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Verso un sistema di trasporti sostenibile Valeria Spada ([email protected] ;) Università degli Studi di Foggia – Facoltà di Economia – Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali, Giuridiche, Merceologiche e Geografiche, Via R. Caggese n.1, 71100 Foggia

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Verso un sistema di trasporti sostenibile

Valeria Spada ([email protected];)

Università degli Studi di Foggia – Facoltà di Economia – Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali, Giuridiche, Merceologiche e Geografiche,

Via R. Caggese n.1, 71100 Foggia

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INDICE

Introduzione

Bilancio energetico del settore dei trasporti

Andamento evolutivo delle diverse modalità di trasporto in Europa

Ottimizzare il sistema dei trasportiI veicoli elettriciI veicoli ibridiI biocarburantiIl bioidrogeno

Conclusioni

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È noto che negli ultimi anni il livello delle emissioni nell’atmosfera, associato anche

all’incremento del traffico veicolare nelle grandi aree urbane, sta assumendo

dimensioni sempre più preoccupanti.

Il settore dei trasporti è essenziale per lo sviluppo socio-economico, ma la sua

crescita “non sostenibile” impone alla società costi significativi in termini di

impatto sull’ambiente e sulla salute dei cittadini.

La necessità di garantire un sicuro approvvigionamento energetico implica:

la riduzione della dipendenza dal petrolio;

l'adozione di iniziative miranti alla diversificazione dei carburanti impiegati e

all’introduzione di mezzi di trasporto più rispettosi dell’ambiente.

Introduzione

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A tal fine molti Paesi stanno avviando programmi indirizzati al miglioramento

dell’efficienza del parco veicolare, incentivando:

1. la sostituzione dei mezzi di trasporto tradizionali con altri più efficienti o

dotati di nuovi sistemi di trazione (veicoli elettrici, ibridi e a celle a

combustibile);

2. la promozione dell’uso di carburanti fossili, come il gas naturale compresso

(GNC), il gas di petrolio liquefatto (GPL) o non fossili, come i biocarburanti e

l’idrogeno.

Grazie ai progressi tecnologici conseguiti negli ultimi venti anni nel settore dei

trasporti, la situazione ambientale ha registrato la riduzione delle emissioni di

alcune sostanze nocive, mentre i consumi energetici, le emissioni di gas serra,

l’inquinamento acustico e l’impatto sul territorio nel suo complesso destano

ancora crescente preoccupazione.

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Nella figura sono schematizzate sia le materie prime impiegate, sia i combustibili e i

vettori energetici da esse ricavabili, evidenziando le principali tipologie di veicoli che

potranno essere alimentati dai suddetti combustibili, con emissioni inquinanti quasi

nulle.

In questo modo le tecnologie esistenti e le innovazioni del settore potranno

migliorare gli attuali sistemi di trasporto, al fine di renderli più funzionali alle

esigenze delle città, delle economie e dell’ambiente.

Percorso tecnologico per la produzione di carburanti alternativi

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Stime recenti riportano che oltre il 40% dei consumi energetici mondiali sono

assorbiti dal settore dei trasporti (di cui il 70% è dovuto ai paesi industrializzati), la

metà dei quali è destinata al trasporto su gomma. Esso rappresenta la modalità più

energivora, dipendente in maniera quasi esclusiva (circa il 98%) dai derivati del

petrolio. Nell’anno 2002 il contributo di altri combustibili (elettricità, gas naturale e

carbone) e dei biocombustibili al settore dei trasporti è stato rispettivamente di circa

il 2% e dello 0,3%, così come illustrato in figura.

Bilancio energetico del settore dei trasporti

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Si stima che, nell’anno 2030, il parco veicolare supererà 1,3 miliardi di veicoli,

mentre sul piano dei consumi energetici si prevede che il settore dei trasporti

raggiungerà 3,2 Gtep (rispetto agli attuali 1,75 Gtep), assorbendo quasi il 54% della

domanda totale di petrolio.

