Via Col Vento in Vaticano

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I Millenari - Via col vento in Vaticano I MILLENARI. VIA COL VENTO IN VATICANO. «L'alleanza di Dio con i poveri e gli umili è in contraddizione con l'arroganza di ogni potere, che condanna e elimina l'innocente scomodo. Questo libro è un'eco raccolta nel deserto, un colombo libero con un messaggio nella zampa, una bottiglia in mare con dentro un ammonimento... Se Dio investe qualcuno del carisma di denunciare le rilassatezze, gli agi, i raggiri, gli intrallazzi, gli ozi, i privilegi di una certa casta clericale, da costoro, ammantati di mistico zelo per apparire i difensori della santità della Chiesa, lui, il denunciante, deve attendersi una reazione altrettanto feroce... Molti giudici severi, stracciandosi le vesti, punteranno il dito accusatore, indignati, stupiti, offesi, disgustati, ostili, contro chi ha scelto codesta forma d'informazione, da essi ritenuta dissacrante. E per servile conformismo e remissività, si affretteranno a condannare questo libro...» "I Millenari" sono un gruppo di prelati del Vaticano. Hanno scritto questo libro coraggioso attingendo al loro minister pluridecennale presso il vertice della gerarchia curiale. I MILLENARI Via col vento in Vaticano KAOS EDIZIONI Proprietà letteraria riservata Copyright (c) 1999 Kaos edizioni Milano Prima edizione febbraio 1999 ISBN 88-7953-080-1 Scansione e correzione di: Alberta Spagnolo INDICE. 1. Contro il silenzio che tace il male 2. La mula del Pontefice 3. "Mors tua vita mea" 4. La Chiesa non è il vaticanismo 5. La zizzania nel frumento 6. La culla del potere vaticano 7. Il dicastero dove s'arrotano i vescovi 8. Clientele vescovili e baronie cardinalizie 9. Lotte di potere nella curia romana 10. Lazzi, sollazzi e intrallazzi sacri 11. Il giavellotto dell'omosessualità 12. Gli emergendi e i sommergendi 13. Verso la guglia di San Pietro 14. La fiera del rosso paonazzo 15. Spioni e spiati di Curia 16. Imbrogli, giustizia e liturgia 17. Bolscevismo e satanismo 18. Il fumo di satana in Vaticano 19. Potere, vegetanza e celibato 20. Un sindacato per sudditi senza diritti 21. L'infermo Pontefice in stato d'assedio 22. La Chiesa del Terzo millennio Nota dell'editore Benché laica e anticlericale, la Kaos edizioni pubblica questo pamphlet a carattere religioso, scritto da alcuni prelati della curia vaticana, per una duplice ragione: si tratta di un documento, duramente critico verso la nomenclatura vaticana, che proviene dall'interno del Palazzo della Chiesa di Roma; ed è un testo che l'editoria cattolica avrebbe condannato a rimanere Pagina 1

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I Millenari - Via col vento in Vaticano I MILLENARI.

VIA COL VENTO IN VATICANO.

«L'alleanza di Dio con i poveri e gli umili è in contraddizionecon l'arroganza di ogni potere, che condanna e eliminal'innocente scomodo. Questo libro è un'eco raccolta nel deserto,un colombo libero con un messaggio nella zampa, una bottiglia inmare con dentro un ammonimento... Se Dio investe qualcuno delcarisma di denunciare le rilassatezze, gli agi, i raggiri, gliintrallazzi, gli ozi, i privilegi di una certa casta clericale,da costoro, ammantati di mistico zelo per apparire i difensoridella santità della Chiesa, lui, il denunciante, deve attendersiuna reazione altrettanto feroce... Molti giudici severi,stracciandosi le vesti, punteranno il dito accusatore, indignati,stupiti, offesi, disgustati, ostili, contro chi ha scelto codestaforma d'informazione, da essi ritenuta dissacrante. E per servileconformismo e remissività, si affretteranno a condannare questolibro...» "I Millenari" sono un gruppo di prelati del Vaticano. Hannoscritto questo libro coraggioso attingendo al loro ministerpluridecennale presso il vertice della gerarchia curiale.

I MILLENARI Via col vento in Vaticano KAOS EDIZIONI

Proprietà letteraria riservata Copyright (c) 1999 Kaos edizioni Milano Prima edizione febbraio 1999 ISBN 88-7953-080-1

Scansione e correzione di: Alberta Spagnolo

INDICE. 1. Contro il silenzio che tace il male 2. La mula del Pontefice 3. "Mors tua vita mea" 4. La Chiesa non è il vaticanismo 5. La zizzania nel frumento 6. La culla del potere vaticano 7. Il dicastero dove s'arrotano i vescovi 8. Clientele vescovili e baronie cardinalizie 9. Lotte di potere nella curia romana 10. Lazzi, sollazzi e intrallazzi sacri 11. Il giavellotto dell'omosessualità 12. Gli emergendi e i sommergendi 13. Verso la guglia di San Pietro 14. La fiera del rosso paonazzo 15. Spioni e spiati di Curia 16. Imbrogli, giustizia e liturgia 17. Bolscevismo e satanismo 18. Il fumo di satana in Vaticano 19. Potere, vegetanza e celibato 20. Un sindacato per sudditi senza diritti 21. L'infermo Pontefice in stato d'assedio 22. La Chiesa del Terzo millennio

Nota dell'editore

Benché laica e anticlericale, la Kaos edizioni pubblica questopamphlet a carattere religioso, scritto da alcuni prelati dellacuria vaticana, per una duplice ragione: si tratta di undocumento, duramente critico verso la nomenclatura vaticana, cheproviene dall'interno del Palazzo della Chiesa di Roma; ed è untesto che l'editoria cattolica avrebbe condannato a rimanere

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoinedito.

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CONTRO IL SILENZIO CHE TACE IL MALE.

Il fine critico di un'opera si diploma geometra quandoscolpisce lo scavo psicologico e fa slargo riflessivo per gettarele fondamenta di una riforma, più seria possibile. Così questoscritto non usa sfumature, e senza mezzi termini denuncia realtàche in Vaticano sono sotto gli occhi di tutti. Quandos'infiorettano i discorsi, s'offuscano le idee. Potrebbe apparireun'analisi impietosa, ma vuol essere un bisturi ripulitore dentrouna piaga profonda e purulenta. E' un insegnamento che si esprime in modi pittoreschi e asciutti,sferzanti come lo schiocco di una frusta all'indirizzo deidestrieri. E' un libro pensato e scritto in équipe, che ha i pregie i difetti di un'opera a più voci: da cui la ripetitività deiconcetti più pregnanti, di difficile convergenza redazionale amotivo di visuali e angolature diverse. Repetita iuvant,specialmente per i meno pratici del mondo che qui si vuoledecifrare. In un tempo come il nostro, che di certezze si muore al tempostesso che muoiono le certezze (Leonardo Sciascia), la verità nonmuta e resta identica sia se insegnata dal grande oratore che dalmisero parlatore; il facondo non l'arricchisce, il balbuzientenon l'impoverisce. San Pietro avverte la Chiesa: «E' giuntoinfatti il momento in cui ha inizio il giudizio a partire dallacasa di Dio, che incomincia da noi». Dice il Vaticano II: «LaChiesa, a differenza del Cristo innocente, che comprende nel suoseno peccatori, santa insieme e bisognosa di purificazione, maitralascia la penitenza e il suo rinnovamento... La Chiesaperegrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma dicui, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno». E' venuto il tempo che la Chiesa, prima che agli uomini, chiedaperdono a Cristo per le tante infedeltà e tradimenti dei suoiministri, specialmente di quelli costituiti in autorità alvertice della gerarchia ecclesiastica. Non è qui in discussionel'istituzione divina della Chiesa, quanto piuttosto il suoinvolucro, il "vaticanismo", che rischia di dare più risalto allacornice che al quadro, facendosi essenza sacramentale dellaChiesa. Bisogna rompere il bozzolo nel quale l'esistenza dellarealtà storica e della verità cristocentrica resta imprigionatacome crisalide asfittica. Riformare la Chiesa del Duemilasignifica cambiare il suo governo burocratico che non le siaddice più. Per Clemenceau, governare è rendere i buoni cittadinitranquilli e i disonesti no; il contrario è invertire l'ordinenaturale. Dal suo divin Fondatore, la Chiesa ha la missione e la capacitàd'inserirsi nelle situazioni temporali del presente, assimilandosenza corrompersi e fermentando senza stravolgere. Il ConcilioEcumenico Vaticano II ha dato una sterzata alla Chiesa, che si èmessa a trottare di lena. Per molti, però, il Concilio è come iltreno dei pendolari: lo fanno andare su e giù a proprio comodo.Spazientito un giornalista sbottò: «All'anima del Concilio,possibile che nei medesimi documenti abbia potuto dire tutto e ilcontrario di tutto, acconsentendo a tutti?». E come se la Chiesa d'oggi fosse stata investita da una sortad'esplosione nucleare più vasta del deterrente racchiuso nelbunker di cemento a Chernobyl. L'organismo è strutturalmentequello di sempre, ma fisiologicamente e dinamicamente subisce ilplagio della mentalità dominante di un mondo che non leappartiene. Diamo fiato al corno dell'ariete in attesa dell'eramessianica del Giubileo del Duemila, compleanno bimillenario diCristo, fondatore della Chiesa. Il cristianesimo del Duemila ponein pellegrinaggio l'umanità in cerca della propria salvezza. Che fare? Conviene tacerla o gridarla dai tetti, l'infiltrazionedel male nella Chiesa? Il silenzio è d'oro, ma ci sono dei

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I Millenari - Via col vento in Vaticanosilenzi che uccidono: appunto, il silenzio che tace il male pernon far scandalo può confondersi con la complicità di chi seminazizzania; il silenzio che vuol rispettare l'altrui libertinaggioè un lasciar andare le cose come vanno, anziché indignarsi delmale sparso a spaglio nella dimora di Dio con gli uomini. San Giovanni Leonardi scriveva a Paolo V (1605-21) in meritoalla riforma universale della Chiesa postridentina: «Chi vuoleoperare una seria riforma religiosa e morale deve fare anzitutto,come un buon medico, un'attenta diagnosi dei mali che travaglianola Chiesa per poter così essere in grado di prescrivere aciascuno di essi il rimedio più appropriato. Il rinnovamentodella Chiesa deve verificarsi parimenti nei primi e negli ultimi,nei capi e nei dipendenti, in alto e in basso. Deve cominciare dachi comanda ed estendersi ai sudditi. Bisognerebbe che cardinali,patriarchi, arcivescovi, vescovi e parroci fossero tali da dareil migliore affidamento per il governo del gregge del Signore». Non è a cuor leggero che ci si è decisi a buttar giù questesofferte annotazioni, impastate di preghiere, di consigli dipersone misticamente privilegiate, le quali - indipendentementel'una dall'altra - esortano a mettere per iscritto le ansie, ipalpiti, contati sul cuore della Chiesa, devastata di fuoridall'ateismo postbellico più dissacrante, e di dentro annerita esconvolta da errori teologici sibilati dalle pontificie cattedreuniversitarie ai docenti e ai discenti, malgrado e anzi grazieallo stiracchiamento del Vaticano II. Dati i rischi dell'impresa sulle verità da dirsi nude e crude,senza veli e orpelli e senza infingimenti, l'equipe dette mandatodi far arrivare in alto, a chi più propinquo alla persona delPontefice, le apprensioni di tanto divisamento, per conoscerne ilpensiero; e l'autorevole interlocutore così si esprimeva inrisposta: «Auguro ogni desiderato bene per voi e per quanto si hain animo di realizzare, perché posso solo immaginare quantol'impresa sia difficile».

Scandalo necessario L'alleanza di Dio con i poveri e gli umili è in contraddizionecon l'arroganza di ogni potere, che elimina e condannal'innocente scomodo. Questo libro è un'eco raccolta nel deserto,un colombo libero con un messaggio nella zampa, una bottiglia inmare con dentro un ammonimento. Geremia, da cattivo politico, a ogni sua denuncia di quello chesarebbe capitato al proprio popolo, finiva difilato in prigione;ma da chiaroveggente profeta cercava di far luce sulla politicache il popolo avrebbe dovuto seguire per divenire l'Israele diDio. Egli, uomo pacifico, fu scelto per accusare una società indecomposizione e i potenti gli facevano lotta, perché metteva indubbio le sicurezze e le illusioni degli uomini del suo tempo. Incessantemente perseguitato e vittorioso, Geremia avrà ilcoraggio di resistere alle menzogne e di respingere i silenzidella vergogna, come Cristo di cui è espressione: «Tu, dunque,cingiti i fianchi, alzati e dì loro tutto ciò che ti ordinerò;non spaventarti alla loro vista, altrimenti ti farò temeredavanti a loro. Oggi faccio di te come una fortezza, come un murodi bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoicapi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Timuoveranno guerre, ma non ti vinceranno». Profeta recalcitrante, scelto dal Signore per una missione per laquale non si sentiva adatto, Geremia resisteva: «E gli dissi:"Ah! Signore Jahvè, vedi, non so portare la parola; sono unragazzo!". Ma Jahvè rispose: 'Non dire così, ma vai verso tuttiquelli a cui ti manderò e tutto quello che ti ordinerò, dillo.Non avere alcuna paura davanti a loro, perché sono con te perproteggerti, oracolo di Jahvè!"». Senso d'insicurezza che loaccompagnerà per tutta la vita. Eppure porta parole sconvolgenti,proclama l'urgenza del radicale rinnovamento per Israele, eannunzia la nuova alleanza nel cuore. Uomo preso fra due fuochi, Jahvè e Israele, Geremia vive unasituazione inestricabile: né re, né politico, né Pontefice, né

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I Millenari - Via col vento in Vaticanocondottiero, né prezzolato, è un uomo nudo che non faceva ilfurbo. Debole e forte, aspro e veemente, sensibile e duro,martire e protestatario. Mirabile esempio di uomo di Dio che sarestare integro sotto l'influsso più potente che esista, quellodivino, cui aderisce irresistibilmente: «Tu mi hai sedotto,Jahvè, ed io mi son lasciato sedurre; tu mi hai preso: sei statoil più forte». Geremia resta il più cristiano dei santidell'antica legge, il più vulnerabile, il più fraterno, il piùvicino ai cuori peccatori e divisi. Dai libri ispirati si constata che i profeti, più che uomini deltempio e servi del palazzo, sono portavoce di Dio nell'aiutarel'umanità futura a nascere di continuo. Spesso gli uomini santifiniscono per essere vittime di certi uomini di Chiesa,allorquando profetizzano gli evidenti mali di cui i chiesasticisi macchiano: Savonarola, Rosmini, don Zeno, Padre Pio, tanto perdirne alcuni. Se Dio investe qualcuno del carisma di denunciarela rilassatezza, gli agi, i raggiri, gli intrallazzi, gli ozi, iprivilegi di una certa casta clericale, da costoro, ammantati dimistico zelo per apparire i difensori della santità della Chiesa,lui, il denunciante, deve attendersi una reazione altrettantoferoce. E sempre così: l'uomo finisce col considerare la propriaconsacrazione come un investimento umano e si mette a contrattarecon Dio, mercanteggiando a proprio interesse. Al contrario, gli originali, gli spontanei, i non conformisti,gli inflessibili alle prostrazioni, i lineari e indomabili,capaci di smascherare compromessi sibillini e condizionamentioppressivi, opportunismi degeneri e servilismi stucchevoli,vengono man mano isolati, pian piano emarginati, poi diffidati,tagliati fuori, sospettati e derisi, costretti a subireincredibili frustrazioni a motivo di certe dicerie e insinuazionipesanti cucite alle loro spalle. Tale categoria di adamantinainflessibilità fa torto al proverbio cinese che dice: «Quandospira il vento, tutte le canne si devono piegare dalla suaparte». La permanenza di costoro, professionisti dei migliori, ègià una condanna in atto, che li fagocita nel lagerdell'imponderabile anonimato, dentro l'abisso del silenzio. Unconto è riuscire a leggere tutte queste cose, e un conto èviverle sulla propria pelle, giorno dopo giorno. Molti giudici severi, stracciandosi le vesti, punteranno il ditoaccusatore, indignati, stupiti, offesi, disgustati, ostili,contro chi ha scelto codesta forma d'informazione e riflessione,da essi ritenuta dissacrante. Quelli dal naso arricciatoavrebbero, a loro parere, usato più moderazione secondo icompromessi del tiraccampà. Quando la critica in sottofondo siufficializza in protesta coraggiosa, scatta la molla del congegnodifensivo della maggioranza allineata a difesa del superiore, cheelogiando i fedelissimi li esorta a credere obbedire e combattereil nemico sempre in agguato contro la Chiesa, che alla fin fine èsottintesa nel "sono io". Al pari del tiranno, che si prese unsuggeritore muto pensando così di poter accontentare la follaagitata. E per servile conformismo e remissività, questi giudiciseveri e benpensanti si affretteranno a condannare un similelibro: strappandosi le vesti, metteranno alla gogna gli audaci,definendoli incapaci, inetti, ribelli, insubordinati, inappagati,astiosi, esagerati, spregevoli, e chi più ne ha più ne metta.Pari al ruolo della figlia di Priamo, che non creduta predicevala distruzione di Troia, i perbenisti li definiranno Cassandre diprevisioni catastrofiche, alle quali non occorre prestar fedealcuna. Un'idea nuova, contraria a quello che si fa, ordinariamente èrespinta a priori da codesta maggioranza, che rifiuta diprenderla in seria considerazione. Perché di solito si conferisceun carattere sacro a quel che abitualmente è vissuto nel proprioambiente; il contrario è di per sé dissacrante. Il bene non puòcontrastare se stesso, ma soltanto il male. Solo che si fa troppaconfusione sul concetto di bene e di male. Si cerca in tutti imodi di non rendere pubblico il male, che c'è, per non affrontareil fastidioso incomodo di doverlo eliminare, mettendo al suo

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoposto il bene. Il marcio c'è, nessuno lo nega, ma perché renderlomanifesto? Occultare sotto la benda la piaga incancrenita nontormenta la coscienza ammalata. Scoprire una o tutte e cinque lepiaghe della Chiesa genererebbe odio, vendetta e persecuzione;più sbrigativo sarebbe porre il nome del buon samaritanoall'indice dall'ambiente. I benpensanti ritengono che notizie del genere, rese di pubblicodominio, oltre allo scandalo e al discredito per la curia,porterebbero gravi conseguenze anche ad altri ambienti. Megliosottacere tutto. Esattamente come per il segreto di Fatima, èmeglio non pubblicizzarlo. Invece, René Laurantin dice:«L'insistenza e la virulenza dei profeti e anche degli apostolidi Cristo hanno spesso scandalizzato il conformismo dei lorocontemporanei. Per imporre certe intuizioni a volte è necessarioscioccare qualcuno». Gli fa eco Teixeira: «Il vero amico non ècolui che ti asciuga le lacrime, ma quello che t'impedisce diversarle». Gli spiriti scarsi e sterili muovono sempre accuse e condanneagli uomini coraggiosi, che hanno zelo ed entusiasmo da spargere.L'andare contro corrente, pregio dell'uomo di carattere forte,viene scambiato dall'ambiente di curia per una grave mancanza,l'insubordinazione, quindi uno scandalo da coprire. Chi non haavuto peli sulla lingua presto o tardi deve pagare di persona,non escluso il prezzo infamante sulla sua condotta, che la sivuole dubbia e offuscata. Questi, dalla carezza ruvida ma amantidel vero, come chicca scarsa di zucchero, rispondonosemplicemente: «Non badare a chi l'ha detto, ma poni mente a ciòche è detto! Che se poi rispondesse a realtà incontestabili,cerca il trionfo della verità e non il suo occultamento». Dunque, chi lancia un qualunque sasso nella palude deveprevederne il moto e lo spostamento delle onde concentriche finoal confine di tutte le sponde più opposte. Tuttavia, ogni sasso,non importa la sua grandezza, nell'impeto dei flutti è portatoper buon tratto dalla corrente, che poi lo lascia isolato da unaparte. Ma quando l'insieme di essi, uno appresso all'altro, faaccumulo, questo diventa argine che rettifica il percorso delfiume. Anche le piccole denunce possono raddrizzare il percorsosecolare della Chiesa dei nostri giorni. La stessa nostra spiritualità va detersa dalle incrostazioniepocali e restituita alle fonti del suo primitivo splendorebiblico-evangelico, strappandola alla schiavitù dell'agiatezzanella quale si adagiano oggi tutte le famiglie religiose; compitoprofondamente rivoluzionario e comunque indilazionabile. Unostuolo di qualche centinaio di migliaia di consacrati econsacrate, di accomodati e di accomodate che vegetano nellaChiesa del Signore a sue spese: «Hic manebimus optime», quirimarremo benissimo. Il voto di povertà a lungo andare porta chi l'ha fatto adaccontentarsi del minimo, alimentando una crescente accidia, unosterile risparmio d'energie, una demotivazione al lavoro e aintraprendere iniziative. Nel raschiare l'estremità del propriobarile, dette famiglie religiose dovrebbero accertarsi se, percaso, non esista un doppio fondo dove celano le frodi ai loro trevoti, che senza ripudiare la riforma la rimandano ad altre epochea venire. Laddove i conventi crescono in ricchezza, il verospirito di santità si va spegnendo e vi subentra l'agiatezza e ilpoltronismo (Pietro Friedhofien). Qualunque ricco, laico o ecclesiastico, e qualunque avaro entranel regno di Cristo solo attraverso la raccomandazione di unpovero bisognoso: cioè il pellegrino da accogliere, l'assetato dadissetare, il malato da curare, il carcerato da visitare, illitigioso da pacificare, il morto da seppellire. Senza talicommendatizie essi resteranno fuori del regno: «In verità vidico: non vi conosco». Tanto il parlare come il tacere - diceva Primo Mazzolari - èuna testimonianza, purché l'animo sia di testimone. La paceinizia in noi, come la guerra. Pertanto, non è meno devoto chigiudica, di colui che solo e sempre applaude. Il resto, cioè le

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoparole, non contano niente: è ronzio d'ape in un buco vuoto. Sant'Agostino c'inculca il metodo: «Noi seguiamo questa regolaapostolica trasmessaci dai Padri: se troviamo qualcosa di veroanche negli uomini malvagi, ne correggiamo la malvagità senzaviolare quel che in essi c'è di giusto. Così, nella medesimapersona, emendiamo gli errori a partire dalle verità da luiammesse, evitando di distruggere le cose vere con la critica diquelle false». Se la penna nel correggere dovesse calcare la punta, comebisturi, dentro l'ipersensibilità del lettore ossequiente, sappiache ciò non era nell'intento del cerusico; ci scusiamodell'involontaria sofferenza procuratagli. La verità va predicatanon quando conviene, ma quando si deve; il messaggio non ciappartiene, esso è immensamente superiore a noi. sicché noistessi possiamo sentirci travolti per la nostra meschinità. Icombattimenti e le esplosioni possono essere misteriosescaturigini evangeliche. Oh! i fastidi e i rischi dei santi! I bontemponi invece sono portati a dire: «Sì, la verità sarebbequesta, il cammino giusto sarebbe questo; ma non è arrivato ilmomento di dirlo, non conviene dirlo, si farebbe più male chebene, una volta alle porte dell'Anno Santo! Ci tireremmo addossochissà quali persecuzioni, faremmo il gioco degli avversari.Soprattutto in questi momenti di pace, di una lunga pace, chebisogno c'è di turbare le acque? Perché provocare scandali?Svelare secreti di Fatima?». «Necesse est ut eveniant scandala» diceva Cristo: è necessarioche gli scandali avvengano quando è per il bene di tutti; luistesso infatti si faceva scandalo sia quando avversava iprivilegi della classe sinedrita, sia quando cercava diconvincere i suoi che di lì a poco si sarebbero scandalizzati dilui per l'ignominia della sua morte in croce. E' così che le idee divine, lasciate inoperose fuori della storia,diventano impazzite - secondo Chesterton - se assunte con diversefinalità da altri sistemi, contrari a quello del Regno dei cieli.

Connivenze allo spezzatino Questo libro non riguarda la maggioranza di coloro che nellacuria vaticana hanno sempre fatto il proprio dovere e che peraverlo fatto con grande zelo, esemplarità e devozione sono statilasciati a servire la Chiesa nel silenzio e nell'indifferenza dichi di tutto ciò se n'è avvalso per passarvici sopra colcompressore. A loro rendiamo il massimo onore per il servizio chehanno reso e continuano a rendere all'intera Chiesa di Dio. (1) Il presente scritto non è per codesta benemerita categoria diprelati, silenziosi e modesti. Onore a voi, confratelli, che ilvento della vanagloria non è riuscito a scalfire l'umiltà dellavostra vita interiore, e che a sera saprete dire al Padrone dellavigna, da voi vangata e resa fertile con le migliori energie egli anni più preziosi: «Servi inutili siamo e la dimenticanzaaltrui ci calza a pennello!». Come Cristo, vostro modello, voi, pietre angolari, siete statiscartati da costruttori di una Chiesa orientata a loro uso econsumo. L'epoca in cui voi siete vissuti fa parte della vostrastessa vita! Grazie a codesta vostra silenziosa testimonianza,noi non condividiamo il parere di chi afferma che di questi tempiil Vaticano non è in grado di schierare abbastanza curialisti conle ali dietro le loro spalle. L'elenco dei vostri nomi testimonial'esatto contrario. La vostra è stata una navigazione difficiletra Scilla e Cariddi, fissi al centro per non sbandare nellavita, come ammonisce l'Aquila d'Ippona: «Ex una parte saxa tunavifraga, ex altera parte fluctus tu navivora; tu autem rectamtene lineam; sic nec in Scillam, nec in Caribdin incurris» («Sevai da una parte rompi la nave contro i sassi, se dall'altra ladivorano i flutti; stai al centro per non incorrere nei tranellidi Scilla e Cariddi»). Tuttavia, c'è chi pensa a erigere, all'ombra del cupolonemichelangiolesco, un piccolo santuario alla Madre degli Esclusidi curia. Ai suoi piedi gli ecclesiastici emarginati, in cuor

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoloro e a fior di labbra come Anna, madre di Samuele che Eliriteneva ubriaca, a lei, che conosce bene il gergo locale, chissàquante volte ripeterebbero la supplica del paralitico allapiscina probatica «Hominem non habeo», che in vaticanesesignificherebbe non essere stato fortunato a trovare ildignitario adeguato alla giusta spintarella promozionale. La constatazione di certi fenomeni, qui riferiti, riguardapiuttosto quella minoranza, che non meriterebbe neanche tantaattenzione, se non fosse per il fatto che essa è la piùintraprendente e la più determinante per il governo della Chiesa.Fenomeno presente anche in tutte le altre società del mondo; cometale la Chiesa non fa eccezione, niente di ciò che è umano èalieno da essa, comprese le imperfezioni e le miserie dei più invista nel dirigerla. C'è crisi nella Chiesa, perché essa è nel mondo e il mondo lapermea da per tutto, con le stesse profonde inquietudini chetravagliano le società, con gli stessi fermenti che lievitanonell'era postconciliare. Le sue problematiche somigliano a quellemedievali, quando i tipi più austeri mescolavano in un ibridoimpasto la bizzarria del fasto al pietismo più fazioso e piùsconsacrante. Sicché nella stessa persona i peccati sociali piùraffinati convivevano, e convivono, indisturbati con la pietà piùtenera, l'orgogliosa ostentazione con l'umiltà più o menosincera, la cupidigia del potere con la più ostentata generositàin favore delle chiese e dei monumenti artistici. La storiaecclesiastica è piena di queste rischiose connivenze allospezzatino. Veramente, i valori non vanno mai in crisi, è la cultura suivalori che va in crisi; come il sole che non cade in crisi quandole nubi lo nascondono. Innanzitutto è crisi sul significato deivalori morali, è crisi d'autorità che si fa palpabile nel fattoincontestabile che tutte le più alte cariche di curia appaionomesse all'incanto all'offerta del massimo appoggio, interno edesterno alla Chiesa. Tuttavia, il mondo ha bisogno della Chiesa per risolvere le suecrisi ricorrenti. Senza le strade interiori dello spirito non sipuò camminare eretti e con dignità sulle strade esteriori delmondo, diceva Ernest Bloch. A essa, quindi, è dato mandato dirichiamare tutti dall'orizzontale al verticale, dal materialeallo spirituale. «Poiché tutti i mortali sono come l'erba e ogniloro splendore è come fiore d'erba. L'erba inaridisce, i fioricadono, ma la parola del Signore rimane in eterno». La Chiesa èla custode di questa Parola, ma quando abbassa la guardia nonresiste a lungo senza entrare essa stessa in crisi.

NOTA: (1) A essi Giovanni Paolo I, nei suoi 33 giorni di pontificato,ebbe tempo di rivolgere questo encomio: «Nel Concilio, nel primoe nel secondo capitolo della Lumen Gentium, noi abbiamo tentatodi dare con frasi bibliche una grande idea della Chiesa: vigna diCristo, famiglia, gregge del Signore, popolo di Dio. Nessuno, cheio sappia, ha osato dire - non sarebbe stato biblico - che laChiesa è anche, almeno nella sua organizzazione esterna, unorologio, che con le sue lancette segna al mondo esterno certedirettive; può essere anche detto così. Ma allora quelli chesilenziosamente danno ogni giorno la carica, sono quelli dellecongregazioni: un lavoro umile e nascosto, però molto prezioso,che va apprezzato. Cerchiamo insieme di dare al mondo spettacolodi unità, anche sacrificando qualche cosa. Noi avremo tutto daperdere, se il mondo non ci vede saldamente uniti» (A braccio alsacro collegio, "Il Tempo", 31 agosto 1978, pag. 12). 2.

LA MULA DEL PONTEFICE.

Sono importanti per ogni società la satira e l'umorismo,soltanto i regimi non sanno apprezzarne i veri valori. Un governoche non accetta il contraddittorio delle opinioni diverse pian

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I Millenari - Via col vento in Vaticanopiano trasborda nel regime, che da a intendere di non averbisogno di suggerimenti dei sudditi, resi liberi soltanto diapprovare senza recriminazioni, il che è statolatria. Il governoproteso a rendersi migliore incoraggia ogni critica, facendotesoro di quella giusta; quello che non permette la circolazionedi un necessario umorismo affoga il suo popolo nella noiadell'appiattimento. Dove allignano sospetto, rancore, gelosia verso i più dotati epreparati, là l'ambiente, chiuso ad aperture di valori, si fatirannello. La satira misurata suppone democraticità. Il despotacon l'ossessione del rispetto verso l'autorità, cioè il cultodella persona, tappa la bocca al satiro, irriguardoso edissacrante, affinché non renda ridicoli i difetti, svelandoli. A proposito di chi contrasta un prelato più in alto, o il suoRasputin, si cita ciò che Alphonse Daudet racconta sul calcio chela mula del Papa, dopo sette anni, sferrò al giovane stalliere inAvignone: «Quand on parle d'un homme rancunier, vindicatif, ondit: "Cet homme-là, mefiez-vous! Il est comme la mule du Pape,qui garde sept ans son coup de pied"... Il n'y a pas de plus belexemple de rancune ecclésiastique» («Quando si parla di un uomopieno di rancore e vendicativo, si dice: "Guardatevi daquell'uomo! Egli è come la mula del Papa, che aspettò sette anniper assestare il suo calcio"... Non c'è migliore esempio delrancore ecclesiastico»). Subentra, così, la mormorazione incontrollata come ombra dicomunicazione e spia stagnante senza ricambio, che avvelenal'area, proliferandosi a ruota libera in barzellette sarcastichee distorte. Vere e proprie pasquinate, salaci pungenti eicastiche, per i corridoi degli uffici. Siffatta critica èspazzola molto dura, che raspa su stoffe leggere addosso aisuperiori. Ferdinando II di Napoli era lui stesso a mettere ingiro allegre storielle sul proprio conto per calmare la rabbianei sudditi che, ridendoci su, si rasserenavano. Non è costume della curia romana apprezzare la libertàd'espressione. Così, per timore del ridicolo, essa rinuncia alsublime, cadendo nel comico grottesco e a volte tragico. Ilridicolo supera l'omertà, quando si concordano le formule alpotere. Ma il piccolo potere della dissidenza, anche se fatta daofficiali trattati a compartimenti stagni, ha la sua valenza e lasua notorietà, che non è prudente trascurare. I curialisti inappagati si rifugiano istintivamente nella criticaforse esagerata e persino imprudente. E' un gran vociaresottovoce, come il ronzio ritmato d'uno sciame d'api nel vespaio.Tuttavia, sono polemiche più di forma che di sostanza, che nonintaccano il culto dovuto alla persona del mito, che tira avantiper suo conto. Il solletico va fatto al cervello, non sotto leascelle, diceva Renato Rascel.

Le pilastre della Chiesa. Si ridicolizza sulla slavofilia di papa Wojtyla e la polonizzazionedella Chiesa, capolinea vaticano, dove si scarica in tuttafretta materiale da riporto del clero polacco dentro la cloacamassima senza depuratore. Una volta giunti a Roma, i prelatipolacchi puntano decisamente a leve di potere, le piùimpertinenti possibili, fervorosamente raccomandati e lodati daiprelati cortigiani al fine di rendersi graditi al Papa, che è diquella terra. Salvo poi a ribaltarli in discarica al prossimocambio di guardia. E' rimasta famosa la beffa del carro armato in via Conciliazione.Fin dalle prime luci del mattino di quel freddo gennaio 1991, lapolizia notò con sorpresa un rudimentale carro armato verde inassetto di guerra, posteggiato accanto alla scuola "Pio IX" chedava su via Conciliazione, per la circostanza transennata e vuotadi alunni e insegnanti rispediti a casa, mentre il trafficoveniva deviato sull'altra corsia. Con prudente accortezzas'interpellavano gli artificieri più coraggiosi per il disinnescodi eventuale ordigno a orologeria dentro quella fattispecie dimezzo corazzato. Le forze dell'ordine, allertate tutt'intorno,

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I Millenari - Via col vento in Vaticanos'aspettavano da un momento all'altro il peggio, che peròtardava. L'artificiere scelto ispezionò con la massimacircospezione il corazzato, che si rivelò un accrocco di lamieresaldate in tutta fretta su d'un'auto in demolizione. Il fatto voleva essere un cadeaux al monsignore polacco che, aforza di sacri pranzi al desco papale, era riuscito in breve aconvincere il Pontefice a istituire anche in Polonial'ordinariato militare, autoffrendosi disinteressatamente comeprimo ordinario castrense, senza castrazione appariscente. Gliamici burloni lo misero alla berlina, maramaldeggiando così illoro dissenso per l'inutile provvisione. La diplomazia dello Stato vaticano, simbolo di una particolaresocietà dove l'apparire è più importante dell'essere, contagiaquella degli altri Stati appena questi entrano in relazionediplomatica. Infatti, nel caso che certe decisioni scottino, lesi pongono in naftalina, archiviandone le pratiche in modo cheall'Decorrenza sia facile o difficile recuperarle. I più espertivaticanologi si sforzano di decifrare i segnali del sistemamonarchico statal-religioso, ma non sempre ci riescono. Secondo il giornalista John Cornwell, monsignor Paul Marcinkusdefiniva tale Stato «un villaggio di lavandaie: lavano i panni,li battono con i pugni, ci ballano sopra, ne fanno uscire fuoritutto il sudiciume. Nella vita normale la gente ha altriinteressi, in questi ambienti quando ci si incontra sai che seuno ti racconta una storia lo fa perché tu ne racconti un'altra alui. Un luogo non del tutto pieno di persone oneste» (2). «La diplomazia vaticana», diceva il brillante latinista AntonioBacci, poi cardinale, «è nata una triste sera a Gerusalemme,nell'atrio del sommo sacerdote, quando l'apostolo Pietro,scaldandosi al fuoco, s'imbatté in quella servetta che, col ditopuntato contro, chiese: "Anche tu sei seguace del Galileo", ePietro, trasalendo, rispose: "Non so quel che tu dici!". Rispostadiplomatica con la quale non veniva compromessa né la fede, né lamorale». La diplomazia di questo piccolo Stato vaticano, oggi, suggestionail comportamento degli altri Stati, sicché l'enfasi e l'ipocrisiadiventano nel contempo causa ed effetto del successo reciproco,cimentandosi in una garbata gara di forme, con reazioni a catena.Un concentrato d'ipocrisia istituzionalizzata, uno dei più grossimali ambientalistici in questo minuto Stato, appellato"Supercortomaggiore". Il Vaticano è un'isola dove coesistono in eguale onore e misurala logica del potere e il parossismo patologico, la forza deldiritto e il diritto della forza, la concordanza del bene sulmale e il sopruso del violento sull'inerme; dove è più facilescorgere il male nel bene, che il bene nel male; insomma, unamalgama di strane politicanze dai lontani intrighi riemergenti. Il vescovo diocesano concluse la sua visita pastorale con lacelebrazione eucaristica del canone romano, dove egli sidichiarava a Dio: «Con me indegno tuo servo...». Il parroco neprese buona nota e dal giorno appresso, in ogni preghieraeucaristica della Messa, esortava i fedeli a pregare «perl'indegno nostro vescovo». Arrivata la cosa alle sue orecchie, il vescovo impose al prete dismettere immediatamente l'appellativo. Ma il giovane sacerdotedisse d'averlo appreso dalla sua viva voce e che se lui, vescovo,lo diceva per convenienza a Dio, egli, invece, lo diceva in pienaconvinzione al Signore, perché lo convenisse. Al nome d'un impiegato della segreteria di Stato è d'obbligol'inchino doppio, come al gotha sacro; ma a chi è oltre il decimolivello spetta la genuflessione di latria. Quasi a derideresfarzo, superiorità e leggenda della casta che s'industria arestare in sintonia con l'impatto di quel mondo che viaggia inRolls Royce o in aereo. Quando Paolo VI modificò l'istituzione della Commissione per lecomunicazioni sociali in pontificia, un prefetto di dicastero sicongratulò col prelato presidente, perché con tanti incidentistradali su le grandi vie di scorrimento bene aveva fatto il Papa

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoa dare importanza a un dicastero ormai indispensabile e benazzeccato: aveva scambiato la Commissione per un ufficiod'ispezione viaria... L'eminentissimo bergamasco, sempre pronto alla battuta caustica,che doveva la porpora all'amico Giovanni, divenuto Papa, definivala curia romana spietata e beffarda: lui sì che s'intendeva! Per citare un passo del Vangelo, il cardinale segretario di Statoquella mattina chiese una Bibbia al più presto. Il segretarioparticolare tornò deluso a dirgli di non averla trovata a portatadi mano. «Neanche da monsignor sostituto?», fece l'eminentissimo.E il segretario-collaboratore: «E' proprio lui che sorpreso mi hadetto: "Che c'entra il Vangelo qui? Che non si sia confuso con ilCodice!"». Si fa umorismo sul comico portamento di certi prelati sussiegosicon affettazione e contegnosi quando sanno d'essere ripresi dallaTv: nel loro goffo incedere «hanno un bell'andar di corpo», comeil Cepari scrisse di San Luigi Gonzaga. A proposito di satire, all'epoca si rideva molto sull'ironiasferzante di un certo indulto papale, specialissimo modo dato acerti prelati - privilegio "'ad personam durante munere" -di usaredel bisessualismo «nonostante qualunque disposizione contraria». Un noto prelato, molto intransigente in re morali verso glialtri, ma dalle abitudini licenziose e grossolane, confidava aisuoi amici particolari d'aver fatto «voto d'omosessualità» pernon trascendere ad andare a donne. Un giovedì santo, 4 aprile 1985, tra luci meridiane ed elettricheal riflesso del rosso paonazzo dei prelati in processioneal seguito del Papa, un sorridente cerimoniere polacco allungavabraccia e mani per salutare cardinali e vescovi dei primi postifin dove arrivava, ripetendo: «Voi siete le pilastre dellaChiesa, le pilastre, le pilastre, auguri, grazie!...». Un prelatoanziano, tardo d'orecchi, si chinò verso il vicino e domandò:«Pollastre a chi?». I porporati dei primi posti hanno un proprio cerimoniale disedentarietà e di sollevamento del loro prezioso peso posteriore,semovente a seconda dell'importanza di chi gli viene avanti ariverirlo. Se, ad esempio, è il segretario di Stato a salutarlo,lo scatto sull'attenti è di picchetto; con gli equiparati a luiil sollevamento è lento e raddolcito; con il dignitario al disotto di lui basta un palmo d'altezza dallo scanno cardinalizio;con un monsignore in ascesa un largo sorriso con stretta di manonon tanto prolungata; al privo d'importanza sufficiente èalzargli leggermente la mano, con disinvolta distrazione, quasi afargli capire l'ardire poco gradito. E un codice più o meno di stretta osservanza, i cui messaggiregolano la gibigiana degli ascendenti e dei discendentinell'ingranaggio della graduatoria verso il vertice, di ciascunodei quali le influenze e le vie ascensionali restano note agliaddetti di corte. Marianna Roncalli, a un'amica che chiedeva spiegazione sui panniprelatizi del figlio don Giuseppe, fatto monsignore, rispondeva:«Non fateci caso se mio figlio è vestito da vescovo, senzaesserlo; son cose che i preti combinano tra loro». Ed è propriogiusto non fare caso a certe stramberie che i prelati combinanotra di loro. L'onore sta al color rosso come lo strabico al suoasse parallelo. Per quasi un decennio si ripeteva in giro nei circoli curiali ilreferto di un medico curante riferito all'eminentissimo pazienteche lui teneva in cura da anni. Il cardinale-paziente era a capo di un importante dicastero dicuria, un concentrato d'uffici di "opificieria" varia di tuttoquello che altri dipartimenti curiali fanno per i latini. Quandovi arrivò, intontito e sperduto, fu paragonato al cavallo chedorme in piedi: col velo di Mosè sul volto, le idee e lequestioni giuridiche le più complesse gli restavano fuori,accorgendosi di tanto in tanto che qualcosa non capiva. Avevapreso a viaggiare senza precisa direzione, restando in aeroportoa vagare per l'intera giornata, finché la Polizia non avvisava il

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I Millenari - Via col vento in VaticanoVaticano per venirselo a prendere di corsa... Il porporato annebbiato faceva spessissimo ricorso al suoaffezionato medico curante, chiamandolo in casa e confidandogli:«Dottore, da parecchio tempo io sento di avere qualche cosa intesta; non riesco a spiegarmi, ma avverto qualcosa dentro». E ilbenevolo medico dagli ad assicurarlo: «Eminenza, stia tranquillo,gliel'ho detto già tant'altre volte, non si preoccupi, non siimpensierisca più di tanto, stia sereno: lei, eminenza, in testanon ha proprio nulla!». Così il porporato, per un po' di tempo,si convinceva che in verità nella sua testa non avesse nulla dirilevante. Prima preghiera inutile: «Signore, lungi da Te permettere chequanti Ti pregano direttamente per ottenere giustizia commutativarestino disattesi e delusi; e lungi da Te accontentare quanti Ticostringono ad adeguarli alle loro brame di successo tramitesotterfugi e imbrogli. Amen». Seconda preghiera inutile: «Padre misericordioso, per la TuaChiesa vale più un'oncia di pace che cento libbre di vertenzevinte: rendi innocui i prelati polacchi ai quali hai affidatomolto potere in curia, affinché sotto il tuo freno imparino a nonfarci paura. Amen». Terza preghiera inutile: «Signore, Ti sono grato per avermi toltaquesta volta la facoltà di farmela sotto!», diceva il neocardinale, molto commosso e riconoscente dopo l'ultimopaludamento d'investitura. Quarta preghiera inutile: «O Dio, che hai voluto aggregare sanMattia al collegio apostolico, a me che ho ricevuto in sorte laproficua amicizia del mio cardinale protettore, concedimi per suaintercessione di essere contato nel numero degli eletti di curia.Amen». A ciascuno dei vescovi dimissionati nel mondo, che stannoraggiungendo i limiti del fifty-fifty con quelli in carica, vistoil prolungamento di vita degli anziani, sta bene pregare: «Restacon me, Signore; s'è fatta sera e il mio giorno è finito. Ilcrepuscolo inombra la mia polvere. Di qua sono solo; di là c'è laluce. Aspetto chi mi da un passaggio!». Soliloquio del pensionato al capolinea: «La mia è la stradad'Emmaus, si fa sera. Alle mie spalle s'avverte l'ombra del soleradente, allungata assieme alla mia. Signore, è già tardi! Bracciante dell'undecima ora, la Tua vigna non mi fa più utile;è ormai buio tutt'intorno e dentro. Arrivederci, Signore,all'altra sponda!». La suora che sovrintende alla casa di un potente porporato,sublimata da forte devozione mariana, prega spesso così:«Madonnina mia, te l'ho detto tante volte: non sceglierti gliignoranti e i piccoli quando devi apparire agli uomini per dare ituoi messaggi. Se continui così, sarai sempre contestata come aFatima e a Medjugorie. Prova invece qualche volta a rivelarti aqualche grande prelato della Chiesa, per esempio al miocardinale! Lui attraverso "Telepace" farebbe sapere a tutto ilmondo ogni messaggio che tu gli voglia affidare. Quel che Gesùgli direbbe all'orecchio, lui lo andrebbe a dire subito suitetti, ricetrasmesso in Tv dalle migliori antenne. Nessun altrosi permetterà di dubitare della soprannaturalità di cosìinfallibile apparizione. Amen e così sia!». In Vaticano ridevano tutti i colleghi d'ufficio alla preghiera dichi la sapeva lunga: «Signore, non darmi l'umiliazione di doverrimpiangere il tempo di quando si stava peggio!». Infatti, capitadi ricredersi sul precedente superiore a fronte del successore,specialmente se questi, nella sua sfrenata ambizione di despotasenza scrupoli e con il suo sconfinato strapotere, commette verie propri reati per abusi d'ufficio. La sua autorevole maestà usadi quella libertà, cui crede d'avere il diritto di concedersi. Dopo la sciata papale sull'Adamello, alcuni della curia presero apregare: «Concedi Signore a noi poveri figli d'Adamo diridiscendere sofficemente l'Adamello verso tutte le metedesiderate. Amen e così scia!». Mancando il sistema democratico dell'opposizione, subentra la

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I Millenari - Via col vento in Vaticanocritica non facilmente controllabile. Essa non va disattesa, maesaminata nonostante il rischio che procura alla dignitàpersonale in basso e in alto. E' lo scotto che ogni monarchiaassoluta deve pagare allorché calpesti libertà e usi all'internodel proprio ambiente. Si riduce in commedia ciò che si vive in sofferenza, con giubilidi satire e indulti di maldicenze.

NOTA: (2) John Cornwell, Un ladro nella notte, pag. 190.

3.

"MORS TUA VITA MEA".

Anche in Vaticano, come altrove, vi sono coloro che dannocaccia spietata ad altri confratelli monsignori con cattiveria esadico piacere di umiliare e distruggere l'antagonista, perchémors tua vita mea. L'arrivista aspirante che volesse bruciare tappe, allorquando siscontra con un concorrente che vanta più appoggi, si trovabruciate le ali. Così ridotto, prende a gironzolargli intorno,aspettando la crescita di nuove e più robuste ali per fargli lescarpe. Si dice che il cardinal Domenico Svampa al carrierista che glichiedeva come fare per avanzare, gli rispondesse: «Ci vuoleintelligenza e un diavolo che ti porta». E il pretendente, dirimando: «Eminenza, io dispongo dell'intelligenza, e lei deldiavolo che mi porta su!». L'ottanta per cento del personale in servizio si rassegna alpensiero di non potercela fare a raggiungere i traguardi deiprivilegiati; restano adagiati nella massa del formicaio. Sonoappunto i surclassati dai furbi, o quantomeno messi in salamoiad'aspettativa, aspiratori in aspirazione: un misto di mugugnantisotto malumore. L'altro venti per cento di curia imbocca la strettoia dellascalata a chiocciola, ritenendosi parte eletta, regalesacerdozio, gente di ogni conquista. Tuttavia, questi fortunatiin ascesa verso la leadership della Chiesa, per eliminarel'avversario in competizione, devono necessariamente giocare acarte coperte fino all'ultima passata. L'aspirante, man mano che s'avvicina al traguardo della metaagognata, raffina la sua metodologia di competitività,mistificando insieme scaltrezza, umiltà pelosa, ipocrisia ecarità esteriore. Un mondo fatto di rivalità, la cui scalagerarchica si effettua sofficemente con vere e proprie battagliea gomitate senza esclusione di colpi. I predestinati a raggiungere i primi livelli superiori, irampanti, i favoriti dalla giusta spintarella del protettorecarismatico, i pretendenti ai vertici più in alto possibili, sonoovviamente pochi. Questi a loro volta incamerano meriti altrui,attribuendoseli con disinvoltura. Non è per loro quello che loSpirito Santo ha lasciato scritto: «Non cerchiamo la vanagloria,provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri». Diceva V. Bukovsky: «Colà la guerra non ci sarà mai, ma c'èsempre una tale lotta per la pace, che alla fine non resterà chepietra su pietra». Se pace qui s'intende una rischiosa finzione,il quietismo è una lametta affilata che taglieggia la coscienza ele capacità del dipendente di curia, incrinato nella sua libertàdi gestirsi. L'indifferenza dell'ambiente non lascia spazio a gesti disolidarietà con chi dovesse subire soprusi e discriminazioni. Unanutrita schiera di puritani e cortigiani si fa attenta a evitarequei confratelli sui quali s'appuntano indizi di sospetti;l'isolamento li discrimina e il silenzio intorno a essi si fagreve e plumbeo. Quando si vuole isolare qualcuno nell'ufficio, s'inizia a fargliterra bruciata intorno, e la convivenza con lui diventa difficile

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoe soffocante. Soffia un leggero vento di fronda, che intacca ladignità della persona, compressa da un che di imponderabilestrisciante. In lui si fa slargo una sensazione voraginosa che loingoia nell'alienante santuario dell'indifferenza dei colleghi,somigliante a un'interiore lapidazione senza risparmi di colpi,un'intifada di lanci per colpevolezze che passano in giudicatosenza essere provate. Qualcosa comincia a cedergli dentro,creandosi delle frustrazioni, sospettando delle proprie capacitàe debolezze psicofisiche; inizia ad accusarsi che la sua è unapretesa ai limiti della presunzione e dell'insubordinatezza. Sipersuade d'esser costituito in stato di fragilità. La curia vaticana ha bisogno di uomini che non gridino allagiustizia, ma che siano principalmente essi stessi dei verigiusti. Cristo, infatti, non ha chiamati beati quelli che pensanodi possedere la giustizia, ma chi ne ha fame e sete. «Del resto, quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesùsaranno perseguitati. Ma i malvagi e gli impostori andrannosempre di male in peggio, ingannatori e ingannati nello stessotempo». Questo di male in peggio è inteso nell'impostura e nellamalizia, ma nella carriera vanno a gonfie vele. Il monsignore dipendente, se discriminato, spesso ritiened'essere ignorato o nella valenza o nella promozione. Non altroche un'isola. Per celia qualcuno l'etimo del monsignorato lofarebbe derivare dal latino "mons ignoratus", una eccelsitàignorata. Da cui il metodo del divide et impera, cioè quanto piùdivisi si tengono i monsignori dipendenti, tanto meglio sidominano. Lungi da loro il nefasto desiderio di unirsi in una qualunqueforma comunitaria che potrebbe alludere a una fattispecie dicorporazione sindacale. La pena più blanda potrebbe essere lasegregazione a vita dal proprio contesto. Una teoria geofisica afferma che in passato i continenti siscambiavano visite combaciandosi in tellurici abbracci, eattualmente rimangono in attesa di togliersi il disturbovicendevole. Il continente vaticano ama che le persone restinoisole distanti per meglio ispezionarle dalla specola. Se non è lecito aspirare a cariche, promozioni, riconoscimenti,gioie di un servizio fatto in piena dedizione, diritto insitonella stessa natura dell'uomo, il criterio di scelta inassunzione e promozione viene deferito e assunto dal superiore diturno, insindacabile nella discrezione decisionale. Eglis'accontenta piuttosto dei mediocri, facilmente manovrabili, alposto di quelli dalla personalità forte e decisa. Ma le personeintellettualmente povere sono anche le più grette. La mediocritànon è stata mai un obbligo per la società, ma per la curiavaticana sì, dato che considera l'insieme dei dipendenti unmucchio assortito di persone carenti di aspirazioni. Il criterio del superiore riguardo alle assunzioni s'attiene almedium tendency, cioè tutti nella media, mediocri per farcarriera. In percentuale il criterio di scelta nelle assunzionidi ecclesiastici è di novantanove docili remissivi. Quello dicarattere forte lo si considera invece un errore di valutazione,da tenere a bada. Incredibile ma vero. C'è stato un lungo periodo di tempo che inun dicastero il sottosegretario rabdomante, per regolare le cosed'ufficio e l'affidabilità del personale, prendeva ispirazionedall'oscillamento del pendolino sotteso alla sua mano diradioestesista infallibile. Lo usava anche in cucina e alristorante, ma di sotto al tavolo; a suo dire, stava sempre benein grazia dell'oggetto. Personalità labile e pendolante, finoalla sua morte ha sempre rifiutato di usare il televisore, peròera assiduo al giornale radio vaticano per aggiornarsi sullepromozioni e le dimissioni del giorno. Il resto della giornata lopassava dietro i vetri della finestra a memorizzare tutti iprelati in transito da quello scorcio di angolo vaticano. Siamonella stratosfera fantascientifica. Anche questo porta il vento! Eraclito diceva che «uno solo, per me, vale diecimila, se è ilmigliore»; norma che da fastidio al superiore di mezza tacca, il

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoquale davanti al suddito preparato e intelligente si sentesoccombente in prestigio. Un pugno di poveri superuomini, che siarrogano il diritto di governare con potere assoluto eillimitato, riduce il corpo dei dipendenti di curia alla streguadi un' assemblea di automi con funzione di ratificare l'operatodel capo. I dipendenti imparano ad assentire senza interloquire,come nei Dialoghi di Platone l'interlocutore Adimantoaccondiscende soltanto: «Benissimo; verissimo; come no?; bendetto; è chiaro...». Un soliloquio sotto forma di dialogo. Unservitore plagiato a modo si trasforma facilmente in cortigianosvenevole. Egli non rivestirà mai l'abito di funzionario di unoStato di diritto, i cui sudditi sono tutti eguali di fronte allalegge. Perché in Vaticano la legge è ondulata. I diritti di Dio dati alla dignità della persona sono menoimportanti di quelli pretesi dal superiore nelle alterne fasi dipromozione e di retrocessione. In Usa, ad Arlington, sulmonumento dedicato al Milite Ignoto, si legge il motto «Ignoto atutti, ma non a Dio»: una steletta consimile in Vaticano nonstarebbe male! Simile ambiente porta le persone a farle convivere una accantoall'altra senza conoscersi a fondo, senza stimarsireciprocamente, gomito a gomito superficialmente ma non incomunione, amando senza trasporto, più per motivi razionali chesoprannaturali, con burocratica interdipendenza, in asetticocontatto, distinti tra loro in categorie, indifferenti agliaspetti interiori dell'altro che gli vive vicino, presenti inufficio da disincarnati, tesi a esaltarne il metodo e a deprimerela dignità personale del concorrente che gli fa ombra. Ben diverso è l'insegnamento del Cristo, il cui amore teandrico,umano e divino, non riduce ma eleva l'intero uomo, arricchendolodal di dentro in comunione con gli altri. Lo Spirito Santorifiuta la monotonia delle cose prefabbricate in standard. Egli aognuno dona vocazione diversa, secondo la sua personalità; pursapendo che tale diversità si potrebbe tradurre in pericolopermanente, inducendo gli uomini ad affrontarsi da individui, aopporsi gli uni agli altri. L'unità che esige lo Spirito non èl'uniformità, ma l'essere diversi, restando ciascuno con lapropria personalità, a beneficio di tutti. Nella dinamica diquesto scambio la Chiesa si costruisce e cresce per l'utilitàcomune. Ogni ecclesiastico, dunque, animato sempre dallo stesso Spirito,deve rimanere unito agli altri nella fede, vivendo nella libertàdei figli di Dio, che opera tutto in tutti: «A ciascuno è datauna manifestazione particolare dello Spirito per l'utilitàcomune: a uno il linguaggio della sapienza, a un altro quellodella scienza, a uno quello della fede, a un altro il dono delleguarigioni, a uno il potere dei miracoli, all'altro il dono delleprofezie, a un altro il discernimento degli spiriti, all'altro ildono delle lingue, a un altro ancora quello d'interpretarle. Matutte è il medesimo Spirito a distribuirle come vuole». La curia romana, strano compendio di prassi incodificata eincodificabile, concentrato di sagge tradizioni miste ascaltrezze diplomatiche, considera i suoi impiegati come livorrebbe e frattanto li forma come essi non avrebbero volutoessere, cioè con una vita dove il vero s'accompagna al falso, ilbuon senso al pregiudizio e al sospetto. Più che badare allavalenza della persona, si bada piuttosto al suo comportarsiesteriore. Quando si deve trovare un modo per trasmettere la propriaesperienza professionale con quella degli altri, in un contestonon democratico, ecco che il rapporto fa corto circuito, doveaffiora, latente e larvata, la violenza d'imposizione, accendendola spia che avverte d'essere sopra ai livelli di guardianell'interscambio dei rapporti. Si viaggia male quando segnariserva. La pluralità che non si lascia ricondurre all'unità èsmarrimento; e l'unità che non dipende dalla pluralità ètirannia, afferma Pascal. Dai non addetti ai lavori interni, la curia romana è stimata come

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoil governo più perfetto del mondo, dove la giustizia sociale èapplicata all'apice di qualunque aspettativa di diritto.Affermare il contrario potrebbe apparire una diffamazione. Non loè affatto per quelli che sono addentro alle secrete cose e che.pur dando la propria esistenza e il meglio di sé, si vedonosorpassati e surclassati da altri, che si fanno avanti senzapudore e con sfarzosa sicumera. Dunque far carriera in codesto contesto significa semplicementefar le scarpe agli altri colleghi, che attendono prima di lui;assestare una giusta gomitata al più vicino, che è computato trai primi. Competizione selvaggia, che annulla la stessa caritàevangelica e il senso della fraternità. Tutto questo comporta la caduta di ogni stendardo etico-sociale,salvando sempre e solo le apparenze di facciata. Volontà umanafatta passare per divina. Chi, legato al palo, non ce la fa adavere successo nella vita di curia, in tale contesto gretto econgiurale diventa un discriminato e non è più in grado di alcunavanzamento. In chi è surclassato ingiustamente subentra il complessod'inferiorità e l'atrofia della sua personalità, per cui cessa diaspirare al perfezionamento nel servizio del suo mandato. Lapiattificazione del suo divenire non l'edifica ma lo avvilisceavvizzendolo nella crescita. Chi ci vive dentro, a lungo andaresi demoralizza, si chiude a riccio nel mutismo. L'adagiarsi nellarassegnazione che ogni speranza è perduta significa affossare iltrionfo della giustizia. La vittima così si presta al gioco delcarnefice, favorito questo dall'omertà di quella. I dipendenti muti, di quell'ottanta per cento dei curiali,proseguono svantaggiati, perché convincono il superiore nell'ideabalzana che il suo strapotere è realmente illimitato einsindacabile. La selezione, la promozione e la retrocessione ètutto a sua discrezione, anche se dovesse trasbordare nel peccatosociale del sopruso arbitrale. Bisogna saper captare il sofferto silenzio di chi non sa gridaregli inalienabili diritti della persona umana, dato che l'ambienteritiene virtù l'omertà del tacere e del subire. I dipendenti alpalo, i retrocessi, gli esclusi dallo scudo stellare del clan, sirintanano nei silenzi della glaciazione curiale. E' scritto: «Zelus domus tuae comedit me». Quando la casa diDio, la Chiesa, è in fiamme, ciascun fedele ha l'obbligo di sapermanovrare gli estintori per domare l'incendio: se c'è fumo disatana in essa, bisogna puntarli contro i focolai che loalimentano. Chi dal colle resta a guardare l'incendio di Roma,alla Nerone, è connivente in quella distruzione. «Quo vadisDomine?» in questo tuo compleanno bimillenario? «Vado a cacciaresatana che sta incendiando la mia Chiesa!». Mentre i malevoli avversano il bene con massima naturalezzaanche i benevoli lo avversano con fanatico disinteresse credendodi rendere in tal modo a Dio culto di abulia. E così ognuno, dagiusto, pensa d'essere a posto con la propria coscienza. Dio, cheha il potere di giustificare il peccatore, diventa impotentedinanzi a chi si giustifica a modo suo, facendo a meno di lui. Certi prelati di curia, come i meteorologi, regolano i tempidella Chiesa secondo gli umori, gli stranamori e le mutevolezzedelle proprie e altrui aspirazioni, seminando dissapori esconcerto. I giustizieri, ognuno dal proprio angolo, presumonod'interpretare il pensiero dell'altro, in contraddizione tra lorocome i pronostici dell'oroscopo. La storia di curia offre abbondante materiale illustrativo diecclesiastici che hanno cercato e cercano di applicare il Vangeloin modo che garantisca loro la perpetuità dei privilegiacquisiti. Questo è cincischiare il volere divino per farloequivalere con le proprie vedute individuali. Molto volentiericotesti uomini di Chiesa, che impartiscono ordini, ricorrono altema della volontà di Dio, identificandola in qualche modo colproprio interesse, cui tutti i sudditi devono sottomissione senzalimiti e senza discussioni. Così le cose s'imbrogliano ulteriormente allorché gerarchia,

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoautorità, amici, giuristi, psicologi, asceti e quant'altris'intromettono a complicare la matassa degli eventi, visti daangolature diversamente interpretate. Si giunge al punto in cuiuno non sa più a chi ubbidire, senza disubbidire a qualcun altro.

4.

LA CHIESA NON E IL VATICANISMO.

Il pensiero dei Padri orientali sul concetto teologico diChiesa, fondata da Cristo, non appare così totalizzante comepresso i Padri d'occidente. La teologia occidentale ha risentitoin modo determinante della concettualità geniale diSant'Agostino, che riuscì a dire la sua sulle grandi verità delloscibile umano allora conosciuto, orientando così la vita socialee individuale delle generazioni future. Ma quelle verità, magistralmente esposte dall'Aquila d'Ippona,facevano bisogno d'essere adeguate e riadattate all'ampiezzaintellettiva dello scibile delle epoche susseguenti, evitando dicondizionarsi a vicenda. La Chiesa è per gli uomini, e non gliuomini per la Chiesa. Tutti gli studiosi seri di ogni estrazionene sono consapevoli. I Padri orientali paragonano la Chiesa a una grande nave maisuperabile, noi diremmo oggi un "Titanic". Chiunque in questomare burrascoso prende posto su di essa, affronterà una placida eserena traversata, a differenza dei traghettati in altro modo.Nel pensiero orientale tutti gli altri che non vi si trovanodentro s'avvalgono d'altri mezzi provvidenziali per la traversataverso il fine ultimo d'ogni uomo, con zattere, scialuppe, barche,salvagenti, ovverosia attraverso altre credenze religiose, checon difficoltà e meno speditezza orientano ugualmente gli uominiverso la salvazione. E' importante questa speranza. «Questo piano universale di Dio per la salvezza del genere umanonon si attua soltanto in una maniera, per così dire, segreta,nella mente degli uomini, con cui essi variamente cercano Dio"nello sforzo di raggiungerlo magari a tastoni e di trovarlo,quantunque non sia lontano da ciascuno di noi"... iniziative chepossono costituire in qualche modo un avviamento pedagogicamentevalido verso il vero Dio o in preparazione al Vangelo»; cosìrecita il Vaticano II. Invece, i Padri d'occidente si sono lasciati condizionarealquanto dalla scultorea definizione augustana che senz'adito discampo fissava: «Extra Ecclesiam nulla salus», fuori della Chiesanon v'è salvezza, asserzione teologicamente valida ma nonesclusivamente unica. L'assioma è divenuto dogma insostituibileper tutti i tempi e le condizioni, per cui i nostri teologilatini, al fine di riuscire a salvare gli altri quattro miliardidi imbattezzati, fanno ricorso all'espediente del battesimo didesiderio, che li farebbe inconsciamente cristiani. In Occidentesi ricorre a tutto questo per salvare il concetto, teologicamenteincompleto, che senza della Chiesa, contenitore di Dio e degliuomini, non ci si salva. Gesù quando pensava di fondare la sua Chiesa, ad esempio quando aPietro prometteva di conferire il primato su di essa («Tu seipietra, e sulla base di questa pietra io edificherò la miaChiesa: a te, in quanto vertice di essa, io darò le chiavidell'edificio del Regno celeste; tutto ciò che legherai escioglierai dentro e lungo i lati poligonali di questacostruzione sociale nei secoli, tutto sarà confermato dal Padremio in cielo»), certamente Lui la vedeva costruita su di un'unicaroccia compatta, riferendosi a una precisa figura geometricapoligonale, sul cui vertice avrebbe fatto sedere Pietro, SuoVicario. Nella Sua memoria Egli tornava al ricordo d'infanzia di quellemeravigliose piramidi, che continueranno a sfidare i secolifuturi, la cui figura geometrica - secondo la teoria di LuisAlvarez, premio Nobel - era ed è un potente accumulatore cosmicodi energia unitiva e coesiva, caratteristica già nota agli

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoantichi egizi e persiani. Gesù, emigrato in Egitto fino ai primianni della sua fanciullezza, prima di tornare a Nazaretcertamente sarà stato condotto da San Giuseppe e da sua Madre avedere le gigantesche, rinomate piramidi dei faraoni, meta diturismo internazionale fin d'allora. Come avviene in tutti ibambini, anche nel fanciullo Gesù, uomo e Dio, quella meravigliasarà rimasta indelebilmente fotografata nella mente e nellamemoria Sua. Dovendo pensare a comunicare agli altri uomini sottouna forma plastica l'idea della Sua istituenda Chiesa, la Suamente individuava in quella forma geometrica delle piramidi ilmiglior riferimento per la Sua opera divina, perché fosse ancheplasticamente espressione d'unità e di coesività dell'interafamiglia umana, così coadunata. La Chiesa a forma piramidalerispondeva meglio ai tratti che Cristo le conferiva per mezzodello Spirito Santo, compatta nelle coessenziali note di «una,santa, cattolica e apostolica». E' una ipotesi suggestiva, che potrebbe essere più o menocondivisa. Certo è che la costituzione della Chiesa di Gesùsociologicamente è a piramide: il Papa inscindibilmente unito avescovi, sacerdoti e fedeli; dividerli a blocchi sarebbe forzarela sua natura, cioè snaturarla. La Chiesa è dunque una struttura vivente, essenzialmente una eindivisibile. Questo fu il magnifico compito dei padri dellaChiesa e del medioevo cristiano, di cui le meravigliosecattedrali erano segni plastici. A elevarle svettanti versol'alto contribuirono l'ingegnere, il tecnico, il pittore, loscultore, i maestri dell'arte muraria, i geologi, i fisici, idottori in teologia, i sacerdoti, la gerarchia, la fede delpopolo, l'arte dei poeti, quella dei musici, la preghiera deisanti, in un amalgama armonioso e compatto. D'allora fino aigiorni nostri costante è la lode e la gloria all'unità e allatrinità di Dio creatore. Del resto anche il mistero dellaSantissima Trinità fa riferimento alla figura geometrica di untriangolo equilatero, ugualmente piramidale. Molto spesso, però, questa visuale viene sviata e fatta a pezzitra la bassa forza, la plebe, e l'autorità gerarchica. Sicchéquando si parla di Chiesa facilmente si slitta a indicaresoltanto il vertice di essa, quasi fosse l'unica espressionecostitutiva e selettiva voluta da nostro Signore, librata in ariacome una stalagmite. Non solo i teologi del Rinascimento, ma anche quelli del nostrotempo amano ritenere la base dei fedeli come un amorfo greggepecorile, prono al pastore. Sicché quando si indica la Chiesa, ilriferimento è piuttosto rapportato a quell'insieme di verticegerarchico fatto di Papa, cardinali, vescovi, curia romana e altiprelati, investiti d'autorità e di potere, che allo strofinio deltempo si logorano nel nulla. I quali molto di frequentetrascurano di mettersi in discussione, confrontando la propriamissione con quella di Cristo, annientatosi sulla croce appuntoper servire l'umanità. Ellissi teologica in voga che corrisponde alle errateespressioni: «La Chiesa vuole, la Chiesa non vuole; la Chiesapermette, la Chiesa non permette; la Chiesa comanda; la Chiesaobbliga; la Chiesa approva, la Chiesa disapprova; la Chiesaproibisce, la Chiesa ammette; la Chiesa conferma quel fenomeno;la Chiesa non trova niente di soprannaturale in quell'apparizioneo in quella persona». E così dicendo intendono invece riferirsi acerti uomini ed ecclesiastici che esercitano e manovrano le levedel potere in quel periodo, i quali protagonisti molte voltehanno dimostrato di pronunciarsi erroneamente su certe veritàstoriche in merito a fenomeni e persone. Ma è proprio qui la dicotomia del pensiero. Da un verso siafferma che la Chiesa siamo tutti noi insieme, autorità e fedeli,pertanto una qualunque ferita inferta a una parte di essa èinflitta direttamente a tutto il suo corpo mistico. Dall'altra,invece, quando alcuni membri di essa, profeti comunqueinteressati alla compassione di Cristo mistico, denuncianol'infezione cancerogena, li si apostrofano come insubordinati e

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoribelli, sospetti eretici, seminatori di zizzania, uomini e donneda far zittire. Salvo poi, a distanza di tempo, riconoscere coninutili pentimenti e tardivi perdoni d'essersi sbagliati nelgiudicarli. Ma a chi fa comodo mettere tutto a tacere, perché nessunointervenga? Non è forse per lasciare tutto allo stesso punto diprima, sicché chi sbaglia continui a sbagliare? Invece, la Chiesao è tutta insieme, base, lati e vertice, o non è quella voluta daGesù. Egli non ha fondato la Sua Chiesa con un potere di governoa dominazione incontrollata. La Chiesa di Gesù ha un modo solo per governare: mettersi aservizio. I dignitari, i cardinali, i principi - se di principisi può parlare - non dovrebbero avere alcun'altra ambizione,alcun'altra aspirazione e nessun'altra pretesa: «Fra voi peròl'esercizio del potere non è così, ma chi vuol essere grande travoi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voisarà il servo di tutti». La Chiesa di Gesù, quando si fa serva, è la più completa operadivina posta a protezione di tutta la società umana. Tuttavia,non può essere infinita come Dio, essendo una Sua opera abextra. Per principio teologico Dio è l'Infinito. La Chiesa invece èopera divina ma finita. Pertanto essa non ha il carisma di poterriconoscere tutti gli infiniti carismi di Dio. Conoscerebbel'onnipotenza infinita dell'Assoluto, il che significherebbefargli da contenitore, inglobando l'Infinito. «Ecco, i cieli e icieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casache io ho costruita!». Non è possibile neanche a Dio creare un'istituzione contingentecapace di circoscrivere la Sua infinitezza: creerebbeassurdamente un altro dio sovrastante. I nostri schemi,infinitamente striminziti ancorché di Chiesa, non potrebberoavviluppare in un involucro l'infinita onnipotenza del Creatore. Gesù nel fondare la Chiesa, le ha dato tutta la ricchezza digrazia sufficiente affinché gli uomini di ogni epoca potesseroattingere quella salvezza necessaria per salvarsi e salvare glialtri ma non poteva darle la capacità di contenere in sé,creatura finita, tutto l'infinito bene di Dio, che Egli dispensaliberamente a raggiera e a ombrella anche fuori di essa, comesopra detto. Dunque, la Chiesa non può fare da custodia a Dio, chiudendolo achiave dietro la porta del suo tabernacolo, per poterlodistribuire a piacimento in modi e tempi suoi. La sua missione èmeglio riferita attraverso l'immagine di un ostensorio, chemostra il Cristo agli uomini senza per questo appropriarsene.L'Assoluto non potrebbe privarsi del potere di manifestarsicomunque in infiniti modi a tutte le altre sue creature, dentro efuori della Chiesa, nel tempo e nello spazio, tramite carismi egrazie speciali, sempre nuovi e mai dati a cliché. I carismi divini, o grazie speciali a volte straordinarie comeil dono dei miracoli, sono mezzi con cui lo Spirito Santo opera erivela a sprazzi l'onnipotente presenza di Dio nel creato. Talisegni formulano l'alfabeto divino dietro cui il Signore cela ognivolta un suo messaggio all'uomo o all'umanità, ed essendo partedella naturale potenza divina ab intra essi non sonocircoscrivibili a priori da una delimitata opera ab extra,sebbene d'istituzione divina come la Chiesa. La cui finitezza loripetiamo - non può circoscrivere l'infinita potenza di Dio. Allora cos'è connaturale alla Chiesa di fronte al prodigio o a unmessaggio che si verifica? Essa deve interpretarli alla lucedell'infallibile regola dettata da Gesù: «Non può un albero buonodare frutti cattivi, né un albero cattivo dare frutti buoni».Dovrebbe, cioè, saper restare nei principi generali denunciandoquello che potrebbe non essere carisma divino, stando però benattenta a non porre sulla bocca di Dio le sviste e i pregiudizidi certi uomini di Chiesa, che durante la storia hanno costrettol'Assoluto a fargli percorrere la strada ferrata dei loro binaricircoscritti.

