VGalileoalerio Del Nero The SeBookLine by Simonelli Editore fileTutta l™esistenza di Galileo...

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itore Valerio Del Nero

GalileoGalileie il Suo Tempo

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Cap. I. I primi anni

Fanciullezza e adolescenza.

Tutta l�esistenza di Galileo Galilei (1564-1642) sisnoda lungo l�età della Controriforma e ne porta ine-vitabilmente il segno. E� infatti impossibile compren-dere gli ultimi quaranta anni del Cinquecento e l�in-tero XVII secolo, senza riferirsi al Concilio di Trento(1545-1563), ai suoi risultati sul piano dottrinale(riaffermazione della tradizione cattolica in funzioneantiprotestante), ai suoi apparati repressivi(Inquisizione e Indice dei libri proibiti) e al piano dicontrollo della società e della cultura in chiave didisciplinamento religioso e civile che ne emerse.

Egli aveva visto la luce a Pisa il 15 febbraio 1564da Giulia Ammannati e da Vincenzo Galilei, in unacittà dal lontano e glorioso passato di repubblicamarinara, poi decaduta in seguito all�espansione diFirenze, ma allora in fase di ripresa, anche per l�at-tenzione particolare dedicatale dal duca di FirenzeCosimo I de� Medici, che avrebbe ottenuto pochianni dopo il titolo di granduca di Toscana dal pon-tefice Pio V. La madre era una donna di non facilecarattere, mentre il padre, appassionato musicista,doveva integrare le scarne entrate familiari con lameno gradita attività di commerciante di lana.D�altra parte c�era parecchio da trottare, dal

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momento che al primogenito Galileo sarebberoseguiti, nell�arco di pochi anni, altri sei figli.

L�interesse di Vincenzo per la teoria musicale sisarebbe concretizzato, quattro anni dopo la nascitadi Galileo, nella pubblicazione di uno scritto nelquale rivendicava la superiorità del liuto sull�organo.Mentre la famiglia restava ancora a Pisa, Vincenzosi univa alla camerata fiorentina del conte Giovannide� Bardi.

Due anni più tardi, quando scocca il decimocompleanno per Galileo, la famiglia si riunisce dinuovo nel capoluogo toscano e lì il piccolo primo-genito comincia a ricevere l�istruzione paterna, chelo avvia alle basi del latino, del greco e della lette-ratura classica, non senza ovviamente un�infarina-tura di musica teorica e pratica. Per le condizionieconomiche, però, l�ambiente familiare non dovevaessere sempre tranquillo e discussioni anche aspredovevano essere all�ordine del giorno: probabil-mente in un�atmosfera dove bisognava farsi spazioper non soccombere trova la sua prima origine ilcarattere polemico del futuro scienziato, tutto teso adifendere con orgogliosa baldanza le proprie posi-zioni intellettuali.

Visti gli indubbi progressi del figlio, è probabileche Vincenzo abbia cominciato a desiderare per luiun corso di istruzione e di formazione più regolaree strutturato, che lo avviasse seriamente alle disci-pline scolastiche che ogni normale allievo dovevaaffrontare come un rito di passaggio tra la fanciul-


lezza e l�età adulta. Non è dato di sapere perché lasua scelta sia caduta sull�antico monastero di SantaMaria a Vallombrosa, casa madre dell�omonimoordine nato per volere di Giovanni Gualberto nell�XIsecolo nell�ambito della riforma del monachesimobenedettino ed inserito ben presto con estremavivacità nelle lotte politiche e religiose della Firenzemedievale.

Anche oggi chi sale a Vallombrosa resta profon-damente colpito dalla bellezza della foresta e dallamisteriosa sacralità del luogo. Allora un viaggio daPisa, ma anche da Firenze, verso la casa madredell�ordine vallombrosano aveva un che di epico,ma rivestiva pure un�attrattiva senza pari. Bastapensare a quanti personaggi famosi si erano recatie si sarebbero in seguito recati a visitare il più famo-so monastero dell�area fiorentina. Merito anche diun ordine che aveva saputo imporsi sul territoriocon una precisa fisionomia ed autorevolezza spiri-tuale, ben più affascinante del potere enorme che simaterializzava in possessi terrieri talmente vastiche, al culmine della fortuna dei vallombrosani, siestendevano per quasi tutta la Toscana ed oltre.Proprio nel 1575 vi entrava Galileo, che sarebbestato istruito secondo i programmi tradizionali cheper altro non dovevano discostarsi molto da un ordi-ne religioso ad un altro.

