Verona In 12/2006

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N° 12 - OTTOBRE 2006 - TRIMESTRALE EDITO DALLO STUDIO EDITORIALE GIORGIO MONTOLLI - POSTE ITALIANE S. P. A.- SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 70% - DCB VERONA i n VERONA

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N° 12 - OTTOBRE 2006 - TRIMESTRALE EDITO DALLO STUDIO EDITORIALE GIORGIO MONTOLLI - POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 70% - DCB VERONA

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Noi faremmo diversamente.Anchericordando che nell’antica Grecia ilviandante era sacro e posto sotto laprotezione di Zeus. Così, invece difar pagare al turista il ticket per ilsoggiorno in città, come qualcunopropone, preferiremmo spedirglidei buoni spesa a casa, in Germa-nia, Olanda o qualsivoglia Paese,da utilizzare a Verona durante l’au-spicabile visita, con tanto di invitodel sindaco per un soggiorno nellacittà di Giulietta e Romeo.Questione di punti di vista, machissà come mai rimane in noi laconvinzione che far pagare il bi-glietto a chi fa centinaia, migliaiadi chilometri per venirci a trovarenon è il modo giusto per far brec-cia nei cuori e nelle menti dei po-tenziali visitatori, o per “fidelizza-re” i clienti, come si dice oggi conquesta orribile parola.Insomma, non è un bel seminare,neppure con l’attenuante dell’ur-genza di reperire denaro dopo i ta-gli del Governo agli enti locali.Non è neppure elegante e dà piut-tosto la misura di quanto pocoospitali si sia in un’epoca dove labuona accoglienza torna a essereun valore apprezzato.Fai pagare il ticket agli amici chevengono a trovarti? No, se vuoi ri-vederli. E perché mai una città,con i suoi cittadini padroni di ca-sa, dovrebbe comportarsi diversa-mente? Basti pensare che a Venezial’idea è nata per disincentivare levisite, dal momento che in certiperiodi dell’anno i campi e le calliletteralmente scoppiano e i resi-denti non ne possono davvero più.Di quanto sia poco opportunoquesto modo di procedere se nerendono ben conto gli albergatorie tutti coloro che di turismo vivo-no, perché su di esso hanno co-struito le loro fortune. Sono le im-pressioni di chi conosce bene lasoglia di sopportabilità di spesadel turista, già messa a dura provain una città che economica certonon è: il riferimento è alle spese

che deve sostenere chi a Veronavuole trovare vitto e alloggio.A parlare di tassa sul soggiorno deiforestieri torna alla mente la se-quenza comica del dazio inseritanel film Non ci resta che piangere,con Benigni e Troisi, dove i prota-gonisti devono ripetutamente pa-gare un pedaggio per poter passarecon il loro carro: «Alt! chi siete?...un fiorino!». E non sarebbero po-chi “fiorini”, tenuto conto che ilflusso dei turisti a Verona è di circa1 milione di presenze l’anno.Si parla di una tassa da 1 a 5 euro,quindi, nell’ipotesi peggiore, 1 mi-lione di euro l’anno che servireb-bero per finanziare la FondazioneArena e le rassegne estive al TeatroRomano, che per sopravviverenon sanno più a che santo votarsi.Un intento nobile, se non fosse chefar pagare agli altri quello che nonriusciamo a far funzionare noi dinobile non ha proprio niente. Tut-ti sono contrari a sborsare soldiper nuove tasse, ma se a sborsaresono gli altri – deve essere stato ilragionamento – non potrà che es-serci il consenso generale. Ed eccocome è spuntato il coniglio, tuttonero per quanto ci riguarda, uscitodal classico cilindro.Tornando agli alberghi: sono dav-vero troppo cari? Forse, ma sareb-be niente se una piccola parte degliintroiti (e si tratta ancora di dena-ro che proviene dai turisti) fossepoi utilizzata per potenziare l’of-ferta culturale della città. Un dove-re di tutti i veronesi, ma in partico-lare di chi dalle bellezze di Verona,patrimonio comune, trae ancheun vantaggio economico.Allora tassare chi vive grazie al tu-rismo? Brutta parola. Piuttosto re-sponsabilizzare gli operatori delsettore convincendoli che si trattadi investimenti necessari a rendereappetibile l’offerta turistica, tuttoa vantaggio della propria attività.

[email protected]

Primo piano

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In Comune c’è chipropone di far pagare

una tassa ai turisti chesoggiornano a Verona.

Con i proventi sipotrebbero finanziare

le spese culturali,in particolare quelle

relative agli spettacoli in Arena e al Teatro

Romano. L’idea di unticket per visitare

Verona lascia perplessi.E chi vive sul turismoche responsabilità ha

nei confronti dell’offertaculturale cittadina?

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In copertina foto di Francesco Passarella

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09-10-2006Beppe Grillo contro l'alcolBeppe Grillo parlando al TG1 èriuscito a fare una cosa moltobella. Ha utilizzato la propria no-torietà per dire ai giovani di an-darci piano con l’alcol. Secondo idati Istat nel periodo 1998-2001c’è stato un forte aumento deiconsumatori di bevande alcoli-che tra gli adolescenti di età com-presa tra i 14 e i 16 anni, con in-crementi dell'11,7% tra i maschie del 16,5% tra le femmine. Alcu-ni di loro sono già diventati alco-listi e nel corso della vita potreb-bero sviluppare gravi malattiecorrelate all’abuso di alcol. MaGrillo ha fatto di più. Ha pubbli-camente denunciato i produttoridi quelle bibite destinate con abi-li campagne pubblicitarie ai gio-vanissimi e contenenti piccoledosi di alcol, quanto basta percreare nel tempo una dipenden-za. Una subdola strategia di mer-cato per garantire i clienti neglianni a venire.

02-10-2006 Teatro, reality e scelte intelligentiSiamo stati al Teatro Olimpico diVicenza per vedere Medea di Eu-ripide, per la regia di Piero Mac-carinelli, con la bravissima LinaSastri (nella foto) nel ruolo dellaprotagonista, nell’ambito del 59°Ciclo di Spettacoli Classici direttoda Luca De Fusco, promosso dalComune di Vicenza e dal TeatroStabile del Veneto. È sempre un’e-mozione forte assistere a questerecite. La tragedia greca ha il pre-gio, in un’epoca di rumori, di ri-portarci con i suoi contenuti al-l’essenzialità dell’animo umano,grazie a forme di comunicazionesemplici, alla portata di tutti. Gliattori sono sempre straordinari,anche per la scelta che hanno fat-to di calcare le scene dei teatripiuttosto che i set televisivi. Vienespontaneo il confronto con quan-to propone il piccolo schermo inquesto periodo. Il riferimento è aquel concentrato di banalità sen-

za senso che sono i reality. Pernon assorbire tanta stupidità e di-ventare noi stessi banali a voltesarebbe davvero meglio spegnereil televisore e trovare delle alter-native.

29-09-2006Benigni: caro Roberto,cambia Produzione«Lo sai che i papaveri son alti altialti e tu sei piccolina che cosa civuoi far!».Ehi Roberto, cosa ci combini? Vo-levamo venirti a sentire in Arenamentre recitavi Dante… E inveceno. La tua “Produzione” non ha ri-tenuto degno il nostro giornale didue accrediti per la stampa (2000copie distribuite nelle librerie diVerona e www.verona-in.it). E celo hanno detto il giorno stesso del-lo spettacolo, cioè oggi. O meglioci hanno spedito una mail quellidi “Eventi”, gli organizzatori vero-nesi, che però dicono di non essereloro i responsabili della nostrabocciatura, che sarebbe da attri-

Attualità

Ottobre 20064

Alcuni lettori ci hanno chiesto di trattare ar-gomenti non solo veronesi, di allargare gliorizzonti e i temi di riflessione. La vocazionedi Verona In, come del resto dice il nome del-la testata, è quella di un giornale ancorato alterritorio. Questo però non significa esclu-dere tutto ciò che veronese non è. Ne abbia-mo discusso in redazione e la sintesi l’abbia-mo trovata nella scelta di affrontare local-mente alcuni temi di attualità nazionale pervedere come la città li metabolizza, li elaborae cosa ne esce come contributo veronese aldibattito generale. Però l’idea di dire la no-stra sul resto del mondo in un tempo che of-fre strumenti di comunicazione planetari ci

ha solleticato non poco. Ed ecco quindiun’altra idea: non sarà il giornale cartaceo,questo che distribuiamo nelle librerie, aospitare commenti e opinioni che poco han-no a che fare con la città, ma una sua appen-dice su internet, più adatta allo scopo per ilfatto che i potenziali lettori qui non hanno

davvero confini. Oltre al sito www.verona-in.it, dove puntualmente trovate inseriti gliarticoli del giornale, da questo indirizzo èora possibile accedere a Italia-in. Si tratta diuno spazio da noi gestito dove la redazionedi Verona In periodicamente inserisce deimessaggi che possono essere commentati datutti, anche in forma anonima. Si può facil-mente accedere al blog da ogni parte delmondo e non serve alcuna registrazione. Inqueste pagine pubblichiamo alcuni dei no-stri interventi inseriti recentemente sul blogdi Verona In, per spiegare bene di cosa sitratta anche ai meno esperti. Vi aspettiamoin internet.

INTERNET

Il «blog» di Verona InVi si accede digitando l’indirizzo del nostro sito www.verona-in.it.

Tutti possono intervenire, anche in forma anonima, per commentare i messaggilasciati dalla redazione. Ne riportiamo alcuni tra quelli inseriti in rete fino a oggi

Molti messaggiriguardano l’attualità.

Così scorrendo lepagine del blog è

possibile avere unapanoramica su quantoè accaduto nel tempo e

come i fatti sono staticommentati.

Tra gli argomentiinseriti finora il Papa

e l’Islam, l’11settembre, le tasse,

il prezzo deicarburanti...

«Italia-in»Per dire la vostra su quanto accade

in Italia e nel mondo

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buire ad “Arcobaleno Tre”, la tuaProduzione appunto. Con questinei giorni scorsi è stato impossibi-le parlare: alle mail non rispondo-no, ai fax non rispondono, su in-ternet non ci sono, il numero di te-lefono è patrimonio di pochi elet-ti. Peggio della peggiore compa-gnia telefonica. Ti mandiamo ilnostro giornale Roberto. E cambiaProduzione: questi sono propriodegli sfigati. Non perché non cihanno dato i biglietti, ma perchésono dei maleducati. Con affetto

25-09-2006Confrontig the evidence.Allucinante.Abbiamo visto su Rai 3 Confron-tig the evidence, il filmato pro-dotto dal miliardario americanoJimmi Walter che mette in fortediscussione la verità ufficiale at-torno agli attentati terroristicidell’11 settembre. Bene ha fattoReport a trasmetterlo perché sitratta di un lavoro giornalisticoben fatto. C’è da rimanere allibitiper alcune ipotesi formulateche troverebbero sostegno dalleanalisi di esperti. Ad esempioquella sul crollo delle torri, chesecondo il filmato sarebbe avve-nuto facendo detonare carichepredisposte prima dell’attentato.Oppure la mancanza di unaqualsiasi immagine, in una zonazeppa di telecamere, che docu-menti l’impatto del Boing con ilterzo obiettivo, il Pentagono.Sono sconcertanti anche alcuneipotesi circa il complotto chevedrebbe invischiati gli USA, leombre gettate su chi probabil-mente era stato informato eavrebbe taciuto, lo sfondo deglienormi interessi economici che ilfilm vede come chiave per far lu-ce sull’attentato. Chiediamo sia-no riaperti i lavori della Comm-missione di inchiesta, sianoascoltati tutti i testimoni e veri-ficate tutte le testimonianze. Difronte a una denuncia del generese non saranno smentite questetesi allucinanti non potremo cer-to continuare a parlare degliUSA come della più grande de-mocrazia del mondo.

21-09-2006Il Papa e l’Islam. E adesso?Le parole di Benedetto XVI e lereazioni che il suo discorso al-

l ’Università di Ratisbona haprovocato tra i musulmani han-no suscitato una verifica nel pen-siero occidentale più tollerantenei riguardi dell’Islam. Fornireelementi di confronto tra le duereligioni, Islam e il Cristianesi-mo, forse non è stata una sceltaopportuna, ma ci ha dato mododi percepire che, seppure occa-sionalmente, tra i musulmani ècomunque possibile una com-pattezza tra estremisti e modera-ti. Con i successivi distinguo,ma la percezione in questo sensoè stata forte. Registriamo che an-che ambienti ostili al Papa han-no iniziato una verifica per ca-pire che senso dare alla parolatolleranza. Registriamo che nes-suno, cristiani e musulmani, haancora pensato ad un incontrodi alto livello per discutere inmodo ecumenico e costruttivosul problema teologico sollevatoda Papa Ratzinger.

crisi, ma che non sono mai statetolte: 1,90 lire per la guerra inAbissinia (1935); 14 lire per la crisidi Suez (1956); 10 lire per il dis-astro del Vajont (1963); 10 lire perl’alluvione di Firenze (1966); 10 li-re per il terremoto del Belice(1968); 99 lire per il terremoto delFriuli (1976); 75 lire per il terre-moto dell’Irpinia (1980); 205 lireper la missione di pace in Libano(1983); 22 lire per la missione dipace in Bosnia (1996); 0,02 europer il rinnovo del contratto degliautoferrotranvieri (2004). Il totaledi queste imposte è di 0,251 euro, il20% circa del costo totale dellabenzina alla pompa. (Fonte Focus).Chissà se questi soldi lo Stato con-tinua a versarli ai diretti interessati.

14-09-2006Abbasso i fricchettoniQuesto messaggio lo vogliamo de-dicare ai fricchettoni e alle fric-chettone. Gente che vota a sinistra

bili. Prediligono le frequentazio-ni proletarie, per il fascino cheemanano le zone disagiate, per ilbrivido che provocano. Facile,quando in ogni istante è possibilesottrarsi e trovare sollievo in sa-lotti buoni e raffinati. Attenti an-che negli affetti: sono bambini-eviziati che vivono della bontà edegli ideali altrui ma al momen-to opportuno, quando il giocatto-lo si rompe, sanno bene da cheparte stare.

11-09-2006 11 settembre: cosa facevate?Cosa facevate quel giorno men-tre radio e televisioni di tutto ilmondo davano la notizia dell’at-tentato alle torri gemelle? La tra-gica notizia ha cristallizzato queiricordi che sono rimasti comeuna cicatrice nello svolgersi dellanostra esistenza. Ricordiamo l’11settembre allora, non solo perl’attentato che ha sconvolto il

Attualità

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16-09-2006 Benzina: Governo ladro!Il costo della benzina verde in Italiaoggi è di 1,282 euro (prezzo mediodel 15 settembre 2006). La compo-nente fiscale (accise) di tale prezzoè di circa il 65%. Quello che pochisanno è che nelle tasse che paghia-mo sul carburante ce ne sono alcu-ne che dovevano essere una tan-tum, per fronteggiare momenti di

con un bel conto in banca o papàche finanzia. Casa propria lonta-na dalle periferie, lavoro saltuario(tanto non ce ne sarebbe biso-gno), feste, concerti, spinelli, me-ditazioni trascendentali, discretao buona cultura... Alternativi aparole e nell’immagine ma sem-pre ben al riparo da ogni fatica:non sanno nulla dei problemidella vita e perciò sono inaffida-

mondo, ma per ciò che stavamovivendo in quel momento, in op-posizione all’enormità del maleche si stava producendo. Anchequesto è un modo per affermare ildiritto alla pace: raccontare i gestisemplici di tanta gente che quelgiorno a quell’ora costruiva l’altrastoria, quella quotidiana di mi-liardi di persone e non quella dipochi fanatici assassini.