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I Millenari - Via col vento in Vaticano Un fatto storico che interessa direttamente la Chiesa sarà chiaropienamente solo alla parusia; mentre nello spaccato della storial'Eterno può farsi visibile senza che la sostanza divina vengaintaccata e lo spessore del temporale sia fatto saltare; in modoche la Rivelazione sia compossibile con l'Incarnazione, come laprofezia dell'Apocalisse che si concretizza sull'umanitàdistratta (Ottorino Pasquale). La suddetta tesi sulla ecclesiologia è di una evidenteimmediatezza, sia sotto il profilo teologico che storico. Quantevolte il giudizio umano ecclesiastico, tentato di istruire Diosul come dovrebbe intervenire nel mondo sempre tramite loro, nonha saputo individuare l'intervento del divino nel temporale,giungendo senza troppo riflettere a esprimere sentenze didisapprovazione, con le quali essi condannavano lo stesso Autoredi quei carismi, che li produceva a loro insegnamento. Sicché spesso si è arrivati all'assurdo che quel che comandava laChiesa era vero, al contrario di quel che Dio operava, attraversouomini santi o apparizioni soprannaturali, che a loro direavrebbe dovuto essere falso. «Siete capaci di capire l'aspettodel cielo e della terra, come mai non sapete capire quel cheaccade in questo tempo? Perché non giudicate da voi stessi ciòche è giusto?», dice a costoro Gesù. I loro successori, poi, sono stati costretti a farli rientraredalla porta di servizio, quei fenomeni soprannaturali, con sommaconfusione e imbarazzo. Così per Galileo Galilei, Santa Giovannad'Arco, Santa Teresa d'Avila, San Giovanni della Croce, SanGiuseppe da Copertine, Girolamo Savonarola, Antonio Rosmini,Padre Pio da Pietrelcina, Don Zeno Saltini (fondatore diNomadelfia), per finire col fenomeno di Medjugorie, dove trentamilioni di Chiesa viva tuttora si reca a purificarsi, mentretrenta uomini ecclesiastici insistono nel condannarlo. La storia ricorda varie cantonate registrate dalla Chiesaverticale. Ne trascriviamo qui appresso le più vicine a noi.

Cantonate della Chiesa verticale Ai primi di questo secolo che volge a termine la Vergine Madre diDio a Fatima proferiva parole di marcio sul comportamento deidignitari al vertice della Chiesa: vescovi contro vescovi,cardinali contro cardinali, con grande sofferenza del Papaimpotente. A quei tre fanciulli analfabeti faceva capire che daldi dentro, come prostituta onorevole, la Chiesa avrebbe subitoviolenza dai prelati in scalata verso il potere, in congiura dicorte. La pedana dell'accusa la si è voluta velare, benché lascadenza del messaggio profetico sia già passata. Mentrel'umanità discende, una valanga di fango e di putredine sale dalsinedrio e si dilaga. Può la creatura contravvenire all'ordinedel Creatore, tappandogli la bocca? Appunto, durante quelle apparizioni a Fatima, il cardinalepatriarca di Lisbona, Antonio Belo Mendes, più volte espresseapertamente all'opinione pubblica la sua chiara opposizione a ciòche colà stava accadendo, fino a proibire ai suoi preti direcarvisi in pellegrinaggio. Ora vi si recano i Papi. Quale partedi Chiesa allora vedeva giusto e quale sbagliava, quella alvertice o quella alla base? Il caso assai strano di Padre Pio da Pietrelcina, che percinquant'anni venne alternativamente ritenuto dai fedeli che viaccorrevano sempre più numerosi un santo taumaturgo e dalSant'Uffizio un «mistificatore pericoloso e corruttore deicostumi». Basta riportare qui l'infamante accusa di dettodicastero, che a più riprese diffidava tutti, ma di più ichierici, dall'avvicinare Padre Pio, un religioso vitando perl'affettata santità visionaria e miracolistica. In virtù di queste affermazioni, quel poco santo ufficio presel'abnorme iniziativa, giammai prima né dopo ripetuta, di cambiarea Padre Pio il suo padre spirituale, interdicendo al religioso diconfidarsi ulteriormente per iscritto (2 giugno 1922). Noncontenta, la medesima suprema congregazione il 31 maggio 1923contro detto Padre emise un decreto, con cui dichiarava «non

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoconstare della soprannaturalità dei fatti» intorno al fenomenomistico della stigmatizzazione; decreto debitamente pubblicatosull'"Osservatore Romano" del 5 luglio seguente per darla aintendere a tutta la Chiesa. Ma quale Chiesa, di grazia, sisbagliava: quella al vertice che vietava, o quella alla base chelo venerava recandosi da lui e contravvenendo così alle direttivedel vertice? La dichiarazione fu ripresa nel fascicolo AnalectaCappuccinorum, da cui Padre Pio lesse la notizia che loriguardava, aprendo a primo acchito l'esatta pagina, che glicausò tristezza e pianto. Per far cessare lo scandalo, lo stesso dicastero, non pago diavere comminato al religioso la sospensione di celebrare la Messain pubblico senza scadenza di tempo (nel 1931-33), progettavaanche il trasloco secreto di Padre Pio in Italia settentrionale oaddirittura in Spagna. Condanne sopite e poi riprese con piùveemenza nel 1960, quando quel santo religioso aveva 73 anni,nuovamente definito persona immorale per certi rapporti sessualicon alcune sue penitenti, secondo quanto recitavano certe bobinetruccate di un registratore apposto da un frate nel confessionaledi Padre Pio per incarico del visitatore apostolico, che siattribuiva così poteri che neanche il Papa poteva dargli. «La vostra condotta tra i pagani [contemporanei] siairreprensibile, perché mentre vi calunniano come malfattori, alvedere le vostre buone opere, voi chiudiate la boccaall'ignoranza degli stolti». A trent'anni dalla morte di quel Padre, oggi dichiaratovenerabile in cammino verso l'altare, quel superlativo dicastero,per un cinquantennio avversario di quell'uomo di Dio, vaarrampicandosi sugli specchi per non apparire di scandalo almondo, tentando di giustificare di fronte al mondol'inaccettabile suo comportamento. Lo smacco degli uomini che sifacevano allora Chiesa infallibile è tale che ora non riescono arendere compossibile la santità dell' uomo taumaturgo con lecondanne a lui comminate e mai ritrattate. Adesso che sarà elevato agli onori degli altari colui che da essifu definito mistificatore e corruttore di costumi, e che tuttoranon cessa di chiamare da tutto il mondo alla sua tomba milioni dicredenti e non credenti dispensando i più straordinari prodigi(3), a più di uno verrà spontaneo chiedersi: quale parte diChiesa in questo frangente di secolo ha continuato a sbagliare?Quale ha visto giusto? Quella della base o quella del vertice?Può affermare di avere il carisma di riconoscere tutti i carismidivini quella istituzione vaticana che per cinquant' anni hadichiarato «non constare della soprannaturalità di queifenomeni», sistematicamente disattesa dalla base dei fedeli, chenonostante tutto vi accorrevano? Un tale agire è verticizzare laChiesa e staccarla dai fedeli, pregni anch'essi del sensus Dei. Una mattina, durante la celebrazione della Messa di Padre Piomolto presto nell' antica chiesetta, gli uomini per mancanza dispazio assiepavano il piccolo presbiterio fino all'inverosimile,spingendosi l'un l'altro involontariamente. Tra di essi c'era ungiovane diacono, che da anni vi si recava, benché i superiori delseminario gli ricordassero i severi divieti della curia romana.Il chierico rispondeva che non c'era nulla di male nell' andare avedere le meraviglie di Dio stampate su di un suo servo. Ma lorogiudicavano l'operato come poca remissività agli ordinisuperiori, in quanto bisognava ubbidire a chi doveva sapere, ariguardo, più di lui. Baciare la mano stimmatizzata di Padre Pio, incrostata di escare,non era un'impresa facile. Sempre coperte dai mezzi guanti, eglise li toglieva solo in sacrestia prima di andare a celebrare e seli rimetteva appena riposto il calice sul tavolo di ritorno.Questi gli ordini, e l'obbedienza sua era impeccabile. L'epicheiadei superiori faceva eccezione soltanto per quel fortunato cheriusciva a stargli accanto, appena riposto il calice. Il giovanediacono, forse distraendosi dal momento liturgico molto intenso,progettò tra sé di farsi prima la comunione dalle mani del Padree poi andare a fare il ringraziamento in sacrestia,

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoposizionandosi al punto dove Padre Pio doveva riporre il caliceper svestirsi, per avere così il privilegio di baciargli la manopiagata senza guanto. Detto, fatto; e fin qui le cose andarono amodo giusto. Ma povero giovincello diaconetto! Appena finita la Messa, comeuna marea quelli dentro al presbiterio inondarono la sacrestiacon spintoni e strattoni da smuovere i piedistalli dei santi. Perquanto riuscisse a resistere alla calca, il diacono si trovò suomalgrado sbattuto a circa un metro e mezzo lontano dal Padre,assediato tutt'intorno da quanti volevano baciargli la mano.Sfiduciato del proposito andato a male, già pensava di ritentarenuovamente e meglio la mattina seguente. Quando Padre Pio,sgridando tutti gli altri, alzò la mano destra al di sopra delleteste, la fece girare a semicerchio e arrivando sul diaconol'abbassò e gliela porse a baciare: «Fa' sùbtie, sbrìgat», faipresto, sbrigati; mentre agli altri a voce alta diceva: «Bastaora, basta!». Era da tutti risaputo che il Signore dava a Padre Pio il carismadella scrutazione dei cuori, cioè leggeva nel cuore e nella mentedi chi gli stava presente, in modo da svelare i pensieri e ipeccati di quanti ricorressero a lui, o di altri non presenti aiquali glieli mandava a riferire. Quella mattina, dunque, avevavoluto in tal modo appagare al buon intendimento spirituale diquel diacono, poi sacerdote, che tuttora lo racconta commossofino alle lacrime. Don Luigi Orione, fondatore della Piccola Opera della DivinaProvvidenza, ora canonizzato, senza aver mai visto Padre Pio dipersona ma conosciutisi profondamente in spirito e perbilocazione, svolse negli anni Venti una valida difesa in favoredi Padre Pio in Roma presso il dicastero del Sant'Uffizio. Ilgiudizio di questo santo fondatore era tenuto in grandeconsiderazione da molti ecclesiastici a motivo della sua santavita, delle sue opere di carità e per i fatti straordinari cheoperava. Per lui Padre Pio era un vero santo, checché dicessero glialtri, compresi quelli di curia. Verso la fine della sua vita,anche don Orione dovette bere al calice amaro della calunnia, percerte debolezze immorali verso l'altro sesso; appunto alla paridi Padre Pio. Da premettere che quando don Orione giungeva in qualche posto lacalca della gente era tale che le forze di polizia a stentoriuscivano a mantenerne l'ordine pubblico; per questo egli fuinvitato ad avvertirle con molti giorni d'anticipo sui suoispostamenti. Tuttavia, su di lui arrivavano circostanziatiscritti che lo accusavano di mantenere contatti carnali condiverse donne. Siccome non si dava loro credito, i fautoridecisero di passare alla dimostrazione dei fatti: occorreva darela prova provata. Ormai stremato, don Orione cominciava ad avvertire fastidiosieffetti in tutto il suo corpo minuto. Lo persuasero a farsivisitare, il responso fu scioccante: il mal venereo, la sifilide.Con quel male, egli doveva tenersi alla larga dagli altri. Loaffidarono in stretta sorveglianza a una casa di suore inSanremo, dove trascorse gli ultimi giorni di vita. Egli vi morìsenza spiegarsi in che modo gli era stata attaccata la lue, bencosciente di non aver avuto mai rapporti con nessuno. Benché tutti continuassero a stimarlo santo anche dopo la morte,gli ordini furono draconiani nel dissuadere chiunque accennasseal processo canonico circa l'eroicità delle virtù di don Orione;il male di cui s'era infettato, lo sconsigliava. Si tacque datutti. Quando nessuno più parlava di lui, un barbiere cerusico messinesein punto di morte chiese la presenza di un sacerdote e di duetestimoni per ristabilire la verità, nascosta dalla calunnia:essendo barbiere del convitto degli Orionini in Messina, colàaccorsi a seguito del terremoto del 1908, spesso aveva servito dibarba e capelli anche il fondatore don Orione. Istigato ecorrotto da un congregato, accettò di intaccare, come per caso,

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I Millenari - Via col vento in Vaticanola sua nuca e, fingendo di disinfettarla, vi applicò il contenutodella boccetta ricevuta, che soltanto dopo avrebbe saputotrattavasi di pus luetico. Ecco, i due santi uomini, don Orione e Padre Pio, coi fattialla mano dichiarati immorali, attualmente si trovano indirittura d'arrivo, dal fango all'altare. All'ora del tramonto ilsole manda i raggi più lunghi e pittoreschi. E' proprio vero chei santi non si fanno a pennello, ma a spatola e a scalpello. Usare spregiudicatamente oltre misura tutto ciò che serve alproprio interesse, manipolando ad arte le bifide espressioni e lesottili calunnie, per Giambattista Vico è suprema astuzia,sottratta abilmente al gioco della Provvidenza per consegnarla aquello diabolico. E Dostojevski aggiunge: «Vi sono molti uominiche non hanno mai ucciso, eppure sono molto peggiori di chi haucciso sei volte». Queste anime fortemente privilegiate dal Signore in vita sonoviste da certi organismi ecclesiastici con sospetto e diffidenza,quando non è aperta disapprovazione e persecuzione. Una voltadecedute, se ne scrivono le vite e se ne approvano i carismi e sene diffonde il messaggio profetico. La differenza sta che imortali si dibattono tra i problemi, i santi vivono tra lesoluzioni. Appena da Roma è stato diramato il comunicato di approvazione delmiracolo ottenuto per intercessione di Padre Pio, in un baleno imass media hanno informato il mondo intero che egli verrà elevatoagli onori degli altari col titolo di beato, il 2 maggio 1999.Dio lo vuole a dispetto di chi tanto l'ha osteggiato. «Guai avoi, dottori delle leggi, che costruite i sepolcri dei profeti, ei vostri padri li hanno uccisi. "Maestro, dicendo questo, offendianche noi!"... Guai anche a voi...». Nella misura che l'azione di Dio s'innesta nella nostra vita,egli lascia che nascano spine lungo il nostro cammino, qualeprezzo per rendere più nostri i suoi doni. Sempre così lo stiledi Dio! Ma a chi sborsa quel prezzo, non tarda a farsi sentirel'intervento divino, nonostante gli errori dei farisei.

NOTA: (3) Attualmente l'intera area attorno al convento cappuccino diSan Giovanni Rotondo è divenuta insufficiente ad accoglierel'enorme massa di mezzi autoveicolanti che trasportano i settemilioni e mezzo di pellegrini che vi accorrono durante l'anno. Lefolle si lamentano perché costrette a restare due-tre ore in filaper visitare luoghi e posti del santo religioso, là dovecinquant'anni addietro era una mulattiera che conduceva tra iboschi a quello sperduto convento abitato da pochi cappuccini,dimenticati in eremita. Verso la fine degli anni Venti, erano ancora molto poche leanime che riuscivano a raggiungere quell'eremitaggio perconfessarsi e dirigersi da quel giovane frate stimmatizzato,dormendo in qualche casupola ospitale nei dintorni. Una signorinacerignolana aveva deciso di passare colà cinque-sei mesidell'anno accanto a Padre Pio, per essere diretta da lui nellaformazione spirituale. Di famiglia facoltosa, due delle novesorelle avevano dato vita a una comunità religiosa al paese, oggimolto fiorente in altri continenti. Lei non se la sentì diaggregarsi a loro, ma volle rimanere nubile. Avendo ottenuto la quota parte spettante del patrimoniofamiliare, la signorina restava titubante sul progetto diacquistare un quadrato di terreno in vendita di fronte allachiesetta del convento dei Cappuccini per costruirvi unmonolocale, dove restare durante il lungo suo soggiorno là. Lochiese a Padre Pio, suo direttore spirituale: «Padre, si vendequel fazzoletto di terreno appena fuori della porta della chiesa,che dite, posso comprarlo o no per farvi una casetta? Voi sapeteche ho quei soldi da investire...». Padre Pio sembrava distrattoda altri pensieri suoi, camminava senza esternare il suopensiero. «Eh, Padre, che ne dite? Mi sono spiegata? Che devofare?».

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I Millenari - Via col vento in Vaticano «Accàttle, accàttle!», comperalo, comperalo!, fa lui. La signorina, imbarazzata nel doverlo contraddire per quelparere, che non teneva presente la situazione del postosolitario, disse: «Padre, non so come dirvelo: voi state sempre"mo' muori e mo' non muori", quando voi non ci sarete più che mene farò io di una casupola sperduta in questa foresta?». E PadrePio, continuando a camminare distrattamente, ma con lo sguardoproteso verso il futuro, forse fissando i fenomeni che siverificano ora in quel posto, nel solito dialetto profetizza:«Falla, falla... ca dop'è péggj!», comperalo e costruiscicisopra, perché per affluenza dopo morte sarà peggiore di adesso.Quel quadrato di terreno attualmente si trova sotto il piazzaleantistante la chiesetta.

5.

LA ZIZZANIA NEL FRUMENTO.

La tavola dei dieci comandamenti è la più grande zattera cheDio ha gettato agli uomini in traversata su cui potersi salvare;ma a lui resta un numero infinito di altre scialuppe da gettarein mare in aiuto ad altri natanti in pericolo. Sappiamo che ciò che sta nei comandamenti è ottimo, perchépromanazione dell'infinita bontà di Dio; tuttavia Dio non puòracchiudersi nel solo bene finito e limitato dei diecicomandamenti, i quali non sono che una piccola parte di Luiinfinito. Ne consegue che l'amore infinito di Dio necessariamentetrasborda l'amore del bene circoscritto dal decalogo. Si da ilcaso di parecchi che si attengono ai comandamenti e tuttaviarestano lontanissimi da Dio. E si da il caso del contrario. Gliostacoli all'amore sono differenti per ogni individuo. Ogni persona ha differenti debolezze, differenti vizi derivantidal suo patrimonio genetico, dalla sua indole, dalla suabiografia, dal suo diennea. Anche un orologio rotto segna l'oradue volte al giorno, nel senso che in ognuno di noi v'è sempre unangolo d'umanità e un barlume di coscienza. Pertanto, ognuno hadegli ostacoli diversi, e le dosi di colpevolezza non sonomisurabili soltanto sulla bilancia del decalogo: i pesi moralistanno sui piatti corrispondenti, quello della sua coscienteconsapevolezza e quello della paternità divina. La morale non è una cosa statica; è un processo nel quale valoriantichi vengono sempre scandagliati di nuovo, messi alla prova incontesti di vita diversi. A volte questi valori etici sononuovamente indagati alla luce dell'esperienza della vitacontemporanea; a volte essi si scoprono come non più pienamenteadeguabili e quindi da riadattare all' autenticità del messaggiodi Cristo che, non essendo mai statico, è sempre originale. Sebbene nel primo Concilio di Gerusalemme gli apostoli nellalettera ai fratelli di Antiochia, Siria e Cilicia scrissero«abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non impervi nessunaltro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenervidalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animalisoffocati e dalla impudicizia. Farete quindi cosa buona aguardarvi da queste cose», oggi nessun moralista imporrebbe queidivieti sotto pena di peccato grave, ritenute allora cosenecessarie e dettate dallo Spirito Santo in regime di rivelazioneapostolica. Il concetto del buon costume è un concetto dinamico, più chestatico, nel quale concorrono in varia misura molteplici elementidi principio e di prassi, di ideologie e di ambienti, ditradizioni e di tecnica, di umanità e di scienza, di progresso edi involuzione, di orientamenti e di comportamenti. «Il Signore si serve anche della miseria», dice don PrimoMazzolari. «Noi non sappiamo fin dove un peccato ci distaccamomentaneamente da Dio e dove pone le gettate di un ponte sullastrada del ritorno». E Einstein diceva a modo suo di credere inun Dio grande e misericordioso, che pensa e provvede a tutto,talmente santo da ritenerlo alieno dalla morbosità d'ispezionare

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I Millenari - Via col vento in Vaticanopiù di tanto i testicoli dell'uomo. Sant'Isacco Siro arrivò a dire: «Dio non è giusto, ma Amore senzalimiti»; e Stefano Avtandilian, vescovo armeno di Tiflis nel1789, insegnava: «Una tacita tolleranza sui fatti morali,quantunque reprensibili ma non in coscienza inquietanti, può inpratica mostrarsi di un certo vantaggio, anziché e al posto diuno sterile insegnamento pastorale proibitivo. Di fatto ilVangelo insegna che una zizzania radicata da tempo, che non haviziato il frumento d'accanto, se si estirpasse inopportunamente,porterebbe per effetto lo sradicamento del frumento ed anchel'isterilimento del campo. Nel qual caso non è bene inquietare lecoscienze degli uomini».

La lezione di San Bernardo. Ogni Papa dovrebbe imparare a memoria e recitare tutte le mattinequello che San Bernardo (1090-1153) scrisse al suo discepolocistercense, fatto Pontefice col nome di Eugenio III, chechiedeva dal suo Maestro consigli su come riuscire a fare bene daPapa. Se poi il regnante Pontefice fosse uno che viene dalontano, cioè del tutto digiuno dei movimenti tellurici nelsottofondo della curia romana, codesto ignaro Pontefice dovrebberecitare con la stessa frequenza del breviario ciò che fu scrittoda Bernardo nella sua Considerazione IV. Eugenio III (1145-53) mai avrebbe pensato di diventare Papa;scelse la rigorosa solitudine claustrale dei cistercensi per nonimpelagarsi nelle pastoie mondane, che già da allora fiaccavanola Chiesa di Roma. Era uno dei migliori discepoli di Bernardo,anche lui chiamato Bernardo, forse dei Paganelli di Montemagnonell'astigiano. Dopo la sua morte gli fu riservato il culto dibeato, confermato nel 1872. San Bernardo se ne privò solo perdonarlo alla Chiesa, perché la riformasse. Sebbene già Papa, San Bernardo continuò a ritenere Eugenio IIIcome alla sua scuola, dove impartire lezioni di vita, le piùscabrose e rudi. Stralciamo qui i tratti più salienti non tantoper consolare i protagonisti che degenerano la curia e la Chiesadi questi tempi, quanto per esortare i riformatori ad accingersiall'opera che la Madonna a Fatima chiedeva. «Bisogna ora riflettere sulle cose che ti circondano. Purequeste ti sono subordinate, ma proprio perché ti sono più vicine,riescono ancor più fastidiose. Infatti, non si può trascurare lecose che ci stanno intorno, né far finta di non vederle odimenticarle. Esse incalzano con più impeto, aggrediscono conmaggior furia, e c'è da temere che ci riducano all'impotenza.Intendo parlare qui del tuo cruccio quotidiano, quello che vienedalla città di Roma, dalla curia, dalla tua diocesi particolare.Son queste le cose - te lo ripeto - che stanno intorno a te, iltuo clero e il tuo popolo, quelli che ti assistonoquotidianamente, che fanno parte della tua famiglia, della tuamensa, incaricati di diverse mansioni al tuo servizio. Tuttequeste persone ti visitano con maggior familiarità, bussano piùspesso alla tua porta, ti sollecitano con maggiore petulanza. E'questa la gente che non ha ritegno a svegliare la diletta, primache essa lo voglia. [Sul carattere del clero e della popolazione di Roma] Devi poigiudicare il disordine che ti circonda particolarmentescandaloso. E' importante che chi ti circonda sia come lospecchio e il modello di ogni onestà e di ogni ordine. Quantoalla popolazione, che dire? Che c'è di più notorio dellasfrontatezza e della caparbietà dei romani? Gente disabituataalla pace, riottosa che non si piega all'autorità se non quandonon riesce più a reagire. Ecco la piaga: sta a te a curarla, né ti è lecito dissimularla.Forse tu sorridi di me, persuaso che la piaga sia incurabile. Manon scoraggiarti: tu sei tenuto a curarla, non a guarirla. In findei conti, hai sentito dire: "Abbine cura" e non "curalo" o"guariscilo". Disse bene un poeta: "Non è sempre affar del medicoche il malato torni in salute". Ma siamo giunti ora al punto critico e la discussione diventa

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I Millenari - Via col vento in Vaticanopiuttosto scabrosa. Da che parte dovrei cominciare per dire quelche penso? Ti rendo testimonianza che non badi alle ricchezze,non più dei tuoi predecessori. Qui sta il grande abuso: esse sonoimpiegate in modo diverso. Potresti citarmi uno solo, che non tiabbia accolto come Papa senza che fossero intervenute elargizionidi denaro o senza speranza di averne? E adesso, dopo che si sonodichiarati al tuo servizio, pretendono ogni potere. Si professanofedeli, ma per fare più comodamente del male a chi si fida diloro. Da questo momento non avrai progetto dal quale si credanoesclusi; non avrai segreto nel quale non si intromettano. Nonvorrei essere al posto di un usciere che faccia aspettare qualcheminuto uno di costoro, mentre se ne sta alla porta! E ora puoi constatare da qualche accenno, se io non conosco untantino il carattere di questa gente. Sono valentissimi nel fareil male, mentre sono incapaci di fare il bene. Sono in odio allaterra e al cielo, e su tutt'e due hanno allungato le mani; sonoempi verso Dio, impudenti verso le cose sante; turbolenti traloro, invidiosi dei vicini, senza pietà verso gli altri; nessunoriesce ad amare costoro, che non amano nessuno; e mentre sivantano d'essere temuti da tutti, è giocoforza che essi stessiabbian paura. Non accettano di star sottomessi, ma non hannoimparato a comandare; sono infedeli verso i superiori einsopportabili per gli inferiori. Sono senza ritegno neldomandare e altezzosi nel rifiutare. Insistono con petulanzaquando vogliono ottenere qualcosa, sono impazienti finché nonl'ottengono, sono più ingrati quando l'hanno ottenuta. Hannoimparato a riempirsi la bocca di grandi parole, ma nelle azionisono meschini. Sono grandiosi nelle promesse, ma grettissimi nelmantenervi fede; sono carezzevoli nell'adulazione e taglientinella maldicenza; dissimulano col più innocente candore,tradiscono con la più esperta perfidia. Mi sono lasciato andare a questa digressione, perché intendevoaprirti gli occhi su questo aspetto particolare di quel che ticirconda. Ritorniamo ora all'argomento. Cos'è questo sistema dicomperare con il bottino delle chiese spogliate il favore diquelli che ti acclamano? E' la vita dei poveri che si sperperaper le strade dei ricchi. E' vero che questo costume, o piuttostomalcostume, non è cominciato con te, e voglia il cielo che con tefinisca. Ma andiamo avanti. Eccoti avanzare tu, il pastore, tuttoscintillante d'oro, rutilante di mille colori. Che vantaggio neha il tuo gregge? Oserei dire che questo è più un pascolo didemoni, che di pecore. S'affaccendava forse in queste cosePietro, si divertiva in questo modo Paolo? Guarda come serve lo zelo degli ecclesiastici, ma solo pergarantirsi il posto! Tutto vien fatto per la carriera, niente oben poco per la santità. Se per qualche buona ragione tu tentassidi ridurre questo apparato e di essere un po' più alla mano,direbbero: "Per carità, questo non va bene, non è conforme aitempi, non è adatto alla vostra maestà; badate alla dignità dellavostra persona". Il loro ultimo pensiero è quello che piace a Dio;sul pericolo della salvezza non han dubbi di sorta, a meno chevogliano credere salutare quello che è grandioso, e giusto quelloche splende di gloria. Tutto quello che è modesto, è talmente aborrito dalla gente delpalazzo che sarebbe più facile trovare chi preferisca essereumile piuttosto che sembrarlo. Il timor di Dio è consideratoun'ingenuità, per non dire una dabbenaggine. Chi è giudizioso eha cura della propria coscienza, vien bollato d'ipocrisia. Chiama la pace e si dedica di tanto in tanto a se stesso, loritengono un fannullone. Ma su queste cose basta quanto abbiam detto. Ho appena sfioratoil muro, senza sfondarlo. Tocca a te, in quanto figlio diprofeta, andare più a fondo e vederci chiaro. A me non è lecitoandar oltre. Leggiamo nel Vangelo che vi fu una discussione tra idiscepoli per sapere chi di loro fosse più importante. Sarestisfortunato, se intorno a te tutte le cose andassero in questamaniera. La curia ormai m'è venuta a noia e conviene uscir dal palazzo. Ci

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoaspetta il personale della tua casa, che non solo ti circonda ma,in qualche modo, sta dentro di te. Non è inutile riflettere suimezzi e i modi per riordinare la tua casa; direi persino che ènecessario, senza trascurare gli affari di massima importanza perimpicciolirti in faccende di bassa fureria, quasi a perderti inminuzie. Tuttavia, se bisogna attendere alle grandi cose, non sipuò trascurare le piccole. Devi allora cercarti un uomo che s'impegni e giri la mola per te;dico per te e non con te. Se però costui non sarà fedele,diventerà ladro; se non sarà avveduto, si farà derubare. Bisognaallora cercare un uomo fedele e avveduto da mettere a capo dellatua famiglia. Vorrei che tu stabilissi come regola generale diritenere sospetto chiunque abbia paura di dire in pubblico ciòche sussurra all'orecchio; se poi rifiutasse di ripeterlo davantia tutti, consideralo alla stregua di un calunniatore, non di unaccusatore. Accettiamo più facilmente le perdite di Cristo che le nostre. Ilrigagnolo d'acqua col suo scorrere scava la terra; così il flussodelle cose temporali corrode la coscienza. Molte devi ignorarle,parecchie trascurarle, alcune dimenticarle. Ve ne sono tuttavia alcune che non vorrei fossero sconosciute,vale a dire la condotta e le inclinazioni di alcune persone. Tunon devi essere l'ultimo a conoscere i disordini che avvengononella tua casa. Alza la tua mano sul colpevole. L'impunitàprovoca la temerarietà e questa apre la via a ogni eccesso. Conchi hai dimestichezza, o sono più onesti degli altri, o riempionodi chiacchiere la bocca di tutti. I vescovi tuoi fratelli [cardinali, ndr] imparino da te a nontenersi attorno ragazzi zazzeruti o giovanotti seducenti [ilsolito vizietto di tutti i tempi, ndr]. Fra teste mitrate stadavvero male quel viavai di acconciature sofisticate [alloraesattamente come adesso, ndr]. Non ti consiglio tuttavia di essere severo, ma grave. La severitàè costante per chi è un po' debole, mentre la gravità mette afreno chi è sventato. La prima rende odiosi, ma se manca laseconda si diventa oggetto di scherno. Comunque, è più importantein ogni caso il senso della misura. Io non ti vorrei né tropposevero, né troppo debole. Nel palazzo comportati da Papa, tra ipiù intimi da padre di famiglia. Riepilogando, la Chiesa romana, che governi per volontà di Dio, èmadre delle altre chiese, non loro padrona: di conseguenza tu nonsei il padrone dei vescovi, ma uno di essi. Per il restoconsidera che devi essere il modello esemplare della giustizia,lo specchio della santità, l'esempio della pietà, il testimonedella verità, il difensore della fede, il maestro delle genti, laguida dei cristiani, l'amico dello sposo, il paraninfo dellasposa, l'ordinatore del clero, il pastore dei popoli, il maestrodegli ignoranti, il rifugio dei perseguitati, il difensore deipoveri, l'occhio dei ciechi, la lingua dei muti, il sacerdotedell'Altissimo, il vicario di Cristo, l'unto del Signore, e... daultimo il dio di faraone». Tutte queste pennellate a spatola di Bernardo, altro non formanoche l'esatto dipinto della curia romana dei nostri giorni neiloro protagonisti più immediati ed eloquenti: Papa, cardinali,arcivescovi, dignitari, prelati, carrieristi, imbroglioni epersino il viavai degli zazzeruti diversi.

Il dossier e il furto mirato. Paolo VI, che non fece misteri sull'asfissia del fumo satanico alcentro della Chiesa, ai primi del 1974 si vide costretto aformare una ristretta commissione con incarico di facciata voltaa studiare la riorganizzazione amministrativa della curia romana;invece le affidava il mandato secreto di appurare che cosa dimarcio vi bollisse in pentola. A presidente di essa fu scelto un prelato canadese tanto genuinoquanto retto e sincero, l'arcivescovo Edoard Gagnon, che a suosegretario scelse, o meglio gli affibbiarono, il tedescomonsignor Istvan Mester, capo ufficio della Congregazione per il

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoclero. Passarono per quasi tutti i dipartimenti di curiainvitando gli impiegati a esprimere liberamente il proprio puntodi vista sui superiori e sull'andamento dell'ufficio. Posti a loro agio, furono molti quelli che si aprirono adenunziare fatti e misfatti dell'ambiente. Il materiale raccoltofu interessante e rivoluzionario. Il presidente della commissionemonsignor Gagnon stette per tre mesi impegnato a stendere lavoluminosa relazione, che alla massoneria vaticana apparve subitoscottante e pericolosa: si facevano i nomi e le attività occultedi certi personaggi di curia. Occorreva inventarsi qualcosaperché la relazione inquisitoria non arrivasse a papa Montini,già non tanto bene in salute. Il tutto doveva essere eseguito nelpiù stretto riserbo. Si escogitò il piano e lo si pose in atto:«Nessun dorma!». Monsignor Gagnon, terminato in tutti i vari aspetti il durolavoro d'insieme sul risultato conclusivo dell'inchiesta, domandòtramite la segreteria di Stato d'essere ricevuto da Paolo VI peresporgli di persona e a voce le sue riflessioni in merito a certedevianze all'interno del Vaticano. I giorni passavano e larisposta non veniva. Finalmente gli comunicarono che, datal'estrema riservatezza della materia, era bene che lui, Gagnon,consegnasse l'intero dossier della relazione alla Congregazioneper il clero, dove il segretario, monsignor Istvan Mester,avrebbe pensato a custodire il tutto in un robusto cassettone adoppia serratura nella stanza d'ufficio. Il bravo arcivescovo nonseppe darsene una spiegazione, ma ubbidì agli ordini. La mattina di lunedì 2 giugno 1974, monsignor Master, aperta laporta, s'accorge subito che nella sua stanza qualcosa non va:qualche foglio sparso per terra, dei libri fuori posto, deifascicoli spostati. Poi constata che il grosso cassettone accantoalla scrivania ha le serrature scardinate: dal ripiano manca laserie dei dossier relativi all'inchiesta fatta da Gagnon. Duegiorni a disposizione degli asportatori, pomeriggio di sabato 31maggio e domenica 1 giugno, sufficienti per lavorare con calma eriservatezza sul trafugamento del dossier. Tanto per cominciare, s'impone a tutti il secreto pontificiosull'accaduto; nessun deve parlare. Poi, vengono doverosamenteinformati la segreteria di Stato e il presidente Gagnon che, perniente sorpreso, promette d'essere in grado di stendere in brevetempo copia della relazione già redatta. Per tutta rispostaintanto lo dispensano dal rifarla, se del caso gliel'avrebberochiesta in seguito. Lo stesso capo dell'ufficio di vigilanza,Camillo Cibin, viene incaricato di eseguire il sopralluogo,mettendo a verbale quanto rilevato nell'ispezione, inviandolo insegreteria di Stato. Al Papa viene riferito del grave furto e cheil dossier non è più reperibile. Sull'episodio, intanto, sisarebbe fatto scendere il silenzio più assoluto. Ma la notizia sul furto comincia a circolare già nel primopomeriggio di martedì 3 giugno: dei ladri avrebbero forzato unacassaforte, si accenna alla scomparsa di documenti sucommissione. I giornalisti prendono atto con poca convinzionedella smentita del portavoce della sala stampa vaticana, dottorFederico Alessandrini. Gli addetti al mestiere sanno che làquando ci si affretta a dire di non essere a conoscenza di ciòche si asserisce, allora c'è sempre qualcosa sotto, di cui si èal corrente, allorquando la si smentisce. La si definiscerestrizione mentale sulla verità che è diversa. Non essendobugia, non è neanche peccatuccio. La notizia s'allarga a macchia d'olio, tanto che l'"OsservatoreRomano", organo di stampa quasi ufficiale della Santa Sede (4), èinvitato a dare informazione accomodante: «Si è trattato di unvero e proprio furto per sfregio. Ignoti ladri sono penetratinell'ufficio di un prelato e hanno asportati alcuni dossiercustoditi in un robusto cassettone a doppia serratura. Il furto èclamoroso». La loggia massonica conosce i mandati e i mandanti,che risultavano non del tutto ignoti a molti. La situazione della curia romana all'epoca era molto tesa e laCommissione di monsignor Gagnon non contribuì a rasserenare

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I Millenari - Via col vento in Vaticanol'ambiente. Un capodicastero straniero mise con garbo alla portai cinque membri di detta Commissione, mentre un altro cardinaledichiarò la propria indisponibilità a permettere un'indagine delgenere sul personale del suo dicastero. Dunque quel dossierdoveva contenere evidentemente giudizi e apprezzamenti sulpersonale, i superiori e l'andamento di tutta la curia. Il furto,pertanto, era mirato. Anche se non gli fu più richiesto, il prelato Gagnon approntòugualmente un altro dossier simile al precedente; chiese diessere ricevuto in udienza privata dal Papa, che ancora una voltanon gli fu accordata. Allora, pregò la segreteria di Stato diinoltrare il dossier in tutta segretezza a Paolo VI, ma neanchequest'altro malloppo fu recapitato, perché al Pontefice era statoriferito che i documenti asportati erano ormai irreperibili. Lacongiura di corte aveva deciso di lasciare il Papa all'oscurodegli intrallazzi di curia. Monsignor Gagnon, vistosi così raggirato, considerò ormaiterminata la sua missione di permanenza a Roma, si consigliò conpersone sagge e rette e prese la radicale decisione di ritirarsiin Canada, dove aveva già maturata la sua pensione. Tornò inpatria, considerandosi un pensionato a tutti gli effetti. Ma papaWojtyla, venuto a conoscenza della rettitudine del personaggio,lo richiamò a Roma, facendolo cardinale, per avvalersi del suoconsiglio sul dissodamento dell'ambiente vaticano, intriso -ahinoi - nel profondo di diossina satanica. «Piangendo lo dico: ci sono tra voi molti che si comportano danemici della croce di Cristo».

NOTA: (4) "L'Osservatore Romano" nasce nel luglio 1861 per volontà diPio IX con la collaborazione di illustri laici cattolici. Dasempre è considerato a servizio del pensiero del Papa e deidicasteri di curia romana. E' letto in tutto il mondo per quelche dice, e soprattutto per quel che tace.

6.

LA CULLA DEL POTERE VATICANO.

Nell'ultimo concistoro del Ventesimo secolo, consegnando laberretta e l'anello ai venti nuovi cardinali da lui scelti,Giovanni Paolo II davanti al mondo chiedeva a essi di aiutarlo adirigere lo stesso timone della barca di Pietro, cosciente ormaiche tutto gli sfuggiva dalle poche forze rimastegli per guidarla.Il Santo Padre si deve necessariamente fidare dei suoicollaboratori, i quali appunto per questo se n'approfittano. Quella loro investitura - guarda caso - coincideva col periododel carnevale di Viareggio, 22 febbraio 1998, dove sfilavanoenormi maschere in cartapesta, caricature di personaggi allaribalta. Il quinto potere, quello della informazione ecomunicazione, col dono della sua ubiquità, passavaindifferentemente a rappresentare sullo schermo i goffi volti suicarri allegorici in concomitanza e concorrenza con le sorridentifacce dei soddisfatti e piacenti cardinali, vecchi e nuovi, invisite di scambievole calore. In quel discorso il Pontefice sotto sotto esortava tutti icardinali e i dignitari di curia a convertirsi, poiché la Chiesaattuale non sa che farsene di personaggi allegorici i quali per365 giorni all'anno girano trionfanti come alte mascherecostosissime, paonazze di fuori, vuote e buie di dentro. «Teatroe vita non son la stessa cosa», si canta nei Pagliacci; cui Dantefa eco: «Et elli a me: oh! creature sciocche, quanta ignoranza èquella che v'offende». Un parroco romano, schietto e birbante, tiene in serbo unaggiornato gruzzolo di risparmi per salpare verso lidi più sicuriappena avesse sentore di persecuzione, perché non si sentechiamato a difendere la Chiesa fino all'effusione del propriosangue, in sostituzione dei cardinali e prelati di curia, il cui

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I Millenari - Via col vento in Vaticanocolor purpureo li dovrebbe disporre a tanta testimonianza. Il Papa più grande del futuro sarà quello che avrà la temerarietàdi eliminare dall'atelier della Chiesa tutti i manichiniimporporati, che oggi abbelliscono l'aula del collegiocardinalizio. Purché sia guardingo, stando la probabilità chesatana faccia fuori lui prima che questi dal collegio, con alcunidei quali s'intende molto bene. Secondo il detto inglese, i figli di mezzo, tra i primi e gliultimi, piangono più a lungo degli altri fratelli per ottenere dipiù. E' una gestione clientelare in piena regola, che il Papaconosce profondamente ma non ha il coraggio di manovrare lasferza per cacciare i maneggioni fuori dalla curia. Ha capito cheil gioco gli sfugge dalla mano tremolante e il polso è malfermoper rimuovere gli scatenati invadenti, che lui stesso hainvestito di tanta potenza paonazza. Da buon sornione, purconoscendoli a fondo, finge di stimarli per quello che non sono.«Ma che posso fare?», si confidava Giovanni Paolo II con unapersona polacca, che si dice di famiglia. «Sono troppi gliincriminati e troppo in alto; non posso spodestarli tutti e incosì breve tempo. La stampa non finirebbe più di parlarne». Già!La storia può aspettare. L'indispensabile è che frattanto nonscoppi la cronaca. Dall'annuario pontificio papa Wojtyla s'appunta nomi e cognomi diquella consorteria di cardinali e dignitari maneggioni che sonoonnipresenti in tutti i dicasteri di curia: Achille Silvestrini,Pio Laghi, Vincenzo Fagiolo, Luigi Poggi, Carlo Furno, GilbertoAgustoni, Dino Monduzzi, Giorgio Mejia, eccetera, i quali hannoereditato e continuano a esercitare il potere che fu di Baggio edi Casaroli. Con siffatti sistemi e compromessi concorrenzialil'attuale eminenzaio ed eccellenzaio vaticano conta nel noveroelementi di bassa lega culturale e di scarsa essenza spirituale. D'accordo - dicono alcuni vaticanologi - ma tutti costoro sitrovano a quei massimi livelli appunto perché voluti e creaticardinali e vescovi dall'attuale Pontefice durante il suo lungopontificato ultraventennale: sarebbe stato più semplice nonfarli, anziché ora spodestarli. A ogni Papa è rivolto il monitoche Santa Caterina da Siena (1347-1380) rivolgeva al suo dolceCristo in terra: «Qui ho inteso che avete fatto dei cardinali.Credo che sarebbe onore di Dio che attendeste a fare uominisempre virtuosi, lo sapete meglio di noi. Il contrario va agrande vituperio di Dio e a guasto della santa Chiesa. Prego chefacciate con vigore quanto in ciò dovete fare sotto il timore diDio». Quando i cardinali prefetti dei dicasteri di curia sono benpreparati e forti, il Papa può prendersi il lusso di esseredebole. Quando invece i capidicasteri sono deboli e meschini incerte connivenze, allora è necessario che il Papa sia forte finoagli estremi rimedi della rimozione.

Trame insidiose. Ogni volta che viene eletto il nuovo Papa, specialmente se non èdi curia, subito i furbi riescono a individuare quali e quanticanali rimangono scoperti per intrufolarsi fino a lui e trarlodalla propria parte. Man mano che le paratie ostruiscono leimboccature rimaste, essi indovinano falle e cunicoli diversi,finché non sbuchino al suo cospetto da altre vie traverse. Poiinsegnano al Papa ad avere sacra diffidenza apostolica, eccezionfatta che per loro, le colombe. I cardinali di curia sanno come scoprire le carte al gioco. Perfare vuoto d'autorità al centro, predispongono il Papa, di cuiindovinano il debole, a lasciarsi prendere dal vortice dei viaggiapostolici, sempre più in aumento «motus in fine velocior», al cuiseguito ci intruppano i due immediati collaboratori a latere,segretario di Stato e il sostituto, perché anch'essi non stiano aimpicciarsi di cose di curia. Lo assillano ossessivamente deirapporti esterni alla curia, per riservare a se stessi lagestione di quelli interni, guidando la Chiesa di rimpiazzo. Improntati a questo stampo gli incontri tra le folle e il Papa

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I Millenari - Via col vento in Vaticanovengono in tal modo preparati: milioni di giovani danzanti, Vipdella ribalta accorrenti da ogni parte, musiche di ogni gridostrazianti. Ma quando la provvidenza vorrà scrivere di suo pugno,troverà modo di cancellare l'estroso del momento. Oh, l'estasi che procura in tutti i tempi la vista delle folleoceaniche, delle parate nelle piazze, dei trofei che mandano invisibilio chi li prepara e il personaggio acclamato al suopassaggio! Tutti i regimi hanno approfittato di esse pergiustificare perfino repressioni e violenze. Gli esempi sonoancora freschi di qualche decennio addietro; non è lecitodememorizzare questa scottante lezione. Tornati, dunque, tutti frastornati dal tour de force trionfante,storditi da quel bagno di folle, con nelle orecchie gli osannadei popoli in delirio, a loro è materialmente impossibile chescoprano gli intrighi di corte che, seppure supposti, liriterrebbero ben poca cosa a fronte dell'apoteosi delle masseesilaranti, come una marea d'acqua piovana sulla grondaia che nons'impregna. Che passino pure i loro soprusi: la curia romana sela sbrighi da sé, io vado alla Chiesa dei popoli. Non è il vero volto della Chiesa di Cristo l'intruppamentosistematico delle parate a fasce d'età e di quant'altro, pur diriempire le piazze durante l'arco dell' anno: la giornata delfanciullo, dei giovani, dei malati, degli operai (dei disoccupatino), delle famiglie, eccetera. E' un maquillage di facciata chenasconde le rughe del decadimento; esattamente come la tozzafacciata del Maderno alla basilica di San Pietro che, nonostantei ritocchi, non finirà mai di nasconderne la mole. Frattanto, però, i pastori sono scelti da quella congerie. Unproverbio ruandese insegna: «Anche se Dio veglia sul tuo gregge,tu cerca di affidarlo a un pastore vigile». Approfittando delvuoto d'autorità al centro, riescono ad approntare cataste dipratiche circa progetti e proposte le più incredibili dasottoporre al Papa. Il quale, rientrato col seguito, onusto digloria ma stanco e distratto, sigla senza rendersene conto delleinsidiose trame. Tutti consci dell'impossibilità materiale chel'anziano Pontefice possa dare una semplice scorsa ai soli nomievidenziati sull'appunto dell'appunto della pratica. Al principe delle tenebre conviene questa politica e l'agevola,mentre fa entrare in tentazione il Cristo mistico: «Gli mostròtutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: tuttequeste cose io ti darò se, prostrandoti, mi adorerai». Il Concilio Vaticano II, rifacendosi al dettato di Pio XI e PioXII, ha parlato, prima durante e dopo, sulla collegialità ditutti i vescovi con il Papa nel governo di tutta la Chiesa, invirtù del principio di sussidiarietà. Per raggiungere lo scopoPaolo VI, pressato da varie parti, nel 1965 istituì il "Sinododei Vescovi", un'assemblea di vescovi scelti dalle varie regionidell'orbe, che di volta in volta si riuniscono per discutere eaiutare il romano Pontefice a conoscere e a risolvere i problemie le questioni inerenti alla salvaguardia e all'incremento dellafede e della moralità della vita umana, e in che modo la Chiesadeve saper permeare nella vita del mondo. E' giusto che detto Sinodo non possa dirimere ed emanare leggisenza il consenso dello stesso Papa, non avendo l'abilità a talepotestà deliberativa. Ma i vescovi ritengono tale sinodo unamordacchia vincolante che tiene stretti e immobili lo stessosegretario generale, cardinale Jan Pieter Schotte (dalla manoferrea e dalla visuale ecumenica da ritenerlo papabile) el'intero episcopato mondiale. A tenere i vescovi al guinzaglionon sarebbe il Papa, quanto l'orientamento curiale, prima fratutte la stessa segreteria di Stato, che si vedrebbe sfilarel'osso di bocca. Dato che finora il principio di sussidiarietà èinsufficientemente applicato, il bravo cardinale Jan PieterSchotte, ritenuto uomo giusto al posto giusto, fa di tutto perguadagnare spazio al collegio dei vescovi di tutto il mondo:uguale reggenza e responsabilità degli apostoli intorno alMaestro Cristo Gesù che, pur essendo Sapienza infinita e quindi

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I Millenari - Via col vento in Vaticanosenz'altro bisogno di consigli, li coinvolgeva tuttavia a dire lapropria sul costruendo Regno dei cieli, la Chiesa. Sebbene avolte li richiamasse: "Voi non sapete quel che chiedete!" Più diqualche vescovo scalpita nel constatare e subire tantadelimitazione costrittiva. Uno di questi fu l'arcivescovo di SanFrancisco in Usa, monsignor John Raphael Quinn, che a 68 anni sidimise senza animosità e, pur protestando fedeltà al Papa, eglimette coraggiosamente in questione la curia romana nel suopredominio sovrastrutturale. Monsignor Quinn invita Papa e curiaa riconsiderare l'attuale maniera di esercizio del primato, nonpiù adeguato per il prossimo millennio. Secondo il Vaticano II, il vero concetto della collegialità,oggi esercitato «sub Petro», va inteso invece «cum Petro». Perdifetto di affidamento allo Spirito Santo, tuttora l'episcopato,più che essere un modello di discernimento, si fa modello dicontrollo inquisitivo. Si postula una riforma di strutture,particolarmente in quelle che sono le relazioni tra il Papa, ilcollegio dei vescovi e il sistema attuale della curia romana.Nessuno nega al Pontefice, capo del collegio episcopale, ildiritto d'insegnare nel modo e nel tempo opportuno, mal'interrogativo è quando e in che circostanze egli debbaesercitare prudentemente tale diritto. Il genio del cardinale Newman sottolineava soprattutto gliaspetti dottrinali dell"esercizio del primato, cui si da troppopoca attenzione circa la prudenza di tale espletamento. Emonsignor Quinn ritiene che i vescovi dell'intera Chiesa non sisentano liberi di far giungere il proprio divisamento al Sinodoromano dei vescovi su certe questioni, per la cui discussioneessi amano essere consultati, come il divorzio, il rimatrimonio,i sacramenti ai divorziati, e sull'assoluzione generale. Pertanto, nella Chiesa le questioni le più serie non vengonorealmente poste sul tappeto all'apprezzamento e alla discussionelibera e collegiale dei giudici e dei dottori della fede, ivescovi. Questo residuo di mentalità medievalistica vaticana èritenuto l'ostacolo insormontabile per l'apertura di unconfidenziale dialogo sull'ecumenismo. Molti ortodossi e numerosialtri cristiani rimangono reticenti alla piena comunione con laSanta Sede, non tanto per l'apparente pregiudizio su certequestioni dottrinali o storiche, quanto a causa della maniera concui la curia romana si pone nei loro riguardi, apparendo più comecontrollore che condivisore di fede e discernimento nelladiversità dei doni e dell'azione dello Spirito. Il bene supremo della Chiesa non sta nei controllo di unmodello politico. La vera questione del primato e dellacollegialità si trova nella risposta alla domanda: «Cos 'è cheDio ha voluto per Pietro ?». Per trovare la giusta rispostateologica forse necessita un altro Concilio che, insieme aglialtri credenti in Cristo, in fraterno dialogo ecumenico vadanoalla ricerca di tale coraggiosa risposta. Il potere, preso a sé stante, è innocente. Confrontato conl'interesse s'inquina. L'ambiente pensa a dargli una formaartificiosa, mascherandolo d'onestà. L'uomo, laico edecclesiastico, con il suo amore, le passioni, i gusti, leopinioni, il coraggio, l'artifizio, la spontaneità, divental'espressione dell'ambiente, dal quale il potere riceve lo stampoe diventa il cliché di un rotocalco divulgativo. Pertanto, ilcircolo determina e condiziona il comportamento psicologico dicoloro che si adeguano a vivere in tale contesto. Il sistema, l'ideologia e l'apparato burocratico espropriano lapersona della sua coscienza, dell'autonomia della ragione, dellinguaggio naturale e, quindi, della sua umanità, imponendogli latunica sovrastrutturale dell'ambiente. Il manichino cosìcompletato può mettersi in vetrina. I sistemi esercitano ildominio totale di un potere ipertrofico, impersonale, che sifonda su una finzione ideologica, capace di legittimare tuttosenza mai toccare la verità; potere che nessuno detiene perché alcontrario è esso che possiede tutti, condizionandoli. In tale contesto ermetico il dissenso è rifiutato come follia.

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I Millenari - Via col vento in VaticanoChi ha il coraggio di dissentire sa di farlo a proprio rischiofino a rimetterci la carriera. Per gli altri, egli è uninsubordinato, colui che mette scompiglio; va emarginato,allontanato, posto in ripostiglio. La segreteria di Stato è la culla dove risiede e cresce il vivaiodel potere così com'è a tutt'oggi nella Chiesa vaticana. E' unambiente che per restare tale ha bisogno di addestrare i suoielementi, scelti dal mazzo sempre dietro particolari appoggi eraccomandazioni, i quali sono già preconizzati a diventarequantomeno i rappresentanti del Papa presso i governi di quellenazioni che mantengono rapporti diplomatici con la SedeApostolica. E' un elegante generatore di energie potenziali pergarantire che nulla deve cambiare. L'uomo a reggere tanto potereè il cardinale segretario di Stato, coadiuvato dal sostituto edall'intero servizio, interno ed estero, delle due sezioni. Tutti sanno che a capo della Chiesa c'è il Papa (5) Però luinon la governa di persona: si deve fidare dell'onestà altrui(sempre sottintesa ma non facilmente dimostrabile); in praticachi governa è la sua segreteria di Stato, al cui cennosottostanno il resto della curia romana e lo stesso Pontefice. Pericoli e rischi di massificazione nell'autoritarismo,livellamento meccanico, maschera nelle apparenze, predominiod'interessi particolari o personali, profittantismo di clan; taleipertrofia burocratica impoverisce la vita sociale e rischia diprodurre anche l'atrofia negli stessi soggetti morali, privaticosì di esercitarsi in responsabilità personali e di rendersicapaci di discernimento nel sociale. La schiettezza e lasemplicità non sono di casa. I cadetti vengono allevati presso la pontificia accademiaecclesiastica dei nobili plebei, estrosa scuola dei preconizzati,dove con le lingue straniere gli aspiranti imparano l'eleganzadel portamento e l'altezzosità del diplomatico, il garbonell'interloquire e la disinvoltura nel tratto. Il diplomaticovero in nunziatura s'afferma con pieno successo quando finged'ignorare quel che sa e mostra di conoscere quel che ignora.Egli deve saper spiare origliando nelle anticamere di quellepotenze amiche, presso cui è stato accreditato usufruendodell'immunità. Non cade foglia che Segreteria non voglia. Tutti icapidicasteri praticamente devono essere agli ordini non solo delcardinale segretario di Stato e del sostituto, ma persino sottoai comandi di quei virgulti rampanti che da un momento all'altrocercano e riescono ad arrivare a coprire le tegole del Palazzo,dando fastidiosa ombra ai sottostanti dicasteri, così declassati.In verità la curia romana dovrebbe essere non sotto la segreteriadi Stato ma sotto il Papa direttamente; la dicotomia s'avvertequando un capodicastero recalcitra al soggiogo e non ci sta agliordini e al predominio di quella. Nella vita diplomatica, dentro e fuori l'ambito vaticano, ilcredito ha molto valore. A chi è creduto di valere, molto siconcede. Ecco quindi che, aumentando il concetto del valore, sene aumenta da ultimo anche la sostanza, che spesso non c'è. Struttura ultra-evangelica, dato che Cristo non volle studiarediplomazia, e dette prova del contrario al tempio con funi allamano, senza tanti complimenti. E' necessario che Cristo torni ascudisciare con le sue sferzate i venditori nel tempio,trasformato in spelonca di ladri.

NOTA: (5) Con due stringati versi: «Uomo, che quando fievole/mormori,il mondo t'ode», Giovanni Pascoli dette la più genialedefinizione della potenza papale.

Sua maestà il Caso. All'epoca, tutti erano a conoscenza che monsignor GiuseppeRoncalli era privo d'ogni importanza carrieristica, tra quelliche veramente contavano; di lui nessuna considerazione. Egli,sempliciotto figlio di contadini, né era a capo di una cordata di

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I Millenari - Via col vento in Vaticanotutto rispetto, né aveva saputo accomunarsi a qualche grappolatadi dignitari capaci di puntellarsi a vicenda, per essere lanciativerso la scalata. Per puro caso lo avevano designato delegatoapostolico ai quarantamila cattolici della piccola Bulgaria. Presso la sezione per gli affari con gli Stati della segreteriadi Stato, l'operato di quel Delegato Apostolico era ritenutopressappoco una frana. Monsignor Roncalli veniva tenuto a bada,dato che le direttive superiori lui, con la sua bonomia, leadattava alle situazioni del posto e alle circostanze delmomento, con una sua personale etologia, rispondente allamassima: «Guardarsi senza sfidarsi, incontrarsi senza temersi,intrattenersi senza compromettersi». Sicché spesso faceva trovareRoma davanti a fatti compiuti, che rasentavano il pressappochismonelle severe procedure dei rapporti diplomatici con l'autoritàdello Stato bulgaro e in seguito di quello turco. Più volte gli rammentavano che come delegato apostolico, inBulgaria prima e poi in Turchia, non era un accreditato presso ilgoverno a pieno titolo, ma solo un rappresentante pontificiopresso i vescovi e le chiese cattoliche locali; anche se ladiplomazia per epicheia estendeva al delegato apostolico ugualidiritti spettanti ai capi diplomatici. Dunque, di frequente gliricordavano di attenersi con più fedeltà alle regole del codicediplomatico. Invece, spesso di sua iniziativa, monsignor Roncallicoinvolgeva la Santa Sede in situazioni che la segreteria diStato riteneva nient'affatto condivisibili. In quel tempo, ad esempio, era impensabile che il rappresentantedel Papa prendesse dimestichezza con i capi delle chieseortodosse al di fuori dello stretto protocollo, per evitarefacili strumentalizzazioni e fraintendimenti. Quel Delegato,invece, di punto in bianco senza pensarci due volte prendeva ilsuo segretario, monsignor Francesco Galloni - succedutogli nellostesso incarico in Bulgaria fino alla sua espulsione politicanegli anni Cinquanta - e andava a far visita a questo e a quelpatriarca o metropolita; li invitava a pranzo e teneva rapportiamichevoli con tutta questa brava gente. Pur non essendo nunzio, Roncalli andava lo stesso presso iministeri governativi a patrocinare in favore della povera gente,di ogni fede religiosa. Per riuscire nell'intento, siccome nonportava mai con sé denaro, si raccomandava al segretario dicendo:«Don Franco, dai una buona mancia agli uscieri di quest'ufficiocosì ci trattano meglio e ci raccomandano a chi ci devericevere!». E le cose andavano esattamente per il verso giusto. Roncalli, dignitario deferente senza misura e senza misuralibero, sapeva di non essere stimato a Roma, ma lui era talmenteschivo di ambizioni e aspirazioni e onori che verso tutte questemire si mostrava incurante e trasandato quanto a esterioritàsuperflue, formalità, ricevimenti di gala. Quando doveva visitarei suoi superiori di curia a Roma si armava di pazienza, come silegge spesso nel suo diario, il "Giornale dell'anima". InCongregazione orientale gli mandavano quasi sempre l'officialeaddetto per la Bulgaria e la Turchia, monsignor Antonino Spina,al quale dicevano: «Monsignore, è venuto quel chiacchierone diRoncalli, vada a sentire quel che dice; se vuole vedermi dica chesono impegnato!». Eppure gli riconoscevano una suprema dolcezza,una coesione intima nel dominarsi, una estrema facilità dicalarsi nel profondo dello spirito, una facilità di pregare. In segreteria di Stato stavano aspettando l'occasione propiziaper ritirarlo dall'incarico diplomatico, anticipandogli il nonmeritato riposo pensionistico, possibilmente spedendolo in queldi Sotto il Monte. Era questione di tempo. Da quella parte ilvento gli soffiava contro; ma Roncalli tirava per il suo verso:«Cosa m'importa? Meglio!», confidava a monsignor FrancescoGalloni. Senonché, a Parigi, Charles De Gaulle in quegli anni era aiferri corti con il nunzio apostolico monsignor Valerio Valeri sulfatto dei trenta vescovi francesi che - affermava il generale _avrebbero collaborato col governo Pétain e che per questo luivoleva dimettere. Come ovvio il Vaticano si guardò bene di

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoaderire a tale insano proposito, e istruiva il nunzio aopporglisi recisamente. I rapporti con la Santa Sede erano ailimiti di rottura. Al punto che De Gaulle aveva chiesto eottenuto l'allontanamento di monsignor Valeri al quale,richiamato a Roma, il Papa anticipò la porpora cardinalizia. Il Vaticano non aveva gradito il comportamento di De Gaulle, eper ripicca tardava la difficile designazione del nuovo nunzio.La schizzinosità del presidente francese faceva di taledesignazione un vero rompicapo. In Segreteria si chiedevano:quale rappresentante pontificio gli sarebbe potuto andare agenio? In che modo venirne a capo? Sulla piazza all'epoca non sene trovava uno adatto. Per De Gaulle il lungo ritardo nellaprovvisione era un'amara ritorsione diplomatica che non riuscivaa trangugiare. Un giorno il presidente francese riceve le credenzialidell'ambasciatore di Turchia e, dopo il protocollo ufficiale incolloquio privato, il discorso scivola sulle difficoltàdiplomatiche che un capo di Stato incontra, quando sullo stessoterritorio con gli stessi cittadini subentrano interessi dipoteri spettanti a due diverse potenze, come ad esempio la SantaSede. Manco a dirlo, era pane per i loro denti. Il governo turco,proprio per combattere codesta norma diplomatica contraria alCorano, si fa nemico di mezzo mondo, compresa la potenza delVaticano. A De Gaulle gli si rizzano le orecchie e chiede: «Allora comevi regolate?». E il diplomatico turco: «Il mio governo si regolavolta per volta a seconda dei personaggi che rappresentano laSanta Sede che, sia pure come delegazione e non nunziatura,riveste tuttavia l'importanza di una delle più influenti potenzeinternazionali. Ad esempio, questo Delegato Apostolico che oraabbiamo è tra i migliori finora avuti, monsignor GiuseppeRoncalli, buono, umano, disponibile, furbacchione come tutti ipreti». De Gaulle se lo appunta. Si fa raccontare qualche altroaneddoto, come quello dei trecento bambini da Roncalli dichiaratibattezzati per porli in salvo, e pone termine all'udienza. Due oredopo, parte un cifrato da Parigi in Vaticano con l'indicazione digradimento del governo francese per il Delegato Apostolico diTurchia nel caso che il Vaticano lo nominasse nunzio a Parigi.Stoccata avvertita: uno a uno. L'imbecco del gradimento perottenerne la designazione. Monsignor Domenico Tardini, della Sezione dei rapporti con gliStati esteri, che di quel Delegato, pasticcione e ciarliere,aveva la personale impressione del tutto negativa, rimanestrabiliato di fronte alla proposta di Parigi. Visti i rapportitesi con la Francia, monsignor Roncalli non sarebbe potuto essereall'altezza della delicata e complessa situazione del momento,dove i diplomatici più abili avevano fatto cilecca. Ancoraun'altra stranezza da aggiungere alla lista provenientedall'Eliseo. Si decide di tirare le cose per le lunghe,ritardando la risposta. Si era ai primi di dicembre del 1952, non mancava molto a Natale;De Gaulle doveva ricevere gli auguri del Corpo diplomatico, portisecondo l'accordo di Vienna dal nunzio apostolico, decano, nonancora designato. In mancanza, sarebbe subentrato il vicedecanoche - guarda caso - era l'ambasciatore russo, comunista di zecca,a De Gaulle dell'ultra destra. All'epoca le forme eranoessenziali. Lo smacco era noto a quel Corpo diplomatico. De Gaulle segnala lacosa al Vaticano, perché si regolassero. Non c'era tempo daperdere. Tardini, pressato, fa un cifrato a monsignor Roncalli aIstanbul, pregandolo d'affrettarsi a venire a Roma per poiraggiungere la nunziatura apostolica di Parigi, quale nunzio inFrancia. Roncalli, al quale giungevano insistenti voci di un suorichiamo dalla diplomazia, pensa subito a uno scherzo di cattivogusto da parte di qualche burlone: nella sua ingenuità risposecandidamente che restava divertito della celia e che perl'occasione augurava buone feste natalizie e un felice annonuovo. A volte l'ingenuo è più raffinato del provocatore.

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I Millenari - Via col vento in VaticanoMonsignor Tardini questa volta dovette essere più esplicito,affrettandosi a dirgli che la cosa era più che seria e che urgevatrasferirsi ancor prima di Natale. Doveva affrettarsi. E sitrasferì subito. Papa Pacelli gli raccomandò di stare attento a quello che avrebbedovuto dire nel discorso augurale a principio dell'anno; anzi glisuggeriva di farlo rivedere in segreteria di Stato, prima dileggerlo. Monsignor Roncalli promise di fare del suo meglio, manon ebbe tempo di coordinare le idee per buttar una bozza. Una volta a Parigi, tra i primi impegni di Roncalli vi fuquello di rendere visita al vicedecano, l'ambasciatore russo, chelo tenne a cena. Tra una portata e l'altra, tra un bicchiere el'altro, tra il brusco e il lusco, i rapporti divennero subitoamichevoli e fraterni. Monsignor Roncalli prende la palla albalzo e a bruciapelo chiede all'amico russo: «Lei, signorambasciatore, cosa avrebbe detto per gli auguri, se io non fossivenuto in tempo?». Gioco fatto! L'ambasciatore vicedecano passòil ciclostilato nelle mani del neodecano; questi lo spuntò, loreintegrò, e con l'enfasi del neofita lo declamò al cospetto diDe Gaulle e di tutti gli ambasciatori del Corpo diplomaticofrancese, che rimasero meravigliati per i più salienti punti dalui toccati con fine sensibilità di provetto diplomatico. Soloquello russo rideva sotto i baffi. Le congratulazioni andavano anche al presidente De Gaulle, checosì si salvava dagli avversari d'oltretevere. Soddisfatto ditanto, i trenta vescovi non furono defenestrati. I rapportidivennero concilianti con la Francia gollista. Il nunzio Roncallifaceva da raccordo in ogni circostanza delicata tra Santa Sede,Francia e tutti gli altri Paesi d'oltrecortina, i cui problemipolitici si dipanavano con l'intervento del bonaccione nunziosempre sorridente, stimato oltrecortina. Venuto il tempo di sostituirlo, ormai attempato, papa Pacellilo fece patriarca di Venezia e cardinale (1956), dove ormaiavrebbe terminato i suoi giorni: una carriera che lui stesso maiavrebbe sognato. In curia tutti sentenziavano: goda di ciò che haottenuto, anche se non chiesto! Vento di poppa fin troppobenevolo! Morto però Pio XII, s'era aperto il ventaglio delle candidature:il patriarca di Venezia era all'ultimo posto, come ultima quintaratio, un Papa di transizione data la sua età, 76 anni. Il primoquotato appariva il patriarca armeno, cardinale GregorioAgagianian, grande e bella figura di pastore e di asceta che,proveniente dall'Oriente, aveva passato molta della sua vita acontatto con l'Occidente presso la curia romana, della qualeconosceva usi e costumi. Ma tutti sapevano pure che chi entra inconclave da Papa, ne esce cardinale. Il sacro collegio invece ritenne opportuno eleggere uncardinale anziano, che non rompesse troppo e che lasciasseall'altro dopo di lui tutto quel po' po' di aggiornamento che laChiesa richiedeva urgentemente. Al terzo scrutinio rimase elettoGiuseppe Roncalli, che prese il nome che nessuno s'aspettava,Giovanni XXIII. Monsignor Domenico Tardini, che di lui aveva pocastima e ora se lo trova Papa, s'aspetta un sicuro siluro; inveceRoncalli lo crea cardinale e lo fa suo segretario di Stato. Dalle sue prime apparizioni Giovanni XXIII si rivelò al mondoquel vero profeta che era: radicato nel proprio tempo. Stimolato,illuminato e nutrito dalle ricchezze storiche del passato,prepara e apre il Concilio Vaticano II, di cui previde leaperture e le realizzazioni. Federico il Grande in una lettera a Voltaire sentenziò: «Suamaestà il Caso fa i tre quarti del lavoro in questo miserabilemondo». Questa volta però fu il Signore a fare i quattro quarti aRoncalli.

Il bucato del passato. Due monsignori fra loro molto amici - uno italiano e unoamericano - lavoravano in segreteria di Stato d'amore e d'accordonella stessa stanza. Agli inizi degli anni Sessanta, acquistato

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoun appartamento, decisero di andare ad abitarvi insieme,ugualmente d'amore e d'accordo, con una perpetua che li accudivaentrambi. Il monsignore americano, si era lasciato adescare da dosi didroghe leggere, in seguito divenute pesantucce. L'amicomonsignore italiano cercava di dissuaderlo, tenendolo a bada. Maper queste cose, altro è promettere e altro è non farlo più. Aperiodi sempre più frequenti il prelato americano lo trovavanoaccasciato alle fermate dei bus, che si sentiva male, e quand'erain sé si faceva accompagnare a casa; altre volte loraccoglievano svenuto e lo portavano al pronto soccorso, da dovel'amico prelato italiano lo requisiva in tutta fretta, portandoloin una privatissima clinica di fiducia, dove il suo nome nonrisultava mai registrato. In ufficio l'italiano diceva che l'amico americano era partitoa casa per malattia di un parente, ai conoscenti del palazzodiceva che stava fuori ufficio per missione secreta, e così lacosa andava avanti nel più stretto riserbo. Ma non erano pochiquelli che dubitavano di queste assenze improvvise. Quando la mattina il monsignore italiano andava a dir Messa in unistituto religioso, il monsignore americano rimaneva a celebrarela sua in casa. Spesso la dose di droga fino al mattino non eraancora smaltita e quella liturgia domestica, più che per lui,diventava penosa per chi vi assisteva: in un dormiveglia pesante,eruttava di sopra e di sotto, saltava spesso i più importantimomenti sacri, persino la stessa consacrazione. Nonostante alcune lettere "amatoriali" scritte dal prelatoamericano a un'amica e apparse sulla stampa, poiché il suo nomerisultava iscritto nel libro bianco dell'Ufficio del personale,il potente monsignore italiano seppe talmente perorare la causapropria e quella dell'amico che non solo lui ma anche l'amicofurono fatti nunzi, giungendo a calpestare nunziature benprestigiose. Morto il monsignore italiano, l'amico americano godetuttora onoratamente la pensione ambasciatori al e. Dunque, in segreteria di Stato il passato degli accreditati allacarriera di nunzi viene lavato al bucato più smagliante e bianco,che più bianco non si può. Si torna al biancore della stolabattesimale. Del resto, lo sporco quando non va via non lo sipubblicizza; e tutto torna pulito. Sui preconizzati è vietato assumere informazioni, ritenutesuperflue in quanto il loro passato è cenere. Tuttavia, ilsegnalato non avrebbe futuro se i fumi del passato noncontinuassero ad ardere come brace sotto la cenere.

7.

IL DICASTERO DOVE S'ARROTANO I VESCOVI.

La curia romana postconciliare s'è vestita d'internazionalità,come fosse una scoperta nuova di zecca. In altri tempi la sichiamava esterofilia. Essa è stata sempre internazionale, aivertici e alla base, cioè cattolica. Con la differenza che primasia gli italiani, gente dalle ampie vedute e dalle prospettivecosmopolitiche, e sia quelli provenienti dall'estero,cominciavano il noviziato dalla gavetta. Gli esteri moderni, invece, non amano fare più l'intero percorsoe puntano ai posti di alto prestigio e di comando bruciando letappe e, da inesperti quali sono, lasciano a dipanare le loromatasse a quell'ottanta per cento di ottimi e santi officialinascosti nell'anonimato, dei quali si è parlato all'inizio e cheGiovanni Paolo I definì «il congegno indispensabile dell'orologioche sa indicare l'ora giusta nella storia della Chiesa». Ilrimedio si sta rivelando peggiore del male, un bluff. I nuovi superiori stranieri, i polacchi tra i primi, convintid'essere esperti conoscitori di un bel niente, per comandare silasciano manovrare dai loro monsignorotti segretari factotum chela fanno da padroni. Il solito reame di vassalli agli ordini deisignorotti prelati di turno che al comando arrivano quasi sempre

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoimpreparati e sclerotici, condotti a guinzaglio dai lorotirapiedi. Così, l'ultimo portaborse arrivato usa e abusa del suosuperiore anche per fatti di capitale importanza, non solo supromozioni ma persino su radiazioni dal posto. Tutti sanno che la Chiesa è di Cristo, ma Dio l'affitta aicoraggiosi. Allora da arrivisti eccoli pronti a prenderne ilpossesso enfiteutico per dissodarla a modo loro, vita naturaldurante.

