeno, elio, carbonio, ossigeno, ferroe piombo.

L’esperimento MicroBooNE [19], in costruzio-ne al FNAL, studierà la sezione d’urto nuclearedi neutrini di energiaEν ∼ 1 GeV utilizzando unrivelatore riempito con 170 tonnellate di argon li-quido. Sempre al FNAL, le potenzialità di questotipo di rivelatore sono state esplorate nell’ambitodel progetto ArgoNeuT [20], che ha analizzato leinterazioni di neutrini nell’intervallo di energia100 MeV - 1 GeV .

Malgrado la statistica modesta, gli eventi ri-velati dalla Collaborazione Argoneut hanno for-nito un’evidenza molto convincente di processicon emissione di due nucleoni. Le informazioniestratte da queste misure sono un prezioso com-plemento a quelle ottenute dagli esperimenti didiffusione di elettroni. Il nucleo di argon, che

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in un esperimento come DUNE avrà il ruolo dirivelatore, in questo caso ha svolto perfettamenteil ruolo del bersaglio, la cui struttura e dinamicainterna sono state analizzate usando il neutrinocome sonda.La tecnica di rivelazione basata sull’uso di ar-

gon liquido, proposta alla fine degli anni settantaed implementata per la prima volta ai LaboratoriNazionali del Gran Sasso nel rivelatore ICARUS[21], avrà un ruolo fondamentale negli esperi-menti futuri. Preziose informazioni sul nucleo diargon saranno acquisite da un esperimento di dif-fusione di elettroni in programma alla ThomasJefferson National Accelerator Facility, a New-port News, Virginia, nella prima metà del 2017[22]. La misura della sezione d’urto del processo

e+ 4018Ar→ e′ + p+ 39

17Cl ,

in cui l’elettrone diffuso ed il protone emesso ven-gono rivelati in coincidenza, permetterà di de-terminare la distribuzione di impulso ed energiadei nucleoni nello stato fondamentale del nucleobersaglio. La conoscenza di questa grandezzasarà un elemento essenziale per la ricostruzionedell’energia del neutrino negli eventi rivelati daDUNE.Dal punto di vista teorico, ci sono stati pro-

gressi significativi nello sviluppo di modelli sem-pre più realistici della sezione d’urto neutrino-nucleo, nella maggior parte dei casi basatisu approcci già utilizzati con successo per ladescrizione delle sezioni d’urto di elettroni.Il problema specifico più importante che si

deve affrontare nel caso della diffusione di neu-trini nasce dal fatto che l’energia del fascio nonè ben definita, e la sezione d’urto misurata è inrealtà la media su una distribuzione del tipo diquella illustrata nella Fig. 3. Di conseguenza, èimpossibile conoscere con precisione l’energiatrasferita al nucleo bersaglio, il cui valore, comeabbiamo visto, è il fattore principale che determi-na il meccanismo di reazione. Per esempio, unevento quasi elastico di tipo CC—caratterizzato,oltre che dall’assenza di pioni nello stato fina-le, dai valori misurati dell’angolo di emissione edell’energia cinetica del leptone carico—può cor-rispondere a energie trasferite diverse, e quindia meccanismi di produzione diversi.La sfida da vincere nei prossimi anni sarà la

definizione di uno schema capace di descrivereinmodo consistente tutti i meccanismi di reazioneattivi ad energie comprese tra qualche centinaiodi MeV e qualche GeV. Inoltre, il formalismo uti-lizzato dovrà prestarsi ad essere implementatoin modo efficiente nei programmi di simulazioneutilizzati per l’analisi dei dati, molti dei qualisono ancora basati sul modello nuclear a gas diFermi.

Z M Y

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\ d [

Maria Benedetta Barbaro: Professore associatodi Fisica Teorica presso l’Università di Torino, do-ve tiene corsi di Meccanica Quantistica, Strutturadella Materia e Teoria dei Sistemi Complessi alleAlte e Basse Temperature. È autrice di numero-se pubblicazioni nel campo della fisica nucleareteorica e delle interazioni elettrodeboli nei nuclei.

Omar Benhar: Dirigente di ricerca dell’IstitutoNazionale di Fisica Nucleare, tiene il corso diTeorie di Gauge all’Università di Roma “La Sa-pienza”. È autore di numerose pubblicazionisulla teoria dei sistemi di molti corpi, le intera-zioni elettrodeboli dei nuclei e le proprietà dellestelle compatte.

Carlotta Giusti: Professore associato di FisicaNucleare presso l’Università degli Studi di Pa-via, dove tiene i corsi di Introduzione alla FisicaNucleare e Fisica Nucleare. È autrice di numero-se pubblicazioni nel campo della fisica nucleareteorica e delle interazioni elettrodeboli nei nuclei.

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Neutrini e SupernovaeAlessandro Mirizzi Dipartimento Interateneo di Fisica “Michelangelo Merlin” e INFN Bari

La sorgente di neutrini più spettaco-lare dell’Universo è l’esplosione diuna supernova, che corrisponde al-

la fase terminale di una stella di gran-de massa. Durante questo processo laluminosità dei neutrini è paragonabile aquella dell’intero Universo. Per questaed altre eccezionali caratteristiche, la ri-velazione di neutrini da supernova, in ri-velatori sotterranei, rappresenta una del-le prossime frontiere dell’astrofisica deineutrini.

Collasso stellare ed esplosionedi una supernova

Le stelle di massa superiore a 8masse solari (M�)diventano inevitabilmente instabili nelle fasi ter-minali della loro evoluzione. Esse, come d’al-tronde tutte le stelle, generano energia attraversola fusione nucleare dei loro nuclei d’idrogeno inelio. Tuttavia, a differenza del Sole, queste stelle,giunte ad una fase avanzata del proprio ciclo vi-tale, non si limitano a fondere l’elio in carbonio,ma in virtù della loro massa sufficientemente ele-vata, sono in grado di attuare dei cicli di fusioneche dal carbonio portano alla produzione di ele-menti sempre più pesanti. Esse evolvono dunquein una struttura “a cipolla”, con una sequenza distrati concentrici dentro i quali avvengono rea-zioni nucleari di natura diversa. Lo strato piùesterno è costituito di idrogeno (H). Procedendoverso il centro della stella, si trovano in sequenzagli strati di elio (He), carbonio (C), ossigeno (O),

Figura 1: Schema degli strati “a cipolla” di una stella digrande massa nelle ultime fasi di vita. (Non inscala).

neon (Ne), magnesio (Mg), silicio (Si), e il nucleocentrale composto da ferro (Fe) (Fig. 1).Quest’ultimo, di raggio ∼ 103 km, è sostenu-

to dalla pressione di degenerazione degli elettroni(vedi il riquadro), finchè la sua massa supera lamassa critica di Chandrasekhar, che indica il li-mite superiore di massa per stelle sostenute dellapressione di degenerazione. Quando la massadel nucleo supera tale limite (∼ 1.3M�) questodiventa instabile e collassa a causa della gravi-tà. Il collasso è arrestato dalle forze repulsivenucleari in corrispondenza al valore di densitàρnucl ∼ 2.8× 1014 g/cm3, oltre la quale la mate-ria nucleare diventa difficilmente comprimibile.A questo punto, la pressione è sufficiente a fer-

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Pressione di degenerazionePressione di degenerazionePressione di degenerazione

La pressione che si instaura in un corpo soggetto ad altissime compressioni, chiamata pressionedi degenerazione, trae la sua origine dal fatto che il principio di esclusione di Pauli impedisce alleparticelle che costituiscono la materia (fermioni) di occupare lo stesso stato quantico. Pertanto,se si prova ad avvicinare continuamente le particelle fino al punto che la loro posizione diventiindistinguibile, esse si devono posizionare in stati energetici differenti. La riduzione forzatadel volume a loro disposizione costringe le particelle a occupare anche gli stati quantici ad altaenergia. La resistenza presentata a un’ulteriore compressione si manifesta nella forma di unapressione che si oppone alla compressione, la pressione di degenerazione.

mare il collasso, causando il rimbalzo della partepiù interna del nucleo. Forti onde di pressio-ne sono riflesse dal centro e, quindi, procedonoverso l’esterno. Come risultato, il nucleo inter-no della stella, agendo come un pistone, generaun’onda d’urto nella parte più esterna, a 50-100km dal centro. Questo meccanismo può capovol-gere l’iniziale scenario di implosione del nucleostellare. Se abbastanza energia è immagazzinatanell’onda d’urto, quest’ultima espelle il mantellostellare fuori dal nucleo di ferro. Infatti, l’ondad’urto può raggiungere la superficie della stellaed erompere in una esplosione violenta. Si hacosì una supernova a collasso gravitazionale. Le fasidell’esplosione di una supernova sono illustratein Fig. 2.

Neutrini da supernova

L’onda d’urto propagandosi dissipa energia dis-sociando i nuclei atomici di ferro, nelle regioniche attraversa. I protoni liberati dalla scissio-ne dei nuclei di ferro, permettono una veloceneutronizzazione del nucleo stellare, grazie alprocesso beta: e− + p → n + νe, causando un’e-missione di neutrini elettronici chiamata emis-sione di neutronizzazione. Grazie a questo pro-cesso il nucleo originario evolve in una proto-stella di neutroni. La parte esterna del nucleo,intanto, continua a cadere verso il centro, deposi-tandosi sulla protostella, la cui massa raggiunge1.4 − 1.6M�. I neutrini elettronici emessi sfug-gono liberamente finchè la densità del nucleodiventa così alta da renderlo opaco per i neutrini.I processi più importanti per l’intrappolamentodei neutrini sono: (i) diffusione su nucleoni li-beri (ν + N → ν + N), (ii) diffusione coerente

Figura 2: Le fasi del collasso gravitazionale del nucleo diuna stella di grande massa. All’interno dellastella in un avanzato stadio evolutivo (a), lafusione nucleare termina con la sintesi del fer-ro, che, depositandosi al centro dell’astro, va acostituire un nucleo inerte (b) che in breve tem-po raggiunge la massa limite di Chandrasekhar,iniziando a collassare. La materia della partepiù interna del nucleo degenera in neutroni edemette neutrini (c), causando un rimbalzo dellamateria (d) che dà origine ad un’onda d’urto(in rosso). Il fronte d’urto inizialmente tendea rallentare (e), ma è rinvigorito da processiche includono interazioni tra i neutrini. L’on-da spazza via gli strati circostanti il nucleo (f),lasciando solo un residuo di materia degenere:una stella di neutroni compatta.

su nuclei pesanti (ν + (Z,A)→ ν + (Z,A)), (iii)assorbimento da nucleone (νe +n→ p+ e−), (iv)diffusione neutrino-elettrone (ν + e− → ν + e−).L’effetto di questi processi può essere stimato va-lutando il libero cammino medio per i neutriniλ = 1/ρσ ∼ 10 m, dove ρ ∼ 1038 nucleoni/cm3

è la densità della protostella, e σ ∼ 10−41 cm2 èl’ordine di grandezza tipico delle sezioni d’urtoper i processi indicati. Il libero cammino medio

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Classificazione delle supernovaeClassificazione delle supernovaeClassificazione delle supernovae

La classificazione più utile per le supernovae è basata sul meccasimo fisico di esplosione:termonucleare oppure collasso gravitazionale. Stelle con massa 4 < M < 8M� che sonoevolute in nane bianche e si trovano in sistemi binari possono inglobare una massa critica dimateria dalla stella compagna. La quantità di materiale ricevuto può essere tale da innalzare latemperatura del suo nucleo fino al punto di fusione del carbonio. A questo punto si innesca unaserie di processi termici che disgrega completamente la nana bianca. Nel caso di supernovaedi tipo termonucleare l’emissione dei neutrini è trascurabile. Le stelle di massa maggiore(M > 8M�) esplodono invece attraverso collasso gravitazionale come illustrato nel testoprincipale.Le supernovae sono classificate anche sulla base delle caratteristiche delle loro curve di luce edelle linee di assorbimento dei diversi elementi chimici che appaiono nei loro spettri. Una primadivisione viene effettuata sulla base della presenza o dell’assenza delle linee dell’idrogeno. Selo spettro della supernova presenta tali linee (chiamate serie di Balmer nella porzione visibiledello spettro), essa viene classificata come di Tipo II; altrimenti è di Tipo I. Ognuna di queste dueclassi è a sua volta suddivisa in base alla presenza di altri elementi chimici o alla forma dellecurve di luce. In particolare, le supernovae di Tipo Ia presentano la linea del silicio ionizzato (SiII). Le supernovae di Tipo Ib/c non presentano alcuna linea del silicio. Le supernovae di Tipo Ibpresentano la linea dell’elio non ionizzato, mentre quelle di Tipo Ic non presentano alcuna lineadell’elio. Le supernova di tipo termonucleari corrispondono al Tipo Ia. Le curve di luminositàdelle SN Ia sono soprendentemente riproducibili, nel senso che diverse supernovae presentanolo stesso tipo di curve di luce. Per questa ragione sono utilizzate come candele standard incosmologia. Le supernovae a collasso gravitazionale invece corrispondono a quelle di tipoIb/c e II.

risulta molto più piccolo del raggio della proto-stella di neutroni. Dunque, i neutrini intrappola-ti diffondono attraverso la protostella. Una stimadel tempo di diffusione è data dal prodotto delladurata fra due successivi urti per il numero dipassi τ ∼ (λ/c)(R/λ)2 ∼ 10 s. È utile introdurreil concetto di neutrinosfera, che indica il raggio ol-tre il quale un neutrino in media subisce l’ultimourto prima di uscire liberamente dal nucleo. Al-l’interno della neutrinosfera il moto dei neutriniè di diffusione (termica), all’esterno è libero.Nell’intervallo temporale fra 0.5 e 10 s dopo

l’inizio dell’esplosione, la protostella di neutronipuò essere vista come una stella di raggio di circa30 km, che si contrae lentamente e si raffreddaattraverso l’emissione di neutrini e antineutrinidi tutti i sapori. I processi più importanti di emis-sione sono: p + e− → n + νe, n + e+ → p + νe,e++e− → ν+ ν,N+N → N+N+ν+ ν. Questafase è detta emissione termica. Alla fine di questafase si è formata una vera stella di neutroni.Una supernova può dunque essere conside-

rata come un corpo nero che si raffredda attra-

verso l’emissione dei neutrini di tutti i sapo-ri. Quasi tutta l’energia di legame gravitazio-nale (3× 1053 erg) viene portata via dai neutrini,emessi con spettri quasi-termici, con una energiamedia di ∼ 15 MeV.

Supernova 1987A

Rivelatori in grado di misurare un segnale dineutrini da supernova provenienti dalla nostragalassia sono operativi dal 1980, quando il tele-scopio BST (Baksan Scintillator Telescope) entròin funzione. Ma bisogna aspettare l’esplosionedalla prima supernova osservata nel 1987 (SN1987A) per ricevere un segnale di neutrini stellari.Questa supernova è esplosa il 23 Febbraio nellaGrande Nube di Magellano, una piccola galassiasatellite della Via Lattea, ad una distanza da noidi circa 170.000 anni-luce (Fig. 3).

Per la prima volta è stato possibile rintracciarenegli archivi fotografici la posizione dell’esplo-sione e localizzare la stella progenitrice, una su-pergigante blu di massa di 20 M�. Grazie alla

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Figura 3: Esplosione della SN 1987A: prima (sinistra) edopo (destra).

relativa vicinanza della stella, e dunque alla lumi-nosità della supernova, è stato possibile condurreosservazioni con un’accuratezza senza preceden-ti. Inoltre, per la prima (e tuttora unica) volta èstato possibile misurare il segnale dei neutriniassociato all’esplosione della supernova.

Due rivelatori sotterranei, sensibili ad antineu-trini elettronici, Kamiokande II in Giappone eIMB nell’Ohio, rivelarono 11 (Fig. 4) e 8 antineu-trini, rispettivamente, su un arco temporale di10 s. Le misure del telescopio BST risultaronomeno significative. Nonostante la bassa statisti-ca, la quantità di informazioni che gli scienzia-ti hanno estratto da questi pochi eventi è stataconsiderevole.

Figura 4: Gli 11 punti a 0 secondi mostrano gli even-ti dei neutrini dalla SN 1987A osservati daKamiokande II.

Principalmente, il segnale dei neutrini dellaSN 1987A ha confermato la descrizione di unaprotostella di neutroni che si raffredda attraverso

l’emissione dei neutrini. L’energia misurata deisingoli neutrini corrisponde alla temperatura ini-ziale attesa per la protostella di neutroni, mentrela durata del segnale dei neutrini è in accordocon il tempo scala di∼ 10 s per il raffreddamentodella stella. L’accordo eccellente fra la teoria ele osservazioni ha permesso di escludere che lasupernova abbia perso energia attraverso proces-si misteriosi, associati all’emissione di particel-le esotiche come assioni o neutrini sterili. Allostesso tempo lo spettro di energia dei neutriniha permesso di ottenere una stima dell’energiatotale emessa dalla supernova, consistente conla creazione di una stella di neutroni di massa1.4M� e raggio di 15 km.

Inoltre, le misure hanno rivelato anche infor-mazioni fondamentali sulla natura dei neutrinistessi. Poichè i neutrini hanno raggiunto la Terranon più di tre ore prima che la supernova fos-se catturata nelle immagini ottiche, essi devonoaver viaggiato ad una velocità molto prossimaa quella della luce. Poichè particelle più leggereviaggiano più velocemente di quelle più pesanti,gli scienziati hanno concluso che la massa deineutrini è molto piccola. Ciò ha permesso diescludere la possibilità che i neutrini possanoessere la componente dominante della materiaoscura nell’Universo.

Future osservazioni di neutrinida supernova

La lezione impartita dalla SN 1987A è che i neu-trini e la fisica delle supernovae sono strettamen-te legati. Dunque non è inaspettato che uno deipiù grandi desideri degli astronomi e dei fisicidel neutrino sia l’esplosione di una supernovanella nostra galassia. Soprendentemente non èstata rivelata alcuna supernova nella Via Latteadal 1604, quando fu osservata una “nuova stella”nella costellazione Ophiuchus. Essa fu studiatafra gli altri dall’astronomo tedesco Johannes Ke-pler (di cui porta il nome) e dall’italiano Galileo.Appena tre decenni prima, nel 1572, gli astrono-mi in Europa, fra cui il leggendario astronomoda-nese Tycho Brahe, ne avevano avvistata un’altra.Le evidenze correnti suggeriscono che entrambele supernova fossero di tipo termonucleare e nonda collasso gravitazionale.

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Basandosi sulle osservazioni nelle altre galas-sie, gli astronomi stimano che dovrebbero avve-nire circa tre esplosioni di supernova per secolonella Via Lattea. Anche se il materiale interstel-lare assorbisse la luce da una supernova nelle re-gioni più distanti della nostra galassia, esso nonfermerebbe i neutrini, la cui rivelazione dunqueannuncerebbe la morte di una stella di grandemassa nella Via Lattea.Poichè i neutrini da supernova sono emessi

prima della luce, la loro rivelazione può dare inanticipo un allarme agli astronomi che una su-pernova sta per essere visibile. A tal riguardoesiste una rete ai rivelatori di neutrini, chiamataSupernova Early Warning System (SNEWS) proget-tata per dare un precoce avviso agli astronomidell’evento di una supernova nella nostra galas-sia. Essa include tra l’altro i rivelatori Borexinoe Large Volume Detector (LVD) ai Laboratori delGran Sasso in Italia, Super-Kamiokande in Giap-pone e Icecube al Polo Sud. I suddetti rivelatorisono altamente sensibili ad un segnale di neu-trini da una eplosione galattica. Per esempio,Super-Kamiokande dovrebbe registrare diversemigliaia di eventi da una supernova nel centrogalattico, a più di 25.000 anni-luce da noi. Questineutrini potrebbero permettere di localizzare lasupernova nel cielo con una risoluzione di qual-che grado. Icecube dovrebbe ricevere un milionedi eventi, pertanto è il miglior rivelatore per ri-costruire la struttura temporale del segnale deineutrini.

L’alta statistica di neutrini attesa nei rivelatoriattualmente in funzione fornirebbe un quadrodettagliato del collasso gravitazionale. Fra l’altrogli scienziati saranno in grado di determinare seil collasso gravitazionale della stella abbia porta-to ad un buco nero, da cui niente (neanche i neu-trini) può sfuggire, piuttosto che ad una stella dineutroni. Nel caso della formazione di un buconero, il flusso dei neutrini emessi dalla super-nova subirebbe una brusca interruzione. Invecese il risultato dell’esplosione fosse una stella dineutroni, essa emetterebbe neutrini su un temposcala di circa 10 s durante il suo raffreddamen-to, cosicchè il flusso dei neutrini dovrebbe de-crescere gradualmente piuttosto che subire unainterruzione improvvisa.

Anche i fisici delle particelle sono interessati aineutrini da supernova, i quali rappresentano una

rara opportunità per capire come queste particel-le si comportano in condizioni estreme non ripro-ducibili in laboratorio. In particolare, nelle regio-ni più interne di una supernova, la densità deineutrini è così alta, che le loro auto-interazioni,di solito trascurabili, possono alterare la loro evo-luzione di sapore. In queste condizioni i neutri-ni formano un gas denso che può mostrare uncomportamento inusuale, sotto forma di oscilla-zioni collettive. Inoltre le oscillazioni dei neutri-ni nella supernova sono sensibili alla dinamicadell’esplosione. Infatti l’andamento temporaledel segnale dei neutrini potrebbe permettere diseguire in tempo reale la propagazione dell’on-da d’urto nella stella. Infine una delle questioniaperte nella fisica del neutrino è la cosiddetta“gerarchia di massa”, cioè come sono ordinati gliautostati di massa dei neutrini. Sono permessedue possibilità: (i) gerarchia di massa normalese ci sono due autostati di massa leggeri più unopesante, (ii) gerarchia invertita se è presente unautostato leggero e due pesanti. Misurando ineutrini da supernova si potrebbe ottenere unarisposta a questa domanda fondamentale.

Da quanto discusso, emerge che la misura diun prossimo segnale di neutrini da una superno-va galattica avrà un potenziale fisico enorme. Leesplosioni galattiche sono però eventi rari. D’al-tra parte ci sono circa 10 eplosioni di supernovaper secondo nell’Universo visibile. L’emissionecumulativa dei neutrini da tutte le esplosionidi supernova passate ha prodotto un fondo co-smico di neutrini, il cosiddetto fondo diffuso dineutrini da supernova, la cui esistenza era statapredetta già prima della SN 1987A. Sebbene de-bole, questo flusso diffuso è un segnale garantitoche può permettere di sondare una fisica diversada quella di una esplosione galattica, compresiprocessi che avvengono su scale cosmologichenel tempo o nello spazio. In particolare, il segna-le diffuso di neutrini da supernova è sensibile altasso di formazione stellare. Al momento que-sto segnale non è stato ancora rivelato, ma l’e-sperimento Super-Kamiokande ha ottenuto unlimite stringente, che è al di sopra delle tipichestime teoriche solo di circa un fattore 2. Questolimite è incoraggiante e attualmente in Super-Kamiokande è in corso lo studio di tecniche spe-rimentali avanzate per permettere la rivelazionedi questo segnale nei prossimi anni.