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di Cinzia Inguanta

La legge sulla fecondazione assisti-ta ha dovuto affrontare i problemilegati alla tutela della salute ripro-duttiva, un aspetto molto delicatoper i risvolti etici connessi. Secon-do l’Organizzazione delle NazioniUnite “La salute riproduttiva è unostato di completo benessere fisico,mentale e relazionale e non sem-plicemente l’assenza di condizionipatologiche o infermità che riguar-dino il sistema riproduttivo”.Che cosa accade quando in una fa-miglia il desiderio di un figlio siscontra con l’impossibilità fisica agenerarlo? Per cercare di capire co-sa vuol dire per una coppia avvici-narsi alla procreazione medical-mente assistita (PMA)abbiamoparlato con la dottoressa Ga-briella Torregrossa, re-sponsabile del Centroprivato Athena diVerona, con il

dott. Stefano Zaffagnini, operatoredel Centro per la diagnosi e la te-rapia della sterilità e dell’infertilitàdi coppia del Policlinico di BorgoRoma, nonché direttore scientifi-co del Centro privato Tethys.L’età delle coppie che si rivolge aicentri di procreazione medical-mente assistita è sempre

più avanzata, 35-38 anni la mediaattuale. Infatti oggi esiste un di-vario tra il periodo di massimafertilità biologica e l’età social-mente idonea per avere un figlio:prima ci sono lo studio, il lavoroe solo in seguito il matrimonio e ifigli. Un altro fattore che influiscesull’età delle coppie deriva daiproblemi connessi alle separa-

zioni e alla formazione dinuove famiglie, dove i

potenziali genitori nonsono più giovanissi-mi. Zaffagnini spiegache la domanda diuna fecondazioneassistita è in aumentoanche tra la popola-zione extracomuni-taria e che in questi

casi è facile che ci sianoanche problemi di carat-

Attualità

MEDICINA

«Aiutiamo le coppiea concepire dei figli»

Procreazione medicalmente assistita. Così risponde Verona nonostante i limiti di una legge dalle tante implicazioni etiche. Liste di attesa molto lunghe

L’età delle coppie chesi rivolge ai centri di

procreazionemedicalmente assistita

è sempre piùavanzata, 35-38 anni

la media attuale.Ma cosa accadequando in una

famiglia il desiderio di un figlio si scontra

con l’impossibilitàfisica a generarlo?

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tere culturale. Ad esempio, inmolte società la procreazione è unmezzo di riconoscimento socialeper la donna, che senza figli vieneripudiata, anche se magari il pro-blema è maschile. Per questo,quando si tratta di coppie extra-comunitarie, per essere certi cheogni informazione sia recepita inmodo corretto è indispensabile lapresenza di alcuni mediatori cul-turali.Informazione e capacità di elabo-razione non sono infatti la stessacosa, e questo vale per tutti. Unodei primi problemi che tutte lecoppie si trovano ad affrontare èproprio quello di riuscire a svi-luppare l’elaborazione delle in-formazioni, per raggiungere unapiena consapevolezza delle scelteche vengono fatte. Questo è unodei motivi per i quali si ritiene ne-cessario affiancare uno psicologoa chi ricorre alla PMA. Inoltre, leconseguenze psicologiche dell’in-fertilità in termini di ansia, stress

Ecco cosa dice la leggedi Giorgia Cozzolino

É la discussa legge 40 del 2004 a sancire in Italia i limiti della pro-creazione assistita. Limiti che secondo una parte dell’opinione pub-blica dovevano essere aboliti con il referendum del 2005. La norma èsopravvissuta ai quesiti referendari ma, ora che l’orientamento poli-tico del governo è cambiato, si parla già di rimettere il testo in dis-cussione.Giudicata da gran parte del mondo scientifico limitativa non soloper le libertà personali ma soprattutto dannosa per la ricerca scien-tifica, la legge è invece supportata da chi ritiene che impedisca unuso indiscriminato degli ebrioni e il disgregamento di una societàimprontata sulla famiglia tradizionale. Possono infatti avere accessoalla procreazione medica solo «le coppie formate da persone mag-giorenni di sesso diverso, sposate o conviventi, in età potenzialmen-te fertile ed entrambe viventi». Divieto quindi per i single, gli omo-sessuali, le cosiddette “mamme-nonne” e, in ogni caso, entrambi isoggetti che compongono la coppia devono essere viventi. Nientequindi fecondazione post mortem.La legge specifica che si può ricorrere alla procreazione assistita so-lamente «qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci perrimuovere le cause di sterilità o infertilità» e impegna due milioni dieuro a favore della ricerca per contrastare tali patologie.Un altro punto molto dibattuto è quello sul divieto alla fecondazio-ne eterologa, ovvero quell’operazione che fa ricorso ad un donatoreesterno alla coppia. É possibile cioè creare un embrione solo se semee ovulo provengono dalla coppia che si rivolge alle tecniche di fe-condazione assistita. E sono severe le sanzioni per chi opera in con-trasto con la legge: il medico che pratica la fecondazione eterologaviene punito con una multa da 300mila a 600mila euro e con unasospensione dall’albo professionale da uno a tre anni, mentre non èprevista nessuna punizione per la coppia che vi ha fatto ricorso. Per-seguiti anche i medici che compiono fecondazione assistita su singleo coppie gay con multe da 200 a 400mila euro. Le legge vieta anche ilcosiddetto “utero in affitto”che viene punito con la reclusione da 2 a24 mesi e con multe da 600mila euro.L’articolo 13 considera «vietata qualsiasi sperimentazione su cia-scun embrione umano e la loro produzione a fini di ricerca. Ancheogni forma di «selezione a scopo eugenetico», ovvero interventi dimanipolazione genetica o scelta degli embrioni e dei gameti conprocedimenti artificiali è esclusa, e così pure la clonazione e la fe-condazione di un gamete umano con quello di una specie diversa.Ciò comporta che non si possono produrre più embrioni di quellistrettamente necessari a un unico e contemporaneo impianto ecomunque non più di tre e il loro congelamento è consentito solose, per ragioni di salute della futura madre, non possono esseretrasferiti subito nell’utero. Le pene previste per chi viola la normavanno dai dieci ai venti anni di reclusione e multe fino a un milio-ne di euro oltre all’interdizione perpetua dalla professione medi-ca. La legge non fa alcun riferimento all’adottabilità degli embrio-ni non impiantati che oggi sono circa 30mila conservati nellestrutture riconosciute dalla legge. Ai figli nati, infine, la norma di-chiara lo status di “legittimi” se i genitori sono sposati tra loro o“riconosciuti” se conviventi.La legge 40 modifica anche la norma 405 del 29 luglio 1975 sul ser-vizio di assistenza alla famiglia e alla maternità. Tra gli altri punti,viene inserita anche «l’informazione e l’assistenza riguardo ai pro-blemi della sterilità e della infertilità umana, nonché alle tecniche diprocreazione medicalmente assistita» e «l’informazione sulle proce-dure per l’adozione e l’affidamento familiare».

Attualità

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psicosociale, frustrazione e dis-adattamento coniugale sonomolto pesanti.Un altro aspetto molto importan-te da affrontare è quello della ge-nitorialità. Bisogna aiutare le cop-pie a riflettere sulla propria moti-vazione ad avere un figlio. L’alte-razione dell’atto del concepimen-to, infatti, implica anche un’alte-razione profonda dei confini per-sonali, del nostro modo di pen-sarci e di pensare le relazioni. Se-condo Torregrossa è utile che cisia uno psicologo, ma non lo sipuò imporre: «Ritengo che unbuon ginecologo debba essere an-che un po’ psicologo, non può li-mitarsi ad essere un tecnico. De-dico molto tempo ai miei pazien-ti. Arrivano persone molto stres-sate. È importante stabilire unbuon rapporto, basato sulla chia-rezza, sull’informazione, sullacomprensione dei bisogni reali edelle aspettative. Il ginecologo de-ve essere in grado di cogliere la

Centri di Procreazione Medicalmente Assistita a Verona• Centro per la diagnosi e la terapia della sterilità e dell’infertilità

di coppia, Ginecologia e Ostetricia, Ospedale Policlinico Giam-battista Rossi, Borgo Roma, via delle Menegone, 10 - 37134 Vero-na, tel. 045.8124407/4408.

• Centro Privato Athena, via Camozzini, 10 - 37126 Verona, tel.045.8301724.

• Studio Medico Tethys srl, via Golosine, 2a - 37136 Verona, tel.045.8230260.

L’ospedale di Borgo Roma

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• Metodiche di 1° livello

Sono eseguibili ambulatorialmente, com-prendono le procedure di: inseminazionein ciclo naturale e l’induzione dell’ovula-zione multipla associata ad inseminazioneintrauterina.

• Metodiche di 2° livelloDevono prevedere la disponibilità della salaoperatoria ed oltre alle metodiche previsteper il primo livello, comprendono l’espleta-

mento di una o più delle seguenti procedure:Fertilizzazione in Vitro ed Embryo Transfer(FIVET), Gamete Intrafalloppian Transfer(GIFT), Zygote Intrafalloppian Transfer(ZLFT), Tubal Embryo Transfer (TET).Le metodiche di 2° livello comprendonoanche altre tecniche derivate dalle prece-denti le quali tutte si articolano nelle se-guenti fasi operative: fase di stimolazionedella crescita follicolare multipla, con mo-nitoraggio ecografico ed ormonale; fase diprelievo ecoguidato (pick up) degli ovociti;

fase di laboratorio; fase di trasferimento digameti o embrioni.

• Metodiche di 3° livelloQuesto livello prevede le metodiche previ-ste per il primo e secondo livello e una o piùdelle seguenti procedure: differenti tecni-che di microfertilizzazione, comprese quel-le sull’ovocita fecondato atte a favorirnel’attecchimento; altre tecniche derivate dal-le precedenti; tecniche di diagnosticapreimpianto.

Attualità

Ottobre 2006

storia della coppia. Nella miaesperienza sono state poche lecoppie che hanno richiesto speci-ficatamente l’assistenza di unopsicologo, in alcuni casi sono sta-ta io a forzare per questo affian-camento, perché ritenevo ce nefosse proprio bisogno».Il Centro del Policlinico si avvaledella collaborazione dell’Istitutodi psicologia medica e Zaffagninispiega che «tale collaborazione èindispensabile, perché l’impegnorichiesto per queste terapie me-diche è molto grande, sia dalpunto di vista fisico che mentale.Soprattutto, bisogna essere pre-parati agli insuccessi».«La sterilità è una “malattia” chespesso, viene vissuta come unacolpa o una condanna» dice Tor-regrossa. «Le armi per combatte-re alcuni problemi sono statespuntate dalla legge e quelle cherisultano maggiormente penaliz-zate sono proprio le persone “piùammalate”, come nel caso di co-

loro che sono portatori di malat-tie genetiche o di giovani donneche hanno le ovaie rovinate daitrattamenti chemio o radiotera-pici in seguito a un tumore». Ildivieto di ricorrere alla feconda-zione eterologa per queste perso-ne vuol dire trovasi nell’impossi-bilità totale di avere figli e questoincentiva il turismo riproduttivo.L’Europa è il nuovo scenario en-tro cui si muovono le varie legis-lazioni. Per questo non è possibi-le che i limiti imposti da un Paesegenerino disparità e discrimina-zioni, riservando solo a chi pos-siede molto denaro la possibilitàdi aggirare gli ostacoli, trovandola soluzione all’estero, dove ci so-no leggi diverse.Altri problemi non risolti dallalegge derivano dalla limitazionenella produzione e dall’obbligod’impianto di tutti gli embrioniprodotti. Secondo la normativanon può essere prodotto un nu-

mero di embrioni superiore aquello strettamente necessario aun unico impianto, comunquenon più di tre, in conseguenza an-che del divieto di congelamento.La qualità degli ovociti e degliembrioni è strettamente correla-ta all’età, questo vuol dire che incaso di età avanzata (38-40 anni)diventa molto difficile otteneredelle gravidanze, mentre le don-ne più giovani sono esposte al ri-schio di una gravidanza multiplae a quello di un parto prematuro.In questo modo si mettono inpericolo sia la salute dei nasciturisia quella della madre. «Una gra-vidanza trigemina non è mai au-gurabile, è un incidente di per-corso che sta diventando semprepiù frequente», spiega Torre-grossa.Nel settore pubblico un altroproblema che le coppie devonoaffrontare è quello dei tempi, in-fatti, spiega Zaffagnini, «la listad’attesa per avere accesso alle tec-niche di PMA è di circa un an-no». Questo è dovuto, oltre algrande numero di coppie che sirivolgono al Policlinico, anche al-la difficoltà oggettiva di lavoraredegli operatori del Centro: bastipensare che l’utilizzo della salaoperatoria e la presenza del bio-logo sono programmate per unasola settimana al mese.Dalle testimonianze raccolte pardi capire che la legge 40 del 19febbraio 2004, pur avendo il me-rito di aver colmato una lacunanormativa importante, non sem-bra assolvere in pieno al compitodi garantire la tutela del dirittoalla salute dei cittadini.

I significati dei termini della Procreazione Medicalmente Assistita

Non è possibile che ilimiti imposti dalle

leggi di un Paesegenerino disparità e

discriminazioni.Eppure in certi casi

solo chi possiede moltodenaro ha la

possibilità di ricorrerealla procreazione

assistita all’estero,dove le leggi possono

essere diverse

Le donne più giovanisono esposte al rischio

di una gravidanzamultipla e a quello di un

parto prematuro chemettono in pericolo

sia la salute deinascituri che quelladella madre. Una

gravidanza trigemina èun incidente di percorso

che sta diventandosempre più frequente

Stefano Zaffagnini

Gabriella Torregrossa

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di Guido Gonzato

In tutte le città italiane, e special-mente al Nord, il patrimonio arti-stico è vittima delle cosiddette in-giurie del tempo. Il problema eranoto già nel Rinascimento, quan-do i monumenti venivano rico-perti dai licheni e dalle “male er-be”che si infiltravano tra le pietre.Ma quelli erano bei tempi. Oggi laquestione è cambiata radicalmen-te, sia nella natura del danno chenella sua intensità. Il problemanon sono più le erbacce da estir-pare ma l’inquinamento atmosfe-rico, e i monumenti di Verona, lacittà più inquinata d’Italia, ne sof-frono gravemente.La causa del danno è il particolatoatmosferico, le famigerate polverisottili che si formano con la com-bustione degli idrocarburi. A Ve-rona, il particolato è originatoquasi esclusivamente dal trafficoautomobilistico. Le particelle, didimensioni inferiori al millesimodi millimetro, sono delle vere eproprie spugne di materiale car-bonioso impregnato di residui dicombustione, idrocarburi, zolfo,metalli pesanti.L’effetto sui monumenti in pietra,che a Verona sono praticamentetutti di calcare di vario tipo, è de-vastante. Le particelle si instaura-no sulla superficie creando unacrosta nera, durissima e difficile darimuovere, che compromette l’e-stetica del monumento. L’azionechimica è di gran lunga peggiore:la crosta nera, unitamente all’azio-ne della pioggia, può produrrepiccole quantità di acido solforicoche trasformano il calcare in gesso,facilmente solubile e asportabile.Col passare degli anni i monu-menti vanno letteralmente in bri-ciole. L’effetto chimico della crostanera si può osservare in particola-re sui muri dell’anello esterno del-l’Arena.