Eccellende, Eccellenze e Eccelladre. Dopo la segreteria di Stato, il dicastero-chiave di curia, giàfeudo assoluto del cardinale Sebastiano Baggio, è per l'appuntola congregazione che fa nominare i vescovi al Papa - si fa perdire, considerato che il Pontefice sigla soltanto il primo nome,quando c'è la terna, e il tutto viene già concordato daicapicordata. Dunque, è un dicastero di massima importanza, puntostrategico del potere della Chiesa; principalmente ora che colSinodo dei Vescovi si tende a sottrarre al Papa quanta piùpotestà possibile, almeno in Occidente con i latini. Stando al metodo attualmente in vigore, per giungereall'episcopato i promossi possono classificarsi nelle seguenticategorie: a) le Eccellende, titolo riferito a personalità ecclesiasticheveramente di spicco per santità di vita e per qualità di studio edi ministero pastorale; sacerdoti all'altezza dell'episcopato,murati in lauree diocesane o curiali, considerati in eccedenzadal proprio superiore di mezza tacca; uomini dai più ritenutisanti, benché scartati: oppure perché hanno rifiutato la nominaper non stimarsi all'altezza; b) le Eccellenze, cioè quei dignitari che si trovano a esserevescovi benché poco o nulla abbiano fatto per procurarsi lanomina, lista molto breve; molti di questi hanno persino lamodestia di non ritenersi pari al compito loro affidato; e) infine il lungo elenco delle Eccelladre, benemerenza acquisitadal furtivo modo di procurarsi la dignità ecclesiastica, a colpidi do-ut-des: amichevoli attenzioni a chi sta in auge,interessate donazioni prelatizie, ammiccamenti e prestazionid'ogni tipo, croci d'oro in ricorrenze genetliache, e persinopregiati vassoi a sbalzo per influenti amici dell'amico. Questisono tronfi e fieri d'esserci arrivati, quomodocumque, a ognicosto e non importa il modo. Anche a forza persino di furgonizeppi di provviste per l'intercessione di Padre Pio, grazie aiquali giunge, come acqua di maggio, la promozione a vescovo, siapure a scoppio molto ritardato. Le eccellenze e le eminenze sono escrescenze bubboniche sulsecolare albero spoglio della vera Chiesa di Cristo. Quando essidicono di non avere fatto nulla per ottenere la promozione,all'ascoltatore inoculano il dubbio che altri invece disotterfugio possono e fanno sempre qualcosa per ottenerla.Soltanto a essi è giunta inaspettata, come una tegola tra capo ecollo, la nomina episcopale, che accettano solo per sottoporsialla volontà di Dio; ma a forza di imbrogli e sotterfugi non puòche essere soltanto dolosamente permissiva. Nel contempo il dignitario promovente s'affanna da parte sua aconvincere che egli «scuote sempre le mani per non accettareregali»: se di poco conto, mormora chi ben lo conosce. Ovviamentesono paradossi dell'ambiente, dove i pregiudizi dei malpensantivengono confermati dai fatti susseguenti. Ben pochi in questo lasso di tempo postconciliare sono i premiatiper veri valori al merito personale: la maggioranza vienepromossa per lampanti intrallazzi e prestazioni di vario genere.

Tante mitre senza teste La fucina naturale dove prima del Concilio Vaticano II avvenivala gestazione e la nascita di un vescovo era appunto laCongregazione dei vescovi, affiancata per i Paesi di missione daldicastero per la propagazione della fede, relativamente al ritolatino. Quelli delle Chiese orientali hanno un altro ordinamento

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoda osservare, non alieno da imbrogli e connivenze. Ebbene, da dopo il Concilio Vaticano II l'arrotatura deicandidati all'episcopato avviene in due momenti e su due livelliconsecutivi, ovverossia: presso le singole conferenze episcopali,sia nazionali che regionali, d'intesa con il giudizio conclusivodel nunzio apostolico del Paese; dopo di che la pratica passapresso il dicastero di competenza a Roma, che esamina se nullaosta di grave sui nomi della terna dei candidati, da portareall'approvazione del sommo Pontefice. La nuova disposizione postconciliare in vigore sta rivelando isuoi lati deboli su possibili obrezioni, subrezioni esubornazioni, cioè falsando o tacendo il vero sul candidato chesi vuole o non si vuole promuovere. Le interferenze hanno bisognodi essere meglio delimitate e controllate. Con questa nuova normativa, il palleggio delle responsabilitàtra conferenza episcopale, nunzio e dicastero romano s'intrecciaspesso con disinvolta abilità. Specialmente di fronte a certiepiscopati nazionali, gelosi della propria autonoma indipendenzae garantisti di ogni loro scelta, i nunzi s'inducono a lavarsenele mani per non rovinarsi il resto della carriera, esattamentenei casi in cui la verità sul candidato, proposto da certivescovi, si rivelasse diversa. Da una trentina d'anni, quindi, la Chiesa si trova a scegliere ivescovi che si merita, con tante mitre in giro senza teste,prolungamento del vuoto e coperchio alla sottostante presunzione;e accantona nel dimenticatoio tante teste senza mitre. La questione della nomina dei vescovi richiede di essere rivistae perfezionata, perché divenga una condivisione partecipataall'intera Chiesa, non soltanto gerarchica. Di diritto divino èsolo porre un vescovo a ogni Chiesa locale; la maniera perscegliere i vescovi è di diritto umano ecclesiastico, cheattraverso i secoli ha preso diverse forme giuridichenell'esercitarla. Fino al 1829 la politica della Santa Sede eradi lasciare la nomina del vescovo per una diocesi vacante aivescovi della regione circostante. Alla morte di Leone XII (1823-29), dei 646 vescovi diocesani soltanto 24 erano direttamentenominati dalla Santa Sede, fuori dello Stato pontificio; ecodeste nomine dirette erano dovute per lo più alle difficoltà dicerte nazioni come l'Albania, la Grecia e la Russia. Attualmente, al Papa non si riferisce tutto, ma solo laconclusione sul preferito, che è quasi sempre il primo candidatodella terna. Sulla carta quel candidato è descritto al megliodella perfezione, anche se a conti fatti lo è molto meno opeggiore. Come già detto, le pratiche portate al Papa sono ditale mole e spessore che egli non può avere il tempo materiale,apposta tenutogli limitatissimo, perché le possa esaminare almenoper sommi capi. Dovendosi fidare ciecamente, appone soltanto lasigla e la data, e questo è considerato consenso del Ponteficealla nomina del neo-eletto vescovo. Certamente, troppo poco perassicurarsi se l'eletto sia all'altezza o meno del compito che sidesidera affidargli, o in diocesi o presso la curia romana. Menche meno per accertarsi se il promovendo faccia o no parte diqualche loggia massonica o di qualche altra affiliazione a coschemalavitose. Non è esatto dire che il Papa decide. Quel tanto di siglato èsufficiente soltanto per i furbi perché lo impongano qualecodicillo dogmatico agganciato all'infallibilità papale. Come puòil Papa assolvere con efficacia, sia pure approssimativamente, aidovuti controlli delle cinquemila nomine di vescovi? Egli nonpotrà fare altro che decidere di fidarsi. Nascono cosìconcentrazioni malsane di potere in un gonfiato apparatocentralistico, diretto da clan di prelati, spesso non dei migliori.L'informazione allora è credibile quando è autorevole, al disopra delle parti, non tendenziosa; altrimenti, s'avvicinapiuttosto all'imbroglio e alla corruttela. Pio XI, papa Ratti, terrore del duce Mussolini, per la nomina deivescovi assumeva informazioni da altri canali prima di darne ilconsenso. A un eminentissimo che tornava a declamare le ottime

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoqualità del suo protetto che voleva vescovo a ogni costo, quelforte Papa con arguzia e coraggio disse: «Signor cardinale, nullada eccepire sul suo candidato, se chi lo presenta non fosse cosìinteressato come vostra eminenza dimostra!». L'amplissima visuale del dicastero, prima del Vaticano II, era ingrado di stare al di sopra delle parti e riuscire a trovarepersonalità e qualificati soggetti per le varie competenze inseno alla Chiesa. Eccellenti personalità all'altezza del compitoerano così destinate al governo delle diocesi o della curia.Basti pensare alle nobili e sante figure dell'episcopato italianoed europeo degli ultimi decenni del secolo scorso e dei primi diquesto secolo, molti dei quali sono stati elevati agli onoridegli altari, o lo sono tuttora in predicato. In quest'ultimo decennio si segnala una inversione di tendenza ariguardo. Ad esempio, l'episcopato di Francia già nel 1984 con unneologismo azzeccato, "recentrage" ("ricentraggio"), invitava afar ritorno, come prima, sia alla centralità di Roma, sia aquella del vescovo con la sua diocesi. Attualmente, la visuale sirestringe egoisticamente nell'ambito territoriale, dove ciascunaconferenza episcopale, spesso regionale -come in Italia, Spagna,Francia, America latina - porta avanti le sue preferenze, presequasi tutte dal bouquet dei loro preferiti. La maggior parte delle scelte si rivela quasi sempreinteressata e concorrenziale. Chi non sa che il segretarioautista del vescovo diocesano ha un'alta percentuale diprobabilità sugli altri per concentrare su di sé la promozioneall'episcopato? E in genere è sempre il giovane sacerdoteambiziosetto a offrirsi al vescovo per fargli da autista-segretario-factotum, pronosticandosi una futura riconoscenza delprelato vescovo, così a lungo benservito. In ogni conferenza episcopale, assemblea disomogenea edisamalgamata, difficilmente i vescovi ivi presenti contestano icandidati, per timore d'essere ritenuti minoranza. Quando sipassa al voto di routine, è solo una formalità di rito. Il votosul segnalato, che il più delle volte non si conosce, è donato infede del vescovo che lo propone, sottinteso come scambio direstituzione di voto al precedente favore offerto per promuovereil preferito dell'altro. Dunque la cernita di eventuali candidati avviene quasifiduciariamente, in verbo tuo: non i degni, non i santi uominischivi da esibizionismi deteriori, ma il bramoso di successo e dipotere si pone in dirittura d'arrivo verso mete superiori.Difficilmente una personalità di cultura e di santa vitatrascende col suo vescovo a questi compromessi, benché sappia checosì facendo le possibilità di una sua promozione è minima, anzinulla. Quando il vescovo si serve fin troppo di un cotale sacerdotefactotum, è ovvio e naturale che poi detto servitore possacondizionare il suo superiore per i suoi premeditati fini. Dopodieci-quindici anni di tale simbiotica prestazione interessata,non è più facile al vescovo scaricarlo senza adeguatariconoscente ricompensa. E se fa lo gnorri, glielo ricorda primalarvatamente e poi a chiare note lo stesso prestatore deiservigi. A uno smemorato cardinale prefetto, che si era portato da fuoriorganico il suo segretario particolare, questi gli ricordava illungo servizio alle sue costole rimasto senza adeguataricompensa, se non altro con una nomina vescovile. Forse ilcardinale ci aveva pure provato, ma invano, dati i precedenti delsuo servente. Quando l'imbarazzato porporato gli disse che certemete non dovevano essere ambite, di rimando senza peli sullalingua il monsignore ricordò al vanesio cardinale di estrazionereligiosa che quando la nomina a vescovo e a cardinale per luitardava, egli rasentò l'infarto per l'ansiosa attesa, e toccòproprio a lui calmarlo, esortandolo ad avere ancora pazienza efiducia nel Papa. Da quel pulpito, ora, non gli veniva affattogradita la predica. A volte però succede che la fredda indifferenza del potente getta

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I Millenari - Via col vento in Vaticanovia lo strumento, che non gli serve più, e nel liberarsi da ogniobbligo di riconoscenza trova la maniera di mettere dalla partedel torto chi fin'allora l'ha servito a scopo ben preciso.Situazione inversamente imbarazzante. Da una conversazione telefonica tra due vescovi primad'incontrarsi il giorno appresso in conferenza si riporta:«Eccellenza, si ricorda che l'ultima volta mi chiese diappoggiarla nella votazione del suo candidato? Questa voltavorrei pregarla di fare altrettanto per il mio bravo segretario,che è un ottimo soggetto da raccomandare all'episcopato. Da circaquindici anni mi serve anche da autista e posso far fede sullasua incondizionata disponibilità a servizio della Chiesa [che ilvescovo riteneva di impersonare, ndr«... Lei, Eccellenza, puòcomprendere che tali sacerdoti vanno pure premiati per tanta lorodedizione al vescovo. Pensi lei, se avessi dovuto servirmi di unlaico per la stessa durata! Quanto risparmio per la diocesi». Chiera presente alla conversazione telefonica tra sé commentava:«Ogni servizio ha un suo costo!». E' un gioco d'aggiotaggio e riciclaggio di voti di scambioancor prima che i vescovi s'incontrino in sede di conferenzaepiscopale per conteggiare i punti sul favorito; altrimenti, sidesiste in attesa di riproporlo ad altra occasione più propizia.Certi vertici di conferenze episcopali in materia risultanospesso precostituiti e frettolosi. Per sommi capi. Ancor piùpressanti e condizionanti si rivelano gli intrighi di certireligiosi disposti a vendersi l'anima pur di avere dalla loroparte la propria curia generalizia o provincializia e tutti gliappoggi possibili e immaginabili di ogni settore legittimo eillegittimo, etico e inetico. Certuni religiosi, rotti a ognievento, si buttano a capofitto, sapendo di non aver nient'altroda perdere, avendo forse già smarrito tutto. Come altrove constatato, le informazioni vengono abilmentepilotate al punto da guidare i tiratori scelti a far dire loroesattamente quello che si vuole per i propri scopi. Poi, da talinotizie così acconciate si spulcia solo quel tanto sufficiente apromuovere, oppure a bocciarne la candidatura. Un cocktail dimezze verità e mezze bugie, sufficiente a promuovere i menodegni, oppure a epurare persino le più brillanti menti epersonalità di spicco. Nessuna indagine seria varrebbe a sfatare il venticellodiffamante dei se e dei ma, sia prò che contro. Sono ormai pochia ritenere siffatte cognizioni tendenziose, difficilmente al disopra delle parti, autorevolmente credibili e affidabili. Leinformazioni sugli episcopabili sono precotte al punto giusto, egli appunti, predisposti dagli esperti addetti alla pratica,vengono recitati dal relatore agli altri membri del dicastero odelle rispettive conferenze episcopali, che supinamente neprendono atto. Che valore dare a certe votazioni che avvengono sia nell'ambitodi questi dicasteri che fanno i vescovi e sia presso le singoleconferenze episcopali o similari? Hanno una valenza specifica darenderle credibili? I partecipanti possono considerarsi tutticoscienti delle responsabilità che si assumono? Gli interrogativisono gravi e richiedono un'autorevole risposta, altrettantoadeguata alla gravità dell'assunto. Secondo il cardinale Joseph Ratzinger, la verità può solo esseretrovata, ma non prodotta da una votazione. Sarebbe comesostituire il potere della verità con la verità del potere.L'unanimità dei votanti non può produrre o costituire la verità,ma dovrebbe essere soltanto la testimonianza di averla indicata.Chiarito questo punto, ne consegue che una conferenza episcopalenon può votare sulla verità di qualche cosa, quasi che grazie alloro voto l'inverosimile diventerebbe concretamente everosimilmente accreditabile. In molte conferenze episcopali, lo spirito di gruppo, magari lavolontà di quieto vivere, o addirittura il conformismo,trascinano la maggioranza ad accettare le posizioni di minoranzeintraprendenti, determinate ad andare verso precise direzioni

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoprecostituite. La maggioranza amorfa s'adegua a unanimitàfittizia intorno a parole polivalenti nel modo e nel senso piùdisparato, quasi a dire: noi non speriamo in quello che votiamo,ma votiamo avendo come criterio quello che voi, minoranza,sperate. State certi che a codesta amorfa maggioranza non salteràmai in mente di trastullarsi al gioco dei franchi tiratori: cimancherebbe altro di farsi nemici i potenti del clan, sia pureminoritario ! E Ratzinger, su questa complicità del silenzio, continua:«Conosco vescovi che confessano in privato che avrebbero decisodiversamente da quanto fatto in conferenza, se avessero dovutodecidere da soli. Essi, accettando la legge del gruppo, hannoevitato la fatica di apparire e passare per "guastafeste", per"attardati", per "poco aperti"... Sembra molto bello decideresempre "insieme". Ma quante volte questo modo d'insieme peròrischia di perdersi lo "scandalo" e la "follia" del Vangelo, quel"sale" e quel "lievito" oggi più che mai indispensabili perché unvescovo, investito di responsabilità precise verso la Chiesa deifedeli, sia la persona esatta e giusta a risolvere la gravitàdelle crisi ricorrenti». In altre occasioni si assiste al dato di fatto di svariativescovi che condividono le stesse mire di certi loro sacerdotidalle indomabili ambizioni, che per assecondarli e portarli abuon fine spesso li inviano a Roma a laurearsi presso qualcheuniversità pontificia, in vista di ottenere poi un punteggio inpiù a favore del proprio candidato, quando verrà il turno perproporlo. Mark Twain colpiva nel segno, scrivendo: «Il cavolfiorealtro non è che la verza che ha studiato a Harvard». Certebottiglie vuote atturacciate in Roma, ce le vedremo mitrate dalvoto passato in conferenza, tanto segreto da stabilirlo già atavolino o al desco o al telefono. Sia nel promovendo che nelproponendo l'appetibilità, la corsa, le preferenze, le scelteconcorrono di pari passo.

Al mercato dei monsignori. In un collegio romano tutto spesato, dall'India tre sacerdotiamici per la pelle condividevano studi e appetiti anche erotici.Intorno alle tre di notte si davano la sveglia per assistere atrasmissioni televisive omo-etero-sessuali bien osé, appuntandosianche i vari recapiti d'incontri, oltre ai loro reciproci scambid'amicizie particolari. Spiati e seguiti da un lorocorreligionario, costui si riservava il diritto dichiacchierarli, ma senza mai denunciarli a chi di dovere. Una volta ritornati in patria, due di loro sono diventati subitobaby-vescovi ausiliari e poi diocesani; il terzo, religioso, haatteso qualche anno in più. Nessuno finora ha avuto tanto daridire sulla loro condotta pastorale; si bisbiglia alquanto sullabenevolenza che riservano a dei giovani chierici compiacenti. Un religioso, malato di episcopite acuta, si fece nominareamministratore apostolico di una comunità di un centinaio dicattolici in un Paese islamico. La frenesia rasentava ilpatologico e il servilismo s'accoppiava generosamente a ognidonativo pecuniario di corruttela. Neanche lui sapeva piùdistinguersi dove fosse il genuino e dove il finto di se stesso.Per ostentare pietismo, iniziava dal proboscitare all'ingiù illabbro inferiore, dalla cui semovenza a ventilabro biascicavainarticolati sibili, ostentando un rosario dondolante. Per sei volte la sua candidatura fu bocciata dai cardinali incongresso, fino a vietarne la riproposizione. Ma, morto il primoe il secondo Papa, quindici giorni dopo l'elezione del nuovo, disotterfugio sottopongono all'augusta sigla il nome di dettoreligioso, senza una terna. Del tranello il Papa venne informato,ma i suoi protettori lo difesero a spada tratta, facendone uncaso diplomatico col governo di quel Paese. Una volta vescovo, l'aria non gli confaceva più; si fececertificare la necessità di tornare in qualche diocesi in patriao santuario pontificio, data la sua spiccata devozione mariana.Lo fecero canonico di Santa Maria Maggiore, benché sapesse di

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I Millenari - Via col vento in Vaticanotroppa clausura a lui che era l'esponenza personificata. Pensa e ripensa ed ecco il lampo geniale: farsi promotore di unasottoscrizione di firme di vescovi di tutto il mondo al Papa perchiedere la definizione del dogma di Maria mediatrice. Comincia icontatti con i presidenti delle conferenze episcopali eovviamente l'incetta di relative raccolte di offerte. Gliinterpellati chiedono l'avviso di Roma, che chiama l'interessatoe lo interdice dal proseguire nell'iniziativa. Non sempre tutti iventi soffiano a favore. Tutti i segretari personali e gli addetti alle pubblicherelazioni del cardinale Achille Silvestrini hanno fatto finorabuona carriera, ricompensati a dovere con la dignità vescovile ealtri incarichi di sommo prestigio, che preludono al meglio.L'attuale segretario particolare spera nella clemenza del padroneper arrivarci in tempo, prima del letargo nella sacra dormienza,di cui l'eminentissimo gode i benefici effetti rilassanti. Ilbuon Dio gli ha fatto prima la testa, ma accortosi ch'era venutamale l'ha surrogata di capelli. Quei suoi pupilli, facendosi servi inutili di tanta eminenza-emittenza, con la massima sicurezza sono riusciti a puntare sulcavallo vincente. E sono di fatto tutti vescovi, nunzi edignitarii di curia. Lo Spirito Santo avrà suggerito loro qualecavallo fosse quello giusto per la cavalcata trionfale. Nelle pagine qui dedicate alle tesi di laurea truffaldine, sifarà cenno alla promozione di un segretario personale di dettocardinal Silvestrini, che impiastricciò una farsa di processoinformativo, d'accordo con gli altri della grappolata, teso astrappare al Papa la sigla con cui veniva conclamato arcivescovoper meriti di ruffianeria correntizia (6). Al quale suosegretario il cardinale-protettore dava pure a sperare di farlopresto tornare in qualche dicastero di curia, fosse anche quelloper la pastorizia sanitaria. Si scoprì che al protetto silvestrino era stata affibbiata unalaurea di falsa giurisprudenza, discutendo una tesi che lui nonaveva neanche letta. Non è commedia quello che qui si riferisce:è verità sacrosanta. I dignitari di curia fanno come i ragazzi citati da Bachaumontal Parlamento francese, i quali fingendo di giocare alla frondalanciavano sassi alle guardie che cercavano di impedirli. Perguardie qui sono gli altri impiegati, aventi diritti acquisiti avari titoli. Quando il prefetto di un dicastero considera l'ufficio come feudoaggiudicato a sé, allora le scelte arbitrarie e i palesi soprusisi fanno insindacabili e impunibili. Anche qui va bene riferireSan Bernardo: «L'impunità provoca la temerarietà e questa apre lavia a ogni eccesso». Un monsignore impiegato sapeva che per certe sue avventureamorose i vescovi del suo Paese lo escludevano sistematicamentedal proporlo all'episcopato; lui, stando in curia a Roma, ne eraal corrente. Con molta abilità giocava su tutte le ruote consfrontatezza e senza alcun ritegno: cardinali, ambasciatori,politici, con cene e pranzi a casa sua, dove intervenivano le piùalte autorità vaticane per incontrarsi con quelle estere. A fineconvito li invitava a firmare il registro domestico perchéprendessero visione anche di quelli che li avevano preceduti.Dagli oggi e dagli domani, il parto avvenne così. Stabilì un'udienza dell'ambasciatore presso la Santa Sede col suocapodicastero, che aveva il debole di raggirare la curia e lostesso Pontefice. Il diplomatico gli parlò del monsignore, chenon era bene fosse lasciato ulteriormente ad attenderel'episcopato. Il porporato promise all'ambasciatore che quantoprima sarebbe stato nominato vescovo. Il diplomatico lo riferìprontamente al monsignore per calmarne le ansie. In quei giorni giungeva da quel Paese la lista dei nomi dicandidati eletti vescovi. Ovviamente quello del monsignore nonc'era. Il capodicastero in tre giorni mette su un farsescoprocesso informativo chiedendo a tre suoi amici vescovi di dareottime referenze sul promovendo. Uno di questi, che prima lo

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoaveva avversato, come argomento decisivo per la promozioneaddusse il fatto che una volta si sarebbe sparsa voce che dettomonsignore fosse stato nominato vescovo di una diocesi del suoPaese e che le campane del suo villaggio avrebbero erratamentesuonato a festa; quindi per logica convenienza occorreva farlovescovo. Soltanto che il racconto non poteva riferirsi a lui, inquanto all'epoca del fatto l'interessato non era ancorasacerdote. Che serietà di informazioni! Fatto sta che, nonostante le reticenze sulla condotta, si creò disana pianta un nuovo ufficio d'ispezione e senza la debita terna,il porporato subintrodusse al Papa, unitamente agli altricanonicamente eletti, anche il monsignore, che così arrivòfurtivamente al consenso pontificio per il suo episcopato. Ma fu un vero disastro, perché il neo-vescovo cominciò a darenumerosi grattacapi e fastidi a quel protettore. Una gaffe cheritorceva rimprovero al porporato per i gravi intrighi di quelpromosso vescovo. Ultimamente, vistosi non assecondato sultrasferimento ad altra importante arcidiocesi, il vescovo-disastro sobillava alcuni preti di quel clero a sottoscrivere unapetizione, dove si rigettava il candidato eletto in sinodo e sioptava per lui. La nomina restò ferma per tre mesi, ma non laspuntò. Egli non sarà mai sereno, perché la serenità nasce nondal possesso, ma dal dono. S'aggirava in segreteria di Stato e nei dicasteri che piùcontano un impiccione monsignore francocorsaro, che non erariuscito a intrufolarsi in qualche posto importante di curia. Ilsuo sgonnellare negli uffici, al fine di appurare nomi e secretisui possibili candidati da riferire ai rispettivi ambasciatori eda questi ai governi, era visto con indignazione tanto da esserediffidato. Ma lui tornava all'attacco, facendo intervenire le piùalte autorità politiche del suo Paese, sollecitate da suofratello deputato della regione. Finalmente, alle soglie della settantina, costui la spuntafacendosi nominare vice-presidente del pontificio Consiglio perla famiglia, affiancato al capo dicastero, per l'occasionepropresidente: circonlocuzioni di cifrati in codice. A questo capo un amico scrisse: «La notizia di tanto suocollaboratore ha esilarato i palazzi vaticani, lasciando distucco quanti conoscevano l'eletto, nei cui confronti sicantavano lodi e collodi, che ben se le meritava tutte. Icommenti si sposavano a stupore. Il vezzo di farlovicepresidente, dov'è già un prò-presidente, se non è visto comeun cuneo, almeno lo s'interpreta per un po' di troppo. L'elettofu anche di casa nostra, ma gli fu impedito di farvi il nido.Qualcuno interpreta la competenza sua a codesto ufficio giustoper il suo destreggiarsi tra pettegolezzi e intrallazzi difamiglie blasonate, dove continuerà a sgonnellare da espertocorsaro. La Chiesa è assimilata a una diligenza: chi sta incassetta continuerà a tenerne le briglie; i fortunati chiusidentro in berlina; i vinti sul ciglio di strada; e il nocchiero,lo sguardo fisso all'orizzonte, sembra non turbarsi dell'acquache la nave imbarca nella stiva: la farà defluire il Signore». Un ciclotimico sottosegretario, soggetto a sbalzi di temperaturaeuforica o depressiva da renderlo incontenibile e fastidioso, eraconosciuto dentro l'ufficio Vaticano e fuori per la sua venalitàverso ogni sorta di corruzione, fino a spingersi in indebitiacquisti di false icone russe, pagate dal dicastero perautentiche. Un anziano parroco statunitense s'era reso conto del debole dicui s'avvalgono molti prelati di curia in fatto di regali ecompensi. Aveva passato l'intera sua vita a rendersi utilecorrompendo monsignori curialisti e prelati del suo Paese, senzarisparmio ma neppure senza risultati. Siccome gli anni passavano,egli se li toglieva dall'anagrafe, aggiornandosela. Il suo arrivo a Roma sembrava quello di Babbo Natale: unsaliscendi di visite ai più influenti, e inviti a pranzi e cenenei più costosi ristoranti della capitale. Finché uno di questipropose la sua candidatura a vescovo, nonostante l'età, 72 anni,

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoconvincendo i dubbiosi col dire che un po' di Spirito Santo nonfa male a nessuno e non lo si nega mai. Così, in quattro equattr'otto fu investito di infule episcopali negli anni Settanta. Fu uno scandalo per tutti i sacerdoti e i fedeli di quelladiocesi e limitrofe. Sperperò enormi somme in vari milioni didollari; furono venduti diversi beni diocesani da lui ipotecati,tra cui gli stessi edifici del vescovado e della cattedrale.Quando morì, si seppe che li aveva passati alla figlia naturale,che non smise mai di ricattarlo vergognosamente fin sul letto dimorte. Questo vescovo, corrotto e corruttore, imbottì di dollari ilnostro rufo sottosegretario, perché interponesse i buoni ufficinel non far accettare dal Papa le sue dimissioni per raggiuntilimiti d'età. Già minato di cancro, ottenne solo d'esser lasciatofino all'arrivo del suo successore. Detto sottosegretario, così generosamente remunerato, di nascostodel cardinale ordinò all'incaricato di nunziatura del Paese discrivere a tutti che quel vescovo non tornava da dimissionato, mareintegrato in pieno di tutti i poteri di vescovo nella suadiocesi. Mentiva, sapendo di affermare il contrario delladecisione pontificia. Venuto a conoscenza dell'accaduto per vie traverse, il cardinaleprefetto chiamò il sottosegretario e gli sottopose fotocopia delsuo scritto a mano, chiedendogli di giustificarsi; il che nonpoté fare. Allora il porporato gli intimò: «Monsignore, se leitradisce così le decisioni del Papa, le dico che qui per uno dinoi due non c'è più posto: o lei, o io in ufficio!». Per tutta risposta il sottosegretario va a piangere al terzolivello della loggia vaticana e a chiedere come si dovevacomportare. Per un povero addetto di categoria inferiore lasoluzione sarebbe stata semplicissima: la destituzione o iltrasferimento a ufficio inferiore. A quel prelato invece ilrimedio fu la promozione. Il terzo in autorità consigliò ditrovarsi un qualche nunzio o segretario di curia che scrivesse alPapa presentandolo come un possibile, ottimo e impareggiabilenunzio; una volta passata la lettera nelle sue mani, avrebbeconseguito l'esito pattuito. Quel sottosegretario, benché denunciato come insubordinato alledecisioni del Papa, divenne nunzio in un Paese dell'est, doverimase poco tempo, subito rimosso per le troppe malversazioni edicerie. Chi sale troppo in alto cade repente,precipitevolissimevolmente; tuttavia sempre con le zampe perterra. Un monsignore, impiegato nel dicastero dove per l'appuntos'arrotano i vescovi, sebbene del tutto incompetente ad arrotareed essere arrotato, aveva però a suo vantaggio d'essere nipote diun vescovo intraprendente; aveva quindi un elevato punteggio insuo favore. Benché limitato e timido, sapeva cattivarsi labenevolenza dei superiori. A causa del temperamento inceppato, amava arroccarsi sottol'ombrello protettivo di qualche comunità di suore, ricevendopremurose attenzioni da parte della superiora. La cosa davanell'occhio e il Vicariato lo invitava a trovarsi un'altracappellania. Approdato in altra comunità di suore e avendo avutoda un prelato del suddetto ufficio la stessa ingiunzioned'allontanarsi da quest'altra superiora, il furbo monsignore capìche si stava giocando la carriera. Ai primi degli anni Ottanta decise di chiedere un annod'aspettativa dall'ufficio per andare a fare l'esperienzaapostolica quale missionario in Kenia. Così, invece di unosmacco, l'allontanamento dalle religiose si trasformò inoccasione di merito compensativo. Non vi rimase che due tre mesi. Raggiunto dalla religiosa in gransecreto, che una foto galeotta svelò ritratta col prelatomissionante in Africa, ovviamente per il clima non confacente daquesta si fece convincere a tornarsene in ufficio romano, conall'attivo il punteggio di quella esperienza missionaria.Frattanto si faceva vacante il posto di sottosegretario nello

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I Millenari - Via col vento in Vaticanostesso dicastero, che per precedenza d'ufficio spettava a un suocoetaneo. Ma perdere tale incarico significava giocarsi la corsa.Lui e lo zio vescovo si mossero in abile sincronia. Mezz'ora prima che scadesse il secreto pontificio, al monsignorecui spettava la nomina il prefetto del dicastero disse che perlui, nonostante la claudicanza, era in serbo l'incarico a vescovodiocesano, puntualmente avvenuta un mese dopo; mentre perl'altro, a compenso della sua missionarietà, dalla radio vaticanaa mezzogiorno veniva declamata la nomina appunto asottosegretario. Il claudicante fece buon viso a cattivo gioco. La notizia non riuscì gradita a nessuno per mancanza di materiagrigia nel cervello del promosso. Tanto che a quel posto rimasesolo qualche annetto, perché all'inetto neo-sottosegretario fuofferto l'incarico di vescovo in una diocesetta di periferia, purdi liberare il dicastero. Vento che va, vento che viene! Così, un altro monsignore, nipote anch'egli di vescovo da tempodefunto, brigò negli ambienti romani per farsi nominareamministratore pontificio dell'ospedale "Casa Sollievo dellaSofferenza" in San Giovanni Rotondo, quando venne a morte ilsanto religioso stimmatizzato, Padre Pio. Gli anni passavano, manessuno pensava a farlo vescovo. Lui si affacciava moltofrequentemente negli ambienti vaticani, ma lo ignoravano. Capìche ci voleva qualcosa di più sostanzioso e attaccò coi donativiadatti a ungere le ruote vaticane. Caricava, zeppi di ogni ben di Dio, eleganti furgoni messi adisposizione da quella casa che si rivelava effettivamente dimolto sollievo e si portava di persona a scaricarli or da questoor da quel cardinale e anche presso dignitari dei più influentiin curia, perché prendessero in considerazione il suo caso, giàai limiti dell'età canonica per farlo vescovo. Ormai era notonegli ambienti vaticani l'arrivo sistematico dei furgoni-sollievodella divina provvidenza, a spese di Padre Pio. Dicevano icattivi: sono arrivati i cammelli del re magio con i doni perniente simbolici di oro incenso mirra e companatico, offerti aglidèi protettori. Uno di questi suoi protettori di curia romana, porporato moltoforaggiato dal benefico sollievo, a un curiale che gli ricordavala passata età canonica del generoso monsignore, ormai fuoricorsa per diventare vescovo, l'interruppe a metà, affrettandosi arettificare che non era affatto in ritardo e che presto sisarebbe sentito qualcosa su di lui. Mammona si faceva profeta. Conoscendolo sensibile e venale ai donativi e considerando che lasimonia non è mai stata un serio reato canonico, oggi peggio chemai, quell'aspirante all'episcopato si faceva sempre più prodigoe generoso senza alcun risparmio. L'accogliente cardinale, pereludere l'eccesso del donativo, si buttava sul faceto, prendendoa prestito da Geremia: «Mi hai corrotto e io mi sto facendocorrompere!». Ogni uomo, come i metalli, ha una propriatemperatura di fusione, raggiunta la quale diventa corruttibile. Qualche mese dopo, come un accidente, accadde la stranezza dellasua nomina: lui, il generoso corruttore di oltre 68 anni,diventava vescovo ausiliare dell'arcivescovo titolare che aveva15 anni in meno dei suoi. Stando dunque all'etimo, nonostantel'incongruenza dei fatti, lui vecchio avrebbe dovuto ausiliare ilgiovane titolare, che godeva di buona salute e non aveva maisognato di chiedere a Roma, per i centomila suoi fedeli, unaiutante del genere. Arcano mistero delle circonlocuzionichiesastiche! Fatto sta che poco dopo l'ordinazione episcopale, l'ordinarioarcivescovo dovette accorrere in fretta e furia al capezzale delsuo ausiliare per infondergli sollievo, ironia della sorte edelle parole, ricoverato presso quella casa-ospedale perchécolpito da gravissimo infarto che lo rendeva inabile a rendersidi ausilio a se stesso e a chicchessia. Ma la cosa non fu fattaconoscere al pubblico per riguardo verso lo Spirito Santo, chel'aveva voluto vescovo a ogni costo. Così almeno dissero. Padre Pio, con sguardo sarcastico e pungente da lassù, certamente

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoavrà sorriso di gusto. Santo sornione, stai attento a non farteneaccorgere che prendi in giro certi tuoi nemici prelati,altrimenti sono capaci di rimandare sine die la tuacanonizzazione! Hai voglia tu a moltiplicare miracoli! «Deusautem subsannabit eos!», se ne ride chi abita i cieli, lischernisce dall'alto il Signore. L'insigne professore di Storia ecclesiastica al seminariomaggiore romano, monsignor Pio Paschini, quando appuravadall'"Osservatore Romano" certe strane nomine di vescovi, conlieve sorriso ironico sulle labbra commentava dalla cattedra aisuoi alunni: «Lo Spirito Santo ha eletto costui vescovo! Ma cipensate quante brutte figure facciamo fare allo Spirito Santodavanti al mondo?». E' difficile far accettare da un mondo razionalista l'azionemisteriosa dello Spirito Santo, che soffia dove vuole: glimettono le rotaie per non farlo deviare e lui sorvola al difuori; gli offrono una cannuccia dentro cui dar fiato e lui spiradi lato; gli approntano un programma pastorale e lui ne fa ameno. A questo punto, spazientiti, s'accordano tra loro di continuareper conto proprio e a fatto compiuto mettono la pecettafermoposta: «Dio l'ha voluto», quasi simile a una tenerezza diDio. Sono convinti, lo dicono e lo fanno: «Spiritus, ubi volumus,spirat», lo Spirito Santo, dove vogliamo noi, là spira... Mafraintendono quale senso dare al vento.

NOTA: (6) Nel Diario degli eredi esclusi si legge: «Oggi, 10 giugno1994, festa del Sacro Cuore di Gesù, ore 12 in punto, al suonodelle campane allegre. Mentre il portaborsa monsignor EdoardoMenichelli, dopo vari tentativi a vuoto, veniva finalmentepubblicato dal suo strafottente padrone, il quale cercavaimbarazzato parole suadenti per convincere i presenti sui mentinascosti del designato alla sede di Chieti, atterravano aFiumicino gloriosi i redivivi santi Cirillo Stambecco e MetodioPastore, novelli superapostoli di ritorno dalla Romania eUngheria, con due altri sottapostoli in criptomissione colà permisurare la febbre a quelle due chiese. In realtà, l'excursus siè tramutato in una ridente tournée dorata a spese pontificie, daiprivilegiati trascorsa nel fasto di accoglienti ricevimenti tranunziature e ambasciate per far ispezionare quanto giàpredisposto. Dal loro resoconto si leggerà d'essere riusciti, trapericoli e sacrifici d'ogni specie come San Paolo nei suoiviaggi, a debellare e ad avviare prodigiosamente a guarigione ilmalefico carcinoma delle due auguste malate, da poco fuoriuscitedalle loro catacombe».

Corruzione compresa I frenetici episcopandi si danno all'arrembaggio in cerca diappoggi, quanto più validi possibili. Costi quel che costi nelvero senso dell'affermazione, corruzione compresa. I lorosponsor, appoggiandoli, li declamano perle, e invece diarricchire l'entourage pastorale della propria diocesi si diconodisposti a privarsene per regalarle altrove. Quando poifinalmente vi arrivano, diventano mine vaganti verso miglioriapprodi. Ma una mina in seno a un'istituzione ecclesiastica èsempre pericolosa, specie se all'innesco manca la sicura. In proposito, un arcivescovo, che aveva già fatto promuoverequattro dei suoi prediletti sacerdoti diocesani, per il quintovescovo a quarantaquattr'anni - un'altra perla di gran valore -diceva di averlo proposto dieci anni prima, ma quelli deldicastero competente gli avevano consigliato di farlo ancoramaturare nel ministero: se ne sarebbe parlato alla scadenza diquella data, come avvenne puntualmente. Si perde il controllo deltempo e il senso della misura: lui, protettore, riteneva questosuo protetto già in grado di essere promosso all'episcopato, asoli trentun anni d'età e otto di sacerdozio. Almeno taci,eccelladra cara, altrimenti vi fanno la conta degli anni da

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoquando voi due avete cominciato a gironzolare per gli uffici invista dello sgambetto obbligazionale... Voi, fautori di codesto corrotto sistema correntizio econcorrenziale che tarla la Chiesa, con dati di fatto alla mano,date a intendere che le vostre perle si rivelano rozzamentecoltivate e viziosamente maneggiate a vostro uso e consumo. Beninteso, c'è da considerare anche il caso esattamente opposto econtrario, cioè di quegli altri vescovi che, o per eccesso discrupoli, o per ingenita gelosia, o quantomeno perché nel proprioclero non riescono a trovare qualcuno che regga al confronto delloro genio, bloccano tutte le partenze per la durata del lorolungo episcopato, quasi sempre ultra trentennale. A farne lespese sono proprio le più belle menti e i migliori sacerdoti. E' stato scritto: «In tempi men leggiadri e più feroci, i ladris'appendevano alle croci; in questi tempi men feroci e piùleggiadri, le croci si appendono ai ladri». Non sempre le parole sono più eloquenti e convincenti delsilenzio dignitoso per denunciare l'assurdità di certe abnormisituazioni. La Chiesa deve saper perdere continuamente gliinvoluti sistemi abitudinari, i suoi privilegi, le sue sicurezzetramontate, per adeguarsi alla trasparenza più tersa. A nessun cristiano è consentito di essere credente senza esserenel contempo credibile; tanto meno a chi sceglie di viverel'ansia apostolica della Chiesa nel sacerdozio e molto piùnell'episcopato.

8.

CLIENTELE VESCOVILI E BARONIE CARDINALIZIE.

Per duemila anni la Chiesa nel nominare i vescovi si è limitataad assumere informazioni sulla vita del candidato segnalato eraccomandato dal protettore più influente. Una volta accertatoche non ha figli in giro, né malattie ereditarie, ossequientequanto basta, non matto da legare, buon amministratore di beni,ecco che lo si stima già abile a fare il vescovo di una qualsiasidiocesi che si affaccia sulla superficie della Terra. Incontro al Terzo millennio, che va coinvolgendo nel vorticedella sfera di Dio e di satana uomini d'affari e di Chiesa, ciònon basta più. E' impossibile che, mentre la società è già protesaa preparare il futuro della computerizzazione, telematica,programmazione interplanetaria dell'informatica, astrofisica eastronautica, la Chiesa si limiti ancora a scegliere i suoivescovi tramite le raccomandazioni e le segnalazioni dei direttiinteressati, protetti e protettori, affidando poi clero e fedelidi ciascuna Chiesa particolare all'improvvisazione eall'inventiva del soggetto sprovveduto, che dalla sera allamattina si vede costretto a chiedersi in quale modo deve iniziarea fare il vescovo di tale o tal altra diocesi affibbiatagli, omeglio agognata e perseguita con blandizie e circonvenzioni lepiù impensabili. In riferimento alla formazione del clero nelle varie diocesi, leautorità della Chiesa, fin dal quinto-sesto secolo della suaesistenza, capirono che senza sacerdoti ben preparati essa nonavrebbe potuto affrontare i complessi problemi pastorali espirituali dei suoi fedeli. Allora escogitò i luoghi diformazione dei chierici, diocesani e religiosi, prima diordinarli sacerdoti. Col tempo perfezionò tali istituti poi chiamati seminari enoviziati. Il Concilio di Trento fu una pietra miliare e segnò lariforma più severa per detti luoghi formativi. E per tutti questi duemila anni della sua esistenza, cosa mai hafatto la Chiesa per istruire e formare i candidatiall'episcopato, che non fossero soltanto segnalazioni eraccomandazioni di prelati amici? E' mai più sostenibilecontinuare ad adottare l'antiquato metodo di destinare a farevescovi per lo più quei tanti episcopandi vogliosi solo diarrivarci, senza l'indispensabile istruzione, vera e propria

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoscuola, con cui formare e informare sii come riuscire a essere unbuon vescovo, che sia nel contempo vero pastore e padre? No, non è più sufficiente questo criterio meschino earbitrario d'improvvisare certi sacerdoti, quasi semprecarrieristi e intrallazzatori, ritenendoli, il giorno dopo, abilie capaci di esercitarsi nell'arte di fare il vescovo. E ciòsemplicemente dietro la segnalazione e l'accondiscendenza diquanti pattuiscono il successo del loro beniamino. Questo nonbasta più. La Chiesa, lasciandosi dietro questi duemila annid'arrangiamento, avrebbe dovuto accorgersi molto prima di un sìnecessario cambiamento di rotta. E fa meraviglia che entrando nelDuemila essa non abbia ancora escogitato la formula piùconfacente all'urgente cambiamento di rotta. Strano che finora néun Papa né i suoi collaboratori abbiano pensato mai di istituireuna fucina del genere, a tutt'oggi indilazionabile. Bisognaistituire la scuola di formazione anche per i proponendiall'episcopato, equivalente a un corso di specializzazioneecclesiastica di settore. Di fronte a tale proposta di istituire una vera e propria scuolaper gli episcopandi ci sarà chi, senza riflettere, la bocceràsubito come irrealizzabile e improponibile. Non è che forsecostoro, desiderosi di libertà nel maneggio, si vedrebbero in talmodo impediti nel manovrare per proprio conto le leve di unpotere racchiuso ora nelle loro mani poco pulite? Come è giusto che il popolo veda e valuti i giovani chierici chesi apprestano ad ascendere al sacerdozio, in modo che se haqualcosa da segnalare lo possa fare in tempo opportuno,altrettanto doveroso è che gli stessi fedeli venganocointeressati e fatti partecipi alla scelta di quei sacerdoti chela Chiesa tutta intera, dalla base al vertice, prevede e prepara,quali possibili candidati, a dirigere da vescovi il timone dellabarca dentro cui tutti insieme attraversare i marosi, le procellee i comuni pericoli del percorso (7). Pertanto, se per un semplice chierico da elevare al sacerdozio laChiesa fino a poco tempo fa chiedeva l'avviso del clero e delpopolo persino con una pubblica denuncia («Se e 'è qualcosacontro di lui, davanti a Dio esca e dica») come mai per unsacerdote da destinare a capo di diocesi la Chiesa continua atener calato il sipario del più rigoroso silenzio pontificio,perché nessuno metta il naso nell'aggiotaggio del sistema? Bisogna troncare in radice la sconcezza dello sciocco secretopontificio che agevola soltanto i manovrandi. Con l'istituzionedi una scuola addetta a istruire tutti gli aspiranti cadetti,costoro verrebbero così portati all'attenzione dell'intero popolodi Dio, per essere deliberatamente giudicati e approvati datutti, oppure, se del caso, denunciati per qualcosa di privato,non esclusa l'eventuale appartenenza a sette massoniche mafiose opartitiche, come purtroppo risaputo. La loro iscrizione, liberamente chiesta o consigliata, pressol'istituenda scuola formativa, di per sé non darebbe al discentediritti di carriera e pretese di prelazione e ancor meno velatiaccaparramenti su altri eventualmente più degni e capaci. Laconsuetudine convincerà i corsisti sulla realtà di fatto chemolti di loro continueranno a rimanere nell'esercizio del propriosacerdozio, senza altri grilli per la testa. Tale istruzione superiore potrebbe essere divisa in due sezioniconsecutive. Una prima sezione per istruire gli iscritti sulmetodo di come si possa e si debba fare il vescovo in generale,le qualità che deve possedere, il comportamento di fronte aiproblemi di ogni genere e a quelli specifici, la preparazionepastorale, spirituale e culturale, la conduzione manageriale delcomplesso ente-diocesi, le qualità pedagogiche di un pastore, lerelazioni sociali e interpersonali specialmente con i confratellisacerdoti diocesani, e altro ancora. La seconda sezione dovrebberiservarsi soltanto ai candidati già designati per completare laloro qualificazione episcopale con un ulteriore corsoparticolare, di lezioni teoriche e pratiche, circa il modo comeessi dovrebbero impostare la loro azione pastorale nell'ambito di

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoquella determinata diocesi cui è stato destinato, o nell'incariconel quale è chiamato a esercitare un certo potere con i sudditi,suoi qualificati collaboratori. In questo secondo corso di apprendistato, l'eletto imparerebbespecificatamente a che cosa va incontro, quale sarà il suocomportamento da vescovo di quella diocesi, chi sono i sacerdotisuoi confratelli coi quali deve convivere insieme per dieci ventitrent'anni, quali sono i fedeli affidatigli, i problemi che staper ereditare, le opere da continuare, i programmi già impostatie da portare avanti, i beni da amministrare, le difficoltà dasuperare, gli ostacoli da affrontare, le qualità e le virtù daesercitare, le storture da raddrizzare. E quant'altro vi fosse. Attualmente il nuovo vescovo, quando arriva, consciamente oinconsciamente, per marcare la sua presenza da inizio a farenuove tutte le cose, all'opposto del suo predecessore: «Eccenova facio omnia», benché non lo dica apertamente. Un vescovo tuttora in esercizio aveva la mania di distruggere perpoi riedificare tutto dalle fondamenta; e trovandosi sempre inzona cesarina, metteva sotto pressione clero e fedeli perspillare loro denaro. Sul bollo vescovile gli scrissero: «Veni,vidi, ruppi!». Ma di grazia, quale azienda seria cambia sistema ogni volta chearriva il nuovo direttore dei lavori a scapito di già validiprofitti precedenti? E se questo è vietato a ogni ente che sirispetti, non sarà altrettanto ragionevole per l'ente diocesi chetende alla salvazione delle anime e che racchiude in sé molti ecomplessi problemi a volte più gravi? Nell'era dei viaggi persino nella stratosfera poco restaall'improvvisazione, tutto è affidato all'acculturazione e allaprogrammazione calcolata per il futuro. Né lo Spirito Santos'incarica di sostituirsi volta per volta all'eletto in tuttequelle imperdonabili deficienze senza le quali l'eletto nonpoteva essere designato. Uno psicopatico, uno squilibrato, unvanesio, un arrivista, un ambizioso, o peggio un indegno senzascrupoli, stia tranquillo che non sarà mai violentato fino atanto dal Paraclito Divino perché cambi dalla sera alla mattina,suo malgrado. Una scuola adatta e il popolo che lo conosce, forsesì: o lo trasformano o lo bocciano. Oggi più che mai, la Chiesa si sorbisce i vescovi scelti con ilmetodo per duemila anni rivelatesi quanto mai balordo,commendatizio, dietro interessate segnalazioni di personagginascosti dal cosiddetto pontificio secreto di pulcinella. Ilvescovo improvvisato dall'oggi al domani si barcamena tra duesponde: o è convinto di essere all'altezza della situazione,dandosi all'inventiva; oppure è cosciente di non farcela,affidandosi al primo intraprendente suo segretario, che lomanovrerà a suo bell'agio e a scapito dei migliori che si farannoda parte. Questi rischi e questi eccessi, da secoli e secoli prosperatinella Chiesa centrale e in quelle locali, hanno bisogno di essereeliminati in tutto o almeno in parte, con questa o altra nuovaimpostazione di formazione, dovendo la Chiesa imboccare la portadel Terzo millennio. Non è più tempo di bendarsi gli occhi eaffermare che i problemi non esistono, per il fatto ches'impedisce di vederli in tutta la loro grave interezza. A cheserve sotterrare le verità, quando presto o tardi riemergerannocon più veemenza e imperiosità? La Chiesa di Cristo deve divenire agile, snellita dal peso ditanta zavorra che la imbraca nell'involucro di un contortovaticanismo. I Papi di questo prossimo millennio non possono farea meno di affrontare e risolvere codesti urgentissimiinterrogativi, che vanno al cuore dell'essenza stessa dellaChiesa. Occorre dare contenimento a quei presuntuosi che, seppurediversi per carattere e costume, covano in comune così morbosaambizione di primeggiare in carriera e potere da non riuscireneppure più a camuffarla. Quel Dio infinito, che versò il suo sangue sul Calvario persalvare tutta l'umanità, non può in alcun modo permettere che la

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I Millenari - Via col vento in Vaticanosua più grande opera, la Chiesa universale, debba venirecondizionata di volta in volta da combriccole, assoggettata a ungrappolo d'imbroglioni, oggi brisighellesi, ieri piacentini,domani da altri cospiratori in veste scarlatta. Quelpreziosissimo Sangue, dal valore infinito, si sporca e marciscese contenuto in mani interessate e Carbonare. E' arrivata l'ora di liberare la Chiesa di Dio dalle pastoie di unsistema che la imprigiona!

(7) «Episcopus annuntiat clero et populo dicens: Quoniam,Fratres carissimi, rectoris navis, et navigio deferendis eademest vel securitatis ractio, vel communis. timoris, par eorum debetesse sententia, quorum causa communis existit. Neque enim fuitfrustra a Patribus institutum, ut de electione illorum, qui adregimen altaris adhibendi sint, quod nonnumquam ignoratus apluribus, scitur a paucis; et necesse est, ut facilius ei, cuioboedientiam exibeat ordinatio, cui assensum praebunt ordinando.Horum si quidem diaconorum utpresbiteros, auxitiante Domino,ordinandorum conversatio, quantum mihi videtur, probata, et Deoplacita existit et digna, ut arbitror, ecclesiastici honorisaugmento. Sed ne unum fortasse, velpaucos, aut decipiat assensio,vel fallat affectio, sententia est expetenda multorum. Itaque quide eorum actibus, ut moribus noveritis, quid de merito sentiatis,libera voce pandatis; et his testimonium sacerdotii magis pròmerito, quam affectione aliqua, tribuatis. Si quis igitur habetaliqua contra illos, prò Deo et propter Deum, cum fiducia exeatet dicat, veruntamen memor sit conditionis suae». Traduzione: «Ilvescovo insegna al clero e al popolo dicendo loro: Fratellicarissimi, considerato che identica è l'apprensione di sicurezzao di comune timore nel nocchiero e nei naviganti del naviglio,ugualmente pari dev'essere il sentimento di quanti hanno causa incomune. Infatti non invano fu istituito dai Padri la votazionedei fedeli in merito a coloro che debbono essere destinati alministero dell'altare, perché ciò che possa essere ignorato daipiù venga conosciuto da pochi; e colui al quale l'ordinazioneimpone l'obbedienza, è necessario che a costui che sta per essereordinato tutti offrano il proprio assenso. In verità la sua vitadi formazione al sacerdozio, con l'aiuto del Signore e per quantomi consta, sembra provata, stabilita nel volere di Dio e degna diessere promossa a tale onore ecclesiastico. Ma perchél'assentimento di uno o pochi non inganni e l'affetto nontradisca, occorre domandare il parere di molti. Pertanto, seconoscete o siete consapevoli di qualcosa in merito alla suamoralità e atti, siete invitati a esporlo liberamente, e latestimonianza in favore del suo sacerdozio venga data più permerito che per affetto verso la persona. Se qualcuno, dunque, hada dire qualcosa contro di lui, per Dio e in ragione di Dio, confiducia esca e dica, pur ricordandosi con benevolenza delladebolezza di ogni uomo».

Baronie, cordate e clan Conviene sottolineare l'incisività di certe baronie cardinalizie,soffermandoci soltanto ad alcune, esattamente a quelle che almomento sono in piena attività, intersecandosi tra loro. Ciascunacerca di convincere le altre che Dio le avrebbe attribuito ilcompito di traghettare la Chiesa sul proprio gommone, persottrarla se mai dalla faglia vivace di altri opposti movimentitellurici vaticani. Per tante eminenze baronali, Dio sarebbe comeun pozzo di petrolio infinito, mentre la Chiesa come unacompagnia petrolifera abilitata allo sfruttamento. Al vertice la curia si scinde come la roccia del Calvario quasisempre in due fenditure, tra quella che ha le leve del comando inmano e l'altra che ansiosa aspetta il cambio di turno. Secondogli appartenenti ai due blocchi, la scissione avrebbe originiapostoliche, dal fatto che troppo spesso i dodici si disputavanoil primo posto nel regno della Chiesa. Dunque anche per lorol'arrampicarvisi fino in vetta è mistica divina. Quando fa comodo si ripete fino alla noia che i superiori

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I Millenari - Via col vento in Vaticanorappresentano l'autorità di Dio; in curia però si sono fattiavere la dispensa di rappresentare piuttosto se stessi: comodoprivilegio che agevola la propria carriera, nonostante il diversoorientamento divino. I monsignori di curia difficilmente restano isolati. Quel prelatoche decidesse di restare a sé stante, si recide il cordoneombelicale, rimanendo fuori lizza. Una mosca bianca, un' anomaliadell'ambiente, una misofobia da eunuco. La rete di complicità edi servilismo, tenuta stretta dalla collusione soffocantedell'agglomerarsi in famiglia, accantona i componenti nonconsociati, sui quali facilmente assesta fendenti ben centrati dametterli fuori uso. I curiali che vogliono affermarsi si devono scegliere ben prestola famiglia adottiva e il proprio capostipite, cui prestare ogniattenzione e incondizionato omaggio vassallesco fino ai limitidel morboso. Coi fatti e a parole devono dar prova di massimafedeltà al clan, una condivisione d'intenti che esclude ognipossibilità di passare all'altra sponda. Il dissenso non è ammesso; il pentitismo è un neologismobandito dal vocabolario di Stato. Dai soci si richiede schiettatifoseria di squadra per tendere allo scudetto. Tutti per uno euno per tutti, esattamente come in Cosa nostra. In questo sportalpinistico, essi hanno il compito di puntellarsi a vicenda manmano che avanzano. Uomini che trainano uomini, al pari dei risciòindiani. In tutto questo c'è sempre un abile gioco di contrappesi e diacrobazie virtuosistiche per cercare di tenere in bilico lecorrenti e i personaggi dei due opposti clan. I contendenti delledue fazioni scendono a patti, quando s'accorgono di non potersieliminare. Allora si spartiscono le cariche come fossero unapreda, tra di esse subentra il metodo spartitorio del potere:questa promozione va assegnata alla tua, questo posto alla miacordata, secondo i parametri. I dignitari di curia appartenenti al clan vengono su a grappolicome le ciliegie. Ne scegli una e s'aggrappano dieci, venti,senza contare la pleiade degli adulatori a contorno. Tantepiccole consorterie tendenti ad amalgamarsi per difendereinteressi di campanile, avide di carriere e di denaro sotto formadi piccole corruzioni e di personali favori, per essiirrilevanti. Centri di potere per contare, accontentare e scalareverso l'alto, tutti dominati dalla figura del capocordata, dalcalibro quasi sempre cardinalizio. In questo clima la curia, oltre a divenire glaciale, fomenta inseno astii e divisioni, che la rendono vittima e succube di poconobili spartizioni chiesastiche. Non fa per loro l'ammonimento diSan Paolo a Timoteo: «Ti scongiuro di osservare queste norme conimparzialità e di non far mai nulla per favoritismo». Per gliaderenti al clan, categoria privilegiata come status symbol,l'insegnamento è che quando ricevi un dono, una promozione, unpremio, sappi che qualcuno l'ha pagato per te; gli sicontraccambia quantomeno in veneranda disponibilità. Niente ègratuito nel mondo curiale. Con un piccolo uomo e una grande ideadel clan, Dio fa i suoi capolavori! Almeno così insegnano. «Leggiamo nel Vangelo», dice Bernardo, «che vi fu una discussionetra i discepoli per sapere chi di loro fosse più importante.Saresti sfortunato, se intorno a te» [Giovanni Paolo II] «tuttele cose andassero in questa maniera. Ma su queste cose bastaquanto abbiam detto. Ho appena sfiorato il muro, senza sfondarlo.Tocca a te ora; a me non è lecito andare oltre. La curia ormaim'è venuta a noia e conviene uscire dal palazzo».

9.

LOTTE DI POTERE NELLA CURIA ROMANA.

Lo psittacismo curiale è una filastrocca a ripercussionecostante. Ma come ai pappagalli la lingua serve da suono e non daidea, va di moda in curia vaticana che chi sa menar le lingue,

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I Millenari - Via col vento in Vaticanonon importa se e come pensate, fa carriera. L'addetto impiegatonon dice quel che propriamente pensa, perché l'espressione delsuo pensiero è già pensato e prepensato dal superiore, tanto chei comandi imperiosi che si adoperano coprono le parole d'amiciziache si tacciono. In così stretto corridoio di libertà si fastrada l'ambiguità. L'umanità è oramai stanca di parole senza punto di riferimentocerto, cioè Dio. In questa epoca così tormentata, una religionedi parole, di documenti, di editti pontifici da dimenticare sullacarta, è come un edificio costruito sulla sabbia. I fatticoncreti, tradotti nella vita umana, quelli restano sulla rocciaa sfidare le procelle. E' stato detto che la vita è il paragone delle parole. «Lasapienza di questo mondo», commentava San Gregorio Magno a suotempo, «sta nel coprire con astuzia i propri sentimenti, nelvelare il pensiero con le parole, nel mostrare vero il falso efalso il vero». Scrisse Bacone: «Gli uomini credono che le loromenti dominino la lingua; ma avviene che è la lingua a governarele loro menti». Le parole esercitano su di noi una tirannia, finoa farci vittime inconsapevoli dal cervello plagiato. George Orwell attirò l'attenzione degli studiosi sul pericolo delbipensiero, cioè manipolare il pensiero umano riempiendo leparole, come manicaretti, di altro significato. Un tal metodoporta l'ambiente a presumere che tutte le motivazioni valide e levalide esperienze risiedano nel corpo dirigente e nel capo;quindi, i sudditi ideali e le persone complete, che voglionoriuscire nella propria maturazione umana, s'identificheranno conquelli che ragionano soltanto in conformità col capo dirigente:obbedire nel mutismo, nell'assenza d'ogni sviluppo mentale esociale; così facendo si risparmierà qualunque attribuzione dierrori e colpe. Il gergo curiale conserva e tramanda un linguaggio di settore conlessici privati e un proprio codice corporativo: un vero idioma acircuito chiuso, parole d'ordine, slogan da decifrare, locuzionedi gruppo, comunicativa globale da Internet planetario conriserva d'accesso al sito cifrato. Sì, l'ambiente di curia porta a una forma tecnica di pensiero conun vocabolario tutto particolare. Le varie forme di parola-feticcio, parola-pregiudizio, parola-sentenza, parola-retorica,parola-mistica, più non turbano, non inquietano, anzi rassicuranoil destinatario. Gergo integrato che euforizza il pensiero,addormenta la riflessione, sospende la responsabilità, in quantoc'è il gruppo che pensa in vece della persona. Entro il clan nonfunziona il dialogo chiarificatore e il convincimento. E' unlinguaggio in bianco e nero senza sorta di dubbi, una forzad'urto perlocutoria con scontata persuasione su chi già fa suoigli schemi ideologici e comunicativi della famiglia. I latini dicevano: «Verba, ligant homines, taurorum cornuafunes», le parole legano gli uomini come le funi le corna deitori. Riserve mentali che comportano promozioni o rinvii,anticipi o ritardi, soluzioni ambigue o attese che possonospegnersi in aspettative senza speranza. Chi non usa illinguaggio del gruppo constata di essere emarginato dagli altriaderenti, i quali lo ritengono uno che anziché "insieme" pensa"contro" o "diverso". Pur vivendo nell'era del tanto conclamatodialogo a cielo aperto e a ogni livello sociale, storditi da unadovizia di mezzi di comunicazione interplanetaria, subissati dauna catasta di documenti pontifici a getto continuo, gliimpiegati di curia - ecclesiastici, più che i laici - siriscontrano inermi di fronte alla dittatura del pensiero chedomina e schiavizza le menti di chi lotta per non essere succubedell'ambiente. Lo sciovinismo curiale porta a trasformare l'ecclesiastico daoriginale a fotocopia con un adeguamento totale, ipocritanell'impermeabilità della sua patina, begardo di maschera. Lacostanza dello stillicidio a lungo andare crea un'eticitàcatodica a schermo fisso, che porta a lavare cervello e coscienzadell'integrato. Sempre meno originale, riesce più spontaneo nel

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoriprodursi. Che dire poi della ultrabimillenaria lingua latina, con la qualela Chiesa si esprimeva fino a qualche decennio fa? Dalla curiaromana è scomparso del tutto l'uso di detta lingua. Finiscono iveri latinisti e diminuiscono quelli che la comprendono.Schopenhauer riteneva che il latino affinasse le funzionilinguistiche. Bergson diceva che la lingua latina abitua lostudioso a penetrare il significato dei termini. Nessuno laindica più come lingua della Chiesa. L'insieme di tutto questo bipensiero, per gli addetti ai lavoridi curia, è di tale trasparenza e ovvietà che non ha alcunbisogno d'essere dimostrato. Per gli estranei occorre qualcheesplicitazione.

Marchingegni per la spartizione del potere. Per dare la scalata ai vertici della curia romana si dev'esseresempre in un gruppo compatto e coesivo con un capocordata, alquale i collaboratori cooptati devono restare consegnati e semprea disposizione. E' un lavorìo di anni, a volte di decenni permettere insieme ecclesiastici di una stessa tendenza, presipossibilmente da una medesima regione, se non da una stessadiocesi e limitrofi. Tuttavia, è una regola molto elastica, cheammette svariate eccezioni d'aggregamento di prelati extrasecondo interessi, simpatie e convenienze. Così si assiste al ciclo dell'avvicendamento dei prelatidignitari, di un certo gruppo che per arrivare primo in vettadeve ostacolare l'ascesa e, possibilmente, tagliare la cima aglialtri capicordata. Ogni arma è valida per recidere la cordata inconcorrenza (8). Quando i bellimbusti superiori arrivano pimpantial dicastero assegnato, ciò non avviene perché ritenuticompetenti, ma per spettanza di primogenitura. Sicché succedeche, più che illuminare l'ufficio con la loro presenza, essi lodisorientano e lo intralciano, come tanti vuoti a perdere. Ilprofeta Osea a nome del Signore così li apostrofa: «Come banditiin agguato una ciurma di sacerdoti assale sulla strada, commettescelleratezze». Il raspo deve lanciare i suoi acini come altrettanti satellitiintorno all'universo interplanetario ecclesiastico con la mira ditenere compatta la famiglia del circo e digitare l'alfabeto morsein concorrenza con le altre. La grappolata deve nel contempoestendere, come una piovra, i suoi tentacoli in tutti idipartimenti dentro e fuori curia, in quelli che più contano,nunziature, dicasteri e organismi internazionali compresi, cuiattaccarvisi fortemente con tutte le ventose quanto più a lungopossibile, per far valere al momento opportuno l'appoggio el'incidenza degli adepti nelle decisioni dicasteriali,principalmente in quello che elegge i vescovi, come altrove giàdetto. Altroché, se non influiscono pesantemente i signori cardinali egli eccellentissimi vescovi del clan, membri di quel dicastero,al cenno del capocordata, sugli orientamenti decisionali a favoreo contro il candidato di questa o quella partita! In queste operazioni per la spartizione di potere si montanomarchingegni più o meno attinenti al giure con piccole e grandiguerre d'uffici e di famiglie. I Vip di curia (Very ImportantPersons), che si lottizzano tra loro i posti chiave in sincroniadi tempi e metodi operativi, come tanti birilli cercano dieliminare gli aspiranti avversari, sfilando con abilità emorbidezza la sedia di sotto all'avente diritto, che resta cosìin bilico su un cuscino di nuvole. «Abbiamo concepito, abbiamosentito i dolori quasi dovessimo partorire: era solo vento». Gli esclusi alimentano in sordina il bisbiglio e il cicalecciotirando a indovinare i compagni di cordata, i giochi di squadra,le appartenenze dei tifosi, lo sprint in dirittura d'arrivo.Insoddisfatti e critici, mugugnano la propria opposizioneall'intrigo. Ma non c'è altro da fare. In curia non costa moltobuttare chiunque giù nella polvere e nel fango della calunnia. E'un calpestìo fastidioso a scapito della dignità delle persone

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I Millenari - Via col vento in Vaticanorette, denigrate, oppure blandite nel caso che non si potesse fara meno di loro. Esse rimangono segno di contraddizione per chiagisce contrariamente e quindi scomode persino a se stesse,perché il "tibi non licet" quasi sempre è decapitato assieme allatesta del Battista. Una nidiata che pronostica il tempo della scalata, che tiene dimira i principali posti futuri da occupare, nei quali occorreintrodurre pazienti candidati disposti a fare la propria trafila.Tutto questo non è mai una prova di forza nella Chiesa. E' unaprova di vera debolezza, segno dei tempi che stiamoattraversando. La prefettura della Casa pontificia, ad esempio, è un ufficio chenessun capocordata in gamba potrebbe farselo sfuggire di mano.Per importanza di potere viene subito dopo quello riservato alsegretario di Stato. Il prefetto della Casa pontificia, se ci safare, guida il Papa a dovere e a comando, come le redini ilcavallo. A ben riflettere è lui che determina i tempi e i modi degliincontri del Pontefice con gli altri, laici e specialmente con icardinali di curia. Quanti cardinali sono lasciati a fare la filaper mesi, perché il prefetto ha ordine di non inserirli neppuretra un'udienza e l'altra. All'opposto di altri cardinali eprelati della loro grappolata che riescono a essere ricevuti confacilità dal Pontefice, addirittura di soppiatto e all'insaputadello stesso segretario di Stato, quando questo non appartiene almedesimo nido. Quando il clan annovera dalla sua il capo dellaCasa pontificia, sa di contare sull'uomo giusto al posto giustoper aggiustare tante situazioni di gruppo, senza che passino alvaglio del setaccio di Stato. In tale quadro prospettico andava letta l'attribuzione di taleprefettura a un piacentino durante la permanenza imperiale didetta famiglia, Nasalli Rocca; e di un brisighellano, perduranteil potere della famiglia romagnola, Dino Monduzzi, adessocardinale regnante di curia, elettore di vescovi e conclavista inerba. Questi giochi di pedine sfuggono di mano ai nescientiprelati stranieri, più disposti a farsi giocare che a giocare acentrocampo. L'avvicendamento, però, di Monduzzi da prefetto di quella Casapontificia a cardinale avrebbe lasciato sguarnito quell'ufficio,senza una giusta immediata provvisione. Ed ecco il rimpiazzod'urgenza con un altro fido congregato del clan romagnolo. Chit'inviano? Manco a dirlo, l'ultimo dei tre fratelli De Nicolò, ilPaolo, fatto Reggente. Con Monduzzi cardinale, il Papa, dentro quest'unica casella diprefetto della Casa pontificia ci ha fatto entrare tre pedine,una sull'altra, tre neo-vescovi, ai quali premetteva i prefissi"pre", "prò", "sub": un americano, un polacco e un piacentino. Sivede che al Pontefice lasciano molto poco spazio per accontentarei suoi aspiranti beniamini. Quando arriverà il salto della quaglia e il prossimo Papa dovràfare i conti con la cordata attualmente in pista, loconvinceranno a rispedire in patria i tre prelati "prefissi", peraffidare a De nicolò le redini della giostra, quel Paoloaddestrato a condurre il Pontefice alla mena vaticana. Ben edotto di quanto accadrà tra non molto, durante il trapassodei poteri al nuovo Papa, il neoeletto piacentino Piero Marini,una volta dedito alle rubriche, agli inchini e alle genuflessionidi prammatica, ora con la sua croce tarcisiana al petto ha giàfatto sapere che non gli si addice più l'ufficio di chierichettoa sorreggere il Papa infermo nei momenti di sbandamento; glispetta un segretariato in qualche dicastero. A parlar chiaro siva, alla romana! Gioco divino-massonico che nessuno di loro si sentirà direlazionarlo all'azione dello Spirito Santo. Egli, che èsemplice, non sa giocare a dama e a scacchi. Satana, invece, sì;e questo è il suo divertimento. Basta confrontare i vari annuari pontifici di questi ultimivent'anni di cordate e ci si renderà conto dell'enorme raggio

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I Millenari - Via col vento in Vaticanod'influenza sulla Chiesa, asfissiata dai tentacoli di questedannose piovre che non lasciano via di scampo. In siffatta minoranza maggioritaria, le vie del Signore sonodavvero poche, tanto poche che gli adepti s'incontrano un po' daper tutto, adornando della loro presenza tutti i dicasteri dellacuria. Essi sono personaggi quasi tutti appartenenti alle duegrappolate dei piacentini e dei romagnoli, altrove riportati. Icui nomi, da semplici monsignori, apparivano già da vent'anni fasulla lista massonica. Profezia del terzo segreto di Fatima? Oquello di Pulcinella? E' sufficiente scorrere l'indice dell'Annuario pontificio del1998: troverete, ad esempio, i nomi dei cardinali AchilleSilvestrini, Carlo Furno, Dino Monduzzi, Edoardo Martinez Somalo,Vincenzo Fagiolo, eccetera, ed enumerate quanti sono i rimandi diciascuno alle pagine dei più importanti dicasteri curiali. Chidodici, chi quindici, fino a Pio Laghi che arriva addirittura adiciotto. Grazie al sistema consortile dei cast s'indovina latentacolarità, il condizionamento e la coefficienza deicoordinati dignitari - l'unione fa la forza - per "orientizzare"l'essenza e l'esistenza della Chiesa divina, il cui percorsopolitico riescono a far combaciare con l'involucro, che tuttichiamano vaticanismo. Riascoltiamo il maestro San Bernardo che mette la pulceall'orecchio d'ogni Papa: «Tutte queste persone - che incalzanocon più impeto, aggrediscono con maggior furia, da temere che ciriducano all'impotenza - ti visitano con maggior familiarità,bussano più spesso alla tua porta, ti sollecitano con maggiorepetulanza. E' questa la gente che non ha ritegno a svegliare ladiletta, prima che essa lo voglia. Potresti citarmi uno solo diessi, che dopo che si sono dichiarati al tuo servizio, nonpretendano ogni potere? Da questo momento non avrai progetto dalquale si credano esclusi; non avrai secreto nel quale non siintromettano... Oserei dire che questo è più un pascolo didemoni, che di pecore... Mi son lasciato andare a questadigressione, perché intendevo aprirti gli occhi su questo aspettoparticolare di quel che ti circonda», o Giovanni Paolo II. In questo modo il protettore, che vuole allargare la suacerchia d'influenza, e il protetto, che da lui s'aspettaconsiderazione e promozione, allargano quella sorta di camarilladi intrighi e di favoritismi a proprio tornaconto. A tirare ifili ai succubenti c'è quasi sempre il burattinaio, che non èdetto che sia per forza il superiore; è sufficiente pure il suoinvadente segretario personale. Secondo il cardinale Richelieu, sostenitore dell'assolutismo diStato o gallicanesimo, chi sta al potere deve attorniarsi diuomini di sua fiducia. Il vaticanismo non fa una piega in ciò: lacuria se li sceglie e Dio li conferma. Non c'è che dire: lecorrenti sottomarine del pelago vaticano condizionano la vitadella Chiesa di Gesù. Gli esempi sono sotto i nostri occhi; inutile elencarli tutti,bastano quelli degli ultimi prelati ancora in sella. L'apparentecollaborazione dei clan sembra ideale, ma i rispettivi componentimirano al disarcionamento dell'altro, possibilmente indolore, cheva preparato dalla lontana dietro le quinte. La notizia strisciacome ordinario avvicendamento, quasi sempre in Ferragosto perquelle impossibili e scioccanti. Moltissime promozioni vaticanesche sono appellate agostane dalmese quando i distratti prelati sono in ferie. I più curiosiinvece, incollati ai telefonini cellulari, seppure ai montiinnevati o sulle spiagge assolate, in crociera sugli oceani odovunque disseminati, non si perdono neanche uno iota di radiovaticana di mezz'agosto, cercando di decifrare le inavvertenze ele modalità d'abuso di quel depistaggio vacanziero, sceltoapposta dai promotori d'ingiustizie come il più consono aldeflusso di certe nomine, in altri periodi più ciarlate. Ogni cosa a suo posto: tutte le promozioni ecclesiastiche hannoun loro codice; le più chiacchierate il loro tempo. Quelleagostane e di altri equinozi curiali sono ghiottonerie dei più

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I Millenari - Via col vento in Vaticanonavigati vaticanisti, adusi a tirarle fuori all'Decorrenza. Gliinterstizi servono solo per gli incauti sprovveduti, che nonsanno leggere tra rigo e rigo la giusta interpretazione di certilanci promozionali. Quelle agostane dunque si rivelano le piùassurde, somiglianti alle corse truccate, abilmente osfacciatamente, ma sempre non punibili in virtù dell'assioma chei superiori non hanno torto neanche quando le loro trameingannano il Papa! Al tempo di Pio XI e Pio XII la curia romana veniva guidata daprestigiosi cardinali per nascita e formazione, rispondenti ainomi di Pietro Fumasoni Biondi, Pietro Ciriaci, Paolo Giobbe,Luigi Traglia, Alfredo Ottaviani e altri. Dignitari romani ditutto rispetto per la fedeltà al servizio del Papa e della Chiesae per elevatezza d'ingegno. Man mano che quel gruppo romano siassottigliava, crescevano di importanza i due clan cadetti, ilpiacentino e il romagnolo, che sotto Tardini, segretario diStato, si guardavano in cagnesco e si fronteggiavano con ogniriguardo, spartendosi alternativamente i posti chiave di curia.