Negli ultimi 25 anni, la flotta veicolare è più che raddoppiata nei paesi

industrializzati: attualmente, nel mondo, sono presenti circa 600 milioni di

autovetture private e quasi 209 milioni di autocarri.

Come evidenziato dal Rapporto Nazionale sull’Ambiente del 2005 in Italia la

domanda di mobilità negli ultimi 15 anni è aumentata del 30% per i passeggeri e

del 10% per le merci. Il parco veicolare si è ampliato complessivamente del 33%: le

auto hanno registrato un incremento del 24%, i motocicli del 82% e gli autocarri

del 55%.

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In particolare, sin dalla metà degli anni Novanta, la percentuale di traffico

passeggeri con auto (circa il 73%) e per ferrovia (circa il 6%) è rimasta pressoché

stabile; mentre il trasporto con autobus, a partire dagli inizi del 1990, ha subito un

decremento di quasi il 25% passando nell’anno 2002 a quasi il 9,3%.

Il trasporto aereo, invece, è stato il mezzo di trasporto che ha realizzato la più

rapida espansione rispetto alle altre modalità, con un aumento pari almeno al 5%

annuo; tuttavia, dopo l’anno 2000 esso ha mostrato un andamento decrescente.

Andamento evolutivo delle diverse modalità di trasporto in Europa

In Europa nel corso degli anni

1990 il trasporto stradale ed

aereo ha registrato un rilevante

incremento, mentre la quota di

utilizzo di altri mezzi, quali treni

e autobus, è rimasta costante o

è diminuita.

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Andamento evolutivo delle diverse modalità di trasporto in Europa

Il trasporto su strada domina con il 78% il mercato del trasporto merci interno nei Paesi membri EEA. Inoltre, la modalità di trasporo su strada è cresciuta nettamente nel corso dell’ultimo decennio a discapito del trasporto ferroviario e per via d’acqua interna.

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I consumi energetici nel settore (circa 284 Mtep nel caso del traffico su strada,

nettamente superiori rispetto a quelli delle altre modalità di trasporto)

contribuiscono non solo alle emissioni di gas serra, ma, in funzione delle

caratteristiche tecniche dei carburanti e dei motori, determinano anche

l’emissione di inquinanti in atmosfera.

È stato stimato che in Europa i trasporti sono all’origine della più elevata

percentuale di emissioni di CO (74%), di NOx (55%), di VOC (47%), di CO2

(21%) e di SOx (9%). In Italia il settore dei trasporti è responsabile del 74% delle

emissioni complessive di polveri PM10. Trattasi di polveri aerodisperse di

dimensioni submicrobiche capaci di penetrare nelle profondità dei polmoni con

deposito di sostanze tossiche potenzialmente cancerogene.

Le prospettive non sono certamente rassicuranti, prevedendosi che nel 2030, a

causa della rapida crescita del traffico stradale, l’entità dell’impatto ambientale

subirà un notevole incremento.

Aspetti ambientali

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Emissioni di gas serra dai trasporti nei Paesi EEA

Le emissioni di gas serra sono aumentate più del 27 % tra il 1990 e il 2005 nei Paesi membri EEA. EU‑15 è responsabile per l’83 % del totale (non includendo il transporto internazionale marittimo e aereo). Questo aumento nelle emissioni si è verificato anche se la flotta dei veicoli è diventata più efficiente.

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Le emissioni di sostanze acidificanti, dei precursori dell’ozono e dei particolati si sono ridotte del 36%, del 45% e del 33% rispettivamente tra il 1990 e il 2005 nei 32 paesi membri EEA. Questo è da attribuire alla riduzione delle emissioni verificatasi nel trasporto su strada, a seguito del rinnovo della flotta con veicoli dotati di convertitori catalitici, di sistemi di cattura dei particolati e a seguito del ridotto contenuto di zolfo nel carburanti.

Emissioni di sostanze inquinanti dal settore dei trasporti nei Paesi EEA

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Al fine di ridurre le emissioni inquinanti nell’atmosfera (in particolar modo nei

centri urbani) e tutelare la qualità dell’aria, un’alternativa (al momento di

nicchia) potrebbe essere quella della trazione elettrica, applicata non solo ai mezzi

pubblici, ma anche a quelli privati.

