Verrà e non tarderà - WebDiocesi · Abacuc si è messo “in alto”, cioè ha guarda-to il suo...

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Periodico di informazione dell’Arcidiocesi di Campobasso - Bojano Ufficio per le Comunicazioni Sociali Registrazione Tribunale di Campobasso n. 231 del 20.02.1998 Anno XI n. 18 1 Euro PRIMO PIANO Quando i profeti antichi parlano per noi 2 PASTORALI Cronaca di un sabato: nel buio della notte una Presenza si affaccia discreta LETTURE Nada te turbe, Nada te espante 8 DOCUMENTI Il luminoso tramonto del cardinale Martini 11 SOCIETA’ CIVILE La scuola: i documenti, il dibattito 12 EVENTI Il Sinodo dei vescovi si misura col nostro tempo 14 5 Il Rapporto Caritas-Migrantes 2008 presentato a Campobasso PAG. 15 C’ è un filo conduttore che lega, que- sta volta, diverse “pezzi” di Vita Dio- cesana. In parte è stato casuale. In parte no. Perché la crisi che monta esige rispo- ste. Soltanto chi si tappa le orecchie non ode il brontolìo sociale che è l’avanguardia di altre, più dure tensioni. È facile prevederlo, se gli italiani (vedi anche pag.3) hanno cominciato a comprare meno pa- ne e meno latte (altro che meno automobili!). La crisi finanziaria mondiale, che sta mas- sacrando l’economia reale (provate a leggere il bollettino quotidiano di licenziamenti e casse in- tegrazioni, quello che le Tv non vi daranno mai, o quasi), non è che una conseguenza della spa- ventosa crisi morale sofferta dalla nostra società occidentale. Mentre l’evasione fiscale ammonta a 270 mi- liardi di euro l’anno (avete letto bene). E il mondo della scuola italiana ribolle. Depu- riamo pure le proteste di tutte le “convenienze” (i rituali autunnali, le rendite di posizione, la dife- sa del posto ecc.), resta il fatto che la scuola è il futuro di un paese e su quel futuro è calata la scu- re dei tagli, senza il contrappeso di un progetto, di una speranza. Ecco: il nostro sta diventando un paese che manca di speranza, lasciatelo dire a chi ricorda bene l’Italia degli anni sessanta, quando i fidan- zati risparmiavano per “farsi la casa”. Oggi vengono gli “altri” da noi (vedi pag. 15 – Dossier Caritas) e non li sappiamo accogliere. In- tanto un libro amaro e vero, scritto da un corag- gioso giudice antimafia, Roberto Scarpinato, che delinea il profilo storico di un’Italia corrotta fin nel midollo delle ossa, è accolto dal gelido silenzio dei mass media. Dobbiamo allora rassegnarci a consegnare ai nostri figli un paese in cui “le regole le fa il più ricco, il più forte, il più furbo”, come scrive Miche- le Serra? No. Anche perché la Chiesa leva la sua voce. Il profeta Abacuc (vedi Tartaglia a pag.2) ci dà la sua analisi e la sua ricetta. I profeti infatti – vissuti ieri – parlano sempre agli uomini che li leg- gono oggi, scavalcando i tempi e le culture. Aba- cuc sentenzia che la crisi è morale, perché nuo- vo dio è il privilegio del denaro, il potere è avidità, la democrazia si spegne nel clientelismo. Chi teme Dio invece prende la sua parte di re- sponsabilità e affretta il tempo della “liberazione”, perché sa che “certo verrà e non tarderà”. Verrà e non tarderà Andrea de Lisio Al via il gruppo giovanile missionario diocesano PAG. 4 “Uniti, in cammino verso Cristo” Il movimento ecumenico in Molise PAG. 10

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Periodico di informazionedell’Arcidiocesi di Campobasso - Bojano

Ufficio per le Comunicazioni SocialiRegistrazione Tribunale di Campobasso

n. 231 del 20.02.1998Anno XI n. 18

1 Euro

PRIMO PIANOQuando i profeti antichiparlano per noi 2PASTORALICronaca di un sabato: nel buio della notte una Presenza si affaccia discretaLETTURENada te turbe,Nada te espante 8DOCUMENTIIl luminoso tramontodel cardinale Martini 11SOCIETA’ CIVILELa scuola: i documenti, il dibattito 12EVENTIIl Sinodo dei vescovisi misura col nostro tempo 14

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Il RapportoCaritas-Migrantes 2008presentatoa CampobassoPAG. 15

C’è un filo conduttore che lega, que-sta volta, diverse “pezzi” di Vita Dio-cesana. In parte è stato casuale. In

parte no. Perché la crisi che monta esige rispo-ste. Soltanto chi si tappa le orecchie non ode ilbrontolìo sociale che è l’avanguardia di altre, piùdure tensioni.

È facile prevederlo, se gli italiani (vedi anchepag.3) hanno cominciato a comprare meno pa-ne e meno latte (altro che meno automobili!).

La crisi finanziaria mondiale, che sta mas-sacrando l’economia reale (provate a leggere ilbollettino quotidiano di licenziamenti e casse in-tegrazioni, quello che le Tv non vi daranno mai,o quasi), non è che una conseguenza della spa-ventosa crisi morale sofferta dalla nostra societàoccidentale.

Mentre l’evasione fiscale ammonta a 270 mi-liardi di euro l’anno (avete letto bene).

E il mondo della scuola italiana ribolle. Depu-riamo pure le proteste di tutte le “convenienze”(i rituali autunnali, le rendite di posizione, la dife-sa del posto ecc.), resta il fatto che la scuola è ilfuturo di un paese e su quel futuro è calata la scu-re dei tagli, senza il contrappeso di un progetto,di una speranza.

Ecco: il nostro sta diventando un paese chemanca di speranza, lasciatelo dire a chi ricordabene l’Italia degli anni sessanta, quando i fidan-zati risparmiavano per “farsi la casa”.

Oggi vengono gli “altri” da noi (vedi pag. 15 –Dossier Caritas) e non li sappiamo accogliere. In-tanto un libro amaro e vero, scritto da un corag-gioso giudice antimafia, Roberto Scarpinato, chedelinea il profilo storico di un’Italia corrotta fin nelmidollo delle ossa, è accolto dal gelido silenziodei mass media.

Dobbiamo allora rassegnarci a consegnareai nostri figli un paese in cui “le regole le fa il piùricco, il più forte, il più furbo”, come scrive Miche-le Serra? No. Anche perché la Chiesa leva la suavoce. Il profeta Abacuc (vedi Tartaglia a pag.2) cidà la sua analisi e la sua ricetta. I profeti infatti –vissuti ieri – parlano sempre agli uomini che li leg-gono oggi, scavalcando i tempi e le culture. Aba-cuc sentenzia che la crisi è morale, perché nuo-vo dio è il privilegio del denaro, il potere è avidità,la democrazia si spegne nel clientelismo.

Chi teme Dio invece prende la sua parte di re-sponsabilità e affretta il tempo della “liberazione”,perché sa che “certo verrà e non tarderà”.

Verrà e non tarderàAndrea de Lisio

Al via il gruppo giovanilemissionario diocesanoPAG. 4

“Uniti, in camminoverso Cristo”Il movimento ecumenico in MolisePAG. 10

Vita DIOCESANA n. 18 Anno XI2

PRIMO PIANOPRIMO PIANO

“Mi metterò di sentinella, in piedi sul-la fortezza, a spiare, per vederecosa mi dirà, che cosa risponderà

ai miei lamenti” (Ab 2,1). Il profeta Abacuc sta par-lando di Dio e aspetta un segno da lui. Tuttaviaha capito che per essere ricettivo deve uscire dauna situazione di ripiegamento su di sé, si met-te in piedi per guardare attorno con attenzione.L’effetto di questo scatto di reni è duplice: da unlato percepisce che Dio interviene nella storia,dall’altro un’attenta osservazione gli permette diandare aldilà di un malessere generico, del sen-so di spaesamento e di dare un nome al maleche lo circonda.

Subito infatti Dio gli risponde: “Scrivi la visio-ne e incidila bene su tavolette… parla di una sca-denza e non mentisce; se indugia attendila, per-ché certo verrà e non tarderà. Ecco, soccombechi non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà perla sua fede” (2,2-4). Il profeta individua con pre-cisione “chi non ha l’animo retto” ed è perciò de-stinato a finire, e fa l’elenco di cinque categoriedi delinquenti: “Guai a chi accumula ciò che nonè suo e si carica di pegni… guai a chi è avido dilucro… guai a chi costruisce la città sul sangue…guai a chi fa bere i suoi vicini versando veleno perubriacarli… guai a chi dice al legno: svegliati!”(2,6-20).

Ho citato solo i capoversi del discorso, che in-dicano le categorie e a cui seguono una serie diriflessioni che vale la pena leggere per intero.Abacuc ha visto bene dove risiede l’origine deiproblemi della società in cui vive perché, alzan-dosi in piedi, ha deciso di non voltare la faccia madi guardare e denunciare; l’alternativa sarebbestata quella di farsi risucchiare o tra coloro checausano il male o tra coloro che subiscono leconseguenze e diventano vittime rassegnate.

Cerchiamo di decifrare e attualizzare le cin-que categorie:

a. chi accumula ciò che non è suo e si cari-ca di pegni: sono coloro che sprecano i beni del-la comunità, che spendono al di là delle possibi-lità con estrema leggerezza, senza risolvere i pro-blemi. Nel nostro contesto sono i debiti accumu-lati per esempio dalla Regione non per lo svilup-po ma per ingrassare gli ingordi attraverso l’am-pliamento degli incarichi inutili e la porcata delleconsulenze. Per riempire questi pozzi senza fon-do si è persino creato un debito colossale con in-vestimenti in borsa con l’amara certezza che nonsi potrà onorare e ricadrà certamente su di noi traqualche tempo.

b. chi è avido di lucro: tutte quelle categoriedi sciacalli sparsi in ogni ambito della cosiddettasocietà civile e coloro che con la loro avidità aval-lano la corruzione del sistema.

c. chi costruisce la città sul sangue: gli effettidell’avidità e della gestione lobbystica della cosapubblica produce una marea di reietti: personeche mendicano alla porta dei potenti un posto cheè sempre più un’illusione, coloro che subisconogli effetti dei tagli alla spesa pubblica sempre piùsconsiderati, i giovani che non possono sognare

un benché minimo futuro, coloro che non sannofurbescamente votarsi a nessun santo, politico oprete che sia, e così via.

d. chi fa bere il vino ai vicini: i vicini sono co-loro che pur non mangiando la parte grossa del-la torta, rafforzano il sistema nella speranza dimangiare almeno le briciole, attraverso un con-tratto a progetto, un lavoro a tempo determinato,oppure la raccomandazione in un concorso.

Sono coloro che vengono ubriacati dall’illu-sione che prima o poi potrebbero entrare nellestanze che contano e che nel frattempo fanno iruffiani dei potenti e in questo modo anziché apri-re gli occhi e togliere loro il consenso, prima vo-tano il governo di turno e quando vengono scari-cati vanno a manifestare nelle piazze perché nonhanno più niente se non la voce per gridare e iltempo da perdere perché non possono più la-vorare.

e. chi dice al legno: svegliati! Sono coloro cheanziché fondare le loro scelte sui valori essenzia-li, sono alla ricerca dell’ultimo ritrovato della tec-nica, sognano che una loro figlia possa un gior-no diventare miss Italia o almeno la mantenuta diun calciatore che abbia uno straccio di contratto.

È la frenesia dei centri commerciali, il fasci-no degli oggetti e l’ansia di stare appresso allamoda che tiene in scacco la maggior parte dellepersone che delega poi la gestione della societàa coloro che hanno idoli un po’ più grandi: il po-tere, l’alta finanza, la gestione politica. Tutti vi-vono di idoli, ma se i poveracci si accorgesserodi quanto sono patetici i loro, salverebbero anchei potenti dai loro capricci devastanti.

Abacuc si è messo “in alto”, cioè ha guarda-to il suo mondo con gli occhi di Dio che smasche-ra gli idoli e rivela la realtà di un potere fondatosull’avidità e lo sfruttamento dei poveri. Tale po-tere, dice la Scrittura, anche se sembra invincibi-le, è destinato comunque a finire perché l’uomonon è padrone della propria vita. Se i poveri egli sfruttati, anche nella nostra piccola società re-gionale, aprissero gli occhi sul potere che han-no di neutralizzare i potenti, andando a scuola daiprofeti, non assisteremmo più agli umilianti inchi-ni verso chi succhia il nostro sangue per costrui-re con i proventi della vendita i propri palazzi.

Articolo apparso su La Fonte del numero di ottobre 2008

LA SOCIETÀ’ (ANCHE MOLISANA) DEL NOSTRO TEMPOGIUDICATA DALLA BIBBIAQuando i profeti antichi parlano per noi Michele Tartaglia

INSEGNANTI DI RELIGIONECORSO DI AGGIORNAMENTO “MOLISANO”“L’insegnamento della Religione Cattolica: un contributo alle nuove generazioni nel conte-

sto dell’Europa”. Questo il tema del 1°Corso regionale di aggiornamento degli Insegnanti di Re-ligione Cattolica in servizio nelle scuole statali nelle diocesi del Molise, tenutosi a Castelpetrosodal 24 al 26 ottobre scorso. Ha curato il corso il prof. Leo Leone. Le relazioni sono state dellostesso prof. Leo Leone, del prof. Andrea Porcarelli (Docente Universitario a Padova) e del prof.Sergio Cicatelli (del Ministero P.I.). Ha presieduto mons. Domenico Scotti.