GLI INTERVENTI DI RESTAURO

Negli ultimi anni diverse campa-gne di restauro si sono susseguite ealcune sono tuttora in corso. Esa-minando da vicino alcuni monu-menti restaurati, quello che si vedesuscita qualche perplessità.Uno dei primi monumenti sotto-posti a restauro, diversi anni fa, èstata la facciata di Santa Eufemia.

riale. É probabile che il restaurosia stato effettuato con getti diacqua e sabbia a pressione.Indubbiamente il restauro ha re-stituito al monumento l’aspettooriginario: ma a quale prezzo? Lasuperficie originale ora non esi-ste più. Rimuovendo mezzo mil-limetro di superficie alla volta,quanti interventi di restauro sipotranno ancora effettuare?Basta osservare da vicino altrimonumenti restaurati per verifi-care che questo tipo di interventoè stato effettuato con sistematici-tà. Un altro esempio eclatante è lafacciata di San Giovanni in Foro,dove le parti in marmo rossomostrano addirittura evidentitracce di abrasione.Va detto che in altri casi, come al-la base della Scala della Ragionein Cortile Mercato Vecchio, si ve-de che la crosta nera è stata ri-mossa senza intaccare la superfi-cie sottostante, che ora mostratracce della lucidatura originaria.Se il restauro provoca una perdi-ta anche piccola di materiale dalmonumento, a giudizio di alcuniesperti tale restauro non è accet-tabile. Infatti la rimozione dellecroste non è un intervento riso-lutivo, poiché nelle condizioni

attuali esse si ri-formano nel girodi pochi anni.Le modalità direstauro sono unproblema con-troverso e moltodibattuto. Proba-bilmente, il pro-blema non puòessere risolto senon agendo sullecause. È moltosemplice: per sal-vaguardare i mo-

numenti, basta eliminare l’inqui-namento atmosferico... il che con-sentirebbe anche di salvaguardarela salute dei cittadini.Ridurre drasticamente il trafficodegli autoveicoli privati, migliora-re il trasporto pubblico, favorirel’uso della bicicletta. Si fa ovunquein Europa, anche in paesi che han-no un clima sfavorevole come l’O-landa o il Regno Unito. Ma in Ita-lia e a Verona, non si fa e chi lo sase mai si farà in futuro. Godiamociquindi i nostri bei monumenti,finché li abbiamo.

Attualità

inVERONA 9

L’arca del Cinquecento in marmoRosso Verona (tomba Lavagnoli)sembra in condizioni migliori ri-spetto a prima, quando era co-perta di croste nere. Ma l’esteticanon è tutto. Osservando la super-ficie con una lente d’ingrandi-mento, si nota un dettaglio rive-latore del tipo di restauro effet-tuato. In alcuni punti sono a ma-lapena visibili gruppi di minu-scoli forellini. Si tratta delle trac-ce lasciate nei secoli scorsi dai li-cheni, che colonizzavano le su-perfici dei monumenti cittadiniquando l’aria era sufficientemen-te pulita. Quando un lichene si

attacca su una superficie, provo-ca delle microperforazioni semi-feriche profonde circa un milli-metro.Ora, questi forellini sono statiquasi completamente abrasi e ap-parentemente ne rimane solo laparte più profonda. Questo si-gnifica che è stato rimosso dalmonumento uno spessore di al-meno mezzo millimetro di mate-

MONUMENTI A VERONA

Conservazioneo sottile e lenta

distruzione?Ripulireste un mobile antico con la

pialla? Evidentemente no, ma quandosi parla di opere d’arte in pietra

il procedimento usato è assai simile

Lo smog ricopre imonumenti di una patina

grigia. Ma possono tornarecome nuovi ricorrendo

all’abrasione

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Redazione e impaginazione di libri e giornaliComunicati stampaProgetti editoriali

045.592695 - 320.4209663Lungadige Re Teodorico, 10 - 37129 Verona

STUDIOeDITORIALEGiorgio Montol l i

LA DIFFERENZANEL FARE LE COSE.

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di Giuseppe Brugnoli

Per una volta cambiamo la rubrica da “ricor-di di un giovane cronista” facendola diventa-re “ricordi giovani di un vecchio cronista”.L’argomento è una pratica sbrigata in fretta,anche se preceduta da molti sussurri e qual-che grida, riusciti ad arrivare a compiacentimass media. Si parla del cambio della guardiaalla direzione di Verona Fedele, una praticasbrigata anche con qualche errore formaleche rischia di diventare sostanziale, e che puòlasciare strascichi più o meno antipatici, emagari anche qualche interpretazione chepuò diventare sgradevole. Liberiamo il cam-po innanzitutto dall’ipotesi sulla legittimitàdell’operazione. Qualsiasi buon giornalista,che per avventura si trova al vertice della pic-cola o grande organizzazione redazionale, sabenissimo che, nel momento in cui viene no-minato direttore, comincia la conta alla rove-scia sugli anni, mesi e giorni che gli restanonel suo mandato. Solo i direttori che sonoanche editori, e magari fondatori del lorogiornale, possono pensare che il loro sia unincarico a vita. Per tutti gli altri, anche negliatti ufficiali di fronte ad un notaio, si tratta diun mandato “pro tempore”, e all’editore spet-ta un diritto inalienabile, come a tutti i pa-droni nel regime occidentale fondato sulla li-bera impresa, di licenziare il suo dipendente.Trattandosi poi, per la direzione di un gior-nale, di un incarico particolarmente delicato,fondato sulla fiducia, non c’è bisogno di “giu-sta causa” e il licenziamento non può avveni-re che in un solo modo,“ad nutum”, improv-visamente, e al licenziato non spetta nessunaspiegazione, oltre ai soldi dell’indennità chegli è dovuta per essere stato mandato a casad’un colpo.Questa prassi non è stata affatto seguita nelcambio della guardia alla direzione di VeronaFedele dove, essendo il padrone uno solo, enon una società per azioni o di capitali, dove idiversi soci devono necessariamente essereinformati e interpellati per una decisione cosìimportante, sarebbe stato più facile prendereil provvedimento e contestualmente comuni-carlo ufficialmente, evitando così la sequeladelle voci, dei “pissipissi bau-bau” che ha resopiù difficili gli ultimi giorni del direttoreuscente, più imbarazzante l’attesa del nuovodirettore non più “in pectore”, e che ha auto-

rizzato in diversi “mass media” commenti avolta infelici e tal’altra interessati, mentre di-ventava quasi fragoroso il silenzio di chi dell’“affaire” non si è interessato per niente, quasia dire: «Noi parliamo solo dei fatti nostri, sie-te pregati di fare altrettanto».E questo è certamente un primo sbaglio diprocedura, forse inevitabile ma probabil-mente no, nella vicenda. Altri, più evidenti ecorposi, appaiono nell’annuncio ufficiale cheVerona Fedele ne dà in prima pagina, con duemodesti codicilli in terza, nel suo numero del1 ottobre, l’ultimo firmato dal direttoreuscente. Sempre secondo le regole, in questocaso non osservate, l’annuncio del cambio didirezione spetta all’editore, che comunica inpoche righe la sua decisione senza darne mo-tivazioni (le quali appartengono alla sferadelle opinioni personali che stanno alla basedel rapporto fiduciario), ringrazia sintetica-mente il partente e altrettanto sinteticamentepresenta il subentrante, e quindi lascia la pa-rola, di seguito, a chi se ne va, che se è di buongusto non si sofferma troppo a raccontare larava e la fava, il che serve solo a sollazzare ilettori pruriginosi. Qui, invece, è il direttoreuscente che ha il posto d’onore, con un fondoabbastanza pesante in prima colonna, e si dàla notizia da sé cominciando: «Cari lettori,con questo numero, termina la mia direzionedi Verona Fedele», il che magari lascia pensa-re, a qualche lettore disattento, che sia lui chese va, sua sponte, per libera scelta “grato a tut-ti in fierezza e libertà”, come dice il titolo, enon sia stato accompagnato più o meno gen-tilmente all’uscita.Inusitata anche la collocazione dell’articolodel padrone di casa, il proprietario-editore,confinato all’estremo opposto della primapagina e sotto un titolo che proclama “Usurain agguato”e in fianco ad un altro titolo di ta-glio che afferma “L’eutanasia uccide il dirit-to”. Di quale usura si tratta, nella fattispecie?L’articolo tratta dell’usura di chi presta soldiad interessi da strozzinaggio, ma qualcuno

può pensare anche al “logorio del laicismomoderno”, secondo il titolo di un recente li-bro, che dovrebbe piacere all’ex direttore diVerona Fedele, di Gnocchi e Palmaro. E sel’eutanasia uccide il diritto, non si potrebbeinterpretare come una sorta di eutanasial’imporre una morte dolce ad un bravo preteche dirige un giornale e non sta affatto tiran-do gli ultimi?Ma il ringraziamento-commiato dell’editoresi permette, al di qua delle interpretazionifantasiose sull’accostamento dei titoli, evi-dentemente casuale, anche qualche precisa-zione che suona rimbrotto, e che, se non al-tro per carità cristiana, trattandosi di unoche si sta accompagnando all’uscita, diventadoppiamente sgradevole: «La sonorità dellatua voce forse talvolta ha cantato sopra le ri-ghe o può aver fatto cilecca su una battuta».Ce n’è più che a sufficienza per giustificareuna perentoria indicazione dell’uscita, e nonc’era nessun bisogno di dare queste spiega-zioni a cose fatte. Non si usa, se non nel casodi un dissidio che continua pur dopo i salutidi prammatica, soprattutto tenendo contoche il partente, che saluta e ringrazia tutti, siguarda bene dal farlo con il padron di casa, ilquale, se pure non è stato lui a nominarlo, èstato lui a tenerselo per tanti anni.Con tutti questi discorsi, impostati più sullaforma che sulla sostanza, corriamo il ri-schio di dimenticare il personaggio prota-gonista della vicenda, o almeno di far la fi-gura di volerlo dimenticare. Non sia mai,anche se lo spazio si sta assottigliando. DonFasani è stato un buon giornalista e unbuon prete. Forse più giornalista, anche seattento ad allargare la sua tribuna in diversedirezioni, esplorando le stanze del castellokafkiano dell’informazione, porta a porta,più che ad approfondire i temi legati allospecifico compito di dirigere un giornalediocesano, e quindi necessariamente locale.Ma è stato anche un buon prete che non hamai perso di vista, neppure per un attimo,quelli che gli intenditori di calcio chiamano“i fondamentali” e che fino a nuovo ordine,sperando che non venga mai, rimangonotali. Li ha difesi talvolta con voce sopra le ri-ghe, tal’altra sforando da un coro dimesso epecorone, ma Vivaddio, e non è un’interie-zione ma un’invocazione, ne avessimo, diquesti preti.

CAMBIO DELLA GUARDIA A “VERONA FEDELE”

Un prete sopra le righe?

inVERONA 11

Attualità

Don Bruno Fasani lascia la direzione del settimanale

diocesano, non senza qualchestrascico e polemica per il

modo in cui ciò è avvenuto

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di Elisabetta Zampini e Irene Lucchese

Negli ultimi tempi l’editoria ita-liana sta riscoprendo la vita e l’o-pera di Emilio Salgari, lo scrittoreveronese che ha appassionato mi-lioni di giovani lettori. Si assiste alriscatto di tutta la “letteratura po-polare”, quella “letteratura di ge-nere” che ha imperversato in Italiaa cavallo tra Ottocento e Novecen-to. E proprio Salgari è uno deimaggiori esponenti del fenome-no, scrittore dalla fantasia infinitae dotato di una geniale creatività,ma poco stimato dalla cultura alui contemporanea e presto cadu-to nel dimenticatoio, trascuratoanche dalla sua città natale. Ma è a

Cultura

Ottobre 200612

SCRITTORI DI CASA NOSTRA

Nel mondo crescel’interesse per SalgariClaudio Gallo è impegnato nel recupero e riordino dell’opera salgariana

e della produzione di Luigi Motta, un altro veronese, prolifico scrittore di romanzi di avventura. Le opere dei due autori sono conservate nella Biblioteca Civica

Verona chedi recente so-no nate ini-ziative, comi-tati, premi, ideedi riviste ispira-te a Salgari e allasua vasta produ-zione letteraria. Apartire dalla cittàscaligera, questo recupero ha co-involto tutta l’editoria nazionalee non solo: Salgari oggi rappre-senta un mercato in espansioneche sta conquistando anche ilmondo di lingua inglese, in par-ticolare gli Stati Uniti.Non bisogna meravigliarsi difronte a questa nuova tendenza:l’opera di Salgari, come nella mi-gliore tradizione dei romanzid’avventura, ha una grande di-mensione europea, ha grandeapertura verso l’esterno. Il crea-tore di Sandokan, del Corsaro Ne-ro, de Le Tigri di Mompracem nonè l’unico nel panorama veronese:suo quasi contemporaneo ed ere-de è Luigi Motta (nato a Busso-lengo nel 1881), anch’egli prolifi-co scrittore di romanzi d’avven-tura. La Biblioteca Civica di Ve-

rona ha la fortuna di ospitare gliarchivi della produzione sia diSalgari che di Motta. Questagrande opportunità ha attiratol’attenzione del mondo accade-mico, di critici e studiosi. Tra diessi Claudio Gallo, docente diStoria del fumetto all’Universitàdi Verona e bibliotecario, è coluiche più si è impegnato nel recu-pero e nel riordino dell’operasalgariana e, più recentemente,della produzione di Motta. Il suolavoro consiste nell’organizza-zione del materiale edito ed ine-dito dei due scrittori veronesi,