C�è sicuramente del vero nella informazioneriportata da alcuni biografi sulla noia provata dalgiovane allievo nell�apprendere i principi della logi-


ca, che costituiva un momento centrale nella for-mazione culturale di taglio �scolastico� che venivaimpartita nei monasteri. Certo, non è dato di saperemolto su questo apprendistato intellettuale, anchese il giovane sarà rimasto colpito dalla vita dellacomunità e dall�arrivo di personaggi celebri, daCarlo Borromeo al pittore Federico Zuccari. Oltre lalogica, comunque, lo studente pisano avrà letto deiclassici ed avrà appreso altre tecniche, linguistichee specialmente retoriche, che avrebbe poi efficace-mente messo in atto nelle argomentazioni dellefuture maggiori opere. Insomma, si viene delinean-do una formazione mista che innesta una fortecuriosità per la natura su interessi, oggi diremmo,umanistici e letterari, sollecitata per altro anche daalcuni monaci sensibili ed intelligenti, che eranocapaci di vedere e di valorizzare le tendenze e leinclinazioni di un vivace ragazzo come Galileo.

Dopo quattro anni passati a Vallombrosa, pareche il quindicenne Galileo abbia manifestato l�ideadi farsi monaco, scelta indubbiamente sconvolgen-te per il padre, che aveva immaginato per lui esitiben diversi. Così Vincenzo, con la scusa di unainfezione agli occhi contratta dal figlio, lo porta viain quattro e quattr�otto dal monastero.

Studi universitari.

Dopo la brusca interruzione dell�esperienza val-lombrosana vi era da pensare seriamente all�ulte-


riore formazione del giovanissimo Galileo. Le dis-cussioni in famiglia devono essere state frequenti, enon tutte tranquille. Sul momento però pare averlaspuntata il padre, perché Galileo si iscrive nel 1580alla facoltà delle arti di Pisa, anticamera obbligataper gli studi di medicina, probabilmente in vista diuna futura professione che gli avrebbe concesso divivere dignitosamente.

Le visioni dei padri, bisogna riconoscerlo, sonospesso guidate da un senso pratico che non sem-pre viene riconosciuto da chi dovrebbe essereoggetto di quella particolare, affettuosa attenzione.La situazione dell�insegnamento di queste discipli-ne a Pisa era piuttosto tradizionale, e lo studentedoveva sorbirsi sicuramente un metodo di lavoroalquanto usuale, che comprendeva fra l�altro lo stu-dio della fisica di Aristotele e della medicina diGaleno e di Avicenna: un metodo, cioè, che risenti-va scarsamente di una visione sperimentale dellearti mediche e che era lontano dal prestare atten-zione all�anatomia, come invece accadeva ormai inaltri centri di studi italiani ed europei.

Non tutto il male viene per nuocere, ovviamente,ed è pertanto probabile che tali studi abbiano con-tribuito a formare l�ossatura intellettuale di Galileo ea instillargli quello spirito critico che sarà in seguitouna delle sue armi vincenti nell�ambito della ricerca.Sta di fatto che dal 1581 al 1585 studia filosofia emedicina. Nel contempo emerge sottile, ma prepo-tente l�interesse per la matematica, che avrebbe


dilagato di lì a poco. Sono immaginabili facilmente,perciò, anni densi di pungenti contraddizioni e diaperture incuriosite, non senza sofferenze per unascelta che si rivelava giorno dopo giorno né chiarané tantomeno definitiva.

I biografi di Galileo hanno più o meno insistito sulclassico modello della vocazione contrastata, tipicodi tanti intellettuali fino ai nostri giorni, attratti in par-ticolar modo dalla letteratura, e costretti a fare altrimestieri o a seguire altri studi. Il nostro studente eratroppo vivace ed aperto per non orecchiare e maga-ri cogliere quegli aspetti della civiltà tardo rinasci-mentale che aveva dato tanti stimoli nel campodelle arti figurative, delle scienze e della loro appli-cazione, della musica, della diffusione dei classici.

