Verona è - Gennaio 2010

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Quinta Parete V erona è cultura e società Mensile on-line www.quintaparete.it Anno II - n. 1 - Gennaio 2011 Direttore responsabile Federico Martinelli Arte Modigliani al Mart Giochi di ruolo Hell for leather Sport Monique torna a camminare Le opere dell’artista livornese al museo di Rovereto, dopo sei anni di lavori e ricerche. Un gioco di abilità e strategia unito ad adrenalina ed emozioni forti per soli adulti. Quando lo sport abbatte barriere e pregiudizi per una sana competizione e un grande riscatto. a pagina 3 a pagina 9 a pagina 14 Conclusa alla Gran Guardia l’antologica dell’artista veronese Dario Ballini: la poesia del colore A Dario Ballini, artista verone- se di tradizione e d’innovazione, il Comune di Verona ha dedi- cato un’interessante antologica che riassume l’attività dal 1946 a oggi. L’esposizione, all’interno del Palazzo della Gran Guar- dia, si snoda dai primi paesag- gi e ritratti, in cui emerge una sensibilità del tutto particolare ÅVW IQ [WOOM\\Q I[\ZI\\Q M ITTM QV- stallazioni, a testimonianza di una rara poliedricità artistica. Ballini difatti, forte di una pie- na consapevolezza nell’uso del- la tavolozza (e delle mani), non improvvisa mai, si accosta a stili e soggetti nuovi con la maestria di chi pare essersi dedicato a quella forma d’arte da sempre, tanto le sue opere appaiono nel- la loro maturità. Come scrivono il Sindaco Flavio Tosi e l’As- sessore alla Cultura Erminia Perbellini, nella presentazione al catalogo: “una delle costanti della critica d’arte che si è occupata dell’opera di Dario Ballini è l’asso- ciazione della sua pittura alla poesia. Un accostamento del tutto condivisi- bile, che si ritrova nell’intero percorso creativo dell’artista[…]. Tuttavia, guardando le opere di questo artista profondamente veronese, si possono ricercare anche altre straordinarie co- erenze, in grado di illuminare le scelte stilistiche che si sono succedute nel corso di una “carriera” importante, M VWV [WTW [W\\W QT XZWÅTW \MUXWZITMº. Dell’artista colpisce l’impossibi- lità a etichettarlo a una scuola o a un gruppo piuttosto che a un altro. Artista certamente veronese, come viene ricordato, ma che non “esaspera” questa sua appartenenza con la sola rappresentazione di soggetti classici come scorci, strade e XQIbbM LMTTI VW[\ZI KQ\\o ,IT Å- gurativo all’astratto la sua arte evolve nello studio dei colori e delle forme: dalle coloratissime tele alle opere quasi monocro- matiche ma altrettanto intense. Troviamo quadri dai colori de- licati per i soggetti di tradizione e troviamo colori energici nelle scene di guerra e tormento; tro- viamo quadri dal sapore esoti- co poi ci sembra di riscoprire le tonalità “silenziose” e assorte dell’arte di Morandi. Ci avvici- niamo a un’opera e sembrereb- be quasi un Matisse del periodo fauves, giriamo l’angolo e sco- XZQIUW ]VI [\Z]OOMV\M KZWKMÅ[- sione. Così appare questa anto- logica, così appare una mostra in cui a far da protagonista è il colore e il suo rispetto. Ballini difatti rispetta il colore, lo usa con cura e ne fa poesia. Per que- sto ricorderemo la mostra “Da- rio Ballini, antologica”, come se si chiamasse “Dario Ballini, la poesia del colore”. La vita non imita l’arte, imita la cattiva televisione di Federico Martinelli [email protected] Via Spighetta 15 37020 Torbe di Negrar, VR Tel/fax: +39 045 750 21 88 www.casalespighetta.it ... dove la cucina tradizionale italiana viene rivisitata con un sapore d'Oriente ...