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Cultura

inVERONA 13

«Lo scopo ultimo, laragione di tutto»,

spiega Gallo, «è darecompletezza alla

figura salgariana.Della sua vita si sa

poco, ma è importanteche venga riconosciuto

dalla città come unsuo tesoro con

ricadute, perché no,anche dal punto di

vista turistico»

dove la difficoltà consiste nel tro-vare un filo conduttore tra tutti idocumenti ritrovati: in questa fa-se contano le capacità, l’esperien-za del curatore il suo personaleintuito. Il secondo passo è divul-gare tutto questo materiale.Gallo è un sostenitore della lette-ratura per ragazzi, il romanzod’avventura e di fantascienza, laletteratura di genere che da sem-pre sono soggetti a pregiudizi.Secondo l’esperto salgariano nonesistono letteratura “alta” e lette-ratura “popolare”, ed è lui in pri-ma persona a impegnarsi nel di-mostrare come anche questa let-teratura abbia una sua dimensio-ne poetica, in grado di fornireuna rappresentazione del mon-do. Non solo: attraverso i suoiapprofonditi studi, il professorGallo ha potuto constatare comequesto genere di letteratura siastato fondamentale nella forma-zione dell’individuo, molto piùdei classici testi educativi. Un no-me per tutti, quello di AlessandroBausani: la frequentazione salga-riana ha avuto non pochi riflessisulla vocazione dello studiosoche sarà uno dei maggiori espertiitaliani del mondo orientale,quello persiano soprattutto, non-ché traduttore e commentatoredelle più importanti traduzionidel Corano in Italia. Senza conta-re poi gli aspetti legati all’edito-ria, cioè a ciò che veniva stampa-to in gran quantità perché vanta-va un largo numero di lettori conun significativo consenso popo-lare. È importante cioè sapereche cosa la gente di fatto amavaleggere, al di là dei testi letteraricanonici.Claudio Gallo svolge questo lavo-ro complesso e di precisione congrande passione ed interesse, davero amante della letteratura.«Lo scopo ultimo, la ragione ditutto», spiega Gallo, «è dare com-pletezza alla figura salgariana.Della sua vita si sa poco o si pre-ferisce soffermarsi su alcuni par-ticolari dal sapore leggendario.Inoltre è importante che vengariconosciuto dalla città come unsuo tesoro, anche con ricadute,perché no, dal punto di vista turi-stico».La ricerca porta allora i suoi frut-ti, intanto a favore di una com-plessità positiva perché contri-

buisce a collocare Salgari al difuori di situazioni aneddototi-che. E sempre di più il suo nomesi pone accanto a altri autori digenere nel panorama europeocoevo. «Ne è testimonianza»,prosegue Gallo, «la rivista geno-vese Per terra e per mare, dell’edi-tore Donath, che Salgari diressedal 1904 al 1906, quando viveva aTorino. Vi confluiscono contri-buti e nomi che ne connotanosubito un respiro europeo e sifanno delle scoperte sul mondoletterario italiano spesso trala-sciate dalle antologie». Si vedonoallora comparire nomi come Sal-vatore di Giacomo o Luigi Ca-puana, autori che certo non si èabituati ad accostare al genere av-venturoso, horror o fantascienti-fico. Eppure qui i confini tra leletterature di slabbrano.«Salgari era un positivista, vicinoalla Scapigliatura lombarda e piùdi quanto si possa in un primomomento pensare», aggiungeGallo, «Salgari è vicino al pensie-ro di Verne, per quanto tra i duenon corresse buon sangue. Comelo scrittore francese, Salgari è in-fatti fiducioso nelle capacità del-l’uomo. Ne è un esempio il libro IRobinson italiani. Il richiamo alfamoso Robinson Crusue di Da-niel Defoe è voluto. Ma rispettoalla fonte di ispirazione, Salgarisottolinea molto di più le possi-bilità dell’uomo che, grazie alleconoscenze e alle nozioni sulmondo della natura riesce a pie-garla a proprio vantaggio, a trar-ne anzi il maggior beneficio pos-sibile». Si può parlare dunque di

una riscossa della letteratura digenere, diventata terreno di stu-dio riconosciuto e fertile. Unodei primi segni di ciò è rappre-sentato dalla neonata rivista Ilcorsaro nero: «sarà uno strumen-to – si legge nell’editoriale delprimo numero – per conoscerele origini e l’affermazione dellaletteratura popolare in Italia,ponendo particolarmente in ri-salto la modernità dell’opera sal-gariana».E la questione dello stile salgaria-no, delle famose, lunghe e oggitemutissime pagine descrittive?«Salgari non è vecchio. Scrive inun altro contesto che era diversodal nostro dove valevano catego-rie mentali che per noi non ci so-no più. Ma considerata e rispet-tata la distanza storica, rimanecomunque la forza narrativa. Permolti lettori salgariani, soprat-tutto all’estero, le descrizioni nerimangono un tratto determi-

Per conoscere le origini e l’affermazione dellaletteratura popolare in Italia, e per porreparticolarmente in

risalto la modernitàdell’opera salgariana,

è nata da poco la rivista Il Corsaro nero

Claudio Gallo

Le immagini delle copertine deilibri di Salgari e Motta sono statemesse a disposizione dai FondiSalgariani della Biblioteca Civicadi Verona

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nante in positivo», spiega Gallo.«Quali autori dell’ultimo Otto-cento possono vantare tale sortee tanta popolarità per le loroopere?» scriveva negli anni cin-quanta Luigi Motta, «E quale èveramente la ragione di questoformidabile e duraturo successo?

I figli, anime schiette, spiritual-mente sensibili, che sentono d’a-mare ciò che tutti gli uomini bra-mano: la vita primitiva, la vita di-namica, i grandi spazi, le grandicacce, la pesca, la vita insommacome la intesero i nostri padri».Tale citazione proviene da unoscritto custodito alla Civica inuno dei 250 faldoni di lettere,racconti, documenti e materialiinediti che costituiscono il FondoMotta.«Motta ha una produzione scon-finata», spiega Gallo, «ed è diffi-cile capire con sicurezza se un te-sto è inedito o meno anche per-ché molto materiale veniva pub-blicato su riviste non tutte rin-tracciabili ora. É di prossimapubblicazione un romanzo auto-biografico di Motta, La grandetormenta. Sempre di Motta è ap-pena terminato un lavoro di si-stematizzazione della sua produ-zione che comprende sia un’ana-

Cultura

Ottobre 200614

lisi editoriale che un indagine suicontenuti. Ciò renderà più pro-ponibili e appetibili ulteriori ri-cerche e approfondimenti sulmondo letterario di questo epi-gono salgariano».Verona può sempre di più, allora,riconciliarsi con i suoi scrittorid’avventura, con Salgari che, co-me ricordava Motta, «amavaviaggiare sulla carta, poiché larealtà del paesaggio e degli uomi-ni è di gran lunga inferiore aquanto crea la fantasia».

Verona può sempre dipiù riconciliarsi con i

suoi scrittorid’avventura, con Salgari

che, come ricordavaMotta, «amava

viaggiare sulla carta,poiché la realtà del

paesaggio e degli uominiè di gran lunga inferiore

a quanto crea lafantasia»

Per chi vuole approfondire

Alla Gran Guardia l’incontrocon l’editoria di qualità

Il 10, 11 e 12 novembre Verona ospiterà “Inchiostro Fiera dei Libri”,una rassegna nazionale dell’editoria di qualità. A curare la manifesta-zione sarà lo staff redazionale di Inchiostro, rivista italiana di narrati-va riservata agli autori esordienti.Le stanze del Palazzo della Gran Guardia saranno teatro di incontri,tavole rotonde, esposizioni di piccoli editori. Nei tre giorni di Fierasono proposti momenti dedicati agli addetti ai lavori, ai visitatori piùgiovani e alla poesia. Una mattinata sarà poi dedicata ad Emilio Sal-gari e alla sua geniale opera: l’incontro sarà coordinato da ClaudioGallo e prevede, tra gli ospiti, anche Gianfranco de Turris, caporedat-tore dei GR Rai per la cultura, scrittore e studioso, esperto di Salgari edi tutta la letteratura d’avventura del Novecento. La Fiera si conclu-derà con un’asta benefica nella quale un centinaio di autori regale-ranno i loro “libri del cuore”. (I.L.)

«Motta ha unaproduzione

sconfinata ed èdifficile capirecon sicurezza se un testo è

inedito o meno»

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di Elisabetta Zampini

A Milano nel 1760 nasce la societàdei “Pugni”, sodalizio di intellet-tuali quali i fratelli Verri e CesareBeccaria con un programma, giàindicato nel nome, di rottura, dirifiuto radicale della tradizione infavore di riforme e di aperture aidee di più ampio respiro europeo.É il vento dell’illuminismo accoltocon fervore e passione.Nello stesso anno a Verona nasceAntonio Cesari, intellettuale eletterato. Cercò nella sua opera enell’impegno di studioso di con-trobilanciare le tensioni rinnova-trici che dall’illuminismo fino al-l’epoca napoleonica attraversa-rono la penisola. Almeno perquanto riguarda l’aspetto lingui-stico, cioè il problema della lin-gua italiana: di quale dovesse es-sere, se una lingua fosse data unavolta per tutte, o fosse in conti-nua evoluzione.La questione si poneva allora acausa del diffondersi di parolenuove straniere – inglesi ma spe-cialmente francesi – non tantonell’uso parlato quanto scritto.Del resto proprio l’illuminismoaveva evidenziato l’importanzadi una lingua comunicativa,adatta alle proposte politiche-culturali da diffondere e rendereefficaci. In secondo piano si ri-trova dunque la lingua classica,letteraria in senso tradizionaledel termine, talvolta anche innetta antitesi con il parlato.

La stessa data avvicina dunquedue posizioni opposte, contra-stanti, una nel segno del rinnova-mento e una del contenimento. Iltema è attuale. La questione dellalingua non è un fatto erudito, dichi ama fare avventure mentalisulle parole (che pure possono es-sere viaggi affascinanti). La linguaè specchio di un mondo e nellostesso tempo può offrirne le chia-vi di lettura, espanderne i signifi-cati. É un indicatore di come van-no la storia, le idee, gli uomini.Basta consultare gli attuali dizio-nari che si presentano continua-mente rinnovati. Lo sottolinea, adesempio, l’ultima edizione delDevoto Oli: «Molto è cambiatonella società, nelle conoscenzecondivise, negli interessi cultura-li: un rinnovamento radicale chenon può non avere i suoi riflessinella lingua. Ma la lingua – e l’ita-liano in special modo – accanto alnuovo e al globale mantiene ilvecchio e il particolare. Accantoall’attachment allegato ai messag-

gi di posta elettronica, c’è spazioper un arcaismo come lungi. Ac-canto alle cellule staminali e allacartolarizzazione, c’è spazio perparole casalinghe come carabat-tola, posapiano o pennichella».Antonio Cesari, entrato nel frat-tempo nell’ordine di San FilippoNeri, scrive tra il 1806 e il 1811 la“Nuova edizione del vocabolariodella Crusca”. Per questa e altreopere come la “Dissertazione sul-lo stato presente della lingua ita-liana” e “Le Grazie”, si pone comeuno dei maggiori promotori delmovimento purista. Lo scopo è

Cultura

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IL PERSONAGGIO

L’abate Cesaricustode della linguaNacque a Verona nel 1760. Scrisse la “Nuova edizione del vocabolario della Crusca”. Fu uno dei maggiori promotori del movimento purista

Intellettuale e letterato, cercò di

controbilanciare,soprattutto per quanto

riguarda il problemadella lingua italiana,

le tensioni rinnovatriciche dall’illuminismo

fino all’epocanapoleonica

attraversarono la penisola

La lingua è specchio di un mondo e nello

stesso tempo può offrirnele chiavi di lettura,

espanderne i significati.É un indicatore di comevanno la storia, le idee

e gli uomini

L’iscrizione in memoria del Cesari che si trova in quartiere Filippini

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Dante era statoaccantonato dalle

avanguardieintellettuali, in quanto

simbolo di unatradizione che doveva

essere superata. Nelmirino era il mondo

medioevale di cui erastato interprete.

Per la corrente piùlegata all’illuminismo,

il medioevorappresentava infattil’oscurantismo, per ipuristi era invece un

momento in cui si eramanifestata una

identità culturalecompatta basata sulla

cristianità e sullaromanità

salvaguardare l’italiano dall’inva-denza di forestierismi e neologi-smi attingendo alla fonte degliautori del trecento, primo fra tut-ti Dante, la purezza della lingua.Sarebbe semplice porre il Cesaricome un oppositore al nuovo, inritardo sui tempi, antagonistaperdente ed ingenuo. I ritardi co-stringono a pause talvolta signifi-cative. In realtà la sua figura sipone all’interno di una discus-sione, quella della lingua, conmolteplici e opposte voci (Man-zoni e Monti per citare solo alcu-ni nomi) che testimonia e fa daspecchio a un momento cultura-le, artistico, sociale e politico dicontraddizioni, di possibilità e dimutazioni: dai fermenti autono-misti nati sulla scorta della rivo-luzione francese, al dominio na-poleonico, alla restaurazione finoal movimento risorgimentale.Dal punto di vista culturaleemerge la necessità di gestire ilrapporto tra le tensioni createdalla Rivoluzione e il patrimoniodella tradizione. É un rapporto diequilibri tra contrasti, dove peròtutte le parti in causa hanno unvalore e offrono un contributoper non perdere niente di ciò chedi buono c’è nel vecchio e nel

nuovo. In ballo c’è il concetto diitalianità da salvaguardare, maforse ancor prima, da formulare,da interpretare in chiave attuale.Verona respirava il clima del clas-sicismo inaugurato nella primametà del Settecento dal Maffei econtemporaneamente ospitavaquello che possiamo definire uncenacolo di studiosi di Dante. Ilpurismo del Cesari si inseriscedunque in questo contesto. Ma sitratta di un classicismo vivace,non accademico e stagnante.L’impegno letterario e linguisticodel Cesari non è dunque, comespesso si è detto, né ingenuo néun retaggio erudito di una cittàun po’ spenta o conservatrice. Larealtà delle cose spinge inevita-bilmente verso giudizi più sfu-mati per una complessità di mo-tivazioni. Dante Alighieri era sta-to infatti messo da parte dalleavanguardie in quanto simbolodi una tradizione che doveva es-sere finalmente superata. Nel mi-rino non era solo il suo linguag-gio, ma anche il mondo medioe-vale di cui era stato speciale in-terprete. Per la corrente più lega-ta all’illuminismo, il medioevorappresentava infatti l’oscuranti-smo, per i puristi era invece unmomento in cui si era manifesta-ta una identità culturale compat-ta basata sulla cristianità e sullaromanità.Difficile non trovare torti e ra-gioni, equilibri ed estremismi daentrambe le parti. Di certo Anto-nio Cesari amava la letteratura ela lingua del Trecento, toscanaovviamente. Ne aveva un vero eproprio culto. Per lui il toscanodel Trecento era superiore a ognialtro dialetto e in quanto puntamassima di espressione linguisti-ca, non poteva mutare, cambiare,modificarsi. A quella lingua ci sidoveva riferire. Certo una posi-zione rigorosa. Ma leggendo lepagine del Cesari emerge anche iltrasporto e la passione intellet-tuale per questi studi. La Toscanadel Trecento acquista quasiun’aurea mitica, l’età dell’orodella lingua e dell’etica. Gli altridialetti sono infatti «rugginosi,goffi, sregolati, smozzicati, defor-mi; il toscano nacque, per così di-re, bello e formato, soave, regola-to, gentile» e proseguendo nella«Dissertazione» il Cesari afferma

che in Toscana «tutti in quel be-nedetto tempo del 1300 parlava-no e scrivevano bene», senza di-stinzione quindi tra la lingua deinobili e la lingua del popolo.Ecco allora la raccolta di questeparole preziose in un vocabola-rio, dato una volta per tutte, cri-stallizzato, immutabile. In modoironico e accalorato GiacomoLeopardi criticò direttamente ilVocabolario della Crusca inun’annotazione al canto “Ad An-gelo Mai”: «chiunque stima chenel punto medesimo che si pub-blica il vocabolario d’una linguasi debbano intendere annullatesenz’altro tutte le facoltà che tuttigli scrittori fino a quel punto ave-vano avute verso la medesima; eche quella pubblicazione, per so-la e propria sua virtù, chiuda estoppi a dirittura in perpetuo lefonti della favella; costui non sache diamine si sia né vocabolarioné lingua né altra cosa al mon-do».Antonio Cesari è dunque figuradi rilievo nel contesto letterarioitaliano e molte sono le traccedella sua presenza lasciate nellacittà natale. Fu precettore privatodel piccolo Nicola Mazza che, acausa della cagionevole salute,non poteva frequentare regolar-mente la scuola. A Castel D’Azza-no si trova ancora l’omonima vil-la campestre dove il Cesari ama-va soggiornare. Nel duomo c’è lastatua che lo ritrae, realizzata daGrazioso Spazzi e in quartiere Fi-lippini si conserva un’iscrizionein sua memoria quale difensoredella lingua del Sommo Poeta.Cesari, insieme ad altri dantistiveronesi come Bartolomeo Pe-razzini, Pier Iacopo Dionisi e Sci-pione Maffei, contribuì a creare aVerona un centro di ripresa deglistudi danteschi. Tra il 1824 e il1826 Cesari diede alle stampe“Sulle bellezze della Divina Com-media”, una serie di dialoghi traquattro importanti dantisti vero-nesi “storici”: Filippo Rosa Mo-rando, Giuseppe Torelli, Agosti-no Zeviani e Girolamo Pompei.Si tratta di un’opera che per laparticolare analisi linguistica estilistica della Divina Commediarappresenta una momento signi-ficativo della moderna criticadantesca. L’abate Antonio Cesarimorì a Ravenna nel 1828.