Nota: (8) Il malvezzo ha origini antiche, fin dal Medioevo. Tutticonoscono gli intrallazzi delle famiglie e dei regnanti diquell'epoca, che giungevano a vere e proprie battaglie ed ecciditra loro per assicurare alla propria dinastia la successioneall'elezione papale di un loro familiare. Marozia del ducato diTuscolo insegna. A essi, oggi è subentrata la massoneria, che inVaticano la fa da padrona.

Le cordate dei Piacentini e dei Romagnoli La cordata dei Piacentini - Prendendo a prestito l'esempio delsistema stellare, codesta famiglia ora viene paragonata all'Orsaminore nell'emisfero boreale della curia romana, ma sempre inbuona efficienza visiva. Negli anni Sessanta e Settanta l'arcidiocesi di Piacenza sionorava di avere cinque cardinali viventi, di cui un segretariodi Stato, Casaroli Agostino, contornato dagli altri concardinalipiacentini: Nasalli Rocca di Corneliano Mario, Oddi Silvio, RossiOpilio e Samoré Antonio, ai quali si sono aggiunti in seguitoPoggi Luigi e Tonini Ersilio. L'aspetto di alcuni di loro serveda scacciapensieri, ma senz'arrendersi tengono alto il proprioruolo; del resto anche i brutti diventano simpatici cardinali.Tanto amalgama in cordata costituisce da sé un condizionamentoparticolare in curia e nella Chiesa, ricoprendo ruoli dellamassima importanza, a cominciare da quello di segretario diStato. Attaccati a ciascuno di questi vivono in simbiosi molti altriecclesiastici del circondario di curia e del mondo, a supporto ea sostegno reciproco. Se no, si starebbe poco a governare alvertice. Sette cardinali quasi tutti di curia e altrettantivescovi e prelati scelti da una sola diocesi, bisogna ammettereche come provvidenza è un po' troppa. Gli osservatori notavanotroppa placenta in giro a corte papale. Troppo vento in poppa daquella parte. In genere la durata del vento favorevole s'aggira intorno a unaventina d'anni, prima d'aspettarsi il rimpiazzo. Sufficiente perdirigere il timone della barca di Pietro verso l'approssimarsidel successivo conclave con la segnalazione in cifra del prossimosuccessore sulla cattedra di Pietro. La cordata dei Romagnoli - E, al presente vaticano, lacostellazione dell'Orsa maggiore, che nell'emisfero celeste dellaChiesa ha attualmente più influenza e chance per la candidaturadel prossimo Papa, i cui conclavisti sono stati già puntualmenteallertati. I Romagnoli, nel cui novero si inseriscono monsignori di tutti itagli provenienti da altre località, stavano ben piazzati con ifratelli Gaetano e Amleto Cicognani e Marcello Mimmi ai Vescovi,e di rinforzo avevano Gaspare Cantagalli (eletto prima di morirearcivescovo di Pompei e falciato da un embolo-killer), Aurelio

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I Millenari - Via col vento in VaticanoSabattani, Achille Silvestrini, Pio Laghi, Dino Monduzzi, LuigiBettazzi. E i tre fratelli De Nicolò: Pier-giacomo, Mariano ePaolo, approdati a Roma da Cattolica e posti alle costoledell'amletico segretario di Stato, avidi di soldi e di carriere;tutti e tre con l'episcopato in tasca, ora detengono altiincarichi di curia. Ultimo tra cotanto senno uscito allo scopertoè l'eccellenza Claudio Celli, neanche a dirlo del medesimo clan.Quanta grazia del Signore! Cammin facendo, la cordata romagnola si andava arricchendo dialtri augusti affiliati: Renato Martino, osservatore all'Onu;Riccardo Fontana e Edoardo Menichelli, entrambi segretari diSilvestrini. Mario Rizzi, il cui nome si leggeva già nella listadei prelati massoni nel 1978: infido, untuoso, cobra, concilianteall'Decorrenza, dai facili pettegolezzi fino alle calunnie piùspietate. Poi Pietro Giacomo Nonis di Vicenza, Arrigo Miglio diIglesias, Lorenzo Chiarinelli di Aversa, Attilio Nicora diVerona, Benito Cocchi a Modena, Cesare Bonicelli a Parma, ItaloCastellani a Faenza, il brisighellino Silvano Montevecchi aAscoli Piceno, eccetera. Tutti fatti promuovere dal capocordataSilvestrini, per fare da contrappeso alla grappolata piacentina. Gente che si dirama a raggiera e a tentacoli nei posti diprestigio, la cui ombra pesa come coltre funerea sulla Chiesa,appoggiata su di un vulcano sommerso, eruttivo a intermittenzeben precise. D'altronde è caratteristica dei poteriincontrollati, perché occulti, estendere sempre più le proprieradici fino a invadere per intero il corpo mistico della Chiesa,aggredita così da metastasi tumorali. Da poco uno della cordata romagnola, monsignor Andrea CorderoLanza di Montezemolo, intimo di Silvestrini, è stato fatto nunziod'Italia, il che vuol dire - lo diciamo per i non addetti -facilitargli le nomine vescovili in favore dei suoi sodali, etrombare invece quelle degli avversari. Il cardinale Giuseppe Siri riteneva probabile, nel febbraio 1988,la manipolazione di un Papa indicato dalla setta massonica. Maammesso pure che nel prossimo conclave venisse eletto unPontefice di estrazione diversa, con i posti chiave di curiaoccupati da siffatta cordata romagnola di tanta influenza, ilnuovo Papa dovrà necessariamente fare i conti con loro e scenderea compromessi nella reggenza e nella governabilità della Chiesa. Nel suo scritto "Servizio, non carriera" è Silvestrini stesso aconfermare l'assunto: «Al seminario giuridico di Sant'Apollinareeravamo tre di Faenza: don Dino Monduzzi, Laghi ed io; tuttifrequentando la facoltà "Utriusque Iuris" della Lateranense. Aquattro passi dall'Apollinare, nel collegio Capranica, don FrancoGualdrini terminava gli studi di teologia presso l'UniversitàGregoriana. Tutti e quattro legati da un'amicizia fraterna che hacontinuato a unirci nella vita. Era questa la carriera nellaquale don Pio Laghi ed altri come lui ed anche io, siamoentrati». Viva la sincerità! La famiglia faentina era find'allora sulla cresta dell'onda, lo si apprende dalla bocca delsuo stesso portavoce e capocordata, convinto o pensando diconvincere d'essere la misura misurante con cui misurare uomini ecose, nel novero ecclesiastico. Una manciata di arrivistidignitari doc di origine abbastanza controllata agli ordini delloro capostipite, bussola che orienta, bacchetta alla mano, tuttigli affiliati alla famiglia romagnola, affinché concordi e unitirestino agli ordini di ciò che accadrà tra non molto tempo, allaconvocazione del prossimo conclave. Segni dei tempi anche questi. In funzione di leader vaticano,dal bussolotto delle promozioni ecclesiastiche Silvestrini estraecandidati di suo tornaconto preconizzati alla surrettiziapromozione, subintrodotta con furberia e scaltrezza alla siglapapale e, poi, mandati in libera uscita a vegetare da saprofitisul secolare tronco della Chiesa. Tutte scelte d'interesse umanoe d'ingiustificata pressione, in netto contrasto con la volontàdivina. Il complesso di superiorità di detto capoclan gli rovinail rapporto di reciprocità con i colleghi cardinali; mentre ilcomplesso d'inferiorità gli rovina il rapporto con tutti gli

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoaltri prelati di curia. Nel dramma divino umano del Calvario s'indovina il trambusto deisoldati romani a dividersi sotto la croce i pochissimi beni delCrocifisso. A duemila anni di distanza la conta continua:«Diviserunt sibi vestimenta ecclesiae et super vestigia. eiusmiserunt sortem», si sono divisi tra loro le vesti della Chiesa,sorteggiando a chi tocca. Siccome i fratelli Cicognani, con Cantagalli, Silvestrini,Monduzzi, provenivano tutti da Brisighella, al sopraggiungeredell'ambizioso don Renato Bruni, ambiguo quanto malefico, icuriali satirici delle altre nidiate ironizzavano celiando:«Christus brisighellatus est», che tradotto a senso significa:avevano costretto nostro Signore a ritirare la consegna dellacittadinanza onoraria di Brisighella, lui invece ci mandò suocugino sosia, Giuda Taddeo; faceva sempre così anche quando lovolevano fare re. Ma quando si trattò di soffrire e morirepermise a Giuda Iscariota di identificarlo bene con un bacionella notte. Quest'ultimo arrivato, Renato Bruni, servì e si servì dellacordata romagnola per un ventennio, facendo il bello e cattivotempo sul personale dell'organico e le precedenze d'ufficio, finoa sostituirsi durante l'interregno di tre cardinali, prefettipsicolabili, fragili, imbecilli di un importante dicastero dicuria. Di costui tutti, in alto e in basso, erano disgustati, manessun magnate osava denunciarne la sconcezza. Troppo preziosoera il soggetto nel tessere l'invisibile trama della ragnatelaper il clan. L'insulto della sclerosi s'affaccia più spesso a far capolinonella pompa magna del sacro collegio cardinalizio, scegliendoquelle eminenze più adatte a far rima baciata con le rispettivedemenze. Che amara delusione è per chi ha speso un'intera vita acavalcare un ronzino che andava sciogliendosinell'incretinimento. Addio, sogni di gloria al vento! I congregati dei due manipoli, i Piacentini e i Romagnoli, ditanto in tanto escono all'aperto a singolar tenzone, quando c'èda spartire qualche posto di alto prestigio. A tal duello lesciabole restano tacite al muro, i foderi invece si battono insilenzio. Poi ciascuno rientra nei propri accampamenti.

Gladiatori e belve feroci Per l'alternanza al vertice della Chiesa, si sa, a segretario diStato sedette prima il romagnolo Amleto Cicognani, poi ilpiacentino Agostino Casaroli, al quale per un soffio non potéseguire il romagnolo Achille Silvestrini, che lo desideravaardentemente a ogni costo, nonostante la sua proverbialedormienza. Quando i due Cicognani scomparvero dalla scena vaticana,Silvestrini, benché fosse ben piazzato a segretario delpontificio Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa sottoil segretario di Stato piacentino Casaroli, riteneva piuttostotardiva la propria nomina a cardinale, e per ricordare in alto lesue aspettative aveva escogitato di tenere a Brisighella ognianno un solennissimo rito di suffragio per le benedette anime deisuoi due prozii cardinali, facendosi passare come nipote deiCicognani, sebbene i paesani che lo conoscevano smentisseroqualsiasi contiguità, neanche di confini. Fissata la data annuale, il prode Achille incaricava i suoiagit-prop, Renato Bruni (non ancora in disgrazia) e Mario Rizzi(emiliano della peggior specie), per il trasbordo in carovana conautocolonne di fuoriserie, quanti più papaveri rossoneripotessero angariare, sportivi di ben altro genere, alla volta diBrisighella, perché suffragassero fino a nuovi ordini le dueanime, che da confidente pronipote riteneva ne avessero ancoratanto bisogno. Poveretti! Che Dio li abbia in pace!, vociferavanonei corridoi di curia. Ovviamente dall'"Osservatore Romano" ilPapa apprendeva il messaggio in codice e quali personaggi Vip sifossero recati colà a pregare in gramaglie. I laici d'ordinanzain segreteria di Stato, romani veraci, commentavano tra loro:

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I Millenari - Via col vento in Vaticano«Quello là piagne i morti e frega i vivi!». L'ansioso nipote dei Cicognani dovette essere avvisato, forse insogno dai suoi falsi zii, che non ci sarebbero stati più suffragiper essi. E ciò in coincidenza con la data di quando la Santitàdi Nostro Signore, Giovanni Paolo II, lo creò cardinale nelconcistoro del 28 giugno 1988. Investitura ottenuta non certo ingrazia dei presunti zii Cicognani, ormai ininfluenti, quanto permerito dell'onorevole Bettino Craxi, filo-massone socialista, colquale don Achille aveva collaborato a metter su il famosoSconcordato del 1984 tra Vaticano e Italia, firmato giusto primache da transfuga il poco onorevole Cracchese prendesse il largocon precipitosa fuga e stabile dimora nel forte tunisino diHammameth. Il cacio cadde regolarmente sui maccheroni, proprio nel momentoin cui stavano per scuocersi. «Il vento spira dove vuole enessuno sa donde viene e dove va», spiegava nostro Signore aNicodemo, al sibilo di quella notte. A proposito di Sconcordato, a suo tempo la stampa ricordò laforte opposizione di tutti i cardinali e vescovi della Cei, sullaconcordanza del testo redatto dall'entourage socialistadell'onorevole Bettino Craxi e dell'onorabile Silvestrini.L'opinione pubblica venne informata del violentissimo scontro tradetto prelato di curia e il placido patriarca di Venezia,cardinale Albino Luciani, che si faceva portavoce della sferaecclesiastica e del laicato cattolico in aperta opposizione alprogetto di un siffatto testo così sconcordato. Gli avversari definivano lo Sconcordato un classico esempio didocumento redatto a tavolino, avulso dal contesto storico-sociale, senza interpellare la base, principalmente del clerodelle diocesi, a esclusivo vantaggio dei progettisti contraenti. Quando Albino Luciani, senza alcuna meschina macchinositàburocratica e senza la conflittualità dei sorpassi, fuinaspettatamente eletto Papa col nome di Giovanni Paolo I,Silvestrini, che seppure raffinato nei modi non gli venivaspontaneo d'apparire al nuovo Papa totalmente convertito, capìd'essersi giocato il cardinalato. Gli era abbastanza noto ilrigore morale del nuovo Pontefice per poterselo attirare nellesue mire faziose. Fu profondo e lungo il respiro di sollievo quando s'accertò chedopo soli 33 giorni quel Pontefice era stato trovato morto aletto. Dio sia benedetto! L'eccellente romagnolo potevaserenamente riprendere a sperare verso la scalata: o morte beata,mai fosti ritenuta così ben venuta come quella volta! Dal momentoche gli oppositori non si placavano neanche dopo firmato loSconcordato, egli escogitò lo stratagemma di affidare al prelatoVincenzo Fagiolo, quasi fosse la penna di don Giuseppe De Luca odi don Lorenzo Milani, spiriti liberi affrancati da ogni servitù,l'incarico di declamare sulla stampa pregi e vantaggi del patto,mentre assoldava ecclesiastici del clan a fare da galoppini, conconferenze e seminari, presso clero e vescovi di diocesi tra lepiù inquiete. Alla verifica dei fatti lo Sconcordato scopriva il fianco a delleincongruenze e superficialità che ora, senza fronzoli e senzaallori, appaiono sempre più gravi e preoccupanti, principalmentesul piano scolastico-formativo. I protagonisti di quell'intrigo,seppure imporporati, ora sono alla sbarra della storia, dovunqueappostati al di qua e al di là del Tevere. Ritornando sulla successione di Casaroli, i due pretendentidell'epoca, Silvestrini e Martinez Somalo, arrivarono ai ferricorti, scambiandosi lettere d'improperi con vicendevole scredito,spalleggiati dai loro sostenitori, direttamente interessati allavittoria del loro gladiatore assalito dalla belva feroce. Ilgoverno della Chiesa procede a forza di sorde risse tra fazionicorrentizie. I duelli all'attico sconvolgono i sottostanticondomini. Un assaggio dello scritto di Silvestrini contro Somalo, fattopervenire a molti dignitari di curia, diceva tra l'altro: «Presodalla gara dei professionisti per far carriera... c'è da restare

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoallibiti se si pensa ai particolari della finezza e bravura concui hai screditato il tuo possibile concorrente, AchilleSilvestrini, fabbricando contro di lui invenzioni a non finire...lingua pungente, la perfidia è la tua virtù più grande...». Ilpungente Somalo rispediva ai dignitari di cui sopra fotocopia delmedesimo scritto, con in calce il semplice commento: «Avvisomafioso -firmato: con tanto livore, Achille e il caro amicoGiovanni Coppa». Nel breviario di quei giorni i sacerdoti leggevano: «Non c'èsincerità sulla loro bocca, è pieno di perfidia il loro cuore; laloro gola è un sepolcro aperto, la loro lingua è tuttaadulazione. Condannali, o Dio, soccombano alle loro trame, pertanti loro delitti disperdili, perché a te si sono ribellati».Prelati di tanto rango trascendono a punzecchiarsi accanitamentefino ai colpi bassi, quando si tratta d'aggiudicarsi la prioritàdel sorpasso nel potere. Lo sgambetto, anche se maldestro escorretto, è tanto di moda in curia e fuori, che perde persino digusto. Quella gente, con cistifellea e prostata in disordine, s'invitavolentieri a pranzo per poi sfidarsi a duello rusticano. E unavolta in dirittura d'arrivo la corsa all'eliminazione dell'altrosi fa feroce, pur se sottile e abile. Il degno e il capacesoccombe; l'abile e il furbo trionfa. Quando il gioco si fa duro,i duri escono allo scoperto e si danno battaglia. Chi prevale faopinione, non importa se corrispondente o meno a quella giusta. Aqueste ultime toccate, la forza del diritto cede sempre di fronteal diritto della forza. A proposito del "caro amico Giovanni Coppa", il lettore potrebbegiustamente meravigliarsi della presenza di costui tra la cordatadei Romagnoli, essendo di Alba. Lui era uno dei più intimicollaboratori dell'allora onnipotente sostituto Giovanni Benelli,che metteva abilmente Jean Villot e Paolo VI di fronte ai fatticompiuti, per cui veniva indicato «Sua Eccedenza». La congregabenelliana era tutt'altra cosa. Monsignor Benelli chiamò Coppa in segreteria di Stato e,destinandolo alla stanza dei bottoni per controllarel'andirivieni dei giochi, lo fece assessore. Di lui si fidavaciecamente, anche se cecuziente per i troppi interventi allaretina. Chi lo sostituiva in integro, Giambattista Re, pretendevaanche la nomina ad assessore, visto che ormai era di casa inquella stanza. Ma né Benelli né Coppa mollavano. Lasciandoibernata per sé la successione a Firenze, quel sostituto cercavadi restare più a lungo possibile a guidare la Chiesa, in queimesi tanto decisivi, con Paolo VI allo stremo. Nessun cane cede volentieri l'osso di bocca. Esattamente quel chefa attualmente il successore di Benelli, che ha rifiutato diandare cardinale a Genova, preferendo meglio tenersi l'ufficio disostituto in segreteria di Stato. La segreteria di Stato di PioXII, papa Pacelli, cinquant'anni fa, era più snellita e fattivasenza nessun cardinale a capo; oggi, Sodano e Re non bastanoneanche, poiché sono sempre in giro col Papa a menare il can perl'aia. Un giorno, stando in fila all'annona, la perpetua di Coppa intutta segretezza confidava all'amica vicina che il suo prelatoquella mattina stava dormendo ancora, essendo rimasto di guardiafino alle 2 di notte in ufficio, finché non fosse tornatomonsignor Benelli a dargli il cambio; turno che accadeva dadiverse notti perché l'anziano Paolo VI era colto da accessi difebbre altissima, e il suo fisico avrebbe potuto cedere da unmomento all'altro: occorreva stare all'erta sulla cernita dellecarte d'ufficio da portare altrove in caso di inatteso decesso.Un pettegolo di monsignore che le precedeva nella fila, appuntòle orecchie e poi diffuse il comunicato a uno per volta, comesoliti fare per i segreti pontifici. Ristabilito il Papa alla men peggio, monsignor Benelli si reseconto che non c'era altro tempo da perdere e pressò l'anzianoPontefice a fare un concistoro, diciamo d'emergenza, pernominarlo subito cardinale e arcivescovo di Firenze, insieme a

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I Millenari - Via col vento in Vaticanotre altri nomi, arrabattati solo per far numero. Un anno dopoPaolo VI moriva. Dunque, con l'andata di Benelli dalla segreteria di Stato aFirenze dove incontrò sorella morte, Coppa e tutti gli altri suoiprotetti, rimasti orfani, si dettero all'arrembaggio come icrociati senza condottiero pagante: si salvi chi può. Ognuno sicercava il protettore benevolo ad accoglierlo, e Coppa si scelseSilvestrini, che lo cooptò volentieri nella sua carrellata. Anzi,fece in modo da fargli attribuire addirittura l'incarico che fugià suo, il più segreto e il più importante della segreteria diStato, detto "Ufficio del personale", dove si accomodano idossier dei più alti dignitari da destinare ai vertici dellaChiesa, ovviamente condizionati e pilotati secondo gliorientamenti del diktat dei capi, che il Papa approva senz'altrosospettare. In detto ufficio gli accreditati a fare carriera sono inscrittinel registro bianco con i relativi dossier altrettanto bianchi etrasparenti; invece, i reietti, cioè i destinati nelle catacombe,se assurti a tanta pubblicità, vanno ascritti nel registro nerocon tanto di note opache, ombrose, dubbiose. Va da sé che quellidel libro bianco sono preconizzati a scalare le vette innevatedelle svariate carriere ecclesiastiche. La troppa ingerenza di Coppa negli affari di curia, inclusearbitrarie nomine di prelati di Alba presso università pontificiee nei dicasteri, fece scattare la molla per un suoallontanamento, relegandolo come nunzio nel minuscolo Stato dellaRepubblica Ceca (1990), dove si destreggia a rappresentare sestesso sempre in stretto contatto col protettore Silvestrini.Basti dire che in poco meno di un anno e mezzo è riuscito a fartornare in quel piccolo Paese il Papa per ben tre volte senza ungiustificato motivo politico e religioso. In paziente attesas'aspetta che il vento cambi da prora a poppa, leggi Coppa. In tutta questa giostra ad avvantaggiarsene è sempre il solitofaccendiere cardinale romagnolo, il quale si è posto a presiedereil governo-ombra della Chiesa ritenendosi più che sufficiente areggerla da solo, assenti o presenti i corifei della segreteriadi Stato.

10.

LAZZI, SOLLAZZI E INTRALLAZZI SACRI.

Morto Paolo VI il 6 agosto 1978, i mass media e la stampaportavano l'arcivescovo di Genova, cardinale Giuseppe Siri - unvero gigante nel sacro collegio per pastoralità, formazioneintellettuale, coerenza tra fede e vita, fedeltà alla tradizionedella Chiesa - come già Papa eletto ancor prima d'entrare inconclave. Egli a Roma in quei giorni precedenti aveva in listad'appuntamento cardinali, ambasciatori, politici e prelati d'ogniestrazione e corrente. L'arcivescovo Siri, modesto, dalla parolapacata e precisa e tagliente come spada a doppio taglio,ascoltava senza troppe illusioni: sapeva d'essere inviso a unacerta categoria massonica di stanza in Vaticano. Non potevaindovinare però quale tiro mancino questa gli stesse preparandodietro, per destituirlo da quel plebiscito di pronostici econsensi. Naturalmente, i giganti vanno visti da lontano perapprezzarne la statura ciclopica, e per non correre il rischiod'assimilarli ai mostri. La mattina del conclave, Siri fa appena in tempo ad apprenderedai titoli dei giornali d'aver rilasciato un'intervista, che luinon ha dato, in merito all'incisività dell'azione del futuro Papae a quello che dovrebbe effettuare, nella quale gli siattribuiscono alcuni passaggi delicati e rischiosi, giusto peropacizzare il cardinale papabile. L'arcivescovo di Genova nonebbe neanche il tempo per una smentita: la porta del conclave glisi chiudeva alle spalle. Il messaggio di quella combriccola feceeco in conclave, prontamente raccolto dall'assise, che perprudenza - si disse - mise da parte il colosso preconizzato.

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I Millenari - Via col vento in Vaticano Ma Siri fu non soltanto un Pontefice mancato. Non tutti sannoche fu anche un segretario di Stato mancato, all'inizio delpontificato di Wojtyla. Nell'archivio segreto del cardinale di Genova c'è anche lalettera di un prelato romano, scrittagli dopo l'elezione diGiovanni Paolo II: si legge che alcuni cardinali avevano indicatol'opportunità di avere come segretario di Stato una persona dellastatura di Siri, e l'arcivescovo veniva esortato a fare l'enormesacrificio di rinunciare a Genova per affrontare con coraggio ilpiù energico repulisti di prelati sospetti nei più reconditiangoli della curia romana, per poi se mai offrirsi al cambio diguardia. Il porporato rispose alla missiva il giorno dopo Natale1978, scusandosi del ritardo per poi proseguire: «Per quel che miriguarda, ho sempre obbedito anche quando obbedire costava caro;non ho l'intenzione di cambiare marcia nell'ultima parte dellamia vita. Sto agli ordini. Ma ho l'impressione che gli "ordini"non verranno». La sua rigidezza non sarebbe stata gradita aipiani di curia e alle logge raffaellesche. Benelli e Baggio furono protagonisti, nel primo e nel secondoconclave, ma le rispettive correnti fecero provvidenzialmenteacerba resistenza tra loro, così che per un pelo non scappò ilPapa di loro gradimento. Le due congreghe, intransigenti sulproprio candidato, non permisero che i rispettivi voti siriversassero sull'altro. La soluzione fu di ripiego: per intantobastava eliminare il temibile colosso di Genova. L'inceppoburocratico permise alla provvidenza di bussare la prima voltacon Giovanni Paolo I, papa Luciani sorridente, morto altrentatreesimo giorno di pontificato: fu morte naturale? A conclave nuovamente riunito per la seconda volta, le fazionis'incrociano più di prima a spada tratta. Prese alla sprovvista,le pie camarille fecero la conta alla svelta e constatarono ilpericolo che il cardinale Siri ce l'avrebbe comodamente fatta,anche se in favore di Baggio s'era allineato frattanto qualchealtro adepto. Gli ordini di scuderia fecero ripiegare alla sveltai voti di entrambi i correntisti sullo straniero, sul cui nomenel precedente conclave s'erano accentrati 17 voti. Forse, intanto consesso quel numero porta fortuna. Mentre la curia assisteva benevola all'accoglienza della calatapolacca, nel frattempo prendeva atto volentieri della imprevistamorte del vice Pontefice Jean Villot. Anche per lui, maghi eveggenti si domandarono se fu vero morbo quello che in breve lostecchì. In Vaticano, a ogni cambio di guardia al vertice, s'assiste acomposizioni e scomposizioni di effimeri agglomerati di famiglie:ben consce che là di stabile c'è soltanto il provvisorio e diaffidabile l'inganno. E l'effimero - diceva Catone - è caro anchea pagarlo un soldo. Quando capita che per reconditi motivi una corrente in selladebba soccombere, i rispettivi prelati di cordata si dispongono aentrare in cella frigorifera, dove con modestia e pazienzaaspettano che torni per loro la sperata primavera. Che può durareun papato o il periodo sufficiente che un loro adepto cardinalefaccia il salto di qualità. Lo scorcio di ogni pontificato, che s'avvia al crepuscolo, èsempre deleterio per l'elite della Chiesa, come la lunga agoniadel Crocifisso tra i ladroni. Sicché la morte del Ponteficepolacco ormai infermo s'abbina a suprema speranza, cui s'appendel'attesa di un radicale mutamento futuro. Secondo Aristotele, lasperanza è un sogno fatto da svegli. Sotto la crosta ghiacciataperò, in attesa, preparano il loro piano d'attacco, misurando iltempo sul quadrante di un orologio planetario. Arrivata l'ora,come termiti dal letargo si dispongono verso l'uscita all'apertopiù pimpanti e aggressivi del solito. Durante questa ibernazione, la punta galleggiante dell'iceberg èsoltanto la nona parte dell'intero; i nove decimi sommersi, senzadenominazione e senza appariscenza, sono appunto la parte piùpericolosa, quella da evitare in caso di scontro. I grandicamaleonti restano così mimetizzati all'interno del meccanismo

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I Millenari - Via col vento in Vaticanodella porta girevole, pronti a rientrare in gioco quando il ventocambia. Gli esclusi sono soltanto gli incastrati perdisavventura. Ogni volta che Cristo si riaffaccia alle soglie della storia,ad esempio Fatima, Padre Pio, Medjugorie, subito gli si fannoincontro preoccupati quelli di curia a trattenerlo per la manica,insinuandogli la convenienza di modificarne il cammino, di tacereeventuali secreti, l'opportunità di raddolcire l'asserzione, unripensamento di contenuto, il che poi è devianza sotto forma diprudenza. Giusto come ricordava San Bernardo: «Lo zelo degliecclesiastici serve solo per garantirsi il posto. Tutto vienfatto per la carriera, niente o ben poco per la santità. Setentassi di ridurre questo apparato e di essere più alla mano,direbbero: "Per carità, questo non conviene, non è conforme aitempi, non è adatto alla vostra maestà; badate alla dignità dellavostra persona"». Dio in Vaticano si diverte a creare paradisi contrastanti, dove ipotenti dignitari si godono gli appostamenti delle fazioni inlizza, lasciandoli però senza un inferno comune, per potersiriunire insieme, come al bar.

Intrighi, clientele e raccomandazioni. Il malcostume porta alla corruzione e alla concussione. Imagistrati di "Mani pulite", a Milano, hanno avuto il coraggio didenunciare senza mezzi termini all'Italia e al mondo tantacorruttela. La denuncia è gravissima per tutte le società civili.Sono scattate le manette ai Vip della politica, dell'aristocraziae del mondo industriale, coinvolgendo trasversalmente partiti,massoneria e Chiesa. Un repulisti salutare, anche seall'"Osservatore Romano" non piace. Peccato che un pool anticorruzione del genere non sorgerà mainel cuore della cittadella vaticana! Il dito s'appunterebbe sullapurulenza cancerosa, che infetta qua e là l'intero corpo misticodi Cristo. Ma chi ne denunciasse l'esistenza, rimarrebbesoffocato nel silenzio di quanti scendono nella tomba. La moralità, in Vaticano, è infestata di intrighi, corruttele,clientele e raccomandazioni. Si è già accennato alle segnalazionicommendatizie per i candidati all'episcopato, unico sistema discelta per eleggerli. Ebbene, anche per tutte le promozioni dicarriera nella curia romana, al posto dei concorsi e dei meritid'ufficio, impera l'indecenza della clientela e dellaraccomandazione. Si sa, ogni votato al successo di curia possiede più crismi checarismi. Ma che importa? Succede anche altrove; quanti vescovi,interessati a certe promozioni ecclesiastiche, nelle informazioniaiutano il nunzio di quel Paese ad assumerle sbagliate? Qualcunoha sentenziato che due soltanto sono le categorie che hannobisogno del protettore per andare avanti sulla propria strada: lebelle di notte in attesa d'ingaggio sui marciapiedi, e imonsignori ansiosi di fare carriera in Vaticano. Come ogni altro impiegato, anche quello di curia tiene sempre unsogno nel suo cassetto. Cosciente, però, di non poterlorealizzare con le sue sole forze, si mette alla ricerca sfrenatadi un prelato protettore, possibilmente il più taumaturgopossibile sulla piazza, costi quel che costi, anche con qualchefrangia dell'etica, pronto a immolare di sé tutto l'immolabile.Succede così che gli stalloni vanno in pista e i purosangue soncostretti a tirare la carretta inesorabilmente. La promozionediventa merce di baratto e la si mercanteggia a prezzoequivalente come se fosse un cavallo di razza. Alcuni greci chiesero a Filippo e a Tommaso una raccomandazioneper essere presentati a Gesù; da ciò i curiali deducono l'originedivina della raccomandazione, affidandosi al più prestigiosoprelato sulla cresta dell'onda per ottenere particolarisegnalazioni nell'avanzamento. Non ci sono valutazioni sullapreparazione o meno del candidato, concorsi neanche a parlarne:solo interscambi di favori tra di loro, i potenti, per i proprifavoriti. Ogni officiale di curia romana, prima via della Chiesa,

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I Millenari - Via col vento in Vaticanopur essendo uomo storico e concreto come gli altri, perinveterata consuetudine resta alla mercé del suo superiore. E'nelle facoltà del superiore anteporre, posporre, discriminarechiunque nella contea del suo ufficio. Egli non è tenuto a darespiegazioni di sorta a chicchessia. La sua volontà è legge:«Stat pro lege voluntas», la volontà fa legge. Così,l'intraprendente impiegato di curia finisce col convincersi difare la volontà divina quando riesce a convergere, o meglio acontorcere, questa sulla propria, ritenendola una confermadall'alto, come «chi vuol ridurre Dio in suo potere». Il superiore monarca non è sempre equanime e giusto; non siritiene costretto a remunerare i suoi collaboratori secondo imeriti e i diritti d'anzianità d'ufficio o di competenza. Le suedecisioni possono non rispettare un codice deontologico, maseguire l'arbitrio delle simpatie e delle antipatie, oppure inbase ad appartenenze a clan e famiglie, o per altre prestazionida ricompensare. Nell'ambiente curiale, pettegolo e sospettoso, la mancatacollazione del dovuto equivale a una pubblica denunciadiffamatoria al cospetto di tutti, che s'interrogano: chissàquali reati gravi ha commesso quel tal suddito per esserelasciato al palo. Sicché la promozione mancata e la stessaonorificenza ritardata diventa una pubblica accusa; l'interessatol'attende o la richiede non per quel che da, quanto per quel chetoglie. «Ho scritto qualche parola alla Chiesa, ma Diotrefe, che ambisceil primo posto tra loro, non ci vuole accogliere» (San Giovannievangelista). Da allora in poi, misericordia!, quanti diotrefi sisono moltiplicati nella Chiesa ad ambire i primi posti fin dovepossono arrivare e, perché no, persino a quello di Papa. I pranzi e le cene di certi prelati sono passati alla storia.Quelli della nostra epoca non sono dammeno. Basti ricordare ilbanchetto faraonico fatto al cospetto del mondo in occasione del50‘ di sacerdozio di Giovanni Paolo II per iniziativa dell'alieràsegretario del Dicastero per il clero, monsignor Crescenzio Sepe.Completo nei dettagli del succulento menù, con il Papa a tavolafra duemila allegri contemporanei nel sacerdozio, muniti dipietanze, di vino e di stecchini. Dai tempi forti ai pranzi forti il passo è breve. Quante volteaccade che ciò che non si riesce a risolvere con la zucca, lo sirisolve agevolmente con la zuppa e un buon bicchiere di vino! E'un vero e proprio ministero pranzorale. A colazione e al buffet si fabbrica la storia, dietro piacevoledegustazione, ottima libagione, e in compagnia di brava gente conla quale il tempo sembra fermato da Giosuè, finché non escevittorioso il candidato di turno o la tesi vincente. A quellatavola si parla volentieri di tutto, di riforma e di avanzamentida effettuare quasi subito dopo cena, facendo camminare la storiaal passo con la digestione e regolandone i destini dentro le oredi quella brigata mangereccia. Paiono tutti concordi della causada portare a buon fine, per il cui trionfo generoso scende ilsugo del vitigno nel bicchiere scintillante. I monsignori, salvo poche eccezioni, sono dei buongustai atavola, specialmente se a offrire il pranzo è sempre l'altro.Invitante e invitati sanno che dietro quel rito c'è sempre datirare le somme in un seguito non lontano. Frattanto si fa onorealla tavola, e per questo senza fretta, per ripudiare la fame esentire il gusto della sazietà, si continuano a usare i quattropalmenti in trazione. I pranzi offerti ai superiori di curia molto spesso prendono ilposto dei concorsi interni. Riuscire ad avere l'assenso del pezzoda ottanta significherebbe preconizzarsi l'assunzione ol'avanzamento oppure la laurea in tasca. Al tavolo centrale nondeve mancare l'esaminando, cioè l'aspirante, seduto casualmente(si fa per dire) accanto all'esaminante, che è quello chedeciderà. Il primo, l'esaminando, deve saper giocare in egualmisura di destrezza e di boccata, quanto basta per daremodestamente a intendere che l'aspirante merita. Il secondo,

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I Millenari - Via col vento in Vaticanol'esaminante, gioca anche lui a passare da delegato deldelegante, cui spetterebbe l'ultima parola. Ma se la degustazioneè ottima, l'affare si ritiene concluso. Molti prelati s'incontrano volentieri in colazioni di lavoro, perlo smaltimento appunto gastronomico e alcolico. In tali incontrile promozioni dei raccomandati avanzano più spedite. I camerieridi mestiere, quelli più fidati, notano di sottecchi che anche ipiù contegnosi prelati man mano che alzano col bicchiere ilgomito, di pari passo con sussiego s'eleva il loro morale. Gliadusi alla miscelanza dei fumi scommettono sulla vincita: beh, èfatta! In posti riservati, dentro sale lontane da orecchie indiscrete,con privacy rigorosamente assicurata, serviti da personaleriservatissimo a tutta prova, qui lo spirituale si fidanza meglioal materiale: tra lazzi, sollazzi e intrallazzi sacri, missionecompiuta! Dopo le prime confidenze, filtrano le informazioni dicerto interesse; si fanno promesse di rigoroso riserbo; siprosegue con le valutazioni personali; si fanno i nomi deipromovendi, il percorso da tenere, i prelati da coinvolgere alprogetto da far giungere in porto. Da chi assumere e ottenereinformazioni di tutta sicurezza. Quando l'approverà il Papa,anche il Signore sarà dalla loro parte, tanto per non far trovarecontraddetto il Suo Vicario. Alla fine il cameriere porta sul piatto il conto della cena. Chilo solve, anche se salato, si dice contento: Parigi vai bene unamessa!

Compromessi, pressioni e delazioni. Il predominio della cupidigia di potere senza inibitori, ilregno della megalomania promozionale, della più cinicasfrontatezza dei favoritismi fino alla corruttela, tutto questo èpossibile trovare in Vaticano. Abili a rimanere in equilibrio sulla corda, gli arrivati aivertici superiori, quand'anche si rivelassero non idonei al postoche occupano, fanno sapere sopra che per dignità e per l'incaricoricoperto essi si muoveranno solo in vista d'un avanzamentomigliore. Da dove poi intrallazzare e riemergere nuovamente atempo debito. Un'araba fenice che rispunta di continuo dalle sueceneri, usando abilmente le sue stesse sconfitte come trampolinodi lancio. Loro, al posto dell'espiazione, riescono a ottenerepromozioni e plausi grazie al mirabile meccanismo il cui segretoè a tutti noto. Se un preconizzato o un promosso, pur facendola grossa, riesce anon perdere l'appoggio del protettore, subito si fa ricorso, comea ultima ratio, alla regola d'oro: promoveatur ut amoveatur, chesignifica la promozione se si vuole la rimozione. La massimaspesso serve da stura con grossa quota d'ingiustizia, ma semprevalida per occultare abnormi magagne nelle pieghe misteriosedell'ingranaggio dei giochi di curia. Sul rovescio di ognuna diesse si legge in codice romanesco: «Dejantri nun ce ne fregagnente!». A scapito di chi ne ha diritto, l'emergendo, pur secolpevole, verrà ugualmente premiato, tacendo e indorando glistessi misfatti di pregevoli meriti. In curia sfonda colui che sidimena meglio all'ombra del protettore. La candidatura delpreconizzato corre veloce sul filo del bisbiglio fastidioso;striscia la notizia. Dio nella sua semplicità sa mettere il bene esattamente allaparte opposta del male. Gli uomini, invece, nella loro abilitàriescono a far combaciare il male sul bene, invertendone i ruolie l'intercambiabilità a volta a volta che occorra. E allorché èrepellente far accettare tout court l'opposto del contrario,allora rivestono il bene di impudiche parole, cioè di calunnie, eil male di ottime idee false; e in tal modo camuffate, nonpotendole presentare a Dio onnisciente, che le ripudierebbe condisgusto, le subintroducono al Suo Vicario in terra, nesciente,affinché scelga il male travestito di bene e rigetti il beneannerito di calunnie. Una volta approvato il disegno, si scriveche è tutt'opera ispirata dallo Spirito Santo, il quale non

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoc'entra affatto in codesti imbrogli. Così avvengono certe concordanze promozionali: compromessi,pressioni, manovre e delazioni. Non è giocando sulle parole,com'è costume, che la sostanza delle cose muta. E se digratitudine si parla, questa diventa quasi sempre avallo esperanza per ulteriori favori, vicendevoli s'intende. Sono rambi e rambismi di curia noti ormai anche alle frattagliedi servizio. Nella Chiesa c'è abbastanza luce per chi crede eabbastanza ombre per chi dubita, dice Pascal. Mediante uno di questi giochi sporchi era arrivato un prelatostatunitense a occupare un posto primario in curia, proprio làdove si modellano i vasellami vescovili. Nei pochi anni trascorsiin quell'importante dicastero, fece parlare per uno stranodisbrigo, a suo dire, di certe pratiche di lavoro straordinario,fatto in compagnia di qualche bel giovane, chiusi in queldicastero fino a ora tarda. Ma i portieri dei due stabili, di casa e dell'ufficio, non eranodello stesso avviso; si chiacchierava molto intorno al movente diquel trattenimento notturno. Dovendolo rimuovere, il prelatovenne destinato a una grande arcidiocesi in patria. Lui, ilprelato, accettò ma a una condizione: che prò hac vice fosseanche sede cardinalizia. Poco dopo, quasi per consenso divino, ilprelato americano, dedito a prestazioni "straordinarie", vennedeclamato cardinale di Santa Romana Chiesa. E' stato tenuto in Vaticano un Festival per il Clero:"manifestazione in occasione del simposio promosso dallaCongregazione per il clero per il 30‘ anniversario dipromulgazione del decreto conciliare Presbyterorum Ordinis", conl'intervento del Papa alla conclusione festivalesca. Superfluoogni commento, evidenziato tra rigo e rigo sulla stampainternazionale e consegnato alla storia. Tutto era all'insegna di un malcelato esibizionismo del prelatosegretario, uomo ordinario postosi in condizioni straordinarie daapparire eccezionale. Per la bisogna autoregista, aveva ideato iltutto per porsi in dirittura d'arrivo alla guida del suodicastero, dato che il cardinale prefetto stava per tagliare iltraguardo dell'età canonica. Non ce la fece per un'unghia. Ma quel festival valse ad avocare a sé l'ipoteca sui successivifesteggiamenti per il 50‘ di sacerdozio del Papa, così benriusciti che gli valsero la promozione alla segreteria generaledel Comitato per il Giubileo Duemila. La pomposa manifestazione cinquantenaria fu data in mondovisioneper diversi giorni. La stampa in prima pagina non parlavad'altro. Ai tre popoli del Corno d'Africa, che in quei giorni sidecimavano tra loro a centinaia di migliaia, fu messa la sordina,perché non disturbassero il resto del mondo dallo spettacolo,definito carnascialesco. Troppa parte della Chiesa è distratta da cose materiali e terreneda scambiare questa nostra transeunte passeggiata sul pianetacome una palestra perenne di egoistiche aspirazioni esoddisfazioni corporee. Benché da tutti sia risaputo che lafelicità non risiede nell'avere ma nell'essere, al prelato con losprint nelle vene è più confacente esprimersi: datemi ilsuperfluo e farò a meno del necessario (Oscar Wilde). Sembrava in quei giorni festanti di ascoltare il ripudio di Dioper bocca del profeta Malachia: «Ora a voi questo monito, osacerdoti. Ecco, spanderò sul vostro volto escrementi, gliescrementi delle vittime immolate nelle vostre solennità, perchésiate spazzati via insieme con essi». Un altro fresco esempio di spostamenti di pedine sbagliatenello scacchiere curiale lo si leggeva sui quotidiani dellacapitale, i cui articolisti, sollecitati apposta dai prelatiinteressati, presentavano all'opinione pubblica il cambio diguardia "in corsia" - l'incarico di segretario generale nelcomitato centrale per l'Anno Santo che passava dall'uscenteSergio Sebastiani al subentrante Crescenzio Sepe - come unafelicissima trovata, scoperta quasi per incanto. Due avanzamenti,due preconizzati alla cardinalanza, due felici promozioni, nel

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I Millenari - Via col vento in Vaticanocui gioco a scacchi spunta persino un irrequieto alfiere, certomonsignor Liberio Andreatta, dalla durezza lessicale sarda,aspirante a entrare nel vortice dei grandi eventi religiosi didetto comitato, come logica conseguenza di un dato di fatto: chiha voluto Sepe ha previsto anche Andreatta. Quanta lungimiranzain suo favore: perché? Si tratta del monsignore posto a capo di una lucrosaorganizzazione plurimiliardaria appresso a quegli ambienti, chesi fa notare attraverso l'opera di turismo religioso divantaggioso riporto economico (9). Gira che ti rigira, es'inventa la distribuzione di un foulard colorato, tutto compresonel conto, al collo e in mano agli ignari pellegrini,strumentalizzati a farlo sventolare a più riprese e a più nonposso durante cerimonie e udienze generali, al fine di darla aintendere a chi deve intendere i reconditi scopi promozionali:«Badate che qui ci sono anch'io!». Chi sa leggere questi fatti dal rovescio, vede a chiare note chela scelta di monsignor Sebastiani per quel comitato fu un erroredi persona inadatta al caso: uno privo d'iniziative, ma colserbatoio pieno di sé. Come riparare? Con un possibile scambioche renda tutti felici e contenti, in vista della porpora. Ilvento di curia non sai da dove nasce, ma puoi prevedere dovearriva, per via di quei giochi di funambolismi ecclesiastici chedanno spettacolo in piazza. Siffatti prelati un giorno andranno da miseri mortali a bussarealla porta dello Sposo in festa: «Signore, Signore, aprici poichéabbiamo profetato in Tuo nome, cacciato i demoni in Tuo nome,compiuto miracoli in Tuo nome». Che smacco se dopo tantodimenarsi, tanto esibirsi, tanto sporgersi fuori cornice, dopotanta millanteria, sentirsi dal di dentro rispondere con vocescostante: «Allontanatevi da me voi tutti operatori di iniquità».

NOTA: (9) Liberio Andreatta è presidente dell'Opera romanapellegrinaggi, la cui gestione è nell'ordine di un businessmultimiliardario derivato dai viaggi in Terra Santa, Lourdes,Fatima, e altri. Si dice sia parente dell'onorevole Beniamino, ilpolitico cattolico.

11.

IL GIAVELLOTTO DELL'OMOSESSUALITA'.

Nell'ambiente ecclesiastico, e particolarmente nella curiavaticana, l'omosessualità o è una calunnia che mette fuori uso lavittima per il resto della sua vita, oppure è un tiro algiavellotto che gli sportivi per vincere lanciano più lontanopossibile. E', comunque, uno sport pesante, coltivato dai menosofisticati. Il fenomeno dell'omosessualità - una condizione dell'essere difronte alla quale oggi si usano atteggiamenti più blandi ecomprensivi - in certi ambienti vaticani serve per i promovendi afarli avanzare più lestamente, per i sommergendi a escluderlida ogni aspirazione, imbrattandoli di tanto sterco perscoraggiarli a tendere verso mete e aspirazioni promozionali.Meschini gli intrighi e i loro protagonisti! A volte, nell'elenco dei promovendi ha più possibilità chi sipresta dalla cintola in giù, di chi dalla cintola in su usa cuoree cervello a tutto servizio di Dio e dei fratelli. Colà, vale piùla grazia che il merito. A molti prelati di curia per certa inconfessata debolezza capitache il bello attiri più benevolenza e predilezione del bravo.Sotto sotto si legge quasi sempre un po' d'efebismo in certesimpatie del superiore. Il suddito fin dal suo primo ingaggio sifa consapevole di tale sua prerogativa e vi fa volentieriricorso, avvantaggiandosene. L'apparenza del madonne, che dimaschio ha l'indispensabile e di femminile il gradevoleportamento, spesso inganna persino se stesso, giocando

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I Millenari - Via col vento in Vaticanosull'equivoco con profitto, grazie alle sue recondite armonieinfrastrutturate a fattezze diverse. Almeno fin tanto che la suadebolezza non gli bruci le ali per eccesso di finocchieria.

Lanciatori di giavellotto. In una diocesi d'Italia un giovane chiamava in tribunale civileil suo vescovo per abuso sessuale su di lui. Era ovvio che ilvescovo negasse tutto, ma il giudice emise sentenza di condannacontro il prelato con la condizionale. Invitato a dimettersi, ilmonsignore chiese una nomina in curia a Roma, diversamente non sisarebbe mosso di lì. Nei codici civili nazionali questo modo di ricattare èperseguibile in giudizio quale reato; in quello ecclesiastico lapretesa è giustificata con la formula indorata promoveatur utamoveatur, cioè promozione al posto superiore per rimuoverlo dalposto che occupa con scandalo. Quindi, con molta disinvoltura enaturalezza, quel vescovo ebbe il trasferimento a Roma colsurrogato di delegato presso un ufficio di curia, inventato aposta per collocarlo a un angolo. A nulla valse la riluttanza delcapo di quel dicastero, ostinatosi a non cedere al reo neancheuna sedia dietro la scrivania. Il promosso-rimosso vescovo iniziò subito il tiremmolla dicompetenze e di contrasti, giocando con abilità e sfrontatezza lacarta del disagio in cui si veniva a trovare non per colpa sua.Se il promoveatur ut amoveatur vale per ogni disagevolesituazione, perché non avvalersene anche per questo caso? Un belgiorno il nome di quel delegato apparve promosso segretario di unaltro dicastero attento alle trasmigrazioni, forse perché anche idiversi ora mirano a vivere in nuclei di transumanza. Il ventofinora gli ha fatto bene. Tempo fa, a Roma, la polizia s'accostava di notte a unafuoriserie posteggiata lungo la strada laterale sotto gli alberinelle adiacenze del Circo Massimo: notati i due occupanti inatteggiamento semiadamitico, i poliziotti invitavano entrambi aseguirli in questura per le generalità. La stampa il giornoappresso pubblicò il nome del prelato, di cui si conosceva ildebole, e quello dell'amico particolare. Da quel giorno, i cattivi curiali presero a parafrasarel'aforisma «Si non caste, saltem caute-» (se non propriocastamente, almeno cautamente), con l'altro «Si non caste, saltemcaste!», con riferimento al nome del protagonista e al suoarrangiamento erotico. Però col vento in poppa quel gran figliodi diplomatico, benché vivesse una vita alquanto singolare,essendo in corsia di sorpasso, ecco che approda serenamente primaa sottosegretario e ultimamente ad arcivescovo segretario didicastero. Signore, come sei prodigo persino coi diversi! Per castigo Dio fece dire a Israele: «Et dabo pueros principeseorum; et effeminati dominabuntur eis», e darò loro prìncipifanciulli e gli effeminati saranno i loro dominatori. In Vaticano è ben noto il caso di un grosso prelato che tennesotto scacco la curia per circa un quarantennio. Dicevano: piùlui in curia, che Carlo in Francia. Unico figlio, scoprì daadulto la vocazione al sacerdozio, che senza formazione adeguataabbracciò un po' per lassitudine e un po' per rapimento. Brigòper servire la Chiesa esattamente in segreteria di Stato, doveapprodò di filato, seppure non da tutti gradito. In forse se tenerlo o no, stette in prova presso il sostitutoGiovanni Battista Montini, che se lo tenne come segretariopersonale e che da allora lo protesse a spada tratta, finchévisse. Astuto com'era, il prelato si guadagnò la stima del suoprotettore Montini con la puntigliosa precisione e rigorosità dicui andava fiero. In curia lo conoscevano dotato di moderatapazienza nell'attendere il suo turno. Di vita egocentrica, di carattere rigido e aspro, di intelligenzabrillante, di comportamento da tiranno assoluto, costui erasbrigativo e rude nel tratto, ma generoso e a volte benevolo ecomprensivo. Aveva acquisito il difetto del suo padrone: parzialee partigiano con tutti fino alla morbosità, sia nel proteggere

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoche nel perseguitare. Era un perfetto concentrato di virtù edifetti in giusta miscela e, si sa, in curia i vizi del superiorevengono montati, incartati e confezionati ad arte da sembrarevirtù. La decadenza morale porta a quella mentale, in contrastocon la logica. In carriera diplomatica, a Berna ebbe un incidente affettivocon una giovane suora di nunziatura, che voleva onestamentesposare. Trasferita la suora altrove, il prelato fu spedito inaltra nunziatura, avanzando di livello. Soltanto, c'eral'inconveniente che la religiosa apparteneva alla stessacongregazione di suor Pasqualina, a servizio presso Pio XII;essa, finché stette con papa Pacelli, riuscì a tenerlo esclusodall'episcopato. Soltanto dopo morto il Papa, riposta suorPasqualina, eletto papa Roncalli. quel desso fu fatto vescovo enunzio. Quando Montini da Milano divenne Paolo VI. l'ex suo segretarioparticolare dalla nunziatura egiziana gli parlò in cifra pertornare a servirlo a Roma più da vicino. Presentatesi in curia,il prelato rampante si vide offrire un dicastero noncardinalizio, che non accettò. Intanto arrivarono pure i suoicolli che aveva fatto in tempo a spedire. Rifiutò di tornareindietro. Fece sapere che aspettava ordini. I capidicasteri, però, riferivano al Papa che non lo gradivanocome segretario nel proprio ufficio. Ma Paolo VI, quando volevauna cosa, bucava l'interlocutore coi suoi occhi impenetrabili,sottili, come trapano al laser, così che l'altro, raggelato einerme, accettava in silenzio. Si dava il caso fortuito che lo stesso nunzio che lo aveva tiratofuori dal pasticcio di Berna, ora da cardinale stava a capo di undicastero di curia. Solo lui poteva rilanciargli la scialuppa disalvataggio. L'augusto protettore consigliò al prelato rampantedi raggiungere tale porporato nella sua villa bergamasca, dovetrascorreva lunghi periodi di freschi ozi; parlò a nome del Papa,e il teste accettò. Due giorni dopo "L'Osservatore Romano" pubblicava il nome delsuccessore di monsignor Giovanni Scapinelli, che fin alloraviveva trepidante i suoi giorni nel tremore delle dimissionisenza porpora. Ciò che avvenne. Il promosso dignitario rimase astrafare in curia per ancora un ventennio, millantando appoggio ecredito smisurato da parte di papa Montini. Tutti quelli dicuria, compreso il potente sostituto Benelli da lui gratificatoanche di fagiani reali, erano convinti che ormai da quel postoegli non sarebbe uscito che da cardinale. Lo strapotere del promosso dignitario sfociava in platealifavoritismi e in amicizie particolari, persino con famiglie digiovanile aspetto, ai limiti della decenza, dando a intendere chelui tutto poteva sul cuor di Federico. Un pomeriggio, barcollandoalticcio nel corridoio d'ufficio, costui cantava di sé: «Chesegretario che ci avete!». Accompagnato a braccio dagli uscierinel suo contiguo appartamento, riluttante lui li apostrofavaquali energumeni per il poco riguardo con cui lo costringevano arientrare in casa... A seguito di una severa inchiesta sul suo conto, fu portatoall'attenzione del Papa il risultato, ma il Pontefice non volleintervenire. Mentre Dio vuole soltanto tutto quello che può nelbene, quel prelato poteva tutto quello che voleva nel male.Abbindolava tutti i cardinali prefetti che si succedevano neldicastero durante il suo lungo incarico, rigirandoseli comemanichini per farli entrare nell'ottica delle sue mire. Mancavano pochi giorni dal concistoro indetto da Paolo VI, per lacreazione dei preconizzati cardinali. Nella lista dei nuoviporporati al terzo posto figurava il nome del suo protetto exsegretario. Il cardinale Dino Staffa, prefetto del supremotribunale della Segnatura Apostolica, cercò di accertarsi suifatti addebitati all'arcivescovo segretario; avutane conferma,con disappunto, battendo con stizza la mano sul ginocchio,diceva: «Eppure sarebbe stata l'occasione buona per liberare ilsacro collegio da codesto personaggio. E' un insulto per tutti i

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I Millenari - Via col vento in Vaticanosuoi membri!». Ma è noto che l'uomo propone e Dio dispone. Si era all'anno dellamassima svalutazione monetaria, nel 1975. La lira calava giornodopo giorno sempre più a picco, con massima preoccupazione di chiaveva qualche gruzzolo da parte. I fortunati cercavano ditrasferire all'estero la valuta italiana, cosiddetta pregiata.Alcuni però venivano fermati al confine svizzero e portati difilato in gattabuia; la stampa informava sistematicamentel'opinione pubblica proprio al fine di scoraggiare tutti glialtri dal farlo. Per mettere al sicuro i suoi risparmi, il nostro dignitariodecise di trasferirli oltre confine qualche giorno prima dellasua nomina a cardinale. Un'operazione di routine e senza troppiintoppi, per lui cittadino vaticano; almeno così pensava. Si feceaccompagnare da un capitano della Guardia di finanza, una stazzadi bellimbusto, fratello di un monsignore del suo ufficio.L'aitante militare dava spago al prelato soltanto peravvantaggiare la carriera del proprio fratello, il quale infatticon tanto appoggio andava per la maggiore in segreteria di Stato,che gli aveva concesso un visa di ambasciatore volante nei Paesidell'est; i salamelecchi dei curiali si sprecavano verso ilfortunato protetto, ormai preconizzato ad avanzamenti celesti. Giunti, dunque, alla frontiera di Pontechiasso, un poliziottochiese di perquisire la macchina. Il prelato, sniffandoflemmatica strafottenza, esibiva il suo passaporto di servizioche lo rendeva cittadino vaticano. La guardia di frontiera, forsenovellino per siffatte finezze diplomatiche, si diresse perconsiglio verso il comandante in cabina, chiedendone il parere;tornò imbarazzato, ma col mandato di procedere allaperquisizione. La cosa si metteva male. Il peggior guaio s'abbatteva sul capitano della Guardia difinanza, che rischiava d'essere deferito. Vista l'inflessibilitàdei colleghi frontalieri, il capitano ai poliziotti di serviziodette la versione che, per quanto lo riguardava, trattavasi diuna semplice passeggiata d'accompagno fino a quel confine senzaaltri specifici interessi personali; era amico del prelato, glifaceva compagnia, senza ovviamente addentrarsi nello scopo dellagita. Ma rimase anche lui in stato di fermo. Di fronte alla valigia strapiena di valuta italiana e straniera,il prelato dichiarò che la portava in Svizzera per conto delVaticano. Chiedeva di mettersi in contatto telefonico con ilsostituto della segreteria di Stato, monsignor Benelli, che datal'ora tarda non risultava reperibile né in casa né in ufficio. Ilprelato e il capitano rimasero consegnati in camera di sicurezzatutta la notte e il giorno seguente, domenica. Il caso divenne subito diplomatico: il Vaticano non c'entravaaffatto con quel trafugamento di valuta italiana all'estero.Monsignor Benelli andò su tutte le furie; però si rendeva contodi non poter lasciare un arcivescovo segretario della curiaromana in arresto con tutte le conseguenze di un susseguentescandalo. I due ministeri esteri erano allertati, compresipolizia e nunziatura. Per trarli fuori custodia dal confine si convenne di adottarel'unica soluzione diplomatica: rilascio del prelato e dell'amicocapitano, gruzzolo intatto in valigia e nessun nero sul bianco.Gli dissero soltanto: «Lei, monsignore, non è mai passato di qua,beninteso!». Ma la stampa all'indomani pubblicava trafiletti sarcastici: unprelato perquisito e rilasciato. Per un grosso pugno di dollari elire quanto chiasso su quel ponte. In Vaticano i sussurrimontavano; un cardinale commentava mordacemente: è il caso didire dal galero alla galera! Frattanto, un'augusta mano suo malgrado depennava dalla listadegli eleggendi cardinali il terzo nome. Inesorabile si faceva ildeclino del prelato e dei suoi protetti, depennati così dallanidiata montiniana. A più riprese, il decardinato chiese a quei di sopra di assegnarealmeno una diocesi al suo protetto monsignore, in considerazione

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I Millenari - Via col vento in Vaticanodei servigi resi. Non gli fu possibile: risultò che alcunescoutiste, in quel della Montanina, non approvarono la suadirezione spirituale, molto spinta, parlandone ai genitori.Rimosso il protettore, anche il protetto fu smistato ad altrodicastero, col promoveatur ut amoveatur che indora ogni scabrosasituazione curiale. Si chiudeva così l'ogiva di siffatto dignitario dalla vitaimprontata a un'operetta sapida, dal primo all'ultimo atto. Perandarsene aspettò fino all'ultimo giorno della Ingravescentemaetatem. Ma non finiva lì. Occorreva che la successione fossequanto più soft possibile, in modo che nell'ufficio tuttorimanesse invariato; come dire che l'inettitudine del successoreavrebbe fatto risaltare l'intelligente furbizia del predecessore. Dietro il passetto, oltre il perimetro di casa sua, in un vicolocieco si tiene una ricca cena; i cinque grossi prelati, di cuidue brisighellesi, siedono in stanzetta appartata. La solita cenadi lavoro, per decidere sul candidato da designare. Stando allepremesse, non poteva essere che l'unico incapace e inetto. Sipuntò sull'ucraino, furbastro quanto una volpe e astuto come unaserpe, che il governo comunista stimava fino a dargli libertà ditransito in entrata e in uscita dalla sua patria: spogliacreatura che il dimissionante protettore a suo tempo fece vestiredi paludamenti vescovili. Nei momenti d'incertezza e d'indecisione quello che apparedimesso, benché minus habens, per un verso o per l'altro ha lastrada fatta per l'ascesa in carriera, meglio ancora se non ètagliato per il compito che gli si vuole affibbiare. Designatodai cinque nel chiuso di quella remota stanzetta, la nominaapparve qualche giorno dopo con tanto di augusto consenso delsant'uomo del Papa il quale, ignaro di tutto, riteneva lasuccessione la più naturale e indovinata. Il nuovo segretario, privo di titoli accademici, frattanto sidava a collezionare patacche di lauree honoris causa pressouniversità europee. Una collezione del genere è sempre un comodoincentivo al cardinalato in aspirazione. In tutti questi lunghianni egli ha spiegato ai dipendenti molto bene quello che nonsapeva affatto. Se la provvisione, concertata così, fu sbrigativa, nonaltrettanto fu facile sbarazzarsi del peso morto del dignitarioda operetta, che stagnò a lungo maleodorante. Lo volevanoregalare alla Chiesa in Ucraina; ma quei vescovi, che hannoancora addosso la muffa dei lager e le cicatrici non rimarginate,opposero un netto rifiuto a sorbirselo da metropolita. Che sia lastessa curia romana a goderselo; tanto un cardinale in più non lefa male, adusa a ben altro. A chi non ancora sta uscendo dallecatacombe, è meglio il vecchio che il nuovo! Per loro il profeta Osea scriveva: «E poiché hanno seminatovento, raccoglieranno tempesta».

Storia falsa e menzognera Questo tempo, a differenza di quello del Rinascimento, non è ingrado di esprimere, né tampoco in negativo, personaggi dilevatura al pari di Giulio II, Giuliano della Rovere, splendidocome un mecenate e audace come un guerriero; o di Alessandro VI,papa Borgia, quello delle logge commissionate a Raffaello,nonostante il circostanziato dubbio d'un suo mostruoso fruttod'incesto. Sotto le ali della Chiesa di quell'epoca, altamenteverticistica per essere toccata dagli estremi errori degli uominidel seguito, le verità divine riapparivano splendenti digrandezza tramite il loro straordinario ingegno o attraversopersonaggi, veri geni, di cui si contornavano. Ai nostri giorni,invece, meschini prelati fattucchieri infestano le stanze deiBorgia di veleni pestiferi. Virgilio ammonisce che a volte la storia fa giustiziaattraverso il defluire del tempo: «Forsan et haec olim meminisseiuvabit», ricordare queste cose in seguito gioverà. Ma i fatti egli eventi storici della Chiesa sono difficilmente da tuttipercepibili fino in fondo; occorre farli sedimentare sul vasto

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I Millenari - Via col vento in Vaticanofondo multimediale del tempo tridimensionale: terreno, ecclesialee divino. Su quel fondo appaiono realtà che la storia di facciatanon sempre registra, mentre quella realmente genuina restaoccultata e nascosta nelle pieghettature della cronaca inlatitanza, che annota i soli fatti appariscenti, senzapreoccuparsi d'indagare dentro i presupposti e i sotterfugi chequei fatti producono. Altro che maestra della vita! Essa diventasolo ruffiana, in un contesto dove persino la bugia non è piùneanche veramente bugiarda (Ermanno Olmi). Così succede che inprincipio c'era il Verbo, alla fine rimangono solo chiacchiere inlibera uscita (Stanislao Lee). Il didietro della storia quanto più è grezzo tanto più è sapido.Quella fitta rete di aneddoti intorno alle promozioni formano ilsubstrato, il supporto e a volte la controprova della cartina ditornasole su certi fenomeni, avvenimenti e personaggi, vistidall'angolatura di chi riesce a stare al di fuori dell'andazzo. Un esempio che calza a pennello sarebbe la seconda stesura delloSconcordato del 1984, già altrove ricordato, a fronte dellaserietà con cui si fecero i Patti Lateranensi del 1929, che papaRatti volle seguire di persona, supplendo l'insufficienza dimonsignor Giuseppe Pizzardo e l'invadenza di Benito Mussolini.Quanta dottrina ed esperienza in più attingerebbe lo studioso distoria, se la verità fosse osservata dal lato giusto. A che servesotterrarla, quando da qualche parte riappare e riemerge sempre? Il treno della storia non passa facilmente a ogni ora; occorremontarvi subito sopra, quando transita senza preavviso. Fermateil mondo perché voglio scendere, gridava Totò; ma s'accorse chenon c'erano fermate a richiesta. Quanti malati di protagonismo, avidi di potere, nascondono sottol'orpello della falsa modestia secrete ambizioni, smania dicarriera e d'avanzamento, cupidigia di incarichi, cose tutte che,una volta raggiunte, mettono a nudo il parossismo deiprotagonisti alla ribalta nei sacri palazzi di curia romana ediocesana. Uno scenario in pedigree, dietro cui la verità è bendiversa, tenuta rigorosamente nascosta a tutti, sicché la storiache ne viene fuori dai documenti è falsa e menzognera. Ogni uomoè un mistero; e più è grande e più l'orma del suo mistero diventaindecifrabile. Il ponderoso lavoro dello storico sta nello sceverare l'autenticodal creativo, pur sapendo che anche il fantastico fa parte dellastoria, anzi è storia che si muove e fermenta nell'ambitoleggendario. In Vaticano per consolidare il proprio potere bisogna ostentareprestigio, fasto e pompa in concorrenza di intramontabili antichesuggestioni pagane, orientalizzanti, rinascimentali,spagnolesche, che tuttora permea a fine Duemila l'olimpo dellacorte papale, smaniosa nel primeggiare e assetata di potere:«Romae omnia venalia», a Roma tutto diventa venale. «Poi mutacorso il vento: passa e paga il fio... Questa la potenza del miodio!». Ci vuole la grande inversione di marcia di collocarci tutti conCristo all'ultimo posto. Lui non garantisce le nostre scelteegocentriche; non autentica certa merce avariata da calcolitroppo interessati: «Travisano sempre le mie parole, non pensanoche a fare del male, osservano i miei passi per attentare allamia vita». L'amare il prossimo come se stessi, nel contesto ambientalediventa un pretesto, un sotterfugio per porsi al centrodell'attenzione, portato dal tranello egoistico. Amare è un verbotra i più difficili da coniugare: il suo passato non è semplice;il suo presente non è indicativo; il suo futuro non è che alcondizionale, come disse Jean Cocteau.

12.

GLI EMERGENDI E I SOMMERGENDI.

I dipendenti vaticani sono classificati in due categorie, quasi

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoper pregiudizio di conio. Quelli che sono sempre alla ricerca ditutto e subito senza dare granché di sé; costoro fanno parte diquella minoranza maggioritaria, gli emergendi di cui si è parlatoe al cui discorso ci colleghiamo. Poi, quelli che nel nascondimento danno tutto senza avere ilgiusto riconoscimento dei più elementari diritti naturali.Quest'altri appartengono a quell'ottanta per cento senza volto, isommergendi, sommozzatori da non far emergere, i senza fissidiritti, i ridotti a un popolo di formiche, ai quali è riservatoil trattamento dell'anonimanza, verso i quali è possibile lacoltura dei sospetti affibbiati o gonfiati, addebiti dicolpevolezze senza prove, interferenze arbitrarie nella vitaprivata, colpi mancini lesivi dell'onore e della reputazione.Sibilati dolcemente, lentamente, in secreto. Nessuna prova,quindi nessun diritto all'autodifesa, come minorati che stanno ingiudizio per interposta persona in forma graziosa. Essi, i paria di curia della bassa casta, consapevoli d'essereesclusi da velleitarie promozioni, si rassegnano alla condizionedella propria inferiorità. Resteranno per tutta la vita fermi alchiodo, con in mano le maniglie sbagliate. Tenuti in coltura comei bonsai, sotto crescita controllata, a produrre frutti al paridei grandi alberi, ma da nani. Convinti che certi postipromozionali in Vaticano sono come quelli riservati nei mezzipubblici ai non-deambulanti, che per occuparli essi nondovrebbero mai arrivarci; per costoro a farsi carico di loro edei loro diritti è il rispettivo superiore, se e quando lovoglia. In Vaticano, secondo dove uno è catalogato, così vieneclassificato: se deve rimanere sommerso, fosse anche un genio,resterà comunque ignorato, finché non se lo tolgono di torno,esortandolo a volte di ritirarsi dall'ufficio gratificandolopersino di qualche anno pensionistico. Chi non accetta lo schema,la curia lo taglia fuori, semplicemente, tramite estromissioneemarginante, declassamento, avvertimento monitorio, se nonaddirittura a riposo anticipato. Intorno al recalcitrante si fasubito terra bruciata e ostracismo, mentre i colleghi prendono ledistanze e gli amici si fanno rari. L'ecclesiastico così trombato, comunque agisca, si dimostrerebbegiustamente scartato. Se tace, il superiore dirà in giro che ilsuo stesso silenzio è la conferma che chi tace acconsente nel nonritenersi degno d'emergere; se protesta, è la dimostrazione che èstato escluso in previsione della sua insubordinatezza. Siapplica il metodo preventivo di don Bosco: prevenire punendo. Conbuona pace di ogni coscienza. L'altra categoria è quella degli emergendi, cioè dei preconizzatialle promozioni per volontà d'un dio terreno; a essi è dovutoogni culto di preferenze e di rinomanza, assottigliando idifetti, creando o enfatizzando le qualità. Una squadra diimpuniti che ha dalla sua parte la presunzione del perbenismopreconfezionato, in qualunque modo agiscano. A essi, pur se in disordine, è riservata la corsia preferenzialecon diritto di precedenza dovunque, dall'annona all'appartamento,dall'ufficio all'abitazione e alle nomine di prestigio. Aicadetti di tanta scuderia è permessa l'allegra esperienza disorvolare l'apprendistato per immettersi immediatamente nellecompetenze dei livelli superiori. Il metodo richiede abilità e furbizia quando si deve promuovereun proprio favorito: per esaltare pregi e meriti del promovendo,si fa strisciare la notizia manipolata a modo, facendola arrivarein alto a chi deve decidere. Anzi, facendolo invitare al sacrodesco papale: perché no, se tutto è lecito? Il resto viene atempo voluto, lisciando il pelo al superiore per il verso giustoe bruciando incenso al suo cospetto. Quando il promotored'ingiustizia l'ha spuntata sugli altri nel far avanzareindebitamente il suo favorito, s'affatica a convincere i riottosiche non serve recalcitrare, perché la promozione è da ritenersiregolare in quanto già approvata da chi sta sopra, che il piùdelle volte è ignaro di tutto.