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Il numero di gennaio di Verona è

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Page 1: Verona è - Gennaio 2010

Q u i n t a P a r e t eVeronaècultura e società

Mensile on-linewww.quintaparete.it

Anno II - n. 1 - Gennaio 2011 Direttore responsabile Federico Martinelli

Arte

Modigliani al Mart

Giochi  di  ruolo

Hell for leather

Sport

Monique torna a camminare

Le opere dell’artista livornese al museo di Rovereto, dopo sei annidi lavori e ricerche.

Un gioco di abilità e strategia unito ad adrenalina ed emozioni forti per soli adulti.

Quando lo sport abbatte barriere e pregiudizi per una sana competizione e un grande riscatto.

a pagina 3 a pagina 9 a pagina 14

Conclusa alla Gran Guardia l’antologica dell’artista veronese

Dario Ballini: la poesia del coloreA Dario Ballini, artista verone-se di tradizione e d’innovazione, il Comune di Verona ha dedi-cato un’interessante antologica che riassume l’attività dal 1946 a oggi. L’esposizione, all’interno del Palazzo della Gran Guar-dia, si snoda dai primi paesag-gi e ritratti, in cui emerge una sensibilità del tutto particolare

-stallazioni, a testimonianza di una rara poliedricità artistica. Ballini difatti, forte di una pie-na consapevolezza nell’uso del-la tavolozza (e delle mani), non improvvisa mai, si accosta a stili e soggetti nuovi con la maestria di chi pare essersi dedicato a quella forma d’arte da sempre, tanto le sue opere appaiono nel-la loro maturità. Come scrivono il Sindaco Flavio Tosi e l’As-sessore alla Cultura Erminia Perbellini, nella presentazione al catalogo: “una delle costanti della critica d’arte che si è occupata dell’opera di Dario Ballini è l’asso-

ciazione della sua pittura alla poesia. Un accostamento del tutto condivisi-bile, che si ritrova nell’intero percorso creativo dell’artista[…]. Tuttavia, guardando le opere di questo artista profondamente veronese, si possono ricercare anche altre straordinarie co-erenze, in grado di illuminare le scelte stilistiche che si sono succedute nel corso di una “carriera” importante,

. Dell’artista colpisce l’impossibi-lità a etichettarlo a una scuola o a un gruppo piuttosto che a un altro. Artista certamente veronese, come viene ricordato,

ma che non “esaspera” questa sua appartenenza con la sola rappresentazione di soggetti classici come scorci, strade e

-gurativo all’astratto la sua arte evolve nello studio dei colori e delle forme: dalle coloratissime tele alle opere quasi monocro-matiche ma altrettanto intense. Troviamo quadri dai colori de-licati per i soggetti di tradizione e troviamo colori energici nelle scene di guerra e tormento; tro-viamo quadri dal sapore esoti-co poi ci sembra di riscoprire

le tonalità “silenziose” e assorte dell’arte di Morandi. Ci avvici-niamo a un’opera e sembrereb-be quasi un Matisse del periodo fauves, giriamo l’angolo e sco-

-sione. Così appare questa anto-logica, così appare una mostra in cui a far da protagonista è il colore e il suo rispetto. Ballini difatti rispetta il colore, lo usa con cura e ne fa poesia. Per que-sto ricorderemo la mostra “Da-rio Ballini, antologica”, come se si chiamasse “Dario Ballini, la poesia del colore”.

La  vita  non  imita  l’arte,  imita  la  cattiva  televisione

di Federico Martinelli [email protected]

Via  Spighetta  15  37020  Torbe  di  Negrar,  VRTel/fax:  +39  045  750  21  88www.casalespighetta.it

...  dove  la  cucina  tradizionale  italiana

viene  rivisitata  con  un  sapore  d'Oriente  ...

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Via  Spighetta  1537020  Torbe  di  Negrar,  VeronaP.IVA  03885440234

Tel/fax:  +39  045  750  21  88www.casalespighetta.it

Casale Spighetta, un nuovo spazio, un sorprendente gioco architettonico di salette che si intersecano pur rimanendo raccolte

nella loro intimità. L'atrio Nafura, il Lounge panoramico Gioia & Gaia, la cantina del Trabucco, il Coffee Lounge tutti con arredi eleganti, diversi, con un tocco d'oriente legati da toni materiali ed

effetti di luce e colore che rispecchiano alla logica di mirabili equilibri.