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Sebbene un evento di esplosione di una super-nova galattica sia raro, vi sono buone possibilitàche possa accadere nei prossimi decenni. Inoltre,la misura del flusso diffuso dei neutrini da su-pernova potrebbe essere imminente. Non resta,quindi, che essere pazienti e prepararsi, attra-verso lo sviluppo di modelli teorici e proceduresperimentali, per poter rivelare e analizzare nelmiglior modo possibile un simile evento, dal mo-mento che si potrebbe presentare una sola voltanella vita media di un fisico.

Per approfondimenti si veda [1], che è in corsodi pubblicazione.

Z M Y

[1] A. Mirizzi, I. Tamborra, H.-T. Janka, N. Saviano,K. Scholberg, Robert Bollig, Lorenz Hüdepohl, andSovan Chakraborty “Supernova Neutrinos: Produc-tion, Oscillations and Detection,” in preparazioneper La Rivista del Nuovo Cimento, arXiv:1508.00785[astro-ph.HE]

\ d [

Alessandro Mirizzi: È un ricercatore in fisicateorica presso l’Università di Bari. Si è laureatoe addottorato a Bari. Ha svolto attività di ricer-ca presso il Max Planck Institute for Physics diMonaco di Baviera e presso l’Università di Am-burgo. Si occupa di fisica astroparticellare, conparticolare interesse per l’astrofisica e la cosmo-logia dei neutrini e di particelle ipotetiche comegli assioni.

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I neutrini in astrofisicaVincenzo Flaminio Dipartimento di Fisica ed INFN, Università di Pisa, Pisa

La nostra comprensione degli even-ti di altissima energia che hannoluogo in oggetti astrofisici, quali le

esplosioni di Supernovae, i Gamma RayBursts, i Nuclei Galattici Attivi ed altri, èdrasticamente migliorata negli ultimi de-cenni, grazie sopratutto al notevole pro-gresso tecnologico nel campo dell’astro-nomia gamma ed X. L’osservazione deineutrini solari, e poi di quelli emessi nel-l’esplosione della supernova 1987A, hainoltre risposto ad alcuni interrogativi ri-guardanti i processi che hanno luogo al-l’interno di oggetti stellari ed hanno rav-vivato l’interesse verso i neutrini di altaenergia emessi da sorgenti cosmiche. Aciò si è aggiunta ancor più recentemen-te l’osservazione di neutrini di altissimaenergia nell’esperimento IceCube, situatosotto i ghiacci dell’Antartide. In quest’ar-ticolo ci proponiamo di illustrare il ruoloche i neutrini hanno avuto e continuanoad avere nel campo dell’astrofisica, conparticolare riguardo a quella che è notacome astrofisica delle alte energie.

Una brevissima rassegnadell’astronomia moderna

Le prime osservazioni astronomiche ed i primirecord storici di eventi astronomici risalgono aiBabilonesi, agli Egiziani, ai Cinesi, ai Greci e, intempi più recenti, agli Arabi arrivati nel sud del-

l’Europa. Tuttavia fu solo con Copernico e poicon Galileo ed il suo telescopio a rifrazione chenacque la moderna astronomia. Dopo la primadimostrazione del funzionamento del suo tele-scopio, che ebbe luogo aVenezia nel 1609, Galileoriuscì ad utilizzarlo per effettuare un gran nume-ro di osservazioni, quali quella delle montagnee crateri della Luna, delle Lune di Giove, deglianelli di Saturno, delle fasi di Venere.

Da allora importanti sviluppi hanno avuto luo-go nel campo dell’astronomia ottica e, più in ge-nerale, dell’astronomia basata sulla rivelazionedell’emissione elettromagnetica da parte di sor-genti cosmiche. Le limitazioni dei telescopi otticisituati sulla Terra, dovute all’assorbimento e dif-fusione della radiazione da parte dell’atmosfera,sono state superate mediante l’utilizzo di tele-scopi basati su satellite, quali lo Hubble SpaceTelescope, nonché con l’utilizzo di telescopi situa-ti ad alte quote e con l’utilizzo di ottiche adattiveper correggere le distorsioni dei fronti d’ondadovute all’atmosfera.Importanti progressi nel campo dell’astrono-

mia elettromagnetica si sono avuti con lo svilup-po dell’astronomia infrarossa, dovuta a CharlesPiazzi Smyth, che nel 1896 effettuò uno studiodettagliato del calore emesso dalla luna, utiliz-zando una termocoppia. Uno dei vantaggi delleosservazioni effettuate nell’infrarosso deriva dalfatto che tale radiazione è poco assorbita dallenubi di gas situate tra la Terra e le parti centralidella Galassia.

Nei primi anni ’30 un’ulteriore importante svi-luppo si ebbe grazie a Karl Jansky, che osservòper la prima volta l’emissione radio da una zo-na situata al centro della via lattea. Questa fu

75

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Figura 1: Altezza di dimezzamento della radiazione nel-l’atmosfera in funzione della lunghezza d’onda(su scala logaritmica). Come si può vedere dalgrafico, le regioni di maggior trasparenza so-no quelle del visibile e del radio. Raggi X edultravioletti sono fortemente assorbiti. Note-volmente assorbiti sono anche i raggi γ e laradiazione infrarossa.

successivamente identificata con Sagittarius A.La risoluzione angolare dei radio telescopi cosìsviluppati subì un drammatico miglioramentocon l’interferometria radio, sviluppata nel 1946da Martin Ryle ed altri. La risoluzione passò intal modo da qualche decina di minuti d’arco aimillesimi d’arco ottenibili con la moderna ”VeryLong Baseline Interferometry”. L’avvento dellaradioastronomia portò un ulteriore vantaggio,legato al ridotto assorbimento della radiazionenella regione di lunghezze d’onda comprese traqualche centimetro e qualche metro, come mo-strato nelle Figure 1 e 2. Ciò in contrasto con l’e-levato assorbimento da parte dell’atmosfera del-la luce visibile, della radiazione infrarossa (conl’eccezione di poche ”finestre” nella regione deimicron) e delle onde radio di grande lunghezzad’onda. Un gran numero di importanti scoperteastronomiche vennero proprio con l’avvento del-la radioastronomia. Tra queste occorre ricordarequella delle radio galassie alimentate da buchineri supermassivvi, il lensing gravitazionale [1]e, particolarmente importante, la radiazione difondo.La trasparenza del mezzo interstellare a lun-

ghezze d’onda situate nella zona delle onde radioconsente di vedere attraverso il disco della nostragalassia e di osservare oggetti altrimenti nasco-sti. Ciò ha consentito in particolare lo studio delbuco nero supermassivo (Sgr A*) posto al centrodella nostra Galassia, di cui vedremo in seguito.

Figura 2: Opacità atmosferica in funzione della lunghez-za d’onda (su scala logaritmica). Il graficoè simile a quello della figura 1 , ma mostrain aggiunta il campo delle lunghezze d’ondapossibilmente rivelabili.

Come mostrato in figura 2 la rivelazione diraggi X e γ da parte di sorgenti astrofisiche è for-temente limitata, per rivelatori collocati sulla su-perficie terrestre, dall’assorbimento atmosferico.Ciò è particolarmente vero per i raggi X, il che harichiesto l’utilizzo di rivelatori collocati su satelli-ti quali il rivelatore Italo-Olandese BeppoSax [2]e successivamente CHANDRA [3]. Per ciò checoncerne le osservazioni di raggi γ queste si so-no basate per molti anni su rivelatori collocati aterra. Questi sfruttano la radiazione Cherenkovgenerata da sciami elettromagnetici originati daraggi γ di alta energia che investono l’atmosfera.La radiazione viene in questo caso rivelata attra-verso grandi specchi parabolici o sferici che lafocalizzano su appositi sensori. Tra questi val lapena di menzionare il rivelatore HESS [4], instal-lato in Namibia, MAGIC [5] installato alle isolecanarie e VERITAS [6] in Arizona. In fase direalizzazione è infine il rivelatore CTA [7], chefornirà una veduta completa del cielo sud comedi quello nord. Più di recente, per ottenere unavisione globale del cielo e per liberarsi degli effet-ti dovuti all’assorbimento atmosferico, si è fattoricorso a rivelatori di γ posti su satelliti, qualiEGRET [8] e, più di recente, FERMI [9]. Val lapena menzionare il fatto che i rivelatori di γ postia terra e quelli che operano su satellite sono com-plementari. Ciò è legato al fatto che il flusso deiγ decresce rapidamente all’aumentare dell’ener-gia. Ciò richiede rivelatori di grande superficie,difficili da installare su satelliti. Ricordiamo ineffetti che quest’ultimo tipo di rivelatori riesce acoprire un range di energie che non supera i 100

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Superkamiokande’s

portrait of the Sun

compilation of the

directions of all

neutrinos observed

R. Svoboda, LSU

Figura 3: L’immagine del Sole ottenuta attraverso la rive-lazione dei neutrini che ne provengono, rivelatidall’esperimento SuperKamiokande. L’immagi-ne, centrata sul Sole, copre un’ampia regioneangolare, di 90o × 90o sia in ascensione rettache in declinazione.

GeV, mentre i rivelatori Cherenkov posti a terracoprono energie da circa 50 GeV in su.Oggi sappiamo che la fonte d’energia che ali-

menta il Sole e le altre stelle sono i processi difusione nucleare che hanno luogo al loro inter-no. In questi vengono emessi enormi flussi dineutrini. I primi calcoli al riguardo risalgono al1938-39, ad opera di Bethe e di Critchfield [10, 11].È interessante notare come nei lavori di questiautori non vi sia alcuna menzione del fatto chela rivelazione dei neutrini emessi in tali proces-si avrebbe potuto fornire un’importante verificadella teoria. Si dovette aspettare alcuni decennied il paziente lavoro di Raymond Davis [12] esuccessivamente di Masatoshi Koshiba [13] per-ché l’osservazione dei neutrini solari fornisseuna prova inequivocabile della teoria. Per questescoperte a Raymond Davis e Masatoshi Koshibavenne attribuito, nel 2002, il premio Nobel. Inaggiunta, l’esperimento Kamiokande, condottodallo stesso Koshiba, osservò per la prima voltai neutrini emessi nell’esplosione di una Super-nova, la SN1987A [14]. Con questi esperimentil’Astrofisica usciva dal campo delle osservazionilimitate alla radiazione elettromagnetica, ed apri-va una nuova importante finestra, l’Astrofisicadei neutrini. La figura 3 mostra l’immagine delsole ottenuta osservando i neutrini solari rivelati

Conservazione numero leptonicoNelle collisioni (o decadimenti):

e e-(511 KeV) e p

-(106 MeV)

-(1.776 GeV)

Ma violato dal fenomeno delle «oscillazioni» dei neutrini

e

e

Nati come tali al CERN osservati come al Gran Sasso.

Esperimento OPERA)

e-

h

Figura 4: Neutrini e corrispondenti ”leptoni”. In bas-so: le transizioni legate ad alcune tipiche”oscillazioni” dei neutrini.

nell’esperimento SuperKamiokande [15].Quelli emessi dal Sole e Stelle simili, nonché

quelli che hanno origine nell’esplosione delleSupernovae, hanno energie relativamente basse.Molti dettagli dei relativi fenomeni sono, almenoin parte, compresi. Si ritiene d’altronde che neu-trini aventi energie incomparabilmente maggiorisiano emessi in processi astrofisici di vario tipo.È di questi che si occupa l’astrofisica dei neutrinidi alte energie, che è l’oggetto di questo lavoro.

Cosa sono i neutrini? Da Pauli aigiorni nostri

L’esistenza del neutrino fu ipotizzata negli anni’30 da Pauli e successivamente posta su solidebasi da Fermi. Dei neutrini altri diranno in que-sto numero di Ithaca. Io mi limiterò a ricordareche esistono tre tipi o ”flavour” di neutrini: ilneutrino elettronico νe, il neutrino muonico νµed il neutrino associato al mesone τ , ντ (vedasianche la Figura 4). Per ciascuno di questi esi-ste la corrispondente antiparticella, indicata conuna barra sopra il simbolo (νe...). Il primo diquesti ad essere stato osservato è stato il νe (piùprecisamente la sua antiparticella νe, emessa neidecadimenti radioattivi ed in particolare in enor-mi quantità nei reattori nucleari). Un esempioè il decadimento del trizio, 3H, in 3He mostratoin figura 5. Qui uno dei neutroni presenti nelnucleo del trizio si trasforma in un protone conla simultanea emissione di un elettrone ed unantineutrino elettronico.

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e

_

Figura 5: Decadimento beta del trizio in 3He, con produ-zione di un νe e di un elettrone. La vita mediaper questo decadimento è pari a circa 17.8 anni.

Il motivo dell’associazione di ciascuno dei treneutrini ad uno dei tre leptoni quali l’elettrone,il µ ed il τ , è legato, come schematicamente mo-strato in Figura 4, al fatto che nell’interazione diun νe con la materia viene in genere prodotto unelettrone e mai un µ o un τ ed analogamente pergli altri due neutrini. Tale associazione del νe conl’elettrone, del νµ con ilµ, e via dicendo, continuaa valere, con i relativi cambiamenti di segno, perle corrispondenti antiparticelle. Così, se un νeinteragisce con la materia esso darà luogo ad unelettrone positivo e+; analoga cosa si verifica peril νµ e ντ , che daranno origine rispettivamente adun µ+ ed un τ+. Tale ”legge di conservazione delnumero leptonico” è tuttavia in un certo sensoviolata nel fenomeno delle cosiddette ”oscillazio-ni dei neutrini”. Se un neutrino νe è prodotto inun’interazione noi potremo in alcuni casi osser-vare dopo un certo tempo (o equivalentementeun certo tratto percorso) che esso si è trasformatoin un neutrino di diverso flavour, cioè un νµ o unντ . Un esempio di cui la stampa ha parlato negliultimi tempi è quello dell’osservazione nell’espe-rimento OPERA (realizzato al Gran Sasso) di ντa partire da un fascio di νµ prodotti al CERN diGinevra [16]. Dobbiamo affrettarci ad aggiunge-re che la probabilità di una tale conversione (ooscillazione come viene comunemente chiamata)è estremamente piccola, ma misurabile con gran-de precisione. Un secondo esempio che val lapena menzionare è quello dei neutrini elettroniciνe emessi nel corso dei processi di fusione nu-cleare che hanno luogo nel sole. Il sole produceenergia attraverso la conversione di protoni innuclei di He (fusione nucleare). Circa 600milionidi tonnellate di protoni vengono ”bruciati” ognisecondo per alimentare la luminosità del sole. Ilprocesso che è alla base della catena di reazionidi ”fusione nucleare” è:

p+ p→ 2H + e+ + νeQuesto è un processo ”debole”, quindi lento.

Le successive reazioni, che comportano la fusio-ne di nuclei di 2H con protoni o con altri nucleidi 2H, sono molto più veloci. Tuttavia la velo-cità del processo complessivo è determinata daquella della prima delle reazioni, quella deboleappunto. Si è trovato che, dei νe emessi, solo unafrazione di circa il 30 % arriva sulla terra come νe,mentre il resto subisce, nel tragitto verso la terra,una conversione in νµ o ντ . Questa osservazioneha costituito storicamente la prima evidenza del-le oscillazioni dei neutrini negli esperimenti diDavis e Koshiba giá citati.

Particelle elementari e rivelatoridi particelle

Iniziamo col dire cosa significhi ”vedere” unaparticella elementare. Ciò che in realtà vediamoè la ”traccia” che la particella lascia nell’attraver-sare un mezzo materiale. Un’analogia è quelladella traccia lasciata da un aereo che viaggi adalta quota, come mostrato in Figura 6.

Figura 6: Traccia lasciata da un aereo in volo ad altaquota

Anche se a volte noi non riusciamo a vederel’aereo, ne deduciamo il passaggio dalla scia cheesso lascia. Ciò è facilmente esemplificato neicasi in cui la particella abbia una carica elettrica(positiva o negativa). Tra queste ricordiamo quel-le di cui il nostro mondo (e noi stessi) è costituito:protoni ed elettroni. Altre particelle cariche sonoquelle che ci piovono incessantemente addossodallo spazio: quelli che conosciamo come raggicosmici tra cui particolarmente abbondanti so-

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Unità di misura dell’energia adoperata nella fisica delle particelle.Unità di misura dell’energia adoperata nella fisica delle particelle.Unità di misura dell’energia adoperata nella fisica delle particelle.

Unità keV MeV GeV TeV PeV EeV

Valore 1000 eV 1000 keV 1000MeV 1000GeV 1000TeV 1000PeV

.. 103 eV 106 eV 109 eV 1012 eV 1015 eV 1018 eV

Figura 7: Tracce lasciate da particelle cariche inun’emulsione fotografica

no i µ, i mesoni π ed altri. Le masse di tutte leparticelle elementari sono enormemente picco-le. I fisici, memori dell’equivalenza tra massa edenergia, preferiscono esprimere le masse delleparticelle in unità di energia: l’elettron volt o sem-plicemente eV. Questa è l’energia cinetica che unelettrone acquista quando venga accelerato dauna differenza di potenziale di un Volt1. Taleunità è molto piccola e quindi vengono comune-mente adoperati i multipli di questa grandezza,come indicato nel riquadro. Così la massa del-l’elettrone è all’incirca 511 eV, quella del µ 106MeV, quella del protone 938 MeV e via dicendo.I valori di alcune di queste masse sono indicatiin Figura 4.

Tornando alla traccia che una particella lasciaal proprio passaggio in un rivelatore, un esempioclassico è quello della traccia lasciata nell’attra-versare un’emulsione fotografica. Alcuni esempisono mostrati nella Figura 7. Se una particellacarica di alta energia (nei casi di Figura 7 si par-la di energie dell’ordine delle centinaia di MeVo di qualche GeV) attraversa un’emulsione fo-tografica, essa ”danneggia” gli atomi/molecole11 eV = 1.60217733 ×10−19 J.

Per sapere che c’era un neutrino dobbiamo aspettare

che muoia!!

Figura 8: Tracce lasciate da particelle cariche in unacamera a bolle.

nella regione attraversata. Una volta che l’emul-sione sia trattata chimicamente (sviluppata) lasequenza di atomi interessati risulterà più scurarispetto al resto dell’immagine. Questo è il ca-so degli esempi mostrati in figura. Questi sonodegli eventi storici che non discuteremo, ma chehanno rappresentato importanti scoperte nellafisica delle particelle.

Un ulteriore esempio di visualizzazione di par-ticelle è quellomostrato in Figura 8. Qui vediamole tracce lasciate da alcune particelle in quella cheè una camera a bolle. In questo caso, delle parti-celle cariche, attraversando unmezzo liquido tra-

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sparente, in opportune condizioni di pressionee temperatura, provocano la formazione lungola traiettoria percorsa, di minuscole bollicine, lacui sequenza indica la traiettoria delle particelle.Nell’esempio mostrato le traiettorie delle varieparticelle sono curve, poichè il rivelatore conte-nente il liquido era collocato in una zona in cuiera presente un intenso campo magnetico.

Le particelle positive vengono incurvate in unverso, quelle negative nel verso opposto. Nell’e-sempio mostrato notiamo che tutte le particelleappaiono provenire da un’unica origine postanella parte bassa dell’immagine. Nel caso spe-cifico le particelle nascevano dalla collisione diun neutrino con un nucleo. I prodotti della col-lisione sono le particelle positive e negative lecui traiettorie sono evidenti. Il neutrino d’altron-de, non avendo carica elettrica, non lascia alcunatraccia.

Nell’esempio di Figura abbiamo un chiaro ca-so di rivelazione di una particella priva di caricaelettrica, appunto il neutrino. Una particella neu-tra non interagisce con gli elettroni degli atomi edi conseguenza non lascia alcuna traccia comequelle che abbiamo visto. Per rivelare la presen-za di una particella neutra dobbiamo sperare cheessa collida con un nucleo o atomo, dando luogoad una o più particelle cariche e quindi rivela-bili. In altre parole dobbiamo aspettare che laparticella neutra ”muoia”.

Nella Figura notiamo in aggiunta una coppiadi particelle di segno opposto che appaiono pro-venire dalle vicinanze del medesimo punto in cuiil neutrino ha interagito. Questa è una coppiaelettrone-positrone (e− e+) nata dalla ”conver-sione” di un fotone (γ) di alta energia generatonella medesima collisione che ha dato origine al-le particelle cariche. Il γ, essendo privo di caricaelettrica, non lascia alcuna traccia visibile, al paridel neutrino.

La probabilità che una particella collida e quin-di ”muoia” lasciando in tal modo traccia del pro-prio passaggio, dipende dall’energia della par-ticella, ma dipende soprattutto dal tipo di par-ticella. Tale probabilità è legata a quella che ènota come ”sezione d’urto”. Essa è estremamen-te piccola nel caso dei neutrini. Se prendiamocome riferimento tale probabilità per un protoneavente energia pari a 10 GeV, essa è 200 miliar-di di volte più piccola nel caso di un neutrino

della medesima energia. Ciò spiega come maii neutrini provenienti dallo spazio attraversinoliberamente la terra senza subire collisioni se nonin rarissimi casi. Particolarmente elevato è il flus-so dei neutrini provenienti dal Sole. Si calcolache all’incirca 70 miliardi di neutrini al secondoarrivino su ciascun cm2 di superficie terrestre.Ciò sia di giorno che di notte!Tale probabilità cresce tuttavia molto all’au-

mentare dell’energia del neutrino. Per un neutri-no di 1020eV (100 milioni di TeV) tale probabilitàè un cento milioni di volte più grande che per unneutrino di 10 GeV. Si tratta comunque di proba-bilità estremamente basse„ almeno per energienon troppo elevate. 2

Un terzo tipo di rivelatori di particelle di cuidobbiamo parlare è quello basato sulla ”radiazio-ne Cherenkov”. Ancora una volta ci baseremosull’esempio di un aereo. Se questo viaggia avelocità superiore alla velocità del suono nell’at-mosfera, viene generato un fronte d’onda sono-ro note come ”shock”. Questo è mostrato nellaparte superiore della Figura 9.

Sonic vs em shock waves

Velocità della sorgente supera la velocità del

suono nel mezzo fronte di shock

Velocità della particella supera la velocità della luce

nel mezzo shock elettromagnetico ed emissione

di fotoni

Figura 9: Immagine in alto: shock acustico generato daun aereo che viaggia a velocità supersonica.In basso: shock elettromagnetico generato dauna particella che viaggia a velocità superiorea quella della luce nel mezzo.

Analogamente, se una particella carica viag-gia in unmezzo trasparente (ad esempio l’acqua)ad una velocità superiore alla velocità della lucenel mezzo, viene a generarsi una sorta di shockelettromagnetico (cioè luce - ovvero fotoni) co-me mostrato nella parte inferiore della medesi-

2Se l’energia dei neutrini è molto elevata, questicominciano ad esser assorbiti nell’attraversarla.