Cultura

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Il busto marmoreo di Antonio Cesari in Cattedrale

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di Nicola Guerini

«Ed ecco perciò Verona, pochimesi avanti bel teatro di gusti ca-vallereschi, fatta spettacolo in fe-licissimo à gli stranieri di miseriacompassionevole, per le pubbli-che, e le private ghiatture: trava-gliata dalle esterne invasioni, me-za consumata dalle proprie mili-tie, guasta dalle inondazioni, ab-battuta dalla pestilenza, et in unode’ più degni, e pregiati membri,tocca non solo, mà sfigurata dalfoco. O memorie, ò tempi! Era,ridotte le cose à segno, che me-glio si potevano lacrimare, che ri-storare, e meglio piangere, chedescrivere. La naturale elazioneallora de gli animi veronesi, sividde se non distrutta, almen de-pressa, e costernata».Così il medico Francesco Pona,scrive davanti al tragico spettaco-lo della città decimata dalla pestedel 1630. Secondo le statistichedel tempo: «erano 53.533, sonomorti 32.895, sono vivi 20.630,cioè 7.681 homeni, 9.443 donne,3.506 putti».Il 60 per cento della città finiscenelle fosse comuni, gettato nelleacque dell’Adige, bruciato sui ro-ghi, coperto dalla calce viva. InDuomo la peste passa come unaventata gelida di morte: uccidecanonici, cappellani e chiericiprivati. Gravemente decimati so-no anche tutti i sodalizi e organi-smi musicali, dalla Cattedrale delDuomo alle Scuole Accolitali, alle

Accademie, che escono assai pro-vati dalla grave calamità.Non manca però la ferma volon-tà di ripresa che già si manifestanel 1631 con la solenne proces-sione di ringraziamento per ilcessato contagio: si svolse dalDuomo a S.Anastasia e a S. Fer-mo «ove fu cantata una messa lapiù solenne che portassero i tem-pi». Dall’espressione di un anticocronista dell’epoca, traspare cosìl’impegno a non voler perdere latradizione musicale, passata e re-

cente, nonostante le difficoltà chela peste aveva portato.La cappella del Duomo è la pri-ma a dare qualche segno di ritro-vata vitalità per quanto i generosisforzi delle autorità capitolari(l’insieme delle autorità ecclesia-stiche che affiancano il vescovonel governo della diocesi) rara-mente trovarono adeguata ri-spondenza nei risultati. Il conti-nuo avvicendarsi alla guida dellaCappella di maestri non sempreall’altezza del compito nei decen-

Cultura

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MUSICA

Compositori veronesitra ’600 e ’700

Dopo la peste del 1630 inizia un ciclo fecondo per la musica a Verona. Tra icompositori di questo periodo Dall’Abaco, Gazzaniga, Salieri e altri meno noti

Il 60 per cento dellacittà finisce nelle fossecomuni, gettato nelle

acque dell’Adige,bruciato sui roghi,coperto dalla calceviva. In Duomo la

peste passa come unaventata gelida di

morte: uccidecanonici, cappellani e

chierici privati.Gravemente decimati

sono anche tutti isodalizi e organismi

musicali: dallaCattedrale del Duomo

alle Scuole Accolitali,alle Accademie, cheescono assai provati

dalla grave calamitàVeduta di Verona in una stampa seicentesca

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ni centrali del Seicento, le severerestrizioni alle spese per i salaridei musici imposte dalla scarsitàdelle rendite, lo stato di decaden-za delle Scuole Accolitali – per ipermanenti vuoti nel corpo do-cente – sono gli aspetti più evi-denti di una generale precarietàche certo non favorisce il ritornoal prestigio dei tempi migliori.Soltanto nel 1670 le istituzionicattedrali sembrano trovare nuo-vo vigore grazie al veronese Dio-nisio Bellante, già violinista inDuomo nell’immediato dopo pe-ste e, dal 1658, maestro di cappel-la (incarico simile egli lo ricoprepresso la chiesa di San Luca).Di Bellante va ricordato l’orato-rio “Il figliol prodigo” e unascuola per ragazzi, i “Pueri canto-res” che, affiancandosi ai clerici emusicisti salariati, rinforzavanocon successo le attività della Cap-pella. Gli eccellenti risultati con-seguiti dal Bellante sul piano di-dattico e artistico nel periodo delsuo incarico sono compromessida una nuova serie di calamitànaturali (inondazione, tempestedi grandine e siccità) che colpi-scono il territorio veronese nel1668, facendo cadere le renditeterriere di cui la Messa Accolitigodeva. Il Capitolo è costretto adaltri drastici provvedimenti re-strittivi verso Scuole e Cappella, icui organici sono pressoché di-

mezzati (rimangono in servizio ilsolo maestro, che muore nell’ot-tobre del 1685, e qualche cantore).Alla vigilia dell’ultimo duro colpoinflitto alla vita musicale della cit-tà, nel luglio del 1684, lascia il suoposto di violinista in Duomo Giu-seppe Torelli (1658-1709), entratofra i “musici salariati” della Cap-pella nell’agosto del 1683. Natonella nostra città nell’aprile del1658, in una casa di S.Maria inChiavica, da Stefano Torelli cheper parecchi anni fu sovrinten-dente alla Dogana. Il giovane Giu-seppe apprende le prime lezioni aVerona con il maestro GiulianoMassarotti ed in seguito perfezio-nerà i suoi studi presso l’Accade-mia Filarmonica nei cui registri siparla nel 1684 di questo “suonato-re di violino”. Il nome di Torelli siaggiunge alla lunga lista dei musi-cisti veronesi che, formatisi nellaloro città natale, troveranno poialtrove stabile sistemazione e glo-ria. Si ripete così una storia antica,iniziata con i frottolisti Trombon-cino e Cara, quindi proseguitacon Vincenzo Ruffo, Stefano Ber-nardi e molti altri meno noti maaltrettanto rappresentativi “am-basciatori all’estero della Veronamusicale”.Nel 1684 Torelli parte per Bolo-gna, centro importante del violi-nismo seicentesco, dove viene ac-colto quale membro della locale

Accademia Filarmonica e della ri-nomata Cappella musicale di SanPetronio. Il successo sempre cre-scente lo porterà alla pubblicazio-ne di varie opere; di particolareimportanza è la raccolta di dodiciconcerti grossi con una Pastoraleper il Santissimo Natale Op. 8,edita dopo la morte dell’autore,costituita da sei concerti per violi-no. La scuola barocca bologneseha in lui un esponente di grandevalore, al quale si deve il meritodelle prime e decisive affermazio-ni del concerto con il violino soli-sta. Torelli si trasferirà a Viennanel 1695, nel 1698-99 sarà attivonella Corte di Brandeburgo-An-sbach per tornare poi nel 1701 a

Cultura

inVERONA 19

Il nome di Torelli siaggiunge alla lunga

lista dei musicistiveronesi che, formatisinella loro città natale,troveranno poi altrovestabile sistemazione e

gloria. Si ripete cosìuna storia antica,

iniziata con ifrottolisti

Tromboncino e Cara,quindi proseguita con

Vincenzo Ruffo,Stefano Bernardi e

molti altri meno notima altrettantorappresentativi“ambasciatori

all’estero della Veronamusicale”

Supplica di Vivaldi all’AccademiaFilarmoniva per ottenere l’utilizzodel teatro cittadino

Vincenzo Rotari, “Società di gentiluomini veronesi dilettanti di musica”

Page 20: Verona In 12/2006

Anche Felice EvaristoDall’Abaco (1675-1742) dalla nativa

Verona si trasferisce aModena, per

completare la suaformazione

violinistica. Poi adAmsterdam e Parigi,

capitali settecenteschedell’editoria musicale,pubblica varie raccoltedi sonate violinistiche.

Verona ha volutomantenere viva la

memoria dell’illustrecompositore

intitolando al suonome il Conservatorio

musicale cittadino

San Petronio, ormai consacratofra i “grandi” della generazionemusicale di Corelli e Vivaldi.Anche Felice Evaristo Dall’Abaco(1675-1742) dalla nativa Verona(in una casa nell’attuale vicoloS.Giovanni in Foro presso lachiesa di Santa Eufenia) si trasfe-risce a Modena per completare lasua formazione violinistica con ilcelebre Tommaso Antonio Vitali.Di qui, agli inizi del Settecento,Dall’Abaco passa come violon-cellista al servizio di Massimilia-no II di Baviera, presso la Cortedi Monaco, seguendo il suo prin-

cipe nei numerosispostamenti attraver-so Francia e Belgio.Egli percorre tutte letappe della carriera al-l’interno della Cappel-la bavarese divenen-done direttore “kon-zermeister”(maestrodei concerti) e, dal1717, addirittura con-sigliere di Massimilia-no II.Ad Amsterdam e Pari-gi, capitali settecente-

sche dell’editoria musicale, Dal-l’Abaco pubblica varie raccolte disonate violinistiche, triosonate econcerti che lo impongono qualeautorevole e raffinato esponentedello stile strumentale italiano al-l’apice della sua stagione. Veronaha voluto mantenere viva la me-moria dell’illustre compositore in-titolando al suo nome il Conserva-torio musicale cittadino.Estintasi con la metà del secoloXVII la grande tradizione stru-mentale italiana e trasferitisi all’e-stero i suoi maggiori protagonisti,dilaga la musica vocale con unparticolare interesse verso il melo-dramma. É a questa nuova sensi-bilità che dobbiamo rivolgerci pertrovare altre presenze veronesi si-gnificative nel panorama dellamusica del secondo Settecento.Tra queste, Giuseppe Gazzaniga(1743-1818), autore di oltre ses-santa opere, serie, buffe e inter-mezzi, oratori, messe, cantate,nonché sinfonie, ouvertures e con-certi per pianoforte e orchetra. Lasua carriera inizia a Napoli stu-diando con Porpora e Piccinni,come ogni operista del tempo, eprosegue con continui sposta-menti di città in città dove vengo-no rappresentati i suoi lavori; dal1791 fino alla morte si stabilisce aCrema come maestro di Cappelladel Duomo. Tra le sue opere va ci-tato “Il convitato di pietra” (1787),dal quale Mozart e il librettista Lo-

renzo Da Ponte trassero lo spuntoper il capolavoro teatrale “DonGiovanni”, andato in scena a Pragail 29 ottobre dello stesso anno. Dacitare il grande successo al Filar-monico del 1775 con “L’isola diCalipso” e il grande trionfo dell’o-pera “La vendemmia” compostasu libretto di Carlo Goldoni, data aVerona nel 1778, e il dramma gio-coso “L’isola d’Alcina” su librettodi Bertati. Gazzaniga torna al Fi-larmonico nel 1797 con “La mo-glie capricciosa”, nel 1797 con laprima de “Il divorzio senza matri-monio” e nel 1799 con “Fedeltà edamore alla prova”.Nel 1780 al Filarmonico c’è il de-butto del legnaghese Antonio Sa-lieri (1750-1825) con “La scuoladei gelosi”. Salieri è già famoso.Dopo gli studi a Venezia con Pe-scetti e con Pacini ottiene notevolesuccesso nel campo operistico eu-ropeo. Bene apprezzato dal mae-stro di cappella alla Corte di Vien-na, Gassmann, viene da questiconvinto a trasferirsi nella capitaleimperiale dove riceve lezioni eprotezione.Dopo aver esordito a Vienna nel1770 con “Le donne letterate”, nel1774, alla morte di Gassmann,prende il suo posto. Incontra subi-to il favore del pubblico ricevendonumerosi inviti: a Milano per l’i-naugurazione della Scala con“L’Europa riconosciuta” e a Parigisu richiesta di C.W.Gluck con “Le

Cultura

Ottobre 200620

Antonio Salieri

Sopra: la casa natale diEvaristo Dall’Abaco, vicino

alla chiesa di Sant’Eufemia.A fianco: il conservatorio

cittadino che porta il nomedel celebre musicista

Felice Evaristo Dall’Abaco

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Manaidi” del 1784. Nel 1778 pren-de la direzione della Cappella Im-periale succedendo a G. Bonno,ma dodici anni più tardi decide dimantenere solamente la carica dicompositore di Corte, dedicandosicon passione all’insegnamento: trai suoi allievi Beethoven (che gli de-dicò le tre Sonate Op 12), Schu-bert, Liszt, Meyerbeer, Hummel,Sussmayr. Organizzatore infatica-bile (annoverato tra i fondatori delConservatorio di Vienna), dopo il1821 soffre di una grave malattiamentale. Nell’anno mozartiano èdoveroso ricordare che è assoluta-mente infondata la diceria che im-putava Salieri come responsabiledell’avvelenamento di Mozart perinvidia del suo genio. Questa in-fatti è la leggenda immortalata daPuskin, che ne fece un piccolo te-sto teatrale (1830), poi musicatoda Rimskij-Korsakov. Oltre a “LeManaidi”, fra le quarantina diopere di Salieri figurano, in primopiano, “Tarare”, “La grotta di Tro-fonio”,“Prima la musica poi le pa-role” e il “Falstaff ” del 1799, dalquale Beethoven utilizza un’ariaper dieci variazioni per pianofor-te. È di notevole spessore anche lasua produzione orchestrale (sin-fonie, serenate, concerti per pia-noforte, per organo, per flauto eoboe, per violino, violoncello eoboe), sacra (6 messe, un re-quiem, una settantina di inni of-fertori) e cameristica.