Il Casale la Spighetta è un ristorante collocato nelle colline della Valpolicella a Verona, i suoi ambienti eleganti sono indicati per cene

romantiche, banchetti e cene aziendali. Dal giardino estivo si può godere di un meraviglioso panorama.

Le sale esprimono un’atmosfera ariosa ed elegante perfettamente in linea con la cucina dello Chef Patron. Un’esigenza per chi, come lo Chef Angelo Zantedeschi va al di la dell’arte culinaria, un grande amore per la tradizione e l’arte moderma.

...  dove  la  cucina  tradizionale  italiana

viene  rivisitata  con  un  sapore  d'Oriente  ...

R I STORANTE

Casale Spighetta

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di Francesco Fontana

La  vita  non  imita  l’arte,  imita  la  cattiva  televisione

M come Mart, M come Modigliani, M come Miracolo

Eccezionale e sopra ogni aspettativa l’esposizione al museo di Rovereto

Da qualche mese mi doman-do perché la scultura abbia un mercato e un interesse diverso rispetto all’arte pittorica. Sarà perché ho avuto l’onore di colla-borare a un evento come quel-lo realizzato presso la Galleria d’Arte L’Incontro di Verona che ha ospitato artisti del calibro di Giorgio Celiberti, Gianmaria Potenza ed Ernesto Lamagna. Proprio grazie a quest’ultimo che tra l’altro vanta del titolo

Virtuosi al Pantheon, ho ap-prezzato ancor più il panorama dell’arte scultorea, in particola-re quello delle fusioni in bronzo a cera persa. Si è aperto ai miei occhi un orizzonte nuovo e ine-splorato, settore nel quale, non lo nego, sono piuttosto igno-rante. La scultura meriterebbe maggiore spazio e maggiore vi-sibilità invece raramente sia ha

la possibilità di visitare mostre dedicate a quest’antica forma d’arte. A compiere un miracolo d’eccellenza è il Mart di Rove-

presenta le sculture di Amedeo Modigliani, un evento irripeti-bile preparato in sei anni di ri-cerche e indagini di grande ri-

Amedeo Modigliani: una risco-perta. Così è sintetizzato il pen-siero di questo grande progetto ideato e curato da Gabriella Belli, Flavio Fergonzi e Ales-sandro Del Puppo. Il miracolo inziale lo compie l’artista livor-nese, scalfendo con lo scalpello la materia per ricavarne opere di medie e grandi dimensioni, il secondo miracolo lo copie il Mart nel presentarle con inec-cepibile cura. Sono esposte un terzo delle sculture realizzate grazie ai

prestiti dei più importanti mu-sei del mondo tra cui la Na-tional Gallery di Wasinghton, il Tate di Londra, il Centre Pompidou di Parigi, il Phil-dadelphia Museum of Art e il Minneapolis Istitute of Art da

ad ora non era mai stata con-

La mostra presenta le opere

periodo in cui il livornese si dedica quasi esclusivamente a questo lavoro. Scolpisce, come detto, non fonde ne model-la, come invece era in uso al

-le opere esposte, con le parole non si potrebbe raccontarle. Non vi resta che prendere l’au-tomobile, seguire la Brennero e uscire a Rovereto per visitarla. Nel caso in cui non siate ap-passionati di autostrada, una

John Phillips è stato uno dei più grandi fotoreporter del secolo scorso. Nato in Algeria da ma-dre americana e padre gallese, ha girato il mondo lasciandoci in eredità una vera e propria storia per immagini del Ven-tesimo secolo. Troviamo tra i suoi scatti rappresentazioni della seconda guerra mondiale, avvenimenti e incontri signi-

strada e immagini delle stelle del cinema italiano e interna-zionale. Quindi Churchill, Ro-osevelt e Stalin ritratti insieme, Re Farouk, Alcide De Gasperi ma anche, tra gli altri, Fellini, Visconti, De Sica, Antonioni e

set di La RiffaIl Centro Internazionale di Fo-

-rona, in collaborazione con l’U-niversità di Verona - Sezione di Psichiatria e Psicologia Clinica - e con la Fondazione John e An-namaria Phillips Foundation di New York, omaggia il fotografo