L�occasione concreta per aprire finalmente i suoiinteressi in una direzione personalmente gratifican-te gli fu offerta dalle lezioni del matematico OstilioRicci, il quale era in forza alla corte granducale.Appunto durante uno dei soggiorni della corte aPisa, lo studente fece di tutto per frequentare i corsidel Ricci, dai quali era incuriosito ed attratto.L�esperienza deve aver galvanizzato Galileo, riusci-to ben presto ad ottenere udienza dal matematicomarchigiano, seguace del grande Tartaglia edammiratore sviscerato di Archimede, il grandescienziato ed ingegnere antico riscoperto e rilancia-to in età rinascimentale.

E� probabile che il Ricci, innamorato della suadisciplina, abbia saputo moltiplicare gli interessi


galileiani verso le matematiche, ormai intuite comeun modello di sapere capace di sostituire l�aristote-lismo. Del resto anche quello che era consideratoun po� come l�insegnamento ufficiale della matema-tica, legato per esempio ai testi di Euclide e delSacrobosco, si era da tempo aperto anche allasoluzione pratica di problemi nel campo della bali-stica, dell�idraulica, della meccanica. Sta di fattoche nel 1583 il Ricci, esplicitamente sollecitato,cercò di convincere Vincenzo a trasferire Galileodagli studi di medicina a quelli di matematica. Siinaugurava per il nostro un periodo di incertezza,colmato da feconde lezioni private da parte delmatematico di Fermo, che lo apriva anche alla pro-spettiva, alle tecniche di misurazione e all�ingegne-ria militare.

Insomma gli interessi galileiani nel campo dellameccanica stavano prendendo corpo giorno dopogiorno. E se è con tutta probabilità una affettuosainvenzione del suo caro discepolo Vincenzo Viviani,la considerazione della regolarità delle oscillazionidel pendolo dedotte dall�osservazione di un lampa-dario nel Duomo di Pisa, sono invece una realtà isuoi primi scritti (le note sul libro di Archimede sullasfera e il cilindro e La bilancetta del 1586 sul pesospecifico dei corpi, dove il grande studioso antico sifa per Galileo maestro di metodo). Nel frattempocomincia a voler mettersi in mostra, a cercare con-tatti con studiosi e potenti, che possano valorizzar-ne il talento: si spiegano così i primi approcci con


Guidobaldo del Monte, apprezzato esperto di mec-canica in buoni rapporti coi Medici, e col Clavio, ilpiù celebre matematico gesuita del tempo, al qualesi rivolge nel 1588 per avere un aiuto in merito adalcuni difficili teoremi.

Cap. II. Galilei a Padova.

La vocazione allo studio e alla ricerca.

Sebbene non si addottori, emergono progressi-vamente più nitidi i suoi interessi verso la matema-tica e la meccanica. E� forse uno scacco per la fami-glia, ma le idee del giovane sono chiare: lavoroscientifico, interessi a raggio più largo con incursio-ni anche nel campo della letteratura, fitta ragnateladi rapporti per tentare la carriera universitaria. ACristoforo Clavio, quasi da studioso alla pari, chie-de aiuto in merito alla soluzione di alcune questionimatematiche. Guidobaldo del Monte, che per altroera fratello di un potente cardinale, era ben intro-dotto nella corte medicea, e naturalmente Galileoben sperava da questo punto di vista. A Firenze trail 1585 e il 1589 impartisce lezioni private e regge ifili delle relazioni che, nelle intenzioni, dovrebberospalancargli la porta di una Università. Sa di esseregiovane e di non avere alle spalle pubblicazionisignificative, ma la voglia di emergere è tanta. E poibisogna sapersi muovere, in un mondo complesso


ed ostile, dove la concorrenza è spietata ed occor-re rispettare le forme, a tutti i livelli.

Rivolgersi a determinate persone implicavanecessariamente assecondare una certa etichettasociale, obbedire alle esigenze del potere, esserecapace di comunicare. Ma sulla capacità retorica diGalileo, giustamente rivalutata dagli studiosi piùrecenti, non occorre insistere particolarmente.Sfruttando con abilità le sue qualità di intrecciarerelazioni sociali e spinto da una forte ambizione,Galileo si propone audacemente come candidatoalla lettura di matematiche là dove sa o presumeesserci un posto vacante, a Pisa, a Bologna e aFirenze.