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Radiazione Cherenkov

Figura 10: A sinistra: schematizzazione del cono cheren-kov di emissione della luce. A destra: visua-lizzazione tridimensionale del medesimo conoe dei fotoni emessi. È anche mostrata schema-ticamente una matrice di rivelatori della luceemessa.

ma figura. Ciò che accade è illustrato in modoschematico in Figura 10.A partire dalla superficie del cono mostrato

viene emessa luce (ovvero fotoni). L’asse del co-no coincide con la direzione della particella. Seora noi avremo disposto nella regione di liquidoattraversata dalla particella una serie di rivela-tori di luce che registrino con grande precisionel’esatto istante d’arrivo della luce su ciascuno,conoscendo anche la posizione esatta di ciascunsensore, saremo in grado di ricostruire con gran-de precisione l’asse del cono e quindi la traiet-toria della particella. I rivelatori di luce normal-mente adoperati sono i fotomoltiplicatori (PMT).Un ulteriore esempio è mostrato in Figura 11.

I primi rivelatori che abbiamo descritto (emul-sione fotografica, camera a bolle) sono oramaipoco adoperati se non in casi eccezionali. Altri ri-velatori sono in uso, quali le camere proporzionali,le camere a ”drift”, le TPC (Camere a proiezione tem-porale), i rivelatori a microstrip/micropad di silicio, icalorimetri, etc. [17]. Negli esperimenti che discu-teremo si fa esclusivamente uso dei rivelatori diradiazione Cherenkov.

Interazione dei neutrini con lamateria

Le collisioni cui siamo qui interessati sono quellerelative a neutrini di alta energia: diverse centi-naia di GeV almeno. Nella collisione di un neu-trino di questa energia con la materia (nella più

Figura 11: Un esempio di rivelatore di µ che utilizzala luce Cherenkov emessa dalla particella nel-l’attraversare l’acqua. Nella Figura il coloreindica i tempi relativi di arrivo dei segnaliCherenkov sui PMT : il giallo prima del ver-de. Sono anche indicate, a tratto sottile, letraiettorie (ricostruite) dei fotoni Cherenkov.

gran parte dei casi un nucleo atomico) posso-no aversi prodotti diversi a seconda del tipo dineutrino (νe νµ ντ o corrispondenti antineutrini)come mostrato in Figura 12.

Il processo più rilevante per la rivelazione deineutrini di origine cosmica è il primo nella figu-ra. In tale processo viene prodotto un µ di altaenergia, che ha mediamente il 50% dell’energiadel neutrino (75% nel caso di un antineutrino)insieme ad un certo numero di protoni, neutroni,mesoni π e k etc.. Questi ultimi si dividono ilresto dell’energia. Queste ultime particelle per-dono rapidamente energia, attraverso numerosecollisioni nell’attraversare il mezzo; collisioni acatena nel corso delle quali nuove particelle, dienergia via via più bassa, vengono prodotte. Intale processo a catena si ha in definitiva la forma-zione di un cosiddetto sciame adronico, mostrato

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La morte del neutrino

20

N X

50% (75%) dell’energia del neutrino (antinu)

Figura 12: I differenti processi attraverso i quali un neutrino interagisce con la materia.

schematicamente nella figura. Le singole parti-celle dello sciame non sono, nella più gran partedei casi, rivelabili individualmente, ma è spessopossibile determinare, con una certa approssi-mazione, l’energia totale dello sciame e la suadirezione.

Il processo è schematizzato con:

νµ +N → µ− + X (1)

dove X indica lo sciame.Analogamente, nel caso di un antineutrino

avremo:

νµ +N → µ+ + X (2)

Per alte energie dei neutrini, in entrambe i pro-cessi il µ viene emesso ad un angolo estrema-mente piccolo (� 1o) rispetto alla direzione delneutrino. Ciò è importante nella ricerca di sor-genti puntiformi di neutrini di alte energie. Ladirezione del µ indica in tal caso con chiarezzala posizione angolare della sorgente.

Considerazioni analoghe valgono nel caso deirestanti processi mostrati in figura:

νe +N → e− + X (3)

ντ +N → τ− + X (4)

Nonchè degli analoghi processi indotti daicorrispondenti antineutrini.

Infine, l’ultimo dei processi mostrati in figura:

ν N+→ ν + X (5)

Può aver luogo indifferentemente per tutti itipi di neutrini ed antineutrini. Ad esempio:

νe,µ,τ +N → νe,µ,τ + X (6)

Ed analoghe per i corrispondenti antineutrini.In tali processi, non essendo rivelabile il neutrinoprodotto, si vedrà solo lo sciameX e la rivelazio-ne dell’evento, nonchè la valutazione dell’ener-gia e direzione del neutrino, risulterà molto piùproblematica.

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Un commento particolare è necessario nel casodel processo (3). In questo, l’elettrone prodotto,avendo unamassamolto più piccola di quella delµ− prodotto nel processo (1), perde rapidamenteenergia nell’attraversare il mezzo denso in cuiha avuto luogo l’interazione. L’elettrone subisceun gran numero di collisioni con gli atomi cheincontra, ed in ciascuna di queste perde energia,che emette sotto forma di fotoni (γ). Questi a lorovolta portano, nell’attraversamento del mezzo,alla produzione di coppie elettrone-positrone.Ciascuno di questi ultimi, perdendo energia insuccessive collisioni, produce ulteriori fotoni equindi ulteriori coppie elettrone-positrone. Que-sto processo a catena si ripete fino a che l’energiadi ciascuna delle coppie prodotte non scende aldi sotto di una certa soglia. A questo punto l’ul-teriore produzione di coppie e+ e− e di fotoni siarresta. Nel corso del processo sommariamen-te descritto si ha, come nell’analogo caso dellosciame adronico, lo sviluppo di uno sciame elettro-magnetico, come schematizzato in figura. Talesciame ha caratteristiche morfologiche assai di-verse da quelle dello sciame adronico. Lo sciameelettromagnetico risulta più allungato e strettodi quello adronico, come visibile in figura.

I raggi cosmici

Per comprendere i problemi che si incontranonella rivelazione dei neutrini astrofisici, è neces-sario capire preliminarmente quali altre particel-le provengano a noi dal cosmo. Ciò anche perchémolte di queste costituiscono una sorgente di se-gnali spuri nel tentativo di rivelare i neutrini;come si suol dire una sorgente di fondi, o anche dirumore. Altre danno luogo esse stesse alla produ-zione di neutrini, che è poi estremamente difficiledistinguere dai neutrini di origine cosmica.

L’atmosfera terrestre è continuamente bombar-data da un enorme flusso di particelle provenien-ti dallo spazio; quelli che sono noti come raggicosmici primari. Essi sono prevalentemente co-stituiti da protoni ed altri nuclei di alta energia,con un piccolissimo contributo di altre particelle(elettroni, positroni, γ etc.). A terra siamo bom-bardati prevalentemente dai raggi cosmici secon-dari, prevalentemente muoni (µ) ma ma anche γ,elettroni, positroni e neutrini. Questi sono tut-ti il prodotto dell’interazione dei raggi cosmici

primari con i nuclei dell’atmosfera. In tali inte-razioni si ha la produzione di particelle a brevevita media, ad esempio:

p+N → π+/− + altro

dove N è un nucleo generico. Il π+ (π−)decade in circa 10−8 secondi in un µ ed unneutrino:

π+ → µ+ + νµ

A sua volta il µ+ decade in 10−6 secondi in:

µ+ → e+ + νµ + νe

In definitiva questi processi, e gli analoghi incui la particella prodotta è un π−, danno originealla produzione di neutrini ed antineutrini dientrambi i ”flavour” (νe, νe, νµ, νµ)L’interazione dei protoni (o nuclei) dà luogo,

con probabilità all’incirca uguali a quelle relati-ve ai processi indicati, alla produzione dei part-ner neutri dei π+/−, cioè dei π0 (massa circa 135MeV):

p+N → π0 + altro

Il π0 prodotto decade in tempi brevissimi(10−10 secondi) in due fotoni:

π0 → γ + γ

Riassumendo, sappiamo che nei raggi cosmicisecondari sono presenti neutrini (antineutrini) efotoni (γ) di alta energia, all’incirca con la mede-sima abbondanza. Questi neutrini e γ sono indefinitiva il risultato dell’interazione dei protoni(nuclei) incidenti sull’atmosfera, con i nuclei dicui l’atmosfera stessa è costituita.

Venendo ai neutrini di origine cosmica; la do-manda che da decenni i ricercatori si pongono è:quali sono le possibili sorgenti galattiche (extra-galattiche) di neutrini di alta energia? Qui nonprendiamo in considerazione i neutrini solarinè quelli che possono provenire dall’esplosionedi una supernova. Tutti questi hanno energierelativamente basse, limitate a poche decine diMeV.È naturale pensare che queste siano quelle

(principalmente resti di Supernovae) in cui siritiene (come vedremo in seguito) avvenga laproduzione ed accelerazione dei raggi cosmici

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GeV TeV PeV EeV

Spettro d’energia

Figura 13: Spettro energetico dei raggi cosmici primari.

primari. Questi, interagendo con gli strati piùesterni della sorgente (la Supernova Remnantnel caso specifico), potranno dar luogo a neutri-ni e fotoni, attraverso reazioni in tutto analoghea quelle che hanno luogo nell’atmosfera terre-stre. In quest’ipotesi, si è a lungo ritenuto che lesorgenti di γ fossero anche sorgenti di neutrini.Purtroppo tale ragionamento semplicistico

non tiene conto di un importante caveat: esi-stono meccanismi diversi da quello descritto(noto come meccanismo adronico), che possonodar luogo a γ di alte energie, e che non impli-cano la produzione di neutrini. Il più noto ditali meccanismi (noti come meccanismi leptoni-ci) è il Synchrotron-inverse-Compton, di cui nondiscuteremo [18].

Produzione ed accelerazione deiraggi cosmici

Lo spettro energetico dei raggi cosmici primari èstato misurato in un gran numero di esperimentidi vario tipo. Come mostrato in Figura 13 essocopre una range di energie che arriva fino a circa1021 eV (circa 1000 EeV). In tale range di energie lospettro diminuisce drammaticamente, passandoda un rate di qualche decina di particelle per m2

Figura 14: La supernova remnant snr 0509-67.5. DaNASA, ESA, CXC SAO. The Hubble spacetelescope Team.

per secondo a valori di qualche particella perkm2 per decennio!

Non è del tutto chiaro quale meccanismo forni-sca, in oggetti galattici o extragalattici, l’accelera-zione osservata per protoni e nuclei. Il meccani-smo comunemente accettato è noto come mecca-nismo di Fermi del primo ordine [19]. Tale meccani-smo avverrebbe principalmente nelle supernovaeremnants, cioè in ciò che rimane dopo l’esplosio-ne di una supernova. A seguito dell’esplosioneciò che era una stella si contrae in una stella dineutroni o in un buco nero, mentre un fronte di gase polveri si propaga nello spazio a velocità rela-tivistiche, allontanandosi dal nucleo della stellaoriginaria. Si veda ad esempio la Figura 14. Lapropagazione di quello che è un front di shockpuò proseguire per diversi secoli ed è in questafase che protoni e nuclei possono, attraverso unaseri di rimbalzi tra il fronte dello shock ed il mez-zo interstellare circostante, acquistare le enor-mi energie osservate. Il meccanismo è assai piùcomplesso di quel che possiamo qui descrivere.Tuttavia esso può essere qualitativamente com-preso con riferimento al modello-giocattolo deidue trenini che viaggiano in direzioni opposte,

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Sistema di B: -v | sistema lab: -(v+V) | sistema di A: -(v+2V) | collis: (v+3V)

in lab…….

BA

Ma Fermi non giocava con i trenini. Preferiva le nubi magnetiche !

Figura 15: Un modello-giocattolo per illustrare ilmeccanismo d’accelerazione di Fermi.

come mostrato in Figura 15.I due treni A e B viaggiano in direzioni opposte

con velocità V uguali in modulo, sul medesimobinario. Se ora una pallina viene lanciata daltreno B verso il treno A, con velocità -w nel ri-ferimento del treno B, essa avrà velocità -(w+V)nel laboratorio. La sua velocità nel riferimentodi A sarà -(w+2V). Se ammettiamo che la colli-sione della pallina con il treno A sia frontale edelastica, la velocità della pallina nel sistema diA dopo la collisione sarà (w+2V), mentre sarà(w+3V) nel sistema del laboratorio. Proseguen-do nelle successive collisioni è facile vedere che,dopo un gran numero di collisioni la pallina avràacquistato un’enorme velocità. Nel caso dell’ac-celerazione in Supernovae Remnants il problemaè enormemente più complicato, per i seguentimotivi:

1. Il problema è tridimensionale

2. Le velocità sono relativistiche, il che richiedel’utilizzo delle trasformazioni di Lorentz

3. La presenza di campi magnetici gioca unruolo importante nel processo

4. La massima energia raggiungibile dalle par-ticelle dipende dalla durata del processo diespansione del fronte di shock

I calcoli necessari per raggiungere il risultatoe calcolare lo spettro d’energia delle particellesono complicati ed affetti da incertezze. È co-munque necessario avere almeno un’idea delladensità di Supernovae Remnants nella nostra Ga-lassia e/o in Galassie vicine. Per una recentetrattazione dei meccanismi d’accelerazione neglishock delle Supernovae Remnants si veda la re-ferenza [20]. Lo spettro d’energia che tali calcoliforniscono è proporzionale a E−2.7, in accordo

qualitativo con i dati sperimentali. Recentemen-te un’evidenza diretta della produzione di π0in interazioni di protoni accelerati in Superno-vae Remnants è stata fornita dall’esperimentoFERMI [21].

Possibili sorgenti di neutrini

Esiste un’ampia letteratura sulle possibili sor-genti di neutrini [22, 23, 24, 25, 26]. Qui cilimiteremo ad elencarne alcune ed a fornirequalche dettaglio aggiuntivo sulle SupernovaeRemnants.

Tra le sorgenti possibili, sono state studiate innumerose analisi le seguenti:

1. Le quasars. Una quasar (contrazione diQUASi-stellAR radio source, radiosorgen-te quasi stellare) è un nucleo galattico atti-vo estremamente luminoso e generalmentemolto distante dalla Terra.

2. Le microquasars. Le microquasar hanno ca-ratteristiche simili alle quasar ma, a diffe-renza di queste, il buco nero al loro internoè di poche masse solari. Microquasar sonopresenti anche nella nostra galassia.

3. Le pulsars. Sono stelle di neutroni che ruo-tano molto velocemente. La loro radiazioneelettromagnetica in ristrette zone angolari èosservata come impulsi emessi ad intervalliestremamente regolari.

4. I nuclei galattici attivi. Galassie il cui nu-cleo, molto luminoso, emette una grandis-sima potenza radiativa (anche centinaia divolte superiore a quella delle normali galas-sie) con spettro che va dalle onde radio airaggi X duri, e con una variabilitá temporalesu scale di tempo assai brevi (anche solo diqualche giorno o meno). Si ritiene che l’e-missione sia causata da materiale in cadutaverso un buco nero supermassivo (centinaiadi milioni di masse solari).

5. Le blazars. Le Blazars sono delle quasarscompatte, presumibilmente associate a bu-chi neri supermassivi, che emettono potentigetti di radiazione che, in modo continuo ointermittente, vengono a trovarsi orientativerso la Terra.

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6. I gamma-ray-bursts.I gamma ray bursts so-no brevima potentissime esplosioni che han-no luogo in galassie distanti, con emissionedi raggi γ. Sono le più potenti esplosioniche hanno luogo nel cosmo, con durate chevanno da una frazione di secondo ad alcuniminuti.

Le Supernovae sono particolarmente interes-santi, per quanto si è detto sopra quando si èparlato dei meccanismi di accelerazione.

Le stelle sono generalmente in equilibrio dina-mico, come conseguenza del bilanciamento tra lapressione interna, dovuta ai processi di fusionenucleare ed al conseguente sviluppo di energia,e la gravità che tenderebbe a far collassare lastella verso il proprio nucleo interno. I processidi fusione iniziano, come già accennato, con lafusione di nuclei di idrogeno, poi di 2H, 12C, evia via dei nuclei sempre più pesanti prodotti.Tali processi proseguono fino a che l’elementopiù abbondante non appartenga al gruppo delFe. Essendo la fusione di nuclei di Fe un proces-so endotermico, che cioè non produce energiama ne richiede, le reazioni di fusione si arresta-no. A questo punto la pressione interna divieneinsufficiente a bilanciare quella dovuta alla gra-vità. Ciò che accade in seguito è estremamentecomplesso, ma il risultato finale è l’implosionedella stella, con simultanea creazione nella suaparte centrale di una stella di neutroni o di unbuco nero e l’emissione di un guscio di materiale,ad altissime velocità. Nasce così una SupernovaRemnant. Più in particolare, se il nucleo di Fedella stella originaria aveva massa compresa tra1.39 e 3 masse solari, si ha la formazione di unastella di neutroni, mentre per masse maggiori di3 masse solari viene a formarsi quello che è notocome un buco nero. 3 La nostra via lattea con-tiene qualche centinaia di migliaia di buchi neri.Esistono poi nell’Universo dei buchi neri super-massivi (che sono anzi la maggioranza). Questihanno masse pari a milioni di volte quella delSole. Si ritiene che ne esista uno al centro di ognigalassia, compresa la nostra, al cui centro è Sa-gittarius A*, avente massa pari a circa 4 milionidi masse solari.3Già Laplace, nel 1796, formulò l’ipotesi dell’esistenza di”stelle invisibili”, in quanto talmentemassive da rendereimpossibile la fuoriuscita della luce. Appunto i buchineri.

A parità di intensità emessa sotto forma dineutrini da una Supernova Remnant, il flussoosservabile sarà tantomaggiore quanto più essa èvicina. Per questo motivo particolare attenzioneviene prestata alle Supernovae che negli ultimimillenni sono esplose nella nostra galassia o ingalassie vicine. Tra le prime ricordiamo:

• la SN del 1006 (osservata da Cinesi, Giappo-nesi ed Arabi)

• la SN del 1054 (l’attuale CRAB)

• la SN del 1572 (detta di Tycho)

• la SN del 1604 (detta di Keplero)

Tra quelle in galassie vicine:

• la SN del 1885 (in Andromeda)

• la SN del 1987 (nelle nubi di Magellano)

Gli esperimenti sulla ricerca deineutrini cosmici

Uno dei principali oggetti d’indagine nella fisi-ca dei raggi cosmici è la ricerca delle relativesorgenti. Essendo i raggi cosmici costituiti pre-valentemente da protoni ed altri nuclei leggeri,quindi dotati di carica elettrica, essi sono defles-si dai campi magnetici galattici/extragalattici, ilche rende impossibile (se non ad altissime ener-gie) associarli a determinate sorgenti. Inoltre, sugrandi distanze essi sono assorbiti a causa delleinterazioni con polveri e gas. I neutrini, essendoprivi di carica elettrica, ed avendo una così picco-la probabilità di collisione con le polveri ed i gas,non hanno alcuna di tali limitazioni. Si ritiene,come accennato, che essi provengano dal deca-dimento di ”mesoni” (π ed altri) prodotti nelleinterazioni di protoni e nuclei accelerati nelle Su-pernovae Remnants (o analoghi oggetti cosmici).Essi provengono cioè dallemedesime sorgenti dacui hanno origine i raggi cosmici e, a differenzadi questi, ”puntano” direttamente alle sorgenti.Un ulteriore vantaggio dei neutrini risiede nelfatto che che, essendo così poco assorbiti daglistrati più esterni degli oggetti stellari, possono ar-rivare sulla Terra anche nei casi in cui siano statiprodotti nelle regioni più interne dei medesimi.Avendo poi essi una sezione d’urto così piccola,

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Rumore-Fondi

38

atmosferici

atmosferici

dal decadimento dei

atmosferici accompagnati da ]

Figura 16: Sorgenti di segnali spuri negli esperimentisulla ricerca dei neutrini cosmici

è necessario un rivelatore di grande massa perconsentirne la rivelazione. La prima idea di unrivelatore di grande volume per la rivelazionedei neutrini cosmici risale a M.A. Markov [27]che la propose nel 1960. L’idea era quella di usarel’acqua del mare (o di un grande lago o, come sifece in seguito il ghiaccio del polo sud) come ber-saglio e rivelatore del µ prodotto nell’interazionedel neutrino. Il µ è rivelato attraverso la luce Che-renkov che esso emette nell’attraversare il mezzotrasparente. Ciò è facilitato dal fatto che per alteenergie (�100 GeV) il µ prodotto acquista, comevisto, una grossa frazione dell’energia del neutri-no e di conseguenza percorre centinaia di metrinell’acqua del mare. Un gran numero di rivelato-ri ottici (fotomoltiplicatori/PMT) è ovviamentenecessario per la rivelazione dei fotoni Cheren-kov. Questi debbono esser sensibili alla debolequantità di luce prodotta. Essendo così sensibilipotrebbero esser danneggiati da sorgenti intensedi luce quale quella Solare o altre. È quindi op-portuno posizionarli a grandi profondità marine(alcuni chilometri) dove il buio è assoluto. C’è unulteriore vantaggio nel posizionare il rivelatore agrande profondità. Come accennato nella sezio-ne sui raggi cosmici e come si può vedere nellafigura 16, i raggi cosmici secondari, sopratutto imesoni µ atmosferici costituiscono un’importan-te sorgente di segnali spuri (di ”rumore”) per unrivelatore di questo tipo. Al livello della superfi-cie terrestre il flusso dei µ atmosferici è circa 100per metro quadro e per secondo. Ad una pro-fondità di 3 km tale flusso risulta, a causa dellaperdita d’energia che i µ subiscono nell’attraver-

p

atm

p

Cosmic neutrinos can interact in the Earth and release a muon

N X

W

Atmospheric muons and neutrinos can also induce a signal at the detector

atmospheric µ

induced µ

Figura 17: Tipica collocazione del rivelatore in fondo almare. Sono mostrate le varie sorgenti di ”fon-di”; µ generati dai raggi cosmici nell’atmosfe-ra; neutrini generati dai medesimi processi,anche nell’emisfero opposto. Il diagramma inalto a destra rappresenta il tipico processo diproduzione di µ da parte dei neutrini. In bas-so, il flusso dei µ atmosferici confrontato conquello dei neutrini atmosferici, in funzionedell’angolo di provenienza.

sare l’acqua, all’incirca un milione di volte piùpiccolo, il che è un indubbio vantaggio per gliesperimenti.

Conviene a volte, per liberarsi completamenteda tale residuo flusso di µ atmosferici, costruireesperimenti ottimizzati per la ricerca di neutriniprovenienti ”dal basso”, cioè neutrini che abbia-no attraversato la Terra ed abbiano poi interagitonegli strati di Terra posti sotto al rivelatore o nel-l’acqua. come mostrato in Figura 17. Nella Figu-ra sono indicate le altre particelle che potrebberocostituire sorgenti di segnali spuri.