Mostra dedicata al grande fotoreporter, con retrospettiva e reportage inedito

bella strada passa attraverso i paesini del trentino e vi porta ugualmente a destinazione così magari, prima di giungervi, vi potete fermare al paesino no-minato Marco ad ammirare gli enormi macigni –la ruina dan-tesca– da cui Dante trasse ispi-razione per uno dei canti della Divina Commedia.

con una mostra che, dopo l’i-

e l’esposizione per l’intero mese di dicembre rimarrà aperta al

seguito della retrospettiva in-troduttiva, composta da circa

l’ampio e vario repertorio del fotoreporter, la mostra si concentra però sulla presen-tazione di un reportage pres-soché inedito, effettuato dal fotografo presso l’ospedale psichiatrico San Giacomo di

Cinquanta. Phillips nel 1959 si trovava infatti sul lago di Garda, ospite del cognato e scultore Michael Noble, che seguiva degli atelier artisti-ci nel manicomio. Phillips, accompagnando il cognato sul lavoro, aveva trovato al San Giacomo lo spunto per fotografare la quotidianità tra i pazienti. Gli scatti del servizio esprimono, come scri-

ve Phillips: “Una spaventosa sensazione di solitudine e un profondo senso di desolazione”.

reportage, e questo è il lato più interessante, si potranno osser-

-zate dallo stesso Phillips e mai pubblicate.

John Phillips ©

J + Am Phillips Foundation

di Federico Martinelli [email protected]

Informazioni  utili

Sede espositiva:

Verona, Centro

Scavi ScaligeriCortile del Tribunale (Piazza

La mostra è aperta al

biglietteria chiude alle ore

Biglietti:

intero 5,00 euroridotto 3,00 euroridotto 1,00 euro (scuole e ragazzi 8- 14 anni)

Tutte le domeniche visita

guidata della mostra alle

ore 16.00

compresa nel biglietto d’ingresso

3Arte

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La  vita  non  imita  l’arte,  imita  la  cattiva  televisione

di Erika Prandi

Palazzo Forti, Museo di Castelvecchio

e Galleria dello Scudo

Tre mostre per un viaggio nel tempo dall’800 verso lo spazio

Si dipinge con il cervelloe non con le mani

Michelangelo

L’anno nuovo è già iniziato ma sono ancora molte le mostre at-tive che chiuderanno più avan-ti. Esse costituiscono un sottile

terminato che ha visto, nel mese di dicembre, l’apertura di tre mostre importanti. La prima, in ordine di datazione delle opere proposte, è quella della Galleria

d’Arte Moderna che il 18 di-cembre ha inaugurato VIII Invi-sibilia a Palazzo Forti. La mostra è costituita da due esposizioni di opere tenute nei depositi della Galleria. E’ un’ottima occasio-ne, quindi, per poter ammirare dipinti che di solito non sono visibili ma che meritano di es-sere conosciuti. La prima espo-sizione comprende una ventina

giorni nostri caratterizzati da stili diversi. Tra questi La lezione di Silvestro Lega, i paesaggi di Carlo Avanzi e di Davide Col-tro, il celebre Omaggio a Piero del-la Francesca di Pio Semeghini e i ritratti a carboncino e pastello di Dall’Oca Bianca. A conclu-dere questa prima parte è una sala dedicata a Felice Casorati. La seconda esposizione è dedi-cata alle nuove acquisizioni di Daniele Girardi con i suoi Chro-mocosmo e Inner Surface, ai vin-

Julia Bornefeld e Diango Her-nandez e alle tele monocroma-tiche di Phil Sims. Particolarità

marzo, è la cosiddetta sezio-ne speciale dal titolo curioso Il museo propone. In questo spazio è presentato ogni mese un artista contemporaneo che ha saputo emergere nel clima artistico mondiale. Altra mostra degna di interesse è quella allestita nel museo di Castelvecchio e inaugurata il