Per approfondire, il sito: www.irc4.it

ABACUC 2,1Mi metterò di sentinella,in piedi sulla fortezza,a spiare, per vedere che cosa mi dirà,che cosa risponderà ai miei lamenti.Il Signore rispose e mi disse:«Scrivi la visionee incidila bene sulle tavoletteperché la si legga speditamente.È una visione che attesta un termine,parla di una scadenza e non mentisce;se indugia, attendila,perché certo verrà e non tarderà».Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto,mentre il giusto vivrà per la sua fede.La ricchezza rende malvagi; il superbonon sussisterà;Diranno: Guai a chi accumula ciò che non è suo,- e fino a quando? -e si carica di pegni!Guai a chi è avido di lucro, sventura per la sua casa, …La pietra infatti griderà dalla paretee dal tavolato risponderà la trave.Guai a chi costruisce una città sul sangue e fonda un castello sull’iniquità.

BREVI

PRIMO PIANOTERZA PAGINA

Oltre il venti per cento della popola-zione vive sotto i limiti dell’indigenza. Unapercentuale che non diminuisce da diecianni. Ma nessun politico se n’è maipreoccupato. Cala come un macigno sultavolo della politica a tutti i livelli, dal Go-verno nazionale alle Regioni ai Comuni.

Il Rapporto sulla povertà in Italiadella Caritas italiana mette in fila 260 pa-gine che denunciano «l’assenza di unavolontà politica efficace nel ridistribuire lerisorse disponibili» e di «un piano di lot-ta alla povertà».

Osserva don Vittorio Nozza, diretto-re della Caritas italiana: «Da anni assi-stiamo alla progressiva crescita della di-suguaglianza nel nostro Paese. Ma nes-suno fa nulla, se non una indiscriminatadistribuzione di aiuti e sostegni ai reddi-ti, che non risolve i problemi e finisce, an-zi, con il peggiorare i conti pubblici».

Insomma, si assistono i poveri, mamanca qualsiasi idea su come uscire dal-la povertà, che diventa un fattore struttu-rale. Il Rapporto spiega che l’Italia da die-ci anni mantiene costante la percentua-le di popolazione a rischio di povertà. Erail 20 per cento nel 1995 ed è rimasta il 20per cento nel 2006, e adesso tutti temo-no un’impennata.

Intanto le famiglie indebitate sonopassate, sempre negli ultimi due anni, dal24 al 26 per cento. La Caritas critica l’e-quivalenza “equivoca” tra povertà e im-poverimento e rileva che non basta so-stenere i consumi per uscire dall’indigen-za. Sottolinea don Nozza: «Non sono po-vere le famiglie proprietarie di casa o diun’azienda familiare che per via della

congiuntura sfavorevole sono costrette aridurre le ferie o a rinunciare a un vesti-to nuovo o all’acquisto di una barca. Almassimo si possono qualificare come im-poverite, cioè oggi dispongono di risorseeconomiche ridotte rispetto al passato».Eppure è di esse che le forze politiche,«con una massiccia mobilitazione in fa-se preelettorale», si sono occupate mol-tiplicando le promesse e le proposte. IlRapporto non nega la bontà di queste ini-ziative, ma esse hanno dimenticato i «po-veri più poveri», cioè il 20 per cento del-le famiglie italiane, i cosiddetti «deboliconsumatori», quelli che in ogni caso nonsarebbero in grado di far ripartire la mac-china della produzione.

La critica più puntuale è riservata al-l’abolizione dell’Ici e alla detassazione dellavoro straordinario: «Cosa buona, maper il 20 per cento delle famiglie che nonhanno casa e pagano l’affitto non si so-no registrate novità, così come le per-sone che non lavorano o hanno un la-voro precario sono state ignorate». Men-tre il prezzo della pasta è cresciuto del 17per cento e quello del pane del 13 percento. Così, rivela la Caritas, la presen-za di cittadini nelle mense popolari haavuto «un incremento senza preceden-ti». Il Rapporto rivela che sono quasi 45mila le famiglie che hanno avuto lo sfrat-to per morosità «segno evidente che nonce la fanno a reggere il peso dell’affitto».Dunque cosa fare?

Il Rapporto osserva che ci sarebbeuna risorsa potenziale: la lotta all’evasio-ne fiscale, stimata nell’ordine di 270 mi-liardi all’anno, il 19 per cento del Pil.

NOVEMBRE:IL DOLORE E LA SPERANZA

Sono stati giorni particolari, quelli che abbiamo da pocovissuto, agli inizi del mese di novembre. Giorni di preghie-ra, di riflessione, di monito. Stampati nel cuore di ciascunodi noi. Una visita al cimitero, una preghiera commossa, unricordo affettuoso per chi ci ha preceduti. Per chi ha lascia-to un segno indelebile nella nostra vita.

Ma sono stati anche giorni di riflessione acuta sul sen-so futuro del nostro camminare. Anche per la chiarezza delcielo, quel cielo che più volte preghiamo nel Padre nostro.E’ infatti nel cielo che abita il nostro Padre, ma è sulla ter-ra e nel cielo che si compie la sua volontà, per la nostra pa-ce. Dio infatti ci ha fatti per il cielo.

E questa chiarezza diviene forza. Più limpida è infatti lameta, più svelto è il passo. Ma è anche tragico il contrario:confusione di meta fa rima con divisione, frammentazio-ne, mormorazione.

In questo sguardo verso mete lontane, il presente si ca-rica di eternità. Anzi, è la speranza ad attrarre il futuro den-tro il presente. Già cambia il presente, se è toccato dallarealtà futura. Le cose future si riversano in quelle presentie le presenti in quelle future.

E’ papa Benedetto che parla e scrive di queste cose, darileggere con passione, affinando il nostro sguardo sul fu-turo, che ci avvolge e rischiara di speranza ogni cosa. An-che e soprattutto il mistero del dolore.

Perché su questo enigma, sul mistero del male corronosubito le domande dei giovani. E di tutti noi, in ogni terra edin ogni tempo. Perché speranza e male sono un binomioinscindibile, unico, mai chiarito del tutto. Sempre bisogno-so di luce.

Ci chiediamo infatti se il dolore, nella vita, sia un inciden-te di percorso oppure una componente essenziale (e per-ciò educativa!) della vita. E non basta rispondere con teo-rie. E’ dentro il pozzo del cuore che dobbiamo saper dareuna risposta a questa fondamentale domanda.

Perché sentiamo che proprio il dolore, quell’enig-ma che sembra uccidere la speranza, spesso diviene, nel-le misteriose pieghe della vita, l’occasione di una vita nuo-va. Ognuno ha spazi di esperienza diretta. Sa che l’aversofferto insieme, l’aver aiutato insieme un fratello fragile oferito, ci rende amici e vicini, con la forza della preghiera re-ciproca.

E’ il mio augurio per questo mese di novembre, segna-to da ricordi di dolore e di sofferenza, perché sia un mesedi rinnovata solidarietà. Le stesse commemorazioni delleguerre non siano pura retorica, ma seria e profonda rimoti-vazione per strade di pace vera, occasioni di scelte alter-native.

Ed anche le manifestazioni studentesche siano per lanostra comunità civile uno sprone a mettere da parte divi-sioni o frammentazioni, per dare ai nostri ragazzi una rispo-sta di coraggio e di fiducia. Di qualità, soprattutto.

Sia il volto dei nostri ragazzi, sia il bisogno di futuro edi speranza che abita nei loro cuori, a darci il gusto di unacatena di solidarietà da appendere all’unico pozzo, doveanche il Signore Gesù ha sostato, stanco per il viaggio. Cre-sca una nuova passione di verità e di amore, perché chiama, non cerca il proprio interesse; perché chi ama non go-de dell’ingiustizia, ma la verità è la sua gioia.

Togliere l’ICI a chi non ha casa? Mah!L’impoverimento dell’Italia, negli ultimi anni, ha marciatoa tappe forzate. Lo dice il tradizionale Rapporto Caritasanalizzato da Famiglia Cristiana. Ecco alcuni passi del servizio di Alberto Bobbio

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PRIMO PIANOPASTORALI

RAGAZZI RIUNITI DALL’INCONTRO D’AMORE CON LA MADONNAAL VIA IL GRUPPO GIOVANILE MISSIONARIO DIOCESANO “Noi che ci siamo riconosciuti in Cri-

sto, vogliamo trasmettere la suagioia”. Questo è quanto dicono i

sei ragazzi che il 19 ottobre, presso la Chiesa diSan Paolo a Campobasso, hanno ricevuto ilmandato missionario dal vescovo Bregantini, af-fiancato dal parroco Giovanni Diodati. Un picco-lo crocifisso con i colori dei cinque continenti, inun filo di caucciù, che, portato sempre al collo,assume il significato dell’annunciazione di Cristo.E’ così che nasce il Gruppo Giovanile Missiona-rio diocesano, seme di una pianta destinata aprosperare.

Nella chiesa di San Paolo grande era la com-mozione per le toccanti testimonianze durante laveglia missionaria.

La formazione in gruppo di questi ragazzi na-sce dalla proposta di don Adriano Cifelli, che saràla guida spirituale, e soprattutto dalla loro espe-rienza con la comunità parrocchiale di San Pao-lo a Medjugorie, nell’agosto scorso. “Il contattocon la Madonna ci ha permeati”, hanno detto. Lamotivazione di tutti risiede proprio nell’incontrod’amore con Lei, la madre di tutte le madri, che liha riuniti e spronati.

Viaggio a Medjugorie“Il viaggio di quest’estate ci ha toccato nel

profondo – hanno testimoniato i ragazzi – fino afarci tirar fuori il coraggio di trasmettere la fedeagli altri”. In realtà questo non è il primo, bensìil secondo organizzato dalla parrocchia San Pao-lo, ma a differenza dell’altro, stavolta non eranotutti giovani. Infatti l’intera comunità ha condivisoquesto momento.

Questa esperienza ha anche permesso il ge-mellaggio con altre parrocchie, come quella di

San Giovanni dei Gelsi. “L’aver toccato con mano la realtà di Medju-

gorie, la povertà di quella gente, il bisogno d’a-more che ha, ci ha dato il senso del valore dellecose e ci ha permesso di capire che Gesù vamesso al primo posto”.

Cosa vi ha spinto a formarvi in gruppo?Antonio: “Dopo Medjugorie il sì è stato più

forte, è aumentato l’entusiasmo per la vita par-rocchiale e la voglia di un impegno attivo nellachiesa”.

Vittorio: “E’ aumentata la voglia di sentirsirealizzati nello spirito e di raggiungere serenitàe pace interiore, sempre nella comunione congli altri”.

Fernando: “Il movimento missionario è un’oc-casione di condivisione per i giovani che voglio-no maturare nella fede seguendo un camminoper Cristo, andando anche contro i pregiudizi del-l’indifferenza nei confronti di chi è in condizioni di-sagiate”.

Milly: “Il gruppo appena nato parte dall’ideadi conoscere e far conoscere meglio Gesù por-tando la sua gioia, in modo da avere una guidapiù forte lungo il cammino della vita affinché ab-bia un senso”.

Noemi Galuppo

I giovani: «Il nostro è ungruppo aperto. Aspettiamocon gioia altri ragazzi moti-vati che si uniscano a noi»«Il viaggio di quest’estateci ha toccato nel profondofino a farci trovare il corag-gio di trasmettere la fedeagli altri»

MGM NAZIONALEIl gruppo missionario diocesano entra a farparte del Movimento Giovanile Missionario,nato il 25 aprile 1972 nelle Pontificie OpereMissionarie. “Andate in tutto il mondo e pre-dicate il Vangelo”(Mc 16,15) è l’invito di Ge-sù di cui si è fatto carico.E’ un luogo, un’agorà, un’occasione…Per adolescenti e giovani che vogliono ma-turare nella vita quotidiana e partecipare al-la missione universale della Chiesa di an-nunciare il Vangelo fino agli estremi confinidella Terra.… di formazione missionaria* per riflettere sulla natura missionaria dellaChiesa* per conoscere gli altri popoli* per assumere uno stile di vita evangelico* per scoprire la propria chiamata alla mis-sione come sacerdote, consacrata/o, laico,famiglia… e di vita comunitaria…* per contribuire all’abbattimento delle bar-riere dell’indifferenza e dei pregiudizi* per favorire l’incontro con giovani e cultu-re differenti* per promuovere a livello diocesano, regio-nale e nazionale la comunione, la correspon-sabilità e l’impegno tra le diverse realtà mis-sionarie di carattere giovanile”.Comunione del gruppo con altri organi“Il gruppo giovanile missionario, dovendosvolgere il suo servizio nella Chiesa locale,resterà in comunione con l’Ufficio Missiona-rio Diocesano, gli altri settori della pastoralediocesana e le forze che agiscono nelle e perle comunità locali”. Invito ai giovani“Il nostro è un gruppo aperto. Aspettiamo congioia altri ragazzi motivati che si uniscano anoi, nella preghiera e nelle attività che spe-riamo di portare a buon termine, come il mer-catino e la raccolta spesa per i poveri”.La bellezza di questo gruppo sta nell’esserefatto da giovani, in particolare per i giovani,per accrescere lo slancio missionario del po-polo di Dio.