I primi tentativi di installare a grandi profondi-tàmarine un rivelatore di questo tipo risalgono al1980, con l’esperimento DUMAND [28] di cui unprototipo fu installato al largo delle isole Hawaii,ad una profondità di circa 4.5 km. Questi prose-guirono con l’esperimento Baikal [29], installatonell’omonimo lago, a partire dal 1990 ad una pro-fondità di circa 1100 metri; poi con l’esperimentoAMANDA [30], installato sotto i ghiacci del polosud, a partire dal 1995 ad una profondità com-presa tra 1500 e 2000 metri; con l’esperimentoNESTOR [31] , di cui un prototipo funzionò perqualche mese nel 2003, ad una profondità com-presa tra 4000 e 5000metri, al largo delle coste delPeloponneso; con l’esperimento NEMO [32, 33],di cui un prototipo fu installato e funzionò perqualche mese, ad una profondità di circa 1 km,

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Figura 18: Sketch del rivelatore ANTARES. La foto nel piccolo riquadro mostra un tipico tripletto di PMT ed il relativocontenitore dell’elettronica associata.

al largo del porto di Catania; con l’esperimentoANTARES [34, 35, 36, 37, 38], installato a partiredal 2002 al largo di Tolone ad una profondità di2400 metri; con l’esperimento IceCube, installatosotto i ghiacci del polo sud. Dedicheremo nelseguito la nostra attenzione a due esperimentituttora in fase di presa dati: ANTARES ed Ice-Cube. Accenneremo poi brevemente al nuovogrande progetto in costruzione nelMediterraneo,KM3.

L’esperimento ANTARES

Il rivelatore ANTARES, costruito ed operato daun’ampia collaborazione di istituzioni ed univer-sità sopratutto europee, è installato al largo di To-lone, a circa 40 km dalla costa, ad una profonditàdi 2400 metri. Esso consiste di 875 sensori ottici(fotomoltiplicatori / PMT) fissati, come mostratoin Figura 18, a 12 cavi elettro-ottici, dove sonoraggruppati in ”tripletti”. Essi guardano verso ilbasso ad un angolo di 45o rispetto alla verticale.I cavi, saldamente ancorati sul fondo del mare etenuti in tensione da apposite boe in cima, svol-gono il triplo ruolo di reggere meccanicamente

i PMT, di fornire ai medesimi ed all’elettronicaassociata l’energia elettrica necessaria e di tra-smettere verso la stazione di controllo posta aterra i segnali registrati dai PMT. Un cavo elettro-ottico sottomarino, lungo circa 40 km è ancheadoperato a tale scopo. I PMT sono racchiusi insfere di vetro resistenti alla pressione. Le corren-ti marine possono spostare lateralmente le boe equindi tutti i PMT, anche di diversi metri. Poichéè d’altronde necessario, per la ricostruzione delletraiettorie dei µ, conoscere con grande precisionela posizione ed orientazione di ciascun PMT, sifà ricorso ad un sistema di idrofoni, insieme abussole ed inclinometri, i cui segnali consentonodi avere, istante per istante, l’informazione geo-metrica desiderata. Scopo dell’esperimento è laricerca di neutrini (principalmente νµ e νµ) aven-ti energie maggiori di circa 50 GeV, attraversola rivelazione dei µ prodotti. L’orientazione deiPMT è stata scelta per ottimizzare la rivelazionedi neutrini provenienti dal basso.L’installazione e le eventuali operazioni di ri-

parazione del rivelatore richiedono l’utilizzo dinavi e di sottomarini teleguidati. Un esempio èmostrato in Figura 19. Uno dei problemi che si in-

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Figura 19: Nella foto di sinistra: una delle linee, posizionata sulla nave e pronta per l’immersione. In primo piano èben visibile la boa. Nella foto di destra si vedono due dei ”bracci” del sottomarino teleguidato che effettua uncollegamento in profondità.

contrano in esperimenti di questo tipo effettuatiin mare è quello delle sorgenti spurie di picco-li segnali luminosi. Queste hanno due diverseorigini:

1. La presenza nell’acqua del mare di un iso-topo radioattivo del potassio (40K). Questo,decadendo dà luogo ad elettroni che, per ef-fetto Cherenkov, emettono piccole quantitádi luce.

2. La presenza, anche a grandi profondi-tà, di organismi marini che ”comunicano”emettendo piccoli impulsi luminosi

Il primo dei due effetti è abbastanza costantenel tempo e non crea troppi problemi. Il secon-do può divenire importante in alcuni periodi, acausa dell’afflusso di organismi biologici, spessodovuto a correnti sottomarine. Si trova che taleeffetto diminuisce con la profondità, per cui è in

linea di massima preferibile installare gli espe-rimenti a grandi profondità e ad una notevoledistanza dalla costa.ANTARES ha raccolto dati a partire dal 2007.

Nel periodo 2007-2013 erano stati raccolti all’in-circa 6300 eventi indotti da neutrini ed antineu-trini muonici [39]. In questa analisi erano statieliminati gli eventi aventi cos θ ≥ 0.1 dove θ èl’angolo zenitale del µ. In aggiunta erano statiottenuti molti eventi in cui solo lo sciame adro-nico/elettromagnetico era visibile. Due diverseanalisi erano state effettuate su questi eventi, piùprecisamente sugli eventi raccolti fino a tutto il2012:

1. Una ricerca di sorgenti puntiformi di neutri-ni in una regione prossima al centro dellanostra galassia

2. Una ricerca di neutrini ”diffusi”; cioè diun eccesso di eventi di altissima ener-

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/GeV)ν

(E10

log2 3 4 5 6

]-2

cm

-1 s

r-1

[G

eV

/dE

νΦ

dν2

E

-910

-810

-710

-610

-510

-410

-310

Figura 20: Spettro energetico dei neutrini atmosfericimisurato in diversi esperimenti.

gia rispetto al ”fondo” dovuto ai neutriniatmosferici

Nel primo caso si cerca un eccesso ad un certoangolo (in coordinate galattiche) rispetto ad unadistribuzione angolare relativamente uniforme,dovuta ai neutrini atmosferici. A sua volta questaanalisi è stata ripetuta in due modi diversi:

1. Cercando un eccesso in una qualsivogliadirezione

2. Cercando un eccesso in direzioni prestabi-lite, corrispondenti a 50 sorgenti galattichenote

In entrambi i casi si ipotizzava una dipenden-za del flusso dall’energia E del neutrini propor-zionale ad E−2. Nessuna delle due ricerche haevidenziato un eccesso. In queste circostanze,ciò che l’esperimento pubblica è un limite supe-riore al flusso. Tale limite è normalmente espres-so in unità dell’energia al quadrato moltiplicataper il flusso ( GeV cm−2 s−1). In entrambe leanalisi menzionate il limite risulta dell’ordine di(1÷ 3 × 10−8 GeV cm−2 s−1).

Una ricerca alternativa è quella dei cosiddettineutrini diffusi, cioè di un eccesso di ν rispettoal fondo dei neutrini atmosferici. La ricerca deineutrini diffusi [40] è basata sulla misura del-l’energia dei µ rivelati che, come accennato inprecedenza, è una frazione rilevante dell’energiadei neutrini. Ciò consente di liberarsi del ”fon-do”dei neutrini atmosferici che, come mostratoin Figura 20 diminuisce molto rapidamente conl’energia.

Applicando quindi un ”taglio” sull’energia delµ rivelato, si cerca un’eccesso di eventi per ener-gie che superino tale valore. 4 Per ”eccesso” si

Figura 21: Esempio di evento con sciame. Sonomostrati isegnali indotti in 5 delle 12 linee del rivelatore.

intende un numero di eventi maggiore di quelloatteso dai fondi dovuti sia a µ atmosferici malricostruiti che alle ”code” ad alte energie dei neu-trini atmosferici. Con un taglio in energia di45 TeV, gli autori trovano 8 eventi, con un fondoatteso di 8.4. Ne deducono un limite superioreal flusso dei neutrini astrofisici di:

E−2 Φ = 5.1 GeV × 10−8 cm−2s−1sr−1

Un’ulteriore ricerca di neutrini diffusi è stataeffettuata facendo uso degli eventi contenentisolo uno ”sciame”. Questi possono essere eventiindotti da ντ , da νe o da νµ in cui il µ ha solouna piccola frazione dell’energia del neutrino.Possono anche esser eventi, del tipo descritto inprecedenza, in cui non cè produzione di alcunleptone carico, ma nello stato finale è presente unneutrino uguale a quello che ha interagito. Unevento con sciame è mostrato in Figura 21.

Anche in questo caso non è stato trovato alcuneccesso. Il limite posto al flusso di neutrini co-smici nel range di energie (23 TeV ÷ 7.8 PeV)è in tal caso:

E−2 Φ = 4.91 × 10−8 GeV cm−2s−1sr−1

La ricerca di neutrini da Blazars inANTARES

Come detto più su, una sorgente di fondo diffici-le da eliminare è quella dei neutrini atmosferici.4La determinazione dell’energia del µ è basata sullaquantità di luce vista dai rivelatori ottici.

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Figura 22: Sistema adoperato da IceCube per la fusionedel ghiaccio e per la successiva installazionedi una stringa.

Poiché questi hanno energie relativamente basse(inferiori a 40 ÷ 50 TeV) la tecnica normalmen-te adoperata è quella di selezionare eventi conenergie superiori a tali valori. Tuttavia è possibi-le in alcuni casi ricorrere ad un diverso metodo.Se infatti una sorgente emettesse neutrini soloin un breve intervallo di tempo, sarebbe possi-bile selezionare eventi in quell’intervallo, in cuiil flusso dei neutrini atmosferici sarebbe enor-memente ridotto. Sorgenti di questo tipo sonole Blazars, caratterizzate da una emissione con-centrata in piccoli intervalli di tempo, ed i co-siddetti ”flares”. L’emissione γ da parte di talisorgenti è monitorata dal rivelatore FERMI adenergia fino al GeV e, ad energie molto più ele-vate, dai rivelatori Cherenkov atmosferici, qualiH.E.S.S., MAGIC e VERITAS. ANTARES ha quin-di cercato neutrini provenienti da tali sorgenti incoincidenza temporale con l’oservazione dei γ.L’analisi si è concentrata su 41 Blazars di grandeluminosità osservate da FERMI e su 7 ”flares”di energia nella regione del TeV osservati dai ri-velatori Cherenkov. È stata trovato un singoloneutrino in correlazione spazio-temporale conun γ, dalla blazar 3C79 nella regione del GeV.Tuttavia la probabilità che tale evento sia dovutoad una delle varie sorgenti di fondo non è ritenu-ta trascurabile. Solo limiti superiori al flusso dineutrini da tali sorgenti sono quindi stati fornitida queste analisi [41].

L’esperimento IceCube

L’esperimento IceCube, condotto da un’ampiacollaborazione internazionale, è stato installatosotto i ghiacci del polo sud tra il 2005 ed il 2010.Il rivelatore è situato ad una profondità che vada 1450 a 2450 metri, ed occupa un volume totaledi circa 1 km3. I 5160 sensori ottici (PMT) sonodistribuiti su 86 stringhe. Uno dei vantaggi chederivano dall’operare sotto i ghiacci è nel fattoche l’attività biologica, presente nel mare, è quitotalmente assente. Parimente assente è il 40K.Tali vantaggi sono in parte controbilanciati dalfatto che, una volta che il rivelatore sia ”immer-so” a qualche km di profondità nel ghiaccio, èdestinato a restarvi. Nessuna operazione di re-cupero/riparazione è possibile. Come mostratoin Figura 22, per installare ogni singola stringaviene effettuato, facendo uso di acqua ad altatemperatura, un profondo foro nel ghiaccio. Lastringa viene quindi immersa nell’acqua del foroche, poco tempo dopo, risolidifica. L’operazionerichiede molto tempo ed energia. L’installazionedi una stringa richiede in media 2 giorni. La Fi-gura 23 mostra alcune stringhe di IceCube comeviste da sotto il ghiaccio.

L’esperimento ha pubblicato, negli ultimi an-ni, una gran quantitá di risultati. Questi com-prendono, per la prima volta, l’osservazione dineutrini cosmici. Ci limiteremo qui ai risultatiriguardanti:

Figura 23: Veduta delle stringhe di IceCube da sotto ilghiaccio.

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1. i µ, sia atmosferici che cosmici, con originenella Terra o nel ghiaccio sotto il rivelatore,

2. gli eventi che hanno hanno origine all’inter-no della zona occupata dal rivelatore.

Eventi con µ

I risultati riguardanti questi eventi sono stati pub-blicati di recente [42]. Questi hanno riguardato idati raccolti nei primi anni di presa dati (35000 νµrivelati tra Maggio 2010 e Maggio 2012). Nell’a-nalisi sono stati accettati solo eventi provenientidall’emisfero nord. Per far ciò sono stati sele-zionati eventi con angolo zenitale maggiore di85o, corrispondenti ad una massa totale attraver-sata dai neutrini equivalente ad almeno 12 kmd’acqua. L’energia dei µ, grossolanamente le-gata a quella dei neutrini è stata valutata sullabase della quantitá di luce vista dai PMT. Quan-do il µ entra nella zona strumentata può avergià attraversato centinaia di metri ed aver quin-di perso una considerevole frazione della suaenergia. Dato che la sezione d’urto dei neutriniaumenta all’aumentare dell’energia, per neutri-ni di altissima energia ci si aspetta un notevoleassorbimento dei medesimi nell’attraversare laterra, specie per quelli provenienti dallo zenit.La Figura 24 mostra lo spettro d’energia dei µosservati. I punti neri con barra d’errore sono idati sperimentali. In rosso è mostrata la distri-buzione attesa dai neutrini atmosferici. Si notacome, ad energie superiori a circa 30 TeV vi siaun eccesso d’eventi rispetto al flusso atteso daisoli neutrini atmosferici. Questo è un primo in-dizio di neutrini d’origine cosmica. Il flusso de-gli atmosferici è stato calcolato come la sommadi quelli provenienti dal decadimento di π+/−,µ+/−, K+/−. Esiste anche un flusso atteso daldecadimento di particelle più pesanti, a brevevita media (sopratutto i mesoni D). Le predizio-ni per quest’ultimo sono mostrate in blue nellamedesima figura. Come si vede il suo contributonon appare importante. L’eccesso di eventi adenergie superiori a circa 30 TeV corrisponde a3.7 deviazioni standard. Le predizioni, risultantida questa analisi, per i neutrini astrofisici, sonomostrate dalla curva verde nella figura.L’eccessoosservato ad alte energie è consistente con unflusso di neutrini (νµ) astrofisici dato da:

10-2

10-1

100

101

102

103

104

103

104

105

106

Eve

nts

Muon Energy Proxy (arb. units)

Conventional atmosphericPrompt atmospheric

AstrophysicalSum of predictionsExperimental data

Figura 24: Spettro energetico dei µ misurati in IceCube.I punti in nero, con barra d’errore sono i datisperimentali. In rosso il contributo atteso daineutrini atmosferici. In blu quello dei neutri-ni dal decadimento di particelle più pesanti(mesoni D). In verde il contributo calcolatoper i neutrini di origine astrofisica, dove siè ipotizzata una dipendenza dall’energia deltipo E−2. La scala orizzontale non è propria-mente l’energia, ma il valore di circa 3× 103

è all’incirca la stessa quantità in GeV.

Φ(Eν) = 9.9+3.9−3.4 × 10−19 (

Eν100 TeV

)−2

GeV−1cm−2sr−1s−1

È stata effettuata una ricerca [43] di possibilisorgenti puntiformi di tali neutrini, con risultatinegativi.

Eventi con inizio all’interno della zonastrumentata

Per liberarsi completamente del fondo residuodei µ atmosferici nonché di quello dovuto ai neu-trini atmosferici che hanno interagito al di sottodel rivelatore, è stata effettuata una selezione deisoli eventi che hanno origine all’interno dellazona strumentata[44, 43, 45]. A tale scopo sonostati rigettati gli eventi che hanno dato luogo asegnali nei PMT più esterni, in coincidenze lo-cali ed a tempi causalmente compatibili con laposizione del vertice ricostruito, come mostra-to in Figura 25. Si noti che per alte energie i νatmosferici, dal decadimento π → µν sono spes-so accompgnati da µ. Quindi la reiezione dei µentranti nel rivelatore aiuta a rigettare i neutri-ni atmosferici. Ulteriori dettagli di tali criteri diveto sono dati nella referenza [44].

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Ricerca di eventi di altissima energia iniziati nel rivelatore

Anche dall’altro emisfero (sud!)

Introdurre un «veto» per ridurre il fondo dei atmosferici

Solo eventi che hanno origine

nella zona interna del rivelatore

Se segnale su questi rivelatori esterni

evento rigettato

Inoltre: selezione di «volume di fiducia»

Figura 25: Schema del rivelatore ICECUBE, con indica-zione del veto utilizzato per rigettare eventicon origine fuori dalla zona strumentata.

Una prima selezione ha portato, usando glieventi raccolti in 641 giorni di presa dati, ad uncampione di 388 eventi con origine all’internodella zona strumentata, aventi energie superioriad 1 TeV. Un’analisi dettagliata di tali eventi portaad una stima del numero di quelli indotti daneutrini astrofisici di 87+14

−10, cui corrisponde, nelrange di energie 25 TeV ÷ 1.4 PeV un flusso datoda:

Φν = 2.06+0.4−0.3 × 10−18(Eν/100 TeV)−2.46±0.12

GeV−1cm−2sr−1s−1

Notiamo che questo dato è relativo alla sommadei tre ”flavour” di neutrini (νµ, νe, ντ ), mentrequello ottenuto in precedenza era relativo ai soliνµ. I due risultati sono quindi compatibili entrogli errori. IceCube ha così portato ad una pri-ma osservazione di neutrini di alta energia dasorgenti astrofisiche. Al momento, tuttavia, nes-suna associazione a specifiche sorgenti note, siagalattiche che extragalattiche, è stata evidenziata.

Una ricerca di sorgenti puntiformi localizzatenell’emisfero sud è stata effettuata combinandoi dati di ANTARES con quelli di IceCube relativiai neutrini provenienti dal cielo sud. Il risultatoè stato negativo [46].

Il progetto KM3

Ricordiamo che l’dea base degli esperimenti chenon intendono limitarsi ad eventi con origine

Figura 26: Confronto tra la zone della nostra galassia vi-ste da un rivelatore collocato nel Mediterraneoe da uno collocato al polo sud.

all’interno del rivelatore, è quella di rivelare neu-trini provenienti ”dal basso”, che abbiano cioèattraversato la Terra. Tenendo conto della posi-zione ed orientazione della Terra nella nostra ga-lassia, ció implica che un esperimento operantenell’emisfero nord è ottimale per rivelare neu-trini provenienti dalle zone centrali della galas-sia, dove si ritiene possano esistere numerosesorgenti; vedi Figura 26. Questo è un indubbiovantaggio rispetto ad esperimenti quali IceCube,installati nell’emisfero sud. Un ulteriore vantag-gio che caratterizza gli esperimenti effettuati inmare, rispetto a quelli effettuati nel ghiaccio, è lamigliore risoluzione angolare nella ricostruzionedei µ. 5

Come accennato in precedenza, allo scopo diminimizzare sorgenti spurie di luce, quali quellelegate ad attività biologiche, è opportuno lavo-rare a grandi profondità e grande distanza dallacosta. Sotto questo profilo la scelta del sito diANTARES, anche se vantaggiosa sotto il profilologistico, data la vicinanza a grandi installazionimarine quali quelle presenti nel porto di Tolo-ne, non è ideale. Si è quindi individuato un sitonel Mediterraneo meridionale, a sud della Sici-lia, profondo circa 3500 metri e distante circa 100km dalla costa. È stato quindi messo in operaun lungo cavo elettro-ottico sottomarino che con-nette la stazione di terra (posta a Capopassero -Sicilia) con il sito scelto. Qui sono stati installatisul fondo del mare i sistemi d’interfaccia tra ilcavo sottomarino ed il rivelatore. Quest’ultimoè ora in fase di costruzione. Il rivelatore sará co-5Ciò è legato al fatto che i fotoni Cherenkov prodotti subi-scono processi di diffusione nettamente ridotti in acquarispetto a quanto accade nel ghiaccio.

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Figura 27: Uno dei moduli ottici adoperati nell’esperi-mento KM3. Ciascun modulo contiene 31PMT di piccolo diametro, otto dei quali sonovisibili nella foto.

stituito da una gran numero di ”moduli ottici”.Ciascuno di questi consiste di una sfera di vetroresistente alla pressione, che contiene, al postodel singolo fotomoltiplicatore di grande super-ficie adoperato sia in ANTARES che in IceCube,31 piccoli fotomoltiplicatori, come mostrato inFigura 27. Con tale scelta è da un lato possibileridurre i problemi legati alle sorgenti spurie disegnali luminosi, dall’altro ”vedere” la direzionedi provenienza della luce Cherenkov, il che aiutanella ricostruzione delle tracce. I moduli otticisaranno distribuiti su 115 stringhe alte circa 700metri, con 18 moduli per stringa. Si otterrà in talmodo un rivelatore pari a circa tre volte IceCube.

Conclusioni

Dopo l’osservazione dei neutrini solari in duediversi esperimenti, e quella dei neutrini emes-si nell’esplosione della Supernova SN1987/A,gli sforzi di numerosi gruppi sperimentali si so-no concentrati sulla ricerca di neutrini di altaenergia emessi da sorgenti galattiche o extraga-lattiche. Alcuni di questi esperimenti sono staticompletati ed hanno preso dati per diversi an-ni. Abbiamo qui analizzato i due esperimenti,ANTARES nell’emisfero nord ed IceCube al polosud, che hanno la massima sensibilità nei rispet-

tivi emisferi. Il primo di questi esperimenti, didimensioni nettamente inferiori a quella di Ice-Cube ma caratterizzato da una migliore risolu-zione angolare nella ricostruzione dei µ, non haal momento individuato alcuna sorgente di neu-trini. Il secondo ha trovato diversi eventi indottida neutrini di altissima energia, sia attraversola rivelazione dei µ prodotti che attraverso l’os-servazione di sciami elettromagnetici o adronici.Tuttavia i tentativi di associare tali eventi a deter-minate sorgenti galattiche o extragalattiche nonhanno dato esito positivo. Un nuovo esperimen-to, Km3, che si ritiene possa avere sensibilità mi-gliore di quella di IceCube, è attualmemte in fasedi costruzione/messa in opera nel Mediterraneo.

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[32] http://nemoweb.lns.infn.it/

[33] S.Aiello et al.: “Measurement of the atmospheric muonflux with the NEMO Phase-1 detector”, AstroparticlePhysics 66 (2015) 1.

[34] The ANTARES Collaboration Proposal for a 0.1 km2

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[35] V. Flaminio; Proc. XIII Intern. Works. on NeutrinoTelescopes M.B.Ceolin Ed. (2009).

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[45] M.G. Aartsen et al.; Observation of high-energyastrophysical neutrinos in three years of IceCube dataarXiv:1405.5303 v2 [astro-PH.HE] (2014).