Non vanno sottovalutati i suoi interessi letterari,che spesso sono stati coltivati da insigni scienziati.Nel caso specifico, il bisogno di emergere e l�attrat-tiva esercitata dalla letteratura sulla sua personali-tà, lo spingono a rispondere positivamente allarichiesta del Console dell�Accademia fiorentina ditenere due lezioni su La figura, sito e grandezzadell��Inferno� di Dante (1588) in relazione alle posi-zioni di due commentatori danteschi, AntonioManetti e Alessandro Vellutello. Con una certa eru-dizione, nella prima lezione è esposta la opinionedel Manetti, nella seconda quella del Vellutello enella conclusione Galilei pare più convinto dellaverisimiglianza della descrizione infernale delManetti rispetto a quella dell�avversario.

E� chiaro che la polemica assomiglia più ad un


torneo intercittadino che ad una discussione scien-tifica su una questione dantesca, ma è probabileche lo scopo del Galilei fosse quello di farsi cono-scere anche per le sue competenze letterarie. Iltutto rientrava in una autovalorizzazione della pro-pria cultura spendibile sul mercato delle cattedreuniversitarie.

L�altro aspetto delle sue aperture letterarie ècostituito dalle note ai testi poetici di Petrarca,Ariosto e Tasso. Nata in ambiente toscano alla finedel Cinquecento, la polemica sulla superiorità stili-stica dell�Ariosto o del Tasso si inserisce in un muta-mento del gusto culturale e letterario tra il classici-smo rinascimentale e gli esordi del Barocco. Lanetta preferenza galileiana va all�autoredell�Orlando furioso, ma gli studiosi sono oggi menosicuri nel giustificare questa scelta. Un tempo infat-ti la preferenza per l�armonia, la misura, l�arguziadell�Ariosto sembrava immediatamente coerentecon la linearità oggettiva del discorso scientificogalileiano. Oggi invece risulta più visibile ai nostriocchi una scelta filo classicista più tradizionale eangusta, quasi impaurita di fronte alle scelte delTasso, sicuramente meno sorvegliate da un puntodi vista formale: la narrazione tassiana infatti appa-re �una pittura intarsiata� piuttosto che �colorata adolio�, cioè non pare esserci fusione delicata di colo-ri, mentre proprio nella pittura ad olio i confini si sfu-mano. Insomma, in un confronto serrato il nostrorimarca la grettezza e la limitatezza delle invenzio-


ni del Tasso, �pittorino povero�, di fronte alla magni-ficenza e alla ricchezza di quelle ariostesche. Anzi,dovendo esprimere un giudizio quantitativo,l�Ariosto ha superato del doppio il Tasso.

Il Petrarca è apprezzato quanto l�Ariosto, ma lenote galileiane alle sue poesie non mostrano parti-colare completezza, spaziando dall�attenzione aglistili letterari e da osservazioni sulla bellezza di alcu-ni passi alla messa a fuoco di tematiche astronomi-che e paesaggistiche e alla valorizzazione delsenso della vista. Occorre valutare con prudenzal�eventuale incidenza di queste osservazioni lettera-rie sugli sviluppi futuri del pensiero galileiano, perquanto l�attenzione oggettiva ai testi e una cura par-ticolare per la parola e per la sua capacità comuni-cativa restino un riferimento costante anche nelloscrittore maturo.