Vita DIOCESANA n. 18 Anno XI

PRIMO PIANOPASTORALI

Elisa TomassoI ragazzi oggi hanno bisogno di segni visibili, che siano proposti non impostiL’adorazione è un modoalternativo di esserci e lascia grande libertà a chi voglia accostarsi alla preghiera e al Signore

Sul far della notte c’è solo qualche lumi-cino acceso ad indicare che oltre quel-la soglia c’è Qualcuno. Se ti avvicini

senti che nell’aria c’è qualcosa che avvolge in unprofondo mistero e suggerisce che si tratti di Unospeciale. Se varchi quella soglia ti fai piccolo pic-colo, ti inginocchi e saluti con sacrale rispetto quelRe che è sceso così in basso solo per farsi tro-vare da te. È lì, racchiuso in un pezzetto di pane,a tua disposizione, chiunque tu sia, per ascolta-re gli echi del tuo cuore e darti quella Pace chesolo in Lui puoi trovare.

È un sabato sera. Il corso di Campobassopian piano si affolla di gente, giovani specialmen-te. La chiesetta della Libera è aperta dalle nove.Dentro c’è Gesù esposto e l’adorazione è guida-ta da un gruppetto di pastorale giovanile. Il tem-po è scandito da risonanze della Parola, letturedi testimonianze, dolci melodie. La gente pregae, di volta in volta, va ad accendere un lumino aipiedi di Gesù e riporta indietro un bigliettino consu scritta una frase del Vangelo per vedere quel-la sera cosa voglia dire alla propria vita. Partico-larmente dolce è l’immagine di alcune giovanicoppie che insieme e ,quasi all’unisono, compio-no il rito.

Non ci sono molte persone. C’è chi entra e sitrattiene per molto, chi entra solo per un istante,c’è chi non entra e passa incuriosito sbirciando dicosa si tratti. C’è chi non passa e forse passeràsabato prossimo o non passerà mai.

C’è anche monsignor Bregantini. È arrivatotardi, chissà da quale altro importante appunta-mento, e come uno tra tanti, si è messo a pre-gare raccolto e in silenzio. Ancora una volta si èfatto vicino e prossimo al suo popolo, e al suoDio. Una signora, dopo aver compiuto il rito, glibacia la mano e con grande contentezza torna alsuo posto. Non è riuscito a non farsi notare.

La veglia termina. Un canto accompagna ilvescovo che ripone Gesù nel suo tabernacolo.

Fuori non c’è più tanta gente. A quest’ora so-no tutti nei locali a finire di consumare la notte.

I CRISTIANI NON SIANO NÉ SUCCUBI NÉ OPPOSTI, MA ALTERNATIVI

Al termine della veglia riesco a parlare conmonsignor Bregantini. È visibilmente molto stan-co ed è tardi. Ma come sempre con grande di-sponibilità mi invita a sedermi accanto a lui tra ibanchi della Libera.

Com’è nata quest’idea?Sotto suggerimento dei gruppi del Rinnova-

mento dello Spirito e della Pastorale giovanile chepoi sono e saranno i conduttori dell’iniziativa. E,cosa importante, in accordo e in comunione contutte le parrocchie della diocesi ed i rispettivi par-roci e con tutti i gruppi e le pastorali diocesane.

Perchè la Libera?L’intento è quello di creare sul corso di Cam-

pobasso un luogo che possa indicare una metaa tutti quei ragazzi che camminano erranti sullestrade di questa città.

Perché l’adorazione? Per dire che i cristiani non sono né succubi

né opposti, ma alternativi. E soprattutto che ci so-no. L’adorazione è un modo alternativo di esser-ci e lascia grande libertà a chi voglia accostarsialla preghiera e al Signore. È semplicemente pre-senza viva. È semplicemente Dio che si metteaccanto all’uomo in cammino.

Crede che funzionerà?Non ci sono aspettative. È una proposta,

un’alternativa concreta. I ragazzi oggi hanno bi-sogno di segni visibili, che siano proposti non im-posti. Ed anche chi non entra, e forse non entreràmai, sa che qui dentro c’è qualcuno che ogni sa-bato prega per lui e che lo accompagna.

E crede che questo basterà ad avvicina-re i giovani al Signore?

È un primo passo e non è isolato. Oltre al-l’incontro con l’Eucaristia, sono previsti nel corsodell’anno incontri sulla Parola incentrati natural-mente sulla figura di san Paolo. E poi non biso-gna dimenticare che Gesù lo si incontra anche

e soprattutto nei poveri di questo nostro tempo edi ogni tempo. Le possibilità sono tante. Occor-re solo mettersi in cammino nel modo giusto.

La chiesa deve chiudere. È ora di andare. Micongedo dal vescovo, e uscendo mi fermo ascambiare qualche parola con due ragazze del-la pastorale giovanile. Chiedo a Maria Laura sel’iniziativa ha in qualche modo a che fare con la“Tenda” di Corpus Domini e mi dice di si, che«vuole essere il suo prosieguo. Il vescovo inten-de continuare nella direzione di avvicinare Ge-sù ai giovani, per avvicinare i giovani a Gesù. Oc-corre farli familiarizzare lentamente e senza in-vadenze, rendendolo loro vicino compagno diviaggio e non un più un dio lontano e calato dal-l’alto». Alessandra, invece, mi confessa di ave-re un’aspettativa, «quella della formazione per-sonale e permanente alla presenza di Gesù. Ab-biamo bisogno per primi noi di essere evangeliz-zati, di imparare a pregare. Solo da Lui possia-mo trarre la forza e il coraggio per andare fuoried invitare i giovani a conoscerlo più da vicino.Attualmente ancora non siamo pronti. La miaaspettativa è di trovare in me, con la sua grazia,questo slancio evangelico».

DA UN’INIZIATIVA DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO E DELLAPASTORALE GIOVANILE, IL 25 OTTOBRE SI È CELEBRATA LA PRIMAADORAZIONE EUCARISTICA ALLA CHIESETTA DELLA LIBERACronaca di un sabato: nel buio della notte unaPresenza si affaccia discreta

La chiesa della Libera,al centro di Campobasso

sarà aperta ogni sabato sera dalle 21 a mezzanotte

per l’adorazione eucaristicaI primi tre sabati del mese sono animati dal gruppo

del Rinnovamento dello Spiritol’ultimo (il quarto)

dalla Pastorale giovanile

Vita DIOCESANA n. 18 Anno XI6

PASTORALI

Noemi Galuppo

BREVI I GIOVANI DISCUTONO SUL DECRETO GELMINI

Montagano – Il circolo ARCI (Associazione Ricreativa Culturale Italiana), il 24 ottobre, alle ore19, presso la propria sede, ha organizzato un incontro-dibattito sul decreto Gelmini. Sono inter-venuti il professor Rino Ziccardi, già segretario regionale CGL scuola, e Jordan Galuppo (se-greteria nazionale Associazione “a sinistra”), per illustrare i punti focali del decreto: maestrounico, diminuzione del tempo pieno, riduzione delle ore scolastiche, tagli pari a 87mila posti di la-voro e circa 10 miliardi di euro. Presenti i giovani, ma anche madri e padri di famiglia, per unmomento di informazione e scambio di opinioni sulle posizioni da prendere. Esempio di comeanche gli studenti molisani si fanno toccare dagli eventi.

N.G.

L’ANGOLOL’ANGOLODIRITTODIRITTOFrancesco Carozza

Il 23 ottobre, presso il palazzo ducale di La-rino, si è celebrata la festa provinciale del-la polizia penitenziaria. Presenti rappre-

sentanze delle forze dell’ordine, autorità locali eagenti del corpo di polizia penitenziaria delle car-ceri di Campobasso e Larino. La celebrazionepresieduta dal cappellano della Casa di Reclu-sione rispettivamente di Campobasso, Fra Mim-mo Scardigno, e di Larino, Don Michele Valenti-no, è stata introdotta dalla Liturgia della Parolae dalla lettura del messaggio del Presidente del-la Repubblica. In seguito il direttore del carceredi Campobasso e il Vice Commissario hannoconsegnato gli attestati di benemerenza agliagenti che si sono maggiormente distinti que-st’anno.

Il significato che è stato dato a questa ricor-renza è quello di trasmettere come all’interno del“mondo carcere”, ogni componente sia importan-te per la missione cristiana di essere vicini e a so-stegno degli ultimi. Il messaggio lanciato nell’o-melia è quello che gli agenti, nel proprio lavoroquotidiano, devono essere uomini e donne disperanza, in quanto oltre alla sorveglianza, sonotra i primi promotori del recupero dei detenuti. Re-cupero innanzitutto della dignità. È possibile uni-re il lavoro alla missione della Chiesa, “sentendo-ci obbligati a recuperare, in pieno la nostra dignitàdi figli salvati per la misericordia di Dio. L’uomo èsempre degno di compassione umana”.

Con la parabola del buon Samaritano (Lc

CELEBRATA A LARINO LA FESTA PROVINCIALE DELLAPOLIZIA PENITENZIARIA. LE PAROLE DI FRA MIMMO

GLI AGENTI DI CUSTODIA E LA LORO VOCAZIONE10,29-37), Gesù ci insegna a farci vicini all’uomosofferente, rimasto mezzo morto e spersonaliz-zato, sulla strada di Gerico.

Il dolore umano ha tante facce ma la più an-gosciante, forse, è la solitudine, per cui l’umanitàdelle guardie è necessaria.

“Aiutate, Corpo di polizia penitenziaria, conil vostro esempio, i nostri fratelli detenuti”, esor-ta Fra Mimmo. “Allora il vostro lavoro diventeràvocazione. Siate uomini con la capacità di dia-logare, solo riconoscendone il diritto all’altro, lo sirispetta e si recuperano i tre valori che manifesta-no la dignità della persona umana: coscienza,libertà, amore.

La coscienza è il nucleo più segreto, il sacra-rio dell’uomo; e voi siete chiamati ad educare lacoscienza dell’uomo, l’unica capace di farlo rav-vedere.

La libertà è il secondo valore assolutamenterichiesto dalla dignità della persona. È perciò ne-cessario che sempre ci si interroghi suoi pro-grammi e sui suoi metodi per vedere se possonoaiutare l’uomo a maturare la propria libertà in-teriore.

L’amore è il filo conduttore che unisce gli uo-mini. Da questo saremo riconosciuti come figlidi Dio. Quanto più sarete corpo, tanto più il pro-fumo del vostro amore reciproco profumerà lestanze buie di ogni carcere”.

La celebrazione del 28 ottobre è stato il mo-mento civile della festa del corpo penitenziario, ilprimo è stato quello liturgico del 30 giugno, ricor-renza del protettore San Basilide.Probabilmente molti lettori pensano che

questa formula sia usata anche dallaChiesa per “legare due persone nel

matrimonio”, ma non è così. I celebranti le nozze, infatti, sono gli stessi

sposi e, pertanto, è solo nella loro volontà e dal-la loro intenzione che il matrimonio può prende-re vita. Se fosse un altro soggetto (sacerdote,pubblico ufficiale, etc.) a “creare” la realtà coniu-gale, gli sposi si troverebbero nella situazione incui un estraneo fa scendere su di loro l’abito ma-trimoniale, mentre la loro realtà profonda restaimmutata: sotto il vestito niente!

La Chiesa, invece, insegna che gli stessi spo-si, celebrando il proprio matrimonio, si consacra-no in questa nuova dimensione che, pertanto,sgorga da loro stessi, pur attingendo dalla fontedivina dell’Amore. Il matrimonio, infatti, è unarealtà umana prima che divina e senza l’umanitànon può esserci neppure la sacramentalità.

Conseguentemente, se gli sposi non sonoadeguatamente maturi e consapevoli, nessunabenedizione matrimoniale potrà trasformarli inqualcosa che non sono.

Quindi, come la consacrazione eucaristica,per essere valida, ha bisogno che l’ostia e il vi-no siano integri ed autenticamente pane e vino,allo stesso modo, anche gli sposi potranno darvita al vero sacramento, solo se godranno di quel-

la maturità e di quella retta intenzione che li con-figura come uomini e donne integri e completi.Con questo la dottrina giuridica e teologica inten-de chiarire che il vero matrimonio ha bisogno didue sposi che siano autenticamente maturi econsapevoli di dover celebrare un matrimonio enon un semplice evento, per quanto solenne, fe-stoso e commovente possa essere. Spesso, in-fatti, si misura l’autenticità del matrimonio in ba-se alla sua solennità, o meglio si pensa che piùl’evento è solenne o più lacrime vi si versano, piùil matrimonio è autentico.

L’esperienza comune dimostra, invece, quan-

to sia vero il contrario: se gli sposi non credonoche il loro matrimonio è un vincolo indissolubilee per tutta la vita, ma solo una bella esperienzada fare, accompagnata da tanta speranza, manon da reale impegno perché il matrimonio duriper sempre, è plausibile che il loro matrimoniopossa essere presto attaccato dalla stanchezzao dalla fragilità delle motivazioni.

In quel momento, allora, tutti i fasti e le ceri-monie spariranno, le belle preghiere recitate quelgiorno si riveleranno vuote parole e sotto il ve-stito nuziale apparirà ciò che era veramente il lo-ro matrimonio: niente.

Nel nome di …vi dichiaro marito e moglie…

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PRIMO PIANOOSSERVATORIO

LO SCRIGNOAntonio Di Lalla, prete

Nel dialogo con il mondo la Chiesaprende coscienza di ciò che deve es-sere per compiere la missione di

evangelizzazione e per porsi a difesa dei dirittiumani.