[46] J. Barrios-Marti and Chad Finley; First combined searchfor neutrino point-sources in the Southern Sky with theANTARES and IceCube neutrino telescopes. 34th Inter-national Cosmic Ray Conference The Hague, TheNetherlands, (2015)

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Vincenzo Flaminio: Già Ordinario di FisicaSperimentale presso l’Università di Pisa, doveha ricoperto numerose cariche. Ha lavorato alungo in esperimenti di fisica adronica al CERNdi Ginevra e negli Stati Uniti. È stato responsabi-le di numerosi progetti di ricerca, sia nazionaliche Europei. A partire dagli anni ’80 si è occu-pato prevalentemente di fisica dei neutrini, conesperimenti effettuati al CERN. Si è poi occupatodi esperimenti sulla ricerca di neutrini astrofisici,quali ANTARES e KM3.

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Esperimenti di Neutrininegli USACamillo Mariani Center for Neutrino Physics, Virginia Tech, Blacksburg, VA, 24061, USA

Introduzione

Negli Stati Uniti ci sono vari progetti per lo stu-dio delle oscillazioni di neutrini e delle lorointerazioni con la materia.Possiamo dividere gli esperimenti in tre cate-

gorie, corrispondenti a quando gli esperimen-ti prenderanno dati: esperimenti ′′presenti′′,′′futuri prossimi′′ e ′′futuri lontani′′. L’elencodegli esperimenti presenti comprende NOνA,Minerva e MINOS. Gli esperimenti futuri, unoprossimo e uno lontano, sono, rispettivamente,MicroBooNE e DUNE. Un altro tipo di divisio-ne riguarda la tecnologia che verrà adottata permisurare le proprietà dei neutrini. Esperimenticome MicroBooNE o DUNE useranno la tecno-logia dell’argon liquido per identificare in modopreciso le interazioni dei neutrini.

NOνA

NOνA è un esperimento nato negli Stati Uniti,che utilizza il fascio di neutrini esistente a Fer-milab (NuMI), con un aumento dell’intensità, eun rivelatore lontano posizionato a circa 800 kmdi distanza in prossimità della frontiera con ilCanada.

Il fascio di neutrini chiamato NuMI, è generatoal Fermi National Accelerator Laboratory (Fermi-lab) ed utilizza il fascio di protoni prodotti dalmain injector, incidente su un bersaglio di grafiteche ha la forma di un lungo cilindro di metallo.

Diversi tipi di particelle fondamentali sono pro-dotti nelle collisioni tra i protoni e il bersaglio digrafite, inclusi pioni, che sono particelle cariche.NuMI utilizza magneti per guidare i pioni nelladirezione in cui si vogliono produrre neutrini. Ipioni, poco tempo dopo la loro creazione (circa100 m) decadono in muoni e neutrini muonici, equesti ultimi continuano a viaggiare nella stessadirezione dei pioni. Il bersaglio di NuMI, insie-me ai magneti che determinano la direzione delfascio di neutrini, è mostrato in Fig. 1.

Il fascio di neutrini è rivolto verso il basso conun angolo di 3.3 gradi. Anche se il fascio nascecirca 150 piedi (∼ 50 m) sottoterra al Fermilab,raggiungerà profondità fino a sei miglia sotto lasuperficie terrestre nel suo viaggio verso Ash Ri-ver, al confine con il Canada, prima di incontrareil rivelatore lontano di NOνA.Il complesso acceleratore a Fermilab attual-

mente è in grado di erogare 400 kW di potenza,ed in futuro verrà aggiornato inmodo da erogarefino a 700 kW di potenza per Numi.L’esperimento NOνA utilizza due rivelatori:

un rilevatore vicino che è posizionato a Fermilabe consiste di 330 tonnellate di scintillatore liqui-do, e un rilevatore molto più grande, di 14000tonnellate, che è posizionato nel Minnesota, ap-pena a sud del confine USA-Canada. I rilevato-ri sono costituiti da 344000 celle di scintillatoreestruso, mostrato in Fig. 2. Le celle sono con-stituite di plastica (PVC) altamente riflettente esono riempite di scintillatore liquido. I due bloc-

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Figura 1: Fotografia del bersaglio per neutrini usato inNuMI. Foto cortesia di Fermilab.

chi sono riempiti con un liquido composto per il95% da olio minerale e dal 5% da pseudocumene(liquido incolore infiammabile), tossico, ma im-prescindibile negli esperimenti con i neutrini: lamiscela amplifica la luce che la colpisce, permet-tendo ai neutrini di essere individuati e misuratipiù facilmente. Ogni cella nel rivelatore lontanomisura 3.9 cm di larghezza, 6.0 cm di profonditàed è lunga 15.5 metri. L’assemblaggio delle celleè rappresentato schematicamente in Fig. 2.

Quando un neutrino colpisce un atomo in unoscintillatore liquido, rilascia uno sciame di parti-celle cariche. Poiché queste particelle si fermanonel rivelatore, la loro energia viene raccolta uti-lizzando fibre ottiche che modificano la lunghez-za d’onda della luce in modo che possa essereraccolta efficientemente dai foto-rivelatori posi-zionati all’esterno di ciascuna cella di plasticacontenente scintillatore liquido. Utilizzando ilmodello di luce visto dai foto-rivelatori, è possibi-le determinare quale tipo di neutrino ha causatol’interazione e quale sia la sua originale energia.

La presa dati per NOνA è iniziata ufficialmen-te alla fine del 2013 e la costruzione dell’interoapparato (due rilevatori a quasi 800 chilometri

Figura 2: Schema dell’assemblaggio delle celle di plasticanei rivelatori dell’esperimento NOνA.

Figura 3: Fotografia del rivelatore vicino di NOνA.

di distanza) è stata completata nel gennaio 2014.La prima fase dell’esperimento durerà sei anni.NOνA permetterà di caratterizzare in detta-

glio i neutrini, determinandone i tempi di vita,la direzione e l’energia. Studiando le oscillazioninelle diverse tipologie di neutrini, gli scienziatisperano di scoprire l’ordinamento delle massedei neutrini (la cosiddetta gerarchia di massa) eil perché l’Universo contiene attualmente mol-ta più materia che antimateria. Il compito deiricercatori del progetto NOνA è, letteralmente,

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Figura 4: Fotografia del rilevatore vicino di MINOS, aFermilab.

catturare i neutrini al volo con attrezzature mol-to grandi e costose. I primi risultati importantisono già arrivati. Dopo aver ”sparato“ protonicontro obiettivi di grafite al Fermilab, appenafuori Chicago (Illinois), i neutrini vengono rac-colti e inviati 735 chilometri a nord ovest, dovesi trova il rivelatore NOνA ad Ash River (Min-nesota), lungo il confine canadese. I primi fascisono stati sparati nel settembre 2013, mentre leapparecchiature di Ash River, oggi completate,erano ancora in costruzione.Il fascio di neutrini prodotto a Fermilab at-

traversa ben tre stati e un lago: l’Illinois, il Wi-sconsin, (la crosta terrestre sottostante) il LagoSuperiore ed il Minnesota.

MINOS

L’esperimento MINOS utilizza lo stesso fascio dineutrini muonici sfruttato da NoνA, e prodot-to dal main injector del Fermilab. Il fascio dineutrini in questo caso viene proiettato a 735 chi-lometri di distanza, attraverso la Terra, verso unrivelatore di neutrini da 5000 tonnellate posto a800 metri di profonditá presso il Soudan Under-ground Laboratory, nel Minnesota. Le fotografiedei rivelatori vicino e lontano di MINOS sonopresentate nelle Fig. 4 e 5.

L’esperimento MINOS, come NOνA, utilizzadue rivelatori quasi identici: il rivelatore vicino,posizionato a Fermilab, è utilizzato per control-lare la purezza del fascio di neutrini muonici,mentre quello del Soudan è utilizzato per la ri-cerca dei neutrini elettronici e muonici. Per co-prire il tragitto dal Fermilab al Soudan, i neutri-ni impiegano quattro centesimi di secondo, un

Figura 5: Fotografia del rilevatore lontano di MINOS, inMinnesota.

tempo sufficiente per cambiare le loro identità.Entrambi i rilevatori sono composti di scintillato-re plastico. La luce proveniente dalle particellecariche emesse dalle interazioni di neutrini vie-ne catturata usando fibre ottiche e trasformata insegnali elettrici da foto-moltiplicatori. Entrambii detector sono immersi in campo magnetico.L’osservazione degli eventi nel rivelatore del

Soudan permette ai ricercatori dell’esperimentoMINOS di ottenere informazioni sulla quantitàsin2 2θ13. Se i neutrini muonici non si trasformas-sero in neutrini elettronici, tale quantità sarebbenulla. L’intervallo di valori permesso dall’ultimamisurazione di MINOS si sovrappone a quelladell’esperimento T2K, ma è più limitata. MINOSrestringe tale range a 0-0.12, migliorando i risulta-ti ottenuti dallo stesso esperimento su un insiemedi dati più limitato nel 2009 e nel 2010. Il rangeottenuto da T2K è tra 0.03 e 0.28.

Figura 6: Schema di assemblaggio dei piani di Minerνa.

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Minerνa

Il rivelatore Minerνa è posizionato di fronte aldetector vicino di MINOS. Minerνa ha lo scopodi studiare in dettaglio le interazioni di neutrinicon diversi materiali. Il rilevatore è costituitoda diversi piani di scintillatore plastico (comeMINOS) alternati a piani costituiti da carbonio,ferro e piombo come mostrato nella Fig. 6.

DUNE

Il Deep UndergroundNeutrino Experiment (DU-NE) sarà il più grande esperimento per lo studiodelle oscillazioni dei neutrini mai costruito. Ilnuovo fascio di neutrini (che verrà prodotto alFermilab) invierà particelle a 800miglia di distan-za, verso un rivelatore adArgon liquido da 40000tonnellate ospitato nel Sanford Underground Re-search Lab in South Dakota. DUNE utilizzeràuna diversa tecnologia per rivelare le interazionidi neutrini, l’argon liquido. Il rivelatore lonta-no di DUNE sarà riempito con Argon liquido,che consentirà di utilizzare una tecnologia estre-mamente sofisticata, per catturare immagini tri-dimensionali, attraverso piani di sottilissimi fili,delle tracce lasciate dalle particelle cariche pro-dotte dall’interazione dei neutrini. DUNE uti-lizzerà anche un near detector, simile a quelloutilizzato da T2K ma ancora in fase di progetta-zione, per caratterizzare sia il fascio di neutriniprodotti al Fermilab sia le interazioni di neutrini

Figura 7: Fotografia del rivelatore ICARUS.

in argon liquido. Parte del progetto DUNE è unaserie di esperimenti (“short baseline“ o SBND)che sono attualmente in costruzione a Fermilab,tutti condotti con diversi rilevatori argon liquidoincluso il rilevatore ICARUS 7, costruito in Italia.

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Camillo Mariani: È un assistant professor pres-so il Centro di Fisica del Neutrino di VirginiaPolytechnic Institute and State University notaanche come Virginia Tech in USA.Mariani è coin-volto in vari esperimenti di neutrini agli accele-ratori e ai reattori negli Stati Uniti ed Europatra cui MiniBooNE, MicroBooNE, SBND, DUNE,Double Chooz, SOLID e CHANDLER.

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L’Europa dei neutriniFrancesco Terranova Dipartimento di Fisica “Giuseppe Occhialini” - Università degli studi di Milano-Bicocca e

INFN - Sezione di Milano-Bicocca

La scoperta delle oscillazioni di neu-trino ha aperto nuove prospettiveper la fisica delle particelle elemen-

tari e offre straordinarie opportunità peri centri di ricerca europei. Queste op-portunità riguardano tutti i settori dellafisica sperimentale del neutrino: la mi-sura delle masse assolute e delle relazio-ni tra gli autostati di massa, la violazio-ne del numero leptonico, il mixing tra ineutrini e la violazione di CP. Grazie alleoscillazioni, sappiamo a priori quali sonole precisioni richieste agli esperimenti diprossima generazione per raggiungere gliobiettivi che si sono prefissati. Le tecni-che sperimentali che si stanno sviluppan-do sono estremamente diversificate cosìcome le dimensioni e i costi degli esperi-menti: da progetti “a misura di universi-tà” a grandi collaborazioni internazionalicostruite su facilities condivise.

Tutto molto in fretta

La scoperta delle oscillazioni di neutrino [1] haaperto un programma di ricerca che, nel 1998,sembrava sconfinato. Tutti e tre gli angoli di mi-xing potevano essere misurati così come le dif-ferenze di massa tra i neutrini. L’impresa, tutta-via, sarebbe potuta risultare titanica perchè gliangoli di mixing potevano essere simili a quellidei quark (piccolissimi) e le differenze di massaal di fuori delle regioni concretamente esplora-

bili dagli esperimenti. Non è stato affatto così.Il più piccolo degli angoli di mixing dei neutri-ni (θ13 ' 8◦) è circa uguale al più grande degliangoli dei quark (l’angolo di Cabibbo: 13◦). Inconcreto: se trovate il giusto L/E, ovvero il giu-sto rapporto tra la distanza di propagazione el’energia del neutrino (si veda il box “La formuladi oscillazione nel vuoto” in [1]) le probabili-tà di oscillazioni diventano enormi (>10%). Ilrapporto L/E, d’altronde, non era un parametroignoto: le oscillazioni erano state osservate per ineutrini prodotti dalle interazioni dei raggi co-smici primari con l’atmosfera (neutrini atmosfe-rici) e per i neutrini prodotti dal sole. Si trattavadi realizzare esperimenti con sorgenti artificialiche avessero il valore del rapporto L/E correttoper riprodurre fedelmente le oscillazioni dei neu-trini atmosferici e solari. A questo programmasperimentale imponente hanno contribuito mol-ti paesi. Il Giappone ha avuto un ruolo guidaospitando il primo (K2K) e il più preciso (T2K)esperimento capace di osservare le oscillazionialla scala di energia dei neutrini atmosferici consorgenti artificiali, così come il primo esperimen-to che ha osservato le oscillazioni alla scala dienergia dei neutrini solari con neutrini prodottida reattori nucleari (KamLAND). Gli Stati Unitihanno realizzato l’esperimento più preciso perla misura della differenza di massa responsabiledelle oscillazioni alla scala dei neutrini atmosfe-rici (MINOS, solo da poco scalzato da T2K). LaCina e la Corea hanno dimostrato per la primavolta che θ13 ' 8◦ usando neutrini prodotti daireattori (un risultato confermato in modo spetta-colare da T2K con neutrini prodotti da accelera-tori di particelle). In Europa è stata osservata per

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la prima volta l’oscillazione νµ → ντ (OPERA aiLaboratori del Gran Sasso usando un fascio diνµ prodotti al CERN e puntanti verso l’Italia). Inuna serie impressionante di misure di precisio-ne, l’esperimento BOREXINO (Gran Sasso) hadeterminato come l’oscillazione dei neutrini so-lari dipenda dalla densità di materia del sole. Infisica del neutrino si è fatto in 15 anni quello che,nei quark, ha richiesto decenni anche se, ad oggi,le precisioni raggiunte sugli angoli di mixing so-no ancoramolto lontane dalle precisioni ottenuteper i quark [2].

Questi enormi progressi, più ancora che for-nire informazioni specifiche sul fenomeno delleoscillazioni, hanno in realtà cambiato in manieraprofonda il modo di progettare esperimenti al-l’interno della nostra disciplina. Fino a dieci annifa, le oscillazioni dei neutrini erano un’incognita(oltre che una potenziale opportunità). Oggi, leinformazioni raccolte dagli esperimenti di oscilla-zione sono il fondamento di tutti i progetti futuriper la fisica del neutrino, anche quelli che nullahanno a che fare con le oscillazioni stesse.I gruppi europei, da sempre, sono impegnati

e hanno dato contributi rilevanti alla fisica delneutrino. Ora, però, che il costo e la complessitàdegli esperimenti sta crescendo a un livello con-frontabile con quello della fisica agli acceleratoridi particelle, è tempo di farsi domande di piùampio respiro. Prima di tutto, esiste ancora spa-zio per esperimenti “nazionali” o una strategiacomplessiva europea è ormai improcrastinabile?E soprattutto, qual’è il confine tra un’impresascientifica che ha concrete possibilità di essererealizzata a livello europeo e una che richiedenecessariamente uno sforzo globale? La fisicadei grandi acceleratori si pone questi interroga-tivi da decenni e ha realizzato infrastrutture -prima di tutte il CERN di Ginevra - e organismidecisionali capaci di affrontarli. La fisica del neu-trino, invece, è un campo molto più diversificato:esistono ancora esperimenti gestibili in piccolilaboratori o, addirittura, in campus universitaria cui si affiancano facilities con collaborazioniinternazionali, costi e complessità che sfidano legrandi imprese del CERN.

Nelle pagine che seguono, cercheremo di darequalche risposta a questi interrogativi, mettendoun po’ da parte le considerazioni strategiche epolitiche e facendoci guidare dalla fisica, ovvero

da quello che le oscillazioni di neutrino ci hannoinsegnato.

Masse

Prima ancora che i neutrini fossero osservati inmodo diretto, si aveva consapevolezza che le loromasse a riposo dovevano essere molto piccole.Non è un caso che – come ha notato D. Mon-tanino in un altro articolo di questo stesso nu-mero di Ithaca – il Modello Standard sia statooriginariamente concepito assumendo neutrinicompletamente privi di massa. Neutrini moltopesanti avrebbero modificato la cinematica deidecadimenti β: per esempio un nucleo di trizio(un isotopo instabile dell’idrogeno costituito daun protone e due neutroni) che decade attraversoil processo

3H→3 He + e− + νe

non è in grado di generare elettroni con energiapari a m3H − m3He − me (m indica la massa ariposo) perché una frazione fissa e irriducibiledell’energia disponibile in questo processo eso-termico deve essere “investita” per produrre lamassa a riposo del neutrino. Tanto più grande èla massa del neutrino tanto più piccola sarà l’e-nergia massima raggiungibile dall’elettrone. Lostudio dello spettro dell’elettrone è stato perciòil metodo classico per eccellenza per “pesare” ineutrini [3]. Un metodo, che, dopo oltre 70 an-ni di sforzi, non ha, però, prodotto una misuradella massa del neutrino. Le oscillazioni offronouna spiegazione semplice di questo clamorosofallimento (si veda il box “Le masse assolute deineutrini”) e indicano con chiarezza dove andarea cercare per osservare finalmente il fenomeno.

Visto che i decadimenti beta coinvolgono neu-trini elettronici, ciò che determina lo spettro del-l’elettrone è soprattutto l’autostato di massa chemaggiormente si mescola con il neutrino elet-tronico. Se esistono autostati pesantissimi i cuiangoli di mixing con νe sono trascurabili, que-sti autostati diventano irrilevanti per lo studiodei decadimenti beta. Potremmo però essere for-tunati: l’autostato più pesante potrebbe esserequello che maggiormente si mescola con νe (ingergo, è la situazione di “gerarchia inversa”). An-cora meglio, i neutrini potrebbero avere masse

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grandi ma simili tra loro: visto che le oscillazionisono sensibii alle differenze dei quadrati dellemasse (∆m2), un valore di ∆m2 piccolo potreb-be nascondere masse grandi (in gergo, “massedegeneri”). Le oscillazioni parlano chiaro: incaso di gerarchia inversa (o, ancor meglio mas-se degeneri) la massa del neutrino cui è sensi-bile il decadimento β non può essere inferiorea '

√∆m2

31 ' 5 × 10−2 eV. Se siete capaci dicostruire un esperimento preciso entro i 50 meVavete solo due possibilità: o vedete l’effetto (e,probabilmente, andate a Stoccolma) o non vede-te nulla e dimostrate che la natura ha scelto la“gerarchia normale”, ovvero che l’autostato piùpesante è quello che si mescola di meno con il νe.

Considerazioni molto simili si applicano al-la ricerca del “doppio decadimento beta senzaneutrini” ( 0νββ) [4]. Decadimenti di questo ti-po (si vedano gli articoli di F. Vissani ed E. Lisiin questo numero di Ithaca, in particolare il box“Il doppio decadimento beta” in [5]) non sonopermessi nel Modello Standard ma lo sono nellamaggior parte delle sue estensioni. Un’eviden-za sperimentale del 0νββ sarebbe una rivoluzio-ne epocale nella fisica delle particelle elementa-ri: è un fenomeno che contraddice chiaramenteil Modello Standard perché viola una delle suesimmetrie (la conservazione del numero lepto-nico) ma nello stesso tempo, offre una spiega-zione semplice della piccolezza delle masse delneutrino rispetto a tutte le altre particelle cari-che. I neutrini acquisiscono la status particolaredi “particelle di Majorana”: sono cioè gli unicifermioni elementari che coincidono con le loroantiparticelle.

Anche in questo caso le oscillazioni danno in-formazioni precise: se la gerarchia è inversa e ineutrini sono particelle di Majorana, avrete cer-tezza di osservare l’effetto (e di andare, questavolta senza alcun dubbio, a Stoccolma) se co-struite un esperimento con sensibilità migliore di15 meV. Tuttavia, il rischio di insuccesso è mag-giore rispetto ai decadimenti beta: se non osser-vate nulla non potete inferire che la gerarchia dimassa sia normale perché i neutrini potrebbe-ro non essere particelle di Majorana: in questocaso il 0νββ non avviene per la conservazionedel numero leptonico, indipendentemente dallemasse dei neutrini. Ovviamente, chi lavora inquesto settore spera che la fortuna aiuti gli auda-

ci, proprio come è avvenuto negli anni 2000 conle oscillazioni. Staremo a vedere.L’Europa vanta l’esperimento più preciso al

mondo per lo studio del decadimento beta e delsuo spettro. Si chiama KATRIN e si trova a Karl-sruhe, in Germania. È l’estensione più spettaco-lare (si veda la Figura 1) degli esperimenti fat-ti negli anni ’90 e utilizza, concettualmente lestesse tecniche. Malgrado ciò, la precisione cheraggiungerà nei prossimi anni (circa 200 meV) simanterrà ancora lontana dai fatidici 50 meV. Cisarà mai un super-KATRIN capace di raggiunge-re l’obiettivo dei 50 meV? Vi sono due scuole dipensiero: la prima (la più diffusa) ritiene che letecniche implementate da KATRIN (spettrome-tria magnetica combinata a speciali sorgenti ditrizio) abbiano raggiunto i loro limiti intrinsecie che serva un’idea nuova. Questa idea potreb-be essere la misura dell’energia complessiva deldecadimento beta attraverso tecniche calorimetri-che: ovvero attraverso la variazione di tempera-tura all’interno di materiali diamagnetici. È unatecnica che sfrutta gli enormi progressi fatti negliultimi 30 anni sui rivelatori termici, rivelatori cheoggi sono comunemente impiegati negli esperi-menti di cosmologia osservativa. In Europa sonoconcentrati i principali gruppi che stanno svilup-pando questo approccio e, recentemente, dueesperimenti europei (ECHO e HOLMES) hannocominciato a lavorare usando un isotopo moltopromettente: l’Olmio-163. L’altra scuola di pen-siero, invece, sostiene che ci siano ancoramarginidi miglioramento per la tecnologia di KATRINe, recentemente, una collaborazione americana(PTOLEMY) ha intrapreso un programma di ri-cerca e sviluppo basato su quella tecnica con l’o-biettivo ambiziosissimo di misurare i neutriniprodotti dal Big Bang. La fisica del decadimentobeta è proprio uno di quei settori in cui vi è anco-ra molto spazio per esperimenti “da laboratoriouniversitario” al fine di identificare la tecnolo-gia vincente per arrivare alla soglia dei 50 meV.Tuttavia la realizzazione dell’esperimento veroe proprio avrà sicuramente una complessità taleda richiedere l’aggregazione di queste risorse ela creazione di un unico programma europeo perlo studio di precisione del decadimento beta.