Le strade universitarie per Bologna e Firenze sierano chiuse per varie ragioni. Ma nel luglio del1589 il Galilei otteneva il posto di lettore di mate-matica all�Università di Pisa con lo stipendio annuodi 60 scudi, certo non elevato. Era allora obbligo deldocente di matematica leggere testi canonici qualila geometria di Euclide, la Sfera di Sacrobosco epassi di Tolomeo. Tuttavia, a dispetto dell�angustiaculturale che vi si respirava, Galileo intrecciò rap-porti vivaci con intellettuali quali Jacopo Mazzoni,Luca Valerio, Girolamo Mercuriale, dalle veduteampie e vivaci. Probabilmente legati a questo inse-gnamento sono i suoi studi sul centro di gravità,


sulla caduta dei gravi, sul moto dei corpi, che verràpresto fondendo in un lavoro intitolato De motu /Sulmovimento/ , testo importante, anche se non benelaborato in tutte le sue parti, dove lentamente econfusamente viene staccandosi dalla concezionearistotelica della fisica. Bisogna comunque sottoli-neare la palpabile insofferenza del nostro per l�am-biente universitario pisano, di una città che gliaveva dato i natali e che era allora oggetto di rinno-vata cura da parte della corte medicea. Di tale anti-patia può costituire una prova un suo Capitolo con-tro il portar la toga, una satira contro l�usanza per idocenti di portare questo indumento anche al difuori delle aule universitarie: il fatto è che Galileiscalpitava per trovare una sede più consona alleproprie esigenze ed ambizioni e sappiamo cheGuidobaldo del Monte si stava dando parecchio dafare per le sedi di Padova e di Bologna: una letteradel settembre 1592 di Giovanni Uguccioni aBelisario Vinta testimonia di un viaggio del Galilei aVenezia per trattare, appunto, il suo passaggio alloStudio padovano.

L�ambiente padovano.

Negli ultimi anni della sua vita Galilei confesseràcon una punta di rimpianto che i diciotto anni tra-scorsi a Padova erano stati i più belli della sua vita.Vi si può sentire, naturalmente, la nostalgia per lagiovinezza, per l�energia intellettuale, per la salute


fisica, che in seguito andrà soggetta a frequenticrisi, anche più precoci e fitte di quelle legate al flus-so naturale ed inesorabile del tempo. Ma vi si senteanche il ricordo di un ambiente che lo aveva accol-to a braccia aperte fin dalla prima chiamataall�Università di Padova il 26 settembre 1592.Padova era la sede dello Studio della Serenissimaed era un centro di studio prestigioso, conosciutoed apprezzato in tutta Europa, dove confluivanoparecchi studenti stranieri. La tradizione culturaledominante che le aveva dato una fisionomia incon-fondibile era quella aristotelica, legata quindi allatradizione, ma aperta pure all�esperimento e all�os-servazione della natura. Quella che emergeva dal-l�università patavina era nella sostanza una culturalaica, come laico e geloso custode della sua auto-nomia rispetto ad ingerenze ecclesiastiche era ilpotere veneziano che la proteggeva e la curava congrande attenzione.

Non mancavano del resto nemmeno a Padovacontrasti culturali forti. Basti pensare al tentativofatto dai gesuiti di inserire proprio in quell�ambienteun loro proprio Studio, naturalmente in concorrenzaideologica rispetto a quello ufficiale. D�altra partestava dominando lo spirito della Controriforma, eproprio la terra veneta si dimostrava luogo favorevo-le agli scontri giurisdizionali, cioè alla rivendicazioneda parte dello stato delle sue prerogative, comeavrebbe dimostrato di lì a pochissimi anni la que-stione dell�interdetto. Venezia poi esercitava ancora


un notevole fascino, che si prolungava in un tra-monto lunghissimo: se tra Cinque e Seicento la suaforza commerciale cominciava a incontrare più soli-di ostacoli e più agguerrite concorrenze, essa tutta-via appariva in più floride condizioni economiche epolitiche rispetto ad altri stati della penisola, domina-ti da potenze straniere, soggetti all�autorità pontificiae, comunque, strutturalmente più deboli.

Il Galilei, dunque, insoddisfatto dell�ambientepisano, aveva scelto con convinzione la terra vene-ta: certo, col senno di poi, noi sappiamo che il suolegame con la Toscana non solo nel suo intimo, maanche nella realtà, non verrà mai interrotto.Altrimenti non capiremmo il brusco ed inaspettato(almeno in apparenza) abbandono di Padova pertornare nella sua terra d�origine nel 1610. Comesempre accadrà nella sua intensa esistenza, ancheadesso l�aspetto pubblico della sua professione e lequestioni private si intrecciano in lui profondamen-te.