-

sette schizzi inediti del famoso architetto Carlo Scarpa che da il nome all’evento: A lezione con Carlo Scarpa. Quello con il museo scaligero è un sodali-zio iniziato nel 1958 quando

ampliandolo. Ora Castelvec-chio propone i suoi disegni, che furono realizzati a carboncino su carta di grande formato, che sono descritti dalla voce del Maestro come se gli stessi prendesse-ro vita. Insieme ai suoi schizzi sono presen-tati anche documenti

quaderno con sei dise-gni originali di Palazzo Tron. Ultima perla un video documentario e un’intervista di Scarpa rilasciata alla Rai nel

-

Tra le esposizioni in corso non ancora citate meri-ta di essere ricordata quella su Eliseo Mattiacci alla Galleria

dicembre, la mostra termine-

per poter ammirare le opere in grande formato realizzate tra il

principale è il cosmo. La terra,

celesti sono indagati, scrutati e rappresentati con l’occhio di chi vuole mostrare, in modo sem-plice e diretto, il mondo astro-

logico che ci circonda. Sempli-cità e curiosità sono gli elementi che si uniscono per dar vita ad opere realizzate con materiali quali il ferro e l’acciaio. Tra le sue opere ricordiamo Sole e luna, espressione di elementi opposti ma che, incondizionatamen-te, si attraggono; Carro solare del Montefeltro, opera del 1986, testimonia la precisa volontà

“Sole e luna” di Eliseo Mattiacci

Edito da

Quinta Parete

Via Vasco de Gama

Direttore responsabile

Federico Martinelli

Coordinamento editoriale

Erika Prandi

In redazione

Daniele AdamiPaolo Antonelli

Francesco FontanaFederico Martinelli

Lorenzo MagnaboscoErnesto Pavan

Alice PeriniErika Prandi

Silvano TommasoliGiordana Vullo

Stefano Campostrini

Autorizzazione del Tribunale di Verona

dell’artista di un avvicinamento sempre più sentito verso ciò che è apparentemente così lontano ma, in fondo, così facilmente

Collisione -

nitivo: il raggiungimento della

è sospeso da assi in metallo che ne impediscono il movimento. Tutto è immobile, fermo, sospe-so nel vuoto che ha schiacciato ogni membra e reso impossibile ogni respiro.

4 Arte

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La battaglia di Waterloo può essere considerata, se non il vero inizio, almeno un punto cardine dell’età contempora-

-leone non ci sarebbero stati la Restaurazione e i moti rivolu-zionari che a essa seguirono, e forse la Gran Bretagna non sa-rebbe divenuta la potenza mon-diale dominante durante tutto il Diciannovesimo secolo. Quel 18 giugno, tanto caotico e san-guinoso che il duca di Welling-

rivive nelle pagine di Barbero attraverso la memoria di chi a Waterloo, quel giorno, c’era: le

-dati (fra cui il diario dello stes-so Napoleone), assieme a una ricerca più ampia e generale, sono alla base del saggio, scritto con uno stile romanzesco nitido e molto piacevole. Il testo tratta degli eventi a par-tire dal giorno prima della bat-

Delude la Pentalogia di Denning

Prima regola del buon lettore di fantasy: non comprare mai libri tratti da giochi di ruolo. Seconda regola del buon letto-re di fantasy: quando si prende in mano un libro pubblicato da Armenia, tenere presente an-che il suo indubbio pregio come esempio di traduzione creativa. Quando queste regole sono vio-late, cose come la Pentalogia del Prisma entrano nelle nostre vite e ci spezzano il cuore.Non vogliamo essere crudeli

-na, in questa raccolta di roman-zi, si può trovare. Basta avere la pazienza di scavare attraverso