La situazione per il 0νββ è sostanzialmente di-versa. Le precisioni raggiunte dagli esperimentiattuali sono già molto buone (nell’ipotesi, ovvia-

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Le masse assolute dei neutriniLe masse assolute dei neutriniLe masse assolute dei neutrini

Le tecniche sperimentali utilizzate per determinare le masse dei neutrini non coinvolgono maisingoli autostati di massa. Nel decadimento beta, la distorsione dello spettro degli elettroniè dovuta alla presenza del νe e pertanto coinvolge tutti gli autostati che si mescolano con ilneutrino elettronico. La relazione che intercorre tra la “massa efficace del neutrino” (mβ) chedetermina lo spettro dell’elettrone e le masse dei singoli autostati è la seguente:

mβ = cos2 θ13 cos2 θ12m21 + cos2 θ13 sin2 θ12m

22 + sin2 θ13m

23

Un tempo questi angoli erano ignoti ma a partire dal 2012 sono stati tutti ben misurati, cosìcome sono state ben misurate le quantitàm2

2−m21 e |m2

3−m22|. Questo permette di determinare

qual’è ilmβ minimo nel caso in cuim3 (“gerarchia normale”) om1 (“gerarchia inversa”) sial’autostato più pesante. Abbiamo, in particolare:

mβ > 10 meV - per gerarchia normalemβ > 50 meV - per gerarchia inversa

Considerazioni analoghe valgono per il 0νββ per il quale valem0νββ < 10 meV per gerarchianormale em0νββ > 15 meV per gerarchia inversa. In generale, per l’osservazione sperimentaledi questi processi, la gerarchia inversa è una condizione estremamente favorevole.

Figura 1: Trasporto dello spettrometro di Katrin versoKarlsruhe.

mente, che i neutrini siano particelle di Majora-na) e l’obiettivo dei 15 meV non è irraggiungibile.Molti gruppi sperimentali sono al lavoro per in-crementare la quantità di isotopi presenti negliesperimenti, e dunque la probabilità di osservareuno di questi decadimenti rarissimi, e la reiezio-ne del fondo. Analogamente, molti fisici nuclearistanno cercando di ridurre le incertezze teori-che che permettono di determinare la massa deineutrini una volta nota la vita media del decadi-mento 0νββ: questa incertezza è al momento laprincipale fonte di errori sistematici nello studio

dei neutrini di Majorana. La fisica del doppio de-cadimento beta ha lasciato da decenni i campusuniversitari perché tutti i moderni esperimentirichiedono laboratori sotterranei molto profondiper la reiezione del fondo dovuto ai raggi cosmi-ci. L’Europa è estremamente ben equipaggiata inquesto settore e vanta un laboratorio con sale einfrastrutture enormi (i Laboratori del Gran Sas-so) e diversi laboratori più piccoli ma sufficienti aospitare esperimenti di punta per il doppio beta:i laboratori di Modane in Francia, di Canfrancin Spagna e di Boulby in Inghilterra. Tuttavia alivello mondiale la concorrenza è imponente: giàad oggi i tre più precisi esperimenti di doppio be-ta europei (GERDA e CUORE - Figura 2 - al GranSasso e NEMO-3 a Modane) si confrontano conrisultati altrettanto precisi provenienti dagli StatiUniti (EXO) e dal Giappone (KAMLAND-Zen).Nuovi laboratori e nuovi progetti sono in svilup-po negli Stati Uniti, in Canada, Giappone, Cina,Corea e India. In questo settore, perciò, una stra-tegia Europea è ormai una necessità e la fisicaastroparticellare europea si è dotata da tempo diorgani di coordinamento internazionali. Ma labuona fisica viene ben prima della buona politi-ca: gli esperimenti che ho citato in precedenzautilizzano tecniche molto diverse tra di loro e, al

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momento, non vi è certezza su quale tecnica siaestendibile ai 15 meV. Nei prossimi dieci anni,perciò avremo risultati più precisi che ci permet-teranno di fare un’ulteriore selezione tra le tec-niche più promettenti; tuttavia non siamo nellacondizione di poter considerare conclusa la fasedi ricerca e sviluppo e progressi tecnologici so-stanziali - soprattutto nella purezza dei materialie nella reiezione dei fondi - sono una necessitàper raggiungere gli obiettivi che le informazioniprovenienti dalle oscillazioni ci hanno imposto.

Figura 2: Il criostato di CUORE capace di raffreddare a10 mK circa 740 kg di rivelatori termici per lostudio dei decadimenti rari del Tellurio.

Gerarchie di massa

Nella fisica delle masse assolute, conoscere l’au-tostato più pesante e il suo mixing con il νe puòfar la differenza tra un esperimento di “esplora-zione” e uno di “scoperta”. Esiste un modo perconoscere la gerarchia di massa senza misurareesplicitamente questi autostati? Fortunatamen-te sì, ancora una volta grazie alle oscillazioni dineutrino. Fin dalla fine degli anni ’90 sono stateproposte diverse tecniche per ottenere informa-zioni sulla gerarchia di massa dalle probabilitàdi oscillazione. Quasi tutte si basano sull’effettoMSW descritto in [1]: le oscillazioni dei neutri-ni nella materia sono perturbate dalla presenzadegli atomi e la probabilità di oscillazione di-venta sensibile alla gerarchia di massa, ovveronon solo al valore assoluto dei ∆m2 ma ancheal loro segno. Tutti gli esperimenti proposti inEuropa, Stati Uniti e India per la misura dellagerarchia si basano su questo principio ma nes-suno degli esperimenti attualmente in funzioneha una sensibilità sufficiente per osservare unaperturbazione così piccola. L’unica eccezione è

l’esperimento americano NOVA che è entrato infunzione in questi mesi ma che potrà osservarel’effetto solo per particolari regioni dello spaziodei parametri e con sensibilità statistica moltoridotta.

La partita per la misura della gerarchia di mas-sa [6] è aperta e, a differenza della misura dellemasse assolute, questa osservabile è chiaramen-te alla portata delle tecnologie attuali. Per qua-le motivo ne siamo così certi? La possibilità diosservare questo fenomeno è legata alla proba-bilità di oscillazione νµ → νe alla scala di ener-gia dei neutrini atmosferici (qualche GeV). L’am-piezza di probabilità dipende dall’angolo θ13: sequest’angolo fosse stato piccolo o, addirittura,confrontabile con il corrispondente angolo per iquark, la misura sarebbe diventata difficile comela misura delle masse assolute. Nel 2012, espe-rimenti in Cina, Corea, Giappone e, più recen-temente, l’esperimento francese Double-Choozhanno dimostrato al di là di ogni ragionevoledubbio che θ13 è molto grande (8◦). Perfino lepiù speculative tra le tecniche proposte nel pas-sato hanno perciò la loro chance di effettuare lamisura.Una delle più speculative è stata proposta da

S. Petcov e M. Piai nel 2002 [7] e si basa sul-l’osservazione dei battimenti nelle probabilitàdi oscillazione dei neutrini prodotti ai reattorinucleari. I battimenti sono dovuti al fatto che∆m2

31 6= ∆m232: dai battimenti è possibile inferi-

re, perciò, la gerarchia di massa. Nel 2002, ricor-do di aver letto un po’ di fretta quell’articolo: mibastò notare che la tecnica avrebbe funzionatose θ13 fosse stato > 6◦. A quel tempo si sape-va solo che θ13 < 9◦ perciò archiviai l’articolonella lista delle “idee intelligenti che non funzio-neranno mai”. Su questa idea oggi si basa il piùimponente progetto cinese in fisica del neutrino(l’esperimento JUNO), che raccoglie una collabo-razione di centinaia di fisici, inclusa un’ampiapartecipazione europea. Alla luce del fatto cheθ13 ' 8◦, non posso che concordare con quantisostengono che la natura è stata generosa con ifisici del neutrino.

Sarà possibile misurare in un esperimento eu-ropeo la gerarchia di massa, magari facendo con-correnza proprio JUNO? Probabilmente sì: gra-zie al fatto che θ13 ∼ 8◦, gli effetti di materia e leperturbazioni indotte dalla gerarchia di massa

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saranno visibili anche nelle oscillazioni dei neu-trini atmosferici. I grandi telescopi di neutrinomarini progettati per osservare i neutrini di al-tissima energia provenienti dal cosmo possonoessere riadattati per osservare neutrini a energiedel GeV instrumentando con un gran numerodi rivelatori piccole porzioni dell’oceano. Que-sto riadattamento è stato recentemente proposto(per il ghiaccio) dalla Collaborazione Ice-Cubee riproposto (per l’acqua) dalla CollaborazioneKM3-Net (si veda l’articolo di V. Flaminio in que-sto numero di Ithaca). Le osservazioni in acquaverranno effettuate con l’esperimento ORCA (Fi-gura 3), situato nel Mar Mediterraneo, a pocadistanza dalle coste francesi, mentre al Polo Sudsi acquisiranno dati con l’esperimento PINGU.

Figura 3: Disposizione dei fotomoltiplicatori sottomariniper l’osservazione dei neutrini atmosferici inORCA.

Il principale vantaggio di questi esperimentiè l’utilizzo di sorgenti di neutrino già presen-ti nell’ambiente: i neutrini atmosferici per OR-CA/PINGU e i neutrini provenienti dai reattorinucleari per JUNO. Questo vantaggio si paga intermini di controllo e conoscenza dello spettrodi energia delle sorgenti e determina la principa-le limitazione alla sensibilità degli esperimenti.Una sorgente completamente controllata, prodot-ta da acceleratori, all’energia ideale per esaltaregli effetti di materia sarebbe la soluzione ideale.È una soluzione percorribile?

Fasci di neutrino

Storicamente, le sorgenti artificiali di neutrinoprodotti dagli acceleratori sono stati la chiave divolta per ottenere un’evidenza incontrovertibiledelle oscillazioni. Nei fasci [8], i neutrini sonoprodotti dai decadimenti π+ → µ+νµ. I pioni(π+) vengono, a loro volta, prodotti dalle intera-zioni di protoni con bersagli di grafite o berillioe sono focalizzati da lenti magnetiche. È possi-bile perciò produrre fasci di neutrini muonici aqualunque energia compresa tra 0.1 e 100 GeVe puntarli - deflettendo i pioni prima che deca-dano - in qualunque luogo della terra. Sono ilmodo ideale per studiare le oscillazioni νµ → νee νµ → ντ con precisioni dell’ordine del 1%. So-no le Ferrari della fisica del neutrino e, come leFerrari, costano una tombola.

Un fascio di neutrini di energia di 1 GeV pun-tato verso un rivelatore distante 1000 km, puòmisurare la gerarchia di massa con una preci-sione enormemente migliore rispetto a JUNO,ORCA e PINGU ed eliminare qualunque dubbioresiduo sugli errori sistematici cui sono affette lesorgenti ambientali. Ma il gioco vale la candela?Costruire un fascio esclusivamente per la gerar-chia di massa può essere un azzardo economicoperché la gerarchia dimassa non è un’osservabilecontinua: è una variabile binaria (gerarchia nor-male o inversa). La precisione, perciò serve pereliminare l’incertezza sulle fluttuazioni statisti-che e gli errori sistematici ma non svolge il ruolodi misura di precisione. Con un po’ di fortu-na, JUNO, ORCA e PINGU potrebbero ottenereun’evidenza statistica a 3-4 sigma e combinando idati si avrebbe una misura solida della gerarchia.Ovviamente, le cose potrebbero andare storte:dati in conflitto porterebbero a un risultato in-concludente, come è successo di recente con ineutrini sterili [1] (si veda l’articolo di P. Bernar-dini in questo numero di Ithaca). Ma allora, nonconviene aspettare e vedere cosa succede?

In realtà, grazie a quanto sappiamo dalle oscil-lazioni, i fasci di neutrino hanno oggi un’oppor-tunità che dieci anni fa sarebbe apparsa purafantascienza. Il fatto che tutti gli angoli di mi-xing siano grandi permette di osservare un’im-portante effetto interferenziale tra i tre autostatidi massa. Nei quark questo effetto genera la vio-lazione della simmetria di coniugazione di carica

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e parità (CP) (si veda il riquadro nell’articolo diD. Montanino) ed è, in parte, responsabile dell’a-simmetria materia-antimateria nell’universo. Ilmescolamento dei neutrini può dare origine a uneffetto analogo e rappresenta un’ulteriore sorgen-te di violazione di CP nell’universo. Osservarla è,concettualmente semplicissimo: basta osservareuna differenza tra la probabilità di oscillazioneνµ → νe e quella delle rispettive antiparticelleνµ → νe. Questa differenza dipende da una fasecomplessa nella matrice di mescolamento [1]: sela fase è massima (δ = π/2), la differenza è mas-sima, se la fase è nulla (δ = 0) la simmetria di CPè preservata.

I fasci di neutrini agli acceleratori sono l’unicapossibiltà realistica di osservare la violazione diCP nel settore dei neutrini. Richiedono intensitàcirca dieci volte maggiori rispetto ai fasci attuali,rivelatori di 105 tonnellate e costi che superano ilmiliardo di Euro. Non vi è discussione sul fattoche questi progetti hanno lo status di “progettiglobali”, ovvero le cui possibilià di realizzazio-ne trascendono i singoli continenti e richiedonouno sforzo e un coordinamento a livello mon-diale di tutti i fisici delle particelle elementari.Quali possibilità ha l’Europa di ospitare una si-mile facility? Il nostro continente ha due assinella manica: il CERN a Ginevra e la EuropeanSpallation Source a Lund. Entrambe queste in-stallazioni possono fornire le sorgenti di protoniintensissime necessarie per lo studio della viola-zione di CP. La prima permette anche lo studiodella gerarchia di massa [9], la seconda si limitaallo studio della violazione di CP [10]. Entram-be, tuttavia, necessitano della costruzione di unrivelatore con una massa adeguata.

Fuori dall’Europa, gli Stati Uniti propongonoun progetto simile a quello basato sul CERN: iprotoni vengono prodotti e accelerati al labora-torio Fermilab (Illinois) e i neutrini sono puntativerso l’esperimento DUNE (South Dakota), a cir-ca 1300 km di distanza. In questo momento, ilprogetto americano è l’unico che può vantareun finanziamento sostanziale (circa il 75% delcosto) da parte del governo ospitante. Il Giap-pone propone di utilizzare il laboratorio JPARC,nel Sendai, per inviare neutrini verso un nuovorivelatore (HyperKamiokande) posto a 230 kmdi distanza. La proposta giapponese non è almomento finanziata, non ha sensibilità alla ge-

rarchia di massama ha lamigliore sensibilità allaviolazione di CP.

Potremmo disquisire a lungo sui pro e controdelle diverse proposte. Temo però che a questopunto le considerazioni di fisica dovranno esserenecessariamente integrate da considerazioni dinatura strategica e di opportunità economica: uncompito a cui rinuncio volentieri.

Conclusioni

Da 15 anni la fisica del neutrino corre a ritmiserrati. La chiave di questa accelerazione è sta-ta la scoperta delle oscillazioni di neutrino: unfenomeno che ha riplasmato dalle fondamentala nostra disciplina e ha permesso di identificareprecisamente gli obiettivi e le sfide per gli espe-rimenti di prossima generazione. La fisica delneutrino, oggi, lascia spazio a molte tipologie diprogetti: esperimenti “a misura di università” egrandi progetti internazionali costruiti su faci-lities condivise. L’Europa, d’altronde, possiedemolte infrastrutture ideali per la fisica del neu-trino: laboratori sotterranei, grandi acceleratorie centri di ricerca focalizzati sullo sviluppo dinuove tecnologie, e ha le potenzialità per gio-care un ruolo determinante anche nel prossimodecennio. La frase che ho sentito più spesso pro-nunciare nelle rassegne del mio settore è stata:“siamo stati davvero fortunati” o, ancora, “la Na-tura è stata generosa con i fisici del neutrino”.Tutto questo è vero - e spero di essere riuscito aspiegarne il senso nelle pagine che precedono -ma non deve spingere a sottovalutare l’inventivae la determinazione con cui abbiamo perseguitoi nostri programmi sperimentali. La Natura nonsempre è generosa ma, spesso, la fortuna aiutagli audaci.

Z M Y

[1] D. Montanino, ′′Le oscillazioni di Neutrino′′, Ithaca,questo numero.

[2] K.A. Olive et al. (Particle data Group): “Review ofParticle Physics”, Chin. Phys. C 38 (2014) 090001.

[3] G. Drexlin et al.: “Current Direct Neutrino MassExperiments”, Advances in High Energy Physics 2013(2013) 293986.

[4] A. Giuliani and A. Poves: “Neutrinoless Double-BetaDecay,”, Advances in High Energy Physics 2012 (2012)857016.

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[5] E. Lisi, ′′Neutrini: messaggeri di nuova fisica′′, Ithaca,questo numero.

[6] R.B. Patterson, ′′Prospects for Measurement of theNeutrino Mass Hierarchy′′, arXiv:1506.07917 [hep-ex].

[7] S.T. Petcov and M. Piai: “The LMA MSW Solution ofthe Solar Neutrino Problem, Inverted Neutrino MassHierarchy and Reactor Neutrino Experiments”, Phys.Lett. B 533 (2002) 94.

[8] S. Kopp: “Accelerator-based neutrino beams”, Phys.Rep. 439 (2007) 101.

[9] A. Rubbia: “LAGUNA-LBNO: Design of an under-ground neutrino observatory coupled to long baselineneutrino beams from CERN ”, J.Phys.Conf.Ser. 408(2013) 012006.

[10] M. Dracos: “ The ESS Based Neutrino Super Beam forCP Violation Discovery”, Phys. Procedia 61 (2015) 459.

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Francesco Terranova: È professore associato diFisica Sperimentale presso l’Università di Mila-no Bicocca. Da 15 anni lavora nella fisica delneutrino, occupandosi sia di esperimenti di oscil-lazione con sorgenti artificiali sia di decadimentidoppio-beta.

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La frontiera dei neutrinisteriliPaolo Bernardini Dipartimento di Matematica e Fisica “Ennio De Giorgi” - Università del Salento

Le oscillazioni di neutrino sono or-mai un fenomeno acquisito: oscilla-no i neutrini naturali (prodotti dai

raggi cosmici nell’atmosfera oppure dallereazioni nucleari nel Sole), oscillano an-che quelli artificiali (da reattori nuclea-ri o da acceleratori di particelle). I para-metri caratteristici delle oscillazioni sonooggetto di misure sempre più precise e ilpuzzle sembra ormai quasi completo. Ep-pure alcuni tasselli sperimentali non tro-vano ancora il loro posto. Se queste misu-re anomale dovessero essere confermate,si aprirebbero scenari entusiasmanti. Lanuova fisica, cercata con le grandi mac-chine acceleratrici, potrebbe invece pale-sarsi ancora una volta dalle bizzarrie deineutrini. L’esistenza di neutrini sterili,che interagiscono solo gravitazionalmen-te, aprirebbe nuovi orizzonti di ricerca,ma per ora è solo un’ipotesi. In questoarticolo, cercando di evitare approfondi-menti troppo tecnici e senza la pretesa dicompletezza, verranno presentati sinteti-camente i dati sperimentali anomali, l’i-potesi di altri neutrini, oltre a quelli giànoti, e lo stato dell’arte nella ricerca deineutrini sterili.

Introduzione

Da quando nel 1930 Wolfgang Pauli suggerìl’esistenza di una particella neutra e priva dimassa per spiegare lo spettro continuo deglielettroni da decadimento beta, i neutrini hannosempre riservato grandi sorprese per i fisiciteorici e sperimentali. La probabilità che essiinteragiscano con la materia è estremamentebassa e quindi servono flussi di neutrini moltointensi ed apparati sperimentalimolto grandi perrivelarli in numero adeguato. Verso la fine deglianni ’90 è stato scoperto che i neutrini oscillano,cioè cambiano sapore durante il loro cammino(si veda l’articolo di D. Montanino in questonumero di Ithaca). Ad esempio, l’esperimentoOpera al Gran Sasso ha verificato che un neutrinomuonico (νµ) con un’energia di 20 GeV ha unacerta probabilità di diventare un neutrino tau(ντ ), e venire rivelato come tale, dopo averpercorso 730 km. È opportuno sottolineareche i fenomeni oscillatori possono manifestarsiin apparizione, come nell’esempio precedente,oppure in scomparsa, cioè con una riduzione delnumerodi neutrini che ci si aspetta di osservare.Attualmente la gran parte dei dati sperimen-

tali è coerente con un modello nel quale i neu-trini hanno massa ed assumono tre sapori (νe,νµ, ντ ). Questi stati di sapore sono combinazioni(mixing) di tre autostati di massa (m1,m2,m3).Il modello è caratterizzato dagli angoli dimixing(θ12, θ23, θ13) e dalle differenze dei quadrati della

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Il decadimento dello Z0Il decadimento dello Z0Il decadimento dello Z0

Il collisore LEP (Large Electron Positron) ha permesso numerose misure di precisione nellafisica delle particelle elementari. È stata misurata anche la larghezza di decadimento del bosoneneutroZ0 (Figura 1) che viene generato e distrutto nelle interazioni deboli di corrente neutra. Lalarghezza aumenta col numero dei possibili canali di decadimento, cioè delle coppie particella-antiparticella che possono essere generate, a condizione che la massa totale non sia maggioredi quella dello Z0 (91.2 GeV ). I canali direttamente osservabili sono quelli leptone carico -antileptone carico (e−e+, µ−µ+, τ−τ+) e quelli adronici (quark-antiquark). I canali neutrino-antineutrino non sono direttamente osservabili, ma contribuiscono alla larghezza totale chequindi dipende dal numero di neutrini. I punti sperimentali in Figura 1 sono consistenti contre sapori dei neutrini ed escludono l’esistenza di altri neutrini che si accoppino con lo Z0, ameno di non azzardare l’ipotesi di neutrini con massa superiore alla metà di quella dello Z0.