La Chiesa fino al concilio è vissuta con la pre-sunzione che la lotta per i propri diritti di chiesa ela lotta per i diritti dell’uomo fossero la stessa co-sa, a tal punto che se un regime (fosse pure quel-lo di Mussolini o di Hitler) dava garanzie alla chie-sa di poter assolvere la propria missione potevaessere accettato.

Grazie alla dichiarazione Dignitatis Humanae,sulla libertà religiosa, promulgata dai padri con-ciliari nel dicembre 1965, si ha un mutamento ra-dicale: la difesa dei diritti umani diventa parte in-tegrante del messaggio evangelico. Il camminocomunque è ancora lungo perché la struttura au-toritaria della chiesa non poche volte porta a tra-scurare al proprio interno quei diritti umani che di-fende all’esterno. Il documento succitato ha unbell’attacco: “Nell’età contemporanea, gli esseriumani divengono sempre più consapevoli dellapropria dignità di persone e cresce il numero dicoloro che esigono di agire di loro iniziativa, eser-citando la propria responsabile libertà, mossi dal-la coscienza del dovere e non pressati da misu-re coercitive” (n. 1).

La Gaudium et Spes (n. 25-31) cita, tra gli al-tri, il diritto al cibo, al vestito, alla casa, a sce-gliere liberamente il proprio stato di vita, all’edu-cazione, al lavoro, alla salvaguardia della vita pri-vata e alla giusta libertà anche in materia reli-giosa. Quest’ultimo, tra i fondamentali diritti del-l’uomo, è oggetto della dichiarazione di cui ci stia-mo occupando. Obiezioni tra i padri conciliari nonne sono mancate perché alcuni, col presuppostoche “soltanto la verità ha dei diritti, l’errore non hadiritti di sorta”, avevano il timore che avrebbe fa-

vorito il soggettivismo e l’indifferentismo, cioè laconfusione tra verità ed errore con il mettere sul-lo stesso piano le diverse religioni.

Ma in gioco non è la verità, bensì il rapportocittadini-istituzioni.

Con l’affermazione che “la persona umana hadiritto alla libertà religiosa” (n. 2) viene definiti-vamente superata l’intolleranza, causa non po-che volte di guerre di religione, e la possibilità diavere stati confessionali o la religione di stato per-ché “è necessario che a tutti i cittadini e a tuttele comunità religiose venga riconosciuto e sia ri-spettato il diritto alla libertà in materia religiosa”(n. 6). Dunque non è per nostra concessione chei musulmani costruiscono le moschee.

È un loro diritto, checché ne pensano tanti se-dicenti cattolici.

Ciò non porta a riconoscere l’equivalenza ditutte le religioni o a confondere l’eventuale erro-re, sia pure in “buona fede”, con la verità; portainvece a mettere sullo stesso piano ogni perso-na umana, che è destinata certo a cercare la ve-rità e a decidersi per la medesima una volta tro-vata, ma ciò può avvenire solo in modo consape-vole e personale, al di fuori di ogni pressione mo-rale e fisica da parte di chiunque, autorità pubbli-ca o privata.

La chiesa cattolica, dal concilio, non rivendi-cherà più tale libertà solo per sé, ma come un di-ritto per tutte le comunità religiose. Il papa Gio-vanni Paolo II si è fatto paladino nella difesa deidiritti umani nella società con la sua vita e con isuoi discorsi, messaggi e encicliche.

La via per garantire la fruizione dei diritti è la-vorare perché tutti rispettino i diritti di tutti e fini-sca l’era dei privilegi che causano rivalità e ri-valse. Farsi carico del superamento delle situa-zioni che impediscono a donne e uomini di esse-re soggetto di storia significa crescere nella for-za con cui Dio conferma i suoi figli. “L’uomo nonè libero di amare o non amare – ammoniscel’Abbé Pierre – è libero per amare”.

LIBERI PER AMARESono passati duemila anni di storia, ma

in molte parti del mondo le persecuzio-ni contro i cristiani non si fermano ed

assumono dimensioni di violenza e di orrore chedevono far riflettere le nostre coscienze e la no-stra istintiva tendenza alla rassegnazione.

E’ un odio incomprensibile, una caccia impla-cabile, un terrore antico che dilaga da tempo e ciriporta ad un clima che in Occidente nessuno puòlontanamente immaginare, poichè si nutre di ge-sti raccapriccianti, di atrocità indicibili: in India,nello stato dell’Orissa un laico cristiano, VivraiNayak, la sera del 24 agosto è stato tagliato apezzi e una giovane suora è stata stuprata da fa-natici indù in un centro pastorale del distretto in-diano di Kandhmal; due sacerdoti ed una suorasono stati prima selvaggiamente picchiati, poi co-sparsi di benzina e si sono miracolosamente sal-vati solo per l’arrivo della polizia che il più dellevolte non interviene per difendere i cristiani; in Ni-geria oltre cinquecento chiese sono state incen-diate ed anche in Corea, Filippine, Indonesia, Iraqsi è scatenata una caccia cruenta ed inarrestabi-le nei confronti di esseri umani che chiedono so-lo di vivere in pace e serenamente la loro fede.

Queste sono solo alcune delle tragiche te-stimonianze del continuo martirio dei cristiani inalcuni paesi che li detestano per il solo fatto diprofessare una religione che temono e non ac-cettano. Il mondo si indigna, ma dopo qualchegiorno torna quella cappa di silenzio e di indiffe-renza che rende drammatica l’esistenza di milio-ni di persone inermi, prive di ogni sostanziale di-fesa ed alla mercè di frange oltranziste che spes-so sono sostenute ed incoraggiate proprio dal fa-natismo religioso.

Contro questo lento, metodico e non più tol-lerabile sterminio ha alzato la voce il Papa, ad-ditando all’opinione pubblica mondiale “la trage-dia che si sta consumando in alcuni paesi dell’O-riente, dove i cristiani sono vittime di intolleranzee crudeli violenze, uccisi, minacciati e costretti adabbandonare le loro case e a vagare in cerca dirifugio”.

Benedetto XVI si è appellato alle autorità ci-vili, ma anche a quelle religiose di paesi come In-dia e Iraq chiedendo loro “di non risparmiare al-cuno sforzo affinché la legalità e la convivenzacivile siano presto ripristinate e i cittadini onesti eleali sappiano di poter contare su una adeguataprotezione da parte dello Stato”.

E’ un messaggio forte e deciso, la preoccu-pazione viva e partecipe di un padre nei confron-ti dei suoi figli, ma anche un’esortazione che nonpotrà passare inosservata. Il mondo d’ora innan-zi dovrà esserne responsabile.

I cristiani e l’odio antico del mondoFelice Mancinelli

IL VOSTRO ABBONAMENTOE’ IL NOSTRO

SOSTEGNO MORALE

Abbé Pierre

Vita DIOCESANA n. 18 Anno XI8

PRIMO PIANOLETTURE

Alcune pagine dal romanzo autobio-grafico “Un corvo nel cuore” (chesarà presentato il 27 novembre al-

le 17,30 presso la Biblioteca Albino a Campo-basso) di Giuseppina Fusco, che ripercorresul filo della memoria affettuosa e dolente, ilsuo sodalizio con il fratello Vittorio.… lo facevano vescovo e lo mandavano in terradi Puglia, nel Salento: vescovo di Nardò e Galli-poli.“Gallipoli!” mi ricordai. “Ti ci portò mamma dabambino, da una sua amica, una certa Rosa nonso che! L’ho visto tra le sue carte. Ma guarda i ca-si della vita. Vescovo! Sei contento?

Hai un po’ di paura? Cambia la vita, questacosa!”

Cambiava la vita. Era cambiata per me, chefacevo un mestiere diverso dal mio di sempre.Ma ancora di più cambiava per lui. Vescovo, cioèpastore. Pastore, cioè padre. Ci si era prepara-to da ragazzino ad essere padre; ci si era abitua-to da piccolo, da quando aveva smesso di es-sere un figlio, perché un padre non lo avevamopiù. Ma era stato padre di chi? Di se stesso, tan-to per cominciare. Di noi fratelli, che pure tantopiccoli rispetto a lui non eravamo, visto che mam-ma aveva avuto i suoi quattro figli in sette anni.Dei suoi compagni, che lo vedevano più grandedi loro. Dei suoi studenti. Dei suoi confratelli. Deilettori dei suoi libri. Di quelli che facevano la filaper confessarsi da lui. Quanta gente aveva aiu-tato a costruirsi la bussola interna! Bene, pen-savo, il suo dio gli ha dato proprio ciò che ci vo-leva per lui. E d’improvviso ebbi paura. Paura perlui, perché solo io lo sapevo che aveva un cuo-re bambino. Che era fin troppo facile farlo soffri-re. Che non vedeva la presenza del male, non sene accorgeva mai in tempo per difendersi. “Co-me fai a sapere chi è il drago?”, mi aveva chiestoda ragazzino. Sarebbe stato un grande padre, unpadre amoroso, ma con un cuore bambino! Vul-nerabile. E non potevo fare niente per protegger-lo. Non toccava a me. Avrebbero capito e rispet-tato il suo amore per la povertà, il suo stile di vi-ta severo e ascetico? La sua pietas, così tenerae così rigorosa? Ah, come avrei voluto poterloaiutare! Ma non c’era modo. Sempre da soli cidobbiamo misurare con la vita che ci capita. Equanti draghi, anche se stiamo sempre lì a do-mandarci se sono veramente draghi, ci tocca af-

LE ULTIME ORE DEL VESCOVO VITTORIO FUSCONEL RICORDO DELLA SORELLA“NADA TE TURBE, NADA TE ESPANTE”frontare! Io me ne tornai a Vallechiusa, perchéGioia da sola mi faceva impazzire di ansia.

A Vallechiusa, Nicola ci veniva, con uno o duesacerdoti di laggiù, tre o quattro volte l’anno. Al-lungava la strada ogni volta che doveva andarea Roma. Lo vedevo contento, ma io che lo cono-scevo bene capivo che qualche spina pure lui l’a-veva incontrata.

C’erano state delle chiacchiere per una mac-china di gran lusso che lui aveva ordinato che fos-se restituita all’agenzia di vendita. Chiacchiereper una croce di legno che preferiva portare alposto di quella d’argento. Chiacchiere per unavolta che gli si era rotta l’utilitaria che usava (“Ma,Eccellenza, perché non si fa portare dall’auti-sta?”) e aveva chiesto un passaggio – il vescovoche fa l’autostop! – su uno di quei furgoncini a treruote e su quello, pian pianino, era arrivato a de-stinazione. Chiacchiere per un sacerdote che pri-ma aveva chiesto o accettato un trasferimentoe poi aveva fatto ribellare un paese per non muo-versi. Ma c’era pure tanto amore. E sempre queldono straordinario della parola, che riempiva l’a-nima di chi lo ascoltava. Scrivere libri, non vole-va più. Per poter fare il pastore, il padre. Un’al-tra scelta, un’altra vita.

L’obbedienza ad un’altra chiamata. E si erafatto un nome anche come “costruttore”, perchériusciva a convogliare importanti finanziamenti,anche europei, per aggiustare chiese e conven-ti, far restaurare opere d’arte, metter su attività diassistenza per gli stranieri, per i poveri, far co-struire alloggi per sacerdoti.

“Ma come fai?”, gli chiedevo. “Internet” era lasua risposta: su Internet scopriva tutti i canali, inmodo da preparare progetti e dossier in anticipo

sugli altri, spedire domande ecc. Una vita attiva,intensa, tutta di opere: un prodigio per uno comelui, la classica testa d’uovo, un filosofo, uno stu-dioso, un intellettuale, un professore. Anche lon-tani, restammo amici.

Più di prima, direi. Per telefono ci sentivamouna o due volte alla settimana. Prese anche l’a-bitudine di mandarmi dei fiori – naturalmente ro-se rosse, perché la sua cultura floreale si ferma-va lì – al mio compleanno, al mio onomasticoQuando veniva gli facevo trovare cose molisane,cose fresche e genuine. Ma soprattutto cercavodi farlo sentire di casa, a suo agio nel parlare an-che con Gioia e, la rara volta che capitava, conLorenzo. A casa mia festeggiò i suoi 59 anni; unpranzetto con due o tre dei suoi sacerdoti, un po’di allegria, un bel gelato alla fine del pasto. Si sa-rebbe adombrato, se il pranzo fosse stato più ric-co del solito: un’offesa alla povertà, che restavail suo oggetto d’amore costante. Stava bene, co-sì credevo.

Nella calura dell’estate si rivelò il male con-tro il quale avrebbe invano lottato. E si capì subi-to che se ne sarebbe andato. Anche lui, dopo ditutti gli altri. Si spera sempre, si combatte e sispera. Si fanno le cose che si devono fare e sispera. Avevamo capito. Aveva capito anche lui.Ma sperava, sperava. Sperava di portare a termi-ne qualcuna delle cose intraprese. Sperava diavere ancora un po’ di tempo, un po’ di tempo an-cora. Anch’io speravo. Per lui, per le cose che vo-leva fare. Per me, che con lui avrei perso l’ultimofratello, l’ultimo compagno del tempo che fu.