-ra, scelte stilistiche orripilan-ti (notevoli l’uso degli avverbi presi in saldo, che uccide ogni pretesa di pathos e di ritmo del periodare), personaggi di carto-ne e contraddizioni; una volta trovate queste rarità, bisogna però fare attenzione a non ri-

manere troppo affascinati da tutto il bizzarro che abbiamo visto e dimenticarle, magari, in favore dell’ennesima creatura con l’ennesimo nome formato accostando sillabe a caso, che non ha assolutamente un ruo-lo, ma fa presenza, o dell’enne-sima citazione dal gioco che i fan di Dark Sun (il supplemento di Dungeons&Dragons al quale sono ispirate le storie) capisco-no e tutti gli altri no. Questo secondo problema è il più gra-ve: Dark Sun è un’ambientazio-ne straordinaria, zeppa di idee originali, ma Denning non svi-luppa nessuno dei suoi spunti, presentando storie in perfetto

blande e scontate che, se anche fanno ridere, è solo per sbaglio.Ciascuno dei cinque roman-zi che compongono il ciclo sembra la sceneggiatura di un brutto videogioco: un alternar-si di scontri, spesso descritti in

modo confuso, e scene di dialo-go in cui i personaggi mostrano tutta la loro mancanza di pro-fondità. Non ci sono veri colpi di scena, né descrizioni, eventi o individui particolarmente af-fascinanti o che valga la pena di ricordare.Chi guardasse il volume chiuso potrebbe stupirsi del fatto che “lì dentro” ci siano cinque libri: il tomo è grande, ma non mol-to più di un qualsiasi cartona-to di grosso calibro. Il mistero è risolto quando, aprendolo, si vede il corpo minuscolo dei caratteri, talmente piccolo da far venire mal di testa, come se la lettura non fosse già ab-bastanza ostica. C’è da dire, a ogni modo, che lo stile di Den-ning migliora con lo scorrere delle pagine, fermo restando che, anche nei punti più alti, è qualcosa che non ci sentiamo di considerare al livello della

Troy Denning, Pentalogia del Prisma

-va di Napoleone e al suo esilio.

-vendo un libro: leggendo, pare di vedere le ondate di cavalleria al galoppo, le muraglie di fumo che invadono il campo di bat-taglia, i soldati impegnati nel gioco all’apparenza folle della guerra tardo-settecentesca (o primo-ottocentesca che dir si voglia). Ovviamente l’esito del-lo scontro è noto, ma non tutti sanno che Waterloo arrivò a un

-so: l’autore lo sottolinea, sempre

-bili, ricostruendo una vicenda coinvolgente in modo curato nei minimi particolari. Anche il lato umano della guerra non è trascurato, in particolare nel-

quando i testimoni raccontano del campo di battaglia alla luce del sole, di violenze, saccheggi e

disperazione. Barbero, comun-que, non celebra né critica la guerra in sé, limitandosi a svol-gere il compito dello storico, a cui non competono i giudizi di natura morale.La battaglia non è un libro per addetti ai lavori, ma un’opera divulgativa che non dà nulla per sottinteso e si preoccupa di introdurre il lettore al contesto militare e storico in cui la bat-taglia di Waterloo fu combattu-ta: le armi, gli eserciti, le tatti-che, ma anche le premesse della battaglia, le ragioni dei conten-denti e le loro personalità. Wa-terloo è per molti solo un nome di cui non si conosce nemmeno la pronuncia (indizio: il posto si trova in Belgio), perché a scuo-la non ci hanno insegnato mol-to al riguardo; La battaglia è un ottimo strumento per colmare questa lacuna.

Waterloo raccontata dallo storico Alessandro Barbero

Alessandro Barbero, La batta-glia. Storia di Waterloo, Laterza,

di Ernesto Pavan

È  la  stampa,  bellezza

5Libri

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di Francesco Fontana

Sembra una vera e propria storia in musica “Chocabeck”, il nuovo album di Zucchero. L’undicesimo disco in studio del cantautore emiliano, pro-dotto con Brendan O’Brien e Don Was, ha i toni caldi dei ri-cordi dell’infanzia, del racconto serenamente malinconico di un mondo e di una condizione esi-stenziale che oggi non esistono più. Zucchero, o meglio, Adel-mo Fornaciari, ricorda il padre, la madre, la nonna Diamante, i colori e i profumi del suo paese nel reggiano e, presentando l’al-bum nella trasmissione condot-ta da Fabio Fazio “Che tempo che fa”, spiega: «Mi è venuto in mente il suono della domenica. Volevo raccontare una giornata domenicale dall’alba al tramon-to, in un paesino come quello di Roncocesi, dove sono cresciuto. È un posto che mi porto dentro