In particolare, nei veicoli elettrici “puri” (che utilizzano solo energia elettrica per

la trazione) l’energia è immagazzinata attraverso batterie, e successivamente

trasformata in energia meccanica (per il moto del veicolo) mediante un motore

elettrico, consentendo di garantire livelli di prestazioni comparabili a quelli dei

veicoli tradizionali. Essi si caratterizzano da un’autonomia compresa tra i 60 e i

120 km /h nell’uso cittadino.

I veicoli elettrici

Ottimizzare il sistema dei trasporti

Il privilegio fondamentale della trazione elettrica, rispetto a quella a combustione

interna, è la quasi totale assenza di emissioni in loco, sia di tipo atmosferico che

acustico.

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Gli aspetti negativi legati all’uso delle batterie sono:

• l’elevato costo;

• la ridotta autonomia;

• i lunghi tempi di ricarica e la breve durata di vita.

Tuttavia bisogna evidenziare che l’impiego nell’auto elettrica di batterie al

piombo richiederebbe una quantità di piombo inferiore a quella attualmente

necessaria per la realizzazione delle batterie di avviamento di tutti i veicoli del

parco automobilistico nazionale: quindi nessun aggravio né in termini di

produzione né di smaltimento.

Inoltre, una consistente immissione sul mercato di veicoli elettrici nel medio-

lungo periodo potrebbe avvalersi di batterie al sodio-cloruro attualmente già

disponibili e completamente riciclabili, in grado di fornire come sottoprodotto

un materiale direttamente utilizzabile dall’industria degli acciai.

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Al fine di ovviare a questi inconvenienti è nata l’idea del veicolo ibrido, che

si ritiene possa consentire di “gestire” la fase di transizione, in attesa di

introdurre nel settore dei trasporti tecnologie innovative e carburanti

alternativi.

L’obiettivo è di orientare l’economia dei paesi verso altre soluzioni, che in

questo ambito non sono ancora applicabili, come la diversificazione delle

fonti di energia impiegate. In questo modo si cerca di ottimizzare il

funzionamento complessivo della vettura, ottenendo un significativo

aumento dell’efficienza e riducendo l’impatto ambientale, rispetto ai

mezzi di trasporto tradizionali.

I veicoli ibridi

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Nei veicoli ibridi il sistema di trazione principale è un motore a

combustione interna (a benzina o a gasolio), mentre quello secondario è un

motore elettrico alimentato da batterie.

I veicoli in esame sono in grado di ridurre:

di circa il 50% i consumi di carburante e le emissioni di CO2;

di quasi il 90% le emissioni di sostanze inquinanti nocive.

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Lo sviluppo di sistemi di propulsione elettrici, commercialmente già

disponibili sul mercato, pur richiedendo ulteriori investimenti per il loro

perfezionamento, può fare affidamento su una infrastruttura ben

consolidata, relativamente alla rete elettrica di distribuzione, ma non

ancora per i terminali di ricarica pubblici e privati.

È importante evidenziare che una diffusione su ampia scala dei veicoli in

questione comporterebbe un potenziamento delle centrali elettriche

indispensabili al loro rifornimento le cui emissioni, potrebbero

vanificare i benefici ambientali ottenuti.

Alcune considerazioni

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Occorre tenere presente che l’abbattimento dei fumi di una centrale, alimentata

con combustibili fossili, è più efficace di quello delle singole vetture con motore a

combustione interna (si tratta di sistemi applicati ad una sola fonte di emissione).

A tal proposito diventa prioritario applicare, nell’ambito delle suddette centrali,

le tecnologie di cattura e sequestro a lungo termine della CO2, al momento alquanto

dispendiose, in particolar modo in impianti di dimensioni ridotte.

Tuttavia, si stima che un milione di veicoli elettrici incrementerebbe i consumi

energetici di circa 5.000 MWh/giorno, meno dello 0,8% di quelli totali in Italia. E’

prevedibile che tali consumi verrebbero assorbiti durante la notte, quando c’è una

forte riserva di capacità elettrica produttiva, addirittura in grado di ricaricare

circa 4 milioni di veicoli elettrici.