Figura 1: Misure a LEP della larghezza di decadimentodel bosone Z0. I punti sperimentali sonoconfrontati con differenti modelli che prevedono2, 3 o 4 famiglie di neutrini. Come si osservafacilmente, i dati sperimentali suggerisconol’esistenza di sole 3 famiglie neutriniche (curvaverde). Si noti che gli errori sperimentali sonostati ingranditi 10 volte per renderli visibili,quindi l’accordo col modello a 3 neutrini è moltoforte.

masse (∆m221 e ∆m2

32). Tutti questi parametri so-no stati misurati e la ricerca sulle oscillazioni deineutrini sembra ormai destinata a misure di sem-pre maggiore precisione, mentre l’interesse dellacomunità scientifica si è spostato su altri temi(gerarchia delle masse, violazione di CP, neutri-ni astrofisici). Eppure, nonostante gli indubbisuccessi dell’attuale teoria delle oscillazioni atre sapori, alcuni dati sperimentali suggerisco-no che la teoria non sia completa e che si debbaipotizzare l’esistenza di altri neutrini.

Una prima anomalia sperimentale riguarda gli

antineutrini elettronici (νe) provenienti dai reat-tori nucleari. Un’accurata rianalisi delle reazioninucleari che avvengono nei reattori, indica che iflussi misurati risultano inferiori all’attesa. Undeficit simile è stato osservato anche nei flussidei neutrini provenienti da sorgenti con una ra-dioattività dell’ordine del MegaCurie, usate perla calibrazione degli esperimenti radiochimiciprogettati per lo studio dei neutrini solari. Infine,due esperimenti americani (LSND eMiniBooNE)hanno individuato degli antineutrini elettroniciin un fascio di antineutrini muonici. Questi fe-nomeni di scomparsa e di apparizione sono statiosservati su corta-base (cioè a piccole distanzein rapporto all’energia dei neutrini come verràchiarito più avanti.) e non sono assolutamentespiegabili ipotizzando che esistano solo tre tipi dineutrini. D’altro canto, le misure sulla larghezzadi decadimento del bosone Z0 eseguite al colliso-re LEP (vedere la scheda sull’argomento) pongo-no limiti stringenti al numero dei neutrini attivi:i neutrini che interagiscono debolmente, accop-piandosi con i bosoniW+,W− e Z0, e che posso-no generare i leptoni carichi (e, µ, τ ) sono solo tre(νe, νµ, ντ ) [1]. Quindi, queste misure anomaletrovano spiegazione solo assumendo l’esisten-za di altri neutrini, già ipotizzati da Pontecorvocirca cinquant’anni fa [2]. Essi non potrebbero ac-coppiarsi con i bosoni mediatori dell’interazionedebole, sarebbero privi di una controparte caricae quindi vengono definiti sterili. Dato che i neu-trini non interagiscono elettromagneticamentee neanche partecipano all’interazione forte, cheinteressa principalmente protoni e neutroni, ai

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neutrini sterili sarebbero sensibili solo all’intera-zione gravitazionale, a meno di non introdurrenuove interazioni. Si potrebbero osservare so-lo grazie al fenomeno dell’oscillazione e quindisarebbero particelle ancora più elusive dei neu-trini attivi. La loro scoperta sarebbe comunquefondamentale per la comprensione dell’universoperché i neutrini hanno un ruolo enorme nellaevoluzione cosmica. Per approfondire le tanteimplicazioni dell’eventuale esistenza dei neutrinisterili, si consiglia la lettura della referenza [3].

Le anomalie sperimentali

Prima di passare in rassegna le misure incom-patibili con l’attuale teoria delle oscillazioni atre sapori è opportuno comprendere perché que-st’ultima non preveda fenomeni di apparizioneo di scomparsa su corta–base. In una rappresen-tazione semplificata dell’oscillazione, limitata adue sapori e due autostati di massa, la probabi-lità che un neutrino con sapore iniziale α vengaosservato come neutrino di sapore β risulta

Pα→β =

sin2 2θij sin2(1.27 ∆m2

ij Lkm/EGeV

), (1)

dove gli indici i e j indicano gli autostati dimassa, Lkm è la distanza in km percorsa dalneutrino, EGeV è la sua energia in GeV e iltermine ∆m2

ij è espresso in eV2. I parametridell’oscillazione sono stati misurati con crescenteprecisione negli ultimi anni. I valori piùaggiornati per le differenze dei quadrati dellemasse risultano [4]

∆m221 = (7.53± 0.18)× 10−5 eV2,

∆m232 = (2.44± 0.06)× 10−3 eV2.

Utilizzando questi valori per calcolare il secondofattore dell’espressione (1) e assumendo unesperimento su corta–base, cioè col rapportoLkm/EGeV = Lm/EMeV ' 1, si ottiene per ∆m2

21

sin2(1.27 ∆m2

21 Lkm/EGeV

)= sin2

(1.27× 7.53× 10−5

)= 9× 10−9,

e per ∆m232

sin2(1.27 ∆m2

32 Lkm/EGeV

)= sin2

(1.27× 2.44× 10−3

)= 1× 10−5.

In altre parole, ricordando che il fattore sin2 2θijnon può essere maggiore dell’unità, la probabili-tà di osservare qualche neutrino oscillato (νβ nel-l’esempio fatto) è praticamente nulla per un espe-rimento su corta–base. Ovviamente, di converso,non è neanche pensabile osservare la scomparsadegli originari neutrini-α perché questi hannouna probabilità di circa il 100% di conservare illoro sapore. Conti più accurati, tenendo contodei tre sapori dei neutrini e dei tre autostati dimassa, portano a risultati molto simili. Si puòquindi concludere che nessun fenomeno di oscil-lazione dovrebbe manifestarsi in esperimenti sucorta–base.Viceversa è facile verificare che la probabilità

di oscillazione diventerebbe significativa ancheper misure su corta–base, ipotizzando un altrovalore per la differenza dei quadrati delle masse(∆m2

sterile) molto maggiore di ∆m221 e ∆m2

32. Lemisure che vengono presentate qui di seguito,tutte su corta–base, hanno appunto evidenziatofenomeni oscillatori, suggerendo addirittura∆m2

sterile ∼> 1 eV2.

Gli antineutrini dai reattori nucleari - Il primoneutrino fu osservato da Reines e Cowan neglianni ’50, presso il reattore di Savannah River,grazie ad un processo che viene chiamatodecadimento beta inverso. L’antineutrinoprodotto nel reattore è catturato dal protoneche si trasforma in un neutrone emettendo unpositrone: p+ νe → n+ e+ Da allora molte altremisure sono state eseguite per monitorare ilfunzionamento dei reattori nucleari e studiarela fisica del neutrino, tipicamente con rivelatorisingoli. La mancanza di un secondo rivelatorepiù vicino al reattore impedisce di conoscereil flusso di neutrini prima che l’oscillazione sipossa manifestare, l’unico confronto possibileè con previsioni teoriche. Nel 2011 è statapubblicata una nuova stima del flusso di anti-neutrini, utilizzando i più aggiornati databasenucleari e raffinando le tecniche di calcolo [5]. Iflussi di antinueutrini prodotti da alcuni isotopidell’uranio (235U, 238U) e del plutonio (239Pu,

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Figura 2: Rapporto tra flussi di neutrini da reattoremisurati e attesi (19 esperimenti). Si osservachiaramente un deficit dei neutrini misurati.

241Pu) sono stati ricalcolati nell’intervallo 2− 8

MeV, mediamente con un aumento del 3%

rispetto al passato. Questo ha comportatoun riesame dei risultati già pubblicati per 19esperimenti, tutti ad una distanza dal reattoreinferiore a 100 m, tenendo conto anche di unanuova stima della vita media del neutrone. InFigura 2 i dati sperimentali sono confrontati conle nuove previsioni. Tenendo conto di tutti i19 esperimenti il rapporto misura/previsionerisulta R = 0.927± 0.023, con una significativitàstatistica superiore a 3 σ. In altre parole siosserva la scomparsa di oltre il 7% dei neutrini.Questo risultato si può spiegare assumendol’oscillazione dei neutrini con ∆m2 ' 2.4 eV2.

Le sorgenti di calibrazione - Gli esperimentiGALLEX e SAGE hanno misurato il flusso dineutrini solari grazie alla trasformazione delgallio in germanio (71Ga + νe → 71Ge +

e−). Questa tecnica di misura è stata calibratautilizzando sorgenti radioattive di cromo e argon,

particolarmente intense, in grado di emettereneutrini per cattura elettronica:

51Cr + e− → 51V + νe37Ar + e− → 37Cl + νe .

I neutrini elettronici così prodotti sono statirivelati con la stessa procedura radiochimicausata per studiare i neutrini solari. Entrambigli esperimenti hanno conteggiato un numerodi eventi inferiore a quanto atteso (scomparsa).Combinando i risultati degli esperimentiGALLEX e SAGE il rapporto tra misura edaspettazione risulta R = 0.86 ± 0.05 (signi-ficatività statistica 2.8 σ) a cui corrisponde∆m2 ≥ 0.35 eV2. Per un’analisi approfonditasulla cosiddetta anomalia del gallio, si legga lareferenza [6].

LSND e MiniBoone - L’esperimento LiquidScintillation Neutrino Detector (LSND) a LosAlamos è stato progettato per cercare effettidi oscillazione in un fascio di antineutrinimuonici (νµ), in particolare per osservare latransizione νµ → νe. I neutrini del fasciohanno un’energia compresa tra 20 e 75MeV, sonogenerati dal decadimento dei µ+ e percorronouna distanza di 30 m prima di raggiungere ilrivelatore. Anche in questo caso, come nei

Figura 3: LSND - La distribuzione di eventi da νerispettoal rapporto Lm/EMeV [7]. È necessarioipotizzare l’oscillazione (fascia blu) per renderei dati compatibili con l’attesa.

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precedenti, si tratta di un esperimento su corta–base, dato che il rapporto Lm/EMeV è dell’ordinedell’unità. Il segnale di oscillazione (apparizionedi antineutrini elettronici) è rivelato, come per gliantineutrini da reattore, attraverso la reazione dicattura p+ νe → n+ e+. Essa è caratterizzata dauna doppia segnatura: il segnale del positroneseguito da un fotone gamma di 2.2 MeV dovutoalla cattura del neutrone. La Figura 3 bensintetizza il risultato della misura di LSND: i datisperimentali (punti neri) non sono compatibilicon il fondo atteso (banda rossa e bandaverde). Solo introducendo un altro segnale(banda blu) da neutrini oscillati si ottiene unadistribuzione compatibile con la misura [7]. Ilvalore di ∆m2 si colloca nell’intervallo 0.2 −2.0 eV2. Un altro esperimento, denominatoKARMEN ha eseguito misure simili, senzatrovare segnali di oscillazione, ma senza neanchepoter completamente escludere il risultato diLSND.

Figura 4: MiniBooNE - La distribuzione in energia deglieventi da νe. I punti neri rappresentano lamisura, mentre le bande colorate rappresentanoi diversi fondi [8]. I neutrini osservati sono piùnumerosi di quanto previsto alle basse energie.

L’esperimento MiniBooNE a Fermilab èstato progettato essenzialmente per verificarela misura di LSND ed ha operato sia con unfascio di neutrini muonici che con una fasciodi antineutrini muonici. I neutrini elettronicigenerati dall’oscillazione (νe) sono stati rivelaticercando interazioni con i nuclei di carbonio(νe + C → e− + X). I risultati della misura [8]sono riportati in Figura 4 dove si vede uneccesso di eventi a basse energie. Questorisultato non è compatibile con quello diLSND, a meno di non introdurre modelli dioscillazione più complessi e la violazione di CP,

Figura 5: La probabilità di oscillazione νµ → νe misuratada LSND (punti neri) e da MiniBooNE (puntirossi) in funzione del rapporto Lm/EMeV [9].I risultati dei due esperimenti sono compatibilientro le barre d’errore.

cioè una asimmetria tra neutrini e antineutrini.Le misure sono state ripetute con il fasciodi antineutrini, questa volta con risultati [9]compatibili con quelli di LSND (vedere Figura 5).

Possibile spiegazione - I singoli risultati anoma-li non sono di per sé particolarmente significativi,si passa dal risultato di LSND a 3.8 σ a quellodelle sorgenti al MegaCurie (2.8 σ). Ma combi-nati tra loro assumono maggiore significatività erafforzano l’ipotesi del neutrino sterile. Quindii valori di ∆m2 suggeriti dalle misure possonoessere interpretati come ∆m2

sterile, cioè come ladifferenza tra il quadrato dellamassa del ν sterilee il quadrato della massa di un neutrino attivo.L’eventuale scoperta dei neutrini sterili aprirebbela strada a nuova f isica. Si potrebbero ipotizzareinterazioni non-standard, oltre alle quattro giànote (elettromagnetica, debole, forte e gravitazio-nale), e i modelli cosmologici dovrebbero tenerconto di queste nuove particelle massive. La pos-sibilità forse più affascinante è che la materiaoscura sia proprio costituita dai neutrini sterili.In effetti già i neutrini attivi (νe, νµ, ντ ) potreb-bero essere i candidati naturali per la materiaoscura, ma essi risultano troppo leggeri e nonpermettono di spiegare le strutture osservate sularga scala. I neutrini sterili, così scarsamente in-teragenti con la materia ordinaria, dotati di unamassa maggiore, sembrano anch’essi buoni can-didati. Questa ipotesi dei neutrini sterili comemateria oscura viene rafforzata da alcuni studiteorici che ipotizzano l’esistenza di diversi neu-

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trini sterili, addirittura con masse dell’ordine delkeV.

È comunque opportuno ricordare che altre mi-sure non hanno trovato evidenza di oscillazionianomale, ma senza arrivare ad escluderle com-pletamente. È stato già citato l’esperimento KAR-MEN, va anche ricordato che il satellite PLANCK,dedicato alla misura della radiazione cosmica difondo, ha posto vincoli severi [10], anche se nondefinitivi, all’esistenza dei neutrini sterili, chese esistessero dovrebbero contribuire alla radia-zione presente nell’universo, riscaldandosi nellasequenza di oscillazione e collisione.

La ricerca del neutrino sterile

Come si è visto il panorama sperimentale nonè di facile interpretazione e può essere chiaritosolo da esperimenti con un’alta sensitività, chenon lascino spazio a dubbi. Molti esperimentisono stati progettati, con lo scopo di indagarele tre anomalie. Per quanto riguarda il flussodi neutrini dai reattori, si conta di utilizzareal meglio apparati già esistenti, dedicati almonitoraggio delle centrali nucleari, oppuredi mettere in opera nuovi apparati di misura.Progetti in questo senso sono stati avviati inBelgio, Francia, Russia, Corea e Cina. Dueesperimenti (CeLand e SOX) intendono inveceindagare sui neutrini da sorgenti ad altissimaattività; per fare ciò utilizzeranno sorgenti dicesio (144Ce) e cromo (51Cr) in prossimità oall’interno dei rivelatori KamLand in Giapponee Borexino al Gran Sasso.Indagare sull’anomalia di LSND e MiniBoo-

NE richiede un fascio di neutrini e rivelatori ade-guati. Una possibilità era rappresentata dall’u-so combinato di una Time Projection Chamber(TPC), capace di ′′fotografare′′ gli eventi da neu-trino elettronico in un fascio di neutrini muonici,e di uno spettrometro, in grado di misurare lacarica e il flusso dei muoni [11, 12]. Il progettoprevedeva la realizzazione di due coppie di rive-latori, a distanze diverse, che permettessero diosservare l’oscillazione in funzione del camminopercorso dai neutrini. Purtroppo questo proget-to, in gran parte italiano, ha subìto una battutad’arresto perché il management del CERN harinunciato, almeno per ora, a realizzare un fasciodi neutrini. A Ginevra comunque è in fase di rea-

lizzazione unaNeutrino P latform, cioè un’areasperimentale dove sviluppare e collaudare rive-latori destinati a ricerche sui neutrini negli StatiUniti e in Asia.Attualmente solo gli Stati Uniti hanno avvia-

to un programma di ricerca del neutrino sterilesu fascio. Questo in fondo non meraviglia, datoche sia LSND che MiniBooNE sono esperimen-ti americani. A Fermilab, dove è in funzione ilBooster Neutrino Beam, si lavora per eseguiremisure con la tecnica delle TPC ad argon liquido.Sono previsti tre rivelatori (LAr1-ND, MicroBoo-NE e Icarus) a diverse distanze (circa 100, 470e 600 m) dal tunnel di produzione dei neutrini.MicroBooNE era stato progettato essenzialmenteper indagare le misure anomale di MiniBooNE,eventualmente completato da LAr1-ND, come ri-velatore vicino (Near Detector) per monitorarele caratteristiche del fascio prima che le oscilla-zioni si manifestino. Successivamente la collabo-razione Icarus, diretta dal premio Nobel CarloRubbia, ha proposto di utilizzare il rivelatore da600 tonnellate, già operativo nei laboratori delGran Sasso, per completare il setup sperimenta-le con un rivelatore lontano (Far Detector) chepossa osservare al meglio l’eventuale apparizio-ne di νe. Le tre collaborazioni lavorano in strettocoordinamento con la prospettiva di avviare lapresa dati combinata nella primavera 2018.

Un’altra collaborazione (NESSiE), in maggio-ranza italiana, di cui fa parte anche l’autore diquesto articolo, ha proposto di riutilizzare glispettrometri dell’esperimentoOPERA, già in fun-zione al Gran Sasso, per misurare l’eventualescomparsa dei νµ, ulteriore inevitabile segnaturadel fenomeno oscillatorio [13]. Il Program Advi-sory Committee (PAC) di Fermilab ha giudica-to scientificamente fondata la proposta, ma noncompatibile con le disponibilità finanziarie e gliimpegni già assunti a Fermilab.

Conclusioni

Il modello con tre neutrini massivi è in gradodi spiegare la gran parte dei fenomeni oscil-latori osservati. Solo poche misure, peraltrocontroverse, sembrano indicare che non tuttoè stato compreso. Un principio di cautelasuggerirebbe di non investire nella ricercadei neutrini sterili, ma è difficile spegnere gli

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entusiasmi scatenati dalla possibilità di scoprirequalcosa di completamente nuovo. La scopertadel neutrino sterile rappresenterebbe unasvolta epocale nella comprensione dell’universoe quindi il gioco sembra proprio valere lacandela. Nei prossimi anni sapremo se i neu-trini hanno ancora altre sorprese in serbo per noi.

Z M Y

[1] ALEPH, DELPHI, L3, OPAL and SLD collabora-tion: “Precision electroweak measurements on the Zresonance”, Physics Report 427 (2006) 257.

[2] B. Pontecorvo: “Neutrino experiments and thequestion of leptonic-charge conservation”, Sov. Phys.JETP 26 (1968) 984.

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[8] A. A. Aguilar-Arevalo et al. (MiniBooNE Collabo-ration): “Unexplained Excess of Electronlike Eventsfrom a 1-GeV Neutrino Beam”, Phys. Rev. Lett. 102(2009) 101802.

[9] A.A. Aguilar-Arevalo et al. (MiniBooNE Collabora-tion): “Event Excess in the MiniBooNE Search forνµ → νe Oscillations”, Phys. Rev. Lett. 105 (2010)181801.

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[11] P. Bernardini et al. (NESSiE Collaboration) ′′Prospectfor Charge Current Neutrino Interactions Measure-ments at the CERN-PS′′, arXiv:1111.2242.

[12] M. Antonello et al. (ICARUS Collaboration), M. Benet-toni (NESSiE Collaboration) ′′Search for anomaliesfrom neutrino and anti-neutrino oscillations at∆m2 ∼ 1 eV 2 with muon spectrometers and largeLAr-TPC imaging detectors′′, arXiv:1203.3432.

[13] A. Anokhina et al. (NESSiE Collaboration) ′′Prospectsfor themeasurement ofmuon-neutrino disappearanceat the FNAL-Booster′′, arXiv:1404.2521. A. Anokhinaet al. (NESSiE Collaboration) ′′Search for sterileneutrinos in the νµ disappearance mode at FNAL′′,sottomesso per la pubblicazione a Phys. Review D

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Paolo Bernardini: È professore associato di Fi-sica Nucleare e Subnucleare presso l’Universitàdel Salento. Nei primi anni della sua carriera,all’Università di Urbino, si è interessato di storiadella fisica e di elettronica quantistica. Trasfe-ritosi a Lecce nel 1988, si è dedicato alla fisicaastroparticellare, nell’ambito delle attività del-l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Ha col-laborato all’esperimento MACRO presso i labo-ratori sotterranei del Gran Sasso, contribuendoalle analisi sui neutrini atmosferici che portaro-no alla scoperta del fenomeno delle oscillazioni.Successivamente si è dedicato all’esperimentoARGO-YBJ presso l’osservatorio di alta quota diYangBaJing in Tibet. Dal 2000 è uno degli or-ganizzatori del Neutrino Oscillation Workshop(NOW).

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Neutrini: messaggeri dinuova fisicaEligio Lisi Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - Sezione di Bari

Sappiamo sperimentalmente che ineutrini hanno una massa molto piùpiccola dei corrispondenti leptoni

carichi. Perchè? Una intrigante congettu-ra suggerisce uno stretto legame fra mas-se piccole e nuova fisica a scale di energiamolto alte. Le profonde implicazioni e ra-mificazioni di questa congettura sono alcentro di un vasto programma di ricercasperimentale e teorica a livello mondiale.

Le piccole masse dei neutrini

Negli ultimi due decenni, le ricerche di oscilla-zioni di neutrino ci hanno insegnato che i treneutrini να con sapore α = e, µ e τ sono com-binazioni lineari di tre neutrini νi con massem1, m2 e m3, tramite una matrice unitaria U :να =

∑i Uαiνi. Le oscillazioni di sapore να → νβ

sono sensibili alle differenze di massa al quadra-to (∆m2

ij = m2i−m2

j ) ma non allemasse assolute(mi), su cui però esistono dei limiti superiori (siveda l’articolo di D.Montanino in questo numerodi Ithaca).Storicamente, il primo limite alle masse dei

neutrini (derivato dal decadimento β) fu postogià da Wolfgang Pauli nella sua famosa letteradel 1930: mν < 0.01mp (cioè circa mν < 107 eVin unità naturali, c = 1 = ~). Dopo ben 85 annidi ricerche, questo limite cinematico è miglioratodi quasi sette ordini di grandezza, e può essere

espresso in una forma che tiene conto del mesco-lamento Uei fra il neutrino elettronico νe emessonel decadimento β e gli stati νi:

mβ =

√∑3i=1 |Uei|2m2

i < 2 eV . (1)

Limiti indipendenti sono stati ottenuti recente-mente dalla cosmologia di precisione: infatti, ilmodello cosmologico standard prevede un fon-do cosmico diffuso di neutrini primordiali condensità di 110 ν+ν al cm3 (per ogni sapore). Essifungono da sorgente di gravità con intensità pro-porzionale dalla somma delle loro masse, su cuil’attuale limite cosmologico è molto stringente,

Σ = m1 +m2 +m3 < 0.3 eV , (2)

sebbene esso possa essere indebolito significa-tivamente (fino ad un ordine di grandezza) invarianti del modello cosmologico standard.