Cultura

inVERONA

Nell’anno mozartiano è doveroso ricordare che

è assolutamenteinfondata la diceria che imputava Salieri

come responsabiledell’avvelenamento

di Mozart per invidiadel suo genio. Questainfatti è la leggenda

immortalata da Puskin,che ne fece un piccolo

testo teatrale

FOTO CONCERTODUE NUMERI FA

di Nicola Guerini

Il termine “concerto” sembra de-rivare dal latino “consertus” (daconserere, tenere insieme): nel se-colo XVI veniva anche indicato“conserto”. Il significato originaleè quindi di “insieme, sia vocaleche strumentale”. Come primi

esempi ci sono i concerti ecclesiastici a otto voci conorgano di Banchieri del 1595 e i “cento concerti eccle-siastici a una, due, tre e quattro voci, con basso conti-nuo per sonar nell’organo” di Viadana del 1602. An-che Claudio Monteverdi intitolò concerto il suo setti-mo libro di madrigali che contiene brani per voci edaccompagnamento strumentale.Nel XVII secolo si diffonde il “Concerto di gruppo diripieno”, una composizione puramente strumentale,senza parti solistiche, con più di un sonatore per ogniparte polifonica (orchestra).Successivamente si va definendo il “Concerto Grosso”che nasce invece dalla contrapposizione di due corpisonori diversi: il “Concertino”, formato dai sonatoripiù esperti, e il “Ripieno” di tutta l’orchestra anchedetto “Concerto Grosso”. Ne deriva un nuovo contra-sto sonoro che evidenzia le capacità espressive e tecni-che dei solisti del “Concertino”. Gli strumenti più im-piegati nel concertino erano due violini e un violon-cello anche se esistono diverse formazioni per esempionei “Concerti Brandeburghesi” di Bach e in molti diquelli di Vivaldi.L’introduzione dello strumento solista, come lo inten-diamo oggi, nasce nel periodo di Torelli ma è con Vi-valdi che raggiunge equilibrio formale, raffinatezzastilistica e l’articolazione in tre movimenti (vivace-lento-vivace). Il violino diventa, almeno per gli italia-ni, lo strumento solista prevalente per tutto il XVIIIsecolo, anche se vanno ricordate pagine magnifiche diConcerti per oboe (Vivaldi, Albinoni, Haendel), fa-gotto (Vivaldi), flauto (Quantz) e tromba (Tele-mann). Da ricordare che anche il ruolo del clavicem-balo, storicamente affidato al solo sostegno armonico

nella realizzazione del Basso continuo, subirà un si-gnificante cambiamento di ruolo nel Concerto Bran-deburghese n°5 di Bach. Qui infatti per la prima vol-ta questo strumento fu utilizzato con un ruolo da “so-lista”, anticipando alcune caratteristiche che sarannopresente nel “Concerto per pianoforte ed orchestra”del Settecento. Durante il Classicismo, e soprattuttocon Mozart, il Concerto per strumento solista subisceun’evoluzione che si spiega insieme alla diffusionedella forma sonata, affermando in modo sempre piùdeciso il suo carattere “virtuosistico” sotto il profilotecnico ed espressivo.La nuova forma è in tre tempi, il primo in forma So-nata, il secondo con carattere di Andante o Adagio el’ultimo generalmente in forma di Rondò. Anche ilruolo della Cadenza è importante per definire quellodel nuovo solista. Introdotta, infatti, dopo il caratteri-stico accordo con tutta l’orchestra, ha lo scopo di met-tere in risalto tutte le capacità virtuosistiche dellostrumentista. La Cadenza, che viene eseguita mentretutta l’orchestra “tacet”, in un primo tempo era affi-data all’improvvisazione estemporanea del virtuoso,ma successivamente fu scrupolosamente scritta dalcompositore. É sicuramente di grande interesse perl’appassionato poter notare le varie differenze duran-te l’evoluzione del Concerto, tra il Classicismo e tuttoil tardo Romanticismo, attraverso lo sviluppo forma-le, il ruolo della cadenza, la complessità della scritturamusicale, i nuovi equilibri fra solista/i ed orchestra,senza trascurare la presenza di formazioni orchestralisempre più grandi. Nel Novecento si è ripresa l’anticaconcezione del Concerto puramente orchestrale anchese la scrittura moderna richiede un’ottima abilità tec-nica, come avviene per esempio nel “Concerto per or-chestra di Bartok”.Oggi, tra le numerosissime realtà musicali e stilisti-che, la figura del Concerto assume indubbiamentenuovi significati espressivi, pur mantenendo vivoquell’intenzione di contrapposizione dialettica tradiversi linguaggi che, se in una forma diversa e conevolute risorse drammaturgiche, continueranno adincontrarsi per… “concertare”.

Il concerto

MUSICALMENTE

Page 22: Verona In 12/2006

di Oreste Mario dall’Argine

• Fabrizio De Andrè.Come già altre volte ha fatto, l’Ac-cademia Filarmonica Veronese siaccosta, sempre con molto acu-me, al mondo della musica legge-ra così detta “colta”. Un accosta-mento che si è notato in chiusuradel cartellone autunnale, avvici-nando negli ultimi due appunta-menti il Don Giovanni di Mozarte quel poeta della musica che èstato Fabrizio De Andrè.Un poeta, appunto, del periodod’oro dei cantautori “colti” al tem-po dei Tenco, Battisti, Lauzi, Paoli,Iannacci, Celentano, fino a Modu-gno. Un bravissimo “metteur insie-me”, come lo definisce RobertoDanè, che, accostando pezzi divita alla poesia, la poesia allamusica, citazioni, spunti econtributi, li ha ricompo-sti in un grande affrescocon una sua improntacosì forte da diventarecarismatica.Voce e musica, accomu-nate da un logos identicodi forza espressiva, con-sentono a questo “ra-gazzo” della scuola ge-novese di evadere inmodo assolutamenteoriginale dal mondo varie-gato e spesso incolore dellamusica consumistica o nazio-nalpopolare, per usare definizio-ni alberoniane.Senza andare alle vette delle suecreazioni e delle sue interpreta-zioni, se pensiamo a quel piccoloe popolarissimo esempio di favo-la musicale e poetica che è La can-zone di Marinella, è impossibilenon notare la forza, la sensibilità el’originalità di una creatività dirara spontaneità anche virtuosa.Il lento scorrere della melodia, al-l’apparenza solo accompagnato-ria, trasformano il pentagrammain un andare dolce e immaginifi-co, attraverso la fusione della fisi-cità caduca con la dolcezza dellanatura.In De Andrè c’è chi sente un ecodel surrealismo francese.La nuova musica, come tutte le ri-cerche e i tentativi di innovazioneculturale, ha anch’essa, come ilfuturismo, un suo manifesto: dalquale futurismo prende a model-lo l’irritazione, la rabbia che irri-

de al romanticismo dei testi, allamelodia sdolcinata, alle gigione-sche interpretazioni di piccoli te-nori e ancor più piccoli soprani, atutto l’apparato che circonda ilfiorire di parolieri e compositorimorti prima di nascere, ma co-munque accompagnati dal cla-more delle case discografiche.• Wolfgang Amadeus Mozart.A chiudere il Settembre dell’Ac-cademia è toccato invece a Mo-zart, una figura fra mito e leg-genda. Mito e leggenda che con-fondono la sua vicenda umana equella musicale. Il mito di unamusica che supera il sogno diogni fantastica bellezza, la leg-genda di un uomo che attraversala vita in tutti i suoi percorsi delvivibile.L’Accademia Filarmonica hachiuso la decima edizione conun’edizione particolarmente vi-vace ed attraente del Don Gio-vanni, diretto dal Maestro Zsolt

Hamar, che fonde in sé profes-sionalità ed estro creativo. Laparticolarità di questa edizione èla regia affidata ad EugenioMonti Colla, un erede di quellagrande famiglia di marionettisti“Colla e figli” che assieme alla fa-miglia Ferrari hanno segnatoquesto particolare spunto dellavita del teatro italiano.È la prima volta che EugenioMonti Colla si trova a manovra-re i fili delle sue marionette ac-canto a cantanti in carne e ossa.Questo dimostra come non esi-stano confini nella creatività ar-tistica. La regola essenziale – equesta dovrebbe valere per tantifacili sperimentatori di trasfor-mazioni dei palcoscenici in pale-stre di ignobili invenzioni e cor-

ruzioni artistiche – è quella disapersi accostare a testi, a musi-che, a qualsiasi capolavoro comeil Don Giovanni, con quel sensodi sacro rispetto che sempre èdovuto alle opere e alle ispirazio-ni degli autori.La forza creativa Mozart, infatti,fu parte di quella grande ondatadi cultura che spezzò gli equilibrisociali ed artistici del ‘700 illu-minato e aristocratico, per aprirele porte al romanticismo del po-polare ‘800. Nella sua musica co-sì trasparente si nasconde unmagnifico artifizio che porta insé dolcezza e letizia alla tristezzae all’angoscia della vita. Mozartsi aggroviglia nelle note per scio-gliersi nella soavità più incantatadi una creatività epifanica. Il suosogno umano si interrompe pre-sto, avvolto nel mistero di unamorte discussa, glorificata dallenote di quel Requiem che restanei secoli il miracolo della genia-lità umana.

Cultura

Ottobre 200622

ACCADEMIA FILARMONICA

De Andrè e Mozarthanno chiuso

la stagione 2006Il Settembre dell’Accademia si conferma

un appuntamento unico per Verona con scelte azzeccate e interpreti

di eccezionale talento

Wolfgang AmadeusMozart

Il Teatro Filarmonico

Fabrizio De Andrè

Page 23: Verona In 12/2006

Il Grande Teatro

Organizzato dall’assessoratoallo Spettacolo del Comune diVerona, il Grande Teatro tornaanche quest’anno con ottospettacoli al Teatro Nuovo, dal7 novembre 2006 al 18 marzo2007, dal martedì alla dome-nica, per un totale di quaran-totto appuntamenti.Carlo Cecchi con Paolo Gra-ziosi, aprirà il cartellone nelsegno di Pirandello, e AnnaMarchesini, è l’interprete di Ledue zittelle, liberamente trattodal romanzo di TommasoLandolfi. La formula, su cui sibasa il cartellone, è ancora unavolta ispirata alla selezione delmeglio del programma teatra-le nazionale: da una partespettacoli già varati che hannoriscosso grande successo nellascorsa stagione, dall’altra nuo-vi allestimenti come quello diLella Costa ispirato all’Amletoshakespeariano. Oltre ai gran-di attori, fra i più noti e ap-plauditi del palcoscenico na-zionale (Umberto Orsini, Lel-lo Arena, Ugo Pagliai, PaolaGassman, Luca De Filippo,Carlo Cecchi, Paolo Graziosi,Anna Marchesini e Lella Co-sta), spiccano quest’anno an-che importanti registi: Massi-mo Castri, che firma la regiadel Padre di Strindberg conUmberto Orsini, Tato Russo,che rimette in scena (nel du-plice ruolo di attore e regista)dopo quindici anni, a granderichiesta, uno dei suoi più ac-clamati successi, La tempestadi William Shakespeare, eFrancesco Rosi, che cura la re-gia di Le voci di dentro diEduardo De Filippo, con LucaDe Filippo, Antonella Moreae, per la prima volta al GrandeTeatro, Carolina Rosi, figlia delgrande regista. Per quantoconcerne i testi, dominano iclassici, da Pirandello a Gol-doni, da Strindberg a Shake-speare e Eduardo De Filippo,con la presenza “letteraria” diTommaso Landolfi e di DinoBuzzati.

La stagione del Grande Teatro siaprirà martedì 7 novembre alNuovo con Sei personaggi in cercad’autore di Luigi Pirandello, con laregia di Carlo Cecchi che nellospettacolo interpreta anche losconcertante personaggio del regi-sta. Coprotagonista nel ruolo delpadre, un altro grande nome delteatro italiano, Paolo Graziosi, unodegli attori prediletti da GiorgioStrehler. Numerosi i riconosci-menti a questo allestimento piran-delliano: premio La maschera d’oro2005 a Carlo Cecchi, come miglio-re attore, premio Olimpico del tea-tro 2005 a Paolo Graziosi, premioAlda Bisazza - Valeria Moriconi adAntonia Truppo, come miglioreattrice esordiente.Protagonisti di questo dramma isei componenti di una famiglia chesi ricostituisce dopo essersi separa-ta. Padre e figlio – rimasti soli per-ché la madre scappa con un altrouomo da cui avrà in seguito tre fi-gli – riformeranno con la madre,nel frattempo vedova per la mortedell’uomo con cui è fuggita, l’ori-

ginario nucleo familiare che diven-terà così di sei persone. Ma dopo lariunione, fra odi, disprezzi, strazi,ricatti e vendette, la vita in famigliadiventerà un inferno che culmine-rà nella morte della bambina e nelsuicidio del giovinetto.«Il ritratto che ne viene fuori –scrive Carlo Cecchi – potrebbe es-sere atroce se Pirandello, comesempre fa, non annegasse quell’in-ferno d’irrealtà e d’imbecillità bor-ghese nell’aura dolciastra del di-battito pseudo-filosofico e pseudo-estetico. E la trama nera dei suoicanovacci – così esemplarmenteitaliani – continua, da quasi un se-colo, ad essere nascosta sotto lamaschera del conflitto fra finzionee realtà…».La critica, nell’applaudire il prota-gonista, sia come regista che comeinterprete, ha sottolineato la mo-dernità, la freschezza, l’ironia, l’es-senzialità, che sono caratteristichefondamentali di Cecchi, e che con-tribuiscono a rendere lo spettacoloacuto e sorprendentemente ironi-co, di folgorante semplicità.