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Nel tentativo di ottimizzare i trasporti pubblici e privati, l’industria

automobilistica sta studiando altre iniziative finalizzate a incentivare il

processo di decarbonizzazione dei carburanti.

In tale contesto i biocarburanti, derivati dalle biomasse, potrebbero

rappresentare, in un ottica di breve-medio periodo, una valida alternativa

alle fonti fossili ed essere impiegati direttamente nel settore dei trasporti.

Essi sono in grado di integrarsi rapidamente negli attuali sistemi di

distribuzione del carburante (senza creare sconvolgimenti nella filiera

produttiva), con notevoli vantaggi sul piano delle emissioni.

I biocarburanti

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Nonostante i costi siano al momento più elevati di quelli delle fonti fossili,

il loro utilizzo è in aumento in tutto il mondo: grazie al sostegno di

misure politiche e strategiche, la produzione mondiale di biocarburanti è

oggi stimata a oltre 35 miliardi di litri annui.

Secondo gli obiettivi posti dall’UE, questi dovrebbero coprire nel 2010 il

6% della domanda per autotrazione e nel 2020 il 10%.

Il biodiesel può sostituire integralmente il gasolio, mentre l’etanolo e il

metanolo, se miscelati con le benzine in percentuali inferiori al 20%,

possono essere utilizzati in veicoli a combustione interna.

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2004 2005 Etanolo (Mt): 33 38 America del Nord 36% America del Sud 36% Asia 16% Europa 10% Altri 2% Biodiesel (Mt): 2 2,6 Germania 56% Italia 18% Francia 13% Altri 13%

Gli Stati Uniti d’America e il Brasile, i principali produttori di etanolo al mondo,

prevedono entro il 2010 di raddoppiare la produzione di biocarburanti.

Nell’anno 2005 a livello mondiale si è verificato un significativo incremento nei

livelli di produzione rispetto al 2004: infatti si è determinato un aumento della

produzione del 15% per l’etanolo e del 30% per il biodiesel.

Produzione mondiale di biocarburanti

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La loro introduzione potrà, inoltre, creare:

nuove opportunità di crescita occupazionale e di sviluppo rurale

sostenibile;

l’applicazione in agricoltura di pratiche innovative di utilizzo dei

suoli, riportando in produzione terreni improduttivi o messi a riposo.

Non bisogna però trascurare le problematiche connesse alle colture

energetiche dedicate che accanto alla richiesta di occupazione dei suoli,

che sarebbero inevitabilmente sottratti alle colture destinate

all’alimentazione umana, necessitano di disponibilità idrica. Non meno

significativo è l’impatto negativo sulla biodiversità colturale.

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Tuttavia i Paesi Membri dell’Ue sono ancora lontani dal raggiungimento

dell’obiettivo di introduzione dei biocarburanti nell’attuale sistema dei trasporti.

Esistono seri dubbi sulla reale possibilità che i biocarburanti di prima generazione

(agrofuel), possano contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2 senza

esercitare nel contempo inevitabili conseguenze negative sulla biodiversità, sulla

disponibilità di acqua e suoli e sui cambiamenti dell’utilizzazione dei terreni a

livello globale.

L’impiego delle biomasse disponibili o residuali, di seconda generazione, potrebbe,

invece, contribuire alla riduzione delle suddette emissioni a costi inferiori.

Tuttavia sono necessarie maggiori analisi per stabilire se questi siano disponibili

in quantità tali da rispettare l’obiettivo del 10% nel 2020.

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Le tecnologie avanzate nel settore dei biocarburanti potrebbero

rappresentare una svolta anche per la produzione rinnovabile di idrogeno.

Infatti, attraverso le tecniche di conversione energetica delle biomasse, si

possono ottenere combustibili solidi, liquidi o gassosi idonei, tra l’altro,

ad essere impiegati per la generazione su richiesta di idrogeno

(bioidrogeno): ciò è possibile attraverso processi termochimici

(gassificazione, pirolisi) e biotecnologici (fermentazione).