L’ultimo di quelli che avevano sentito il profu-mo dei gelsomini in fiore. L’ultimo testimone.Per nutrire quella speranza gli regalai, a Natale,

Giuseppina Fusco

9Vita DIOCESANA n. 18 Anno XI

PRIMO PIANOLETTURE

una vestaglia di morbida lana: “Ti terrà caldo. Tidurerà degli anni”.

E lui, fedele a se stesso fino in fondo: “Ma nonè troppo costosa? Sembra una cosa di lusso!”Ma se la mise, la morbida vestaglia di lana, e cigirò per i corridoi del seminario, che le vacanzerendevano deserto, per cui il vescovo con la ve-staglia svolazzante non lo avrebbe visto quasinessuno. Avevo dovuto rassicurarlo, però, chenon era costosa, che era di tipo medio, che di mi-nor prezzo avrei trovato solo delle cose scaden-ti. Eravamo andati io e Lorenzo, a passare conlui il suo ultimo Natale. E si preoccupò di farci por-tare in giro, a vedere le cose che stava costruen-do, quelle appena iniziate, quelle già quasi finite.Ci tornai, in Puglia, in primavera, per il suo com-pleanno. Le cose ormai precipitavano.

“Come stai, come ti senti?”.Ma perché ti angosci?”, mi disse sorriden-

do, “La malattia e la morte sono doni di Dio.”“Nada te turbe. Nada te espante.” Questo dicevaquel sorriso.

Mi aveva parlato di Santa Teresa.E certo a lui è toccato il destino più aspro, per-

ché la sua malattia, così lunga e straziante, lo hastrappato all’improvviso e senza rimedio a cosegrandi che aveva iniziato e che desiderava ar-dentemente condurre in porto; ed è stata l’ultimafaticosa tappa della sua ricerca di santità. Ma èstato anche il destino più dolce, se qualcosa si-gnifica quel sorriso. Se è santo, lo è – ma cheposso capire io? – per il sorriso con cui ha com-piuto la sua rinuncia ed ha poi per mesi vissutole cose più atroci, quando il male lo ha addenta-to e lo ha tenuto stretto fino all’ultimo.

Non ce l’aveva più da tempo la sua campanadi vetro sottile. Ce ne eravamo accorti io e Loren-zo dal natale precedente, quando ci aveva salu-tati con semplicità e con affetto. Aveva anchemesso un braccio attorno alle spalle di Lorenzo,mentre ascoltava qualcosa sui suoi studi.O, forse, quella che a me era parsa una campa-na di vetro era stata la sua attuazione, giorno do-po giorno, da quando era un bambino, dell’invi-to di Santa Teresa: “Nada te turbe. Nada teespante. Todo se pasa, Dios no se muda…” Eforse lui, che da nulla si era lasciato turbare, noialtri, sempre preda di turbamenti, non sempre ciaveva capiti. E noi, nel vortice delle nostre peren-ni inquietudini, non sempre avevamo capito il suolimpido sorriso.

Del resto, anche ad avercela davvero, unasottile lastra di cristallo al più ti difende dal mon-do di fuori, ma, come ben sapevo, il male che ciuccide, quello più feroce, viene da dentro di noi.

E mentre si avvicinava l’ora, vicino a quel lettoc’erano alcuni dei suoi figli, ai quali avevo chie-sto che gli leggessero salmi, perché la dolcezzae la poesia di quei versi nutrivano il suo sorriso.Ma la notte c’ero sempre io. E lui, che nel suo tor-mento non poteva abbandonarsi al sonno, parla-va, parlava, parlava. Chiedeva, forse nel delirio,con ansia crescente, “Perché, perché non si aprequella porta?”.

Poi si spegneva l’ansia, la voce tornava allaconsueta mitezza per mormorare: “Non ancorasi apre quella porta” Un sussurro, un sorriso.“Quale porta, fratello mio? Falla vedere anche ame, quella porta. Se posso ti aiuterò. Quello cheposso, farò per te”.

Ma non c’era nulla che potessi fare. Lo so,lo so che non sono buona a niente, manco amentire a chi sta morendo, manco a dirgli che trapoco starà bene. Mi limitavo a tenergli la mano;e lui la abbandonava tra le mie, quella bella ma-no gentile, e io me la portavo al cuore e lo chia-mavo, ma sottovoce, perché nessuno dovevasentire, “Figlio, figlio mio, figlio mio caro”. Perchéquando stiamo per andar via, c’è solo un amore– questo mi aveva insegnato la mia vita così per-corsa da turbamenti e tremori – c’è solo un amo-re, solo uno, che ci aiuta a staccarci dalla dolcez-za della terra. E fu, il suo ultimo giorno intera-mente vissuto, un dieci luglio; come quando, il ri-cordo mi trafisse improvviso, insieme avevamosognato di diventare soldati di Cristo; e durantetutta quella giornata, gli ho tenuto tra le mie quel-la sua mano sottile e delicata, ma piano, per nonfargli male. E lui sorrideva come il bimbo del Sal-mo, che sazio di latte si abbandona sulle ginoc-chia della madre e si addormenta placido tra lebraccia che gli fanno da nido. Nulla lo turba. Nul-la gli fa paura. Che importa il turbinio delle cose?“Dios no se muda”.

E prima che il sonno gli chiudesse gli occhi,ripetevo con lui parole di una fede non mia, e mipareva che ne fosse contento, e che perciò sor-ridesse, quasi pensasse di portare me in donodavanti al trono di Dio. E mentre gli tenevo lamano, pensavo anche agli altri, Pietro, Vincen-zo, Federico, che se ne erano andati da soli,senza nessuno che gli stesse vicino, nemmenonella mia maniera così goffa e inutile, senzanessuno che gli dicesse: “Vai, figlio, ora puoi an-dare”. (da Un corvo nel cuore, di G. Fusco, Li-breria editrice Filopoli, Campobasso).Si ringrazia l’editore Fazzini per avere concesso l’anticipazione si alcune pagine del romanzo

INVITO ALLA LETTURA

Alcuni recenti best seller (da Il codice daVinci a Inchiesta su Gesù) hanno ac-ceso i riflettori sui cosiddetti vangeli

apocrifi, riproponendo una domanda: i vangeli ca-nonici hanno “rispettato fedelmente” o “tradito”Gesù. Giorgo Jossa, autorevole storico del cri-stianesimo, offre il suo contributo nel libro: “Il cri-stianesimo ha tradito Gesù?” . La linea portantedel testo è questa. I vangeli di Matteo, Marco, Lu-ca e Giovanni sono una interpretazione di fededella persona di Gesù. E la formazione del cano-ne del Nuovo Testamento è frutto di una sceltateologica della Chiesa.

Certo, il Gesù “storico” non corrisponde sem-plicemente al Cristo dei vangeli canonici.

Gesù infatti non era un cristiano, ma un giu-deo, e non può essere quindi realmente compre-so se non all’interno della tradizione giudaica.L’immagine di Gesù trasmessa dai vangeli apo-crifi (di Tommaso, di Pietro, di Giuda) non potreb-be allora avere la stessa attendibilità di quella deivangeli canonici? In realtà, elementi di conflitto diGesù col giudaismo del suo tempo ci sono statie i vangeli canonici tengono stretto il legame colGesù storico.

Per tutti e quattro gli evangelisti anzi il Cristodella fede è proprio il Gesù terreno, storico. Mala Chiesa, riconoscendosi in questi vangeli e nonin quelli apocrifi, non ha fatto una scelta storica,anche se la “fedeltà” alla storia vi ha la sua par-te, ma una scelta “teologica”.

Ha cioè ritenuto che la loro interpretazione ri-specchiasse nella maniera più autentica la figu-ra e l’insegnamento di Gesù.

Giorgio Jossa insegna Storia della Chiesaantica nella Università Federico II di Napoli. Hascritto numerosi libri e articoli.

E’ membro della Studiorum Novi Testamen-ti Societas e del Comitato di Redazione della Ri-vista biblica italiana. Dirige a Napoli una collanadi Classici neotestamentari e una collana di Stu-di sul giudaismo e sul cristianesimo antico.

Mons. Vittorio Fusco

ECUMENISMO

Dal greco oikoumène (tutta la terra abi-tata), il termine ecumenismo si riferi-sce al movimento che tende a rista-

bilire l’unità piena e visibile dei cristiani, attraver-so dialogo ed impegno comune tra le varie con-fessioni.

Nato in ambito protestante, la sua data di ini-zio viene identificata con la convocazione dellaConferenza Missionaria Mondiale di Edimburgonel 1910, che sottolineò l’impegno dei cristiani aricercare l’unità e ad annunciare il vangelo. L’atteggiamento dei cattolici nei confronti del mo-vimento ecumenico, dapprima negativo, comin-ciò a cambiare con papa Pio XII e subì una svol-ta decisiva col Concilio Vaticano II indetto da pa-pa Giovanni XXIII nel 1959. Ed in uno dei nove decreti prodotti dal Concilio,Unitatis Redintegrazio (Il ristabilimento dell’unità),il movimento ecumenico viene definito come “l’in-sieme di attività ed iniziative che, a seconda del-le varie necessità della chiesa e opportunità deitempi, sono suscitate ed ordinate a promuovere

IL MOVIMENTO ECUMENICO IN MOLISE DAGLI INIZI AD OGGIUniti, in cammino verso CristoChiesa cattolica, valdese e battista si confrontano sulle Sacre Scritture

l’unità dei cristiani”.Movimento e dialogoSono state date due interpretazioni di ecume-

nismo. A seconda delle diverse confessioni cri-stiane infatti, si parla di “ecumenismo come mo-vimento” e di “ecumenismo come dialogo”. Mo-vimento inteso come cammino verso Cristo, Si-gnore del mondo, e dialogo come incontro tra lediverse chiese cristiane che si confrontano sulleSacre Scritture. Appuntamento centrale del mo-vimento ecumenico è la “settimana di preghieraper l’unità dei cristiani”, celebrata in tutto il mon-do dal 18 al 25 gennaio, e risalente al 1908 quan-do padre Paul Wattson, ministro episcopaliano(anglicano statunitense) introdusse un Ottava-rio di preghiere per l’unità dei cristiani.

Il cammino ecumenico in MoliseLa storia ecumenica molisana ha inizio negli

anni ottanta e coinvolge le tre chiese cristianemaggiormente presenti sul territorio: cattolica, val-dese e battista.

«Si è costruito un dialogo lento, ma ormaiconsolidato, tra i rappresentanti del mondo cat-tolico e protestante», sostiene Dario Carlone(membro del consiglio di chiesa battista). «Dialo-go che in Molise - aggiunge - si è incentrato suidue punti focali che, da sempre, uniscono i cri-stiani nel mondo: la figura di Cristo e la Scrittu-ra». E favorevole al dialogo ecumenico molisa-no, secondo Carlone, è stato il tempo che hapermesso di accrescere la sensibilità e di orga-nizzare con calma gli incontri e i confronti sullaParola. Come ricorda infatti, don Michele Tarta-glia (incaricato dell’Arcidiocesi di Campobasso –Bojano per l’ecumenismo), sono state diversele iniziative che, negli anni, hanno accompagna-to il cammino ecumenico in regione, soprattuttograzie a figure come mons. Valentinetti e padreAngelo Broccato, che hanno contribuito a darglislancio e vigore; inizialmente attraverso la parte-cipazione alla tradizionale “settimana di preghie-ra per l’unità dei cristiani”, successivamente conincontri di scambio e confronto. «Poi dal 2002 -precisa don Michele - il dialogo interno fra la no-stra diocesi e il mondo valdese e battista, ha as-sunto un carattere interdiocesano coinvolgendo

le tre diocesi della provincia di Campobasso eparte del vastese». Altra iniziativa diocesana dasottolineare è la “Lettura Ecumenica della Paro-la di Dio” (al suo secondo anno) che analizzeràle lettere di S. Paolo, in perfetta linea col temadella settimana di preghiera di quest’anno. Gli in-contri sono mensili e i relatori appartenenti almondo cattolico, valdese e battista. L’obiettivo ècreare confronto sereno ed aperto, non chiuden-dosi sulle proprie posizioni, ma favorendo un cli-ma di reciproco arricchimento.

Autunno ecumenico?Abbastanza diversa la posizione del pastore

valdese, Giovanni Anziani che, a differenza deirappresentanti di chiesa cattolica e battista, nonvede la storia ecumenica molisana abbastanzafruttuosa sul piano del dialogo concreto e profon-do, ma soltanto su quello comunicativo. «Si notainfatti, in Italia e in Molise - sottolinea il pastore -un raffreddamento, tanto che si parla di “conge-lamento del movimento ecumenico”. Nonostan-te non ci sia più scontro tra i cristiani, non c’èperò, nemmeno confronto vero. E mentre la chie-sa valdese riesce a relazionarsi bene con i fratel-li battisti, stenta a farlo appieno con quelli catto-lici». Anche l’iniziativa della Lettura Ecumenicadella Parola di Dio, (giudicata positivamente dalmondo valdese), non è riuscita a creare, ritieneAnziani, «comunione vera». Il pastore lamentainfatti, una scarsa presenza di cattolici rispetto aiprotestanti ed, in particolar modo, si chiede sequesta presenza agli incontri sia rappresentativadell’intera chiesa cattolica o soltanto di un ristret-to numero di cattolici. Ma don Michele Tartagliarisponde prontamente alla provocazione:«La Let-tura è organizzata anche dall’ Ufficio per l’Ecu-menismo dell’Arcidiocesi di Campobasso – Boja-no che, essendo un organo ufficiale della dioce-si, rappresenta, assolutamente, la volontà e lapresenza della chiesa cattolica locale». «La que-stione – aggiunge – va analizzata soltanto da unpunto di vista numerico poiché i protestanti so-no in numero nettamente inferiore rispetto ai cat-tolici».