Spettacoli

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La critica,nell’applaudire

il protagonista, sia come regista che come

interprete, sottolinea la modernità,

la freschezza, l’ironia,e l’essenzialità, chesono caratteristiche

fondamentali diCecchi. Lo spettacolo

è acuto ironico e diuna semplicità

folgorante

TEATRO NUOVO

L’ironia di Pirandellotra finzione e realtà

Martedì 7 novembre in scena Sei personaggi in cerca d’autore

Sei personaggi in cercad’autore, per la regia di Carlo Cecchi

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di Alice Castellani

Dal 21 al 26 novembre, per la ras-segna Il Grande Teatro, al TeatroNuovo di Verona sarà in scena Ilpadre, di August Strindberg, pro-posto dalla Fondazione EmilaRomagna Teatro per la regia diMassimo Castri.Strindberg, il più importantescrittore svedese a cavallo del se-colo, e uno dei più grandi dram-maturghi europei, scrisse l’operanel gennaio-febbraio 1887 eNietzsche, in un carteggio conl’autore, disse di averlo letto duevolte «con profonda commozio-ne e con eccezionale sorpresa»,giudicandolo «un capolavoro didura psicologia».Lo stesso Strindberg parlava di undramma «scritto con l’ascia, noncon la penna», espressione più checomprensibile sulle labbra di unautore così geniale e visionario,acuto osservatore del reale, caratte-rizzato dal continuo desiderio diandare oltre, nel tormentato biso-gno di smascherare le miserie dellasocietà e della condizione umana,donando così alla sua opera un ca-rattere fortemente innovativo.La vicenda, che vede protagonistasulla scena Umberto Orsini (la cuiprima grande prova d’attore fu nel1961 nell’Arialda di Tesori, con laregia di Luchino Visconti), prendespunto da un banale dissenso traconiugi sull’educazione da dare al-la figlia. Il diverso modo di affron-tare la questione da parte del Capi-

tano di cavalleria Adolf, uomo ri-goroso e di coltivati interessi scien-tifici, e la moglie Laura (ManuelaMandracchia), fa venire al pettine inodi irrisolti di un rapporto frasessi inaridito in regole che hannoreso i due coniugi estranei l’uno al-l’altro, rivali, nemici.Laura è l’ideatrice e la motricedella “macchina infernale” cheguida la fabula. Decisa a imporread ogni costo la propria volontànon esita a instillare nell’animodel marito un dubbio atroce: cheegli non sia il vero padre della fi-glia Berta. Dopo la rivelazionedella moglie, per il Capitano ini-zia un lungo calvario mentale chelo sprofonda in un’angoscia deva-stante che per tanti versi prefigu-ra la crisi dell’istituto familiarenella società borghese, mostran-do il matrimonio, privato di qual-siasi alone religioso o di romanti-ci rivestimenti, nel suo più sgra-devole vuoto. La donna si tramu-

ta in persecutrice, trama per in-terdire il marito, fino a quandoun improvviso atto di violenza dilui ne rende manifesta la follia,cui segue una sorta di regressioneinfantile e la successiva apoples-sia. L’annientamento del Capita-no è comunque già tutto preordi-nato nella sua mente: Laura è perlui, da sempre, non la moglie, mala madre nel cui grembo abban-donarsi al “piacere” tutto infantile“delle lacrime”.Questa tragedia moderna fu giu-dicata da alcuni, all’indomanidella prima la sera del 14 novem-bre 1887, «l’opera di un pazzo»,ma è giusto ricordare che la stessaesistenza di Strindberg fu emoti-vamente difficile. Visse in unacontinua e martoriata ricerca disé, scandita da amare contraddi-zioni pagate sempre, profonda-mente, di persona sulla propriapsiche. Duro fu il rapporto con ilpadre, con le tre successive mogli

(da cui finì sempre per divorzia-re), con la Svezia, da cui spesso siallontanò e che spesso mise sottoprocesso le sue opere, ma dove ri-tornò sempre, come nel grembodi una madre-matrigna.Lui per primo, comunque, si po-neva in una condizione di conflit-to con il suo paese: quando scrisseLa sala rossa, nel 1879, intendevacertamente operare «uno sma-scheramento dei pilastri della so-cietà». Scrisse cioè «non per esse-re definito un poeta, ma per col-pire». La società svedese lo ricam-biò con processi per blasfemia,per oscenità, con continui attac-chi carichi di livore. Nel romanzoBandiere nere del 1907 un perso-naggio, non a caso uno scrittore,Falkenströmm, sembra parlare asuo nome: «Hanno sempre cre-duto che io intendessi soltantopunire chi mi leggeva, mentre ioreagivo al male che provavo den-tro di me. Per poter scrivere i mieilibri ho offerto in olocausto lamia esistenza e la mia persona».

Spettacoli

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TEATRO NUOVO

«Il Padre» di Strindberg

In scena dal 21 al 26 novembre

Umberto Orsini

ManuelaMandracchia

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«E pur, della mia sorte né favellarené tacere io posso. Ché per un donoche ai mortali io porsi, sotto il giogosono io di tal destino: la furtiva pre-dai fonte del fuoco nascosta entro lafèrula, che agli uomini maestra fud’ogni arte, ed util sommo. Di talmisfatto pago il fio, nei lacci, a cieloaperto, turpemente avvinto».Questo ottobre al Teatro Olimpicodi Vicenza, nell’ambito del 59° Ci-clo di spettacoli classici, è statorappresentato Prometeo Incatena-to di Eschilo. La scena palladianaha accolto uno dei maggiori attoridella generazione di mezzo, Seba-stiano Lo Monaco. La firma dell’al-lestimento è invece di un grandemaestro italiano del teatro, Rober-to Guicciardini. La presenza di LoMonaco è stata una novità assolu-ta, mentre Guicciardini è tornatosul palcoscenico vicentino dopoanni di assenza. Si tratta di un tito-lo poco frequentato dai cartellonidell’Olimpico (l’ultimo allesti-mento risale al 1999, con la regia diLamberto Puggelli), anche se latragedia è tra le più suggestive e in-triganti del teatro greco.Protagonista è il titano Prometeocolpevole di aver portato il fuocoagli uomini e per questo punito daZeus/Giove il quale ordina a Efestodi portarlo su un dirupo, scortatoda Cratos e Bia, dove il suo fegatoverrà divorato giorno dopo giornoda un rapace. Mentre viene incate-nato, Prometeo non parla. Soloquando i tre si allontanano, inizia ilsuo appello alle Oceanine in unagrande e famosissima monodia:

«O luminoso etere, o venti dalle ra-pidi ali, o sorgenti dei fiumi, sorrisoinnumerevole delle acque del mare».Il mare ode il suo lamento e le figliedi Oceano accorrono al suo la-mento. Prometeo narra loro leproprie colpe e soprattutto di co-me diede agli uomini il beneficofuoco.Entra in scena Oceano che inter-viene per r consigliare Prometeo aridurre la propria tracotanza e adimostrare una maggiore remis-sione; solo così egli potrà aiutarlo.Ma il titano è sprezzante e rispon-de ironico, respingendo Oceano e isuoi consigli. Riprende a narrare leopere di benevolenza compiute infavore degli uomini e le Oceaninegli chiedono: «Ma tu, Prometeo,perché non provvedi a te stesso?».Il titano, che possiede il dono dellapreveggenza, accenna a un segretosul destino di Zeus che egli consi-dera essere l’arma per la sua libera-zione: «E col segreto io sfuggirò lepene e i lacci turpi».Una giovanetta con due brevi cor-na sulla fronte arriva per caso sullaroccia dove è incatenato Prometeo:è Io, lontana ava di Eracle, che vagaper la terra cercando di scamparealla vendetta che Era ha lanciatocontro di lei e al marito infedele,Zeus. Io racconta alle Oceanine leproprie sventure e Prometeo lepredice quanto ancora dovrà pati-re. Ma le annuncia anche la fine diZeus, se egli non sarà presto libera-to. La giovane gli domanda chi maipotrà liberarlo e Prometeo rispon-de che sarà proprio uno dei suoi fi-

gli: «Di terza stirpe, dopo dieci stir-pi». E mentre si intravede un finaledi giustizia e felicità, entra in scenaZeus a mescolare di nuovo le carte:il dio supremo invia Ermes da Pro-meteo per sapere quale segreto eglinasconda. Prometeo rifiuta di rive-larlo e una grande rovina lo travol-ge: la roccia alla quale è incatenatosi squarcia ed egli cade nel vuoto,scomparendo per sempre.Il testo, tradotto da Monica Cen-tanni, presenta complessità lingui-stiche che rendono difficile la resadella profondità e della bellezza deltesto originale. «Nel lessico» com-menta la Centanni «si è tentato dialludere all’elaborata complessitàdei composti e delle figure, senzacomporre parole e immagini, for-malmente o retoricamente incom-patibili con le strutture della linguaitaliana. Nella resa dello stile lin-guistico dei diversi personaggi edei cori si è cercato di rispettare,come Eschilo fa, l’ethos delle diver-se voci». «L’identificazione con lanostra storia», spiega RobertoGuicciardini, «si spinge fino a farcivedere nell’eroe martoriato una fi-gura che in sé assomma i disereda-ti, gli oppressi, i perseguitati, colo-ro che si sono posti ai margini dellasocietà, o che da questa sono statirespinti per aver osato un qualcheperfezionamento nell’ambito dellanatura morale o intellettuale del-l’umanità. Una figura che, in sinte-si, ricalca quasi in controluce i li-neamenti di un uomo crocifisso,come riconobbe Tertulliano o, aigiorni nostri, Simone Weil». (G.C.)

Spettacoli

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VICENZA-TEATRO OLIMPICO

Volle aiutare gli uominie venne incatenato

Prometeo fu punito per aver cercato di perfezionare la natura morale e intellettuale dell’umanità. La sua figura si accosta a quella del Crocifisso

Il titano è colpevole diaver portato il fuoco

agli uomini e perquesto viene punito da

Zeus che lo faincatenare su unaroccia, dove il suo

fegato verrà divoratogiorno dopo giorno

da un rapace.Nell’eroe martoriato è

facile identificare idiseredati, gli oppressi,

i perseguitati, coloroche si sono posti ai

margini della società,o che da questa sono

stati respinti per averosato un riscatto otentato un qualche

perfezionamentonell’ambito dellanatura morale o

intellettualedell’umanità

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di Oreste Mario dall’Argine

Chi era Brecht? “L’avete conosciuto?Indossava una giacchetta grigia peressere dimesso, perché lottava perl’uguaglianza. Quando un gigantesi batte per l’uguaglianza ci rendetutti uguali a dei giganti”. (PeterHcks - “Brecht”)

Molto spesso, anche il più ignora-to dei letterati o dei politici, quan-do vuol concludere un saggio o unsuo discorso con una dimostrazio-ne della profondità della sua cul-tura, cita Bertolt Brecht in questasua famosa frase: “Beato quel pae-se che non ha bisogno di eroi!”.Ma non è certo questo incipit, or-mai salottiero, il nostro modo perricordare Brecht nel cinquante-nario della morte. È solo per con-statare seriamente quanto ungrande poeta del teatro modernopossa essere ancora sconosciuto eusato con la citazione di un suosolo verso, strumentalizzandoloper ogni uso, e quanto, anche nel-le società più evolute l’ignoranzaculturale abbia globalizzato l’usodella mente.In realtà anche di quegli intellet-tuali, che per un solo bigliettoomaggio esaltavano negli anni ’50“Il Piccolo” di Grassi e Sthreler perla messa in scena dei capolavoribrechtiani, quasi nessuno ha ricor-dato questo anniversario. SoloClaudio Magris, da profondo ger-manista quale è e da acuto studio-so, ha scritto sul “Corriere” unprofondo profilo del drammatur-go di Augusta.Brecht nasce ad Augusta nel feb-braio del 1872; Augusta è oggi unsobborgo di Monaco, ma nellastoria europea ebbe grande im-portanza per il protestantesimo, senon altro per la Professione di Au-gusta del 1830.Egli nasce dunque nel momentopiù fulgido dell’Impero di Gugliel-mo II. «Il nostro Dio – affermaGuglielmo II – non si sarebbe datatanta pena per la nostra patriaGermania, se non avesse in serboper noi cose ancora più grandi».Questa era la Germania ai tempidella nascita di Brecht: le cose piùgrandi che Dio aveva in serbo perGuglielmo II, il popolo certamen-te e il mondo intero, non l’avreb-bero mai potuto immaginare!Brecht comincia la sua vita con

questa incomprensibile preveg-genza, cui il destino riserva l’umi-liazione di grandi sconfitte insan-guinate da terribili genocidi.Il nostro abbandona la Germanianel 1933, quando Hitler prende ilpotere, lasciando il Berliner En-semble dove aveva incontrato il

con molta ironia definisce “TUI”,cioè intellettuali di casta che volle-ro incasellarlo nel paradigma diun’appartenenza organica a unaparte. È nettamente evidente, neisuoi testi sia teatrali che poetici co-me nelle sue canzoni compostecon Kurt Weil, che non si può cer-tamente ritagliargli alcuna posi-zione di compromesso politico.Il suo è il teatro della verità (non insenso assiomatico) della conflit-tualità umana per il riscatto di chiè comunque suddito e schiavo diuna società oppressiva e spregiu-dicata. «Ebbene – scriveva PaoloGrassi – i “TUI” casta rinfaccianoa Brecht proprio quello che essistessi non sanno fare, perché tra-sferiscono nel regno del teatro, nelregno bello fin che si vuole ma re-gno della fantasia inoperante, ciòche invece appartiene alla sferadella realtà concreta e dura, la ri-voluzione». E sull’autorevolezza diquesto intervento è difficile discu-tere perché Paolo Grassi e GiorgioSthreler furono quei due grandiuomini di teatro che, in una Mila-no ancora toccata dalle ferite dellaguerra, portarono “Il Piccolo”, frapolemiche pretestuose e senzafondamento culturale, all’atten-zione del mondo teatrale interna-zionale con i successi più strepitosidei capolavori del drammaturgotedesco .Da “L’opera da tre soldi” a “MadreCoraggio” a “Galileo”, ai recitaldelle canzoni brechtiane con unaMilva imprevedibilmente trasfor-mata, crearono una stagione cul-turale mai più raggiunta da altracittà europea.Si può ben dire che quest’opera siastata anticipatrice di un fatto poli-tico così importante quale l’Unio-ne Europea, alla quale grandi e ir-ripetibili uomini politici stavanolavorando.Questo brevissimo ricordo diBrecht risponde ad un dovere diriconoscenza per un uomo cheseppe resistere a sfortune, critichee attacchi ingiusti, proprio perchéuna sua facile quanto discutibile“certificazione politica” lo perse-guitò per tutta la vita, molto spes-so esiliandolo in quella Berlino di-sperata dietro un inconcepibilemuro. E questo ricordo gli è dovu-to anche perché il professionismodel teatro italiano pare averlo di-menticato.

Spettacoli

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suo vero e pieno successo mondia-le con la rappresentazione del ca-polavoro “L’opera da tre soldi”.Da Augusta inizia una vita di esuleper sbarcare in America nel 1941.Sottoposto alle indagini dellaCommissione sul Partito Comu-nista Americano, riesce a ritornarea Berlino nel 1948. Rinasce il suoteatro, dove fino al 1956, anno del-la morte, crea e lavora per un suomondo poetico che definire “co-munista” è troppo facile, perchéesso è in realtà quello dell’ugua-glianza delle libertà. Certo non èun teatro cattolico, ma nel campodell’arte, gli estremi possono an-che toccarsi nel nome dell’univer-salità della poesia.Brecht, nella sua vita, ebbe sempreda combattere duramente controtanti pseudo intellettuali che lui