La società padovana si presentava aperta e tol-lerante, in confronto alla situazione di altre partidella penisola. Le informazioni dall�Europa circola-vano agevolmente, la religiosità della popolazioneera sincera, ma non bigotta, la cultura stessa pre-sentava una duplice faccia, una più tradizionale elegata alla filosofia aristotelica (non riducibile adun�unica corrente o ad un�unica interpretazione delpensiero del filosofo greco), l�altra più legata allavolontà di sperimentare nel campo delle scienze, di


indubbia origine rinascimentale. Per esempio eravivissima a Padova una tradizione anatomica chestava rinnovando gli studi di medicina, come in altrocampo veniva curato particolarmente lo studio dellepiante, con la creazione di un famoso orto botanico.

Quanto all�ambiente urbano, la città veneta nonsi distingueva sostanzialmente dai modelli dellealtre città contemporanee: forti erano i contrasti diclasse, diffuse le violenze, nonostante i continuibandi contro i delinquenti e contro le spese ecces-sive; così lasciavano a desiderare l�igiene e la puli-zia pubblica né qui era particolarmente solida l�or-ganizzazione sanitaria contro le malattie più gravi,quali le pestilenze (vanno ricordate anche qui dueanni tragici, il 1576 e il 1631); si dava però granpeso sociale alle regole di etichetta, di galateo, diprecedenza, così caratteristiche dell�età barocca,ma anche alle feste, ai tornei, ai giochi pubblici, allecorse, ai palii.

E� chiaro che in questo Padova rispecchiava letrasformazioni urbanistiche e culturali delle cittàeuropee, ed è indubbio che un ceto nobiliare e intel-lettuale particolarmente accorto dava all�atmosferacittadina un respiro diverso, del quale il Galilei si erain più occasioni accorto. Tra insegnamento univer-sitario e discussioni extrascolastiche, fossero acca-demie o case private, vi era un continuo e fecondoscambio di idee. Non era raro che ci si incontrassenelle botteghe o agli angoli delle strade per conti-nuare e approfondire problemi nati nelle aule uni-


versitari. Un luogo particolarmente aperto era lacasa del patrizio di origine napoletana GiovanniVincenzo Pinelli, dotata per altro di una ricchissimabiblioteca e che fu fino alla morte del proprietario unvero e proprio centro di cultura, una specie diAccademia privata, frequentata tra gli altri daCesare Baronio, da Roberto Bellarmino, daTorquato Tasso, da Gian Francesco Mussato, daSperone Speroni, da Paolo Sarpi. In luoghi comequesto, lo scienziato toscano conosceva e si face-va conoscere, mostrava il suo carattere polemico ela sua grinta, evidenziava la sua innegabile capaci-tà di inserirsi in vari ambienti sociali imponendo fre-quentemente nelle dispute la sua forte personalità.

Nella sua nuova sede universitaria egli potevaquindi entrare in contatto con personaggi aperti allacultura quali Lorenzo Pignoria, Paolo Gualdo,Giacomo Alvise Cornaro. Ma era Venezia che glioffriva l�occasione di incontrare, fra i tanti altri,Fulgenzio Micanzio (che resterà a lungo in contattocon lui), Sebastiano Venier (riformatore dello Studiodi Padova), Leonardo Giustiniani, GiovanFrancesco Sagredo, l�indimenticabile interlocutoredei dialoghi galileiani, e Paolo Sarpi, religioso servi-ta, teologo consultore della Serenissima, autore tral�altro di una celebre e battagliera Istoria del conci-lio tridentino. Proprio nel periodo in cui Galilei era aPadova, si sviluppò una durissima polemica traRoma e Venezia, originata dal rifiuto veneziano diaccettare nuove istituzioni religiose in territorio


veneto, senza il proprio consenso, e soprattutto dal-l�arresto di due religiosi accusati di reati comuni,seguito dal rifiuto di consegnarli alle autorità eccle-siastiche, che avrebbero voluto tradizionalmentefarli giudicare da un proprio tribunale. Qui si mani-festa l�autonomia del potere veneziano contro ilcosiddetto �privilegio del fòro� e qui si radica la vio-lenta risposta della curia romana. Papa Paolo Vscomunica infatti i reggitori della repubblica venetae lancia l�interdetto, cioè proibisce le cerimonie reli-giose in tutto il territorio della Serenissima.