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I Millenari - Via col vento in Vaticano L'esatto contrario avviene per ingenerare sospetti suldestituendo. Così certi progetti, anche se meschini, si attuanoall'insegna del sopruso, del sotterfugio e della menzogna. DiceAristotele: «Dannosissima è l'ingiustizia, che ha mezzi pernuocere». Il predestinato, pur se ebete ma con il vento in poppa, approderàsicuramente in porto, parola data dai giurati suoi protettori,che per piazzare il proprio preferito scelgono di lavorare alriparo del secreto pontificio che, come già visto, fa loro dascudo. La tentazione di accentrare nelle mani dell'autorità ilmonopolio di tutte le promozioni e le esclusioni è molto piùforte nella Chiesa, simile a regime di Stato, che presso le altresocietà. Ogni sua scelta, specie se discriminante e ingiusta,l'autorità l'attribuisce, come un'affettatrice al laser,all'ispirazione dello Spirito Paraclito, quindi infallibile,dunque incontestabile. Einstein, senza conoscere l'ambientecuriale, affermava che è più facile spaccare un atomo che unpregiudizio. Insomma, questi sempre sul podio, i precedenti alla sbarra, inpiena disarmonia con la Dichiarazione universale dei dirittidell'uomo. L'uno e l'altro ecclesiastico - cioè l'emergendo e ilsommergendo - vanno avanti cantando in dissonanza lo stessospartito, ma su corde diverse: «Cristo s'è fatto come noi, perfarci come lui». Il gioco di palazzo si ispira a quello dell'oca: se si va nellacasella del santuffizio, si torna indietro di sei spazi; se inquella della massoneria, si passa avanti d'un giro; se in quelladell'udienza pontificia, si avanza di tre caselle; se in quelladi rivendicazione promozionale, ammonizione e indietro tutta; seal desco papale, si è in dirittura d'arrivo; se in concorrenzatra emergendi, si tira con un solo dado... Il gioco continualiberamente senz'arbitro, ma in compenso ci sono molti arbitrii egomitate. Ad Auschwitz, in Polonia, appena nel primo padiglione, unagigantografia riproduce un medico di spalle che con la punta delsuo bastone indica la spartizione dei deportati in lunghissimefile. Tramite l'impercettibile oscillazione di quella punta eglidecideva la destinazione dei singoli deportati, o verso le docce,cioè le camere a gas, oppure promossi ai lavori forzati.Decisione terrificante che da tuttora brividi agghiaccianti aivisitatori. Certi pregiudizi e certe promozioni di curia fannoricordare con raccapriccio il macabro oscillamento apicale diquel tristo bastone del sanitario, senza volto e senza scrupoli. La Chiesa deve temere più i ghetti al suo interno, che ipersecutori all'esterno: questi essa riesce a convertirli e asantificarli; quelli invece la strozzano, decomponendola. Iltelecomando superiore stabilisce come fa comodo, una volta persempre o volta per volta, cosa farsene di ogni singolo suddito: overso la rimonta, o verso la piattificazione. Basta aggiustarsil'ottica, che virtù e vizi, equilibrio e passioni, amori e odipotrebbero avere uguale o disuguale peso e misura, come certescatole cinesi a sorpresa. Secondo il vento che tira, nella ragnatela alcuni possono essereritenuti alla stregua di semplici oggetti da "usa e getta"; ipreconizzati alle alte sfere, invece, spinti in avanti senzapudore e con beffarda spavalderia. Nel contesto i meriti, idiritti naturali acquisiti, le precedenze sono come pulviscolosul piatto della loro bilancia, la cui tronca giustizia èregolata dall'ambivalenza del momento che si attraversa. Perfino certe fragilità umane s'interpretano a seconda dellepersone: se riscontrate in chi sta ai vertici, o preconizzato aesserlo, diventano manifestazioni positive di gran temperamento;se invece si riferiscono al resto della gleba, esse vengonorigorosamente inquisite e sovieticamente eliminate. Troppi processi di riabilitazione si dovrebbero celebrare inVaticano, per preservare i vivi dal torto di un'ingiustacodificazione individuale, sempre in agguato (Sforza

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I Millenari - Via col vento in VaticanoPallavicino). Al presente c'è il gusto codificato di distruggereil bene, per poi indicarlo alla posterità riabilitato: «Virtùviva spregiam; lodiam estinta».

Senza di niente, non si fa niente. Il sistema di curia tende a tenere i sudditi tutti a bada sottola pesante mano del superiore, che decide per loro. Guai aemergere senza il dovuto consenso: osare significherebbe caderein disgrazia, una iattanza da evitare a ogni costo. Un terrore psicologico che ricorda quello dei genitori del natocieco, che Gesù aveva guarito: avrebbero dovuto gioire perl'evento miracoloso, essi invece riottosi e timidi sischermiscono dinanzi ai sinedriti: «Ma i Giudei non vollerocredere di lui che era stato cieco e aveva acquistato la vista,finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato lavista. E li interrogarono: "E questo il vostro figlio, che voidite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?". I genitoririsposero: "Sappiamo che questo è nostro figlio e che è natocieco; come poi ora ci veda, non lo sappiamo, né sappiamo chi gliha aperto gli occhi; chiedetelo a lui, ha l'età, parlerà lui dise stesso ". Questo dissero i suoi genitori, perché avevano pauradei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che se uno loavesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dallasinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: ha l'età,chiedetelo a lui». Essere espulsi dalla sinagoga significavaperdere tutti i diritti e i privilegi della casta. Appunto comein curia, cadere in disgrazia è uscire fuori pista d'avanzamento. «Colui che getta il disprezzo sui potenti» pare che dica acostoro: chiunque di voi ha peccati di qualsivoglia genere gli doanche il privilegio di iniziare e continuare a scagliare senzarisparmio pietre di ogni grandezza contro questo sventuratocaduto in disgrazia, che io metto al centro del vostro cerchio.Lapidatelo senza allontanarvi, finché non l'avrete distrutto inciò che ha di più caro: l'onore, la dignità, il buon nome! A nessuno importa prendere le difese di chi, seppure in pienodiritto, gli è stata troncata la carriera. Ognuno sa che nepagherebbe tutte intere le conseguenze. Perché rovinarsil'avvenire fino a tal punto? Non sono molti quelli che al pari diSan Massimiliano Kolbe sentono la vocazione a subire il martirioper l'altro! L'ambiente curialistico fa ammalare gli officiali dififite acuta. Nel deprecato caso che uscisse un coraggioso recriminante finoa questo punto, gli si farebbe capire che la sua presenza d'orain poi verrebbe appena tollerata, e che in caso di ulterioredisturbo è in loro potere radiarlo, quantomeno trasferendolo adaltro ufficio di minore importanza. E' ovvio che un talespauracchio mette tutti a tacere, servilmente. Non giova senno,se fortuna manca. Nella tormenta la migliore delle soluzionitemute equivale alla peggiore di quelle possibili. Vanno ormai scomparendo quegli officiali impiegati con una altae sacra concezione della propria professionalità, inflessibilisenza alterigia, accondiscendenti senza fiacchezza, solidalisenza piaggeria. Ritenuti insubordinati, costoro rendonodifficile la vita al povero padre-padrone-superiore, che così nonha mano libera di rimaneggiare a suo uso e consumo l'organicodell'ufficio. Mentre gli astri guidano, le meteore colpiscono e annientano.Churchill diceva che un uomo di carattere è sempre di caratteredifficile, perché poco malleabile e manovrabile dai prepotenti.Nei momenti di stanchezza e di abbattimento capita anche a lui,per quieto vivere, di venire a compromessi che in altro contestola sua coscienza non avrebbe mai agevolmente barato. Per i romani gli schiavi erano un bene da tutelare; per la curiai suoi dipendenti valgono meno di quelli. Sia per le promozioniche per la stagnazione dei curiali, emergenti o sommergendi, ilsistema è pari a quello botanico: per certi rampicanti si spuntala cima di ogni ricaccio perché non si elevino troppo; per altrisi lascia che invadano lo spazio a essi non dovuto.

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I Millenari - Via col vento in Vaticano Un ottimo padre di famiglia, praticante e conosciuto inparrocchia, un giorno si presenta al vice parroco, suo confidentespirituale, per chiedere consiglio come regolarsi su ciò che glistava capitando. Aveva in vendita un appartamento in via Carlo Veneziani, neipressi della Magliana. Gli si presenta un giovane di 19 anni chechiede di vedere il locale. Lui lo accompagna. Lo stabile è digradimento del giovane, che intende acquistarlo. Pattuito ilprezzo per tot milioni, si stende il compromesso con caparra e lemodalità di pagamento, che il giovane assicura di dare in chèque.Passati solo due giorni, il giovane torna e gli consegna dueassegni per la somma pattuita. Il proprietario chiede unafotocopia degli assegni per accertamenti bancari, prontamenteavuti da un direttore di banca suo amico. Responso: gli assegnierano regolarmente coperti, altroché, provenivano da un contobancario intestato a un cardinale. Il proprietario, a quel punto,riferì al giovane che l'intestatario del conto risultava essereun dignitario ecclesiastico: senza punto scomporsi il giovaneacquirente, con evidente fierezza, asserì d'essere infatti moltoamico del porporato... Nella sua delicatezza di coscienza, il proprietario chiedeva alsacerdote se poteva procedere nella vendita dell'appartamento algiovane compratore, nonostante la strana provenienza della sommain contanti; o se meglio cercarne un altro. Il sacerdoterassicurò il confidente che avrebbe potuto procederenell'operazione con quel giovane compratore; tanto lui ilsospetto non l'avrebbe mai chiarito, comunque si fosse comportatonella faccenda. Senza di niente, non si fa niente, commentavano a conclusione deldiscorso. Come avviene nelle società per azioni, se non servi aqualcosa nessuno ti regala un bel nulla. A ridosso della sala stampa vaticana, il monsignor direttoredella Leoniana informava un amico prelato che ormai lo spavaldovescovo Fiore ce l'aveva fatta: a giorni sarebbe stato nominatocardinale. «Ma no! Come, non si diceva qualcosa di grave su di lui?», chiesesorpreso il prelato. «Perché ha corso la cavallina? Monsignore,quanta ingenuità!», disse di rimando il direttore, e aggiunse:«Una volta arrivati a quei livelli, si cancella tutto; quellecose diventano sciocchezze. Tutto perfetto: l'innocenzapersonificata. La porpora rida la stola battesimale. Nessuno gliricorderà più nulla del suo passato; solo meriti e onori, inforza dell'aiuto generosamente dato alla Polonia!». Nello sganciare una cinquantina di miliardini a Solidarnosc e aun nosocomio, il Fiore, tramite persona di fiducia, fece sapereal Papa che se molti altri desideravano essere fatti cardinali manon lo dicevano, lui invece con quel bigliettino di beneficenzas'aspettava la porpora per riconoscenza; dicendoglielo papalepapale a Wojtyla. Il quale, per adeguata ricompensa, ci tenne arispettare le voglie cardinalizie del cospicuo benefattore. Correva voce in quel periodo che il presidente della Repubblicaitaliana, non potendo fare il Fiore senatore a vita, fece tale ilGiulivo; mentre il Pontefice, non potendo fare questi cardinale,fece quello, per via dell'amicizia, che rendeva livido d'invidiapiù di un politico. Nelle competizioni elettorali d'alloraqualunque candidato avrebbe desiderato un proprio angelino aorientare gli elettori a proprio vantaggio, e ogni prelatocarrierista avrebbe agognato un proprio giulivo a spalleggiarloin alto, magari fin verso la porpora. Una perfetta simbiosi divita esperita con coraggio e sfrontatezza. Sistematicamente, a ogni elezione legislativa, i cappellani, lereligiose e il personale ospedaliero s'aspettavano d'esserechiamati dal Fiore che senza peli sulla lingua imponeva incoscienza di votare e far votare l'astuto presidente, il quale asua volta si faceva garante sulla fruizione della porpora. Il giorno appresso, di domenica, la preghiera dei fedeli diceva:«Libera, Signore, la tua Chiesa dal classismo, dal trionfalismo,dai privilegi del clericalismo, dalle posizioni di prestigio, che

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I Millenari - Via col vento in Vaticanol'allontana dall'uguaglianza e condivisione; difendila dallafrenesia e presunzione di valere di più, di sapere di più, dipotere tutto: noi ti preghiamo!». I comunisti alla loro messaantelucana e i democristiani a quella vespertina, senzaentusiasmo e convinzione, biascicavano: «Ascoltali, Signore!».

Investimenti affettivi a scopo lucrativo Quello dell'amicizia è un capitolo che va trattato a punta dispilli, perché la più angelica potrebbe essere colpevolizzata alrango di scandalo e viceversa, a seconda di certi predeterminatiscopi. Gli amici di chi riesce a spiccare il volo sono sempre discorta numerosa; ci tengono a mettersi in mostra e adisposizione, disinteressatamente. Raro invece è l'amico deldipendente in discesa o in disgrazia; l'ambiente consigliaprudenza e riserbo. L'amicizia in curia sa di lucro camuffato.Quanti ingiustificati investimenti affettivi si fanno a scopolucrativo promozionale. Un giovane laico fu assegnato come usciere in un dicastero doveil personale d'ordinanza era già al completo. Bravo ragazzoriservato e gentile, il giovane col tempo prese confidenza con unmonsignore presso lo stesso dicastero. Disse di trovarsi inun'imbarazzante situazione familiare. Da sempre lui aveva vistoun alto prelato della segreteria di Stato frequentare la suacasa, rendendosi conto che la madre ne era l'amante. Ora che luis'era fatto maggiorenne, era la madre ad assentarsi per andare aincontrare il prelato. La loro vita, secondo il giovane, eravissuta dai due more uxorio: chiedeva di conoscere qualecomportamento assumere nella scabrosa situazione. Premessa la più rigorosa prudenza sulla veridicità dei fatti,l'ecclesiastico lasciava al giovane ampia libertà di riferire omeno ai superiori quanto stimasse prudente confidare. Il giovaneusciere, invece, non ebbe coraggio di denigrare sua madre e ilprelato, del quale bene o male riconosceva la paternità. La cosanon ebbe seguito. La corruzione striscia inquinando i penetrali più intimi delsantuario di Dio. Molti, dentro e fuori curia, si adattano avivere tranquillamente in partita doppia, se mai assumendo laveste di severi censori verso altri confratelli, sui qualiappuntano in caso pesanti sospetti e possibili remozioni. Oltre il recinto di una villa romana, circondata da alti muri chericordano quelli dell'antica monta cavallina di Stato, c'ètuttora un andirivieni di universitari fuori ruolo, giovanotti digran stazza colà ospiti spesati, assieme anche a qualche altroconsanguineo, tutti agli ordini di una cosiddetta professoressa,la Groppelli, e del sorridente benefattore imporporato. In verità, monsignor Domenico Tardini, ideatore e fondatoredell'istituto, volle quella scuola per favorire fanciullisuperdotati, alla cui formazione intellettuale s'avvicendava ilfior fiore dei docenti universitari di Roma. Ai ragazzi eravietato varcare la soglia fuori dal recinto, né ai loro familiariera concesso facile accesso. Rari erano i visitatori, quasi tuttinotabili, che monsignor Tardini invitava facendo eccezione allaregola. Tanta severità rimase fino alla sua morte improvvisa. Inseguito andò man mano smagliandosi. Attualmente al posto deiragazzi superdotati, l'attenzione è rivolta piuttosto a giovanisottosviluppati. Le entrate non sono mai sufficienti per quella gioventù di primascelta. Per arrivare ad avere offerte più sostanziose, occorrevail ripiego di uno spot pubblicitario di qualità superiore.Perciò, il cardinale protettore permise di far varcare, a brevescadenza, la soglia di quel recinto prima al Papa e poi alpresidente della Repubblica italiana. Pare sia riuscitonell'intento: quanto vento in più soffia! Ai primi degli anni Ottanta dall'hinterland veronese approdava inquell'orto sigillato uno studente universitario, il quale subitoriuscì a conquistarsi la fiducia e l'affetto del cardinaleprotettore suo. Si vociferava che l'addetto alle reclutedell'edificio "Il Vascello" - chi legge intenda - segnalò al

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I Millenari - Via col vento in Vaticanogiovane l'opportunità di bussare al cancello di quella villarecintata, se veramente avesse voluto assecondare la suavoluttuosa voglia di far carriera. Così fece. Tutto smorfie e sorrisi, con portamento ipocrita einsincero a scapito di ogni suo decoro, dignità, equilibrio, ilvanesio riusciva a travalicare gli altri collegiali constucchevole tracotanza. Sia la verità che la menzogna gli eranoconsone per il sorpasso. I suoi compagni dicevano che, pur dirimanere al centro dell'attenzione, egli avrebbe rubato il postoa un morto nella bara. L'arrivo del giovane fu per quel porporato una vera manna dalcielo, all'epoca depresso per lo scaccione dalla segretaria diStato e relegato al tribunale della segnatura apostolica, lui chedel giure era digiuno di ogni elementare nozione. L'astutogiovane indovinò subito il disagio e le apprensioni del poveroprotettore; ne sposò la causa e si mise a completo servizio delporporato per farlo apparire al meglio in tutte le pubbliche eprivate relazioni. Stendeva programmi, scriveva discorsi,approntava omelie, preparava gli incontri con giornalisti eriprese televisive. Esattamente quello che faceva al caso,protettore dormiente e funambolista acrobatico. Subito emerse su tutti gli altri ospiti domiciliati in villa,come un cerbiatto avido d'arrivare primo in vetta. I compagni, dalui distanziati, gli avevano affibbiato il nomignolo di"Stambecco" per le morbose prerogative ascensionistiche. Quicircolavano sul suo dimenarsi sbrigative ironie, sorrisid'intesa, parole allusive, pur riconoscendogli intelligenza eprontezza nella sua frenetica superattività. «Più untuosa del burro è la sua bocca, ma nel cuore ha laguerra; più fluide dell'olio le sue parole, ma sono spadesguainate». Il pericolo dell'intelligente è l'orgoglio, chespesso si sperde in blandizie e stravaganze. Ormai, il protettoresi rendeva conto dell'indispensabilità dei servizi resi dal suogiovane segretario laico. Gli consiglia, come a lui piùcongeniale, la carriera ecclesiastica. Un invito a nozze:l'avidità in ascesa verso il potere fagocita quella erotica. Esiste un ascetismo che libera lo spirito dalle passioni carnaliper sottometterlo a quelle spirituali più tiranne, una voltaposposta la volontà divina a quella umana, propria o del suoprotettore. Il malpensante Freud direbbe che la libidine delsacro potere li contagia e li "sublimizza" come una sorta dicompensazione su quella fisiologica, ammesso che difetti. A voltela frigidezza di vita di alcuni prelati non giunge a incomodarela committenza di certi peccati materiali, quali la lussuria, laviolenza, certi rapporti vietati; la loro vita s'adagia e sisoddisfa meglio nella sete di potere, l'ambizione, l'orgoglio,l'egoismo, l'ingordigia. Lo Stambecco accetta l'idea a un patto: che si potesse fare ameno di perdere qualunque tempo sulla non necessaria formazioneclericale in seminario, bastando quella alla scuola porporale.Entrambi convennero. Villa Nazaret attualmente è più che una prelatura non soggettaa nessun'altra istituzione ecclesiastica, men che meno allasegreteria di Stato; tuttavia al cardinale protettore non è dataancora la facoltà d'incardinare chierici. Ordinare lo Stambeccosacerdote significava, dunque, trovare un vescovo diocesano cheper incardinarlo avrebbe dovuto chiedere l'avviso del suoconsiglio presbiterale, coi dovuti perché e percome. Ipotesiprontamente scartata. Si ripiegò su una forma più sbrigativa: fare lo Stambecco membrodi una nascente comunità in fieri di una decina di sacerdotisenz'obbligo di vita comune, girovaganti allo sbando, fraternitàsenza fissa dimora: ogni membro sceglie di dimorare là dovemeglio gradisce starci. In men che si dica l'universitariodivenne don Stambecco, pur dimorando ininterrottamente nelrecinto nazaretano. Intanto il porporato, resosi conto che il posto in segreteria diStato non era raggiungibile a breve scadenza e preso atto

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I Millenari - Via col vento in Vaticanodell'impossibilità di avere il comando della congregazione deivescovi, fece sapere che la segnatura apostolica gli stava troppostretta. A quel cardinale, che con i collaboratori di cordatavoleva mettersi alla testa del governo ombra del Vaticano,occorreva un dicastero di più ampio respiro dai contattinazionali e internazionali ai più alti livelli; l'unicodisponibile era la Congregazione orientale. A quel dicastero, quindi, doveva inviare in avanspettacolo lamigliore staffetta a disposizione, per la precisione donStambecco, che tramite l'intrallazzo di due affiliati, Rizzi eBruni, fu subintrodotto in ufficio un mese prima che arrivasse ilcardinale indiano, il quale non poté che prendere atto del fattocompiuto. Don Stambecco, in attesa dell'arrivo del suoprotettore, agiva con lungimiranza e in conseguenza. Lasuccessione del suo nuovo prefetto avvenne, come rugiada sulvello, dopo qualche anno, quando l'indiano fu colpito da ictus. Appena nominato prefetto il suo protettore, da questi fu concessoa don Stambecco di avvalersi di una segretaria e poi di un altrosegretario sacerdote per il disbrigo delle pratiche di pubblicherelazioni del cardinale. Stranezza impossibile da reperire pressoqualunque altro ufficio vaticano. Intanto, visto che don Stambecco appariva nell'organico in coda atutti gli altri impiegati del dicastero, il suo protettore,sempre ben accudito, studiò un piano a breve e lunga scadenza perraccorciargli il guasto. Benché religioso sulla carta, nelfrattempo se lo nomina monsignore. Inizia a mandarlo per tutto ilmondo in missione straordinaria, la cui panacea veniva dallostesso missionante riferita a colazione con il Papa alla presenzadel cardinale che tutto confermava, deliziato. Ovviamente il Papabeveva a sorsi l'inciucio del piano programmato a piùsfaccettature. Nell'assumere altri cinque-sei officiali, don Stambecco non è piùl'ultimo in organico; frattanto il cardinale convince tredipendenti ad andarsene in vantaggioso prepensionamento; e donStambecco s'arrampica più in alto; due altri si fanno elevarealla dignità episcopale, mentre altri tre monsignori vengonoappositamente depistati in altri uffici con gratificantemiglioria, e don Stambecco s'inerpica ancora più su. Quando lapensione per altri tre monsignori è quasi alle soglie,surclassando il resto degli officiali anziani d'ufficio, ilcardinal protettore giudica ormai maturo il tempo per farspiccare il volo a don Stambecco, da semplice impiegato asuperiore maggiore. Ma bisognava rendere vacante, con il sotterfugio del pmoveaturut amoveatur, il posto di sottosegretario, occupato dall'avidofrancescano padre Marco Brogi, che agognava a essere arcivescovosegretario del medesimo dicastero. Nel Foglio per il Santo Padre,inoltrato tramite la segreteria di Stato, detto cardinaleprefetto suggeriva Brogi a nunzio d'Etiopia. La segreteria diStato respinge la proposta. Il cardinale mangia la foglia e si dispone al contrattacco. Faapprontare di là a qualche mese un altro foglio, dopo averraccolto alcuni voti da certi prelati informatori ai quali luidettava la mente per le risposte da dare. Questa volta non sisbaglia. Ordina al suo compagno brisighellano, prefetto dellacamera pontificia, Bino Monduzzi, di assegnargli mezz'orad'udienza pontificia, il tempo per far siglare al Papa,disinformato e disturbato, la nomina di padre Brogi a nunzio,questa volta in Somalia; e all'incarico di sottosegretario,fattosi vacante, indovinate chi propone? Esattamente donStambecco, al Pontefice già noto per i tanti pranzi papalini.«Ggesù... ma cumme chiove!». Nel frattempo, però, la segretaria di don Stambecco fu postasotto pressione affinché s'arrabattasse a ricucire al computerl'insieme di stralci e scampoli di brani giuridici da presentarequale tesi di laurea, fatta passare come del tutto originalissimae inedita, giusto in tempo e conseguita in segreto pressol'istituto superiore compiacente, che col massimo punteggio lo

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I Millenari - Via col vento in Vaticanodeclamava anche dottore menzognero in falsa giurisprudenza. Qualcuno, a questo punto, potrebbe pensare che ormai i duepromotori d'ingiustizia, cardinale e neo-sottosegretario, sifermino finalmente a quel capolinea. Si sbaglia di grosso.L'ambizione, come l'avarizia, è del pari insaziabile, per cui nonci sarà mai pace per il povero Stambecco. Infatti, per tutto questo periodo il cardinale prefetto avevareso inamovibile l'arcivescovo segretario dell'ufficio,l'ucraino, benché fosse a tutti nota la sua proverbialestitichezza mentale, già descritta altrove, favorita dasbrodolamento reverenziale verso l'alto. Oggi è a tutti palesel'ovvietà di quel divisamento, fazioso quanto razionale: quelposto, non ancora vacante, di arcivescovo segretario è tuttora inconservificio per don Stambecco. Oh, purissima espressione divina, che pone sul lucerniere solo ilprescelto da un dio silvestrino, il quale poi mette tutti glialtri sotto il moggio ad attendere in silenzio il loro turno semai arrivi! Come può avvenire simile stravolgimento, se Dio nonsi lascia intrappolare dalla buona condotta dell'ipocrita, nédalla sua appartenenza alla casta pontificia? Si tratta dellosgambetto di satana quando dribbla al gioco il suo divinoAvversario. Don Stambecco, che a tutto sa resistere tranne che allatentazione carrieristica, adescato dal suo protettore da tantepericolose piacevolezze, in visione profetica conosceva tuttequeste cose e mentalmente le andava ruminando nel suo cuore, comeun profeta le preveggenze. Ottenuta divinamente la nomina senzaalcun intrallazzo di chicchessia - si fa per dire -comanda disterilizzare la stanza dei bottoni dai malefici germi patogeni enon patogeni, si chiude dentro con su una sfilza di tastiparlanti, dai quali la sua segretaria d'accanto spiega a tutti ifottuti monsignori d'ufficio gli umori e le disponibilità del suopadroncino, divenuto novello sottosegretario a luci rosse el'assoluto del dicastero. Ci tiene a farsi credere e ad apparireuomo di forte acume, pluridottorato con lauree regalate. Lazzarone di periferia che millanta credito nelle alte sfere epresso il Papa, grazie al suo porporato protettore. Maturato il momento di rimuovere con la formula del gaudeatimpetratis dal suo mandato, che non ha mai esercitato, l'inutilequanto ingombrante arcivescovo segretario, è già bell'e pronto ilraggiro al Papa, che spensieratamente siglerà la naturalesuccessione di don Stambecco ad arcivescovo segretario, ponendolocosì in dirittura d'arrivo al cardinalato. Quando si dice ilcaso. E poi basta? Le vie del Signore sono ben delimitate dentrola curia romana! Il più esperto in vaticanologia del momento ha definito il casopiù unico che raro, «fuga in do maggiore - maestoso con brio». Ilprotagonista gratificato, riconoscente al grande architettodell'universo massonico, gli ripete: «Mi sollevi e mi poni acavallo del vento». Certo Dio può permettere persino tutto questo, come permise inaltri tempi che cardinali indegni intrallazzassero per farsieleggere al sommo soglio pontificio della Chiesa. Benché questiattuali, al raffronto, siano molto più meschini. Il cardinale Giuseppe Slipyj, strappato dopo 18 anni dal carcerea vita da papa Giovanni XXIII, verso la fine dei suoi giorniconfidava ad amici: «In ogni istante è fissa nella mia mentel'odissea passata nei lager sovietici e la mia condanna a morte.Ma a Roma, nelle mura del Vaticano, ho vissuto momenti peggiori».

13.

VERSO LA GUGLIA DI SAN PIETRO.

Dove più dove meno, ma quasi generalmente un dicastero, aseconda di chi lo governa, potrebbe essere trasformato in unsoffuso ambiente di strisciante latitanza, ineffabiliumiliazioni, tacito terrore, sottile estorsione, dentro cui

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I Millenari - Via col vento in Vaticanovagano come fantasmi inafferrabili e sfuggenti i protettiraccomandati. Gli altri officiali, isolati e amorfi nel contesto,singolarmente non possono far nulla, e collegialmente constatanoche in verità non c'è nulla da fare. L'arbitrio, pur restandosospeso sulle sabbie mobili dell'illegalità e dellaprevaricazione, fa legge ogni stravaganza del capo, da eseguirealla lettera. Pur stando con le carte in regola, se la volontà del principe èdi metterlo a tacere perché non passi in testa, quel disgraziatosubirà tale sorta di danno. L'eco del grido dei decollati nontorna indietro a disturbare le caste orecchie dei fautori cinici,ammiccanti, astuti. A qualcuno succede pure di mercanteggiare lastessa credenza religiosa per la carriera o la promozione, vedigli affiliati alla massoneria. Tra di loro i carrieristi e iprotettori interagiscono di concerto, sapendo come aggiustarsi lasoma tra il dare e l'avere. Come si vede, nel sottobosco della variegata classe dei prelatiquello ecclesiastico è un mondo molle, in cui c'è sempre chi baraall'altrui danno. E chi non si adegua a quei livelli vienecompresso sotto l'anonimato, a differenza dei pezzi grossi inascesa, che si sorridono pronti a dare sgambetto con maleficoartifizio, galleggiando a pelo d'acqua simile a maleodorantesterco. E scientificamente mostrato che lo stronzio e i suoiderivati restano lungo tempo a inquinare l'ambiente. Lucrezia Borgia a Roma abitava nel palazzo accanto a SantaMaria in Portico, dove si recava il fior fiore della nobiltàdell'epoca, per essere introdotti al padre, papa Alessandro VI(1492-1503). Un relatore del tempo scriveva: «La maggior parte dicoloro che vogliono conseguire grazia dal Papa, passa da quellaporta». A tutt'oggi il metodo d'attraversamento è rimasto ugualeidentico, solo che il personaggio è diventato di color silvestrepaonazzo al riparo dell'extraterritorialità. «Mentre gli empi siaggirano intorno, emergono i peggiori tra gli uomini». Tranquilloin coscienza, tira diritto per la sua strada, certo che non saràmai perseguito da alcun tribunale umano, costituito solo per isudditi e non per il superiore, il quale ha sempre ragione,specialmente quando ha torto, come diceva convinto monsignorDomenico Tardini prima di esser fatto segretario di Stato. A sentirli, questi superiori, dentro e fuori curia, siidentificano con l'immacolatezza della Chiesa: «Ex maculatis ipsiimmaculati», tra tutti i macchiati, essi soltanto si stimanoimmacolati. Debole manichino su robusti sostegni, le umiliazionialla sua purpurea scemenza il silvestrino le considera infertedirettamente alla Sede apostolica, di cui si fa esponenteessenziale. Ciclotimico in dormiveglia, psicolabile per natura,il silvestrino ha sempre una parola sprezzante per chi non siprostra ai suoi piedi. Conscio d'essere privo di qualitàindispensabili per gestire al meglio i problemi d'ufficio einadeguato alla funzione che s'attribuisce, egli si barcamena neldicastero tra alibi e amnesie, sempre in rodaggio su tapisroulant con intorno la giostra dei servitor serventi. Questo novello padreterno, con quel cervello che si ritrova senzadritto e rovescio (Mazzarino al cardinale Chigi) e senza lapreparazione giuridica necessaria, per anni manovra un sìcomplesso dicastero, che papa Giovanni definiva vespaio senzaregina. Chi fa le sue veci, don Stambecco, detta leggi, patti econdizioni da rispettare e premiare. Un opinionista, molto garbato e ossequiente ai desiderata di quelporporato, così lo scusava: «Pover'uomo, era giù di corda ebisognava dargli una frustata d'energia di rincalzo per reggereil gravoso impegno intellettuale. Se l'eroismo burocraticol'avesse richiesto, avremmo pur potuto sorvolare sulla vitaprivata del personaggio; ma ci ronza in mente il sospetto su comepoterlo coprire al severo giudizio della storia!». Servirsi della Chiesa per farsi servire meglio. Uscieri, autisti,subalterni, impiegati presso spaccio e magazzini, baldi giovaniin servizio straordinario di notte e di giorno, tutti di scortaal superiore silvestrino per accompagnarlo fuori ordinanza con

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I Millenari - Via col vento in Vaticanofamiliari e famigli in capo al mondo, oltre che a Brisighella; ilcosto delle trasferte poi saranno a carico dell'ufficio. Eglivive tranquillo con la propria coscienza addomesticata: nessuncontrollore prudente rovisterà i conti nelle rispettiveamministrazioni opacizzate. Mentre l'umile serve, il superbo sifa servire contravvenendo al Vangelo. Un potere, come si vede, neanche tanto occultato, dove siutilizzano tutti gli spazi e le fessure attraverso cuis'infiltrano negligenza, insipienza, complicità, o tutte questecose insieme. Sembra che i doni del buon Dio, sempre preziosi,divengano più rari se conferiti a questo gran porporatotuttofare.

I primi della classe Nella Chiesa di Dio l'espressione "far carriera" dovrebbeessere radiata dal vocabolario. Chi entra a far parte della vitaecclesiastica prefiggendosi, apertamente o larvatamente, diriuscire a sfondare nella carriera, non dovrebbe mai essereordinato sacerdote e, se vi è arrivato, dovrebbe esseredecisamente bloccato al punto dove si trova, se non addiritturaspedito in una sperduta parrocchietta di campagna. Dio non sa chefarsene dei superbi e dei presuntuosi; li vomita da sé conconati. Sarebbe in contraddizione con se stesso, se poi livolesse a comandare la sua Chiesa. La carriera è insita nell'altezzosa volontà dell'aspirante, ilquale pur di andare avanti sarebbe capace di ostacolare la stessavolontà di Dio, che fa suoi veri candidati gli umili e gliultimi: «Infatti, è forse il favore degli uomini che intendoguadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco dipiacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sareipiù servitore di Dio». A più di un prelato, di quel venti per cento degli impiegatiscalatori verso la guglia di San Pietro, manca la ghiandola dellarassegnazione, che non gli consente di adagiarsi là dov'è giunto,poiché stima ogni suo traguardo non mai abbastanza dignitoso eadeguato alla spiccata capacità della sua persona. Egli fa delVangelo un motore ausiliare per le proprie ambizioni umane.Supponenza, adulazione attiva e passiva, carrierismo,gerarchismo, ambizione, indisciplina interiore, cultura a pelod'acqua, apprezzo dei suoi valori, per il carrierista sono virtù,e ci tiene a farlo sapere. Con le azioni di una finta religiositàegli mira diritto al traguardo da raggiungere e tutto rapporta aesso, come un depliant di pompe funebri che riserva le ghirlandeai caduti. Non l'ascetica, ma l'ascesi è oggi la responsabile della povertàdei frutti che diverse vigne del Signore non hanno più prodotto.Un manierismo curiale di maschera, i cui tentacoli avviluppanol'ambiente. Solo intelligenze privilegiate riescono a superare la spessapatina d'incantesimo collettivo, oltre il quale si troval'anacoreta solo col suo deserto. Ed è proprio da un padre deldeserto che viene ai curiali la sferzata: «La nostra bocca puzzad'adulazioni; sappiamo a memoria quasi tutte le Scritture;biascichiamo tutti i cantici del salterio; eppure non abbiamo ciòche Dio cerca: la carità e l'umiltà». L'esperienza ci insegna che chissà perché quei superbi chesecondo il dettame evangelico dovrebbero essere gli ultimi, sitrovano sempre in pole position a fare i primi della classe, e ciriescono a pennello. Sono sempre loro, gli intraprendenti, adaccaparrarsi i posti chiave, anche se spesso non sono quasi mai imigliori, anzi. E tutti sanno che nulla è più pericoloso dellegrandi missioni, fermentate da piccoli cervelli adulterati. «Di che cosa stavate discutendo lungo la via?». Se Gesùinterrogasse la curia romana di oggi, molti prelati sitroverebbero imbarazzati a rispondere a lui che scruta i cuori ele menti. Per la via essi continuano a discutere fra loro chidev'essere il più grande: provenienti da umili condizionisociali, sognano avanzamenti di prestigio in dicasteri i più

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoimportanti, che li mettono a posti di potere. «Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servodi tutto». Madre Teresa di Calcutta, alla sua morte, intanto haavuto funerali regali, perché riuscì a vivere ultima tra gliultimi, povera tra i più poveri, serva tra i reietti di questanostra società del benessere. I capi nella Chiesa non ambiscanoposizioni di comando, se non per servire l'uomo nella fedeltà alVangelo degli umili; essendo tutti ugualmente poveri di spirito,non è la povertà a far paura, ma il disequilibrio tra povertà ericchezza che regna al vertice della Chiesa vaticana. Il carrierista è quello che parte bene sulla rotta sbagliata,purché arrivi comunque alla meta da lui prescelta. Non sopportaritardi nell'avanzare sugli altri. A ogni costo e calpestando idiritti di quanti restano al chiodo, solo lui deve salirel'altare, dove il sacrificio si consuma in suo onore e a beffadei militi ignoti. Godesti carrieristi verso il potere, una voltamessi dagli addetti al lavoro, i protettori, sul binario giusto,sanno poi come continuare la corsa abilmente e a oltranza, o perspinta o per trazione o per inerzia. Si sa che la salma nellabara s'aggiusta cammin facendo. Da Archimede la regola: datemi unpunto d'appoggio e io mi solleverò sul mondo. Protettori e protetti tengono a convincere i rimasti che loSpirito del Signore avrebbe voluto e fatto questo. Ma gliingenui, oggi, non sono più tanti ! «Santa pazienza», diceva H.Lofting, «gli uomini, se mai impareranno a volare come unqualsiasi passerotto, non la smetteranno mai di vantarsene».Attribuendo ad altri tutto e il contrario di tutto il malepossibile, a sé riescono a darsi solo il bene, convinti dipotersene gloriare. Poi trovano sempre coloro che alle loromillanterie prestano tutto il credito preteso. Gesù mise tutti in guardia a non essere come gli scribi e ifarisei: «Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagliuomini: allargano i loro filatteri e allungano le frange; amanoposti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e isaluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare rabbi dallagente», equivalente ai correnti appellativi onorifici dimonsignore, eccellenza, eminenza, e roba del genere. Vien dachiedersi: Signore, i tuoi richiami di allora hanno ancora ugualevalenza ai nostri tempi per tutta quella classe d'eccezione inVaticano? I carrieristi sembrano usciti tutti da una stessa catena dimontaggio: identico portamento, stesso plagio, ugualeabbordaggio, sperticate adulazioni; sempre frenetici di librarsiin alto prima degli altri, come tanti variopinti pallonciniassicurati alla canna. Carrierismo è fenomeno di sedimentazionemedievale. In Vaticano si nasce carrierista. Quel cromosoma in più che ilcarrierista possiede, lo spinge sempre in avanti senza maifermarsi: da sacerdote a vescovo, da vescovo ad arcivescovo, poicardinale, poi Papa, e chissà che poi non gli venga voglia dicreare anche il titolo di Arcipapa. Ecco il percorso di un carrierista veramente fortunato. Fin dalseminario briga per i primi arrampicamenti, captando benevolenzae stima del superiore dietro segnalazione del suo vescovo, che loindica adatto a fare da prefetto di camerata. Da sacerdoteservizievole e disponibile diventa segretario e autista delvescovo; non passa molto che già è premiato con altra nomina diprestigio, nonostante il mugugno degli anziani più meritevoli.L'appetito vien mangiando e l'ascesa non si ferma mai a metàdell'opera. I confratelli diocesani non sopportano il suodimenarsi attorno al vescovo, al quale pongono l'aut aut: oallontana quello o ce ne andiamo noi. Che fare, dunque?L'indietro tutta non l'accetterebbe mai. Allora, occorresegnalarlo come un buon candidato all'episcopato, almeno comegiovane ausiliare, tanto per cominciare. E se si richiedonoalcune doti di pastoralità ecco che gliele si procurano, vere opresunte. Il dado è tratto. Si fa dire in giro che per i grandimeriti è diventato il più giovane vescovo ausiliare del mondo, a

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I Millenari - Via col vento in Vaticanosua insaputa, quasi settimino da parto prematuro. State certi chenon rimarrà là, disse chi lo conosceva bene. Poco dopo è trasferito a una diocesi. Però fa tanto bene chequella diocesi gli si rivela stretta. Gli ci vorrebbeun'arcidiocesi che, chissà perché, l'ottiene immediatamente. Senel frattempo si libera un'altra più interessante, fa sapere chelui farebbe meglio di qualunque altro presule in quella vacante.E succede il trasferimento. Ma nella nuova sede non riesce neppure a schedare le sue carte,che a Roma è in vista il cambio di guardia al verticediun'organizzazione cattolica per la gioventù, a caratterenazionale. A chi dovrebbe spettare se non a lui? E, guarda caso,quelli della Cei vanno a pensare esattamente a lui, chissà perquali intrallazzi. Gli sprovveduti s'attardavano ancora adecifrare la convenienza o meno della sua opzione per taledirigenza, che - manco a dirlo - due annetti dopo, senza chemovesse dito, eccolo già preconizzato a una sede cardinalizia:vivaddio! Roma è sempre meglio di un'arcidiocesi periferica permettersi in fila e in vista. Sulla busta si legge intorno al timbro: tutta volontà di Dio, cheha premiato l'assoluta umiltà dell'ascensorista cardinale,spavaldo come un mafioso: quali profetici eventi storici nellaChiesa! Ma già si sente dire di una sua nuova destinazione diritorno nella Capitale: «Roma, nun fa ' la stupida stavorta!Damme 'na mano afaglje di' de sì...». Non c'è chi non veda che tali promozioni mostrano il marchiod'essere state fatte su misura dai disegni umani e ben lungi dalvolere divino, a causa di quell'indovinato cromosoma in più chefunziona alla perfezione e rende normale la sistematicaopposizione alle Beatitudini evangeliche. Volesse il cielo, che quanto descritto fossero solo esagerateimmaginazioni di una penna intinta di fantasia, e non fosse lanorma, che si attua sistematicamente sotto gli occhi di tutti! Durante gli anni Settanta, in una traversata lungo il Danubio,c'erano vari sacerdoti in quel pellegrinaggio; quattro eranobresciani sotto ai quarant'anni. La giornata d'attraversamento diben tre territori nazionali si mostrava lunga e monotona; sicercava d'ammirare il folto paesaggio e i numerosi agglomeratiumani affacciati sulle sponde opposte. Colazione al ristorantedell'ampio battello, poi siesta sul pontile. Un sacerdote bresciano, dall'aspetto giovanile, s'avvicinaall'assistente che proveniva da Roma e parlando del più e delmeno dice d'essere compagno di corso di un suo coetaneo -chechiameremo don Regale - il quale di punto in bianco lasciò ladiocesi dopo un alterco col suo vescovo, che al concorso aparroco della cattedrale aveva preferito un altro anziché lui.Don Regale approdò come per incanto in segreteria di Stato aservizio del Papa di Brescia, che gli fu prodigo in carriera. Secondo il sacerdote-turista, don Regale era di intelligenzascarsa e di elevata presunzione, ma in poco tempo era riuscito apiazzarsi alle costole di alti prelati d'ufficio, e tuttiprofetavano che presto avrebbe raggiunto ben altri traguardi. Ilconfratello commentava, concludendo: «Se queste sono le personeche il Vaticano sceglie per dirigere la Chiesa, veramente c'è darestare delusi». Da segretario particolare del superiore, don Regale passò nellastanza dei bottoni a sostituire l'assessore, che in quel periodoera sottoposto a seri interventi chirurgici agli occhi perarrestare quel poco di vista rimastagli. L'attrito ci fu alritorno del convalescente in ufficio: don Regale fece valere lesue prestazioni e divenne assessore; l'altro veniva destinato airapporti con il personale delle nunziature, sebbene non neconoscesse l'ingranaggio. Nel mirabile commercio delle spartizioni inter presentes a quellivello, il tirapiedi bresciano promosso diventava presto terzinoin quelle logge. Ma i giochi erano ancora tutti da giocare. A donRegale fu offerta la sede di Genova - come detto altrove - ma lui

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I Millenari - Via col vento in Vaticanopreferì servire il Papa da vicino, sempre umilmente disposto aspiccare voli pindarici nello stadio curiale. «Nella casa delPadre vi sono tante mansioni; io vado a prepararvi un posto!»,adatto per ciascuno di voi in curia. Signore Gesù, lascia che tichieda: non è che ti sbagli nel prepararne fin troppi? Oppure,una forte taratura è da attribuirsi all'effervescente invenzionedel personale di curia, che s'aggiusta le poltrone ai sederi? "Nessuno saprà dell'accaduto" Tre prelati di curia si alternavano periodicamente a scambiarsil'invito a colazione. Il prelato più anziano dopo pranzo amavaper relax passeggiare in zone periferiche di Roma con gli altridue. Si sa: se tra due si confida, in tre si commenta. Verso iprimi degli anni Settanta, un giorno, finito il pasto, l'anzianomonsignore indicò anche la meta: verso Santa Maria di Galeriacon un torrido caldo pomeridiano che egli gradiva. Su e giùper la strada allora polverosa per oltre un'ora a smaltirel'ottimo pranzo degustato, lontani da sguardi e orecchiindiscreti. L'anziano prelato era della segreteria di Stato, dove copriva unposto di riguardo; era un archivio ambulante, intelligente evivace, felice e faceto nel conversare. Sempre geniale, avevapronta la battuta, una parola lepida, un motto arguto escultoreo, una facezia per sollevare lo spirito, una fraseazzeccata, un epiteto mordace; cose che ne rivelavano l'acume eil genio. Riusciva a seguire il nesso del suo dire ricco ditrapassi sillogici come una musica d'intelligenza pura, sottilenel cogliere sempre il punto focale del discorso. Si parlava di coloro che conoscendo molto bene virtù e debolezzedi Paolo VI riuscivano a ricattarlo a volte con lo spauracchio dichissà quali rivelazioni e scandali sui mass media. Il buon vinosorseggiato aveva reso il cuor del navigato prelato leggero eallegro, come quello di Assuero. S'arresta tra i due, sorridemaliziosamente coi perfetti denti affilati a melograno, la suamole coperta di un completo di sottana pieghettata che lasciavasupporre l'ampiezza del di sotto, porta il dito sulle labbra e sifa promettere il più assoluto riserbo: «Non è una fiaba quel chesto per dirvi, è storia vera; ma non da dirla in giro!... Perchélà», e indicava il muro tassellato a mosaico della radiovaticana, «la morale è solo uno dei metodi per raggiungerel'appoggio al proprio scopo, non da tutti decifrabile...Certamente voi sapete perché papa Pacelli spedì il suo direttocollaboratore, monsignor Montini, da prò-segretario di Stato adarcivescovo di Milano...». Dal volto dei due interlocutori lesseche la loro informazione appariva carente, incompleta o forsedifferente. Iniziò a confidarsi con tatto di maestro. Pio XII, dopo la morte del cardinal Luigi Maglione, preferì nonessere condizionato da un altro cardinale a segretario di Stato.Lasciò che monsignor Giovan Battista Montini ne facesse le vecicome sostituto e più tardi prò-segretario di Stato. Tuttavia ilPapa, da profondo conoscitore dell'infido ambiente curiale, s'erascelto un agente segreto, laico, capace di fornirgli informazioniriservate, che i nunzi non erano in grado di dare, specialmentesui fatti politici dei Paesi d'oltre cortina. L'agente rispondeva al nome di Arnould, un colonnello che avevaaccesso al Papa quasi mensilmente. Verso ferragosto del 1954,l'agente secreto consegnò in mano di Pio XII una busta sigillatada parte dell'arcivescovo luterano di Upsala, Yngue TorgnyBrilioth, ammiratore del Pontefice e collaboratore in aiuto aicattolici dei Paesi comunisti; nell'affidarla, egli tenne molto adire al colonnello di non farla passare attraverso alcun serviziovaticano, ma di consegnarla direttamente nelle mani delPontefice. Lo scritto conteneva le prove su certe relazioni cheun'alta autorità del Vaticano intratteneva con i governisovietici. Infatti, la volta precedente papa Pacelli, informatodel fatto, aveva giurato di ritenere la cosa impossibile,mancando il suo consenso. L'operato del prò-segretario, fatto a insaputa del Pontefice, eradi una gravità unica. In netta antitesi con le direttive di Pio

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I Millenari - Via col vento in VaticanoXII, che aveva in orrore il comunismo, Montini aveva iniziato atenere rapporti secreti con quei persecutori della Chiesacattolica in Urss. Da un'accurata inchiesta risultò che ilgesuita padre Tondi, della cerchia montiniana, aveva passato aisovietici la lista dei vescovi clandestini e dei sacerdoti colàinviati o ordinati in clandestinità, i quali, traditi dalladelazione, erano stati tutti arrestati e uccisi o morti neilager. A questo si aggiungeva anche l'altro fatto grave di avernascosto al Papa lo scisma dei vescovi cattolici che si andavaconsumando nella Cina comunista. Il Pontefice, presente Arnould, lesse la lettera e, turbato involto, ammutolì. Il 30 agosto moriva santamente l'arcivescovo diMilano, cardinal Ildebrando Schuster. A fine settembre Pio XIIchiama il prò-segretario di Stato Montini e gli dice di averpensato d'inviarlo come arcivescovo a Milano. Era senz'altro unadiminutio capitis, da capo della segreteria di Stato adarcivescovo periferico, seppure della più grande arcidiocesid'Italia. Montini sommessamente ribatté: «Padre Santo, avreipensato di finire la mia modesta opera a servizio di VostraSantità in curia!». Papa Pacelli, senza aggiungere altro, sistaglia in tutta la sua longilinea persona e con tono autorevolee severo indica: «Eccellenza, riceva la prima benedizioneapostolica quale arcivescovo di Milano! Grazie del servizioprestatemi !». Montini la ricevette in ginocchio. Il 1‘ novembre di quell'anno monsignor Montini prendevapossesso di Milano dove per quattro anni - finché visse Pacelli -non fu fatto cardinale. Il Papa intendeva così escluderlo da unapossibile candidatura al soglio pontificio. Per il resto dellasua vita Pio XII si rassegnò a governare in prima personal'andamento degli affari esteri vaticani. Da presidente della conferenza episcopale lombarda, l'arcivescovoMontini aveva relazione con tutti i vescovi della regione, tra iquali c'era quello di Novara che era molto stimato e consultatoda Pio XII, monsignor Vincenzo Gilla Gremigni, tenuto aconoscenza dei fatti descritti. Monsignor Montini per caratterenon era portato a coprire, ma a rintuzzare colpo su colpo. Mentrelui a Milano aveva solo un vescovo ausiliare dal 1955 - ilsecondo ausiliare l'ottenne solo nel 1961 - monsignor Gilla,forte dell'amicizia col Papa, ebbe per Novara, in una sola volta,due ausiliari, uno sessantaduenne e l'altro molto giovane, di 44anni, entrambi consacrati a settembre 1958. Fatti che Montini silegava al dito e che finivano in scaramucce più o meno larvate. Quando l'arcivescovo di Milano aveva ritenuto di sciogliere etrasferire altrove "Il Popolo d'Italia", giornale d'orientamentocattolico, ben affermato in Lombardia, monsignor Gilla Gremigniprotestò che tale decisione fosse stata presa senza interpellarel'episcopato lombardo. La risposta dell'arcivescovo Montini,recata a mano all'episcopio di Novara a sera avanzata, fu di taleviolenza che mentre la leggeva monsignor Gremigni, in condizionicardiache già compromesse, si accasciò sulla scrivania e rimasefulminato: erano le ore 23 circa del 7 gennaio 1963. Appresa la notizia, Montini, che nel frattempo papa Roncalliaveva fatto cardinale, all'una di quella stessa notte si presentain episcopio a Novara e si fa venire il giovane ausiliare -UgoPoletti - dal quale apprende i possibili motivi dell'infarto:forse, dice Poletti, il contenuto della sua lettera rimastaancora sulla scrivania dello studio, cui erano già stati appostii sigilli. Il cardinale Montini fece pressione per tornare inpossesso del suo scritto al fine di non dare adito, in pasto allastampa, a eventuali estrapolazioni concettuali. «Eminenza, isigilli sono stati posti un'ora fa dall'ufficiale; è notte, non èpiù possibile disturbarlo a quest'ora!», risponde monsignorPotetti; di rimando il cardinale fa: «Domani è già tardi; sonoqui per questo; nessuno saprà dell'accaduto...». Si disse pure che la storia dei sigilli fosse solo una trovatadell'ausiliare. Fatto sta che, lasciato il cardinale ad attenderenervosamente il suo ritorno, dopo due ore circa monsignor Poletticonsegna l'autografo a Montini con tante scuse per l'ovvio

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoritardo, mentre si promettevano a vicenda il più rigoroso riserbosull'accaduto, che nessun altro mai avrebbe dovuto conoscere. Tutti sapevano che Giovanni XXIII era gravemente malato. Morivail 3 giugno di quell'anno. L'arcivescovo di Milano era inpredicato sulla bocca e sulla penna dei migliori vaticanisti.Venne eletto appunto il 21 giugno seguente, attribuendosi il nomedi Paolo VI (10). Lui di solito compensava i favori ricevuti: permonsignor Poletti, invece, il Papa sembrava non ricordarsi piùniente del broglio di Novara. Dato che la memoria, quando funziona al presente, fa da specchioretrovisore proiettando il passato nel futuro, qualche trafilettodi stampa cominciò a informare dell'esistenza di una lettera diMontini a Gilla Grernigni come possibile causa del decesso diquest'ultimo. Immediatamente Poletti veniva promosso arcivescovodi Spoleto. Ma Spoleto per monsignor Poletti era arida. Fece sapere al Papadi volerlo servire direttamente in Roma, e anche le modalità. Dueanni dopo, monsignor Poletti passò al Vicariato di Roma comesecondo vicegerente con Sua Eccellenza Ettore Cunial,sgambettando gli ausiliari Luigi Poggi, Giovanni Canestri, OscarZanera e Priamo Trabalzini. Quando il cardinal Vicario, Angelo Dell'Acqua, muoreimprovvisamente a Lourdes, il 27 agosto 1972, altri trafiletti distampa ricordavano nuovamente l'esistenza di quella letteramontiniana a Gilla Gremigni. Come una folata di vento, venne lanomina di Poletti a prò-Vicario del papa Paolo VI a Roma. A questo punto l'anziano prelato narratore fece una pausa eaggiunse: «E ora è il nostro cardinal Vicario, per grazia di Dioe della Santa Madre Chiesa!». I due monsignori ascoltavano increduli, e uno di essi fece: «Ohpotenza d'una fotocopia! Sa tutto d'intrigo della corte papaledel Rinascimento...». «Questo», riprese il prelato, «per dire chi è Paolo VI, un fortecoi deboli e un debole coi prepotenti». Sotto Pio XI un simileprelato sarebbe stato quanto meno sospeso dalle sue funzionipastorali e inviato in qualche monastero a spegnere le sue brame,come fece con il cardinale Billot, che privò della porpora.Invece, sospinto dal vento del ricatto, monsignor Poletti non sifece indietro ad aiutare il Papa per lunghi anni come cardinaleVicario in Roma, fino alle forzate dimissioni canoniche pertardiva età. Monsignore guardò sorpreso l'orologio da polso: le 36.30, era inritardo per un lavoro da presentare al Papa all'indomani. Chiesedi accompagnarlo direttamente al cortile di San Damaso.

NOTA: (10) Morto papa Roncalli, nel giugno 1968 i conclavisti dellacorrente che faceva capo al cardinale Giacomo Lercaro di Bolognasi dettero appuntamento nella villa di Grottaferrata, diproprietà del massone Umberto Ortolani, per stabilire posizioneda assumere e candidato da sostenere, cioè Giovanni BattistaMontini, arcivescovo di Milano, debitamente informato. Arrivatoal soglio pontificio, Paolo VI provvide subito a ricompensarel'ospitalità offertagli dal massone Ortolani, nominandoloprontamente Gentiluomo di Sua Santità.

Folate di vento. Prefetto della Casa pontificia era da decenni un piacentino ches'era fatto anziano in quel servizio. A metterlo a quel posto erastato suo zio, arcivescovo cardinale di Bologna, che non erariuscito a fargli dare una laurea presso qualche universitàpontificia. Con suo sommo rammarico di lui lo zio diceva: «E'bravo e furbo quel mio nipote; peccato che non ha volutostudiare, altrimenti col posto che occupa sarebbe potutodiventare comodamente cardinale!». Si sbagliava di grosso lo zio porporato, perché il nipote senzaspreco di meningi divenne lo stesso cardinale. Con i suoi piùfidi prelati piacentini egli si vantava sul modo come gli venne a

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I Millenari - Via col vento in Vaticanotiro di agguantare la porpora. Per un quarantennio al seguito di vari Papi, il prelatopiacentino da semplice cerimoniere giunse fino a maestro dellecerimonie. Si vantava d'essere un nobile, ma in verità di nobileaveva solo l'eccessiva flatulenza, con colpo sempre in cannaecheggiante sotto le affrescate volte raffaellesche, i cuireagenti fitofisici ancora deteriorano i celebri dipinti diquelle logge, dai volti tuttora disgustati. Lungo questotirocinio in quell'ufficio il piacentino ne aveva preparati diconcistori e ne aveva inviati di biglietti a prelati che i variPapi facevano cardinali. Erano decine e decine di nomi inquarant'anni. Tra i biglietti cardinalizi da preparare per l'imminente prossimoconcistoro il suo nome era latitante, a conti fatti stava peressere radiato per sempre, ora che cedeva il posto al successoreche scalpitava. Pensò di giocare il tutto per tutto con l'ultimacarta che gli rimaneva. Va senza preavviso nello studio del Papa,e con piglio concitato e voce alterata fa: «Santità, ho deciso dipartire domani per il mio paese dove mi stabilirò nel castelloavito per un certo tempo, visto che qui non c'è altrariconoscenza per chi ha data la vita a servizio della Chiesa».Paolo VI lo scruta nel profondo con i suoi occhi vitreipenetranti, sorpreso dell'affronto irriguardoso quantoinaspettato. Un attimo di lunghissimo silenzio, poi sottolinea alprelato arcivescovo: «Così si parla al Sommo Pontefice?». Botta erisposta del prelato: «E Vostra Santità, così tratta un suofedele collaboratore che è rimasto a servizio ininterrotto dicinque Papi? Ora non mi resta che andare a Conegliano per metterein ordine tutte le carte segrete del mio ministero, che conservogelosamente in cassaforte». Alludendo, così, a tutti quei segretiche avrebbe potuto rendere di pubblico dominio. Detto questo, ilprelato piacentino volta le spalle al Papa e varca la portad'uscita, senza voltarsi a salutare. Il tempo di giungere fino al palazzo di casa sua oltre Tevere edi chiudere il portone. Poggia il bastone e la mantellaall'attaccapanni in anticamera, e sente suonare il citofono: disotto a parlare era un prelato con il messo che veniva aportargli il biglietto di nomina a cardinale. Volontà di Dio,qual buon vento a trecento all'ora, procurata a tempo di record! Paolo VI, durante la quaresima del 1966, riceve i vescovi dellaregione lucana, da lui in visita ad limina. Tra i primi entrasorridente l'arcivescovo di Acerenza, monsignor Corrado Ursi, chesi prostra a baciare la mano al Papa. Mentre gli altri presuli si pongono in cerchio, Paolo VI diceloro: «Salutiamo il nuovo arcivescovo di Potenza», indicandoappunto lui. Ma il Papa legge stupore e sorpresa sul volto deldesignato come su quello degli altri presuli. Eppure lui, PaoloVI, si ricordava d'aver approvato il trasferimento di Ursi daAcerenza a Potenza, al posto dell'arcivescovo AugustoBERtazzoni, novantenne. Per conoscere la causa del mancato annunzio,seduta stante il Pontefice chiede spiegazioni al cardinaleprefetto dei vescovi, che si precipita a dar relazionedell'inconveniente sul ritardo. L'allora presidente del Consiglio, onorevole Emilio Colombo,aveva appreso da voci di corridoio che il venerato arcivescovoBertazzoni, che a lui orfano aveva fatto da padre, venivadestituito dall'arcidiocesi potentina. Mosso da profondo affettofiliale e volendogli risparmiare un dispiacere che avrebbe potutoessergli fatale, l'onorevole aveva chiesto a quel dicastero disospenderne la pubblicazione, mentre si riservava di farne paroladirettamente al Papa quanto prima. Invece, Paolo VI, ignarodell'intervento governativo, aveva anticipato la notizia aivescovi della Lucania. Come regolarsi? Da una parte non conveniva disgustare il devotoonorevole Colombo, persona assai gentile e d'ogni riguardo;dall'altra quell'episcopato aveva preso atto della svista delPontefice. Bisognava salvare l'uno e l'altro. L'amicizia di papa Montini con monsignor Ursi risaliva al tempo

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I Millenari - Via col vento in Vaticanodella grande missione di Milano, quando aveva chiamato i piùfamosi predicatori d'Italia e li aveva distribuiti per tutte leparrocchie e i distretti della sua immensa arcidiocesi. La stampal'aveva chiamata la missione dei mille oratori, quanti ne eranostati ingaggiati. Monsignor Ursi, allora vescovo di Nardo, erastato destinato agli industriali lombardi, che ne avevano fattoelogi i più entusiasti, sganciando generosi doni alla curia. Ilcardinale Montini lo aveva chiamato a predicare altre due volteai fedeli milanesi; e da Papa la stima era rimasta inalterata. Con la morte del cardinale Alfonso Castaldo, Napoli in queimesi restava sede vacante. Allora, Paolo VI, senza riflettere laseconda volta, il 23 maggio seguente trasferì l'arcivescovo diAcerenza, Corrado Ursi, alla sede cardinalizia di Napoli. Unintoppo per salute. Questo degno uomo di Chiesa veramente nullaaveva fatto per ascendere a tanta dignità, la più illustre delmeridione d'Italia; ma insperatamente il vento fu in suo favoree, a tutt'oggi vivente, egli viene ricordato con simpatia eaffetto da tutti i sacerdoti e fedeli di quella arcidiocesi, digusto molto difficile verso i suoi arcivescovi in carica o invita. Quanta differenza con il suo successore, cardinale MicheleGiordano, da tempo indagato e ora messo sotto inchiesta pertraffici illeciti, in attività infamante di usura, per il cuireato il fratello suo è finito in manette, e frode fiscale daparte della curia partenopea. Il porporato nelle interviste noncessa di denunciare l'affronto fatto alla Chiesa attraverso lasua rispettabile persona. Ma che espressione di Chiesa è lui?, sichiedono i camorristi napoletani. Di fronte al mondo, spettatorein finestra, perché i responsabili del Vaticano non suggerisconoal cardinale Giordano, così pesantemente inquisito, di farsi daparte lasciando mano libera a chi deve per ufficio trovare laverità dove si nasconde? Forse il vento non soffia abbastanza...

14.

LA FIERA DEL ROSSO PAONAZZO.

Quando siete invitati a nozze, non prendete i primi posti. Unanorma di umiltà biblico-evangelica: «Non siedo con uomini falsi enon frequento i simulatori». Invece, moltissimi prelati delVaticano si ritengono fuori da questa regola evangelica perprivilegio divino, del quale si mostrano profondamentericonoscenti e grati al Signore. Quando sei invitato, beh!, meglio, quando decidi d'invitartinelle cerimonie pontificie, ti raccomando, cerca d'infilarti alposto più propinquo ai magnati di quel consesso. Nel corso diquesti appuntamenti pontifici, quando si sa che scendono i piùalti papaveri della corte pontificia al seguito del Papa, siassiste al frenetico brulichio di un andirivieni di giovanisperanze, tante formiche rosse tutte indaffarate che in frettas'annusano e si scostano, s'inchinano o s'ignorano, si prestano osi mangiano. Ovviamente tutti quelli che là contano alla "Re di Coppa & C."usano attingere informazioni al telefono-amico che non lasciatracce, ma le loro beffarde decisioni altroché se non leprendono, e anche pesantemente! Per essi la legge evangelica è unsillogismo invertito: si prestabilisce la conclusione - questo dapromuovere, l'altro da bocciare - e in base a questa si adeguanole premesse da cui dedurla. Non è facile scrivere sulla vanità degli uomini di Chiesariguardo a certi titoli onorifici o di prestigio, e sul lororincorrere verso posti di altissimo rango, da essi agognati,pretesi e ottenuti. E una testimonianza di fede troppointeressata, quella di mettersi avanti per fare schermo aglialtri fratelli più meritevoli, benché sia scritto: «Non cerchiciascuno il proprio interesse, ma piuttosto quello degli altri». Nella Chiesa di Roma incalza il pericolo di un nuovo fariseismoneanche più troppo celato. Certi giochi di potere tra

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoecclesiastici non sono dissimili dalle lotte tribali, dastregonerie feticce e da connivenze mafio-massoniche. E' la fieradel rosso, quanto più sgargiante possibile. Per mettersi un po'di rosso addosso, perdono l'abitudine di averlo sul viso. E' lavetrina degli esibizionisti imbellettati di paludamenti sotto cuinascondono ipocriti sogni. Le funzioni liturgiche pontificiefiniscono per essere simili a défilé di prelati, su unavariopinta passerella di modelli pavoneggianti. Le cappellepapali una mostra di panni rossi, trine, copricapi e smaglianticroci pendenti: e i prelati-pavoni come alla sfilata di modasotto le stelle a Trinità dei Monti. I papaverati di grosso calibro hanno tanta voglia di esseresalutati quanto quelli di piccolo calibro nel volerli venerare,il cui rispettivo coefficiente è inversamente proporzionabile. Ilgraduato in dignità di sottecchi nota i movimenti dell'inferioredistratto, su cui s'appunta la sua stizza per i saluti omessi alui, che ben se li merita tutti. Sprechi di salamelecchi a nonfinire, con larghi sorrisi compiaciuti dei rampanti in ascesa. Insala l'assemblea di frontiera loda ed è lodata e in cors'allegra, sciogliendosi in reciproci effluvi e laudamenti. Quanto godimento provano i prelati, soffusi di malcelatonarcisismo, prima durante e dopo questi incontri ad alto livellopontificio, benché Ghika abbia scritto che Narciso è più lontanoda Dio che Caino. Se la gioia è godimento cosciente di un benesicuro, c'è da dire che a beni gracili, gioie fragili; a benigranitici, gioie solide. Ma il granito è duro e può rompere latesta a più d'uno di costoro. I monsignori in pompa magna, tutti attillati con sottaneprelatizie, lesti e frenetici, a seconda sussiegosi o sorridenti,bardati e fiammanti, si fanno un dovere di rendere omaggio a queicardinali e prelati dai posti riservati in prima e seconda fila,per umile devozione e non per altro. Ma quest'acro tutti losottintendono. Ha sentenziato Gesù: «Sulla cattedra di Mosè sisono seduti scribi e farisei. Non fate secondo le loro opere,perché dicono e non fanno. Tutte le loro opere le fanno peressere ammirati dagli uomini: allargano i loro filatteri eallungano le frange; amano posti d'onore nei conviti, i primiseggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze. Il più grande fravoi sia vostro servo». In caso che una sedia sia ancora vuota alla fila davanti, l'altrodi dietro trova il marchingegno per salutare calorosamente unprelato di quella fila, sedendoglisi comodamente accanto: «Sederecum viris vanitatis»; intanto, così è riuscito a scavalcare d'unafila gli altri, per essere quanto più vicino al Papa, pervenerazione s'intende! Poi, imparerà a farlo anche nella vita,sgambettando chi non riesce a far meglio di lui. «Guai a voi,farisei, che avete cari i primi posti nelle sinagoghe e i salutisulle piazze». Ogni anno il Papa polacco, alla vigilia dei santi Pietro e Paolo,desidera incontrare tutti i suoi collaboratori che lavorano neidicasteri della curia romana e del vicariato. Ovviamentel'occasione è la più indicata per esibirsi attillati di tuttopunto, almeno per non far impolverare la tonaca rossa o filettataa lungo nell'armadio, col pericolo che si tarli. Invece c'era uno screanzato di monsignore, di fisico minuto e beneretto, grande vivacità intellettuale, finissima capacità dientrare in sintonia con la convulsa realtà dell'ambiente e dicogliere al volo i segni dei tempi di giovannea memoria, che sipresentava sistematicamente all'appuntamento col Papa in nigris.cioè in semplice sottana nera, neanche tanto nuova di zecca. Ilfatto indispettì un cerimonioso dei tanti cerimonieri, al puntoda dare ordine a un vigilante di trasferire l'intruso, privodell'abito nuziale, di almeno quattro-cinque file più indietro.Con circospezione la guardia gli fa: «Monsignore, scusi, dovrebbelasciare il posto libero, perché occupato già», e gli indicò lafila, accompagnandolo. Ormai aduso al trattamento discendente, il reverendo, senza farsiné bianco né giallo, lasciò i rossi colleghi del suo ufficio ai

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I Millenari - Via col vento in Vaticanogiusti posti loro assegnati e indietreggiò senza alcun problema.Ma stette poco al suo nuovo posto; s'avvicinò ancora lo stessovigilante con evidente imbarazzo per intimargli di retrocedereancora più giù: «Mi scusi, monsignore, non dipende da me, micomandano!». Ma lo sguarnito prelato cercava di rasserenare ilbravo laico dicendogli: «Non si preoccupi per me, io sonoabituato al metodo di San Giuseppe Cottolengo». «Qual è questometodo, monsignore?». Eccolo: «Ai suoi buoni figli disabili,sistematicamente traslocati da un posto all'altro perchéindesiderati, che chiedevano spiegazione sui loro continuispostamenti, il Santo li persuadeva dicendo: "Cercate di nonimpressionarvi di ciò; perché dovete sapere che i cavoli peravere più gusto vanno trapiantati più volte"». La sonora risatadel vigilante attirò l'attenzione dei prelati antistanti. Dopo poco quel brav'uomo s'avvicinò nuovamente al prelato, esorridente gli fece: «Monsignore, ci sarebbe un posto proprio inprima fila; se non fosse per quell'allusiva correlazione aicavoli, l'avrei portato là davanti a tutti, anche perché lespetta di diritto. Però, le giuro, monsignore, d'ora in poi saròmolto più guardingo, prima di spostare i reverendi privi dibardature». Inutile dire che Dio non fa distinzione di persone, non èparziale, non fa selezioni. Sono cose che tutti sanno. Ma qui nonsi tratta di Dio, che sta in cielo, abbastanza alto perintrigarsi di queste nostre piccole miserie, fatte di colori,sgambetti e preferenze. Gli uomini invece si distinguono tra vicini e lontani da comeriescono a raggiungere i propri gemellaggi. Bisogna darsi dafare; lo stesso proverbio lo conferma: «Aiutati, che Diot'aiuta»! Lo diciamo da sempre; e vuoi che questa regolacelestiale debba essere disattesa dagli ecclesiastici romani,specialmente di curia? Contrariamente a quanto si sosteneva nel ventennio di dittaturaitaliana, in curia avere molti amici è pari a molto onore, chevaria a seconda dei colori portati addosso. Tutti abbiamo unprotettore in cielo; beato chi ce l'ha anche sulla terra!, dicevauna madre al figlio chierico, il quale in seguito s'accorse chela sua genitrice non si sbagliava affatto. In tutta codesta fiera di rosso nessuno ama ricordare ilrimprovero del Maestro ai farisei: «Come potete credere voi cheprendete gloria gli uni dagli altri e non cercate la gloria cheviene da Dio solo?». Forse, essi credono che Dio sia daltonico alloro rosso fiammante. Comunque, non a essi certamente egli hainsegnato che la vera grandezza non viene dal basso, madall'alto; non dal rosso, ma dal tersore di dentro. In queste cerimonie papali è immancabile la presenza e il ritrovodelle religiose di ogni foggia e qualità. Anch'esse moderne,sciolte, attillate di stoffe sopraffine, con ricciute ciocchesbadatamente sporgenti dal velo, oppure senza velo e conpermanente di giornata al coiffeur del centro, che ha provvedutoovviamente anche a manicurarle.