I valdesi presenti in Molise infatti, sono uncentinaio riuniti in tre chiese (Campobasso, S.Giacomo degli Schiavoni e Pescolanciano); po-chi anche i battisti riuniti in tre comunità (Campo-basso, Ripabottoni e Macchia Valfortore). «Allaluce di questi dati - commenta don Michele - sicomprende che è molto più semplice riunire i pro-testanti, meno numerosi rispetto ai cattolici». Mail pastore prosegue:«Come valdesi siamo dispia-ciuti per le parole del pontefice che, lo scorso an-no per la seconda volta ufficialmente, ha indica-to nella chiesa cattolica, l’unica riconosciuta daCristo. Si parla di cristiani uniti in Cristo, ma poisi finisce col non riconoscere, come chiesa, quel-le diverse dalla chiesa cattolica». E in quel cli-ma che Anziani definisce “l’autunno del dialogoecumenico molisano”, la comunità valdese stavalutando se abbia ancora senso partecipare al-la “settimana di preghiera per l’unità dei cristiani”se questa resta un appuntamento isolato nell’ar-co dell’anno, senza essere accompagnato da unconfronto costante.

Uniti per testimoniareSu un punto però, i tre rappresentanti delle

realtà cristiane molisane sono concordi: il movi-mento ecumenico è parte integrante della nostrafede; stimolo ad annunciare il vangelo, opportu-nità per conoscersi per meglio comprendersi, etestimonianza, perché è solo perseguendo l’unitàvera fra i cristiani che si può essere testimoni ve-raci nel mondo.

Fabiana Carozza

Vita DIOCESANA n. 18 Anno XI

DOCUMENTI

«Io, vedete, mi trovo a riflettere nelcontesto di una morte imminente. Or-mai sono già arrivato nell’ultima sala

d’aspetto, o la penultima...». Il cardinale CarloMaria Martini parla con un filo di voce ma sorri-de, «è stato un atto di audacia e anche di teme-rarietà chiamare a parlare una persona anzianache non sa se potrà esprimere bene le cose o te-nersi in piedi», nell’auditorium dei gesuiti di SanFedele non vola una mosca, la gente ha gli occhilucidi e l’arcivescovo emerito di Milano proseguesereno, è arrivato appoggiandosi a un bastonema lo sguardo e il pensiero non vacillano.La sala è piena, si presenta il libro Paolo VI «uo-mo spirituale» (ed. Istituto Paolo VI-Studium), unaraccolta di scritti martiniani su Montini curata dalteologo Marco Vergottini. E tanti sono rimasti fuo-ri, l’attesa è grande quanto la commozione peril «ritorno» del cardinale biblista a Milano, anchese da qualche mese «padre Carlo» è tornato daGerusalemme e risiede nella casa dei gesuiti aGallarate.

«Con i vostri tanti gesti di bontà, di amore, diascolto, mi avete costruito come persona e quin-di, arrivando alla fine della mia vita, sento che avoi devo moltissimo», sorride ancora ai fedeli,quasi fosse un congedo.

Gli ottantun anni, il Parkinson. E il tema del-la morte, quello che nel libro Martini chiama conespressione dantesca «il duro calle». Quandol’attore Ugo Pagliai legge il «pensiero alla morte»di Paolo VI, « ...mi piacerebbe, terminando, d’es-sere nella luce...», il cardinale ascolta col voltoaffondato nelle mani aperte.

«Se dovessi non lo scriverei così. È troppobello, è meraviglioso, lirico», spiega Martini. «Co-me ho osservato nel libro, ritengo che il testo diMontini sia stato scritto anni prima, quando sen-tiva la morte incombente ma non imminente».Della sua morte, invece, il cardinale parla come«imminente». Ed è qui che ha accenti wittgen-steiniani, il pensiero sul limite della vita diventaun’interrogazione sui limiti del linguaggio, «chisi trova in questa situazione, dovrebbe piuttostosentirsi scarnificato nelle parole, e questo è perme un problema irrisolto: come descrivere unarealtà tutta negativa con parole razionali che tut-tavia, in quanto razionali, devono esprimere unaesperienza positiva».

«Dire» la morte. È una riflessione che nel car-dinale si è fatta via via più urgente negli ultimi an-ni. L’anno scorso, nella basilica dei Getsemania Gerusalemme, aveva salutato i pellegrini am-brosiani con una lectio vertiginosa sulla Passonee l’«angoscia » di Gesù, «in greco il termine èagonia e significa lotta, conflitto, tensione profon-

da». Martini non ama i discorsi facilmente conso-latori, come sempre trova il modo di parlare «alcredente e al non credente che è in ciascuno dinoi» e guarda in faccia «il duro calle». Davantiall’«affidamento totale a Dio» di Montini, scrivenel libro, «mi sento assai carente. Io, per esem-pio, mi sono più volte lamentato col Signore per-ché morendo non ha tolto a noi la necessità dimorire. Sarebbe stato così bello poter dire: Gesùha affrontato la morte anche al nostro posto emorti potremmo andare in Paradiso per un sen-tiero fiorito».

E invece «Dio ha voluto che passassimo perquesto duro calle che è la morte ed entrassimonell’oscurità che fa sempre un po’ paura». Ma quista l’essenziale: «Mi sono riappacificato col pen-siero di dover morire quando ho compreso chesenza la morte non arriveremmo mai a fare un at-to di piena fiducia in Dio. Di fatto in ogni scelta im-pegnativa noi abbiamo sempre delle “uscite di si-curezza”. Invece la morte ci obbliga a fidarci to-talmente di Dio». È l’insegnamento di Montini,«per me fu un po’ come un padre». Perché ciòche ci attende dopo la morte «è un mistero » cherichiede «un affidamento totale»: «Desideriamoessere con Gesù e questo nostro desiderio loesprimiamo ad occhi chiusi, alla cieca, metten-doci in tutto nelle sue mani».

DAL CORRIERE DELLA SERA – 21.10.08

Possiamo aprirci ai giovani solo pren-dendo spunto proprio da loro. Di cosasi interessano? Dove vivono? Come

vivono le loro relazioni? Cosa criticano e qualeimpegno pretendono da noi? (...) Certamente ilmetodo giusto non è predicare alla gioventù co-me deve vivere per poi giudicarla con l’ intenzio-ne di cercare di conquistare coloro che rispetta-no le nostre regole e le nostre idee.

La comunicazione deve cominciare in asso-luta libertà, in caso contrario non è comunicazio-ne. E, soprattutto, in questo modo non si conqui-sta nessuno, caso mai lo si opprime.

L’ essere umano che incontro è fin dal prin-cipio un collaboratore e un soggetto. Dialogandoinsieme giungiamo a nuove idee e a nuovi pas-si condivisi.

La questione che più tocca la sensibilità deigiovani è se li prendiamo sul serio come collabo-ratori a pieno titolo o se vogliamo farli ravvederecome se fossero stupidi o in errore.

Crediamo che tutti gli esseri umani sianocreature di Dio e abbiano uguale dignità. Questoè il presupposto fondamentale di ogni comunica-zione cui prendiamo parte. (...) Esistono senzadubbio diverse situazioni ed età della vita, comele descrive la moderna psicologia dell’ età evolu-tiva. Anche la Bibbia dispone di questa conoscen-za nel Nuovo Testamento e, prima ancora, nell’Antico Testamento.

Nella predica di Pentecoste, Pietro riprendeinfatti le parole del profeta Gioele del IV secoloa.C. e racconta l’ opera dello Spirito Santo in trefasi della vita, ognuna differente: «I vostri figli e levostre figlie profeteranno, i vostri giovani avran-no visioni e i vostri anziani faranno sogni». I «fi-gli e le figlie» saranno profeti significa che essidevono essere critici. La generazione più giova-ne verrebbe meno al suo dovere se con la suaspigliatezza e con il suo idealismo indomito nonsfidasse e criticasse i governanti, i responsabili egli insegnanti. In tal modo fa progredire noi e so-prattutto la Chiesa. (...) Il contributo «dei figli edelle figlie» è fondamentale. Essi sono ancora in-teressati oggi a criticare noi, la Chiesa, i gover-nanti, oppure si ritirano in silenzio? Dove esisto-no ancora conflitti arde la fiamma, lo Spirito San-to è all’ opera. Nella ricerca di collaboratori e vo-cazioni religiose dovremmo forse prestare atten-zione innanzitutto a coloro che sono scomodi edomandarci se proprio questi critici non abbia-no in sé la stoffa per diventare un giorno respon-sabili e alla fine sognatori. Responsabili che gui-dino la Chiesa e la società in un futuro più giu-sto e «sognatori» che ci mantengano aperti allesorprese dello Spirito Santo, infondendo corag-gio e inducendoci a credere nella pace là dove ifronti si sono irrigiditi.

DAL CORRIERE DELLA SERA – 21.10.08

UN BRANO DELLE RIFLESSIONI DI CARLO MARIA MARTINI IN LIBRERIA IL 28 OTTOBREI ragazzi sono i nostri profetiLa vita, la fede, la morte: escono le «Conversazioni» del cardinale

Sento la morte come imminente

IL LUMINOSO TRAMONTO DEL CARDINALE MARTINI:PAROLE AI GIOVANI, DIALOGO CON LA MORTE

I giovani sono ancora interessa-ti a criticare la Chiesa? O se neallontanano in silenzio?

Vita DIOCESANA n. 18 Anno XI12

PRIMO PIANOSOCIETA’ CIVILE

Vita Diocesana ha dedicato unampio servizio, nel numero scor-so, all’attuale dibattito sorto in-torno ai provvedimenti presi dalgoverno sulla scuola (tagli allespese, riduzione docenti ecc.), in-tervistando la responsabile del-l’Ufficio Scuola della diocesi, unpreside e un docente.

La questione è ancora calda equesto giornale, mentre riaffermala sua posizione – del resto pie-namente in linea con l’autorevo-le settimanale cattolico FamigliaCristiana – ritiene utile fornire, in-sieme a ulteriori informazioni eprese di posizione, anche docu-menti su cui riflettere. Tra questi,alcuni stralci dei provvedimentilegislativi oggetto di discussionee di proteste.

Per offrire un contributo equanime al di-battito delle idee e per introdurre al confron-to che Vita Diocesana intende ospitare dalprossimo numero, presentiamo alcune presedi posizione (relative agli argomenti del no-stro Speciale) che hanno avuto eco sullastampa. Sono tutti interventi di parte cattoli-ca, o di testate che si richiamano ai valori cat-tolici. La loro discordanza dimostra che fracredenti le opinioni sono (per fortuna) diver-se, quando si tratta di scelte squisitamenteetico-politiche.

Non a caso, la testata di Vita Diocesana haper sottotitolo: Nelle cose necessarie l’unità,in quelle dubbie la libertà, in tutte la carità.

Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112

“Disposizioni urgenti per lo sviluppoeconomico, la semplificazione, la compe-titività, la stabilizzazione della finanza pub-blica e la perequazione Tributaria”

Art. 641. Ai fini di una migliore qualificazione

dei servizi scolastici e di una piena valo-rizzazione professionale del personaledocente, a decorrere dall’anno scolastico2009/2010, sono adottati interventi e mi-sure volti ad incrementare, gradualmen-te, di un punto il rapporto alunni/docen-te, da realizzare comunque entro l’annoscolastico 2011/2012, per un accosta-mento di tale rapporto ai relativi standardeuropei. [Essendo il rapporto docenti/alunni in Italia di 1 a 9, ed essendo i do-centi circa 850.000, aumentare di un pun-to il rapporto significa ridurre il numero didocenti di 85.000 unità circa]

2. Si procede, altresì, alla revisionedei criteri e dei parametri previsti per ladefinizione delle dotazioni organiche delpersonale amministrativo, tecnico ed au-siliario (ATA), in modo da conseguire, neltriennio 2009-2011 una riduzione com-plessiva del 17 per cento della consisten-za numerica della dotazione organica de-terminata per l’anno scolastico 2007/2008. […]

6. … dall’attuazione dei commi 1, 2,3, e 4 del presente articolo, devono deri-vare per il bilancio dello Stato economielorde di spesa, non inferiori a 456 milionidi euro per l’anno 2009, a 1.650 milioni dieuro per l’anno 2010, a 2.538 milioni dieuro per l’anno 2011 e a 3.188 milioni dieuro a decorrere dall’anno 2012.

9. Una quota parte delle economie dispesa di cui al comma 6 e’ destinata, nel-la misura del 30 per cento, ad incremen-tare le risorse contrattuali stanziate per leiniziative dirette alla valorizzazione ed al-lo sviluppo professionale della carriera delpersonale della Scuola a decorrere dal-l’anno 2010 …

Da LiberoL’argomento più gettonato a livello propagan-

distico riguarda le conseguenze al ritorno al mae-stro unico. Secondo i contestatori, l’abbandonodel cosiddetto sistema “a moduli”, ovvero a tre oquattro insegnanti, comporterà inevitabilmenteuna riduzione del “tempo pieno”. A parte che neltesto appena approvato dalla Camera, all’arti-colo 4, c’è scritto che «nei regolamenti si tiene co-munque conto delle esigenze, correlate alladomanda delle famiglie, di una più ampia ar-ticolazione del tempo-scuola», nelle intenzioni delministero l’introduzione del maestro unico si tra-durrà in un incremento del “tempo pieno” nellamisura del 50%. Questo perché ci saranno più in-

Eppur si muove. Parafrasando Galileoc’è da prendere atto, finalmente, cheanche l’Università del Molise si inizia a

mobilitare attraverso i suoi studenti contro il tagliodei finanziamenti all’istruzione pubblica decisodal ministro Gelmini.