ANNIVERSARIO

In ricordodi Bertold

BrechtNel cinquantenario della morte il profilo

sintetico di un grande uomo che pagò di persona il coraggio della sua arte

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di Alessandro Norsa

Nella mia pratica professionale accade sem-pre più frequentemente che persone dai 15anni in poi mi presentino problematiche ri-guardanti l’inserimento nei gruppi.Durante l’infanzia le attività extra scolasti-che e i gruppi vengono solitamente scelti inaccordo tra genitori e figli; le possibilità discelta sono numerose e in questa situazione iparenti possono agevolare l’inserimento;successivamente è la persona che, come perun passaggio iniziatico, deve orientarsi nellascelta e facilitare la propria integrazione.Tralasciamo in questa sede i casi nei qualil’inserimento risulta problematico e consi-deriamo solo quelle situazioni che rendonodifficoltoso il rapporto nel gruppo nell’etàpiù matura. Pensiamo ad esempio al trasfe-rimento da un’altra città (non necessaria-mente di uno stato straniero), oppure unaseparazione o un divorzio (dove è indi-spensabile ricreare una rete di conoscenzeper avere la possibilità di ricostruire una re-lazione).Frasi del tipo: «Ci élo?», «De ci élo Fiòl?», «Da‘ndo iénlo?», «El cogniossi to?» sottolineano la“soca”, le radici della persona, la possibilitàdi averne delle informazioni e magari anchedei pareri o meglio dei giudizi. Questo mec-canismo è talmente radicato che non solo ri-guarda l’accettazione del singolo nel gruppo,ma anche la possibilità di fondere insiemepiù gruppi.Questo modo di vedere le cose fa parte di unpensiero orientato alla chiusura, alla diffi-denza e al controllo piuttosto che all’apertu-ra. In merito a questo atteggiamento ci sonodue possibili spiegazioni.La prima è di tipo storico. Dove per la storiadella città, la benevolenza verso lo scono-sciuto ha lasciato il posto a una naturale dif-fidenza, e questa fa ormai parte di un aspettoculturale consolidato e tramandato.La seconda, di tipo naturalistico, prevedeche spontaneamente le persone (e soprattut-to quelle più insicure) siano inizialmente

guardinghe nell’incontro col prossimo e cer-chino di comprenderne le intenzioni primadi accoglierlo.Ritengo che questo tipo di comportamentosia assimilabile alle dinamiche presenti neigruppi chiusi, dinamiche che hanno radiciprofonde nella storia evolutiva dell’uomo, ilquale ha dovuto costituire gruppi per potergarantire la sopravvivenza della specie.I membri di tali gruppi si disperdevano e siaggregavano secondo le condizioni ambien-tali, acquisendo metodi di riconoscimento edi affiliazione, come di esclusione, che di-vennero importanti per assicurare la giusta

distribuzione della preda catturata e per pre-venire l’intrusione di persone dall’esterno.Questa ipotesi è legata a meccanismi arcaicidi gestione del potere e di controllo: il grup-po chiuso dà la possibilità ai suoi membri digarantire le risorse che i singoli mettono adisposizione e ostacola gli altri che potreb-bero sottrarle.Come ipotizzare di modificare le cose? Nontutti in un gruppo sono uguali, vi sono i lea-der e i gregari. I primi hanno maggiori pos-sibilità di cambiamento rispetto ai secondie, vista la forza di coesione del gruppo, sequesti operano modificazioni i secondi liseguono. Da un’ottica di chiusura – che allalunga, nel periodo che stiamo attraversan-do, porterebbe inevitabilmente a un’implo-sione dato l’alto numero degli integrabili –è necessario tendere a un’ottica di integra-zione, passando per la fase indispensabiledella loro partecipazione.La partecipazione permette infatti la comu-nicazione, che a sua volta crea legami di so-lidarietà tra i membri. In questo modo l’e-nergia disponibile aumenta e il sistema-gruppo si forma e si sviluppa.L’energia disponibile si distingue in due ti-pi: energia di produzione e di solidarietà.Nel momento in cui il gruppo integra iconcetti di comunicazione, energia di pro-duzione e di solidarietà sarà maggiormentematuro.La responsabilità del leader – sia quello deigruppi spontanei che di quelli più struttu-rati – è quella dell’integrazione; maggiore èil grado di integrazione che riesce a stabilire(che per forza di cose non può essere totali-tario) e maggiore sarà il suo consenso e ilsuo essere leader sarà carismatico piuttostoche autoritario.Potrei allora così concludere: se integri sa-rai integrato, se separi o emargini prima opoi subirai lo stesso trattamento, poiché leoccasioni nella vita non si riducono solo aciò che è circostanziale o attuale e i bisogniche avremo del prossimo nel futuro non lipossiamo conoscere.

IMPARARE A VIVERE MEGLIO

L’inserimento nel gruppoLa partecipazione permette la comunicazione che a sua volta crea legami di solidarietà tra i membri e rafforza la comunità

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di Michele Domaschio

Il posto migliore per vedere Bil-bao è un ponte. Un ponte bianco,leggero, che segue con la sua for-ma la curva del fiume. Ricorda lafiaba narrata nelle “Mille e unanotte”: il mondo, creato da Diocome un’unica forma di terra, erastato graffiato dagli artigli delMaligno; dalle ferite sgorgarono ifiumi e gli oceani, che separanogli uomini e li rendono nemici gliuni agli altri; così, il Misericor-dioso aveva inviato gli angeli, perriunire ciò che era stato diviso; egli angeli avevano posato le loroali, candide, trasformandole inaltrettanti ponti (per questo,conclude la novella, il ponte è –dopo la fontana da cui sgorgal’acqua – il più sacro dei monu-menti).É azzardato sostenere che Santia-go Calatrava si sia ispirato a que-sto racconto per concepire la pas-serella pedonale Zubizuri: sta difatto che la leggerezza del manu-fatto è pari solamente all’impa-reggiabile vista che si gode so-standovi per qualche tempo. Daun lato la città vecchia, sovrastatadalla collina dove si scorge lagrande ruota del Luna Park e leguglie grigiastre della basilica deBegoña; sulla sponda opposta,scintillante pure con un pallidosole, il sinuoso e ardito profilodel museo Guggenheim; e guar-dando per un attimo proprio do-ve posiamo i piedi si potrà am-mirare il lento scorrere del Ner-viòn, poiché la passerella è lastri-cata di vetri trasparenti.Città dai forti contrasti, Bilbao, se

questa definizione non riecheg-giasse uno dei più consunti stereo-tipi del viaggiatore ai tempi dellaglobalizzazione. Eppure, fa real-mente impressione constatare

atelièr a cielo aperto per i maggioriarchitetti e progettisti contempo-ranei. Bilbao era, sino agli anniSettanta, tutta rannicchiata nei vi-coli di Casco Viejo, il quartiere sto-rico della città: le sette stradineparallele che sboccano sul fiumeerano la trama originaria sullaquale si è sviluppato l’ordito deisuoi traffici, che mercanti operosihanno trasformato in ricchezze edenaro sonante, come testimoniaancor oggi l’imponente sagomadel Banco de Bilbao y Vizcaya.La città ha poi attraversato il fiu-me, ha usato la sua ansa per cinge-re i giardini dell’Ensanche, il quar-tiere dove oggi si trovano gli uffici,i negozi, i ristoranti più chic. Ma ilcuore di Euskadi, come i simpatiz-zanti dell’Eta chiamano questaterra, con il nome antico dei loroavi, batte nelle piazzette attornoalla Catedral. È qui che nella cani-cola d’agosto abbiamo visto dei fa-lò accesi per ricordare il sacrificiodi una giovane attivista, vittimadel fuoco della Guardia Civil: uncapannello di vecchi con il fazzo-letto al collo e gli occhi lucidi se-guiva l’orazione funebre, tenutada un ragazzo di poco più di ven-t’anni, culminata con il canto chechiede per il Pais Vasco l’indipen-denza dall’odiata Spagna. Unacommemorazione o uno spetta-colo per turisti? Viene da chieder-selo, sia per la netta sproporzionetra gli attori dell’evento e la follacircostante (plotoni di asiatici, ar-mati di qualsiasi diavoleria capacedi fissare in immagine anche il piùpiccolo refolo di vento), sia per laconsapevolezza dell’assurdità sto-rica di certe rivendicazioni.

Viaggiare

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Frank Gehry racconta che l’ispirazione gli è na-ta grazie a una singolare abitudine della nonnamaterna. L’anziana donna, infatti, era solitacomprare le anguille fresche al mercato e poinon aveva il coraggio di passarle subito in pa-della. Così, le lasciava un paio di giorni in unatinozza, dove sguazzavano felici, ignare dellatriste sorte che le attendeva. Il piccolo Frank, af-fascinato dal riverbero che proveniva dalle sca-glie del pesce, ha cercato di riprodurre tale effet-to in molte sue opere, una volta diventato archi-tetto. Il rivestimento del museo Guggeneheim aBilbao è forse l’esperimento meglio riuscito, daquesto punto di vista: tutte le forme esterne so-no morbidamente ondulate, e ricoperte di sottililamelle di titanio. L’effetto cromatico che scatu-

risce dall’utilizzo di questo materiale è assolu-tamente unico: sembra quasi che le pareti sianoin grado di catturare la luce e portarla sin nelcuore del museo.Per aumentare questa sensazione, e per infran-gere la separazione interno/esterno, Gehry hafatto abbondante ricorso al vetro e ha fatto sìche – in diversi punti – le superfici abbiano mo-do di “entrare” nell’area museale, estendendoquest’ultima ben oltre i confini spaziali delle sa-le di esposizione. Così, ad esempio, la piscina

artificiale che delimita un lato del complessoappare all’occhio del visitatore come una partedel paesaggio fluviale, e la torre situata a quasi500 metri dalla struttura è perfettamente fun-zionale all’opera di integrazione del vicino pon-te autostradale.A vigilare sul museo si trovano due strani e in-quietanti animali: all’ingresso principale,Puppy, una gigantesca scultura floreale dell’ar-tista Jeff Koon che rappresenta un docile cagno-lino alto circa quattro metri e mezzo; sul latodel fiume, Maman, una scultura bronzea delfrancese Louise Bourgeois che gli abitanti delposto hanno subito ribattezzato “la Araña” (ilragno), visto che i suoi lunghi tentacoli lascianoben poco spazio ad altre interpretazioni.

quale stravolgimento abbia com-portato sul tessuto urbano (e,quindi, sulla vita dei suoi abitanti)essere diventata – nel breve volgeredi una decina d’anni – una sorta di

SPAGNA

Bilbaodai millecontrasti

Dopo gli anni Settanta la città è cambiata ed è diventata l’atelièr

a cielo aperto dei maggiori progettisti e architetti contemporanei

Il Guggeneheime l’ispirazione di Gehry

Il Museo Guggeneheim di Bilbao

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di Francesca Paradiso

La casa editrice Della Scala ha se-de in Piazza San Zeno ed è statafondata a Verona nel 1985 daMauro Bonato, assieme alla rivi-sta Civiltà Veronese. Dopo un an-no ecco i primi libri tutti incen-trati su Verona, per raccontarne lastoria, le tradizioni, per valorizza-re il territorio. «La rivista è fermada alcuni anni a causa dei mieinumerosi impegni» spiega Bona-to, «oggi andrebbe ripensata e ri-vista».Tra i primi libri pubblicai Un vec-chio trenino. La ferrovia di VeronaCaprino Garda appartenente allacollana Trasporti e nel 1985 L’ab-braccio di Verona al Papa, dellacollana Varia, in cui si trovanoanche la storia dei Vescovi di Ve-rona e dei Santi.Tra le collane spicca Libraria e Bi-bliografica, una serie di volumidedicati alla storia delle bibliote-che, del libro, della stampa e dellabibliografia. «Sono soddisfatto diaver presentato l’inedito di Emi-lio Salgari La battaglia nel Tonki-no; non erano più stati pubblicatisuoi libri in Italia da circa untrentennio».Della Scala ha anche pubblicatoLe invenzioni del cerusico Coltelli,di Berto Barbarani, autore cono-sciuto soprattutto come poeta,mentre questo è un racconto fan-tastico. Si tratta quindi di duegrandissimi scaligeri che trovanospazio ne La Biblioteca di Verona(realizzata anche in una collanatascabile). Accanto a questi si col-loca Atlantis, del veronese Loren-zo Montano, in cui l’autore rac-conta la sua storia di ebreo co-stretto a fuggire in Inghilterra acausa delle leggi razziali.E se le rive dell’Adige sono il cuo-re pulsante di questa casa editrice,non poteva certo mancare la col-lana dedicata a I poeti di Civiltà

Veronese. Gianpaolo Feriani hapubblicato con Della Scala le sueopere, «Feriani è considerato damolti il più grande poeta scalige-ro, ha vinto nel 1995 il premioAque Slosse, concorso nazionaledi poesia. Con El smorsegon deltempo è il primo veronese a rice-vere questo importante ricono-scimento».«Volevo offrire uno spazio per va-lorizzare chi studiava nel territo-rio e incentivare le ricerche sututto ciò che riguarda la mia cit-tà» afferma Bonato. «Ho deciso difarlo attraverso una serie di pub-blicazioni accessibili a tutti, ade-guando sia il linguaggio dei testisia il prezzo. Volumi molto fruibi-li con l’intento di raccontare Ve-rona anche nei suoi aspetti menoconosciuti. É importante cheognuno trovi le proprie radici e leproprie origini proprio nel luogoin cui è nato».E il domani? «Non mi è chiaro ilfuturo della casa editrice» com-menta l’editore «tengo in partico-

Libri

Ottobre 200630

Giornale di attualità e cultura

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RedazioneGiorgia Cozzolino

Cinzia InguantaElisabetta Zampini

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StampaCroma - Verona

Registrazione al Tribunale di Veronan° 1557 del 29 settembre 2003

N° 12/ottobre 2006

Progetto editorialeProporre temi di attualità e cultura,

stili di vita per la crescita della persona

Il giornale è distribuito gratuitamentenelle librerie di Verona.

www.verona-in.it

STUDIOeDITORIALEGiorgio Montol l i

inVERONA

LA CASA EDITRICE

“Della Scala Edizioni”Fondata a Verona nel 1985 da Mauro Bonato

Nel secolo di internet, dell’Eu-ropa resa finalmente una daldenaro – unico dio, unica mo-neta – che posto può avere unmanipolo di nostalgici che in-tendono erigere confini a dife-sa di una terra poco più cheimmaginaria? Nei più anziani,forse, c’è il desiderio di preser-vare i ricordi, per non farlisfuggire: ricordi della resisten-za all’oppressore franchista,fatta anche della strenua difesadella propria lingua (nelle auledell’Università di Deusto, du-rante i lunghi anni della ditta-tura, i gesuiti riuscirono a bef-fare i controlli, insegnandopubblicamente nel castiglianoimposto dal regime, salvo poitenere lezioni clandestine eprodurre e diffondere ciclosti-lati interamente redatti in lin-gua basca). Sotto i portici del-la Plaza Nueva, davanti a qual-che bottiglia di Tzacolì o di si-dro, ora ritrovi questi vecchiche giocano a carte, magari in-consapevoli che gli stessi tavolihanno assistito alle appassio-nate discussioni di Miguel deUnamuno, il filosofo che –senza scomporsi davanti allepistole puntate dei falangisti –li arringò dicendo: «Voi vince-rete, perché avete la forza bru-ta dalla vostra. Ma non riusci-rete a convincere. Perché perconvincere vi serve ciò chenon possedete: la ragione e ildiritto».Ai più giovani può bastare, persentirsi parte dell’Euskadi,disputare un torneo di pelotain una piazza che sembra co-struita apposta per diventarecampo di gioco, e tribuna peril pubblico. La palla di gommasi schianta sulle mani, appenaprotette da un guanto dicuoio, e rimbalza forsennatasul cemento: potrebbe sem-brare un rituale antico, ma lemaglie degli atleti – accanto ainomi impronunciabili dellesquadre di appartenenza –ostentano il logo di qualcheonnivora multinazionale dellosport. I turisti, imperterriti,tempestano di flash i malcapi-tati giocatori, e rimane il dub-bio se poi, nelle immagini, sa-rà il vecchio o il nuovo a pre-valere.

lare ad alcune collezioni. Se ci sa-rà un mutamento esso dipenderàin parte anche dai manoscritti: ri-cevo molto materiale, studi di ve-ronesi e anche tesi di laurea». Eaggiunge: «La casa editrice la se-guo con gusto e passione dedi-cando ad essa ogni mia cura. Mipiacciono tutte le cose che faccioe il mio lavoro, di giornalista e dieditore, mi ha sempre entusia-smato. Sono affezionato a La lunae il falò di Cesare Pavese e a un’al-tra opera, curata da me, di Leo-poldina Naudet: Memorie secrete.Un libro coinvolgente per la bel-lezza e la profondità della storiaraccontata. Sono pagine dense deldiario spirituale della fondatricedelle Sorelle della Sacra Fami-glia».Le invenzioni del cerusico Coltelli.

Racconto fantastico di un autore,Berto Barbarani, che il grande pub-blico conosce soprattutto come poeta

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