Porporati showman. Simon Pietro non ha tenuto affatto ad apparire leader dellaChiesa nascente. Gesù lo dichiara tale fin dal loro primoincontro: «Ti chiamerai pietra, sulla quale edificherò la miaChiesa; seguimi e ti farò pescatore di uomini». Ma lui a piùriprese mostrava d'essere una frana: «Vade retro, satana; nonconosco quell'Uomo». Aveva ceduto alle pressioni dei giudaizzantial punto da tenere una doppia linea di condotta tra essi e ipagani, riguardo alla legge antica; ci volle l'intervento diPaolo a distoglierlo dall'errore. Eppure, Pietro fu il primoVicario di Cristo, il primo Papa che, pur detestandoli, ammettevai suoi continui sbagli, suggerendo al discepolo Marco ditrascriverli nel suo Vangelo a sua vergogna e a edificazione diquella Chiesa! La cronistoria dei nostri tempi elenca più di un dignitario dicuria che si autoelegge a fare da leader nella Chiesa, almeno

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoponendosi alla leadership del governo-ombra. Ce n'è uno più ditutti, che il solito lecchino speaker di "Telepace" non perdeoccasione per porlo in evidenza via Tv con cenni laudativi esbrodolamenti ridicoli, ben conscio che, se la matematica non èun'opinione, tuttavia le opinioni cambiano i calcoli anche allastessa matematica. Questo dignitario si attribuisce talevocazione, crede fermamente nelle proprie doti leaderiste eagisce di conseguenza: affinché anche gli altri gli dianocredito, dentro al mondo vaticano ed ecclesiastico, così come inquello sociale e politico. Per costui il buon Dio non avevatrovato un angelo custode normale, e pensò di affidarlo a uncocktail angelico: di uno con ali spiumate, uno un po' svanito el'altro in dormiveglia. Convinto d'essere la misura misurante con cui misurare uomini ecose, costui, sfoggiando la sua porpora fiammeggiante, si concedecon falsa modestia al grande pubblico dei media; non disdegnal'appellativo di ministro degli Esteri della Chiesa per il MedioOriente; con tanta sicumera si lascia intervistare sul futuroprossimo remoto del governo della Chiesa; preconizza il conclave;va in giro a far visite cosiddette pastorali presso chiese egoverni nazionali; riceve i politici di ogni estrazione; accettainviti d'ogni genere; non manca mai a tutte le cerimonie papalidove s'addormenta in profonde riflessioni oniriche; si fainvitare in tutti gli incontri d'alto rango; si dice disposto acelebrare in semipubblico-privato eventuali nozze riparatrici dipersonaggi in vista; non disdegna neppure di presiederemestamente le esequie in morte di qualche gran regista, attrice opolitico, fatti passare per credenti dell" ultim'ora. Tutto puòservire a render gloria al potente eccedente-showman, compresi icircensi e i giullari. Questo porporato faccendiere, in veste di protagonista, ci tienea convincere gli altri che con la propria influenza multi-dimensionale effettivamente è il dignitario vaticano più potentedel momento, dando a vedere al mondo politico di essere in gradodi predisporre candidati a nomine vescovili e cardinalizie e dicaldeggiarle presso l'infermo Pontefice, a tutto tornaconto delproprio clan romagnolo. Gli osservatori prenderanno coscienzadell' ascesa del fuoriclasse e, a gara, se lo contenderanno perfarselo amico e protettore. Con tale stacco pubblicitario senza fine, ad abboccare piùfacilmente all'incantesimo del luccicante amo sono i politiciitaliani, presidenti di Consiglio e della Repubblica, che sifanno premurosi a rendere omaggio all'onnipossente cardinale dìcuria sulla cresta dell'onda, ancor prima di passare dal Papa edal segretario di Stato. Statisti che si onorano fargli dapalafrenieri, agli ordini e alle direttive del baldanzosoprimattore. Un vero show, nel 1994, fra l'ego di porpora e l'alieràpresidente del Consiglio, l'onorevole cattolico SilvioBerlusconi. L'incontro tra le due altezze è stato caloroso.Nessun rossore dell'augusto porporato stringendo la mano alpremier reduce da affiliazione massonica, creatore di tre retitelevisive che esercitano il lavaggio delle menti el'intorbidamento della morale, ricco di miliardi opachi e dichiari guai giudiziari, autoproclamatosi Unto del Signore e forseper questo dotato di due mogli e di due famiglie. Si mormora cheil porporato, in passato, s'interessò per la concessione all'Untodi Arcore di una cappella privata modello familiare, doveascoltare la Messa nel massimo raccoglimento domestico - qualcunosi domandò quale dei suoi due nuclei familiari ne rimanessesenza... In un pianeta di audaci autopropositure, l'esercitarsi inmodestia si ritorce a proprio danno, come boomerang discriminantee nocivo. All'ambizioso la modestia non serve, le vertigini dellavanagloria lo drogano. L'orgoglio di sapersi assurto ad altezzespropositate lo ubriaca, convinto com'è che il potere è unpiacere e il piacere per lui è anche un dovere. La concupiscenzadel potere assomma in lui l'alterità di Dio e la familiarità dei

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I Millenari - Via col vento in Vaticanocollaboratori. Quando cerca una strada, ne trova sempre due; sene sceglie una, si trova a un bivio. Invano nostro Signorecontinua a suggerirgli: «Impara da me che sono mite ed umile dicuore», che tradotto significa: giù la cresta, eminenza, giù lacresta! Lucifero era un angelo di luce, mise la cresta e divennetenebroso. Ghika ha notato che l'orgoglio è lo splendore dellastupidità; secondo Padre Pio, l'amor proprio, figlio primogenitodella superbia, è più ambizioso e malizioso della stessa madre.Persino un pagano imperatore, Marco Aurelio Antonino, aveva cosìapostrofato questi potenti imbecilli: «Ecco come essi sono:mangiano, dormono, defecano come gli altri; ma una volta pastoridi umani greggi, eccoli a fare i difficili per far discendererimbrotti dalla loro altezza. Un istante prima erano schiavi dipassioni senza numero; ancora tra qualche minuto e saranno dinuovo in pari condizioni precedenti». In curia, dove perdura indisturbato il più impudente feudalesimo,il superiore vanesio esaspera il giusto principio dell'autorità,sconfinando nell'autoritarismo con arrogante imbecillità: «Si usipure clemenza all'empio, non imparerà la giustizia; sulla terraegli distorce le cose diritte e non guarda alla maestà delSignore». Winston Churchill, del re Riccardo Cuor di Leone,disse: «La sua vita fu una magnifica parata. Ma quando il corteopassò, dietro di lui rimase la pianura vuota». Cosciente di certe sue propensioni al giovanilismo, il nostroporporato-leader-showman diventa ridicolo nell'attorniarsi dibellimbusti prelevati dalla sua riserva di caccia, intrufolandolidi soppiatto in incarichi d'ufficio, con sfrontato strapotere.«La loro parzialità verso le persone li condanna ed essiostentano il peccato come Sodoma: non lo nascondono neppure;disgraziati! Popolo mio, le tue guide ti traviano, distruggono lastrada che tu percorri». Ma peggio di un vecchio imbecille è un imbecille giovane, sempreprono ai piedi dell'anziano protettore rosso porpora. Non èinutile ricitare qui il monito di San Bernardo a Eugenio III, giàriferito altrove quale vizio e sfizio prelatesco: «I vescovi ecardinali, tuoi fratelli, imparino da te a non tenersi attornoragazzi zazzeruti o giovanetti seducenti. Fra teste mitrate stadavvero male quel viavai di acconciature sofisticate». Prelati efficienti, sognatori testardi, al fine di far garantirela loro merce guasta vidimata e timbrata dall'autentica divina,cercano di far combaciare la volontà del Padre con i loro calcolidi umana grandezza. Basta infiorettare i discorsi, per offuscarele idee: abituati a camuffare se stessi, ci riescono a pennelloanche con Dio. Dissimulare per dissimularsi. Per arrivarci leidee non difettano, hanno una proliferazione intellettualeeffervescente; rimane solo l'imbarazzo della scelta, che peròquando manca l'opera s'incancrenisce e muore prima direalizzarsi. Eccone qualche esempio. Di Madre Teresa di Calcutta la Chiesa e il mondo avrebbero coninfallibile certezza parlato dopo la sua morte su quanto da essaoperato; dunque, perché non approfittare in anticipo, invitandolapresso il dicastero di curia, dove opera come prefetto un altroporporato-showman che vuole pavoneggiarsi accanto a lei neimodesti panni di protettore e consigliere di tanta Religiosa?Frattanto egli fa riprendere da una telecamera tutti i colloquispirituali, che poi si sarebbero dovuti rivelare profetici. Ilcardinale, che con pelosa umiltà finge di non accorgersi delleriprese televisive, va a prelevare Madre Teresa al suo arrivo el'accompagna servilmente all'ascensore, prodigo di consigli e diraccomandazioni ben sonorizzate. Una volta sepolta la Suora,reperite le scene più significative sono state trasmessepuntualmente da "Telepace" con decorosi commenti esilaranti,chiedendo persino se non si potesse affibbiare a quella Religiosala curiosa definizione di "Madrina giubilare del Duemila". Altrettanto è di moda andarsi ora a prostrare sulla tomba diPadre Pio sia pure canossianamente, il tempo sufficiente peressere ripreso e riportato sui rotocalchi. Quanto occorreinventarsi per porsi spedito sulla via del vento in Vaticano!

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I Millenari - Via col vento in Vaticano E' sempre meglio essere vittima che protagonista di certesofferenze nella Chiesa. All'occorrenza, però, il boia si vestedei panni della sua vittima per riscuotere perfidamente la partedell'ovazione derivante dagli spettatori. Che ve ne pare? A Sant'Agostino che con frase scultorea diceva: «Diligite homines,interficite errores» (amate gli erranti, uccidendo glierrori), fa eco San Gregorio Magno: «L'insegnamento delle personearroganti ha questo di particolare: che esse non sanno esporrecon umiltà quello che insegnano, e anche le cose giuste checonoscono non riescono a comunicarle rettamente. Quando insegnanodanno l'impressione di ritenersi molto in alto e di guardare dilà assai in basso verso gli ascoltatori, ai quali sembrano fargiungere non tanto dei consigli, quanto dei comandi imperiosi».

15.

SPIONI E SPIATI DI CURIA.

Sotto la cappa del secreto pontificio, il mistero dell'empietàtende a rendere la verità «prigioniera dell'ingiustizia». I segreti sui collaboratori di curia, specialmente se calunniosi,vengono con rigore taciuti soltanto all'interessato; tutti glialtri, invece, possono facilmente venirne a conoscenza, riferitia uno per volta, come conchiglia che a intermittenza svela il suointerno, divaricando le valve a richiesta del solleticante. Qua elà si è qui spesso accennato allo sconcio del secreto pontificioche favorisce solo le manovre poco pulite di superiori e protettinelle proprie aspirazioni, a scapito degli aventi diritto peraltri giusti motivi. L'argomento è di tale importanza darichiedere un più approfondito esame. La curia romana è la stanza degli specchi, dalle cui paretil'uno spia l'altro; così spaccata in due, una metà controllal'altra metà, e ciascuna ritiene l'altra appunto un agglomeratodi spie, di spioni e di spiati: «Taci, l'amico t'ascolta!». Una spessa coltre di malinteso segreto avvolge fatti e uomini insigillate stanze di una gelosa corte bizantina, tanto potentequanto spietata. In codesto ambiente la maldicenza che si mormorain segreto la si tiene in debito conto da farla girare intorno; acondizione che l'interessato non ne venga mai a conoscenza.Seneca consigliava: «Quello che vuoi che altri non sappia, tu nonlo dire a nessuno», qui quel nessuno è riferito unicamenteall'interessato. Se lo dovesse richiedere proprio lui, parlandoin burocratese stretto e abbottonato gli si negherà tutto, vero ofalso che sia. Machiavellicamente, il fine di promuovere uno al postodell'altro, cui spetta di diritto, giustifica i mezzi daadottare, appunto il segreto d'ufficio, anche se dovessedistruggere il tessuto della lealtà interpersonale,indispensabile per ogni pacifica e fraterna convivenza. A conferma della prassi, tuttora in uso verso i collaboratori delPapa, si potrebbero portare numerosissimi esempi. In siffattimadornali soprusi i dipendenti non hanno come farsi prevalere ipropri diritti naturali, e quindi anche divini, dato che èscritto che l'operaio è degno della sua mercede, specialmentequella promozionale. Potenza dell'inviolabilità del secreto pontificio, che favorisceil calunniatore e punisce l'innocente, al quale vienepraticamente negato qualunque appello a che giustizia gli vengafatta. La procedura del segreto viene molto comoda persino nellefaccende amministrative, dove si dovrebbe fare massima chiarezza. La maggior parte delle pratiche di curia è, dunque, rigorosamentecoperta da siffatto secreto professionale, detto in latino SubSecreto Pontificio. Quindi, dovrebbe restare sotto silenzioassoluto, ma non lo è affatto. Succede che proprio allora i duetermini, "secreto" e "pontificio", si scindono in due lastre dighiaccio alla deriva. Quella del "secreto" s'avviluppa attornoall'interessato, che lo blocca in una specie d'ibernazione.L'altra, del "pontificio", va a liquefarsi al tepore del pubblico

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoche, a briglie sciolte sul malcapitato non gradito, sibila,diffonde, commenta, sempre sotto secreto, verità miste acalunnie, fatti e misfatti gonfiati e quant'altro di lezioso sipossa dire, se mai a volte condito da pelosa carità fraterna, conla quale si finge di stendere il manto della misericordia:«Debolezze umane, poveretto!». Ma se la sua carità è cosìcrudele, che sarà la sua giustizia? Si tende a un villaggio globale dell'informazione ben distintotra l'interessato che, coibentato dal secreto, poco o nulladubita di ciò che gli si cuce addosso, e tutti gli altri chevanno a ruota libera per proprio conto a raccontare in girocalunnie e chiacchiere a suo riguardo. Nei momenti più duri, un consacrato si riscontra inerme esconfitto di fronte alla perfidia dei confratelli, divenutiuntori e untorelli scostanti per non dissacrarsi al suo fianco,lasciandolo alla deriva al minimo soffio del venticellocalunnioso. Ovviamente la distanza dall'infangato serve peraccorrere in aiuto del superiore perché possa usare le armi dellasopraffazione, quale sentenza passata comodamente in giudicato.Alla persona che si vuole fuori gioco, basta la mordacchia delsospetto, quasi sempre in fatto di moralità: mezze verità e mezzemenzogne, sottili dicerie e latenti denigrazioni seminate insecreta confidenza. Beninteso, non è che chi mette in giro accuse e mormorii controil prossimo in fatto di moralità sia puro e candido come il cignodi Lohengrin, anche se finga meticolosità a non macularsi becco epiume; né il suo interno di certo è bianco di latte, al par diLola la camicia (Cavalleria rusticana, Pietro Mascagni). Ma nonimporta l'essere tale; è sufficiente salvare l'apparenza. «La spada della tribolazione di questo confratello perseguitato»,dice San Raimondo, «si raddoppia e si triplica allorquando, senzagiustificato motivo, nasce la persecuzione da parte di uomini diChiesa nell'ambito spirituale, dove le ferite più gravi sonoquelle che provengono da amici». E questo benché sia proibitodalla divina Scrittura: «Non spargerai false dicerie; nonpresterai mano al colpevole per essere testimone in favore diun'ingiustizia. Non seguirai la maggioranza per agire male e nondeporrai in processo per deviare verso la maggioranza, perfalsare la giustizia». Un'altra specie di segreto più perfido è quello che si mette suallorquando si vogliono nascondere concertate manovre poco puliteintorno a promozioni deviate, cioè sottratte a chi spetta eattribuite all'illegittimo, sempre ammantate di rigorosadiscrezionalità. Grazie a tale copertura, i tranelli, gliimbrogli e i soprusi della casta dei protettori rimarranno bencustoditi nel forziere dei secreti d'ufficio, mancando il qualeil superiore imbroglione si scoprirebbe con le mani nel sacco.Siffatte manovre, che premiano i mestatori della pia fratellanzaomertosa, generano malessere diffuso da per tutto, ma,principalmente, in chi è in regola per la giusta e dovutapromozione. Altre volte, il secreto pontificio serve da ottimo usbergo, chemette al riparo da ogni incresciosa conseguenza il teste falsarioche in tal modo può asserire tutto ciò che vuole, creandolopersino di sana pianta o a richiesta del proponendo, senza temadi essere smentito. In quell'astuccio corazzato dal secretopontificio, intrasmissibile e incomunicabile, l'infame detrattoreresta al sicuro, come un nocivo parassita in bozzolo, adeguandosicosì a espellere o a digerire ogni tossicità ambientale. Ilrigore serve semplicemente a non far intervenire prima del tempol'interessato leso, per evitare che costui rompa le uova nelpaniere e, forse, qualcos'altra parte del fisico a queicarbonari. I secreti vaticani hanno valenze variegate a seconda delleconvenienze; ad esempio, per evitare uno scandalo nel mondo perciò che il terzo secreto di Fatima direbbe sugli ecclesiastici alvertice della Chiesa, la loro prudenza umana riterrebbescriteriato quanto rivelato dalla Vergine, allorquando lo si

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I Millenari - Via col vento in Vaticanorendesse di pubblico dominio. Ma quando si mettono in girocalunnie e denigrazioni per mettere fuori uso un possibilepretendente, allora quelle angeliche coscienze sanno che tuttociò non fa scandalo a qualcuno ed è, pertanto, lecito perpetraresiffatta iniquità. Ci viene incontro ancora San Bernardo a far da maestro: «Vorreiche tu [Eugenio III, ndr] stabilissi come regola generale diritenere sospetto chiunque abbia paura di dire in pubblico ciòche sussurra all'orecchio; se poi rifiutasse di ripeterlo davantia tutti [gli interessati], consideralo alla stregua di uncalunniatore, non di un accusatore».

Segreti, segretezze e segreterie. Il Rettore magnifico della pontificia Università Lateranense,negli anni Settanta, aveva dato nell'occhio per i suoi stranispostamenti repentini in Italia e all'estero. Il controspionaggiolo sorvegliava con molto riguardo alla lontana. Lui sospettavaqualcosa. A metà dell'anno accademico 1974 il Rettore magnificolicenziò in tronco un docente slovacco, religioso conventualefrancescano, che lo deferì alla Rota, e questa, con responsosalomonico, gli dette ragione a metà. Il docente religioso nonaveva taciuto le manovre massoniche del Rettore magnifico, equesti per ritorsione lo aveva esonerato dall'insegnamento. Il seguente episodio a suo tempo venne riferito dalla viva vocedel francescano. In un giorno estivo del 1974 quel pontificioRettore magnifico di massoneria prenotava per telefono una camerain un albergo di Genova, nelle adiacenze della stazione. Arrivatoin serata, benché l'hotel fosse raggiungibile a piedi egli con iltaxi fece un lungo giro vizioso, sospettando qualche pedinamento.Alla reception si presentò in borghese fornendo false generalità.Per il giorno appresso prenotò la colazione di lavoro con dueconiugi, che poi risultarono non essere marito e moglie. Ilgiorno dopo, l'incaricato del servizio segreto preparò un tavoloall'angolo del tutto riservato ai tre, ma essi ne scelsero unaltro. L'addetto cameriere risistemò alla svelta i tavoli,avvicinando quanto più presso possibile quello con sotto lamicrospia, che a mala pena registrò la conversazione fatta concircospezione e sottovoce. A fatica si decifrava il periodo difebbraio 1975 per la fine di Paolo VI; poi la conversazioneverteva sul conclave e si facevano i nomi dei designandi: Baggio,Poletti, Villot. Eppure Paolo VI non soffriva di un male cheavesse così precisa scadenza. Fatto sta che passò febbraio e nulla capitò di quanto presagito:essendo Paolo VI vivo e vegeto, il racconto fu attribuito a partodi mente effervescente. Invece, sul settimanale "Tempo" apparveun articolo che dette conferma al racconto confidenziale.L'articolo affermava che era stato sventato un complotto ai dannidella persona del Papa, perché sul sacro tavolo fu recapitata unavelina dattiloscritta con cui lo si informava del pericolo; sifacevano i nomi del cardinale Baggio e di monsignor AnnibaleBugnini; l'articolo accennava all'amara sorpresa del Pontefice,alla difficoltà di poter rimuovere Baggio dai suoi moltepliciposti-chiave in curia; poi, l'articolista attribuiva allosventato complotto la defenestrazione di Bugnini dal suoimportante posto di segretario della Congregazione per il cultodivino, in tronco senza alcuna spiegazione e svanito nel nullafino al 4 gennaio 1976, quando si seppe ch'era stato fatto nunzioin Iran. La notizia - mai smentita - fece enorme scalpore e ilgiro del mondo, all'epoca, correlando eventi e fatti riferiti auna medesima matrice massonica. Tempo fa un cardinale, dopo l'allarme del monsignore competentedella pratica, venne nominato visitatore-ispettore di unacomunità religiosa caduta nei tranelli di personaggi senzascrupoli. Tangentopoli era in piena efficienza. L'inettoporporato si era scelto come segretario certo monsignor FrancoLesarno, persona spregiudicata e facile al soffietto, al qualeaffidò il compito di contattare i superiori del dicasterocompetente. Lesarno meditò subito di far estromettere

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I Millenari - Via col vento in Vaticanol'officiale-monsignore, per non avere controlli sulla correttezzadell'ispezione. Si fa ricevere in tutta segretezza dai superiori e riferisce lorouna calunnia, incredibilmente inventata di sana pianta: «Ierimentre alzavo la cornetta del telefono mi accadde di intercettareuna conversazione telefonica tra il vostro officiale e certasignora Ortensia, in quel di Venezia, che si diceva creditrice diquella comunità religiosa. Il monsignore svelava per filo e persegno le direttive demandate al cardinale visitatore»; edelencava esattamente tutti i suggerimenti d'ufficio forniti alsuddetto cardinale per la visitatura contenuti in una letteraovviamente preparata dall'officiale. Tessendo così i fili aglioppositori, egli voleva realizzare la quadratura del cerchio, eci riuscì alla diavola. I superiori, gongolanti, invitarono Lesarno a mettere tutto periscritto, e lo scritto fu consegnato nella stessa metà giornata.Ma costui, nel dubbio che il calunniato fosse informato sugliaddebiti contenuti nell'esposto, pensa di prevenire lo stesso conuna sua telefonata, nella quale spudoratamente gli dicevadell'intercettazione telefonica e dell'argomento intercorso conla Ortensia, se mai fosse esistita; e all'incredulo stupore delmonsignore calunniato, il farabutto cercava di convincerlo sullaineluttabilità del falso asserito e riferito e che meglio sarebbestato non trincerarsi sulla negativa. Che tragicommedia! In tuttele tragedie v'è sempre una nota difficilmente catalogabile tra lacomica e la schizofrenica. Quale fu il comportamento dei superiori in tal modo informati?Ineccepibile! In perfetta coerenza con la prassi curiale: loropresero la denuncia controfirmata e la passarono tout court nellapratica personale del calunniato, senza accertarsi minimamenteintorno alla fondatezza delle asserzioni che il Lesarno gliattribuiva, adducendo a riprova inconfutabile l'origliamentodell'intercettazione inesistente e della telefonata-trappola.Così essi, facili contravventori di norme deontologiche,rimangono tranquilli e sereni d'animo: la coscienza loro è fattaa mantice che si restringe e si dilata all'infinito a secondo lecircostanze e la connivenza («Conscientia est quaedam pelliculamollis, quae restringi ac dilatari potest in infinitum»). In più, la mattina seguente il monsignore calunniato trovò iltiretto, dove conservava la voluminosa pratica, completamentesvuotato. Alle sue rimostranze quegli ipocriti, con unragionamento a pera, assicurarono il suddito che la soluzioneadottata era improntata a prudente saggezza. E Gesù a costoro:«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate asepolcri imbiancati; essi all'esterno son belli a vedersi, madentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Cosìanche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini, madentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità». La visitatura-ispezione durò quattro anni, finoall'allontanamento dei due, porporato e prelato, e si rivelò undisastro che costò alla famiglia religiosa svariate decine dimiliardi con ipoteche e svendite di beni immobili. Però, pertutta ricompensa, monsignor Lesarno è stato ordinato vescovosegretario del suo ufficio dal Papa stesso nella Epifania 1998.Vento che va a premiare il maneggione calunniatore! Tra una trasparenza e l'altra i cristalli degli ufficis'infangano. «Vi sono uomini a cui sembra che la fede sia statadata per dispensarli dalla carità» e, quindi, dalla verità edalla giustizia (don Primo Mazzolari). Chiunque in Vaticanopotrebbe rimanere facile vittima della lupara trasparente: pressosiffatto ambiente di puritani, detrattori senza scrupoli e senzaincubi, anche le azioni più limpide si prestano al lorolinciaggio. Il metodo della detrazione è semplice e spedito: s'inizia colmettere in giro dei "si dice"; se non basta, si ricorre a scrittianonimi e trafiletti di stampa; se occorre più spessore, si passaalla deposizione giurata ex informata conscientia. Divietoassoluto di riferire all'accusato, a lui soltanto, i sospetti che

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I Millenari - Via col vento in Vaticanogli girano intorno, per sottrargli qualunque possibilità didiscolpa. Top secret per lui solo, che così senza dirittod'autodifesa non può neanche discolparsi a dovere. Si rinnova la farisaica delicatezza di coscienza degli accusatorisotto il pretorio, quando non si facevano scrupolo di chiedere aFilato la sentenza di morte per l'Innocente, ma nel contempo siguardavano bene dal varcare la soglia del pretore pagano perevitare di contaminarsi il piede. Chi rifiuta di restituire fama, buon nome e reputazione alcalunniato, non può essere assolto da nessun confessore, fosseanche il Papa. Come in materia di furto. Ma tutto ciò non turbala loro coscienza ovattata; basta solo non confessarlo. Ilgovernatore di Cesarea, Pesto, li condanna così: «Risposi che iRomani non usano consegnare una persona, prima che l'accusato siastato messo a confronto con i suoi accusatori e possa aver mododi difendersi dall'accusa».

Segreti e menzogne. Altro esempio di cronaca vaticana a dimostrazione dell'uso eabuso sacrilego del secreto pontificio, nella giostra dei propritornaconti. Per anzianità d'ufficio a un monsignore spettava la nomina deldecimo livello, vacante. Dai superiori essa era di propositoritardata, in attesa che quel monsignore andasse in ferie adagosto per sterzarla verso un frate carrierista in quell'ufficio.Quel prelato, per la sincerità nel dissentire e la salacità nelfocalizzare incresciose situazioni, pagava molto duramente ilfio, e veniva bandito da ogni dovuta promozione. Le sue eranovere pasquinate pungenti e sarcastiche, che facevano testo ingiro negli uffici. Il morbo d'Alzheimer rendeva non responsabile il cardinaleprefetto. I due sottostanti superiori in combutta e di soppiatto,al posto del decano, subintrodussero il religioso, benchéarrivato in dicastero 15 anni dopo. Tornato dalle ferie, il monsignore decano, sbalordito, chiese imotivi del surclassamento; la sua retrocessione avrebbe datoadito a sospetti di chissà quali gravi colpe. Per declinare ogniresponsabilità propria, gli recitano l'articolo dell'alloravigente disposizione, che suonava: «Nessun officiale può avanzarediritti, compreso quello dell'anzianità di servizio, per lapromozione alla classe o grado superiori» (11). Con questo ifautori del dolo, senza alcun rimorso di coscienza, tappavano labocca al monsignore defraudato. L'ingiustamente scartato insiste per conoscere le ragioni ditanto arbitrio. Il principale manovratore del fattaccio,sottosegretario, si nasconde dietro il facile paravento delsecreto d'ufficio e con falsa costernazione gli propina ilsospetto di motivazioni serie per quella sua esclusione.L'empietà mentiva a se stessa. Meglio non insistere, diceva alpovero monsignore decano, lasciato così a triturarsi nel sospettoimprecisato e vago, mentre la coscienza non gli rimproveravagravità tanto innominate quanto immotivate. La serenità era bandita dal resto della sua vita. Con un magonedel genere sulla psiche, il decano declassato sopravvive perdieci anni. Nel frattempo succede che il medesimo decimo livellosi faceva vacante per il ritiro d'un altro pensionato. Intorno alui di nuovo tutto tace e tutto al cor gli parla. Certi silenzisomigliano al gelido linguaggio delle lapidi funeree. Il fautore principale del precedente declassamento s'era fattopromuovere nunzio, ma gli altri c'erano: una promozionesuccedanea dell'anziano monsignore, prima scartato, sarebbediventata una spietata accusa a loro sfavore. Come fare, dunque?Che altro marchingegno stavolta inventare? Nel contempo simetteva tutto in naftalina, sigillandolo nel più rigoroso secretoper circa un anno. La lettera da mandare in segreteria di Stato era già bella efatta; portava questa volta il nome dello scartato monsignore,che per la sua decananza avrebbe dovuto essere nominato

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I Millenari - Via col vento in Vaticanocapufficio ben dieci anni prima. La richiesta ufficiale era statagià firmata dal nuovo cardinale prefetto, pronta per esserespedita a mano in segreteria di Stato. La tattica tiranna di chidetiene il potere è di mettere dissidio tra gli ecclesiasticid'un medesimo ufficio perché litighino tra loro che, inveceuniti, farebbero argine al despota. La trappola diabolica è postain essere al fine di scompigliare tra di loro i collaboratori,facendoli diffidare l'uno dell'altro. Pertanto, i fautori neanche questa volta demordono l'osso. Datoche tutto rimaneva ancora sotto assoluto secreto inviolabile,s'accordano di dare l'assalto decisivo al frastornato nuovocardinale per far ritirare la delibera prima d'inviarla: tornanoa infangare con nuove calunnie il povero disgraziato, sostituendoall'ultimo istante il suo nome con quello di un altro monsignore,che non figurava nell'organico. Con il pasticciaccio infarcito ditroppi imbrogli, pur di non dare spazio a ripensamentis'affrettano a spedire il foglio in segreteria di Stato. Tuttid'accordo: a nomina avvenuta, al monsignore decano, di nuovodefraudato, si sarebbe detto che a scartarlo sarebbero statiquelli di sopra, loro no; da informazioni note solo a queisuperiori e non comunicate all'ufficio per un manto dimisericordia, lui sarebbe stato nuovamente depennato da costoro"in alto". Piano escogitato alla perfezione. «Ecco, gli empitendono l'arco, aggiustano la freccia sulla corda per colpire nelbuio i retti di cuore». Attenti: stare in guardia dall'imprevedibilità dell'odio pretino,in cui l'amore e l'odio restano tesi a una sottile gammad'egoismo, che cresce e decresce inversamente man mano ches'avvicina a uno o all'altro dei poli. La calunnia- disse unsaggio - è come la vespa che t'importuna, contro cui è bene nonmuoversi se non quando sei certo di colpirla a morte. C'è sempreun prezzo nel fabbricare e comprare un documento di falsatestimonianza. A Caifa i farisei furono lesti a trovare duetestimoni contro Cristo. Corrono molto spesso relazioni sospettetra capi religiosi e delatori infami. Partita la lettera, il monsignore defraudato bussa allo studiodel cardinale e chiede il perché della sostituzione del suo nomecon l'altro, quando era stato tutto deciso in suo favore. Gli fapresente la violazione del diritto di potersi difendere dallemene dolose di terzi; lui, parte lesa, restava scalfito nellareputazione per l'immediata sostituzione del suo nome, ancora unavolta proditoriamente scavalcato e scartato. Tremarella efarfugliamento del cardinale che, disturbato di mente, inveiscecontro chi s'era permesso di violare il secreto d'ufficio eminaccia l'immediata espulsione del fedifrago: «Lei, monsignore,non avrebbe dovuto conoscere tutto questo! Lei mi deve dire ilnome di chi glielo ha detto, altrimenti ricorro alle penepreviste dal codice!». Il monsignore impassibile gli fa: «Signorcardinale, spiacente per quanto le capita al cervello, tengo adirle che lei non deve chiedersi chi ha svelato il secreto; lei,signora eminenza, deve domandarsi, piuttosto, chi ha messo inatto una così spietata ingiustizia!». Il pover'uomo porporato aveva fisso in mente soltanto che lacalunnia poteva essere un'ingiuria passabile, ma il fatto chequalcuno avesse violato il secreto prima del tempo, questo, nellasua piccola cervice, non entrava affatto, ritenendolo misfatto sìgrave da farlo passibile di pene le più drastiche. La genteintellettualmente povera è anche la più gretta. Per lui ilsacrilegio stava nella violazione del secreto, giammainell'ingiustizia e nella calunnia verso il dipendente. A Renzo che chiedeva: «Vorrei sapere che ragioni ha detto quelcane di don Rodrigo per sostenere che la mia sposa non dev'esserela mia sposa», il mite fra' Cristoforo rispose: «Se il potenteche vuol commettere l'ingiustizia fosse sempre obbligato a dir lesue ragioni, le cose non andrebbero come vanno». Il sopruso è unesercizio mentale che da sempre nel mondo chiesastico s'abbandonaa evocare i suoi don Rodrigo intriganti nella vita privata degliecclesiastici.

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I Millenari - Via col vento in Vaticano L'anziano monsignore per la netta presa di posizione ebbe lanomina, ma non la reintegrazione nei danni morali e materialisubiti in reputazione e in proditorio scavalcamento: questineanche a supporti. Nel frattempo, il religioso che gli passòavanti una prima volta continuò la corsa al posto disottosegretario, fattosi vuoto. In seguito, per farlo fuorid'ufficio, è stato fatto arcivescovo e nunzio in Somalia. Quando nei ruoli non si rispetta la giustizia, chi è promosso ascoppio ritardato è sempre un giustiziato, al quale per sovranabenignità si concede la grazia. Vittorie pirriche con quote-partidi mezze rivalse e di mezze sconfitte, pari al bicchiere mezzovuoto o mezzo pieno e comunque con l'amaro sempre in fondo. Dioinvece vieta, per il rispetto alla dignità della persona, nonsoltanto la calunnia, ma la stessa diffamazione del buon nome dichiunque, il cui operato potrebbe restare non da tutticonosciuto.

NOTA: (11) Norma, poi, omessa nel successivo regolamento perchécontraria ai diritti naturali di ogni dipendente, sebbenevirtualmente sempre in vigore.

Spionaggi e inquisizioni. Non è vero che l'inquisizione sia del tutto estinta; perfezionatasì. Nell'ambiente vaticano s'annaspa un sottile statoinquisitorio, latente, pesante, che spia e scheda il personale, aseconda dei preconcetti. Gli inquisitori, al comando delprepotente superiore, rispolverando l'antica arte, sferranol'attacco sabotatore al momento giusto contro la preda che nonsaprà mai come e perché sia stato messo fuori uso. Al genere inquisitorio di largo consumo appartiene l'apparecchiotelefonico vaticano. Sebbene sia proibito frugare nella vitaprivata, è però del tutto normale che un superiore di curiachieda e ottenga facilmente di far mettere sotto controllol'apparecchio telefonico di un suo subalterno, senza alcun'altraautorizzazione e alcun preavviso all'interessato, le cuiconversazioni - da e per - vengono proditoriamente intercettate eregistrate. Il soggetto, così controllato, con metodi diversi ascelta - spie umane, microcimicette truccate, o altro mezzo delgenere - viene schedato a sua insaputa. L'arbitrio e l'abusoesiste innegabilmente, ma è talmente in piena regola da lasciaretranquille le coscienze dei responsabili: superiore, impiegati eriferenti. Tutti gli impiegati del Vaticano sanno che il proprio telefono,se non lo è, potrebbe essere messo sotto controllo in qualunquemomento. Quanto più un prelato è di prestigio, tanto più eglisospetta fondatamente che il suo apparecchio possa essereintercettato. E' ovvio che nessuna conversazione registrata saràmai portata all'ascolto del diretto interessato. Tanto meglio perlui, che non è tenuto a sapere gran che di sé. Al più, un belgiorno, tra capo e collo senza giustificato motivo, potrebbesopraggiungergli un impersonale e indefinito provvedimentoadottato dalla fantomatica commissione di cardinali in alto, dallenuvole. I prelati più prudenti preferiscono telefonarsi tra loroda casa propria, più che dall'ufficio del Vaticano. Gli aderentiai clan delle grappolate, fra di loro, sono messi tuttisull'avviso. Ispezione poliziesca nei cassetti d'ufficio dell'indiziato chenon saprà mai dell'incursione. Sospetti soltanto? No, fattifrequenti e all'ordine del giorno al comando del più zelantesuperiore in cerca di rei. Quanto si trascrive accadeva il venerdì 9 novembre 1990,intorno alle ore 12.15 per l'esattezza. Un monsignore vieneconvocato dal suo cardinale prefetto. Nello studio del porporatotrova un segretario di nunziatura di un Paese decimato dallaguerra civile, il quale lamentava fughe di notizie secreteprovenienti dal dicastero. Il porporato prefetto non aveva dubbicirca la intransigenza e la riservatezza di quel suo

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I Millenari - Via col vento in Vaticanocollaboratore; non altrettanta certezza aveva verso l'altromonsignore, originario di quel Paese. L'addetto monsignore giurava di non aver mai svelato il segretod'ufficio, ma non avrebbe potuto rispondere delle altrui azionise, ad esempio, lui assente, qualcun altro avesse volutorovistare nelle pratiche d'ufficio per poi riferirne ad alti ilcontenuto. Il cardinale prefetto gli impose di chiudere la stanzaa chiave in caso di suo allontanamento, anche momentaneo;l'officiale fece presente che l'ordine, se letteralmenteeseguito, avrebbe potuto offendere il resto dei colleghid'ufficio. Il prefetto ribadì il comando e con sorpresa rivelava ai duepresenti: «Proprio lei non si deve meravigliare; è bene chesappia che la sua stanza - questo l'ho saputo appena giunto qui-venne setacciata e rovistata in ogni minimo particolare neicassetti dove tuttora conserva effetti personali e i suoiscritti». Il collaboratore ringraziò della confidenza e fecenotare: «Chi s'abbassa fino a questo è capace di trovare anchequello che in quei cassetti non è mai stato posto; basta portarloda fuori Per trovarlo appunto "casualmente" durante laperquisizione. Metodi inquisitori già collaudati da Gestapo e daKgb, e che si condannano da soli». E il cardinale: «Sopra perònon si sono fermati a giudicare il metodo, ma lei, inquisito, chen'è uscito accusato». A quel monsignore gli venne in mente un inspiegabile avvertimentoprecedente, che un superiore in pensione in confidenza gli avevafatto, raccomandandogli di non tenere nei tiretti dell'ufficiosue carte personali, facilmente fotocopiabili. In seguito ebbemodo di conoscere anche il procedimento inquisitorio. Per nonlasciare traccia e dubbi sul rovistamento, con una comunellavenne aperto il tiretto da abili esperti, i quali con fotoistantanea ritrassero l'ordine delle cose in cassetto, perché afine operazione tutto tornasse esattamente a posto come prima.Sistema preso a prestito dagli 007 al di qua e al di là dellacortina di ferro. Per siffatti controlli e pedinamenti dentro e fuori del colonnatosi ride sapidamente come su la "secchia rapita" di questi nostritempi. Ma per chi immola la propria vita perché la Chiesa divengapiù trasparente, tutto questo si trasforma in un martiriosilenzioso, pari a quello dei condannati ai lavori forzati neilager.

16.

IMBROGLI, GIUSTIZIA E LITURGIA. Come in ogni ufficio che si rispetti, nei dicasteri vaticani cisono dei livelli ai quali non si può accedere se non si è inpossesso di un titolo di studio adeguato, in caso una laureaspecifica. Ogni protettore lo sa e non dovrebbe proporre ilproprio favorito al grado superiore, se privo del titolouniversitario richiesto. Spesso, però, giocando di distrazione,il superiore propone il proprio candidato a quel posto, per ilquale si presuppone una laurea che il protetto non ha. Se non sen'accorgono, tanto meglio; la cosa è fatta in barba ai poveriindifesi officiali in regola e quindi in diritto. Se poi lapromozione viene respinta "da sopra", a questo punto c'è chiriesce a superare l'inghippo con abile sotterfugio. Nei Paesi civili, il reato delle lauree truccate e regalate èpunibile con un processo in piena regola, la cui sentenzadichiara nullo il titolo universitario, condanna a pene severequanti fossero implicati nel reato di corruzione con o senzaconcussione, destituisce i responsabili del corpo docenteaccusati, in caso, di falso in atto pubblico. Il capitolo delle tesi e lauree truccate nelle universitàvaticane, spesso confezionate su misura a seconda dellapromozione mirata, merita una considerazione particolareggiatafino alla denuncia aperta presso ben altri tribunali che quellipontifici, dove cane non morde cane. Colui che avesse il coraggio

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I Millenari - Via col vento in Vaticanodi denunciare tutto quel cast di docenti, deve attendersi perripicca la più spietata persecuzione da parte dell'entouragedegli interessati omertosi: protettori, protetti, favoriti,relatori, estensori di tesi preconfezionate, fornitori di scrittiestrapolati. In basso e in alto, in Vaticano tutti sanno di questoammirabile commercio, ovverosia mercimonio, e tuttavia nessuno sisente di esporre denuncia al Papa e al corpo dei docenti. Nessunacommissione d'inchiesta sarà in grado di procedere in una severaispezione che metta a nudo corruzione e corrotti prelati, neo-addottorati in siffatto modo. E più opportuno non crearescandali, che affondare il bisturi nella piaga purulenta perchéguarisca. Non è molto che il solito noto cardinale capo-dicastero vollepromuovere il proprio segretario personale a capoufficio, pursapendolo privo di laurea. Al giusto rifiuto, lo fece nominare inquattro e quattr'otto arcivescovo come gol su rigore e, nelcontempo, si scoprì che gli aveva fatta confezionare anche unalaurea regalata da un docente, principale relatore alla letturadella tesi furtiva; e per adeguato compenso il medesimo cardinalegratificò il docente - immaginate ~ della nomina a consultore delsuo dicastero. Queste illecite e sporche attività di corruttela dilaganti inVaticano, più che reati, sono carisma profetico del benevolo escaltro superiore, che nel delirio della propria onnipossanza puòfar attribuire promozioni, titoli e mitra al proprio segretarioparticolare e ad altri del suo clan, vedi don Stambecco, o alcontrario sottrarli a chi non gli va a genio benché si dia ilcaso che gli invisi siano al primo posto della terna - comeaccaduto a quello che il cardinale Ursi voleva a ogni costo perla sua prima diocesi. Anziché consumare i gomiti sui banchi e nelle biblioteche,facendo i calli al cervello come fanno tanti studiosi, ilprotetto viene gratificato di laurea gratis data senza colpoferire, ovviamente col massimo punteggio da parte dei docentiesaminanti in commissione preformata, per far piacere al protettoe al protettore. Immediatamente al neo-dottore verrà subito dopoconsegnata la nomina al livello preconizzato, mentre al docenterelatore la gratifica adeguata al servizio assicurato, allapresenza dell'intero personale del dicastero, teso a spellarsi lemani acclamanti al neo-laureato in un alone di ipocrisia e dispudoratezza. Leone XII (1823-29), volendo procedere in una seria riformaaccademica delle università pontificie, rifacendosi a Sisto V(1585-90) riportò: «Le città e i regni sono ottimamenteamministrati allorquando i sapienti e gli intelligenti sono algoverno». Mai battuta di copione meglio si è adattata a tanteanomalie presso le università pontificie, dove l'emancipazioneaccademica s'avvolge di mistero, di mito e di enigmaticalatitanza sulla giusta scienza del docente e del discente. Anche le università pontificie reclamano una riforma non piùdilazionabile, il cui piano non decolla per puntuale mancanza dipuntualità. Cosicché, in dette università succede che chi studiateologia perde la fede; chi frequenta corsi di morale ne fal'esperienza; chi approfondisce la Scrittura sacra dubita sullaRivelazione; chi si laurea in diritto va fuori legge, verso lamassoneria. Tutti costoro, senza alcuno scrupolo, però recitanonel breviario le divine parole: «Si dicono menzogne l'unoall'altro, labbra bugiarde parlano con cuore doppio» e «Dispergiuri, di frodi e d'inganni ha piena la bocca, sotto la sualingua sono iniquità e sopruso-»: monito che essi ritengono nonmai rivolto a loro, indiscutibilmente al di sopra e al di fuoridi tali rampogne. Il destino, un preconizzato di curia, se lo trova preconfezionatonel bene e nel male a monte. Chi si trova in sella s'accorge distare sulla cresta dell'onde a cavalcare un cavallo a dondolo, ilcui moto lo manda in visibilio. Al contrario di chi, da relegatonel seminterrato, passa i suoi anni nella solitudine del proprio

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I Millenari - Via col vento in Vaticanodovere.

La giustizia sulla bilancia sbilanciata. La più grave disgrazia per la giustizia è il sospetto che untribunale nell'amministrarla usi bilance differenti. Molto spesso la giustizia di un tribunale di curia, quando devegiudicare l'operato di un superiore, ad esempio di un capo-dicastero, avverte di essere giudice e parte in causa,contemporaneamente. Essa si trova di fronte a uno stesso potered'autorità che in giudizio può essere attore o convenuto, e nellostesso tempo giudice che assolve a suo prò, in quantocompartecipe della medesima autorità giudicante. L'imparzialitàfa cilecca. La legge per gli amici s'interpreta, per gli indifesisi applica. La consuetudine giurisprudenziale genera anche costrizionegiuridica, che a volte agisce in modo rigido, a volte elastico.La norma che si stabilisce a seguito di essa, si basa sull'uso,che va rispettato come nuova legge, pur sapendo però che l'usonuovo può infrangerla mediante possibili altre scelte permissive. Occorre lasciare che l'uso cerchi e trovi la sua strada senzaostacoli. Tutto questo i romani la chiamavano aequitas, cioègiustizia fattasi indulgente, grazie alla quale tutto il dirittoda adattare a ogni società è sempre vivente e in fase dicrescita, pur cambiando. Quelli che conducono l'iter dell'usosono i sudditi, se resi liberi d'esprimersi. Il legislatore, chesovrintende al giure, può assistere all'uso messo in atto daisudditi, suggerire quello retto, descriverne l'usura, madifficilmente potrebbe governarne il movimento, senza per questotrasformarsi in despota. L'informazione in curia è viziata da paraventi ideologicidell'ambiente preoccupato di salvare l'autorità, il superiore.Tale schema porta a interpretare la legge a prò del superiore,sovrapponendosi alla situazione ambientale. Il consumo dellanotizia a favore o contro si propaga secondo l'orientamentopreconcetto. «Le idee», dice Mark Twain, «bisognerebbe lasciarlesempre in cielo; non ce n'è una che, scendendo sulla terra, nonvada a fare una capatina al bordello». Ancor più ciò s'adatta peril giure. A volte s'allestiscono informazioni e ispezioni teleguidate, maesse sono sempre annacquate e riquadrate al gusto del committentein autorità. «Falsi testimoni si alzarono contro di me; l'empietàmentiva a se stessa». Il risultato è scontato: il responso nonpotrà che essere in appoggio al superiore, che ha sempre ilcoltello per il manico, e a scapito del suddito, che ha osatometterglisi contro. La sentenza di quel tribunale deve apparireimpeccabile, per cui il giudice ci tiene a far sapere chel'equità e l'imparzialità sono regnate sovrane senza alcuncondizionamento; egli giustifica con più vigore la condannaingiusta, appellandosi a verità assiomatiche e irrefutabili. L'ambiente contorce il giudizio. Se metti l'acquanell'alambicco contorto, la vedrai torta in fattezze eguali; essanon è così, ma prende forma dal suo recipiente: «Quidquidrecipitur, ad modum recipientis recipitur». Il giudizio, dunque,risente dell'ambiente in cui viene emesso; il giudiceecclesiastico non è scevro da tale processo psicologico ches'instaura tra lo stimolo reverenziale verso l'autoritàcondizionante e la risposta da dare con la sua sentenza. Conmassima serenità e indifferenza si da per scontato ciò che deveancora provarsi, sì da far passare in giudicato ingiustizie, chefuori sono considerate sconcertanti. All'imputato non è lasciataalcuna facoltà d'appello. «La giustizia», a detta del beatoFederico Ozanam, «senza la carità s'impietrifica; e la caritàsenza la giustizia s'imputridisce». «L'empio infatti raggira il giusto e il giudizio ne escestravolto». Persino le idee e gli stessi termini, con cui siesprimono i più importanti concetti giuridici, assumono nelcontesto ambientale sfumature di significati assai diversi,camminando da un estremo all'altro dell'arcobaleno concettuale.

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I Millenari - Via col vento in VaticanoFacilmente il giudice si fa inquisitore, cioè non un imparzialepesatore delle ragioni dell'accusa e della difesa, ma unindagatore di prove a carico del reo, un poliziotto che raccoglietutte le informazioni necessarie senza che nessuno lo disturbi.Perciò il segreto deve coprire il più a lungo possibile il suolavoro. Un eccezionale virtuosismo giuridico tiene in bilico i piattidella bilancia, acrobaticamente livellati in un ben dosatointreccio di contrappesi. A seconda la bisogna: un peso e duemisure; due pesi e una misura; due pesi e due misure una perdentro e l'altra per fuori. Si da persino il caso di avereregolarmente un peso e una misura, soltanto che potrebbe mancareaddirittura la bilancia. La giustizia può anche non essere uguale alla legge. La giustiziaviene prima della legge; questa la dovrebbe riflettere. Se deviscegliere, scegli prima la giustizia. Ogni epoca ha le sue leggiingiuste, che dissacrano l'equità del giudizio. E' preferibile che a difendere posizioni discutibili e anchesbagliate dei superiori vi siano uomini imparziali; al contrarioè molto pericoloso che a difendere posizioni persino giuste cisiano uomini empi e parziali. E' successo, infatti, di affidareil pool di "Mani pulite" del tribunale della Segnatura apostolicain mano a qualche silvestre cardinale incompetente, posto là indeposito, in attesa d'intrufolarsi verso altre migliorisistemazioni. «Può essere tuo alleato, Signore, un tribunaleiniquo, che fa angherie contro la legge?»: tremenda verità su cuila secolare storia della Chiesa ha scritto e continua a scriveretante pagine non molto decorose. Il più bistrattato dai non addetti ai lavori, cioè daigiornalisti, è il tribunale della Rota Romana con il suo collegioformato dai prelati uditori, staccatesi dalla CancelleriaApostolica sotto Innocenzo III (1198-1216) come tribunale addettoalle cause del Papa. Gli uditori sono di nomina papale; alcunenazioni avevano il privilegio di nominarne uno, ora non più. Nel1870 la sua attività era del tutto cessata; fu ripresa sotto S.Pio X. Il 1‘ febbraio 1994 detto tribunale ha avuto da GiovanniPaolo II una migliore sistemazione. Per i laici la Rota (12) fasubito pensare a quella sezione del tribunale impegnata aemettere sentenze sullo scioglimento del vincolo matrimoniale. E'anche quello, ma essenzialmente è tribunale di appello in secondae terza istanza. «Padre», disse un noto attore al religioso uditore, «so che laRota scioglie facilmente i matrimoni dei magnati: io quantodovrei spendere per ottenere una sentenza del genere?». E ilreligioso uditore: «Per lei ci sarebbe un forte sconto diliquidazione, perché se lei ha contratto nozze con questasuperficialità inossidabile, mi sentirei autorizzato a dirle cheil vostro vincolo di contraenti, con molta probabilità, nonl'avete giammai evocato all'esistenza». «Ristabilite nei tribunali il diritto. Piuttosto, scorra comeacqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne».

NOTA: (12) Il nome Rota molto probabilmente deriva dal recinto circolarein cui s'adunavano gli uditori per giudicare le cause di ognitipo.

La liturgia manipolata. Nella Chiesa c'è la sostanza, cioè la Parola di vita, che rimaneimmutabile, e vi sono le forme esterne, con le quali la Parola siriveste. Queste forme col tempo possono cambiare al pari d'unvestito fuori moda. L'antico, che vale sempre (Scrittura sacra,preghiera, penitenza, liturgia, sacramenti, l'Eucaristia), non èda confondersi con il vecchio, che può essere sostituito. Attenti però alla ripulitura della concrezione secolare, rimastasul fondo antico sempre recuperabile; vi è latente il pericolo digettare come relitto vecchio lo stesso recipiente che va semprerecuperato.

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I Millenari - Via col vento in Vaticano Quanto qui appresso si espone sul tema della liturgia, vieneattinto a piene mani da un impareggiabile articolo del cardinaleGodfried Danneels, arcivescovo di Bruxelles. Egli definisce laliturgia «l'opera di Dio, che agisce in noi e per noi». Dunque,io entro nella liturgia, non la creo. La sua architettura sitrova derivata dalla Bibbia e dalla Tradizione, cesellata neisecoli dalla Chiesa, sposa di Cristo. La liturgia si serve. Nonce ne serviamo. Servizio, non manipolazione. La riforma del Vaticano II ha posto l'accento sulla parolad'ordine "partecipazione" dei fedeli alla liturgia, nel senso difar svolgere loro un ruolo attivo in essa. Prima di dettoconcilio, noi eravamo ascoltatori ospiti nella casa di Dio, dovelui è l'attore che ci fa comprendere, vivendoli, i misteri diCristo a noi trasmessi attraverso le azioni simboliche dellaliturgia, gesto gratuito di memoria e di domanda sulla Paroladivina. La liturgia bisogna viverla, entrandovi con tutta la propriapersonalità, con la propria intelligenza e il proprio cuore, lapropria immaginazione e la propria memoria, il proprio sensoestetico e i propri sensi corporei: la vista, l'udito, l'olfatto,il tatto e il gusto. L'intelligenza della liturgia è dunque diordine dialogico: s'incontra il mistero di una persona e ci silascia toccare da Lui. Consiste nella ricezione saporosa diCristo mediante Fazione liturgica. Invece, a seguito di detta riforma, con un'inversione a 180gradi, è l'uomo che diviene l'attore principale, il regista chemanipola la liturgia per farla entrare nel nostro gioco come unmeeting o un happening: «Andiamo a celebrare quello che abbiamopreparato noi a Cristo Dio». Così stravolta la liturgia è ridottaa contenitore di preoccupazioni pedagogiche e umanitarie con unacatechesi da maestri didattici. E' diventata una scuolaciarliera, dove si utilizza il solo senso dell'udito. Pensateall'introduzione della "preghiera dei fedeli" nel cui cestino sibuttano bigliettini scritti delle più strampalate intenzioni. Icommenti nuocciono all'intelligenza della celebrazione più diquanto non la favoriscano. Per la liturgia nulla di piùmassacrante di simile spiegazione piatta che la riduce a una soladimensione. Appunto, la liturgia, entrando a far parte delle veritàteologiche, andava meglio rispettata e custodita. E' apparsainvece la più deflorata. Un cattedratico, con crudezza dilinguaggio, ha chiamato quella riforma lo stupro liturgicoconsumato al cospetto del mondo e della storia. Svestita, nuda, violentata, coperta di foglie di fico, la nuovaliturgia così trasformata resta ai margini, disponibileall'arbitrio e al sopruso di qualunque rubricista violatore.Essa, già pronao e custodia di verità eterne, così ricca d'arte edi pensiero, attualmente si concede il giorno prima alrimaneggiamento dell'estroso cerimoniere di turno, che inventarubriche su costosissimi libercoli fatte eseguire pomposamente datutta l'assemblea, dal Papa fino all' ultimo chierichetto. «Cosìdice il Signore: questo popolo si avvicina a me solo a parole emi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e ilculto che mi rendono è un imparaticcio di usi umani». Mai nella storia delle religioni, incluse le primitive, un popoloè stato assoggettato allo spogliarello delle proprie secolaritradizioni religiose in un baleno, com'è avvenuto nella Chiesacattolica latina intorno all'antica liturgia, il cui ripristino ètuttora vietato in tutto o in parte. Dalla vera liturgia, fattofuori il vecchio filone elegiaco del latino avvalorato dal cantogregoriano, a sostituirli c'è una colluvie di composizioni senzaalcuna lirica, alcun gusto estetico, poesiole povere di contenutoteologico, spoglie di pregnanza descrittiva, scialbe di ognivivacità e colore letterario. Solo concettualità bassa, quasiprimitiva, priva di vigore ideale e/o veristico, senz'artepoetica e musicale. La musica anonima del canto gregoriano è frutto di secoli dipreghiera e di ricerca di Dio, realtà accattivanti e trascendenti

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoche portano alla fede. Chi si è sentito autorizzato ad applicarela riforma liturgica, nell'accantonare il canto gregoriano hacertamente oltrepassato i compiti assegnargli dalla costituzioneconciliare sulla liturgia "Sacrosanctum Concilium" n. 116, colpiede sull'acceleratore della secolarizzazione. Non c'è piùniente da vedere e da apprendere che il gioco scenico, le parate,la danza e il mimo che la Tv ci fa giungere dagli stadi durantele cerimonie pontificie, orchestrati precedentemente da registiche tutto sanno fuorché di liturgia: scene da film e solistilirici come al teatro. Sulle ali di questo vento maestrale, un monsignorino musicantedel vicariato di Roma s'è posto a sgrammaticare composizionicorali con solisti da palcoscenico per pubblicizzarle sullepiazze antistanti le basiliche dove si tengono liturgiepontificali e papali; le adunate, chiassose e distratte, devonoservire piuttosto a mettere il monsignorino sul piedistallo adirigere qualche altra orchestra ben più elevata. Certo, ispirati sempre all'immortale divisa di Cristo del "novaet velerà", l'antico nel nuovo ringiovanisce e il nuovo nelvecchio si consacra. Principalmente per la riforma della Chiesas'addice la legge naturale, che Lavoisier indicò nell'assioma:«Niente si crea, niente si distrugge, tutto si trasforma», purchéispirata alla divina Tradizione. Il Maestro divino nel fondare lasua Chiesa sapeva che sarebbe stato un regno conflittuale,allorché avvertiva: «Il regno dei cieli è simile a una retegettata in mare che raccoglie ogni specie di pesci; oppure è comeil padre di famiglia che trae dal suo tesoro cose nuove e coseantiche». La cernita compete a Dio. Sempre in questo contesto spirituale gli uni, i tradizionalisti,si sarebbero battuti per la fedeltà alla tradizione, le coseantiche; gli altri, i progressisti, avrebbero propugnato infavore della creatività per le cose nuove (13) I responsabilisono tenuti a vegliare senza soffiare su questo conflitto, che sirivela sorgente indispensabile di progresso. L'uomo che accettala scelta sua o degli altri, accetta pure il rischio di perdereciò che viene portato allo scarto. All'epoca postconciliare del Vaticano II, molti indagarono afondo per appurare da dove potesse provenire l'ordine disconquassare le antichissime tradizioni liturgiche, patrimoniointoccabile della Chiesa, le cui radici secolari prendevanoorigine fin dai tempi apostolici e questi dall'Antico Testamentodel popolo eletto. Seguirono le mosse dell'artefice principale digran parte delle rimanipolazioni liturgiche, l'arcivescovoAnnibale Bugnini, segretario del Dipartimento pontificio per ilculto divino. Dopo lunghi pedinamenti e appostamenti, le tracce portavano neipressi del Gianicolo verso la sede massonica del Grande Oriented'Italia a palazzo Il Vascello. Risultò che l'Annibale s'eramesso a disposizione del gran maestro, che gli passava un assegnomensile molto sostanzioso; uno di questi assegni fu fotografato epubblicato su una nota rivista nell'estate del 1975. Nell'ottobreseguente, trafiletti di stampa avvertivano che Bugnini erascomparso dalla scena di curia e nessuno sapeva dove s'era andatoa rintanare. La speditezza con cui monsignor Bugnini era statodalla sera alla mattina defenestrato dal suo incarico, volevaessere una lezione di cinismo diplomatico e anche un esempio dinevrosi politica. I prelati massoni della curia tenevano i due congregati Bugnini eBaggio (quest'ultimo allora prefetto del dicastero dei vescovi)al riparo dall'ira di Paolo VI, informato dai servizi secreti dimassima sicurezza al comando del generale dell'Arma Enrico Mino,circa un complotto ai suoi danni. Sbollita l'ira montiniana, il 4gennaio dell'anno appresso Bugnini si trovò spedito nunzio inIran, dove rimase fino a luglio del 1982, quando morì di mortenaturale procurata. Monsignor Bugnini aveva espletato alla perfezione il compitoaffidatogli dal grande architetto dell'universo massonico,satana, sulla deflorazione della sacra liturgia. Uscito ormai

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoallo scoperto, il prolungamento della sua esistenza sarebbe statod'impiccio e d'impaccio a sé e all'ordine, che in circostanze delgenere ha facoltà di decidere a riguardo, stando al giuramentoche ogni apprendista massone fa quando entra nel primo gradodella "luce" iniziatica.

NOTA: (13) Un esempio modernista ce l'ha dato la regia dell'ultimocongresso eucaristico nazionale tenutosi a Bologna, dove tral'altro c'era - guarda caso -su un disadorno altare senza fiori eluci persino l'Eucaristia, esposta in un ostensorietto da quattrosoldi; perché quelli tempestati di gemme e brillanti nons'addicono più agli altari, ma ai musei. Invece, i rutilantitroni infiorati ed elevati erano per le autorità umane,dimentiche che da Dio traggono potere.

Gendarmi della fede. La finzione in Vaticano diventa una seconda natura, che finiscecol sovrastare la prima. Gli ipocriti sono lodatori e precettoridi tutte le virtù finte, mentre si fanno detrattori e persecutoridi tutte le vere. Fingendosi devoti osservanti-ossequienti-credenti, dentrocoltivano superbia, grettezza e durezza di tratti; una volta inautorità, loro etichettano abitudini e pregiudizi del proprio"Io" come contraffazione della volontà di Dio. Invece di esserecustodi della fede, ne diventano i gendarmi, gelosi della propriadignità; essi rasentano di farsi simbolo d'ipocrisia religiosacol contegno dell'attore che sul palco per essere sincerodev'essere ipocrita, a detta di Le Camus. L'ipocrita indossa l'habitus della menzogna per un fine benpreciso, logico e coerente: egli, sotto l'orpello della pietà,cerca le cose che gli stanno a cuore («Ipocrita est qui subspecie pietatis ea quaerit quae sua sunt»). L'ipocrita prelato èdunque consequenziale al fine che vuole raggiungere, sebbene pocoevangelico, quando decide di comportarsi con finzione edoppiezza, qualità fastidiose e a volte nefaste. In qualsiasiufficio di curia, dove è facile la cordialità ma difficile lafamiliarità, non vedi che adulazione vana e superficiale, data erecepita in larga copia. Nessun cambiamento dall'epoca dell'ambasciatore a Roma AlviseContarini, poi patriarca di Venezia nel 1563, che così siesprimeva dando relazione al senato veneto: «Quivi l'adulazionesi veste d'onestà, l'inganno d'accortezza. Ogni vizio insommamascherato apparisce: tutto onestà, tutto onorevole, tuttonecessario quello che conduce all'utile, unica deità che siadora. La simulazione è l'anima della corte romana». Dunque, allesoglie del Duemila nulla è cambiato da allora: quando laremissività si sposa all'avidità, il coniugio forma il plessodella finzione naturale. Gli aspiranti carrieristi, sempre su pista ad allenarsi per lagara di fondo, cortesi e viscidi col respiro profondo in gola,scottano di alta febbre di vanità e ambizioni oltre misura e al-l'Decorrenza sanno trovare atteggiamenti giusti e parole misuratee adatte a continuare corteggiamenti e adulazioni. Da mercenarigaloppini si introducono nei gangli del sistema chiesastico, euna volta al vertice con tronfiezza rinchiudono i plebei delgregge nello steccato di un recinto, modellato da prescrizioni einterdetti, di produzione propria. I furbi di quel venti per cento che si preparano a dare lascalata in Vaticano, abili e sottili nel tratto, ricorronofacilmente alla circonvenzione dei superiori, i quali si illudonodi tenere tutto in mano, ma in realtà sono posti nella sferadell'incapacità soggettiva e oggettiva. La circonvenzione,infatti, induce una persona, psicologicamente incapace, acompiere degli atti giuridici insufficienti e dannosi, al fine ditrarne profitto a vantaggio degli interessati. Prestazioni in simbiosi: il superiore è in stato di estasi,intendi fuori di sé; l'altro, il furbo cavalier servente, è tutto

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I Millenari - Via col vento in Vaticanopreso a manovrare e lisciare per il giusto verso il somarodomato. Nell'ordinamento giuridico della Chiesa vaticana non è punibileil reato di favoreggiamento, anzi è considerato una beneficagrazia, gratis data. Fin dall'alto Medioevo il privilegio del protezionismo efavoritismo è tenuto in grande considerazione e sempre in auge.E' un punto d'onore per il monsignore che scavalca gli altri neiloro diritti di precedenza. Nell'ambiente egli è considerato unfortunato, perché è passato avanti agli aventi diritto. Quello distare sempre dalla parte vincente è l'obiettivo principale delrampante, teso a galleggiare sulle mutevoli correnti delle piefazioni. La simonia non ha più quel rigore canonico voluto dalle leggidraconiane del diritto antico. La legge a riguardo è annacquata.Il termine è inflazionato. Non è mai detta corruzione. Sipreferisce chiamarla col nome di favoreggiamento, che nonequivale a reato; anzi si ammanta di benevolenza e carità, quindiè virtù. Nessun tribunale ecclesiastico la dovrà mai perseguire. Superato, pertanto, lo scoglio nell'equivoco, il procurarsidignità e promozioni tramite favoritismi e donativi i piùstravaganti, sia in natura che in dignità, appare lecito enaturale. Anzi ovvio. E' un uso della corte romana l'adulare consoverchia viltà i principi dominanti e maledire con incredibilesfacciataggine i decaduti e i defunti, annotava a suo tempo lostoriografo Gerolamo Brusoni. A conclusione di quanto detto, riportiamo qui appresso ilparere «sopra la corte di Roma» del cardinale Commendone,richiestogli dal segretario dei due papi, Paolo IV (1555-59) ePio IV (1559-65). Jeronimo Ragazzoni, vescovo e nunzio diFrancia: «La sproporzione», scrive, «che è dall'ordine dal qualeil Pontefice si elegge al grado nel quale è collocato; anziperché molte volte riesce Papa chi meno s'aspetta, questa fortunaproduce in tutta la curia una qualità che ognuno che è abile puòsperare ogni grado. Così in queste bassissime persone ed alcunevolte indegne sono assunte alla dignità, quasi in una navecondotta con i loro padroni o amici o parenti. E di questa formadi stato danno assai chiari segni e libertà, che ognuno ha diparlare e di fare ogni cosa a suo modo; e la diligenza che i piùintendenti cortigiani usano in acquistare la grazia d'ognuno, ele spese sopra le facoltà e il modo di farle: la qual cosa nonnasce da altro che dalle speranze di quello stesso che le fa e dicoloro che ne gli prestano commodità; le quali speranze non hannoluogo dove non sia possibile ad ognuno di acquistare molto inpoco tempo, e dove non possa grandemente la sorte... Larivelazione della faccia serena del vero Sole, onde s'illustrinoqueste tenebre e più che mai bella e santa vi ritorni la Chiesa:"Induta vestimentis salutis et indumenta justitiae, quasisponsa ornata monilibus suis" ["La Chiesa vestita da indumenti disalvezza, e di giustizia, come sposa ornata di preziosimonili"]».

17.

BOLSCEVISMO E SATANISMO.