Una prima assemblea di coordinamento si èsvolta martedì 28 ottobre, al piano terra della fa-coltà di agraria, una riunione nata principalmen-te con dei passaparola e con una manciata di vo-lantini. Si sono ritrovati in circa 200, a discuterenella prima parte dell’incontro dei punti salientidel provvedimento.

Successivamente si è acceso un vivace di-battito su quali forme di protesta, e quali iniziati-ve concrete avviare, per far sentire al resto delpaese che anche in Molise c’è malumore e dis-senso verso i provvedimenti governativi. Il qua-dro della situazione non è incoraggiante, non so-lo per il diffuso malcontento tra la popolazionestudentesca, ma anche perchè all’interno del mo-vimento c’è una evidente spaccatura.

Da un lato i rappresentanti degli studenti, chesi dichiarano d’accordo con la riforma. Dall’altrotutti gli altri, che vorrebbero essere rappresen-tati in maniera decisamente più attiva e visibile,

SI SVEGLIA L’UNIVERSITA’ DEL MOLISE. NO A GELMINI MA …Rappresentanti fantasma

LA SCUOLA: I DOCUMENTI...

Francesco de Lisio nonostante coloro i quali sono deputati a fare ciòla pensino in maniera diversa, dimostrando di nonavere le idee chiare in materia di azioni fattibili.Tuttavia dopo anni di partecipazione studentescaal cloroformio, c’è stato un risveglio improvvisodegli studenti di un po’ tutte le facoltà, i quali pun-tano contemporaneamente non solo a organiz-zarsi per protestare, ma anche ad abbattere ilmuro di disinformazione e di apatia che separail resto della popolazione studentesca da coloroi quali hanno deciso di scendere in campo per farsentire la propria voce.

Non sono soli, questi ragazzi, a loro si affian-cano infatti alcuni elementi del personale docen-te, i tecnici di laboratorio di cui è piena soprat-tutto la facoltà di Agraria, ed anche i ricercatoriprecari, che hanno chiesto a gran voce di com-pattare il movimento e di decidere una linea co-mune d’azione.

Se necessario, i ragazzi si sono detti dispo-sti a trovare ed eleggere nuovi rappresentantiall’interno di questo movimento, nato in un po-meriggio di pioggia autunnale, qualora i rappre-sentanti “ufficiali” decidessero di non seguire odi non voler continuare a rappresentare dei ra-gazzi che la pensano in maniera diversa da lo-ro, trovandosi così in una delegittimazione defacto del loro ruolo.

Vita DIOCESANA n. 18 Anno XI

SOCIETA’ CIVILE

segnanti liberi, quindi a disposizione per il pome-riggio. Non per niente «in tutta Europa c’è il mae-stro unico prevalente», osserva Gelmini.

Capitolo smantellamento della scuola pubbli-ca. Chi è sceso in piazza lo confonde con la lot-ta agli sprechi. Dall’applicazione della riforma arri-verà un risparmio di circa otto miliardi di euro, par-te dei quali (due miliardi) saranno rimessi in gio-co per premiare gli insegnanti migliori a partiredal 2010 e per migliorare le infrastrutture scola-stiche (edilizia, dotazione tecnologica, bibliotechee laboratori didattici). Altra leggenda: il licenzia-mento degli insegnanti.

[Uno dei punti del dibattito politico è la propo-sta, di provenienza leghista, di istituire classi-pon-te per far confluire in esse gli studenti extracomu-nitari che non conoscono abbastanza la linguaitaliana]

Da AvvenireIl cardinale Martino: Bene le ‘classi ponte’.

«Si impara l’italiano»Le classi di inserimento proposte nella scuo-

le dalla Lega per studenti immigrati «sono unmezzo per integrarli». Lo ha affermato il cardina-le Renato Raffale Martino, presidente del Ponti-ficio consiglio della Giustizia e della Pace a mar-gine della presentazione del libro “Il coraggio diprendere il largo” del cardinale Oscar Luis Ma-radiaga. Per Martino - che non è voluto entra-re nel merito della proposta - le classi vanno be-ne perché «è più facile imparare l’italiano quan-do devono fare solo l’italiano. Gli studenti chevengono in Italia devono prima imparare l’italia-no, se non sanno parlare la lingua come si inten-dono?».

Dubbi di una preside sulle classi ponte“Onestamente come istituto non sentiamo il

bisogno di classi - ponte o classi di inserimen-to per i nostri studenti stranieri, anche se nonescludo che in qualche realtà magari vi si possaricorrere”. La preside Franca Lodigiani guida ilprofessionale Cavalieri di Milano, che da tempoha introdotto i test di conoscenza della lingua ita-liana “per gli alunni stranieri che non hanno unpercorso scolastico precedente nel nostro Pae-se. Una modalità per poter stabilire il loro puntodi partenza e che serve ai vari consigli di classeper calibrare gli interventi su ciascuno di loro! …per loro – spiega la dirigente – prevediamo unprogramma di potenziamento dell’insegnamentodella lingua italiana, proprio perché è lo strumen-to indispensabile per comunicare”.

Ma rispetto all’ipotesi delle classi d’inserimen-to, questi ragazzi, qualsiasi sia il loro grado di co-noscenza della lingua, “svolgono anche un cam-mino all’interno delle classi ordinarie, perchè èimportante che stiano anche con i loro compagniitaliani”. … Insomma «cerchiamo di salvaguarda-re sia il loro diritto a integrarsi nella scuola italia-na, sia il diritto allo studio degli altri studenti ita-liani, che non devono essere penalizzati da unrallentamento della didattica ».

“Quanto stiamo facendo da anni lo ritengouna buona pratica, che ci sentiamo di mettere adisposizione anche del ministero della PubblicaIstruzione, qualora lo volesse valutare e osserva-re come possibile modello di risposta all’inseri-mento degli studenti stranieri nella scuola ita-liana.”

Decreto legge 1° settembre 2008, n. 137 Il maestro unico

Maestro unico (articolo 4). Nell’ambito degli obiettivi di razionalizzazione previsti dall’ar-ticolo 64 del Dl 112/2008 [quello citato nel riquadro precedente] per la riorganizzazione delservizio scolastico e dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico delle scuole, si pre-vede che le istituzioni scolastiche costituiscano nelle scuole primarie classi assegnate a ununico insegnante e funzionanti con un orario di ventiquattro ore settimanali. Nei regola-menti si terrà conto delle esigenze legate alla domanda delle famiglie di una più ampia arti-colazione del tempo-scuola. Una sequenza contrattuale definirà il trattamento economicodovuto all’insegnante unico della scuola primaria per le ore aggiuntive (si passa da un ora-rio settimanale di 22 ore a uno di 24 ore) rispetto all’orario d’obbligo stabilito dalle attuali di-sposizioni contrattuali. Il ministro dell’Economia, di concerto con il ministro dell’Istruzione,provvederà alla verifica degli effetti finanziari a decorrere dal 1° settembre 2009. A seguitodella verifica si provvederà, ove occorra e in via transitoria, a valere sulle risorse del fondod’istituto delle istituzioni scolastiche da reintegrare con quota parte delle risorse rese dispo-nibili dalle economie di spesa destinate a incrementare le risorse contrattuali (articolo 64,comma 9, del Dl 112/2008). La disciplina entra in vigore dall’anno scolastico 2009/2010 nel-le prime classi del ciclo scolastico.

[E’ il caso di osservare che la dizione “maestro unico” è usata proprio dal decreto leggedel governo, non è una semplificazione giornalistica]

Da Famiglia CristianaPer il ministro Gelmini le “classi di inserimen-

to” per bambini immigrati “non sono un problemadi razzismo, ma un problema didattico”. Per Ales-sandra Mussolini, presidente della Commissioneparlamentare per l’infanzia, sono “un provvedi-mento di stampo razzista”.

La questione dell’italiano è solo una scusa.Tutti sanno che le cosiddette “classi di inserimen-to” non sono efficaci. I risultati migliori si ottengo-no con classi ordinarie e con ore settimanali di in-segnamento della lingua. In Italia questo, in par-te, avviene. Lo prevedono le “Linee guida” (2006)dell’allora ministro Moratti per l’accoglienza deglialunni immigrati, approvate anche dalla Lega. C’èun progetto che prevede un finanziamento di 5milioni di euro per insegnare tre diversi livelli dilingua italiana.

Il Governo potrebbe rispolverarlo e far cade-re (per amor di patria) la prima “mozione razzia-le” approvata dal Parlamento italiano. Oppure,guardare a esperienze come Firenze dove unpulmino passa a prendere i bambini stranieri ascuola, li porta ai corsi d’italiano e poi li riportain classe. La mozione [della Lega ndr. ] poi, valetta fino in fondo. Prevede che i bambini immi-

grati, oltre alla lingua italiana, debbano appren-dere il “rispetto di tradizioni territoriali e regio-nali”, della “diversità morale e della cultura reli-giosa del Paese accogliente”, il “sostegno alla vi-ta democratica” e la “comprensione dei diritti edei doveri”. Qualcuno sa dire come spiegarlo aun bambino di 5-6 anni, che deve ancora appren-dere l’italiano?

... IL DIBATTITO

Vita DIOCESANA n. 18 Anno XI14

EVENTI

Documento ampio e articolato, salu-tato anche dalla stampa laica comeun documento positivo, special-

mente per la lancia spezzata in favore del ruo-lo dei laici (e delle donne in particolare) nel-l’annuncio della parola, il Messaggio finale delSinodo dei Vescovi è certamente un testo chemerita attenta riflessione. Ne proponiamo al-cuni passi così come li ha proposti il SIR(agenzia di stampa della CEI).

“La parola divina genera per noi cristiani unincontro intenso col popolo ebraico a cui siamointimamente legati attraverso il comune ricono-scimento e amore per le Scritture dell’Antico Te-stamento”. È un passaggio del “Messaggio delSinodo dei vescovi al popolo di Dio”, diffuso inversione integrale (disponibile su www.agensir.it,sezione “Documenti”).

“Tutte le pagine sacre ebraiche – si legge, tral’altro, nel documento – illuminano il mistero diDio e dell’uomo, rivelano tesori di riflessione edi morale, delineano il lungo itinerario della sto-ria della salvezza fino al suo pieno compimento,illustrano con vigore l’incarnazione della paroladivina nelle vicende umane”.

Queste pagine “sono via di dialogo col popo-lo” ebraico e “ci consentono di arricchire la nostrainterpretazione delle Sacre Scritture con le risor-se feconde della tradizione esegetica giudaica”.I padri sinodali invitano poi i cristiani … a entra-re in dialogo con rispetto nei confronti degli uomi-ni e delle donne delle altre religioni, che ascol-tano e praticano fedelmente le indicazioni dei lo-ro libri sacri, a partire dall’Islam che nella sua tra-dizione accoglie innumerevoli figure, simboli e te-mi biblici e che ci offre la testimonianza di una fe-de sincera nel Dio unico, compassionevole e mi-sericordioso, Creatore di tutto l’essere e Giudi-ce dell’umanità”.

Le altre religioniIl messaggio ricorda poi come “sulle strade

del mondo” camminino “con noi anche i fratelli ele sorelle delle altre Chiese e comunità cristianeche, pur nelle separazioni, vivono una reale unità,anche se non piena, attraverso la venerazione

LA PAROLA DI DIO, LA SUA DIFFUSIONE, IL DIALOGO CON LE ALTRE FEDI, LA MODERNA TECNOLOGIALA POVERTÀ, IL RUOLO DEI LAICIIl Sinodo dei vescovisi misura con il nostro tempo

e l’amore per la Parola di Dio”. “Lungo le stradedel mondo – prosegue il testo – incontriamospesso uomini e donne di altre religioni che ascol-tano e praticano fedelmente i dettami dei loro li-bri sacri e che con noi possono edificare un mon-do di pace e di luce, perché Dio vuole che «tuttigli uomini siano salvati e giungano alla conoscen-za della verità»”. Infine, l’invito a tutti i fedeli: “Cu-stodite nelle vostre case la Bibbia, leggete, ap-profondite e comprendete pienamente le sue pa-gine, trasformatele in preghiera e testimonianzadi vita, ascoltatela con amore e fede nella litur-gia”. “Create il silenzio per ascoltare con effica-cia la Parola del Signore”, “fatela risuonare all’i-nizio del vostro giorno” e “lasciatela echeggiarein voi alla sera”.