Tuttavia questi processi, ancora in fase di sperimentazione, non

incideranno per i prossimi anni sulla produzione mondiale di idrogeno a

causa del suo basso tenore nelle biomasse di partenza (6-6,5%), oltre che

delle problematiche tecniche che rendono tali procedure non competitive.

Il bioidrogeno

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Pertanto, a causa dei limitati quantitativi ottenibili, si prevede che

l’impiego di miscele di idrogeno con altri carburanti (gas naturale,

benzina, biocombustibili) potrà costituire un buon inizio per favorire il

suo utilizzo.

Queste miscele, infatti, presentano rilevanti vantaggi:

miglioramento della combustione;

riduzione delle emissioni di ossidi di azoto;

variazioni minime nel sistema di trasporto del combustibile e nei

combustori.

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Si ritiene che in futuro l’idrogeno sarà impiegato con priorità per la

propulsione di veicoli a celle a combustibile nelle aree urbane fortemente

inquinate, al fine di ridurre la concentrazione degli inquinanti locali.

Tuttavia, le fasi di produzione, accumulo, trasporto e impiego finale

dell’idrogeno nelle vetture a celle a combustibile comportano una catena

di trasformazioni che dissipano molta dell’energia primaria utilizzata

(perdita del 75-80%), rispetto al vettore elettricità, meno energivoro e più

efficiente (perdita non superiore al 20%).

Alcune considerazioni tecniche

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A ciò si aggiungono gli elevati costi di produzione e di capitale connessi

alla costruzione di adeguate infrastrutture di trasporto e distribuzione: si

ritiene, quindi, che, in mancanza di politiche fortemente incentivanti, si

potranno acquisire con difficoltà, in tempi brevi, gli ingenti investimenti

necessari a tale scopo.

È prevedibile, però, che il potenziamento delle attività di ricerca, a cui si

assisterà nel corso dei prossimi anni, nell’ambito della tecnologia di

ibridazione, potrà avvantaggiare i veicoli con celle a combustibile di tutti i

progressi che questo settore conseguirà.

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Conclusioni

Nell’ambito delle aree urbane, un contributo significativo alla riduzione

dell’inquinamento ambientale e dei consumi energetici (con inevitabili

investimenti a lungo termine) potrà conseguire dalla:

costruzione di impianti per la produzione di carburanti alternativi;

introduzione di motori di nuovo tipo, con il conseguente adeguamento

delle infrastrutture di trasporto e distribuzione del carburante.

Una delle principali sfide da affrontare, nel nostro secolo, è quella di

garantire che l’attuale sistema dei trasporti sia in grado di salvaguardare

sia la salute pubblica sia l’equilibrio degli ecosistemi e di soddisfare, nel

contempo, le esigenze di mobilità.

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In tale contesto, l’industria automobilistica potrà inserirsi in maniera attiva nella

fase di ricerca e sviluppo di tecnologie innovative, che potranno avere in futuro

progressi significativi. L’introduzione di questi modelli di veicoli su scala

industriale potrà produrre un incremento della produzione della componentistica

elettrica ed un corrispondente decremento del loro costo, costituendo così le

condizioni per l’avvio dei veicoli elettrici e ibridi.

Tuttavia, per far ciò è necessario modificare l’approccio con cui sperimentare un

nuovo tipo di veicolo o di vettore energetico sul mercato; i vari tentativi compiuti

in passato sono stati caratterizzati da scarso successo. L’impegno a produrre

veicoli non inquinanti ed energeticamente efficienti si tradurrà nella scelta

bilanciata fra i due vettori energetici, elettricità e idrogeno, in dipendenza delle

esigenze degli specifici settori d’impiego e in ragione della maturità tecnologica dei

sistemi e dell’accettazione del mercato.

È, quindi, importante mettere a punto non solo innovazioni tecnologiche nel

settore, ma modificare l’intero sistema di trasporti e i modelli comportamentali e

organizzativi dei cittadini.