Lenin era della convinzione che un segretario del partitocomunista dentro uno Stato cattolico, per essere all'altezza delsuo compito avrebbe dovuto vestirsi all'Decorrenza anche del saiofrancescano. Nel 1935 i servizi segreti segnalarono che all'epocaall'incirca mille studenti comunisti risultavano infiltrati neiseminari e nei noviziati dell'Europa occidentale, dove inperfetta finzione di vita religiosa s'apprestavano a diventaresacerdoti; il partito poi avrebbe pensato a sguinzagliarli neigangli e nei posti più vitali della Chiesa. Il fenomeno andò manmano allargandosi fino alle gravi contestazioni nei seminali enei noviziati e di tantissimi preti operai e no, durante gli anni

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I Millenari - Via col vento in VaticanoSessanta-Settanta (14). Sotto lo pseudonimo di Caesar, Antonio Granisci negli anni Ventiscrisse su "Ordine Nuovo" tale profetica affermazione: «La rossatunica del Cristo fiammeggia oggi più smagliante, più rossa, piùbolscevica. Vi è un lembo di tunica di Cristo nelle innumerevolibandiere rosse dei comunisti che in tutto il mondo marcianoall'assalto della fortezza borghese, per restaurare il regnodello spirito sulla materia, per assicurare la pace in terra atutti gli uomini di buona volontà». Henry de Lubac diceva: «Quando il sacro è dappertutto, non èpiù sacro in nessun luogo». Sembra un paradosso, ma rispondespesso a verità. Succede che il vivere di un'anima consacrata,disseminata di sacro, nella dissipazione della vita finisce colnon trovare spazio per il sacro, né dentro di sé, né nel suodivenire, ma soltanto nella carriera. Effetti devastanti Il vescovo sloveno monsignor Pavel Hnilica negli anni Settantafu espulso dall'Urss, dove era detenuto, con la promessa dellacontroparte vaticana che s'impegnava a persuaderlo di trasferirsiin Usa. Ma il prelato, una volta liberato, preferì impostare ilsuo ministero pastorale a favore dei fedeli di oltrecortina,prendendo residenza in Roma. Di tanto in tanto veniva chiamato daqualcuno della segreteria di Stato e invitato a trasferirsi negliStati Uniti per svolgere meglio il suo intrapreso apostolato. Ilprelato prometteva, ma sempre in differita. Trovandosi sull'aereo di ritorno da quei Paesi d'oltrecortina,monsignor Hnilica approfitta di chiedere alla hostess la "Pravda"del giorno, per informarsi sugli avvenimenti nei Paesi comunisti.Con sorpresa, legge in un trafiletto ben in vista la notizia chelui, monsignor Hnilica, aveva chiesto e ottenuto di esseretrasferito negli Usa per svolgere al meglio il suo ministeropastorale. Il prelato, non ignaro dei metodi colà in uso, piegail giornale e a ogni buon conto se lo conserva in borsa. Tre giorni dopo viene chiamato in segreteria di Stato, questavolta ricevuto da uno di quelli a più alto livello, il quale constile perentorio gli riferiva senza mezzi termini che era statodeciso il suo trasferimento definitivo negli Stati Uniti; glidavano solo pochi giorni di tempo per i necessari preparativi.Monsignor Hnilica si era portato con sé la "Pravda" che lochiamava in causa; con calma trovò la pagina dov'era scritto iltrafiletto, la mise sotto gli occhi dell'importante prelatotraducendogliela e poi, sincero e leale in modo impressionante,chiese: «Monsignore, a che gioco giochiamo?». La conclusione fu che non se ne fece niente, e monsignorHnilica è potuto restare a Roma fino ai nostri giorni. Di certonon la spuntarono, ma lui non se ne uscì indenne. Poco tempodopo, restò coinvolto in un'accusa di traffico monetario.Ripicca? Chissà! E vento di libeccio anche quello. Nel 1956 don Pasquale Uva, fondatore a Bisceglie della Casa dellaDivina Provvidenza, presentò con qualche ritardo alla direzionedel seminario regionale pugliese un giovane della Basilicata,aspirante religioso presso la sua incipiente Fraternità, e delquale si rendeva garante. Sanomonte, il suo nome, era unseminarista intelligente ed esemplare in tutto: alquanto chiuso,statura media e robusta, d'aspetto simpatico. Nella notacaratteristica del prefetto di camerata si leggeva: alquantocircospetto e poco loquace, ma gentile con tutti. Frattanto, l'anno scolastico volgeva al termine. Pomeriggio diuna giornata afosa, i componenti la sua camerata, una trentina,si dirigevano in fila a passeggio verso il porto. Sanomonte, ingenere, preferiva rimanere ultimo della fila: così quella volta.A un tratto si china a tirar su le calze, tenendo d'occhio ilgruppo che voltava l'angolo. Guarda con certa stizza lasaracinesca chiusa della sezione del partito comunista. Un uomoobeso con le mani dietro la schiena s'appoggiava all'antalaterale, come se ne aspettasse l'apertura. Un attimod'insicurezza e, pensando alla camerata che si allontanava, sifece coraggio e abbordò lo sconosciuto, dicendogli: «Compagno,

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I Millenari - Via col vento in Vaticanodia questa busta chiusa al compagno segretario... Mi raccomando:chiusa!». Ma aveva scambiato cavallo; manco a dirlo, il panciutoera noto a tutta la città come il più sfegatato democristiano; sichiamava Peruzzi. Da sornione qual era, Peruzzi aveva seguitol'imbarazzo e le mosse del seminarista in ogni suo particolare.Ora, con la busta chiusa in suo possesso, egli si domandava: chefare? Stette tre giorni a chiederselo: darla o non darla al segretariocomunista? E' un suo parente, o no? E se no. strapparla? Lasciarlachiusa, o leggerne il contenuto? Recarsi dal rettore delseminario? E che dirgli? Un bel rebus, che si risolse alla finecon la punta di un tagliacarte infilato all'angolo della bustache s'apriva. Era scritto: «Caro compagno segretario, mi trovodistaccato dal mio paese a studiare in questo seminarioregionale. Ho urgente bisogno di vederti per definire con te ilpiano da seguire nel prossimo futuro. Mi raccomando diqualificarti come mio zio. Le visite dei parenti sono consentiteogni giovedì dalle 16 in poi nell'attiguo parlatorio apianoterra. Saluti Andrea Sanomonte». Non sembrava vero a Peruzzi, che nei pettegolezzi ci guazzava,d'esser ricevuto in tutta segretezza dal rettore. Gesticolò tuttol'accaduto con le mani e col faccione esilarante e alla fineconsegnò la lettera in busta aperta. La sera, d'intesa colvicerettore e il prefetto di camerata, furono perquisitiaccuratamente la scrivania e gli effetti personali di Sanomonte.Ai tre parve di non aver trovato materiale di rilievo: qualcheappunto sospetto, qualche scritto d'orientamento comunista,l'agendina tascabile, con certi ghirigori indecifrabili di vagointeresse, tuttavia prelevata e acquisita. Era la prima volta che succedeva un caso del genere e c'eradivergenza di pareri in direzione. Si chiese consiglio allaPolizia, la quale per ispezionare con calma il plico lo portò inquestura. D'accordo col venerando don Uva, si invitò il Sanomontea tornare a casa fino a nuovi ordini. Quando tutto sembravafinito, dal dicastero addetto ai seminari in curia romana arrivaun severo cicchetto al rettore per non aver informato subitodell'accaduto l'organo vaticano. Ecco cos'era successo: alcune di quelle cifre trascritte nel-l'agendina di Sanomonte contenevano codici segreti sul carico ela destinazione di una nave bellica italiana in aperto oceanopacifico, noti soltanto agli addetti al controllo di tutte lenavi italiane, in navigazione per i mari del globo. Detto ufficiomilitare si trovava nella galleria sottostante la caserma SantaRosa nei pressi della Storta, frazione di Roma, importantissimosito secreto che si ramificava a raggiera lungo 18 chilometrisotterranei. Sull'accaduto si fece scendere la coltre del piùrigoroso silenzio. Nessun altro ne fece più cenno. Ma quanti di quei finti seminaristi, segnalati fin dalla metàdegli anni Trenta, riuscirono a farla franca e ad arrivare alsacerdozio? E quanti di essi furono vescovi e cardinali? Tuttiricordavano all'epoca l'uscita del cardinale Alfredo Ottaviani,legato al mondo dell'intransigenza dentro e fuori della Chiesa,che in un suo articolo postconciliare apostrofava certiecclesiastici col nomignolo di "comunistelli di sagrestia". Invece, la corrente comunistoide della curia romana adottòl'ostpolitik verso il blocco comunista e i suoi governanti. Sottocodesto vento di bufera, fra tanti martiri della fede caddeabbattuta due volte la quercia, il testimone, il primated'Ungheria, il cardinale Josiph Mindszenty, condannato prima daicomunisti alla pena di morte tramutata in ergastolo per altotradimento all'ideologia ateistica, e poi dagli ostpolitikantivaticani, che lo estromisero da primate d'Ungheria in virtù deicompromessi storici coi magiari atei. A tutt'oggi per lui nessunprocesso di beatificazione è in corso. A tal riguardo il segretario di Stato, Agostino Casaroli,deceduto appena il 9 giugno 1998, fattosi intervistare in Tv, sivantava d'aver portato avanti i contatti coi governi comunistitramite l'ostpolitik, con cui avrebbe ottenuto smaglianti

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I Millenari - Via col vento in Vaticanorisultati sul disgelo politico. Ma la stampa all'indomanicommentava interrogandosi: se gli uomini di Chiesa, come lui eMontini, non avessero blandito a lungo l'amoroso intrallazzo conquei governi d'oltrecortina, il crollo del Muro di Berlino diquanti anni prima si sarebbe anticipato? Un futuribile delpassato, a cui non ci sarà mai una risposta in avvenire. Mentre colà Cristo agonizzava con la sua Chiesa nei manicomipolitici e nelle carceri a vita dei credenti condannati ai lavoriforzati, l'ateismo vi entrava trionfante in Vaticano a proclamareche Dio era finalmente morto o quantomeno reso inoffensivo. Aquei vescovi e sacerdoti dei manicomi-lager e dei lavori forzatisi mostravano a posta foto e cortometraggi sugli incontri traalti prelati e governanti comunisti, perché loro constatassero devisu d'esser rimasti soli a intestardirsi e a non firmarequell'insignificante foglio di carta d'abiura alla Chiesacattolica, per allinearsi così a quella di regime al fine diuscire in libertà. Stalin, che degli eserciti più armati del mondo temevaprincipalmente quello dei fedeli al comando del Papa, accortosiche la persecuzione bolscevica contro la Chiesa aveva datorisultati fin allora scarsi, decise di cambiare tattica:bisognava corromperla e lacerarla dal di dentro, per ottenereeffetti ben più devastanti. I frutti furono talmente abbondanti che le altre organizzazioni,le quali tuttora propugnano e diffondono l'ateismo sociale intutto il mondo, hanno fatto propria la strategia stalinista.

Dietro la grata del confessionale. Satana, principe delle tenebre, guida con scaltrezza le mosse deisuoi gregari. Oggi lo scontro è frontale. Esce ormai alloscoperto. Ci tiene a far sapere che lui è all'opera con le suearti infernali, aiutato dalle sette sataniche, in grandeespansione. La sua logica è questa: non occorre andare controDio, quando si può fare senza Dio. Basta prendere i modelli cheil mondo offre: rendere lecite, appetibili, normali le ambizionidell'egoismo umano nell'ambito della Chiesa, istituzione divinache potrebbe facilmente diventare il trionfo del materialismomiscredente. Con questo sistema, satana fa adottare agli uominidi Chiesa esattamente l'opposto delle Beatitudini. Al santuario romano del Divin Amore, meta di ininterrottipellegrinaggi organizzati e alla spicciolata, una sera tardi,confuso con altri, s'accosta al confessionale un penitente, moltosconvolto e grandemente imbarazzato. Il confessore lo incoraggiaad aprirsi. «Padre, non so da dove cominciare e neanche se mi potràassolvere... Ho un grosso turbamento di coscienza, temo perfinod'arrecarle sconcerto e sorpresa...». «Figlio mio, non si preoccupi di questo; in fondo noi ciparagoniamo alle discariche, dove si butta di tutto... Del resto,uno dove deve riversare il proprio fardello di colpe, se nonnella confessione? Siamo qui per questo». «Padre, faccio parte di una setta satanica, dove ho un ruoloimportante. Ho trascinato parecchi a frequentarla...». «Da quanti anni?». «Padre, da quando ho preso in pieno l'attività è da circa unadecina d'anni...». «E ora perché è venuto qui? Lei non sta confessandosi; miracconta solo il suo turbamento, ma questo non basta perl'assoluzione. C'è bisogno della materia per assolverla, che sonoi peccati commessi...». «Ho convinto altri ad assistere anche alle messe nere e ad altririti satanici. L'altro giorno, però, sono stato io a essereinvitato ad assistere a una messa nera, in un luogo dove nonavrei mai pensato potesse celebrarsi tale rito...». «Dove?», chiede il confessore da dietro la grata. «In Vaticano». «Possibile?! Quel che dice sa dell'incredibile... Ne è sicuro?Chi erano gli altri?».

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I Millenari - Via col vento in Vaticano «Mi creda, Padre, non sono qui per dirle frottole... Sonosconvolto. Non ho più pace dentro di me. Non so cosa misuccede... Avevo sempre deriso l'isterismo di un qualsiasipentimento religioso. Derisione che cercavo di inculcare anchenegli altri. Ora mi vergogno di dover fare marcia indietro, macosì non posso andare avanti. Che magone dentro!». «Chi erano gli altri? Li conosce?». «Non era possibile riconoscerli, eravamo tutti incappucciatidalla testa ai piedi. In ogni rito satanico si sta nudi di sotto,ma si è incappucciati dalla testa ai piedi. Le voci erano gravi,irriconoscibili al timbro. Mi ero sentito onorato dell'invito...Adesso invece maledico quando ho accettato d'andarvi... Padre,che cosa si fa in casi del genere? Come devo regolarmi inappresso?». Era molto tardi e la chiesa era zeppa di fedeli di un gruppocarismatico, che s'attardava a cantare, pregare, gesticolare amodo suo per dare lode alla Trinità e alla santa Vergine, inquell'appuntamento mensile. Era circa mezzanotte, quando ilpenitente si sottrasse dal confessionale senza farsi notare,perdendosi tra la gente. «Ed era notte», lasciò scritto l'evangelista Giovanni, che volevasottolineare l'ora scelta da Giuda per uscire dal Cenacolo versoil luogo del tradimento. «Così dice il Signore: guai alla cittàcontaminata e prepotente; eliminerò da te i superbi millantatorie tu cesserai di inorgoglirti».

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IL FUMO DI SATANA IN VATICANO.

La massoneria, ispirata al deismo e al razionalismo, è a suomodo religiosa. Ammette l'esistenza di un grande architettodell'universo, che ogni adepto all'interno dell'ordine puòchiamare con il nome che desidera, essendo unico il costruttoredi tutta la realtà esistente nell'universo, sempre in fase dicostruzione e alla cui ultimazione sono impegnati i massoni, cioèi muratori, sotto l'egida dello stesso grande architettouniversale. E' una credenza razionale e fideista allo stessotempo, con i suoi riti e le sue preci, rivolte alla grande realtàuniversale, deificata. Ogni associazione secreta, che fa capo all'ordine massonico, èimprontata all'aiuto reciproco e alla collaborazione fra gliappartenenti al gruppo. L'organismo massonico si propone diestendere il dominio nel campo economico, politico, militare,religioso, al fine di convogliare la realtà esistente sotto ununico governo mondiale, ottenuto o per consenso o per conquista.Per i frammassoni, liberi pensatori, parte di questa realtà èanche satana: dunque non si può rifiutarlo; anzi, l'adorazionedovuta all'architetto va estesa all'intera sua creazione, quindianche a satana, creatura che partecipa della realtà universale. Chiunque venisse invitato a far parte della famiglia massonica,per iniziarlo a quella vita, è sottoposto a un severo tirociniodi tre anni, durante il quale riceve i tre gradi: di apprendista,poi di compagno d'arte, e infine di maestro della loggia. Gradidecisi a votazione secreta. Il grado di maestro da facoltà diparola nel tempio; gli altri due solo nell'agape. I fratelli massoni, tra di loro, si danno a conoscere nellastretta di mano: col pollice destro, chi saluta e vuol saperebatte sul dorso del pollice dell'amico tre lievi colpiconsecutivi: se l'altro ha capito risponde, con altrettanti,subito o alla seguente stretta di mano; diversamente, iltribattente capisce che l'altro non è della famiglia. Questocerimoniale di riconoscimento - una specie di carta d'identità -è praticato dai massoni laici; alcuni di questi lo fanno anchecon qualche ecclesiastico affiliato. Ma gli ecclesiastici massoninon lo usano facilmente tra di loro, per prudenza. Nell'evidenza dei fatti, però, l'associazione si comporta daagnostica, conformandosi alla più stretta osservanza del libero

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I Millenari - Via col vento in Vaticanopensiero. Jean Guitton scrisse: l'ateismo agnostico è semplificatore,è vivificatore. Per coloro che vivendo s'accontentano divivere, di godere del presente, d'inserirsi nella storia delmondo, nell'attesa d'addormentarsi per sempre nella pace,l'ateismo è una soluzione dolce; disperante e angosciosa soltantose si mantiene un'aspirazione alla sopravvivenza, che può essereaddormentata con lo studio o il divertimento.

La piovra massonica nel Palazzo. Tra le culture più esclusive quella romana è la più chiusa,dove neppure i titoli nobiliari e aristocratici sono sufficientia farvela introdurre; ancor più esclusiva è quella ecclesiastica.Eppure la massoneria in quest'ultima vi entra facilmente dallaporta di servizio e senza biglietto, mimetizzandosi allaperfezione. La massoneria non usa cambiare la metodologia che trova sul postodove opera. In Vaticano, strenuo baluardo della Chiesa cattolica,essa si arma di diabolica pazienza e aspetta, aspetta tantofinché non riesca a raggiungere le migliori leve del potere e delcomando. Tale setta, che s'infiltra sempre là "dove batte lastoria" al dire di Cesare Pavese, sa che il Vaticano resta dasempre un'ardita antenna che capta e trasmette messaggi piùavanzati su tutto; riuscire a trasmettergli l'epidemia nellospirito, di riflesso significa distruggere le difese immunologichenella ragione umana. La parola d'ordine è: «Credere il menopossibile, senza essere eretico; per obbedire il meno possibile,senza essere ribelle» (Giuseppe De Mestre). La mano invisibile della massoneria in Vaticano, al centro dipoteri occulti tra alta finanza e alti livelli, non è unadiceria: la si avverte da per tutto, nel processo di assunzioni,nel metodo delle promozioni, nel corso di diffamazioni o di elogiper questo o quel monsignore secondo peso e misura. Così, codestocentro che per divino mandato dev'essere un faro, dentro il suocorpo da tempo ospita tumescenze che lo decompongono. Per uno sfregio al giudizio universale della Cappella Sistina ilmondo intero scatterebbe in piedi a condannarne la profanazione;ma l'infiltrazione massonica in Vaticano è ancor più dissacranteperché stravolge le menti e la sacralità del cuore delcristianesimo. Contraddittorietà e ambiguità di realtàprogrammate disorientano i credenti, impotenti a frenare e adomare fatti ed eventi fluidi ed evanescenti nell'ambiente. La piovra nel Palazzo, mai come oggi sui livelli di guardia, siriveste del dono dell'ubiquità in alto e in basso, dentro efuori. Se ne avverte la presenza opaca dai lunghi tentacoli, manon dove s'annida. Essa si serve di emissari sul posto, mercenarioscuri che non disdegnano l'equivoco di quella malavitaorganizzata, ben introdotta nell'ambiente, fatta di miseria enobiltà. Quando deve colpire, non è mai un atto inconsulto. Lamaglia è così stretta che chi ne è colpito palpa solo la propriaimpotenza e capisce che reagire è dannoso piuttosto a sé che allabestia. Una sentenza di tribunale in Italia ha sancito che la parte incausa può ricusare il giudice che è iscritto alla massoneria. InVaticano questa ricusa non sarà mai possibile; nessun altodignitario porterà scritto sulla fronte la sua appartenenza allamassoneria. Molte riviste e rotocalchi hanno scritto apertamentedell'infiltrazione massonica in Vaticano (15). Per due secoli, daClemente XII (1730-40), che con bolla comminò la scomunica nel1738, fino al 1974, quando il gesuita padre Giovanni Caprile conun benevolo articolo su "Civiltà Cattolica" (19 ottobre 1974)rassicurò i cattolici affiliati alla massoneria di non darsipensiero: «Se la sua fede di cattolico non vi riscontra nulla disistematicamente ostile, organizzato nel gruppo massonico a cuiappartiene, contro la Chiesa e i suoi principi dottrinali emorali, egli [il cattolico massone, ndr] può rimanerenell'associazione. Non dovrà più essere considerato comescomunicato e perciò alla pari di ogni altro fedele potrà

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoaccostarsi ai sacramenti e partecipare pienamente alla vita dellaChiesa. Non ha bisogno di una speciale assoluzione dallascomunica dal momento che questa nel caso suo concreto non vigepiù». In realtà, siffatta «piena partecipazione alla vita della Chiesa»di un cospicuo numero di cattolici e prelati massoni avveniva giàda molti anni precedenti. Appena arrivato ad arcivescovo diMilano, monsignor Montini eleggeva a suo consulente finanziarioil cattolicissimo massone Michele Sindona. Affidando poi, daPapa, le sorti della finanza cattolica dello Ior (16)all'indiscussa competenza ladresca e criminale dei cattolicimassoni Michele Sindona e Roberto Calvi, che si avvalevanodell'apporto di due altri fedeli massoni della Loggia P2, LicioGelli e Umberto Ortolani. Nel 1987 il giornalista massone Pier Carpi, confermando l'assuntodel "fratello" Fulberto Lauro secondo il quale alla Loggia P2aderivano anche cardinali e vescovi in incognito, specificava che«si chiama "Loggia Ecclesia" ed è in contatto diretto con il granmaestro della Loggia Unita d'Inghilterra, il duca Michele diKent. Tale loggia opera in Vaticano dal 1971. Vi appartengono piùdi cento fra cardinali, vescovi e monsignori di curia. Riescono amantenere il più assoluto segreto, ma non al punto da sfuggirealle indagini degli uomini della potente "Opus Dei"» (17). Infine, la rivista cattolica messicana "Proceso" (n‘ 832 del 12ottobre 1992), informava che la massoneria ha diviso ilterritorio vaticano in otto quartieri, dove sono in funzionequattro logge massoniche del rito scozzese i cui adepti, altifunzionari del piccolo Stato, standovi in forma indipendente nonsi conoscerebbero fra loro, neanche battendo i tre colpi colpolpastrello del pollice. Esse all'occorrenza prendono contatticon altre logge massoniche delle singole nazioni; anzi, là dovela Chiesa opera in clandestinità a causa del Corano, le relazionicon la Chiesa locale passano segretamente attraverso tale retesettaria, che così rende un servigio religioso in favore dei lorofratelli di stanza in Vaticano. Le nazioni del blocco islamico, benché mantengano relazionidiplomatiche con la Sede Apostolica, in forza del Coranos'ostinano a vietare qualsiasi forma di culto cattolico e dìproselitismo. I rispettivi governi designano come ambasciatoripresso il Vaticano per l'appunto quei fratelli massoni tra i piùzelanti e attivi, ai quali danno istruzioni sul differente mododi procedere con gli odiati ecclesiastici tutti d'un pezzo, e conquegli altri invece benevoli verso la massoneria, dei quali moltiriescono a giungere ad avere le leve del potere in Vaticano. Incombutta con questi, si cerca oggi di "pilotare" Giovanni PaoloII, vecchio e malato, il quale cammina a fatica (solleva i piedisolo di pochi centimetri da terra) a causa del morbo soffre difrequenti amnesie. La stampa di ogni tendenza frequentemente e da varie fonticontinua a fare nomi e cognomi di cardinali e alti dignitaridentro e nel contorno del Vaticano, insieme ad altri prelati,quali affiliati alla massoneria, e nessuno di essi si dapensiero, salvo qualche blanda smentita, di esporre denuncia allamagistratura per una dovuta anzi necessaria ritrattazione, se nonper onorabilità personale, almeno per decenza all'ufficio e allacredibilità dell'incarico che gli indiziati ricoprono. Il lorosilenzio non avvalora l'assioma «quod gratis asseritur, grattis,negatur» («ciò che si asserisce gratuitamente, gratuitamente sinega»), perché qui, visto che di fatto non c'è chi nega, tuttoporta a credere che chi tace acconsente.

NOTE: (15) "Panorama" del 10 agosto 1976; "Introibo" del luglio 1976;"Euroitalia" del 17 e 25 agosto 1978; "Osservatore Politico"del 12 settembre 1978; "Oggi" del 17 giugno 1981; "30 Giorno" del11 novembre 1992. Oltre a una colluvie di libri sulla storiadella massoneria in Italia e in Vaticano. (16) Istituto per le Opere di Religione fondato nella Città del

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I Millenari - Via col vento in VaticanoVaticano da Pio XII il 27 giugno 1942. (17) "L'Espresso", 12 dicembre 1987.

Falsi apostoli e operai fraudolenti. Ma come può succedere che un massone s'infiltri nei meandridegli uffici vaticani? O piuttosto, com'è mai possibile che unecclesiastico di curia diventi massone? Questo interrogativovenne posto a un prelato di curia da un giovane sacerdote, cheoperava in un Paese totalmente a credenza islamica, turbato dallapropaganda anticattolica fatta colà dalla Tv. L'esposizione del giovane sacerdote era circostanziata. «Lanostra nazione», diceva, «quando le conviene finge d'ignorare laChiesa cattolica, il Papa e la gerarchia; ma quando c'è qualchescandalo sussurrato in quell'ambiente, per denigrarla informapuntualmente l'opinione pubblica nei minimi particolari. Tutti imezzi di comunicazione si mobilitano per specificare fatti emisfatti con dati alla mano... parlano ad esempio del cardinalesegretario di Stato che sarebbe un affiliato alla massoneria econ lui altri cardinali arcivescovi e noti prelati di curia. Diciascuno di questi fanno nome e cognome, data dell'affiliazione ei ruoli che svolgono in Vaticano e nella loggia massonica di loroesclusiva appartenenza. La nostra esigua comunità cattolica sulposto resta letteralmente sconcertata e sconvolta; e si rivolge anoi sacerdoti per chiedere spiegazioni sull' autenticità delfenomeno e il modo con cui rispondere agli altri... Lei,monsignore, che cosa ne pensa? E mai possibile che un cardinale,un prelato di curia di punto in bianco si iscriva alla massoneriae si metta a collaborare agli ordini di un gran maestro? Sembraincredibile che un fatto del genere avvenga. E se non è vero,perché gli accusati, parte lesa, non chiamano in giudizio icalunniatori per contestare nei tribunali, nazionali einternazionali, le ingiuste accuse nei loro confronti?... Perchéil Vaticano non interviene attraverso il suo nunzio apostolicopresso il governo per smentire ufficialmente tante scandaloseasserzioni?». Anche sulla morte di papa Luciani il giovane sacerdote richiamavacon allarmato stupore le voci insistenti di un decesso procurato,voci corredate di numerosi indizi. E poi, ancora, un altroargomento di scandalo: la banca vaticana e l'enorme fiume dimiliardi di denaro sporco riciclato e dirottato in banche estere.«Fanno nomi di alti dignitari vaticani complici del fior fioredella massoneria italiana», diceva il giovane sacerdote. «Siparla di omicidi e suicidi, di mandati di cattura dellamagistratura italiana a carico di personaggi dello Ior... Parlanodell'allontanamento di monsignor Marcinkus e della promozione avescovo di Donato De Bonis all'ordine di Malta... Le faccio unaltro esempio: dopo l'attentato al Papa, i rotocalchi stamparonola sua foto, seduto sul bordo della piscina di Castelgandolfo,che dicevano scattata da un dipendente del Vaticano e trovataaddosso ad Alì Agcja, al momento dell'attentato, il 13 maggio1981; foto che il venerabile della P2, Licio Gelli, avrebbepagato trecento milioni, dicendo al "fratello" Vanni Nisticò:"N'è valsa la pena; se si possono fare queste foto al Papa,figurati che facilità sparargli!". A noi che viviamo contornatida nemici nella fede, l'incontestabilità di certe realtà fa moltomale al nostro piccolo gregge, che stenta a tenersi insieme... Lospeaker della Tv. una sera, terminava il servizio con la battuta:"In Vaticano si vocifera che sotto la piovra non piove"...»,concludeva costernato. L'impiegato monsignore leggeva sul volto dell'interlocutore unprofondo turbamento interiore. Sapeva che lui, nel suo Paese, eraun sacerdote molto impegnato nella pastorale giovanile: occorrevafargli un discorso serio senza infingimenti. «Vedi, caro confratello, il tuo quesito è quello che tutti ciponiamo. A parte la foto del Papa a torso nudo, fatta scattareall'interno del palazzo da qualche affiliato, sulla quale tuttivolevano spiegazione (18)... Personalmente non mi schiero concoloro che vogliono negare l'esistenza dei fatti a ogni costo,

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I Millenari - Via col vento in Vaticanocome se, ad esempio, l'attentato a papa Wojtyla altro non fossestato che un semplice incidente di caccia. Lo struzzo, cheall'avvicinarsi della tempesta infila la testa nella sabbia pernon rendersene conto, non per questo la elimina. Una rispostaoccorre darla. Io ce l'avrei e te la dico, così come la penso. «Ritengo impossibile che un bel giorno un massone parta dalla sualoggia per avvicinare un prelato di riguardo, addiritturacardinale, e a bruciapelo gli proponga di affiliarsi allamassoneria. E questo dignitario, come se niente fosse, abbocchisubito all'amo e con armi e bagagli passi a iscriversi neiregistri massonici e si schieri con essi a combattere contro quelDio, per il cui regno s'era votato e che ora s'impegnerebbe, inpratica, a distruggere. D'altra parte, che la massoneria abbiadegli adepti anche nelle file degli ecclesiastici e persino tra idignitari capi della curia romana, questo è un fattodifficilmente contestabile, di cui si avvertono latenti epalpabili gli innegabili risultati. «Tu accennavi al fiume dei fondi neri che dichiarati massonideviavano all'estero dallo Ior tramite l'indiscussa connivenzadei massimi dignitari ecclesiastici preposti a quell'organo,paragonato a un buco nero della calotta stellare, volto arisucchiare la materia di quei fondi neri come dentro unchiusino, da cui farli fuoriuscire ripuliti da chissà quale altraparte della terra. Non è mistero per nessuno più. Questo itelespettatori, in Italia, l'hanno sentito con chiarezzadisarmante e con linearità sconcertante alla trasmissione in Tvnel gennaio del 1994 durante il processo sullo scandalo Enimont(19)... «Dunque, la massoneria è certamente di casa in Vaticano, anchese il suo circolo ricreativo è dislocato altrove. Se ne dovetteaccorgere, con un primo colpo al cuore, il pontefice AlbinoLuciani, quando il giornalista Paolo Panerai - il 31 agosto 1978,all'indomani della di lui elezione - sul settimanale economico"Il Mondo" rivolse al Papa a bruciapelo un'accorata lettera:"Santità, è giusto che il Vaticano operi sui mercati come unagente speculatore? E' giusto che il Vaticano abbia una banca cheinterviene nei trasferimenti illegali di capitali dall'Italia inaltri Paesi? E' giusto che quella banca aiuti gli italiani aevadere il Fisco?". Quel sant'uomo di Papa non s'era ancoraripreso dalla scioccante interrogazione, che il 12 settembresuccessivo l'intrigante settimanale "Op" diretto da MinoPecorelli, massone poi assassinato, dal titolo "La Gran LoggiaVaticana", pubblicava tra l'altro l'elenco di ben 121 nomi diesponenti vaticani e di alti prelati, indicati come affiliatialla massoneria... «"Verranno sul paese tenebre tali che si potranno palpare". Comeuna nuvoletta, che quando ti avviluppa pare che sia svanita, cosìè qui dentro: il cieco dal tatto sa dirti che quel che tocca è untavolo, benché non lo veda; altrettanto è la massoneria vaticana:la si palpa, ma non la si vede... In una lettera dell'ottobre1838, Antonio Rosmini scriveva: "Questa è una delle maggiorifonti dell'incredulità moderna: i preti operano male, dunque èfalsa la religione che insegnano; ecco il sofisma. Bisognaavvertire e prevenire i giovani contro ogni specie di scandali,specialmente quelli che vengono prodotti dalla mala condotta delclero"...». «Paolo VI si avvide della presenza massonica in Vaticano, e lodisse al mondo: la chiamò fumo di satana. Egli sapeva cheattraverso la fessura massonica quel fumo era penetrato eannebbiava il tempio del Signore. La politica massonica delsecolo scorso era più per lo scontro frontale con la Chiesacattolica, ma in questo modo creava solo steccati. Col tempo, aiprimi di questo secolo, ha cambiato metodologia: ha compreso cheera molto più proficuo infiltrarsi negli alti vertici dellaChiesa. Inerpicarsi su attraverso i suoi intricati bastioni perscalare fino in vetta non è impresa da poco, occorre armarsi ditempo e pazienza al fine di selezionare gli elementi più adatti eutili a raggiungere lo scopo. Per fare questo l'organizzazione

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I Millenari - Via col vento in Vaticanomassonica destina immense riserve e sceglie il fior fiore tra ilsuo personale massonico più qualificato, che sia all'altezza difare, con circospezione e costanza, la cernita di quei futuriecclesiastici da destinare alla carriera e ai posti più elevati». Alla fine degli anni Quaranta il Pontefice Pio XII avevagiustamente un sacrosanto orrore e un'inquietudine angosciosa chel'ateismo s'insinuasse nella Chiesa, allora in voga sotto i dueaspetti, massonico e comunista. A luglio del 1949, un paesino del Murgese era in festa perl'ordinazione sacerdotale di don Francesco, figlio unico dipoverissimi genitori che per tenerlo in seminario s'erano privatiper anni dello stretto necessario. Il novello sacerdote,riconoscente, pensò di regalare loro un viaggio a Roma, mai vistaprima di allora. Dai doni in denaro contò di pagare le spese diviaggio e soggiorno romano: per l'abbigliamento, bastavano imodesti vestiti del loro guardaroba per quella festa. Dettofatto. Tutta la notte, in treno, nessuno dei tre mai s'appisolòper l'emozione. Alle prime luci, la mamma al finestrino guarda lecase di periferia e le sembra di sognare: chi l'avrebbe mai dettoche in vita sua stava per visitare Roma, la città del Papa, lacapitale del cristianesimo! La pensione è in Prati, nei pressi di San Pietro. Iniziano levisite alle basiliche e agli altri monumenti più noti della Romaantica. A San Pietro la visita è più accurata e dettagliata, condon Francesco che faceva loro da cicerone per quel poco chericordava o che riusciva a tradurre dalle lapidi latine. Sullapiazza egli indicò la finestra dello studio del Papa. Pio XII nonusava affacciarsi, come iniziò a fare il successore, GiovanniXXIII. A sentir parlare del Papa, la madre, quasi tra sé e sé, esternòil desiderio di poter vedere il Papa. Don Francesco di rimando:«Mamma, possono avvicinare il Papa soltanto i capi di Stato e gliambasciatori e appena appena i cardinali di curia». «Chesciocca!», rispose ella al figlio. Il desiderio dell'udienza eragià alle spalle. Nei giorni seguenti, terminato il resto del giro turisticoprefissato, si passò a contattare qualche lontano parente colàresidente e qualche conoscente dei più importanti. Tra questi, siricordarono di un capitano dei Carabinieri, che benchégiovanissimo aveva fatto una meravigliosa carriera nell'Arma. Alpaese si parlava di lui con orgoglio e vanto. Alla richiesta sepoteva riceverli in visita di cortesia, immediatamente si disseben disposto a conoscerli. Il capitano, molto cortese, s'interessò del loro soggiorno romanoe di quanto fossero riusciti a vedere. Don Francesco parlava alposto dei genitori, elencando i monumenti visti e lo strabiliodei suoi; riferì pure l'inutile espressione della madre diavvicinare il Papa, desiderio del tutto impossibile. «Voletevedere il Papa?», domandò il capitano. «Ma no, signor capitano»,riprese don Francesco, «ho già spiegato a mia madre come stannole cose. E' già tanto quel che abbiamo visto e ne abbiamo daraccontare ai parenti al nostro ritorno». Ma il capitano, conquella proposta fissa in mente, si fa dare il recapito telefonicodella pensione e, soprappensiero, fa: «Ci sentiremo!», e liaccompagnò fino alla porta, mentre il piantone scattavasull'attenti. Ormai così soddisfatti, già pensavano a far ritorno al paesello,aggrappato in scoscesa sulle Murge. A cena, quella sera, siaccosta con riguardo al loro tavolo il cameriere, e a donFrancesco dice che il capitano dei Carabinieri desidera parlarglial telefono. Tutto trafelato per le scale, ascolta il seccocomando del graduato: «Domattina alle ore 9.30 trovarsi tutti etre all'Arco delle campane a sinistra della basilica di SanPietro; sarete accompagnati in auto all'ascensore privato finoall'appartamento pontificio, alle IO sarete ricevuti in udienzaprivata da Sua Santità. Ovviamente, ben vestiti, massimapuntualità e, mi raccomando, soprattutto molta discrezione».Dall'altra parte della cornetta don Francesco non ebbe tempo di

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I Millenari - Via col vento in Vaticanochiedere ulteriori chiarimenti: sentì solo lo scatto dellaconversazione chiusa. L'udienza del Pontefice durò venti minuti; avvenne secondo ilprotocollo descritto. Al paese quasi nessuno volle credere alla storia dell'udienzaprivata del Papa a quella povera famigliola: la ritenevano unasmargiassata del pretino, che si voleva dare delle arieraccontando frottole. Neanche don Francesco, in verità, sapevadarsi una spiegazione. Dopo circa un anno quel capitano dei Carabinieri, frattantopromosso maggiore, morì improvvisamente per infarto. Dalla stampadon Francesco apprese che da circa un anno e mezzo quelcomandante era stato nominato maestro della loggia massonica diPalazzo Giustiniani in Roma. Forse l'udienza papale, da luichiesta oltretevere per i suoi tre paesani, doveva costituire ilbanco di prova della sua influenza sull'altra spondatrasteverina. Con buona pace di papa Pacelli, cosìstrumentalizzato. Esiste un vero noviziato per gli ecclesiastici da aggregareall'ordine massonico. Vi è una certa categoria di persone che lamassoneria destina come addetti alla selezione dei possibilicollaboratori da scegliere tra gli ecclesiastici, i quali devonorisultare forniti di certe doti: spiccata intelligenza, aviditàdi carriera, ambizione, pronto intuito a capire e a fingere dinon capire, generosità nel servizio, eventualmente anche conbuona prestanza fisica e di bell'aspetto. Tutte doti eccellentiper la scelta e la destinazione al novero massonico. Quando tutto questo si trova riunito in un giovane ecclesiastico,che sia diocesano o religioso poco importa, specialmente seprovvisto di straordinaria capacità d'intuizione, assimilazionedella vita intellettuale, rivitalizzazione dell'ambiente in cuisi trova, notevole estro espressivo e comunicativo, quando c'ètutto questo allora si passa alla fase dell'abbordamento,iniziando a solleticarlo nell'amor proprio. Condizione assoluta è che, durante questa prima fase, ildesignato rimanga completamente all'oscuro circa la trama che glisi va ordendo attorno. La tecnica massonica impone il gradualismonelle rivelazioni, per cui l'affiliato viene a conoscenza deifini della setta segreta soltanto poco per volta, a seconda comei superiori lo ritengano. I modi d'abbordare sono tanti e sempre diversi. Un invito inun'ambasciata di comodo per una festa nazionale, un inaspettatoincontro di persona che si dice fortunata di farselo amico, unprelato che gli chiede qualcosa e si dice riconoscente. Così,tanto per iniziare. Poi viene la fase dell'encomio e dellelusinghe: ma che meraviglia di persona gentile è lei, cheintelligenza, che garbo, che squisitezza! Ma come mai possibile:lei meriterebbe di più, è sprecato dove si trova... Ma perché nonci diamo del tu?... Allora: bisogna pensare a qualcos'altro perte!... Si entra poi nella fase delle possibili prospettive: ioconosco quel prelato, quel cardinale, quell'ambasciatore, quelministro, se desideri o almeno non mettessi ostacoli, potreivolentieri spendere una parola a tuo riguardo; gli parlerei comedi persona degna di un incarico superiore: ad esempio,sottosegretario di quel dicastero, vescovo a.... nunzio in...,segretario personale di... A questo punto, il proponente s'accorge subito se l'interessatoha già abboccato all'amo, anche se con finta modestia sischermisse dietro frivole frasi di circostanza: ma non sonodegno, non sono all'altezza, mi sento un pover'uomo, ci sonoaltri migliori di me... e cose simili. Il proponente è ben edottoin materia; sa che, come la prudenza è la virtù dei forti, lafalsa modestia è la virtù degli imbecilli scalatori, dietro cuisi nasconde la resa. Il cammino è già a buon punto. Pian piano le promesse fatte siconcretizzano realmente con dati alla mano. Il candidatoprescelto constata l'avveramento delle promesse e sente di doverportare riconoscenza verso quel personaggio amico, che considera

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I Millenari - Via col vento in Vaticanosuo benefattore. Intanto, la sua carriera procede a gonfie velesenza ostacoli, anzi con lungimiranti prospettive al serviziodella Chiesa, le più rosee, nel cui grembo comincia a indovinareun buon possibile scranne, da selezionare per lui. Adesso, quando l'ignaro prelato con tanta febbre di ambizione evanità ha in mano la prova dei dati concreti in merito alla suafacile ascesa, della quale lui stesso non sa ancora rendersiconto e, nel frattempo, altre promozioni gli si prospettanoall'orizzonte a livelli ben superiori, giunge la fase scioccantedella precisazione, che su per giù gli viene riferita neiseguenti termini: «Monsignore, eccellenza, bisogna onestamentedire che se lei-tu si trova a coprire tale incarico di prestigio,più che alla mia persona, lo deve all'influenza dell'Ordinemassonico e di tutti i suoi amici, dentro e fuori della Chiesa, iquali hanno reso possibile la prestigiosa ascesa ai delicatiincarichi finora affidati alla sua-tua persona... Come vede, nonsi deve preoccupare perché sta ben riguardata con tante distintepersonalità. Tuttavia, è lasciato libero di scegliere se rimanereo no d'ora in poi a collaborare con la nostra organizzazione, chele garantisce ogni riservatezza con l'impegno per ulterioriprobabili prospettive di avanzamento». In questa fase delicatissima spetta al prelato, in crisi,decidere sulla scelta da compiere. Cose da meritare pietà in casadel diavolo. L'ambizione di ulteriori traguardi, lo stordimentodi sapersi introdotto nell'ordito massonico, il timore diimmancabili rivelazioni in caso di non adesione, il vuoto cheegli preavverte intorno a sé in caso contrario, la fraternaesortazione di qualche dignitario ad andare avanti come ha fattoanche lui; insomma il misto di tutto questo alla fin fineconvince il prelato ad assecondare il cammino ormai iniziato daaltri, suo malgrado. Quanto più si è collocati in alto, tanto più si rischia di esserefragili dentro, per la paura di perdere il livello d'incarico,cui l'han fatto giungere. Un abisso chiama l'abisso. Cerca difarsene una ragione: non è poi la fine del mondo e il bene lo sipuò fare anche da questa strana angolatura. Dio esiste pure per imassoni, che essi chiamano il Grande Architetto dell'Universo,benché non gli prestino servizio integrale. L'Ente Supremo esistenel creato - chi lo nega? - basta che non detti leggi incontrario. Sacrificio personale che sa tanto di quell'orribilevoto di Iefte il quale per affermarsi vittorioso sugli Ammonitinon disdegnò di sacrificare a Dio la sua unica figlia, quando glicorse incontro a festeggiarlo. Così, una volta infiltrato nel suo ambiente ecclesiastico, ilbravo novizio massone ha come primo dovere di apparire credibiledove opera, mantenendo le promesse fatte e, se mai, mettere incattiva luce, quali falsi e ipocriti, i migliori prelati delposto dov'è infiltrato. Il regno di satana è proprio questo: il falso al posto delvero, affinché il giusto sia fatto credere menzognero. La tecnicada lui usata è quella di mescolare accortamente il vero con ilfalso con tanta abilità alchimistica da mostrare che il verodanneggia apparentemente il falso in quel tanto di falso chenessuno mette in discussione vi sia, mentre si insinua quel tantodi odio sul vero che in quanto tale disturba. Voltaire convinceva così i suoi seguaci: se credete che Dio viha fatti a sua immagine e somiglianza, ricambiatelo con la stessamoneta: fatevi un dio a immagine e somiglianza vostra, con leperfidie e i difetti vostri: potente, vendicativo, egemone, avidodi potere, ambizioso. E quanto più ne sarete convinti, tanto piùvi calzerà a pennello, scolorando ed estinguendo dentro di voi ilprecedente, quello vero. I massoni fanno con i loro gregariecclesiastici tutto questo alla perfezione. Dunque codesto novello frammassone, abilmente adescato, diventauna ulteriore pedina nello scacchiere di quella loggia secreta,aggiunta agli altri adepti colà annidati. La sua ascesa può oraproseguire indisturbata verso l'alto in concorso con gli altri"fratelli" associati. E se la carriera è quella giusta, anche

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoverso la cardinalanza e oltre. In questo modo, da certi frammenti investigativi di veritàfuoriuscite, che è qualcosa più d'un bisbiglio, negli ultimi dueconclavi la Chiesa, in eclissi di buio parziale, avrebbe corso ilpericolo di farsi scegliere un Papa indiziato, appunto, alseguito di quella congrega. Al Papa mancato, che usciva cardinaledal conclave, un giornalista anche lui di quella banda diceva:«Come andranno ora le cose, eminenza?». Il porporato: «Bene, molto bene!». E il giornalista-fratello: «Ma con l'aiuto di Dio?». Il porporato: «Non gliel'ho mai negato!». E il giornalista: «Appunto!». Il giovane sacerdote, a questo punto, disse: «Questa suaspietata analisi, monsignore, riferita nei particolari cosìspecifici» mi riporta a un episodio accadutomi circa quattro annifa, esattamente come lei ha descritto. Glielo racconto, perché neconstati le connessioni. «Una mattina, subito dopo la Messa, il sagrestano mi disse che undistinto signore desiderava parlarmi; aveva detto di essere ilGran Rabbino di Gerusalemme. Feci chiedere se voleva parlarepiuttosto con il Vicario generale, che era mio fratello. Invecevoleva me. Mi offrii allora di accompagnarlo per la visita deimonumenti storici della città, come spesso mi accade coi fedelituristi. «Quando tutto terminò, egli cominciò a dire nei riguardi mieiesattamente quello che lei ha sopra riferito: che meritavo unamigliore destinazione, se mai a Roma o a capo di qualchediocesi... Al mio netto rifiuto, aggiunse: "Ci pensi intanto e midia una risposta in serata. Domani mattina alle 7.30 ho unincontro privato con il cardinale segretario di Stato presso leSuore di via delle Mura Aureliane, subito dopo la sua Messa;preferisco là, meglio che in ufficio alla terza loggia, al riparoda controlli e da occhi indiscreti. Volentieri potrei parlarglidi lei, se me ne desse incarico... Con lui sono in ottimirapporti d'amicizia"... «A distanza di tanto tempo, quella strana proposta forse oggipotrebbe avere una sua logica spiegazione. Seppi poi, infatti,che il personaggio bazzicava gli ambienti ecclesiastici perincarico della massoneria...». «Questi tali sono falsi apostoli, operai fraudolenti, che simascherano da apostoli di Cristo. Ciò non fa meraviglia, perchéanche satana si maschera da angelo di luce. Non è perciò grancosa che anche i suoi ministri si mascherano da ministri dìgiustizia; ma la loro fine sarà secondo le loro opere». Ecco i fenomeni latenti, occulti, fumogeni, rigogliosi diarroganza totalizzante, di strapotere clientelare, diemarginazione paralizzante, di protezionismo nepotista alla lucedel sole, che prosperano nel sottobosco vaticano della Chiesacontemporanea, resasi allergica ai retti di cuore.

NOTE: (18) Dopo moltissimo tempo, non si sa con quanta aderenza allarealtà dei fatti, un flash d'agenzia sussurrava che un fotografogiornalista, certo Adriano Bortoloni, si sarebbe attribuito lapaternità del fortunato scatto, dopo aver passato tre giorni etre notti appollaiato sulla folta chioma d'un selcio della villa,senza scorte di viveri e senza quei bisogni fisici in uscita.Ovviamente una fiaba da epoca delle crociate... (19) I testi principali di detto processo non fecero misterisui massoni che s'avvalsero della banca vaticana per i lorotraffici ignobili. Nelle casse dello Ior in Vaticano transitaronoCct per circa 110 miliardi destinati a tangenti per uominipolitici di ogni orientamento e credenza. Un fitto strato dipiduismo invisibile ed evanescente s'annida e serpeggia in tuttoquell'ambiente. Tutti gli organi d'informazione del tempopalesavano dettagliatamente nomi e cognomi di prelati e cardinalicoinvolti nella commissione dello Ior per la monetizzazione deiCct destinati alla corruttela. Un teste chiave, Carlo Sama,

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoufficiale pagatore della Montedison, riteneva la banca vaticanaperfettamente al corrente di tutte le operazioni del finanziere-massone Luigi Bisignani, per la cui operazione bancaria lo Ioravrebbe ricevuto l'ordine di una decina di miliardi di lire, daquesti smentito e comunque ridotto a 2 soltanto. L'altro testechiave, Carlo Calvi, figlio del banchiere massone Roberto Calvitrovato impiccato sotto il ponte dei Frati neri a Londra,testimoniava: «Francesco Pazienza mi disse che monsignor GiovanniCheli, rappresentante del Vaticano all'Onu, aveva delleambizioni, era suo intimo amico e aveva l'ambizione di prendereil posto di Marcinkus. In quel periodo lui non era negli StatiUniti... Cheli mi disse quel che già Marcinkus mi aveva detto pertelefono: dire a mio padre [detenuto, ndr] di stare zitto, di nonsvelare nessun segreto e di continuare a credere nellaProvvidenza». Il prelato Giovanni Cheli fu elevato alla porporacardinalizia i! 21 febbraio 1998, in coincidenza fortuita con ilcarnevale di Viareggio, come qui raccontato.

Prelati massoni veri e falsi. Quando la stampa informò l'opinione pubblica dell'esistenzadella potente loggia massonica "Propaganda 2", nota meglio comeP2, presieduta dal venerabile maestro Licio Gelli, in combuttacon Michele Sindona, Roberto Calvi e Umberto Ortolani,cattolicissimi massoni implicati a loro volta con lo Ior nel cracdel Banco Ambrosiano, si faceva menzione anche di nomi di altiprelati, elencati nella suddetta lista di 121 nomi posti inordine alfabetico con le relative date d'iscrizione all'Ordinemassonico matricola e nome di loggia, già da qualche anno primain circolazione (20. Avendo fatto molto scalpore in Vaticano e fuori, poiché parecchidi quei nomi erano tra i più prestigiosi dignitari, un altroperiodico dell'area massonica provvedeva a pubblicareun'ulteriore lista di ecclesiastici e laici, nella quale assiemeai nomi del primo elenco venivano aggiunti altri, allo scopo diconfondere i veri iscritti con gli estranei alla massoneria. Gliuni, i veri affiliati, e gli altri, che non c'entravano, ebberobuon gioco a dimostrare l'estraneità e l'infondatezzadell'asserita propria affiliazione alla setta. Ma i vaticanisti più informati sapevano che si trattava di unfalso a metà. In Vaticano da molto prima e da più parti diverse,pervenivano segnalazioni su nomi e cognomi di ecclesiastici,certamente affiliati e in stretta collaborazione con lamassoneria. Si scelse la politica del silenzio, per comodità, daentrambe le parti. Il lettore che voglia controllare la verità dei fatti prenda inomi riportati in quella lista e li confronti con quellicontenuti nell'indice degli Annuari pontifici degli anni Novanta:chiunque al raffronto constaterà che la maggior parte di tuttiquei nomi ha fatto splendida carriera ecclesiastica. Molto piùdei due terzi di quei prelati, certamente non del tuttomeritevoli, se nel frattempo non sono deceduti, ora li siriscontrano ai vertici della curia romana: chi cardinale, chiinsignito dell'episcopato in diocesi prestigiose, chi al comandodi qualche importante dicastero, chi capocordata di clan dalleventose incollate ai bastioni michelangioleschi. E tutto ciò nonper fortuito caso o per un infortunio sul lavoro. «Tu sei troppo giusto, Signore, perché io possa discutere con te;ma vorrei solo rivolgerti una parola sulla giustizia: perché lecose degli empi prosperano?». Generalmente, stando dal di fuoril'uomo chiama Dio a scolparsi dell'ingiustizia che vede nel mondodella Chiesa. Quando poi entra a farne parte, l'ingiustizial'avviluppa, mentre la giustizia chiama lui in causa ponendolosotto interrogatorio. Nel caso che qualche ecclesiastico, non chiamato, volesse farcarriera con l'appoggio di quella consorteria, i responsabilitanto per iniziare lo mettono in prova, impegnandolo a teneredotte conferenze ai distinti soci nei club dei Lions e dei Rotarydelle città distrettuali, che sono circoli culturali nei quali si

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoprepara il semenzaio da cui scegliere gli affiliandi allamassoneria. A riguardo di detti circoli, la rivista gesuitica "La CiviltàCattolica" dimostrò senza veli di dubbio che detti circoli,essendo di derivazione massonica, mantengono stretti legami conla setta. Ci fu serrata polemica sulla veridicità o menodell'asserzione, finché il gran maestro Giordano Gamberini, sullarivista massonica "Hiram (21) del 1 ‘ febbraio 1981, rivendicòufficialmente che sia i Rotary sia i Lions derivano econfluiscono nell'organizzazione della massoneria, scrivendo:«Melvin Jones. maestro massone di Chicago, fu tra i fondatori deiLions. Ne divenne segretario generale e tesoriere fin dal 1917.Nel Lions, l'origine massonica risulta evidente anche dal primostemma che si diede l'associazione. Pressoché identici rapporticon la massoneria aveva avuto il Rotary». Appunto per ciò, l'anno appresso 1982 a governatore del distrettorotaryano di Sicilia-Malta per la prima volta fu un gesuita aessere insignito della prestigiosa carica, padre Federico Weber,senza che i superiori gliene facessero veto. Persino molticardinali, lautamente compensati, incoraggiati dal fratellocardinale Saggio, ora defunto, si ritengono altamente onoratidell'invito dei dignitari rotaryani a inaugurarne le nuove sedi ol'anno sociale, dando lustro di sé con dotte conferenze eprelibati pranzi. Una profetica conferma viene dal racconto di un'apparizione diGesù a Padre Pio di Pietrelcina, che lui descrive al suoconfessore, padre Agostino da San Marco in Lamis, il 7 aprile1913: «Venerdì mattina ero ancora a letto, quando mi apparveGesù. Era tutto malconcio e sfigurato. Egli mi mostrò una grandemoltitudine di sacerdoti regolari e secolari, fra i quali diversidignitari ecclesiastici; di questi, chi stava celebrando, chi sistava parando e chi si stava svestendo delle sacre vesti. Lavista di Gesù in angustie mi dava molta pena, perciò vollidomandargli perché soffrisse tanto. Nessuna risposta n 'ebbi.Però il suo sguardo si riportò verso quei sacerdoti; ma pocodopo, quasi inorridito... ritirò lo sguardo e allorché lo rialzòverso di me, con grande mio orrore, osservai due lacrime che glisolcavano le gote. Si allontanò da quella turba di sacerdoti conuna grande espressione di disgusto sul volto, gridando:"Macellai!". E rivolto a me disse: "Figlio mio... l'ingratitudinee il sonno dei miei ministri mi rendono più gravosa l'agonia...costoro, al loro indifferentismo, aggiungono il disprezzo,l'incredulità". Gesù purtroppo ha ragione di lamentarsi dellanostra ingratitudine! Quanti disgraziati nostri fratellicorrispondono all'amore di Gesù col buttarsi a braccia apertenell'infame setta della massoneria! Preghiamo per costoro...». Gesù rivelava a padre Pio fin dal 1913, cioè quattro anni primadel secreto di Fatima, che tanti dignitari ecclesiastici davanola propria collaborazione a favore della massoneria, il che non èpiù un mistero. A quanti oggi si sentono decisivi e indispensabili al governodella Chiesa, mentre rischiano di essere di scandalo, lo SpiritoSanto per bocca del profeta Malachia dice: «Ora a voi questomonito, o sacerdoti. Infatti le labbra del sacerdote devonocustodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca la sapienza,perché egli è il messaggero del Signore. Voi invece vi sieteallontanati dalla retta via e siete stati d'inciampo a molti conil vostro insegnamento. Perciò anch'io vi ho resi spregevoli eabietti davanti a tutto il popolo». Gesù per costoro utilizza parole molto più dure: sulla cattedradella mia Chiesa si sono seduti altrettanti scribi e farisei.«Guai a voi che trasgredite le prescrizioni più gravi dellalegge: la giustizia, la misericordia, la fedeltà. Guide cieche,filtrate il moscerino e ingoiate il cammello. Sepolcriimbiancati». Statti alla larga, Signore, da costoro, ches'accomodano da padroni nella tua Chiesa e poi ti fanno fare laloro volontà come in cielo così in terra. E ripetono a tutti perconvincerli: «Tempio del Signore, tempio del Signore, tempio del

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I Millenari - Via col vento in VaticanoSignore è questo!». Gli errori compiuti in codesti ambienti ecclesiastici dal passatoal presente, senza nulla intaccare alla grande santità dellaChiesa, sono lo scotto da pagare per l'enorme privilegio diciascun ammesso a usufruire del Sangue redentore di Cristo. Siamocolpevoli di disinteresse neh"aver lasciato l'amore in balìa deinegatori, dei bestemmiatori e dei profanatori, chiunque fossero;noi i responsabili di aver anchilosato l'amore, chiudendolo nelfreezer dei freddi calcoli del potere terrestre. Nell'andare incontro al Duemila e in piena preparazione perl'Anno Giubilare, sul tavolo della Chiesa nelle più segretestanze vaticane i due grandi poteri, della Luce e delle Tenebre,giocano la loro partita a scacchi al cospetto di tutti sotto ipotenti riflettori d'informazione; e non è detto che la vittoriaintermedia di satana non possa dare scacco al Cristo del VenerdìSanto sul Calvario! Gesù alla Sua Chiesa non ha promesso che avrebbe distrutto tuttii Suoi avversari, ma che non sarebbe stata distrutta da alcuno diessi.

NOTE: (20) Il periodico su cui apparve il 12 settembre 1978 lascioccante notizia era "Op" del massone Mino Pecorelli.(21) Organo bimestrale del Grande Oriente d'Italia, fondato nel1870, Editore Erasmo.

19.

POTERE, VEGETANZA E CELIBATO.

I dipendenti di curia si sentono non protetti nei loro dirittinaturali inerenti alla propria persona, quasi sempre sotto tiro.E' l'ambiente che porta il capo ad attribuirsi poteri che sonoveri e propri arbitrii e capricci lesivi, con superficialità esconsideratezza. Chi si sente scavalcato non deve recriminare, poiché niente gli èdovuto. Il contropiede dell'ambizioso assecondato, cui arride ilvento della carriera facile, al più genera flebili, sterilimugugni nei retrocessi, senza vistosi strascichi. Dove non c'èricorso contro lo strapotere del superiore di curia, continua aesistere l'antiquato metodo dello scavalcamento nelle promozioni,un enorme errore pedagogico e sociologico, prima ancora di essereun palese affronto alla dignità della persona umana. Contro tale prepotenza non c'è ricorso ad alcuna istituzione disolidarietà, dato che non esistono e non si vuole che esistanosiffatte remore. Nessuna vertenza sindacale, quindi, è possibileipotizzare. Grazie a questo vuoto, anzi di fronte a talevoragine, il superiore procede imperterrito, sicuro di non avererimbecchi dai surclassati. Il prestigio del superiore va sempresalvaguardato, sia pure a scapito della giustizia tribunicia.Sebbene egli decida di preferire uno al posto di un altro,conculcando diritti e qualità, la sua coscienza è in perfettasintonia con la presunzione di poter fare quello che ha deciso difare. Don Stambecco insegna. In curia romana il superiore s'attribuisce la facoltà insitasoltanto in Dio, cioè lui si fa regola morale di tutte le sueazioni: «Sarete identici a Dio», disse il serpente aiprogenitori. Il suddito, passo dopo passo, cammina su di unoscivolo insaponato con l'insicurezza di tornare indietro amettersi in fila all'ultimo posto. La sua vita è sempre sullacorda in bilico tra l'attesa e gli scavalcamenti del sistema. Un assaggio per prova. Con strafottenza cardinalizia, un giornoagli officiali il capo del dicastero presentò un sacerdotecinquantenne. A onta di tutti quelli che da anni aspettavanogiustamente il proprio avanzamento, il porporato notificò lorod'averlo assunto a primo acchito in organico, dal di fuori, conqualifica del nono livello. Per l'esattezza, occorre precisare che il soggetto ottenne

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I Millenari - Via col vento in Vaticanod'essere assegnato al decimo livello, perché il cardinale dovevaavvantaggiarsi delle sue incette miliardarie presso gliindustriali milanesi, da dirottare a vantaggio dei nullafacentigiovani universitari nazaretani. Stando ai patti, il cardinalechiese all'ufficio competente l'assunzione del carneade conqualifica di capo ufficio, che venne negata per difetto dispecifica competenza. Dunque, l'inghippo non rispettava gliaccordi: a minor qualifica, minori introiti. Al cardinaleinfastidiva mancare di parola verso il nuovo assunto. S'inventòun marchingegno. Il giorno appresso il porporato chiama a rapporto il piùvecchio degli impiegati, cioè il decano del dicastero, edesattamente in dieci minuti, inventandosi impellenti urgentinecessitudini, lo destituisce dalla grossa competenza che finallora aveva espletato con generale soddisfazione di tutti, anchesua. Nella frenetica corsa al palio, il piano progettatoprevedeva il trasferimento di detta competenza al nuovo assuntoper gratificarlo subito del decimo livello. Il prepotente più insopportabile è chi pretende l'applauso aisuoi soprusi, con permalosaggine tradotta in umbratilità che vain iracondia. I soliti conti senza l'oste. Attorno allo sventoliodell'obbedienza ruotano comodamente abusi e contraddizioni. Ilmonsignore, troppo lucido e deciso per essere interamente domato,rifiutò garbatamente il baratto: «A Balaam di Bosor un mutogiumento, parlando con voce umana, impedì la demenza delprofeta». Di fronte all'atteggiamento adamantino e inflessibiledel decano, che al suo capo recitava la frase di San Bernardo aEugenio III: «Praesis ut prosis, non ut imperes» («Sei prepostoperché tu possa giovare, non strafare»), il cardinale fucostretto a fare marcia indietro, rimandando ad altra occasione ein altra sede la sua meschina rivincita.

Protettori, protetti e discriminati. «Quando si ammette che la morale del vangelo viene da Dio»,scriveva il Manzoni, «bisogna ammettere lo stretto dovere dellaChiesa di adottarla ad esclusione di ogni altra». Tutti quelli in autorità difficilmente possiedono in egualmisura il senso di responsabilità, d'imparzialità morale, qualitàtutte essenziali per riscuotere rispetto, fiducia, consenso.Incontrollati dominii, prevaricazioni totalizzanti, idolatrie dimiti più o meno coscienti, e tanto più disonoranti quanto menocoscienti, tutti là covano indisturbati. Un monopolio di poteredittatoriale, insindacabile, incompatibile con la dignità e lalibertà dell'uomo. Dell'antico nepotismo pontificio, dal Medioevo al Rinascimento,nessuno studioso oggi si meraviglia. Roba passata. Ai nostritempi vanno di moda le nidiate, i correntismi, i favoriti d'ognispecie, come già visti. Tra quello e questi c'è solo una elegantee sottile differenza d'etimo; il metodo e il fine restanoidentici. Questo sordido protezionismo vagante non è che una reviviscenzain forma moderna del tanto deprecato nepotismo di quei Papi. Maquesto è più deleterio di quello, o quanto meno più inescusabile.I Papi d'allora erano costretti a diffidare di chi gli stavaintorno, maestri nel manovrare veleni e archibugi. Nei familiaripiù stretti, appunto i nipoti, essi ponevano più fiducia a che leloro disposizioni venissero eseguite meglio, in merito al buongoverno della Chiesa. L'odierno neo-nepotismo fra protetti eprotettori è inattaccabile e impunibile per mancanza di leggispecifiche atte a delimitarne gli eccessi; per cui imperversa daper tutto. Tanto, non è reato, come s'è detto. Mentre la società civile ha lottato violentemente per affermarei diritti della persona umana contro ogni discriminazione, gliuomini di Chiesa nel loro interno praticano, sotto l'usbergodella misericordia, istintivamente le regole di comportamentointracuriale, trascurando le leggi insite nell'uomo. Addirittura, il superiore che scavalca l'ordine nell'organico siveste da benefattore nei confronti di chi subisce l'affronto,

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I Millenari - Via col vento in Vaticanocercando di convincerlo che è stato un atto di clemenza sua ilnon averlo proposto alla promozione per risparmiarglil'umiliazione di essere ricusato da chi gli sta sopra. Gli deve,dunque, riconoscenza e gratitudine facendo intravedere una certasperanza per altre occasioni. Perfido e beffardo. Cosenient'affatto inventate, che continueranno a succedere, se non sicorre ai ripari. Stando al teorema che l'operato del superiore è insindacabile, lapretesa del suddito di difendere i propri diritti naturali eacquisiti è ritenuta una ingerenza indebita sull'agire del capo.In curia il tutto di un ufficio ecclesiastico non è la sommadelle parti, cioè delle persone, ma è la volontà del superioreche assomma o no le altre parti a sua discrezione. La dignità dei sudditi ecclesiastici si sbriciola e si vanificase il superiore non la abbina alla sua stessa dignità, che ne èl'essenza. Se egli ritiene di riconsegnarla agli interessati, inparte o in toto, più che un atto di giustizia è solo emanazionedi benevolenza. La dignità dell'uomo, in cotale ambiente, puòpassare indifferentemente da un estremo all'altro della curva,dall'altare alla polvere e, al cambiare del vento, dalla polvereall'altare, benché molto raramente. Più che gara a ostacoli dove vince il più allenato, la vitavaticana è una conquista d'ogni giorno, dove tutti vincono a sestessi e perdono con gli altri per difetto di quel bando diconcorso che non è mai bandito. La meritocrazia, quella vera, èla cosa più essenziale che continua a difettare in curia. In unasocietà tra la semiseria e la semitragica, i diritti e i doveridi ogni persona sono evocati o scompaiono a capriccio e arbitrio,oltre che del superiore, persino del suo influente tirapiedi cheriesce a fare il bello e cattivo tempo senza alcun controllo disorta. Come si vede, una sopraffazione del più forte sul debole, conl'appannaggio del sistema che manovra il potere. Il suddito ideale per questo capo dev'essere virtuoso al puntogiusto, cioè insensibile, passivo, indifferente a ciò che glisuccede, senza spina dorsale; meglio se psicoastenico. I miglioridipendenti sono quelli che si lasciano codificare o decodificaredal superiore, fino a diventare nell'ingranaggio semplici dentida logorare. Tutto ciò a motivo di quella strana convinzionemedievale che al suddito nulla è dovuto, ma tutto è un regalo. Così, persone degne di ogni rispetto per ingegno e competenzavengono costretti a vivere una vita nel seminterratodell'inconscio più debilitante. I sommersi non riescono adaiutarsi a vicenda, pur volendolo. Restano raggi scollati intornoall'asse della ruota, cigolando a distanza senza un collettivocui convergere. Finiscono la loro esistenza come i crocifissil'uno accanto all'altro senza la possibilità di darsi una mano disolidarietà. Il meno da fare è vivere da spersonalizzati in atteggiamentoinerte di "succubente" sottomissione, in sciocca e incoscientedocilità pecorile al cenno del vanaglorioso despota di turno. DonPrimo Mazzolari così mazzolava i prelati d'allora: «Vi sonouomini ai quali sembra che la fede sia stata data per dispensarlidalla carità. E per il desiderio di fare dei ponti tra noi equelli di fuori, ci siamo scordati dei fratelli che sono dentro,esaurendo la nostra dolcezza, serbando per i nostri l'amarezzadella parola, il giudizio aspro, il tono arrogante». Non è dato accennare a problemi etici, spirituali o sociali, comela priorità dei diritti acquisiti, il primato della persona sullecose d'ufficio, la superiorità dello spirituale sul materiale, ilvalore della dignità della persona nella sua interezza econcretezza. Nostro Signore ha immenso rispetto verso ogni pecoradel suo gregge, che chiama col suo nome; e se l'intruppamento ladovesse far sconfinare nell'anonimato, preferisce ches'allontani. Poi, egli lascia il gregge e si metterà sulle suetracce. L'individualità della pecora rintracciata da a Gesù piùsoddisfazione di quelle che restano smarrite nel mucchioecclesiale.

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I Millenari - Via col vento in Vaticano Il paradosso maggiore, però, è riscontrare nel suddito plagiatola persuasione che niente gli spetta di diritto, e che deveadeguarsi perciò a ogni stravagante comportamento del superiore,il cui volere rende contingente qualunque ipotesi in merito a:prudenza, giustizia, saggezza, discrezione, giudizio, dolcezza,premura, sensibilità, valutazione, stima, capacità d'ascolto,apprezzamento delle doti intellettuali del suddito collaboratore. In Vaticano i rapporti sono del tutto capovolti: l'ambienteinsegue l'agglomerato, il Signore raggiunge la persona. Per averela massa si è capaci di passare con indifferenza sull'individuo,sul singolo, di obliare i suoi bisogni, il suo dramma. Interessapiù la massa, la quantità, il numero. Al Signore sta a cuorel'uomo, ogni singolo uomo, specialmente se emarginato, scartato;lo va a cercare e piange con lui. Nella mancanza di democrazia e di dibattito l'ambiente curiale sitrasforma in una truppa di dipendenti spersonalizzati, la cuiespressione di coscienza è inglobata in quella del superiore.«Sì, la coscienza è uno specchio», diceva Ugo Ojetti. «Almenostesse fermo. Più lo fissi, invece, e più trema». Quando nel superiore dispotico resta la pertinace convinzione chea lui tutto è possibile realizzare, sino al contrario del dovuto,egli va a ruota libera senza alcun rispetto della persona delsuddito conculcato. Mancando una qualche parvenza di opposizionesindacale, molto facilmente egli fa a meno di certi freniinibitori. E se quindi per il superiore tutto è relativo econtingente, l'instabilità del suo giudizio è sempre in agguatoper sconfinare nell'arbitrio e nell'abuso. Sant'Agostino direbbe:«O forse perché tu sei ingiusto, il Giudice non sarà giusto? Oforse perché tu sei bugiardo, la verità non dirà ciò che èvero?». Difficilmente o quasi mai l'autorità interviene tempestivamente arimuovere o esautorare il dignitario che prevarica, specie secardinale, per non esporlo al ludibrio pubblico. E il superioreche ha raggiunto quei vertici, avendo il coltello per il manico,sa pure come continuare a manovrarlo in favore dei protetti e adispetto degli oppositori. Siamo nel vizio di un circolovirtuoso. Esiste certamente anche in codesto ambiente vaticano unaquestione morale, ma non c'è chi ne sposa la causa. Non ci sono enon si desiderano istituzioni collaterali e autonome. Tutto ègerarchico. Nessuno investiga dal basso in alto, ma viceversa. Lospionaggio è teleguidato dall'alto, da chi comanda se come equando la mina deve brillare. Il controspionaggio delle denunceche partono dalla base, dal basso ceto, non riesce ad arrivare alvertice. E' un Vangelo stravolto quello di curia, in cui gli ultimi e iprimi non corrispondono agli ultimi e i primi indicati da nostroSignore. I primi sono quei prelati protetti a oltranza, icarrieristi che cavalcano la tigre e scavalcano gli altri neiposti ambiti: i delatori, i corruttori, i collaboratori deldemonio a danno della Chiesa di Dio. Tutti questi primi,provenienti da quel venti per cento d'impiegati di curia, scaltrisvelti spietati e senza scrupoli, ambivalenti lecchini cauti inavvedutezza e discernimento, pazienti al turno, avanzano dicarriera e vengono premiati a quei posti da essi avidamenteagognati a seconda della propria ambizione. E' chiaro che progredendo in carriera, cambia anche il metododello sgambetto e la prassi da adeguare: «Dissero gli empi:Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di imbarazzo ed ècontrario alle nostre azioni; ci rimprovera le trasgressionidella legge e ci rinfaccia le mancanze contro l'educazione da noiricevuta. Se il giusto è figlio di Dio, egli l'assisterà, e lolibererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova coninsulti e tormenti». Il cardinale Newman scrisse: «A Roma lavista è nitida dalla cima del colle vaticano, ma la partesottostante è piena di palude malarica». Gli ultimi, secondo il codice curiale, sono i retrocessi dai lorodiritti acquisiti, i sopprimendi a ogni costo, i sospettati, i

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I Millenari - Via col vento in Vaticanonon allineati all'andazzo, i calunniati apposta per non farliemergere, i privati di ogni appello e di ogni speranza. A costoronulla è dovuto se non il silenzio e l'indifferenza più umiliante,tortura psicologica che sveglia ingigantiti sensi dicolpevolezze. E se provano a opporsi, appellandosi all'eserciziodel proprio diritto di tendere alla promozione, rischiano comedon Bosco rinchiuso in dirigenza, d'essere consegnati pressoqualche reparto psichiatrico, oggi centro di salute mentale, percurarsi dall'alienazione schizofrenica per ciò che non è lorodovuto. Il metodo fa ricordare la conclusione dell'inchiestapsichiatrica a cui pervenne l'autorità francese su la veggente diLourdes, Bernadette Soubiroux: «E' del tutto sana di mente, conle facoltà in stato pienamente regolare; ma siccome persistenelle sue affermazioni, può darsi che sia allucinata».

La condanna al Riposo forzato. Gli usati dal sistema vaticano appena s'avvicinano all'età dellapensione già cominciano a perdere quota e considerazionenell'ambito del proprio ufficio e in tutti gli altri che hannoattinenza col loro lavoro. Varcata poi il giorno appresso lasoglia del pensionamento, come trapassati entrano subito a vagarenell'isolamento e nella penombra del limbo dantesco. E' una categoria di sordomuti alla quale non è concesso alcunascolto, se non il gesticolamento di segni inarticolati. E'talmente radicata la consuetudine che neanche gli stessipensionati ritengono di potersi appellare ai propri diritti; sonoconvinti che tutto ciò che è assegnato loro è dono e graziadall'alto. Una categoria dunque senza voce, come fossero deidisabili con l'accompagno, dei portatori d'handicap delladecrepitezza, sui quali altri sono tenuti a decidere per loro aproprio arbitrio e senza possibilità d'appello. Se emerge qualcuno a non condividere ciò che altro ha stabilitoa suo posto, all'Decorrenza gli viene detto che la inafferrabileSuperiore commissione cardinalizia, forse inesistente o per lomeno nient'affatto consapevole, ha rifiutato il suo ricorso.Perché in Vaticano quando un qualsiasi vattelapesca,ecclesiastico o laico, si dimena e si arroga poteri inventati nondovuti, codesto cherubico impiccione fa riferimento a entiincomunicabili, inarrivabili, inappellabili, impersonali, forseintrovabili o per niente al corrente della cosa. E intanto sievadono leggi e prestazioni. A decidere per loro basta unsemplice capoccia, che si arroga poteri sufficienti per regolarsiin tal modo, appoggiato dai segugi e in caso dallo stessosuperiore, che non può far credere d'essere stato ignorato. Siccome non ha diritto di deliberare più alcunché per proprioconto, lo stesso giorno in cui quel laico o quel monsignore èentrato per sua disgrazia a vagare nella nebulosa inattivitàdella rottamazione pensionistica vaticana, subito s'accorge dinon avere più facoltà di recarsi, come faceva fino al giornoprima assieme agli altri suoi colleghi, presso l'annona comune,ma da un'altra parte; il giorno appresso il distributore dibenzina di sempre non è più quello suo, perché altri,disattivando il suo tesserino computerizzato, hanno deciso didirottarlo scomodamente altrove per decine di chilometri lontanoda dove abita, senza nessun preavviso e a sua insaputa. Quelliche il giorno prima reggevano le sorti di un ufficio, di unsettore, di un'intera area intercontinentale, dal giorno dopo lisi assimilano, poco più poco meno, a dei minorati psichici. I pensionati maggiori del primo livello, cioè i cardinali, ivescovi e i dignitari di spicco, non sono tanto lontani daglialtri della categoria inferiore. Per tanti eminentissimipersonaggi in declino d'età s'adatta il detto «Solitudoeminentium amarissima», la solitudine degli eminenti èamarissima. Il piccolo santuario preferito maggiormente dacodesti pensionati si trova a qualche centinaia di metri dietroil Vaticano, intitolato alla Madonna del Riposo forzato. E dire che Sofocle era ormai centenario quando compose il suo

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I Millenari - Via col vento in VaticanoEdipo; Teofrasto a novantanove anni scrisse i Caratteri; Buffonne aveva ottantotto quando terminò il suo capolavoro sullaNatura; e il nostro Michelangelo Buonarroti aveva la rispettabileetà di ottantanove anni, quando Paolo III Farnese (1534-49) lochiamò nuovamente per affidargli la frescatura dell'immensaparete dell'altare nella Cappella Sistina, consegnando così almondo quel grande capolavoro del "Giudizio Universale", scopertoil giorno di Tutti i Santi del 1541. L'ambiente vaticano non è fatto di assassini! e morti violente,anzi è profuso di spiritualità e di preghiere. Tuttavia è saturodi un'enorme quantità di peccati veniali lanciati addosso aglialtri e mai ritrattati: equivoci, economia della verità orestrizione mentale, mentalità ristretta, meschini desideri diambizione, denigrazione, cinismo, deficit di bontà, caritàesaurita, amici in fuga - tutto ciò pervade e ammorba l'ariavaticana di fumo satanico. La norma canonica postconciliare recita che ogni vescovo allaguida di una diocesi, ancorché cardinale, al suosettantacinquesimo anno d'età deve rassegnare le sue dimissionial Papa per raggiunti limiti d'anzianità. Fatto sta che arrivati alle soglie di quel capolinea la quasitotalità dei vescovi non accetta volentieri l'imposizionecanonica. Pur protestando estrema sottomissione al dettato delSommo Pontefice, nella lettera dimissionaria fanno capire al Papadi sentirsi validi meglio di prima e che sarebbero disposti aprolungare il proprio mandato, al semplice indizio papale didilazionarne la proroga. In verità, la norma canonica, così com'è posta, fa riferimento auna problematica che esiste e si riaffaccia continuamente perogni persona ecclesiastica. Ma non da la soluzione giusta eadeguata, caso per caso. Il 75‘ anno di ognuno non coincidesempre con la demenza e la senescenza dell'individuo. Ci sonotanti settantacinquenni che sono dei migliori maestri di vita edi scienza, proprio grazie all'età; mentre altri, fisicamentegiovanili, mostrano segni di logoramento e di deterioramentomentale, con un declino patologico delle capacità intellettuali,senza adeguato controllo delle proprie emotività, molto prima dei75 anni. Pensare, ad esempio, a un cardinale a capo di un dicastero inqueste condizioni ! Ci sono stati dei casi estremi fino allademenza del morbo d'Alzheimer: un cardinale prefetto,completamente incapace d'intendere e di volere, i cui piùimportanti documenti d'ufficio in quel periodo portano la suafirma vistosamente stampigliata... Prima del Vaticano II, il vescovo della diocesi rimaneva lo sposodi essa e il matrimonio era indissolubile fino alla sua morte.Che disgrazia per la povera sposa, impersonata da sacerdoti efedeli, obbligati a sorbirselo vita natural durante. C'era un vescovo sardo che durante le riunioni di quellaconferenza episcopale si mostrava insofferente di fronte a tanticonfratelli ultraottantenni che si trascinavano sgangherati ebavosi per tutto l'incontro. Glielo diceva a chiare note chedovevano avere il coraggio di rassegnare le proprie dimissioni,una volta giunti in tale stato, ma quelli facevano orecchi damercante. Dagli oggi e dagli domani, fatto sta che passavano glianni anche per lui. Da un anno all'altro cominciava anche lui aincedere con passo calante da una parte, mentre la memoriaperdeva colpi. Non mancò chi gli rammentasse le suesollecitazioni agli altri di dare le dimissioni: «Eccellenza, siricorda le sue esortazioni ai confratelli vescovi a dimettersiuna volta decrepiti?». «Ma certo che mi ricordo! E continuo a essere dello stessoparere!». «Adesso, eccellenza, non riterrebbe sia giunto anche per leil'opportunità di dare le sue?». «Ma che c'entro io?! Io sono tuttora valido e in pienaefficienza... Quando m'accorgerò di non esserlo più, sarà miodovere rassegnare le mie dimissioni. Ora no, ora no!».