Le moderne tecnologie“La parola sacra deve avere una sua prima

trasparenza e diffusione attraverso il testo stam-pato”, ma “la voce della parola divina deve risuo-nare anche attraverso la radio, le arterie informa-tiche di Internet, i canali della diffusione virtualeon line, i cd, i dvd, gli podcast e così via; deve ap-parire sugli schermi televisivi e cinematografici,nella stampa, negli eventi culturali e sociali”. Lenuove forme di comunicazione, sottolinea, han-no una “specifica grammatica espressiva ed è,quindi, necessario essere attrezzati non solo tec-nicamente, ma anche culturalmente per quest’im-presa”. “In un tempo dominato dall’immagine,proposta in particolare da quel mezzo egemonedella comunicazione che è la televisione, signi-ficativo e suggestivo è ancor oggi il modello pri-vilegiato da Cristo”, scrivono i padri sinodali, ri-

cordando come egli ricorresse “al simbolo, allanarrazione, all’esempio, all’esperienza quotidia-na, alla parabola”. “Gesù nel suo annuncio del re-gno di Dio non passava mai sopra le teste deisuoi interlocutori con un linguaggio vago, astrat-to ed etereo, ma li conquistava partendo propriodalla terra ove erano piantati i loro piedi per con-durli, dalla quotidianità, alla rivelazione del regnodei cieli”.

La povertàIl cristiano ha la missione “di annunciare que-

sta parola divina di speranza, attraverso la suacondivisione con i poveri e i sofferenti, attraversola testimonianza della sua fede nel Regno di ve-rità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, diamore e di pace, attraverso la vicinanza amoro-sa che non giudica e condanna, ma che sostie-ne, illumina, conforta e perdona”. Lo scrivono ipartecipanti al Sinodo dei vescovi nel “messag-gio al popolo di Dio”, ora diffuso in versione in-tegrale dalla Sala stampa vaticana (on line suwww.agensir.it, sezione “Documenti”).“Chi s’inol-tra per le strade del mondo scopre anche i bas-sifondi ove si annidano sofferenze e povertà, umi-liazioni e oppressioni, emarginazioni e miserie,malattie fisiche e psichiche e solitudini”. Un “im-menso respiro di dolore” che “è ininterrottamen-te rappresentato dalla Bibbia, che propone ap-punto una fede storica e incarnata”. Ma nelleScritture “a dominare è la figura di Cristo che apreil suo ministero pubblico proprio con un annunciodi speranza per gli ultimi della terra”. Egli “provala paura del morire” e “giunge all’abisso ultimo diogni uomo, quello della morte”, eppure “anche inquel momento estremo, non cessa di essere il Fi-glio di Dio” ,ponendo “nel limite e nel male dell’u-manità un seme di divinità, ossia un principio diliberazione e di salvezza”.

I laici e le donneDopo questo messaggio finale rivolto al «po-

polo di Dio», l’assemblea ha consegnato al Pa-pa 55 «propositiones», scritte in latino e stretta-mente riservate, sulla base delle quali il Papa re-digerà, come di consueto, una «esortazione po-st-sinodale». Le proposte, diffuse in una tradu-zione italiana «non ufficiale», sono state illustra-te in una conferenza stampa da alcuni padri si-nodali, tra cui il relatore, card. Marc Ouellet. L’i-stituzione di un apposito «ministero non consa-crato», una sorta di riconoscimento istituziona-le, per le donne laiche impegnate nell’opera pa-storale è menzionata alla proposizione numero17: «i Padri sinodali riconoscono e incoraggia-no il servizio dei laici nella trasmissione della fe-de.

Le donne, in particolare, hanno su questopunto un ruolo indispensabile soprattutto nella fa-miglia e nella catechesi. Infatti, esse sanno su-scitare l’ascolto della Parola, la relazione perso-nale con Dio e comunicare il senso del perdonoe della condivisione evangelica.

Si auspica - conclude il documento - che il mi-nistero del lettorato sia aperto anche alle don-ne, in modo che nella comunità cristiana sia rico-nosciuto il loro ruolo di annunciatrici della Paro-

“Tutte le pagine sacre ebraicheilluminano il mistero di Dio e del-l’uomo, rivelano tesori di rifles-sione e di morale, delineano illungo itinerario della storia del-la salvezza fino al suo pienocompimento, illustrano con vi-gore l’incarnazione della paroladivina nelle vicende umane”

“Create il silenzio per ascoltare con efficacia

la Parola del Signore”, “fatela risuonare

all’inizio del vostro giorno” e “lasciatela echeggiare

in voi alla sera”

15Vita DIOCESANA n. 18 Anno XI

PRIMO PIANOSPAZIO CARITAS

E’ stato presentato (giovedì 30 ottobre)il Dossier Statistico Immigrazione 2008Caritas/Migrantes, nella Sala Celesti-

no V. a Campobasso. Dopo il saluto di don Giu-seppe Nuzzi, vicario Generale della diocesi Cam-pobasso-Boiano (ed ex direttore della Caritas dio-cesana), sono intervenuti don Giancarlo Perego(Caritas Italiana), il prof. Fabrizio Pizzi (redattoreRegionale Idos), mons. Domenico Scotti (vesco-vo di Trivento e Delegato CEAM Migrantes) e Ni-cola D’Ascanio (presidente della Provincia diCampobasso). Ha coordinato don Alberto Con-ti, delegato Regionale Caritas Abruzzo-Molise.

IL RAPPORTO CARITAS-MIGRANTES 2008PRESENTATO A CAMPOBASSOL’ostinazione di chi difende i suoi privilegiUn miliardo e mezzo di persone povere e affamate: che mondo è il nostro?

Commentando il Rapporto, fitto di cifre e dianalisi, don Vittorio Nozza, sulle colonne di Ita-lia Caritas ha scritto: “La sensazione è che i de-boli, sempre attardati rispetto ai rivolgimenti del-la storia, continuino a essere perdenti rispetto aipoteri forti del nostro tempo, soprattutto nell’am-bito economico-finanziario. Il numero dei poveriè di fatto maggiore di quanto si era preventivatonel 2000, ed è pari a 1,4 miliardi di persone. Nonsappiamo fino a che punto l’umanità dovrà paga-re per l’ostinazione di pochi, protesa a legittima-re egoismi e pigrizie. Certo è che la ricerca delbene comune, cioè la politica - quella vera e nonserva del dio denaro - deve fare la sua parte. Lemigrazioni mettono a nudo due problemi: la giu-stizia distributiva e la giustizia politica. E’ un fattoche nessun codice internazionale e nessuna con-venzione accorda a questi disperati lo status dirifugiati per l’indigenza in cui versano, che è unaforma di persecuzione. Le recenti parole di pa-pa Benedetto XVI sono un invito a valutare criti-camente le scelte che criminalizzano l’immigra-zione. Alcune strade sono necessarie. Anzitut-to, la strada della scelta preferenziale dei poveri.Poi la strada della destinazione universale dei be-ni, che chiede l’uscita da ogni forma di mercatodi alcuni beni essenziali (acqua, terra, energia) e

relazionali (pace, istruzione, informazione, salu-te) per favorire condivisione diffusa. La strada del-la globalizzazione dei diritti, che interpreta inmaniera nuova questo incontro di popoli nellamobilità, ormai ogni anno interessa 200 milioni dipersone e che in Italia nell’ultimo trentennio haportato persone di 193 nazionalità, di culture e re-ligioni diverse. Un quarto percorso educativo ri-guarda l’interculturalità: vanno percorse nuovestrade di condivisione del territorio, della terra edelle case; le nostre comunità vanno impegnatea essere “laboratori” di incontro, confronto escambio per un vivere comune che non voglia

escludere. Un quinto percorso educativo riguarda nuo-

vi stili di vita: va assunta la “questione morale”,va recuperata l’opera della legalità in manieradiffusa, non scegliendo forme di difesa autono-ma (l’aumento del 18% delle vendite di armi leg-gere, verificatosi nel 2007, va in altra direzione),di lavoro nero o sottopagato, di giustizia compra-ta, di sfruttamento dell’ambiente, di violenza op-pressiva e mafiosa, di interessi di parte.

Don Giancarlo Perego, vice direttore di Caritas Italiana

Da sinistra don Alberto Conti, Mons. Scotti, don Perego, Fabrizio Pizzi.

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PRIMO PIANOCRONACHE DIOCESANE

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Anno XI n. 18 - 9 novembre 2008

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Per la 82° Giornata Missionaria Mondia-le la sera del 18 ottobre nella chiesa diS. Paolo a Campobasso, si è celebra-

ta (numerosissimi i fedeli) una veglia di preghie-ra. “Guai a me se non predicassi il Vangelo” èstato lo slogan del tema di quest’anno dedicatoa S. Paolo di Tarso, grande missionario dellaChiesa nascente.

La chiesa prima al buio, segno della vita buiadi Paolo e di chiunque sia senza Cristo, ha ac-colto con luci e colori festanti il Vangelo, segnodella vita gioiosa e zelante di chi incontra Gesùe lo riceve nel cuore.

Il nostro Arcivescovo, visibilmente compia-ciuto, ha tratto spunto dallo splendore dei coloriper invitarci tutti ad aprirci alla Parola che dispo-ne l’animo umano a superare chiusure, freddez-ze, contrasti e a comunicare in modo pacifico ecostruttivo con gli altri così che i “colori” diversicreino un mosaico di armonia. Abbiamo bisognotutti – egli ha detto – di conoscere S. Paolo, il dia-mante di Dio (G. Crisostomo), e di imitarlo! De-viamo, come lui, il nostro zelo da pensieri e azio-ni tristi e oscuri, a modi di vita fraterni, umili, di-sponibili, divenendo “luce delle genti”.

Prodighiamoci con pazienza e gratuità a farconoscere l’amore di Gesù, facendoci “tutto a

LUNEDÌ 10 NOVEMBRE 2008 Ore 9,00 - Collegio dei consultori Ore 18,00 - Pastorale vocazionale Ore 19,30 - Direttivo pastorale MARTEDÌ 11 NOVEMBRE 2008 Ore 10,00 - Matrice, ritiro del clero Ore 18,30 - Dibattito sala Celestino v° sul tema“Le comunicazioni diano le ali alla Parola” con pa-dre Marcello Lauritano Ore 19,00 - Monteverde di Bojano, ingresso didon Adriano CifelliMERCOLEDÌ 12 NOVEMBRE 2008 Ore 9,30 - Carovana anti - mafia Ore 16,30 - Coni via Carducci Ore 18,00 - Bojano, libro padre Castrilli Ore 20,00 - Adorazione giovani alla Libera Ore 21,30 - TelemoliseDAL 13 AL 20 NOVEMBRE 2008 Pellegrinaggio Terra Santa VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2008 Ore 11,30 - Scuola allievi carabinieri “Vergo Fidelis”

Ore 19,30 - Bojano, preparazione al matrimonioSABATO 22 NOVEMBRE 2008 Ore 9,30 Progetto Policoro Ore 18,00 Vinchiaturo, incontro pastorale di ini-ziazione cristiana DOMENICA 23 NOVEMBRE 2008 Ore 11,30 - Matrice Ore 16,00 - Incontro di testimonianza e di coordi-nazione alla Cattolica con tutte le associazione divolontariato del settore socio sanitario LUNEDÌ 24 NOVEMBRE 2008 Ore 9,30 - Udienze MARTEDÌ 25 NOVEMBRE 2008 Ore 9,30 - Vicari ???MERCOLEDÌ 26 NOVEMBRE 2008 Ore 18,30 - Fara S. Martino, incontro con i giova-ni GIOVEDÌ 27 NOVEMBRE 2008 Scuola materna dei Monti

CALENDARIO DIOCESANO - NOVEMBRE9 Incontro per il cammino vocazionale – Convento SS. Trinità, Sepino

10 Direttivo delle Pastorali (ore 19.30)11 Ritiro del Clero a Matrice: Bioetica

Scuola di Teologia a Campobasso e Riccia (ore 17.00-20.00)12 Preghiera mensile dei giovani itinerante – Campobasso (ore 21.00)13 Scuola di Teologia a Bojano (ore 17.00-20.00)

Pellegrinaggio diocesano in Terra Santa (Fino al 20)16 Assemblea regionale dei Catechisti (15.30)

Scuola di Teologia a Campobasso e Riccia (ore 17.00-20.00)20 Scuola di Teologia a Bojano (ore 17.00-20.00)

VEGLIA DI PREGHIERA MISSIONARIA

AGENDA DEL VESCOVO DAL 10/ 11/ 2008 AL 29/11/2008

tutti”. Accostiamoci alle persone, ai giovani inparticolare, non con diffidenza e sfiducia ma consensibilità, culture diverse, apertura all’ascolto,alla comprensione del loro modo di amare che… rimanda all’amore di nostro Signore.

La testimonianza toccante di due missiona-ri presenti ha dato concretezza alle esortazionidi Padre GianCarlo. Suor Angela Antonelli, 82anni (da 60 nello Zambia), si affida all’amorosaprovvidenza di Dio Padre e aiuta con vari proget-ti l’infanzia abbandonata o in difficoltà, edificatadai rapporti rispettosi e pacifici che intercorronotra le tante tribù locali in cui è divisa la popola-zione locale.

Padre Antonio Ursilli in Giordania segue i cri-stiani, minoranza del popolo vessata dagli isla-mici in modi subdoli, raccogliendo le loro stan-chezze, confortandoli con iniziative adeguate,sostenendo la loro fede , trattenendoli nella lo-ro terra perché non s’impoverisca la loro chie-sa … la Chiesa! Padre GianCarlo, buon pasto-re, ha poi consegnato un crocifisso ai componen-ti del CMD, affiancati per la prima volta da alcu-ni giovani (presentati dal loro parroco don Gio-vanni Diodati) augurando loro e a quanti voglia-no entrare a far parte della nascente pastoralemissionaria giovanile, buon servizio, come an-nunciatori in parole e opere di Gesù Signore, fon-te di armonia e di luce!

Anna Poce