E� dunque uno scontro senza precedenti, nelquale Paolo Sarpi, proprio allora nominato consul-tore, sostiene l�autonomia dello stato anche inmateria ecclesiastica e profila un�immagine dellafigura del pontefice radicalmente ridimensionatanelle sue pretese di governo temporale della socie-tà e invece molto valorizzata sotto il profilo spiritua-le. Venezia nel 1607 potrà cantare vittoria, perché ilpapa ritirerà l�interdetto. Al Sarpi Galileo sarà lega-to da sincera e lunga amicizia (il teologo morirà nel1623), al di là delle scarse lettere rimaste, cheaffrontano per lo più questioni tecniche, special-mente di meccanica, come di questo tenore dove-vano essere per altro le loro conversazioni.

Il Galilei era stato bravo e tempestivo a circon-darsi di una fama di competenza e di rispetto. Lalezione inaugurale allo Studio aveva suscitato un�e-co favorevole ed aveva sicuramente contribuito adaccrescere la sua reputazione scientifica, ben nota


del resto da tempo. Fatto sta che parecchi allievichiedevano al maestro di continuare in sede priva-ta l�insegnamento universitario, come effettivamen-te avvenne, specialmente da quando gli fu possibi-le trasferirsi in una casa più ampia, capace di ospi-tare diverse persone, con annessa una piccola offi-cina per la costruzione di strumenti meccanici oottici, secondo il modello dell�ingegnere rinasci-mentale. Come un Leonardo da Vinci redivivo,Galileo non rifiuterà mai l�aspetto pratico, applicati-vo, ingegneristico della propria scienza. In unambiente come quello veneto, poi, un atteggiamen-to di questo tipo doveva risultare particolarmentegradito, anche se la vocazione galileiana era inprimo luogo quella di uno scienziato e non di un tec-nico. L�ospitalità agli studenti era gradita da entram-be le parti, perché lo studioso incrementava i propriredditi e gli studenti erano felici di poterlo ascoltareoltre il normale orario di lezione.

La sua vita privata si intreccia profondamente aquella pubblica, unendosi in una personalità forte,spiritualmente attiva, ma anche amante della vitamateriale in tutti i suoi aspetti. Con espressione par-ticolarmente felice il Banfi, uno dei suoi migliori bio-grafi, ha parlato della �vigorosa sensualità diGalileo�, del gusto per la buona tavola e per il vinoche rallegra la conversazione, per le attenzioniverso l�altro sesso. Non a caso proprio in questoperiodo egli intreccia una relazione amorosa conuna donna veneziana, Marina Gamba, dall�unione


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INDICE

Cap. I - I primi anniFanciullezza e adolescenzaStudi universitari

Cap. II - Galilei a PadovaLa vocazione allo studio e alla ricercaL�ambiente padovanoIpotesi per un addio

Cap. III - I satelliti di Giove e il ritorno in ToscanaIl cosmo degli antichiIl cannocchialeCopernico, Keplero e BraheL�annuncio celesteL�attrattiva di Roma

Cap. IV - Le lettere copernicaneCorpi nell�acqua e macchie solariIl metodo galileianoLe lettere a Benedetto Castelli e a Piero DiniLa lettera a Madama Cristina di Lorena

Cap. V - Il copernicanesimo sotto tiroTra problemi di salute ed entusiamo intellettualeL�ammonimento del BellarminoCampanella e Galilei


Cap. VI - Un�opera polemica: il SaggiatoreDiscussioni marine e celestiIl Saggiatore

Cap. VII - I massimi sistemiL�elaborazione del dialogoLa struttura dell�operaSpunti teorici e passi memorabili

Cap. VIII - Il processoLa convocazione a RomaL�interrogatorio e la condannaIl triste ritorno in patria

Cap. IX - Galileo �privato�Tra pubblico e privatoLa monacazione delle figlieSuor Maria CelesteSquarci di vita fiorentina

Cap. X - Gli ultimi anniDeclino fisico e vigore intellettualeL�eredità intellettuale


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ISBN 88-7647-116-2

Biografie«Galileo Galilei e il Suo Tempo»

di Valerio Del Nero

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