I dati appena discussi implicano che ciascu-na delle massem1,2,3 dei neutrini debba essereinferiore ad un (prudente) limite di circa 1 eV.D’altra parte, tramite gli esperimenti di oscilla-zione, conosciamo le due quantità indipendenti|∆m2

12| e |∆m223|. Pertanto, almeno due masse

devono essere superiori a√|∆m2

12| ' 0.009 eVe a

√|∆m2

23| ' 0.05 eV, mentre non è ancoraescluso che una fra le tre massemi sia nulla.

Gli intervalli appena discussi per le masse deineutrini sono riassunti in Fig. 1, assieme ai va-lori delle masse degli altri fermioni fondamen-tali del modello standard (i leptoni carichi ` e i

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Figura 1: Masse dei fermioni carichi fondamentali (leptoni e quark) e intervalli permessi per le masse dei neutrini.

quark q) in scala logaritmica. I neutrini appaiononettamente isolati, in fondo alla scala. Perché?Diciamo subito che una possibile risposta è

che... non ci sia nessuna risposta! In linea diprincipio, i valori delle masse dei fermioni fon-damentali in Fig. 1 potrebbero essere (almeno inparte) “casuali” e non indicativi di nuova fisicaad un livello più profondo: ...Vuolsi così colà dovesi puote ciò che si vuole, e più non dimandare (In-ferno III 95-96). Una tale posizione pessimisticatrova talvolta terreno fertile nell’ipotesi del mul-tiverso (in cui il nostro universo coesisterebbecon innumerevoli altri, caratterizzati da valoridifferenti dei parametri fondamentali) e nel co-siddetto principio antropico (per cui solo gli uni-versi con certi parametri sviluppano forme di vi-ta intelligente). Fortunatamente, è ancora prestoper arrendersi a questo tipo di “interpretazioni”,come si cercherà di illustrare nel seguito.

Neutrini: Weyl, Dirac e Majorana

Tutte le particelle elementari hanno almeno dueproprietà fondamentali: la massa (che può even-tualmente essere nulla, come per il fotone) e ilmomento angolare intrinseco o spin (che puòessere nullo o multiplo di 1/2, in unità naturali).Per esempio, il bosone di Higgs ha una massa dicirca 126 GeV e spin 0, mentre ogni neutrino hauna massa inferiore a 1 eV e spin 1/2.

Massa e spin si comprendono appieno nel lin-guaggio affascinante della teoria dei gruppi, e

in particolare del gruppo di trasformazioni dicoordinate della relatività speciale, che lascianoinvariata la velocità della luce. A queste proprie-tà cinematiche vanno aggiunte quelle dinamiche,descritte dal gruppo di simmetrie del modellostandard delle particelle elementari, e dalla rot-tura delle simmetrie tramite il meccanismo diHiggs. Qui ci limitiamo ad una comprensioneeuristica del profondo legame esistente framassee proprietà spinoriali dei neutrini, considerandoil caso più semplice di un solo tipo di neutrinoν e del corrispondente antineutrino ν, entrambidotati di massam, eventualmente nulla.

Figura 2: Rappresentazione schematica di un ν e di unν creati in un processo di interazione debole.

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In Fig. 2 è rappresentato il neutrino ν creatoin un processo debole, quindi con spin oppo-sto al moto, come una trottola che gira in sensosinistrorso o left-handed (LH). Viceversa, l’anti-neutrino ν è sempre creato come una trottola chegira in senso destrorso o right-handed (RH).Cosa succede agli stati (LH o RH) durante la

successiva propagazione? Ci sono tre differen-ti possibilità, legate ai nomi di tre giganti dellafisica teorica del secolo scorso: HermannWeyl,Paul Dirac ed EttoreMajorana.Il primo caso è quello in cuim = 0, come si

assumeva nel modello standard fino a meno divent’anni fa. In questo caso, il neutrino (antineu-trino) si muove alla velocità della luce e rimaneesattamente LH (RH), proprio come all’atto dellasua creazione in Fig. 2, finchè esso non “muore”,per esempio generando il corrispondente leptone`− (`+) in una interazione di corrente carica. Ilcampo quantistico del neutrino è allora detto diWeyl ed ha due componenti: ν (LH) e ν (RH).

Nel caso in cuim 6= 0, il neutrino ν si muo-ve ad una velocità v inferiore a quella della luce(anche se solo di poco, avendo tipicamente unaenergia E � m in ogni situazione di interessesperimentale). In questo caso, la proprietà di es-sere LH non può essere invariante: un ipoteticoosservatore che si muovesse con velocità v′ > v

vedrebbe invertirsi la direzione delmoto (ma nonlo spin) del neutrino, che gli apparirebbe comeuna trottola destrorsa invece che sinistrorsa. Inaltre parole, un neutrino nasce sempre LH ma,se munito di massa, sviluppa una piccola compo-nente RH durante la propagazione, con ampiez-za di probabilità di ordinem/E. Analogamente,un antineutrino inizialmente RH sviluppa unapiccola componente LH, come schematizzato inFig. 3. Il campo quantistico del neutrino è alloradetto diDirac ed ha quattro componenti: ν (LHe RH) e ν (RH e LH).

Le quattro componenti (generalmente indipen-denti) di un neutrino di Dirac possono dimezzar-si in due sottocasi speciali. Uno lo abbiamo giàvisto: è il neutrino di Weyl, che si ottiene banal-mente da quello di Dirac nel limitem→ 0. Ma sipuò avere un’altra possibilità, assolutamente nonbanale, nel caso in cui le componenti RH e LH diν e ν sono identiche a due a due, come indicatoin Fig. 4. Questa possibilità è esclusa per una par-ticella di spin 1/2 munita di carica (elettrica, o

Figura 3: Caso m 6= 0: Rappresentazione euristica diun neutrino di Dirac a quattro componenti.

legata ad altri numeri quantici), in quanto la com-ponente RH (o LH) della particella e della suaantiparticella avrebbero carica opposta; ma puòverificarsi per i neutrini, purchè essi non abbianonessuna “carica” (non solo elettrica). Se la Natu-ra ha scelto questa possibilità, allora non sussistenessuna distinzione sostanziale fra neutrino eantineutrino (ν ≡ ν), ma solo due possibili sta-ti RH e LH della stessa particella-antiparticella(vedi riquadro). Il campo quantistico del neu-trino è allora detto di Majorana ed ha due solecomponenti indipendenti.

Figura 4: Caso m 6= 0: Rappresentazione euristicadi un neutrino di Majorana, con componenticoincidenti a due a due. In questo caso, ν ≡ ν.

Riassumendo: i fermioni di Dirac sono mu-niti sia di massa che di almeno una “carica”, esono caratterizzati da quattro componenti indi-pendenti (particella e antiparticella, LH e RH). Ilcaso di Dirac si applica ai quark q e ai leptoni ca-richi `, e potrebbe caratterizzare anche i neutrini.Azzerando la massa di un fermione di Dirac sene ottiene uno di Weyl: possibilità non ancoraesclusa per il ν più leggero. Alternativamente,azzerando ogni sua “carica” (ma non la massa) siottiene un fermione di Majorana: possibilità nonsolo non esclusa per i neutrini, ma molto interes-sante dal punto di vista teorico e sperimentale,come vedremo. Infine, ricordiamo che perm = 0

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L’apparente paradosso dell’identità fra neutrini e antineutriniL’apparente paradosso dell’identità fra neutrini e antineutriniL’apparente paradosso dell’identità fra neutrini e antineutrini

Il lettore attento si sarà chiesto come conciliare la possibile esistenza di neutrini di Majorana(identici alle loro antiparticelle) con il fatto che alcuni processi sembrano essere indotti solo daneutrini ma non da antineutrini, o viceversa. Per esempio, se chiamiamo νe la particella neutraprodotta in un decadimento β+ (e νe quella prodotta in un decadimento β−), sappiamo chesono state sperimentalmente osservate le reazioni

νe + n→ p+ e− νe + p→ n+ e+ , (I)

mentre non sono mai state osservate quelle ottenute scambiando νe con νe:

νe + n→ p+ e− νe + p→ n+ e+ . (II)

Non risulta dunque provato che ν 6= ν? La risposta è ... no, non è provato: e non c’è alcunparadosso. Se i neutrini sono diWeyl o diDirac, allora νe e νe sono effettivamente differenti,tanto da poter associare un numero leptonico L con valore +1 al doppietto (νe, e

−) e −1 aldoppietto (νe, e

+). Le reazioni osservate (I) conservano il numero leptonico (∆L = 0), mentrequelle non osservate (II) sono proibite, implicandone la violazione di due unità (∆L = 2).

Se invece i neutrini sono diMajorana, non c’è paradosso perchè essi non hanno alcuna carica (edunque nemmeno un numero leptonico), rendendo le reazioni (II) possibili in linea di principio,sebbene estremamente improbabili in pratica. Infatti, il “νe” prodotto in un decadimento β+ eil “νe” prodotto in un decadimento β− non sono altro che le componenti LH e RH di una stessaparticella ν, identica alla sua antiparticella ν. La trasformazione da uno stato all’altro è possibilema, come illustrato in Fig. 4, essa è fortemente soppressa da un fattorem/E � 1. Anche alleenergie più basse sperimentalmente rivelabili, E ∼ O(1) MeV, il fattore di soppressione risultaessere > 106 perm < 1 eV, rendendo le reazioni (II) talmente rare da sfuggire (almeno finora)ad una misura sperimentale. La paziente ricerca di processi molto rari con ∆L = 2 è dunquecruciale per provare l’esistenza di neutrini di Majorana.

(Weyl) lo stato LH o RH è una costante del moto,mentre perm 6= 0 (Dirac o Majorana) entrambigli stati si sviluppano nella propagazione: si suoldire che le masse “accoppiano” stati LH e RH.

Termini di massa (non)standard

La scoperta del bosone di Higgs ha avuto unimpatto mediatico tale, da rendere popolare ilconcetto che esso “fornisce la massa a tutte lealtre particelle” (eccetto il fotone e i gluoni). Nelmodello standard, il campo di Higgs si accoppiaalle componenti LH e RH di un generico fermio-ne con intensità y e, dopo la rottura della sim-metria elettrodebole, fornisce ad esso una massam ∼ yv, ove v = 174 GeV è il valore di aspetta-zione nel vuoto del campo di Higgs. Si parla inquesto caso di “accoppiamenti di Yukawa” (dacui la y) e “termini di massa standard” per i fer-

mioni, che risultano essere inevitabilmente di Di-rac. Il quark top, con la sua massamt ' 173 GeV,rappresenta il fermione di Dirac con l’accoppia-mento di Yukawa più naturale, yt ' 1, mentre glialtri fermioni carichi hanno valori di y inferioridi alcuni ordini di grandezza rispetto all’unità.

Per i neutrini, la faccenda è più complessa. Sto-ricamente, nella costruzione del modello stan-dard si assunse che i tre neutrini νe, νµ e ντ fos-sero spinori LH di Weyl (dunque senza compo-nenti RH), a differenza di tutti gli altri fermionicarichi. In questa ipotesi, i termini di massa deineutrini sono assenti, e lemasse rimangono nulleanche dopo la rottura della simmetria. La sco-perta delle oscillazioni di sapore implica peròl’esistenza di neutrini con massa e ci impone diincludere i relativi termini, introducendo deglistati RH da accoppiare agli stati LH. In questocaso, dopo la rottura della simmetria si otten-

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gono dei termini di massa di Dirac anche peri neutrini, ma rimane inspiegabile la singolarepiccolezza dei loro accoppiamenti di Yukawa: bi-sogna infatti che yν < O(10−11) per avere unamassamν ∼ yνv < O(1) eV.Per i neutrini esiste però una ulteriore e pe-

culiare possibilità. Gli stati RH appena intro-dotti non hanno interazioni elettromagnetichee nemmeno interazioni deboli di corrente cari-ca o neutra (accoppiate ai soli stati LH): sonocompletamente privi di cariche, tanto da esse-re denominati “sterili”. In questo caso, nessunasimmetria del modello standard proibisce cheessi siano neutrini di Majorana, con massa Λ deltutto indipendente dalla scala elettrodebole v.Per i soli neutrini, il caso più generale è com-prende dunque sia termini di massa di Diracstandard (cioè associati al meccanismo di Higgse alla scala elettrodebole v) che termini di mas-sa di Majorana nonstandard (indipendenti dellascala elettrodebole).Questa possibilità emerge in modo naturale

in numerose estensioni del modello standard.Per esempio, l’estensione al gruppo di simmetrieSO(10) rimane un promettente candidato per l’u-nificazione delle interazioni elettrodeboli e fortiad alte scale di energia [Λ ∼ O(1015) GeV� v], econsente di organizzare ogni famiglia di fermio-ni in una rappresentazione di dimensione 16, checontiene anche un neutrino RH. In particolare,la prima famiglia conterrebbe gli stati LH e RHdell’elettrone e del corrispondente neutrino, equelli dei quark u (up) e d (down) nei tre “colori”(rosso, verde e blu) dell’interazione forte,

uL uL uL νLdL dL dL eLuR uR uR νRdR dR dR eR

, (3)

per cui sarebbe naturale associare allo stato νRun termine di massa di Majorana alla scala Λ.

Rimanendo per semplicità nel caso di una solafamiglia, in presenza di due termini di massa(di Dirac alla scala v e di Majorana ad una scalaΛ� v) le componenti LH e RH del neutrino ri-sultano essere accoppiate secondo una “matricedi massa” della forma:(

0 ∼ yνv∼ yνv ∼ Λ

), (4)

ove i termini nondiagonali rappresentano il ter-mine di Dirac (che accoppia il campo di Higgsagli stati LH e RH), mentre quello diagonale nonnullo rappresenta il termine di Majorana (origi-nato dal solo neutrino RH), con “∼” ad indicareche si tratta di ordini di grandezza. La diago-nalizzazione di questa semplice matrice portaa due risultati sorprendenti: 1) i due autostatisono, in generale, neutrini di Majorana; 2) i dueautovalori di massa sono pari a M ∼ Λ per lostato più pesante ed a

m ∼ y2νv2

Λ(5)

per lo stato più leggero (ameno di un segno irrile-vante). Questa equazione fornisce una intrigantespiegazione, detta “ad altalena” (in inglese, see-saw, vedi riquadro), per l’estrema piccolezza dim: maggiore è la scala di massa Λ associata alneutrino RH rispetto alla scala elettrodebole v,minore è la massa del neutrino.

Per poter ottenere m < O(1) eV con un ac-coppiamento di Higgs “naturale” yν ∼ O(1), lascala di nuova fisica deve essere dunque Λ >

O(1013) GeV, consistente con le energie predettedai modelli di grande unificazione. Alternativa-mente, scale Λ più basse possono essere ottenuteassumendo yν � 1, come avviene per gli altrifermioni carichi ad eccezione del quark top. Allimite, modelli con Λ ∼ O(1) TeV e yν ∼ 10−5

(TeV-scale see-saw) sono già messi alla prova alleenergie del Large Hadron Collider (LHC).

Ovviamente sono possibili numerose variantirispetto al semplice modello descritto, sia pertenere conto delle tre famiglie note di leptoni, siaperchè il numero di nuovi possibili stati RH puòessere arbitrario, rendendo così molto ricca lafenomenologia dei neutrini associata alla scala Λ.Esiste dunque un ampio di spettro di possibilitàteoriche, su cui stiamo appena cominciando aporre alcuni vincoli sperimentali.

In sintesi, la congettura descritta rappresen-ta un’elegante risposta alla domanda iniziale:perchè le masse dei neutrini sono straordinariamentepiccole rispetto alla scala elettrodebole v? La rispo-sta data dal meccanismo see-saw implica che ineutrini siano di Majorana e che “parlino” nonsolo con il bosone di Higgs ma anche, ad energiepiù elevate, con una scala di nuova fisica Λ.

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Il meccanismo see-saw e... una festa dei 25 anni con sorpresa!Il meccanismo see-saw e... una festa dei 25 anni con sorpresa!Il meccanismo see-saw e... una festa dei 25 anni con sorpresa!

Se cercassimo informazioni sul “see-saw mechanism” in un libro di fisica dei neutrini piùvecchio di almeno dieci anni, troveremmo invariabilmente un riferimento a quattro famosilavori teorici, indipendenti e quasi contemporanei fra loro, firmati da M. Gell-Mann, P. Ramonde R. Slansky (1979), T. Yanagida (1980), R.N. Mohapatra and G. Senjanovic (1980), e J. Schechtere J.W.F. Valle (1980). L’impatto di questi lavori sulle successive ricerche teoriche nel settore èstato imponente, tanto che nel 2004 si vollero celebrare i 25 anni dell’idea del see-saw con unconvegno dedicato, dal titolo Seesaw’25 (Parigi, 10-11 giugno 2004). Sia durante il convegnoche subito dopo, diversi protagonisti della fisica del neutrino dell’epoca contribuirono, con iloro ricordi, a ricreare l’atmosfera e le idee che circolavano nella seconda metà degli anni ’70.

Fu allora che... sorprendentemente, emerse dall’oblio un lavoro di P. Minkowski (1977), quasidel tutto ignoto ai più, che conteneva con chiarezza e completezza gli elementi del meccanismosee-saw, con almeno due anni di anticipo rispetto agli altri. L’autore, alieno da ogni vanitàpersonale, non ne aveva mai reclamato il primato, lasciando che altri se ne accorgessero ben27 anni dopo. Ancora oggi, egli ricorda il suo vecchio articolo e la successiva “riscoperta”con sorprendente modestia. In ogni caso, l’importanza del lavoro di Minkowski del 1977 fuimmediatamente riconosciuta fin dagli atti del convegno Seesaw’25, ed oggi esso conta oltre2200 citazioni (in continua crescita), pareggiando ormai in celebrità i lavori citati del 1979-1980.

Appuntamento dunque al 2027, per il (vero) cinquantennale del meccanismo see-saw!

Il decadimento ββ senza neutrini

L’eventuale natura di Majorana dei neutrini puòmanifestarsi in rare violazioni del numero lepto-nico, soppresse da un fattorem/E � 1 (si vedail primo riquadro). L’unico processo di questotipo che appare sperimentalmente osservabile èil doppio decadimento beta senza neutrini.Il processo 0νββ, illustrato in Fig. 5, prevede

il decadimento di un nucleo (A, Z) in un nu-cleo (A, Z + 2) con due neutroni in meno e dueprotoni in più, e la contemporanea emissione didue elettroni senza neutrini associati. La sommadelle energie dei due elettroni dovrebbe appari-re come una “riga” che emerge, esattamente alQ-valore della reazione, dal “rumore” di fondodello spettro energetico continuo.Il diagramma in Fig. 5 mostra il processo al

livello microscopico di quark. Andando dall’altoverso il basso, un quark d del neutrone si tra-sforma in un quark u del protone emettendo unbosone carico W , che a sua volta decade in unelettrone (LH) e un antineutrino (RH). Se il ν hamassa non nulla, esso può effettuare una transi-zione da RH a LH all’ordinem/E. Inoltre, se è diMajorana, tale stato va identificato con la compo-nente LH del ν che, interagendo con un bosone

Figura 5: Doppio decadimento beta senza neutrini,mediato da un neutrino di Majorana.

W emesso in un’altra transizione d→ u (in bas-so nella figura) genera il secondo elettrone (LH).Essendo un processo con violazione del numeroleptonico, esso non può avvenire tramite neutrinidi Dirac (o di Weyl): la sua osservazione rappre-senterebbe dunque una segnatura inconfondibiledei neutrini di Majorana. In ogni caso, si tratta diun decadimento molto raro, sia perchè coinvolgedinamicamente due processi deboli con scambiodi W , sia perché è cinematicamente soppressoall’ordinem/E.

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Figura 6: Le piccole masse dei neutrini come possibili messaggeri di nuova fisica oltre la scala elettrodebole (EW).

Nel caso generale di tre ν di Majorana, l’am-piezza di probabilità 0νββ è proporzionale aduna combinazione lineare delle massemi,

mββ =∣∣∣∑3

i=1 U2eimi

∣∣∣ , (6)

detta anche massa effettiva di Majorana, ove ipesi U2

ei (in generale complessi) tengono contodel mescolamento del νe con ognuno dei νi neidue vertici deboli in Fig. 5.

Gli attuali limiti superiori sumββ sono già in-feriori alla scala di 1 eV, anche se la loro interpre-tazione soffre di incertezze teoriche nucleari. Intermini di vite medie, si è arrivati a porre limiti alivello di 1024–1025 anni, ben superiori all’età del-l’universo (1.4× 1010 anni)! Per poter osservarealmeno un decadimento 0νββ all’anno, bisognadunque disporre di numerosi nuclei candidati(largamente superiori al numero di Avogadro), eattendere pazientemente un possibile segnale, incondizioni di fondo bassissimo. È in corso unagara agguerrita fra esperimenti concorrenti neilaboratori di tutto il mondo (inclusi quelli del-l’INFN al Gran Sasso), data l’importanza epocaleche avrebbe la scoperta di neutrini di Majorana.

Verso orizzonti ancora più ampi

In conclusione, dal punto di vista sperimentale,le tre grandezzemβ , Σ emββ definite nelle eq. (1),(2) e (6), sono associate a tre diversi modi di ac-cedere alle masse assolute dei neutrini, rispetti-vamente tramite i decadimenti β, la cosmologiadi precisione, e i decadimenti 0νββ. Le misuredi tali grandezze sono al centro di un vastissimo

programma di ricerche a livello mondiale, e c’èda sperare che (almeno per una di esse) i limitisuperiori si trasformino in un segnale positivonel prossimo futuro.Dal punto di vista teorico, la scoperta di neu-

trini di Majorana segnerebbe un punto estrema-mente importante a favore dell’ipotesi di unanuova scala di massa Λ indipendente dalla scalaelettrodebole. Nel meccanismo see-saw, tipica-mente questa è la scala di grande unificazionelegata al decadimento del protone, ma non è af-fatto escluso che i neutrini di Majorana “parlino”anche con scale più basse legate ad altri feno-meni molto interessanti, fa cui la generazionedell’asimmetria barionica dell’universo tramiteviolazione di CP leptonica (“leptogenesi”), il pos-sibile contributo di neutrini sterili “pesanti” allamateria oscura o di neutrini sterili leggeri nelleoscillazioni di sapore, e molto altro ancora comeillustrato in Fig. 6. Le piccole masse dei neutrinipotrebbero dunque condurci verso inesploratiorizzonti di nuova fisica.

La bibliografia sugli argomenti descritti è ster-minata. Un buon punto di partenza per ulterioriapprofondimenti è il sito web: nu.to.infn.it.

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Eligio Lisi: Dirigente di Ricerca presso la Sezio-ne di Bari dell’Istituto Nazionale di Fisica Nu-cleare. E’ coordinatore del locale gruppo teorico.Le sue ricerche hanno riguardato aspetti teoricie fenomenologici della fisica di precisione elet-trodebole, con particolare attenzione alla fisicadelle masse e dei mescolamenti dei neutrini.

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Neutrini

Numero VI Anno 2015

Viaggio nella Scienza

thaca