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I Millenari - Via col vento in Vaticano Qualche anno fa ci fu un gesto clamoroso: certi vescovipensionati erano decisi a darsi convegno nazionale per denunciarel'abbandono e l'incomprensione che il Vaticano ostenta versoquesto stuolo di pastori erranti senza gregge. Monsignor MarioIsmaele Castellano, arcivescovo emerito di Siena, alloraottantunenne, sulla eventuale strana assemblea da convocarespiegava: «L'idea è venuta a un mio confratello più inquieto. Ungiorno mi telefona: perché non ci raduniamo tutti a Roma epresentiamo alla curia romana i nostri problemi?» (22). Il malumore covava sotto la cenere e Giovanni Paolo II fu messosull'avviso. Prima della loro adunata, ne fu convocata in frettae furia un'altra: l'assemblea plenaria del collegio cardinalizioper prendere in esame il malessere dei vescovi dimissionati,senza voce e senza ascolto, che raggiungeva i livelli di guardia, Il più combattivo, come al solito, fu il cardinale Silvio Oddi:«La norma che impone le dimissioni del vescovo a 75 anni è unapalese violazione dei diritti umani. Non ha base nella tradizionedella Chiesa, e potrebbe essere usata per imporle moralmenteanche al vescovo di Roma, che è il Papa. Ma il vescovo è unpadre, non un impiegato. E i padri non vanno in pensione, sidedicano alla propria famiglia sino alla fine. Stessaconsiderazione per i cardinali ottantenni esclusi dal conclave:io credo che oggi la maggioranza dei cardinali sarebbe d'accordoad abrogarla». Monsignor Alessandro Maria Gottardi, dimissionatoda Trento, pur ritenendo la norma ispirata a buon senso,sottolineava: «Il problema è d'ordine psicologico: un sensod'inutilità dall'oggi al domani, dopo anni di intenso serviziopastorale alla diocesi». La vita di tutti s'è allungata, e anche i vescovi a riposoaumentano. Le diocesi italiane sono 226 e i vescovi pensionatiper il Duemila si calcola raggiungeranno il numero di 200. Chefare? Il rimedio concordato fu un palliativo, cioè coinvolgerliin organismi consultivi presso le diocesi e le rispettiveconferenze. Questo non è bastato a placare le inquietudini, chefrattanto montano. Ma fatta la legge, trovato l'inganno. Per evaderla i prelati sene inventano ogni volta delle belle. Così che chi si trova a capodi diocesi, indice un sinodo diocesano esattamente alla vigiliadel suo 75‘ compleanno, tirando per le lunghe l'iniziativapastorale onde assicurarsi una buona proroga d'aspettativa;invece quel cardinale settantacinquenne, a capo di un dicastero,per prendere tempo fa sapere di avere in animo di preparare unaplenaria di cardinali, ai quali sottoporre le più grossequestioni giuridiche e teologiche del settore di competenza. PapaWojtyla, infermo, tace e lascia passare i raggiri: conciato com'èora, gli conviene fingere, sapendo che fingere è un difetto machi non sa fingere non è perfetto.

NOTA: (22) Il problema è reale sotto tutti i punti di vista:pastorale, teologico e in parte economico. Ad esempio, il vescovoin pensione non ha diritto di voto nelle riunioni delleconferenze episcopali. E raggiunta la fatidica età, tutti sidanno da fare, arrangiandosi come possono.

Una questione scottante. La legge canonica sul celibato ecclesiastico interessaprevalentemente tutti i sacerdoti latini del clero diocesanoappartenente alla Chiesa d'Occidente, cioè di rito latino,diffusa nel mondo. Le Chiese d'oriente, sia cattoliche che ortodosse, fin daitempi apostolici hanno lasciato libertà ai loro ministri dioptare per tempo se vogliono espletare il ministero pastorale incura d'anime da sposati o da celibi. La tradizione è talmentepacifica che sia la gerarchia sia i fedeli tengono in ugualeconsiderazione e rispetto il prete uxorato e quello celibe,apprezzandolo per ciò che ognuno riesce a realizzare e non per ilsuo stato civile.

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I Millenari - Via col vento in Vaticano In occidente la legge del celibato va incastonata nel contestostorico-politico del primo millennio, attraverso l'idea dellareviviscenza del Sacro Romano Impero realizzato da Carlo Magno ei suoi successori; impero che sarebbe dovuto restare uno eindiviso, come la Chiesa d'allora. L'esperienza aveva dettato aCarlo Magno (742-814) che i principati gestiti dai vescovimonarchi, alla loro morte, tornavano sotto la potestàdell'imperatore, che provvedeva a nominarne il successore. Alcontrario dei principi con prole, che provvedevano a dividere esuddividere il proprio territorio in contee e ducati, tantiquante ne erano le discendenze. Conveniva dunque affidare eunificare nelle mani del vescovo il ducato diocesano. Ma peravere vescovi senza prole bisognava preparare un presbiterio dipreti celibi, dai quali scegliere i vescovi. In questaprospettiva politica, la giurisprudenza dei regnanti longobardi emerovingi, contenuta da leggi chiamate decretalia, capitularia,edicta, decreta, rescripta, ribuaria, ecc... impongono dettamisul comportamento di vita sacerdotale e di stato celibatario,oltre che dei religiosi, anche del clero diocesano. I variconcili e sinodi regionali o nazionali di quel periodo non fannoche adeguarsi concordemente alle disposizioni del bracciosecolare, recependole man mano nella norma canonica della Chiesa. Terminato il Concilio Vaticano II, che di tutto aveva parlatofuorché dei diritti inerenti a tutti e singoli i sacerdoti dellaChiesa latina, iniziò una preoccupante crisi d'identitàsacerdotale, che ebbe l'effetto di una fuoriuscita in massa disacerdoti in crisi di fede. Le statistiche parlavano di 15-20mila spretati e sposati. Paolo VI ne era spaventato e incaricavail cardinale Giovanni Villot, segretario di Stato, di studiareapprofonditamente il fenomeno per correre ai ripari. Degli spretati, i più combattivi e corrosivi si associavano,indicendo un convegno da tenersi a Roma. Ma le autorità diPolizia non rilasciarono l'autorizzazione che fuori di Roma. Siriunirono distante dalla capitale in numero molto consistente.C'era chi spiava per riferire: un francescano che lavorava allaCongregazione per il clero, in borghese, annotava i punti piùscabrosi che venivano alla ribalta dalle varie esposizioni econtraddittorii. Nella sua relazione, tra l'altro, si leggevaqualcosa come: «Le prime comunità cristiane si sceglievanosacerdoti tra i coniugati; gli stessi apostoli furono scelti daGesù nonostante avessero famiglia con moglie e figli... Per SanPaolo il vescovo doveva essere sposato una sola volta... I veriinsegnamenti di Cristo sono l'amore di Dio e del prossimo, ildistacco dai beni terreni e l'umiltà, cose in pienacontraddizione con l'operato della gerarchia vaticana, che vessai preti inculcando loro il celibato, passandolo come voluto dalSignore... I prelati vaticani, pieni di denaro, ambiscono acariche sempre più alte, più onorifiche, più redditizie:"Ipocriti, voi trascurate il comandamento di Dio, mentre sieteattaccati alla tradizione degli uomini"... Il Vicario di Cristoabita il più sfarzoso palazzo del mondo; migliaia di famiglierestano in tuguri e abituri non molto lontani da lui... Non servecommiserarli regalando loro qualche strenna natalizia... Qualcheesempio: IL cardinale Tedeschini - al quale riferivano la frase:"Siamo tutti colpiti dalla stessa lebbra dell'oro, però siamocelibi" - ha lasciato in eredità ai parenti qualcosa come duemiliardi d'allora; Il cardinale Canali - prelato quant'altri mai casto e perquesto preposto all'emendazione dei preti impudichi - ha lasciatoinvece sei miliardi ai nipoti; Il cardinale Dell'Acqua - alias Vanda Osiris - per aggiustarsialla men peggio la sua stanza da letto, chiedeva cinque milionidi contributi destinati ai poveri; Senza dire degli Ordini e Congregazioni di religiosi ereligiose travolti dalla marea di un diluvio di denaro di dubbiaprovenienza... Sul Sinodo dei Vescovi che trattava il sacro celibato deipreti, il Papa non ha perso tempo a proclamare quella votazione

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I Millenari - Via col vento in Vaticanocome espressione della volontà di tutti... Ma se i sacerdotierano assenti? Non furono mai interrogati per un serio e onestosondaggio sul comportamento generale nei confronti del celibato,chiudendo gli occhi sulle realtà macroscopiche... Laurentin, su"Le Figaro" del 2 dicembre 1971, puntualizzava: "La debolezzadell'attuale Sinodo [sul celibato, ndr] è soprattutto quellad'aver affermato strutture e principi, chiudendo gli occhi sullerealtà: quella d'aver difeso l'obbligo del celibato senzainteressarsi alla castità; ciò che conta davanti a Dio e agliuomini è appunto la realtà concreta della nostra vita"... Bastamettere il naso nelle carte del Sant' Ufficio o dellaPenitenzieria Apostolica - come capitato al relatore - quantemiserie e nefandezze... Molti monsignori della curia romana siadattano a vivere da poveri burocrati in partita doppia con laloro missione, continuando a fare da colonne alla Chiesa di Dio,sotto gli occhi dello stesso Papa... [si fanno esempi e nomi, chequi si omettono, ndr]... E' stata bocciata la proposta di unreferendum tra i sacerdoti, ma il Vaticano fa orecchi da mercantie dice al mondo che il clero latino rimarrà vincolato al sacrocelibato liberamente scelto: questo è ipocrisia, disonestà,tradimento... Anche le anime dei sacerdoti sposati devonosalvarsi, e con essi vogliono redimersi quelle delle propriespose. E che dire poi dei diritti naturali e divini di quegliinnocenti nascituri e nati dall'unione di tali coppie?... Ilcondizionamento dei vertici ecclesiastici porta a moltiplicaresituazioni incresciose, intrise di peccati, scandali esacrilegi... Ai sacerdoti di rito latino non è concesso dicontrarre matrimonio, ma loro s'accontentano del celibatoecclesiastico... soltanto che qualche giurista si domanda checosa l'aggettivo "ecclesiastico" messo accanto al sostantivo"celibato" significhi: un più, un meno o un diverso? E quindi indiritto è un lecito, un illecito o un sottinteso?». A quell'assise tra i più agitati era un sacerdote, regolarmentesposato, dietro dispensa pontificia, con una sorella di tremonsignori già piazzati in segreteria di Stato, i quali oggifanno il bello e cattivo tempo ai vertici del comando. Si rendevaspavaldo di avere - lui sacerdote - tre monsignori come suoicognati al Vaticano. Qualche segretuccio di Stato di tanto intanto riusciva a carpirlo a qualcuno dei tre cognati, e per darsiaria ci teneva a raccontarlo in giro. In tutta riservatezzasibilava a questo e a quello l'ultima del periodo. Per il prontointervento del Centro operativo vaticano - manco a dirlo ministrodegli Esteri della Santa Sede era un suo compaesano - a seguitodi una défaillance del delegato apostolico di Gerusalemme (23)nel giro di 24 ore questi venne promosso nunzio apostolico inArgentina. Ma che fretta c'era? Gli efficientissimi servizi segreti israeliani avevano avvertitoquel delegato che un giornalista si apprestava a raccontare, datialla mano, della sua cordiale relazione con una suora in serviziopresso quella delegazione. Lo scandalo si sarebbe soltanto potutodifferire non più di un giorno; occorreva ricorrere ai piùradicali ripari, il suo trasferimento: in tal modo si sarebbepotuto mettere tutto a tacere, stampa compresa. Il sacerdotechiama fraternamente il ministro estero vaticano, brisighellese,e lo mette al corrente della diceria, fondata; per continuare arimanere nel famoso Libro bianco dei preconizzati ai massimivertici, bisognava provvedere nelle ventiquattr'ore. Così al Papafecero siglare la nomina del delegato a nunzio in Argentina.Benedetta primavera, la fretta c'era! Il gruppo degli spretati al termine commentava: «Tra non moltocostui se lo vedranno a comandare ai vertici vaticani e chissàche poi non se lo eleggano Papa». Infatti, oggi, da cardinale, èin predicato per il prossimo conclave. Avendo l'età di Roncalli,lui un pensierino ce lo fa: «Hai visto mai?!... Io ce la mettotutta, poi... quelli della cordata faranno il resto!».porti.

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UN SINDACATO PER SUDDITI SENZA DIRITTI.

Le molteplici encicliche sociali, a cominciare dalla RerumNovarum, vengono indirizzate dai Papi a tutti gli Stati dellaterra, perché ne applichino la dottrina. I governi di queipopoli, chi prima e chi dopo, si vanno adeguando a quegliindirizzi. Nello Stato del Vaticano, però, quelle stesse encicliche perprassi inveterata vengono riposte in un astuccio sigillato allavenerazione di tutti i dipendenti vaticani. Il contenutosociologico di tali encicliche è come un'apocalisse dall'astrusolinguaggio, gioco di simboli, numeri, colori, astri, animalimostruosi, «velame de li versi strani» (Dante), è continuamenteproteso verso l'ultimo futuro: ma al presente è incompreso equindi inapplicabile. Fatto salvo il bizantinismo verbale intornoalle conclamate dichiarazioni sui diritti dell'uomo, dirittivalidi "per uso esterno", fuori dalle mura vaticane. Sull'antico libro della storia cinese fin d'allora si leggeva: ilpopolo dev'essere nutrito; il popolo non dev'essere oppresso; ilpopolo ha le radici nel Paese; se la radice è salda, il Paese ètranquillo. Nella società vaticana agli ecclesiastici è negato ilviatico di costituirsi in un organismo di solidarietà perproteggere e difendere i problemi loro attinenti: una Solidarnoscche prenda a cuore le rivendicazioni personali di codestiecclesiastici, farebbe ombra all'insindacabile intrallazzamentodi superiori maneggioni e di carrieristi in dirittura d'arrivo. Con tanto di dottrina sociale e di rispetto verso i prestatoridei più nobili lavori intellettuali, oggi nessuno può pretenderedi costringere Dio a fare dei miracoli per proteggere i dirittitutelati da quelle leggi ma disattesi e violati in Vaticano. Siha l'obbligo di farle applicare dovunque, quelle leggi, così comeinscritte nella coscienza individuale e sociale, tramiteorganismi di solidarietà sindacale. Occorre fare dei collaboratori del Papa una comunità in pacificaconvivenza, che non sia la somma di altrettante solitudini. Nelmondo esistono tanti tipi di solitudine, ma la peggiore è quellache ti fa sentire solo al centro, mentre tutti gli altri ti dannole spalle. Anche la Chiesa oggi ha bisogno di estrema trasparenzain sé, per rifletterla fuori di sé. La salvaguardia dei diritti dell'uomo, quindi anchedell'ecclesiastico, suppone un chiaro rapporto con la realtàsociologica. Il rapporto dell'individuo con la società corresulla simmetria dei diritti e degli obblighi, che s'intersecano avicenda. Dio non ha mai convalidato il tracotante rinfaccio diCaino: io non sono il custode di mio fratello Abele. Il richiamo al dovere di solidarietà si fonda sull'esigenza checiascun individuo sia consapevole del doveroso rapporto che lotiene legato agli altri e alla società. Nessun ecclesiastico puòpiù disinteressarsi dell' altro o degli altri confratelli nondebitamente valorizzati o ingiustamente retrocessi. L'omissione eil disinteresse è oggi un vero peccato sociale, quantomeno gravecome quello personale. Dopo più di un secolo di dottrina sociale, la Chiesaverticistica per i suoi ecclesiastici ha fatto ancora ben poco,quando non li ha ostacolati. Incontro al Duemila, è urgenteaiutare la curia vaticana ad aprirsi a quei sistemi di libertà edemocrazia, che la stessa Chiesa insegna nelle sue enciclichesociali ai popoli, e che poi al suo interno vieta a ogniecclesiastico, in modo spietato e categorico, di realizzarveli.In questo scorcio bimillenario il messaggio evangelico epontificio sul sociale non può non essere applicato anche allacategoria degli ecclesiastici, sia pure in tutt'altra chiave:quella dell'amore e della comprensione solidale. Schierarsi dalla parte di Abele è un merito non indifferente;peccare di discrezione più che d'invadenza è virtù sublime; manessuno Stato di diritto, piccolo o grande, potrà mai basare lesue fondamenta sociali su di un benessere oppressivo, pretendendo

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoche nessuno in quel mondo esca a prenderne le difese. «Ungiudizio severo si farà per coloro che stanno in alto». Se a difendere i dipendenti ecclesiastici di curia fosse giàesistita una corporazione di base valida e coraggiosa nel parlarea nome loro, forse queste denunce oggi si rivelerebberosuperflue. Una Solidarnosc ecclesiastica, tuttora latitante,avrebbe fatto invece imboccare il giusto percorso sull'alveodella dottrina sociale, che i Papi hanno in quest'ultimo secolosuggerito agli altri Stati, dimenticando d'applicarla al lorostaterello. Purtroppo, per lasciare al superiore che sbaglia il privilegiomedievale dell'impunità insindacabile, si preferisce dichiarareinapplicabili all'interno del ministato vaticano le accecantiverità solari di quella morale sociale, ormai patrimonio comunedi tutti i popoli liberi. Oggi, invece, è a discrezione delsuperiore incartare e infiocchettare in confezione regalo ciò cheè insito per diritto naturale nei suoi dipendenti. Fu uno sbalordimento generale quando i mezzi d'informazione ditutto il mondo a ripercussione comunicavano, dopo le ore 21 del 4maggio 1998, la scioccante notizia della tragedia in Vaticano: ungiovane, vicecaporale della guardia svizzera, Cedric Tornay, dopoaver scritto una lettera di perdono alla madre, bussa alla portadel suo comandante, che un'ora prima aveva avuto l'investitura,Alois Estermann, e lo ammazza assieme alla di lui moglie, GladysMeza Romero, e poi si toglie anch'esso la vita. Giulio II (1503-13), Giuliano della Rovere, il 21 giugno 1505comunicava agli Stati europei che allora contavano di aver datomandato al suo cubiculario, Pietro Hertenstein, di condurre dallaSvizzera 200 soldati per la custodia del "nostro Palazzo". Il 21gennaio 1506, arrivati a Roma soltanto in 150 e, passando perpiazza del Popolo, giunsero a piazza San Pietro, dove liattendeva il Papa, che li benedisse solennemente dalla loggia chefu di Paolo II (1464-71). Quel solenne ingresso in quella data ètuttora ritenuto dal Corpo della Guardia svizzera pontificia comesua fondazione ufficiale, chiamata al tempo "Coorte Elvetica". Inquel giorno c'è la solenne cerimonia del giuramento delle nuoveguardie svizzere pontificie. Cedric Tornay riteneva l'operato del suo superiore AloisEstermann piuttosto vessatorio e persecutorio verso di lui.Quando quel 4 maggio ebbe la conferma che lo avrebbe avutoaddosso, per il resto del suo servizio militare, come il suomaggiore tiranno, iniziò a scrivere alla mamma in merito alla suastravagante protesta che di lì a poco avrebbe messo follemente inatto, subito dopo eseguita con fredda determinazione, quella serastessa. Si parlò subito di raptus di follia di Tornay, di atto inconsultodi una mente forsennata. Ma specialmente si mise in breve tempotutto a tacere. Dopo otto mesi, a fine dello stesso anno, sivociferava sui giornali, per preavvisare l'opinione pubblica esaggiarne la reazione, di una probabile, imminente archiviazionedel caso su quei tre morti e una pistola, trovati tutti mutisenza più vita in quell'appartamento dentro le mura del Vaticano. Ma alcuni sociologi e psicologi si domandano ancora: quelgiovane, se avesse avuto un ulteriore organismo per averegiustizia, si sarebbe prima appellato a esso per essere difeso?Chi può essere certo nell'affermare che Cedric l'avrebbesicuramente scartato, optando piuttosto per quell'atto tragico,che lui riteneva tanto doloroso per sua madre? Se Giulio IIavesse potuto prevedere una così immane tragedia entro quellemura, per evitarla avrebbe comandato fin d'allora megliol'istituzione di un sindacato svizzero pontificio.

Senza peli sulla lingua Urge necessariamente una corporazione di soli ecclesiastici,liberi e fedeli collaboratori, sempre in continuo dialogo con lacontroparte, cioè l'autorità, in reciproco rispetto e tuttaviasenza peli sulla lingua. Nei pubblici uffici civili, di norma, ogni dipendente dal suo

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I Millenari - Via col vento in Vaticanodiretto superiore viene informato circa le note caratteristicheriguardanti la sua persona e le sue qualità generiche especifiche. Se il dipendente rimane soddisfatto, le sottoscrivefirmando per presa conoscenza. Nel caso che non le condividessepienamente, s'astiene dal firmarle e si avvale della facoltà o diconcordare insieme un'altra espressione di giudizio, oppure dicontestarle presso gli organi superiori (24). Nell'ambiente ecclesiastico vaticano, invece, le note personalisono redatte tutte sotto secreto d'ufficio all'insaputa deldiretto interessato, che non è tenuto e non dovrà mai pretenderedi prenderne conoscenza e visione. Tutte le schede personali sonorinchiuse in un armadio segretissimo, mai accessibile ai nonaddetti ai lavori, che guarda caso sono proprio quei soggetti chehanno il diritto naturale di conoscere - con accesso diretto -ciascuno le proprie note. Segnati e schedati dal sistema, i dipendenti ecclesiasticivaticani non potranno mai avanzare diritti di appurare qualcosasulle proprie note personali. Il superiore non è tenuto a dirle,ma a redigerle sì, sempre in gran segretezza del dipendente; dasottoporre a quanti dovranno decidere del suo futuro,promozionale o retrocessivo. Le sue note personali, l'impiegatocuriale sa che andranno sparse nell'etere come quelle musicali aperforare i timpani di tutte le orecchie, fuorché le sue. Chevento tira in quegli anfratti ! Alle soglie del Terzo millennio i verdetti sulle notecaratteriali dei dipendenti ecclesiastici restano blindate incassaforte, sia nei piani alti che in quelli bassi, nei palazzicome nei più piccoli uffici periferici. Secrete solo a lui, egliporterà scritte a tergo vita natural durante le sue note, lecitosolo ai terzi di leggerle e di comunicarsele in tutto, in parte otramite eloquenti silenzi. L'orologio del Vaticano ha un quadrante senza lancette, fermo alMedioevo. L'ora del risveglio è affidata ancora alle traiettoriezodiacali. La famigerata commissione secreta dì innominatiprelati dal calibro sempre imponderabile continua a tutt'oggi aemanare decisioni, prò o contro, sul dipendente senzainterpellarlo; per detti commissari, così prigionieri d'opinionee di coscienza, è sufficiente ascoltare o conoscere le accuse delsuperiore per poi ammonire il suddito, o favorirlo o, quantomeno,per favorire i desiderata del protettore. La stessa curia fa sapere di non essere tenuta a informarel'opinione pubblica di certe reticenze, ricorrendo a restrizionimentali che altro non sono che sotterfugi dove nascondereasfissiate realtà e verità solari. L'Ufficio del lavoro della Sede apostolica (Ulsa), organopreposto alla tutela dei legittimi interessi degli appartenentialla curia romana, è un olimpo di magnati, il cui sinedrio è inseduta permanente a eseguire i dettami di chi comanda. Là sidiscute sempre a porte chiuse per interpretare le accusepreconfezionate dal superiore, che per questo parte sempreavvantaggiato avendo dalla sua la presunzione di stare dallaparte della ragione. Non sono ammesse discolpe del dipendente, per il semplice fattoche non esiste dibattito. Costui verrebbe appellato solo a fatticompiuti, per ascoltare le decisioni univoche e irrevocabili deisaggi. Siffatto organismo sindacale, confezionato d'autorità, èil meno indicato a tutelare gli interessi dei prestatori di unqualsiasi servizio, anche religioso. Quei potenti commissari, più che porre a proprio agio ildipendente d'ufficio per avere l'ottimale, si protendono adassecondare il superiore, concordando in che modo tacitarel'inferiore dipendente: lasciandolo ai limiti o in retrocessione. Se invece è il suddito a ricorrere contro il trattamento usatoglidal superiore - come già detto altrove - lo stesso atto è di perse stesso un punteggio in suo sfavore; e nel contempo un muro diomertà e di freddezza si alza d'incanto fra il ricorrente e tuttoil resto del personale d'ufficio, solidale e a favore del capo. L'autorità nella Chiesa è ben protetta, la base invece è

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I Millenari - Via col vento in Vaticanocompletamente sguarnita di difesa. Ai chierici, ai religiosi ealle religiose bisogna urgentemente dare sufficiente libertà perla creazione di una corporazione di base a tutela dei propridiritti naturali. E' una questione sociale ormai non piùprocrastinabile, pur tenendo presente l'oggettivo significatodella realtà e della natura specifica della Sede Apostolica. Non è più ammissibile liquidare la soluzione del problema conpoche battute di comodo e in modo semplicistico e sbrigativo. Nonsi può più oltre negare a questa nobile categoria dicollaboratori l'attenzione cui ha diritto. E' un peccatod'omissione da assolvere solo dopo il suo superamento. Come più volte accennato, non sempre e non tutti i superiori sonol'espressione della perfetta giustizia. Spesso nelle lorodisposizioni si trova di tutto fino alla quadratura del cerchioche uniforma l'impossibile. In costoro, spesso, il governarel'ufficio si rivela una mistura di mediocrità, d'ipocrisia, digrettezza, di frivolezza, di corruttela, di favoritismi,d'ingiuste preferenze. L'onestà vera vive da sola in una tensione ideale, nonincarnata in questo o quel superiore ecclesiastico. Dal fatto chein curia manca del tutto l'organismo preposto a proteggere labase, la giustizia viene facilmente a mancare se il superiore nonè costantemente guidato, richiamato, corretto in verticale e inorizzontale. In caso di ricorso amministrativo, l'occasione crea di per sé uncondizionamento nel giudicante, imbarazzato a dover emettereverso un suo simile in autorità uno sfavorevole giudizio dicondanna. Ogni tribunale ecclesiastico è a salvaguardiadell'autorità; ogni sindacato è a tutela dei dipendenti. E frequente invece che una volta raggiunto il vertice, il semidiosenza alcun controllo sia portato ad attribuirsi l'infondatacertezza che tutto ciò che fa è confermato dall'alto. Il callonel cervello, la malizia nell'animo, l'intrigo negli affariecclesiastici, sclerotizzano l'ambiente clericale. E' ovvio che non si può pretendere che il regime apra unprocesso a se stesso. Il giudice di parte in codesti uffici otribunali ritiene per presunzione che il superiore sia buono enon possa commettere ingiustizie. Quindi l'equazione è: superioreuguale a bontà, e questa uguale a equanimità. Le prove per luinon si richiedono. Per il suddito invece l'equivalenza è inversa e la presunzioneinizia dal contrario: se ha il superiore contro, generalmente hatorto. Per lui si chiedono le prove dell'opposto. Per sventare icontraccolpi del sistema, è uso richiedere e imporre ciecasottomissione e incondizionata remissione, espedienti cheall'arroganza del potere servono da ammortizzatori sociali. Molti dei curiali questa ingiustizia la vivono sulla propriapelle a tutto loro scapito. Trattati da scolaretti ritardati eriottosi, sempre sulla pedana d'accusa, sospettati di sottrarretalenti al capo. La virtù della modestia, da far esercitare aidipendenti, serve al superiore da incentivo per sotterrare meritiai non graditi.

NOTA: (24) Esempio di scheda civile per dipendenti della pubblicaamministrazione: Generalità del dipendente... Qualità fisiche: di costituzione normale, robusta; cagionevole;gracile... di salute buona... Qualità morali: di intelligenza sveglia; buona; ottima; di buonsenso... Di carattere: serio; disciplinato; attivo; sincero; leale;riservato; tranquillo; scrupoloso... Capacità professionale: normale; buona; ottima; sopra la media... Cultura generale: normale; inferiore; buona; superiore; ottima... Come ha assolto l'incarico: bene; non bene; al meglio;lodevolmente... Condotta in servizio: buona; ottima... Fuori servizio: buona;

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoottima; non bene... Incarichi avuti: ... Giudizio complessivo del compilatore: l'impiegato ha buonequalità di base; oppure: elevati requisiti complessivi; oppure:ottime doti professionali; attende ai propri doveri con serietà;spirito di sacrificio; fornendo prestazioni soddisfacenti, oottimo rendimento... Qualifica assegnata: nella media; superiore alla media;eccellente... Giudizio complessivo del revisore: [costui è quasi sempre ilsuperiore del compilatore]... Comunicazione al diretto interessato... Per presa conoscenza... firma o no...

Un organismo per fermare gli arbitrii. E' ormai indilazionabile l'istituzione di un organismo sindacaleper tutti i chierici e religiosi, sia che prestino serviziopresso il Vaticano che presso le curie diocesane, oppure nellerispetti ve case religiose. Diversamente, continueranno amoltiplicarsi i casi di ricorsi di ecclesiastici presso sindacatie tribunali civili. In un mondo allusivo e sospettoso, tutti i religiosi sentono ilbisogno e l'urgenza di un organo egualitario capace di frenarecerti arbitrii dei superiori, al fine di ridimensionarne lostrapotere e di non lasciare la posizione dei dipendenti scopertae indifesa contro l'iniquo gioco degli intoccabili. Per i religiosi, brava gente quasi sempre sporgente al di là delquadro secondo il cardinale Gaetano Cicognani, la posizione èalquanto più favorevole, specialmente se spalleggiati daisuperiori maggiori: a loro è riservata più attenzione. I sacerdoti del clero secolare difficilmente riescono a dialogarecon il proprio ordinario diocesano in ciò che ritengono di lorospettanza. A essi in pratica è vietata qualsiasi aspirazionemigliorativa nelle rivendicazioni personali. Nel caso poi chequesti dipendano dalla curia romana, se privi di trafficanza, sontrattati come materiale in avaria, lasciato ammuffire in unangolo d'ufficio. Le due Congregazioni per i religiosi e per il clero, allorché simuovono sul piano del diritto, non possono e non debbonosostituirsi all'associazione di solidarietà eletta dalla base,poiché esse sono espressione dell'autorità al vertice e,nell'istante in cui diventano controparte prò domo sua, viene amancare loro l'imparzialità di fare da giudice equanime. Invece l'organismo da creare con la finalità di tutelare tutti idiritti degli associati, appunto una Solidarnosc di ecclesiasticioperanti sul piano dell'amore solidale e della sollecitudinefraterna, dev'essere frutto ed espressione della base nell'otticaevangelica. La giustizia, se gestita d'autorità, spesso potrebbe agire senzaequanimità; a ricordargliela ci vuole l'altro organo, quelloappunto di base che faccia uguaglianza e carità. Nessunaripugnanza e nessuna opposizione, quindi, alla sua istituzione. Quando la legge è carente e lo Stato non aiuta, anzi ostracizzala creazione di tale organismo associativo, bisogna che si passidi fatto all'esecuzione dell'opera, dato che per diritto naturaleil problema non è di competenza dell'autorità, ma della base. In un sindacato subalterno e succube prosperano facilmentepiaggeria, cortigianeria e sudditanza, il che non è più conformealla dottrina sociale cattolica. La Chiesa di nostro Signore ciguadagnerà in dignità e in snellezza, quando lascerà ai suoiecclesiastici che anch'essi si organizzino liberamente dalla baseal fine di collaborare con i vertici a rendere giustizia aglioppressi e libertà d'espressione a ogni dipendente che lo voglia. Occorrerà, quindi, affidare il tutto all'istituzione disolidarietà che s'impegnerà a tessere relazioni interpersonaliadeguabili ai singoli momenti contingenti, perché ogni persona èimmersa di volta in volta in situazioni di una singolaritàirrepetibile, da giudicare hic et nunc.

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I Millenari - Via col vento in Vaticano A cinquant'anni dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo (1948),una conquista per l'umanità, tutti i popoli hanno dovutoriconoscere l'equità dei principi in essa contenuti. In propositoil Pontefice polacco nella sua prima enciclica Redemptor Hominisscriveva: «Nel condividere la gioia di questa conquista [dellaDichiarazione dei diritti dell'uomo, ndr] con tutti gli uominidi buona volontà, con tutti gli uomini che amano veramente lagiustizia e la pace, la Chiesa, consapevole che la sola "lettera"può uccidere, mentre soltanto "lo spirito da vita", deve insiemecon questi uomini di buona volontà domandare continuamente se laDichiarazione dei diritti dell'uomo e l'accettazione della loro"lettera" significhino dappertutto anche la realizzazione delloro "spirito". Sorgono, infatti, timori fondati che molto spessosiamo ancora molto lontani da questa realizzazione, e chetalvolta lo spirito della vita sociale e pubblica si trova in unadolorosa opposizione con la dichiarata "lettera" dei Dirittidell'uomo. Questo stato di cose, gravoso per le rispettivesocietà, renderebbe particolarmente responsabili, di fronte aqueste società e alla storia dell'uomo, coloro che contribuisconoa determinarlo. Questo senso non viene realizzato se, al postodell'esercizio del potere con la partecipazione morale dellasocietà, assistiamo all'imposizione del potere da parte di undeterminato gruppo [clan, fazione, famiglia, grappolata, ndr] atutti gli altri membri di questa società. Questi, quindi, sonoproblemi di primaria importanza dal punto di vista del progressodell'uomo stesso e dello sviluppo globale della sua umanità». Dunque nessun uomo è escluso da questi diritti essenziali,neanche uno solo degli ecclesiastici dipendenti dagli ufficivaticani. Gli Stati, di qualunque grandezza e importanza, che nonlasciano applicare tali principi ai sudditi in tutta la lorointerezza, si rendono quindi particolarmente responsabili difronte alle singole società e alla storia umana. Giovanni Paolo II, nella stessa Redemptor Hominis, voltato versoil mondo e dando le spalle al Vaticano, approfondisce l'argomentoscrivendo: «La Chiesa ha sempre insegnato il dovere di agire peril bene comune, insegnando che il dovere fondamentale del potereè la sollecitudine per il bene comune della società, da cuiderivano i suoi fondamentali diritti. Proprio nel nome di questepremesse attinenti all'ordine etico oggettivo, i diritti delpotere non possono essere intesi in altro modo che in base alrispetto dei diritti oggettivi ed inviolabili dell'uomo. Quelbene comune, che l'autorità serve nello Stato, è pienamenterealizzato solo quando tutti i cittadini sono sicuri dei lorodiritti. Senza questo si arriva allo sfacelo della società,all'opposizione dei cittadini all'autorità, oppure ad unasituazione di oppressione, di intimidazione, di violenza, diterrorismo, di cui ci hanno fornito numerosi esempi itotalitarismi del nostro secolo. E' così che i principi deidiritti dell'uomo toccano profondamente il settore dellagiustizia sociale e questa diventa metro per la sua fondamentaleverifica nella vita degli organismi politici». Sono parole che chiamano tutti a riflettere sulla centralitàdell'uomo, anche ecclesiastico, con la sua dignità e i suoicorrelativi diritti. Nessuna autorità può esimersi da questidoveri, neanche quella della curia romana. Dove spesso basta unmonsignorotto despota a sentenziare il futuro, nel bene e nelmale, spietatamente sulla pelle dei colleghi confratelli. Lagiustezza dell'agire di un pincopallino paonazzo equivale atutt'oggi all'insindacabilità del suo operato; certo com'è che ilsuo arbitrio non verrà mai contrattaccato dal dipendente, appuntoper la mancanza di un organo protettivo che lo favorisca,prendendone le difese. Il principio di sussidiarietà dello Stato nell'ambito dellesocietà intermedie postula che esso non debba sostituirsi aqueste, quando possono e vogliono fare per loro conto; lo Statoha solo il compito di aiutarle a che raggiungano il loro scoposenza interferire nelle coordinanze associative. Quando lo Stato è unico datore di lavoro, come quello vaticano,

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I Millenari - Via col vento in Vaticanonel legiferare in materia facilmente si trasforma in regimetotalitario, ed è lui a disporre quale spazio e limite, semprerevocabili, debba concedere al dipendente, o all'insieme di essi,tenendoli a bada così per potersi facilmente difendere da loro.In tal modo lo Stato regime, con modi e norme proprie, difende sédall'individuo, ipotizzando a propria difesa il massimo deiconsensi, contro cui si vanifica nel nulla il dissenso delribelle, che si fa apparire sempre minoritario nella suasingolarità. Necessariamente in siffatto contesto reggimentale i rapportiinterpersonali, sia pure improntati a giustizia, rispetto ecomprensione, vanno a scontrarsi con le stesse istituzioniautoritarie, le quali come tanti compartimenti stagni limitano lacreatività, la libertà, l'inventiva dell'uomo dipendente,distruggendone l'essenza e la dignità della persona. Nel ministato vaticano al presente esiste soltanto il sodaliziodi prestatori d'opera esclusivamente per i laici, Associazionedei dipendenti laici Vaticano (AdlV), sorta nonostante la sordaopposizione dei capi e circoscritta nell'ambito di una limitatalibertà d'espressione. I soci partecipanti e il direttivolamentano una sistematica controffensiva puntigliosa da partedell'autorità, volta a scoraggiarne le iniziative sindacali. Per i sacerdoti, i religiosi e le religiose, sia direttamentedipendenti che operanti nel più vasto campo della Chiesa nelmondo, fino a oggi nessuno pensa di farli riunire dalla base inuna organizzazione corporativistica, nella quale, senzatrascendere sul terreno della conflittualità a oltranza e dellalotta classista, essi si sentano meglio garantiti e rappresentatinei diritti e nei rapporti con la controparte, individuale osociale. La cosa è di una semplicità disarmante, basta saper conciliare iprincipi dell'etica professionale con quelli della dignitàprofessionale, umana ed ecclesiastica, questa altrettanto sacracome quella. Lo stesso Papa, a riguardo, come già accennato,auspica l'istituzione di tali organismi, volti a sviluppare undialogo costruttivo e continuo con gli organi competenti, purrispettando il particolare carattere costitutivo della Chiesa.«Esprimo», scriveva il Pontefice il 20 novembre 1982, «fiduciache associazioni del genere, ispirandosi ai principi delladottrina sociale della Chiesa, svolgeranno una funzione proficuanella comunità». Se nei documenti pontifici si afferma a chiare note diriconoscere ai dipendenti vaticani il diritto di costituirsi incategorie sindacali per difendere e promuovere i loro interessieconomici e sociali, esortando la stessa autorità civica adaiutarli nella costituzione di tali efficienti organismi, non èpoi tollerabile che il medesimo Stato vaticano, sia pure in formalatente o indiretta, vieti agli ecclesiastici di costituirsi inun movimento tutore delle proprie difese. Il diritto diassociarsi liberamente è nella natura stessa dell'uomo, di cuil'ecclesiastico fa parte: «Naturalia non sunt unquam turpia», ciòche è naturale non è mai turpe. Forti dunque dell'invito del Pontefice, che all'Immacolata diLourdes chiedeva: «Che trovino posto nella nostra preghiera tutticoloro che subiscono attentati intollerabili alla loro dignitàumana e ai loro diritti fondamentali» (15 agosto 1983), pensiamosia arrivata l'ora di passare all'azione in favore di tuttequelle migliaia e migliaia di ecclesiastici che non nutrono piùfiducia nei dicasteri e tribunali ecclesiastici, e desideranoaffidare la difesa dei loro diritti umani e religiosiall'organismo voluto e istituito dalla base, cioè da loro, i cuiresponsabili vengono liberamente eletti e destituitidemocraticamente dagli associati della medesima base. Sono molti quelli che continuano a tenere desto l'argomentofino a definire nei suoi principi generali un prossimo nascenteorganismo che potrebbe conformarsi e perfezionarsi eventualmentenel seguente modo: Associazione per la Difesa dei diritti pròEcclesiastici e Religiosi (Adder), situata in una sede

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I Millenari - Via col vento in Vaticanoindipendente per essere fuori da condizionamenti di sorta, con unsuo organo di stampa ("L'Adderista"?) spedito agli interessatinel mondo dove operano. Non v'è chi non veda che tale corporazione nel tempo aiuteràcertamente l'apparato sociale di tutta la Chiesa, per rendereoperante la giustizia distributiva verso la persona e i suoidiritti, primo fra tutti quello di dare a ciascuno il dovuto. Masi ricorrerà per intanto alla tattica di attendere tempimigliori, perché nel frattempo nessun altro ricordil'improrogabile attuazione di tale istituzione. La frustrazione di tutte le persone ecclesiastiche dentro e fuoriil Vaticano deriva appunto dalla mancanza di un tale organismo daloro eletto e diretto, in grado di costituirsi difensore dei suoiassistiti verso la controparte. Visto il malessere el'insoddisfazione dei sudditi, questa è l'occasione da nonperdere per riuscire a trovare una dialettica interna nonmortificata da direttorii, non mutilata da esclusioni a priori. La creazione di tale compagine federativa di sacerdoti ereligiosi, funzionando da spia sul difettoso e sull'invalicabileda parte di chi guida il meccanismo governativo, resterànell'ottica e nell'orbita di servizio per evitare che lestrutture curiali ingigantite calpestino le singole persone nellostritolio degli ingranaggi burocratici. Pertanto, sotto questo aspetto, l'altissimo intervento dellostesso capo della Chiesa, il Papa, mette in fuga i timori dellacuria romana, la quale opina che la difesa dei diritti dellapersona del dipendente ecclesiastico si porrebbe incontraddizione con l'autorità di curia, in caso di rivendicazionisindacali. Il concetto di dualismo - a loro dire - della dottrinasociale consigliata a tutti gli altri Stati, data laparticolarità della ragion di Stato vaticano, non potrebbe esseretrasferita tout court alla Sede Apostolica. Forti di talepreconcetto non si permette a quei sudditi l'esercizio di talediritto naturale, che invece si vuole venga costituito edeseguito presso tutte le altre società di ogni Stato. A chi facomodo questa contraddizione nei termini, naturale nei civili,contro natura negli ecclesiastici? Poiché non è di tutti essere scortati da due cardinaliprotettori, come avvenne per l'ex religioso Boff, propagandistadella teologia della liberazione, un qualunque superiore attualepotrebbe sparare a zero contro l'inerme suddito, privato d'ognidifesa protettiva, mentre soltanto l'organismo sindacale potrebbeprenderne le difese. Quanti ancora oggi si ostinano a non riconoscere agli impiegatiecclesiastici del Duemila i diritti di costituirsi in solidarietànella Chiesa, fanno girare le lancette dell'orologio all'inversodella storia.

21.

L'INFERMO PONTEFICE IN STATO D'ASSEDIO.

Senza troppo enfatizzare l'imminenza dell'Anno Santo delDuemila, in sé pregnante di valore epocale, per evitare ilpericolo di creare la psicosi di grandi aspettative, tuttaviaqualcosa cambierà nella Chiesa. Questo ponderato lavoro incomincia ora che vede la fine. Lalingua - dice Sant'Agostino - si è espressa meglio che ha potuto,ma il resto bisogna immaginarlo con la mente. Esso postula unapausa di riflessione a mente fredda, per la necessariadecodificazione dei dati in originale. Ora, sapere ches'attraversa una strada sbagliata è già sufficiente perimpegnarsi a trovare quella giusta, quella del dovere che èvicina a ciascuno di noi. Sono queste le trepidezze cheimpensieriscono gli uomini incontro al Duemila. Mai la povertà e la denuncia dei mali morali hanno condotto laChiesa alla sua sconfitta; invece sono i suoi cedimenti allatentazione di essere potente e i suoi attaccamenti ai fasti del

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I Millenari - Via col vento in Vaticanomondo a renderla meschina. Bisogna farla tornare alla Chiesadelle Beatitudini, provocazione a questo mondo di lassismo; aquel piccolo seme di senape, comunità spoglia e nuda di potenza,nella quale i potenti a malapena seguono a distanza i poveri e ipiccoli, eredi di quel regno. «Roma forse non perirà, se i Romaninon vorranno perire. Ma non periranno solo se loderanno Dio»(Sant'Agostino). Per ottenere la trasparenza (perestrojka) del Vangelo, la Chiesadeve iniziare una lotta senza quartiere al suo interno fatto divaticanismo intriso di corruzioni massoniche e d'altro. Lasciandointatta l'ossatura strutturale voluta da Cristo, l'interoedificio della Chiesa degli umili e dei poveri deve puntare versouna vera e propria glasnost, cioè l'unanime convergenza dellementi di tutti sull'orientamento da darle nel Terzo millennio. Seper ottenere questo ci vuole un altro concilio ecumenico nonvaticano, interecclesiale, che si pensi pure a convocarlo. Necessita tornare a essere nuovamente Chiesa del CrocifissoSignore, che anche alla ricchezza della Chiesa intimi: o la borsao la vita, cioè o il distacco dai beni e dalle ambizioni, ol'espulsione di costoro dal Regno dei cieli. «Pregate Iddioaffinché i poveri vi perdonino l'umiliazione subita nell'essereaiutati da voi» (San Vincenzo de' Paoli). Da Sertillanges prendiamo: «La parola ha peso quando si sente inessa il silenzio, quando nasconde e lascia indovinare un tesoro,che essa dispensa poco a poco, senza fretta e senza frivolaagitazione. Il silenzio è il contenuto segreto delle parole chevalgono. Un'anima vale per la ricchezza dei suoi silenzi». Civuole dunque non un silenzio che addormenta, ma quello cheristruttura. Queste parole scritte sono i passanti misteriosidell'anima, al dire di Victor Hugo, perché prima di passare oltrebussano allo spirito per cointeressarlo all'azione. Si è fatta l'esperienza di tutto, non sarebbe il tempo di farel'esperienza anche della verità? Filato nel pretorio chiede aCristo: «Che cos'è la verità?», e, silenziosa, se la trovava difronte in persona. Spesso in codesto mondo curiale la verità lasi fa coincidere con l'interesse di chi comanda. L'uomo talvoltaha il dovere di parlare in favore della verità; ma non semprequello di farla trionfare, dice il Manzoni. Far trionfare laverità è il compito di questo libro. I fatti sono fatti e non possono essere cancellati dapregiudizi. I funzionari di curia, per quanto rispettabilissimi,non elimineranno i gravi falli quivi denunciati soltanto con ilfremito d'indignazione del servo Malco che schiaffeggiando Cristol'apostrofa: «Così rispondi al sommo sacerdote?». A costoro conil Signore si ribatte: «Se ho parlato male, dimostrami dov'è ilmale; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Quest'opera è stata pensata come un atto d'amore verso laChiesa di Gesù, che va incontro al Terzo millennio. Sarebbe unpeccato non accorgersi dell'amore, di cui essa è pregna, percercare di lapidare coloro che stanno dietro a questo je vousaccuse. Paolo amò di più la Chiesa nascente quando affrontò i disagi diun viaggio verso Gerusalemme per andare a riprendere Pietro, ilprimo Papa, per l'evidente torto del suo sbagliato comportamentodiscriminatorio tra i credenti circoncisi e quelli provenientidal paganesimo; ancora più di quando la diffondeva alle gentiattraverso i suoi viaggi apostolici, annunziando a tutti ilCristo crocifisso e risorto. Noi, Chiesa, siamo di continuo l'incarnazione dell'essenzadell'amore divino «Deus caritas est», che è sempre l'eco di quel«Io sono» che non può mai dire «Io ti amerò» e «Io ti ho amato»,ma «Io sono», che ti ama al presente. E «ascoltate oggi la miavoce: non indurite il vostro cuore». Anche se questo libro fosse messo all'indice, diverrebbe piùprofondo e purulento il marciume delle piaghe, cicatrizzate afior di pelle, come quelle cinque denunciate da Rosmini e, primadi lui, dal martire Girolamo Savonarola, prossimo allabeatificazione. Le verità non si comprimono sotto l'indice.

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I Millenari - Via col vento in VaticanoScattano come molla e saltano fuori da altra parte, se mai inritardo sulla tabella di marcia. I responsabili a ogni livello hanno l'obbligo d'interrogarsisenza acredine e con imparzialità, ruminando con pacatezza eristudiando in condivisione quali rimedi apportare a chi gridagiustizia. Perché il vero ottimismo non sta nel trovare sempre edovunque che tutto va bene nella Chiesa, ma nel non credere aogni costo che in essa tutto andrà sempre bene. Dio nel suo disegno redentivo colpisce i figli per sottrarli aiflagelli eterni; deprime la Chiesa per poi elevarla; taglia irami inutili per rinvigorirla; atterra il suo orgoglio per poisollevarla nella grandezza dell'umiltà. La rettifica degli erroripropri e altrui dona a essa la saggezza. La sua umiltà è ladiscesa nelle altezze divine del suo Fondatore: appunto, diquest'Uomo che turbava le certezze intoccabili degli scribi e deifarisei e che ora, incenerendo le sovrastrutture, desideradelimitare la stravaganza del potere dei vari ecclesiastici incordate diverse. Occorre una pausa di silenzio per chiedere al Signore che dia anoi, Chiesa, la grazia di farci dubitare del nostro tuziorismo alfine di renderci disposti e disponibili a recepire verità divinein fuoruscita altrove. Noi Chiesa non possiamo rimanere semprenei problemi: il nostro intelletto non s'acquieta nelloscoprirli, gioisce nel trovarne le soluzioni; diversamente siprovoca solo inquietudine in se stessi e negli altri. Certi episodi nella Chiesa ci arrecano disagio e confusione. Nonsi corrompono i costumi religiosi, allorquando si denuncia laparte della società che è corrotta. Tuttavia, il nostroatteggiamento, lungi dalla tentazione di discriminare i fratelli,deve adeguarsi a quello di Gesù di fronte all'adultera, confusa estravolta: chino fino a terra, trovò più conveniente sottrarle losguardo scrutatore. Volesse il cielo che la Chiesa fosse di solisanti, ma c'è anche la parte malata nella quale spesso ciriconosciamo, bisognosa di ogni premurosa comprensione. Non è saggio far scendere su queste considerazioni la coltredell'oblìo per far rientrare il tutto nella calma infida, pertornare a nascondere nei suoi gorghi le vittime dei despoti, chescompaiono nelle foibe di quella lava fangosa, portata giù dalvertice di un monte in franazione. Non serve far circolareintorno un po' di retorica tanto per pascere di erba trastullacoloro che aspettano giustizia e riforme radicali. Quanti si considerano i primi esponenti del prossimo conclave, daanni presagito come imminente, faranno cosa lodevole e ottima adapplicare l'indifferibile riforma delle chiese, iniziando da lorostessi, affinché ciò che manca sia trovato e ciò che è difettososia corretto. In codesto assoluto vuoto curiale, interstizio di nuovaprimavera, coloro che manovrano nello scegliere con ognisotterfugio modi e tempi per fare da primi conclavisti,s'industriano in ogni modo a far passare nell'indifferenza ciòche, se divulgato, attirerebbe vergogna su di loro, come quellaterza parte del secreto di Fatima. Le faide amano ildimenticatoio. La Chiesa è frutto di frammenti recuperati, di misteri in atto,di carismi sempre operanti. Essa nel suo divenire deve tendere aformare una società di credenti più liberi, meno dipendentidall'assolutismo incontrollato, al fine di poter sottrarre a loroquante più devianze e distorsioni possibili. I nostri sono tempi di lunghe pazienze, di tenaci speranze e diincrollabili attese. Il presidente Johnson affermò: «Abbiamoscoperto che ogni ragazzo che impara, ogni uomo che trova lavoro,ogni malato che viene guarito, come una candela aggiuntasull'altare, rende più luminosa la speranza di tutti i fedeli».Questa luce di speranza, scrivendo questo libro, abbiamo intesofar riflettere sulla Chiesa del Terzo millennio ormai alle porte. Per poter penetrare in questa società, il Signore deve scioglierel'iceberg vagante dei pregiudizi, passati a far parte dellastoria, della politica, della formazione, della banalizzazione

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I Millenari - Via col vento in Vaticanodella vita ecclesiastica nei suoi valori etici crollati. Quantidetriti accumulati e divenuti dottrina in duemila anni disedimentazione! Effetto serra che, schiacciandosi, porta con séaltri capovolgimenti da tenere in debito conto. «Ora invece date ascolto a gente da nulla», dice a noi SanClemente I, «a persone che vi pervertono e gettano il discreditosu quella coesione fraterna, che vi ha resi meritatamentecelebri. E' un disonore che dobbiamo eliminare al più presto.Buttiamoci ai piedi del Signore e supplichiamolo con lacrimeperché, fattosi propizio, ci restituisca la sua amicizia e ciristabilisca in una magnifica e casta fraternità d'amore. Ilsapiente nel discernimento e nell'agire deve essere tanto piùumile quanto più è ritenuto grande e deve cercare ciò che è utilea tutti, non il proprio tornaconto». Che tradotto significa: è lacroce di Cristo che salva, non la dolce vita e i maneggi deipapaveri intrallazzatori. La barca di Pietro nella procella della curia resta sempre indifficoltà: «Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare.Vedendoli però tutti affaticati nel remare, poiché avevano ilvento contrario, Gesù andò verso di loro: Coraggio, sono io, nontemete! Quindi salì con loro sulla barca e il vento cessò». A noi, pazienti del Divino, è dato di scegliere una delle dueseguenti opzioni: o l'autorealizzazione nostra, o la Cristorealizzazioe.Se la nostra scelta cade sulla prima, il mondo e noirimarremo nella contingenza che passa; se sulla seconda, noirenderemo il mondo coessenziale a Cristo redentore.

La voce coraggiosa di un prete solo. L'attuale vaticanismo è soltanto la controfigura di quella chedovrebbe essere l'essenza della vera Chiesa di Cristo nel Terzomillennio: povera, spoglia, crocifissa, distaccata dai fasti delpotere che non le si addicono; umile accanto agli umili;sprezzante dei potenti, finché rimangono tali. Per riuscire a tratteggiare quello che sarà il grande affrescodella celeste Donna sulla parete del prossimo futuro, ci siaconsentito di usare i pennelli di un testimone dei nostri tempi,don Francesco Emmanueli. Parroco di Tollara, radiato dal suovescovo monsignor Enrico Manfredini di Piacenza, don Francesco il7 aprile 1976, imperante da segretario di Stato e da capocordatadei piacentini il cardinale Agostino Casaroli, scriveva alvescovo suo - «spinto dallo zelo di contribuire a dare un validoaiuto all'edificazione della Chiesa» - la seguente lettera (25)da figlio a padre: «Nel dare l'adesione all'appello all'unità - sentita come doveredi coscienza - mi permetto di suggerire alcune precisazioni che,una volta tanto, mi sembrano necessarie. L'unità del corpo ecclesiale attinge allo stesso MisteroTrinitario e opera come qualcosa di profondo, di vitale, diimprescindibile nella Chiesa. E il senso dell'ut unum sint nellasuprema oratio del Signore. Detto questo, non si può ignorare chetale unità mistica e "metafisica" si attua, su piano psicologico-esistenziale, in quella unanimità che logicamente postula epresuppone. Così erano "unanimi" i discepoli, secondo latestimonianza degli "Atti". "Unità" dunque si fa nel credere:nell'accettare cioè quelle Verità che Dio ha rivelato e che lachiesa propone. "Unità" si fa ancora nell'accettare la regola diquell'etica cristiana che ha, nel magistero ecclesiale,l'interprete autentico e non discutibile. Qui non c'è spazio perriserve o bizantinismi. E io sono con voi tutti. Sono con voiperché sono con la Chiesa la quale è come la volle il suoFondatore, costituzionalmente gerarchica: "Voi vescovi lo SpiritoSanto ha posto a reggere la Chiesa di Dio". Anche la materia piùelastica e malleabile del ministero pastorale postula una certadisciplina e vuole una qualche univocità, se non altro per unamaggiore efficacia nelle iniziative e una maggiore incisivitànell'azione. Il che dice che io opto per l'unità. Ma a questo punto sta un limite: bisogna riconoscerlo. Lacoscienza individuale ha pur una sua voce, la persona una sua

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I Millenari - Via col vento in Vaticanodignità. Non si può ridurre ogni dissenso a pura e semplice"azione corrosiva" anche se, in certe situazioni, può far comodo.Infatti, l'unità invocata, quella che alla Chiesa ècostituzionale, non può ridursi a conformismo ottuso o al bassolivello di calcolo pratico. Né può risolversi in un certo"ammasso di cervelli" sia pure ad usum hierarchiae, colrisultato di una pianificazione delle coscienze e di una"massificazione" ecclesiale. No, ognuno deve restare se stesso. Eio non cerco altro, altra posizione non difendo. In vita mia ho fatto già l'esperienza di una dittatura. Mi fudetto allora che il potere viene da Dio e come tale va rispettatoe accettato. Era catechesi. Dopo una guerra da me combattuta econ quattro anni di prigionia, quando tornai amareggiato e delusomi sentii dire, dagli stessi, che avevo sbagliato tutto, che nonavrei dovuto "credere", che ero stato un ingenuo. Da allora,veneratissimi gerarchi, non ho accettato più dittatori, qualunquene fosse la veste o il titolo, cercando di non cadere mai piùnella stessa ingenuità. E' una colpa questa? Del resto so che la Chiesa è, per sua natura, gerarchica, ma nonlegittima dittature, non è a servizio di ambizioni personali. Soche esercita un legittimo potere, ma questo si traduce in amore eservizio. Sbaglio forse se, da tutto questo, faccio le mielogiche e pratiche deduzioni? Quando un gerarca pastore prende discutibili iniziative che, aocchio nudo, difettano quanto meno di buon gusto, di tempismo, disenso del limite, se non proprio del buon senso puro e semplice,non può assolutamente pretendere l'unanimità, a nome di Dio. Perrendercene conto, alludo a quei non mai terminati lavori di certiepiscopi, che si presentano come pugno nell'occhio per chi vientra. Se si pensa - e come no? - che sono fatti con pubblicodenaro, alle spalle cioè del contribuente angariato e dei piùdeboli travolti da una crisi senza precedenti! Come conciliaretutto questo con quell'opera di denuncia e di moralizzazione chedovrebbe vedere tutti noi, gerarchia in testa, decisamenteimpegnati, fatti esempio a una società putrescente? Voi, gerarchia, avete tutto il diritto di essere di diversoparere, ma siete altrettanto convinti che l'opinione pubblicacondanna tale sperpero di denaro che moralmente non giustifica,mentre coinvolge nella condanna chi lavori del genere promuove,favorisce, accetta. Siamo nell'ambito di uno sfascio "superfluo";al limite dello scandalo, quindi (26). Come non rendersi contoche, senz'esemplarità di stile, la credibilità della parola,l'efficacia delle denunce o degli appelli per i poveri e per ilTerzo mondo restano senz'eco? "Ronzio d'un'ape dentro un bugnovuoto" direbbe Pascoli. La vostra stessa azione pastorale -ognuno se ne renda conto - per quanto impegnata e convulsa,macina a vuoto. Duole che tutto ciò debba essere ricordato a voi della gerarchia,la cui maggior parte trae le sue origini dalla classe operaia,origini smentite da certe velleità che sanno di principesco.Anche qui è questione di autenticità. Non mancano valide ragioni che spesso e volentieri mettonogerarchia contro la classe politica, rea di averci addotti allaspiaggia estrema della corruttela. Ma quale senso e quale"carica" può avere tutto questo se poi, sul piano dellapragmatica, ci si adegua a livello di intrallazzi, venendo acompromessi e accettando condizionamenti da essa? La crisid'identità ecclesiale - bisogna convenire - col suo pesoincombente sulle spalle dei poveri, dei lavoratori, deidisoccupati, dei baraccati, impone a noi cambiamento di rotta edi stile. Impone un limite anche in ciò che sarebbe legittimo. Davoce a un imperativo di coscienza che si esprime in un: basta! E se restasse inascoltata? Nessuno può pretendere la complicitàdel silenzio altrui. In certi ambienti ben qualificati si parla achiare note sul denaro che la gerarchia maneggia e della stradanon chiara che prenderebbe. Qui dobbiamo attingere in profonditàe la predica va fatta tutta a me, che tremo per la gerarchia chenon trema affatto.

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I Millenari - Via col vento in Vaticano Noi siamo i seguaci di Cristo che è stato crocifisso - l'unicoautentico - il quale è tutto il contenuto del nostro messaggio eil solo archetipo della nostra vita. Non con la parola e neanchecon i carismi ufficiali e giuridici - la parola infatti suona avuoto e i carismi frustrati - noi testimoniamo piuttosto nellamisura della nostra visibile, controllabile, sistematicaaccettazione del sacrificio di Cristo. Non sopravvive oggi altraefficace forma di apostolato; o meglio, ogni altra è condizionatada questa. Come può rientrare in questa logica il genio demoniaco degliaffari e del denaro', come può collocarsi qui la preoccupazionedel palazzo o dei palazzi e del benessere? Ogni Papa, cardinale,vescovo, prelato, secondo il Vangelo è sinonimo di amico,fratello, padre, pastore, non mai di business-mani Tanto perintenderci. La nostra autenticazione si fa sul Crocifisso. Facciamo "unità" dunque. Ne abbiamo bisogno. I nemici che premonola Chiesa da ogni lato, che urgono ormai con azioneirresistibile, i nemici dovrebbero essere gli imbonitori e ipersuasori della nostra unità. Quando non avverte più il bisognodella solidarietà e della difesa del pericolo, una società ècondannata. Facciamo unità; ma l'unità ha il suo prezzo anche pervoi, gerarchia. Per ottenere "unità" non si dovrebbero verificarequelle discriminazioni del clero che il vescovo in diocesi ecerti prepotenti cardinali in curia praticano metodicamente,apertamente, pesantemente. Si dovrebbe dare qualche ascolto nonsoltanto agli adulatori interessati o coinvolti, ma anche aidissenzienti che hanno pure una loro coscienza: più a questi anziche a quelli. Non si dovrebbe concentrare il potere sotto forma di "incarichi"nelle mani di pochi a danno e offesa di tutti; né restringere supochi la fiducia a tutti dovuta, col risultato di creareprivilegi e privilegiati. Perché sempre unità si faccia, non sidovrebbe dare il caso di preti emarginati, né di ecclesiasticiabbandonati calcolatamente e vilmente alla loro solitudine e allaloro umana disperazione. Ci vorrebbe insomma una perequazionedegli affetti: cosa che esige, in un vescovo che sia autentico -e noi aggiungiamo in un Papa e in un cardinale o prelato di curia- un cuore grande grande, capace di amare senza detrarreall'altro. Ma non tutti sanno imporsi tanta unità di misura, chefu di Cristo. Oggi nella Chiesa non c'è divisione; c'è piuttosto disgregazione,la quale è l'ultima fase della disunione e precede solo ilfallimento. Quindi, non siamo nemmeno "amici". Ciò nonostante leconcelebrazioni si ripetono, si moltiplicano, si sprecano. Segnoevidente che non se ne è capita la funzione. La liturgia si faspesso rappresentazione vuota che tiene più del teatro che delrito. E' vero, mi si dirà che forse sono consunto dall'arteriosclerosi.Ma quel che sono l'ho offerto alla Chiesa, anche se essa non hasaputo che farsene di me. Ma nessuno speri sul mio silenzio.Questa lettera potrebbe convenirsi in lettera aperta per unaverifica ecclesiale e un controllo superiore. Sono alla Mazzolarie resto obbedientissimo in Cristo. Sac. Francesco Emmanueli, prete solo». Di fronte alla lucentezza di pensiero di tale testimone cosìgigante, bisogna che la Chiesa tutta, meditabonda, resti china achiedersi: perché lui scartato e sette altri suoi condiscepoli,tutti ammanigliati alla cordata piacentina, sono stati posti sulpodio cardinalizio in scialba composizione senza lustro?

NOTE: (25) Cfr. "Attualità piacentina", Anno IX, n. 34, marzo-aprile1977, pag. 18: «Volevamo un vescovo, non un business-man».Abbiamo usato la libertà di accomodare il testo riadattandoloall'indirizzo dell'intera gerarchia cattolica, principiando daquelli che si credono esponenti essenziali nella curia di Roma. (26) Chi allora scriveva questa missiva non poteva includere loscandalo della curia arcivescovile di Napoli col suo esimio

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I Millenari - Via col vento in Vaticanocardinale-faccendiere Michele Giordano.

Avvoltoi sul Pontefice. I più speravano in un radicale cambiamento della curia romana conl'avvento di papa Wojtyla a capo della Chiesa. Il terremoto nonc'è stato, ma la coibentazione intorno a lui, sì. Una specie diintercapedine per farlo prigioniero nel suo dorato isolamento.Ora, intorno a lui, in dirittura d'arrivo al capolinea, tuttoristagna pericolosamente, fuorché i viaggi, che lo rendonostrano, distratto e frastornato. Sul faro però, come piantoneinfermo, egli continua a riflettere la luce divina inoffuscabile. A conclusione dell'orgia televisiva per i festeggiamenti delventennio di questo pontificato, i festeggiati erano gliorganizzatori festivalieri, che permettevano di tanto in tantoche lui, il Papa, posto in fondo, tornasse sullo schermo adapparire come meteora a contorno. Di fronte al mondo intero, conle lacrime che gli scendevano copiose sulle guance, GiovanniPaolo II si chiese se avesse fatto bene e fino in fondo tutto ilministero di Papa: pensando forse a quella masnada di invadentipurpurei che, mandandolo in giro per i cinque continenti inlibera latitanza, lo hanno preso in giro per vent'anni,sostituendolo nella dirigenza del timone della barca di Pietro. Il rendiconto consuntivo di questo ventennio trova che sono piùle volte di quando il Santo Padre polacco ha fatto fare il Papaagli altri, che quelle di quando l'ha fatto lui di persona. Unacoreografia da affidare alla storia perché la codifichi. «Quando verrà il giudice supremo», scriveva Giovanni VIII (872-882) a Engelberga, imperatrice, «ci chiederà se abbiamo lasciatola sua Chiesa in migliori condizioni che non l'abbiamo ricevuta;se più libera, più tranquilla, più prospera». E' questo il verosegreto atteggiamento di ogni Papa e di ogni dignitario di curia,in atto di consegnarla ai posteri. Il mondo tutto trepida per la salute del Papa, il quale è ormaiin dirittura d'arrivo verso l'uscita dalla scena di questo mondotraballante. Ma più del mondo, trepidano i cardinali e i prelatiassiepati nella curia romana; i capicordata e i capidicasteri,per trovarsi presenti al momento del trapasso piazzati ai postidi guardia, assediano gli uffici controllandoli anche con veglienotturne, attente scolte a vigilare. Neanche gli ultrasettantacinquenni demordono l'osso, per restare sulla breccianella feccia. L'infermo Pontefice sigla la conferma agliincarichi scaduti «donec aliter provideatur», finché non siprovveda diversamente, che tutti intendono: restare fino alprossimo conclave con il nuovo Pontefice, per ricattarlo. Avviandosi al tramonto di questo 1999, il sole, coprendosi dietroi monti all'orizzonte, arrossirà di vergogna per tutto ciò, dicui l'han fatto spettatore gli uomini credenti di questo secolo.

22.

LA CHIESA DEL TERZO MILLENNIO. Questa e l'ora di Dio, che desta la sua Chiesa al canto del gallo, perché la sveglia non è più in funzione. Smontato con disinvoltura pezzo dopo pezzo per analizzarli tutti, l'orologio è tutto là, sul tavolo dei tecnici che però non hanno la sinteresi di riporli tutti al loro giusto posto. Dio chiede a noi di ricomporli insieme prima che sia troppo tardi, e il canto del gallo alla seconda volta e la negazione alla terza. Questa è l'ora di Maria, profetessa a Fatima del trionfo della Chiesa incontro al Duemila; tempo in cui il suo Cuore immacolato avrà debellato il regno diabolico che annebbia e sconcerta il luogo santo di Dio, annerito dal fumo di satana. Essendo Madre di Dio è ai confini della diviniTà (il teologo Caietano), pertanto invincibile e vittoriosa. Essa che non è il dio del tempio ma il tempio di Dio (Sant'Ambrogio) porterà la Chiesa per mano a Cristo, centro dell'universo E il suo cuore così trionferà.

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I Millenari - Via col vento in Vaticano Questa è anche l'ora della Chiesa: «Noi siamo le arpe e tu ci tocchi col plettro, il dolce lamento non proviene da noi sei tu che lo operi. Noi siamo il flauto, e il suono che è in noi è da te; siamo montagne impervie, e l'eco è quello della tua voce. Quando tu ti nascondi, in nulla credo; quando ti manifesti son credente. Solo posseggo ciò che tu mi desti! Che cerchi nelle mie bisacce? (Il mevlana cioè maestro, Gialal ad-din rumi-a. 1200 d.C. Al termine di quest'opera essa, la Chiesa di Cristo, con l'Apostolo Paolo concluderà: «Bonum certamen certavi, cursum consummavi. fidem servavi» («Ho combattuta la buona battaglia, ho terminata la corsa, ho mantenuta la fede»). Signore, se vuoi salvare oggi la tua Chiesa devi adoperare tutta la tua onnipotente misericordia; se poi la vuoi abbandonare, ti basta applicare la tua implacabile giustizia. Fai Tu! Ma è anche e soprattutto l'ora di Satana nello scontro conclusivo dell'Apocalisse: «Compiuti i mille anni satana, sciolto per un po' di tempo, uscirà per sedurre le nazioni ai quattro punti della terra... cinsero d'assedio l'accampamento dei santi e la città diletta». La città diletta di Cristo, la Chiesa, è assediata dai missari di satana.

A colloquio col Divino. «So che tu sei onnipotente: quello che concepisci lo puoi realizzare. Io ero colui che ingarbuglia i tuoi consigli, con propositi privi di senso. Ho parlato veramente senza senno di meraviglie che mi superano e che ignoro. Non ti conoscevo che per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno visto. Così ritiro le mie parole, mi distendo nella polvere e nella cenere». «Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per testimoniare a voi queste cose riguardo alle chiese. Io sono la radice della stirpe di Davide, la stella luminosa del mattino. Lo Spirito e la sposa dicono: Vieni! E chi ascolta ripeta: Vieni! Colui che attesta queste cose dice: "Sì, verrò presto!". Amen!». FINE.

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