quando voglio stare un po’ meglio, quan-do voglio ritro-vare il calore, la tenerezza». Si potrebbe dire che il di-sco, tra balla-te folk e pezzi melodici, è un ritorno alle ra-dici.La parola dia-lettale emilia-na “Choca-

letteralmente “il rumore

del becco” e fa riferimento al suono prodotto dal becco vuo-to dell’animale. Adelmo lega questa espressione a un ricor-do: quando chiedeva al padre se c’era qualcosa da mangiare, quest’ultimo, al posto di “nul-la”, rispondeva infatti “Choca-beck”, lasciando alla fantasia

stesso Zucchero, sempre nel programma di Fazio, racconta sorridendo: «Io mi aspettavo che fosse un’enorme torta di cioccolato e invece… la sto an-cora aspettando».L’album vede importanti colla-borazioni. Francesco Guccini è l’autore del testo di -do, il bellissimo brano melodico che apre il disco. Nella seconda traccia Il suono della domenica ri-troviamo sparsi molti suggesti-

gli altri, la frase “Al mio paese

-cia tese verso l’eternità”. Per la versione internazionale del cd il testo di quest’ultimo pezzo è

-prezzabile anche il brano Oltre le rive, composto con il cantau-

Cho-cabeck c’è la partecipazione vo-cale di Brian Wilson dei Beach Boys, che apre la canzone con i suoi cori. Molto toccante anche la canzone , dedicata a un amico scomparso. In Spicin-frin boy, altro pezzo molto signi-

nonna e alla madre. La parola “spicinfrin” è infatti il vezzeg-giativo dialettale che usava spesso la nonna Diamante (alla quale aveva già dedicato una canzone in un pre-cedente album) per chiamare il nipote e

carino e amorevole ma un po’ selvati-co”. La canzone è forse la più commo-vente dell’album: quel “Fly an angel in the sky”, prima frase e motivo ricor-rente del testo, è un riferimento alla ma-dre che, diventata un angelo,

che scorre, raccontata tra le ri-ghe del testo, come in un sug-gestivo libro per immagini. De-gna di nota è anche È un peccato morir, vero e proprio inno alla

“Chocabeck”: la favola di Zucchero

Il cantautore emiliano si racconta nel suo ultimo album

Blues is easy to play,but not to feel

Jimi Hendrix

vita, scritto in collaborazione con Pasquale Panella.Con “Chocabeck” siamo molto lontani dalle sonorità del pre-cedente, e validissimo, album “Fly”. Il nuovo Zucchero de-cide di presentarsi completa-mente “nudo” davanti al pro-prio pubblico, permettendo allo stesso di accedere all’intimità dell’artista. Nel disco c’è una netta prevalenza di brani lenti e meditativi: al ritmo di batteria e basso il cantautore ha prefe-rito il suono caldo e suadente della chitarra acustica e, in al-cune tracce, degli archi. I suoni diventano un suggestivo e pia-

cevole sottofondo per la fruizio-ne dei personalissimi e toccanti testi. Per Zucchero è un vero e proprio chiudersi nel ricordo, una ricerca dell’atmosfera ca-pace di trasportarci in una con-dizione di serena nostalgia.

La copertina del disco

6 Musica

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Alla disperata ricerca della qualità

Oltre l’omologazione: gli artisti che provano a raccontare l’attualità

Nella voce di un cantante si rispecchia il sole,

ogni amata, ogni amanteFranco Battiato

Nell’edizione di Sanremo del 1989 il cantante Raf si presen-tava con Cosa resterà degli anni Ottanta, una canzone che, con toni inequivocabilmente malin-

-ne di un decennio ricco, anche musicalmente, di importanti av-

un libro del cantautore Vasco Brondi, in arte Le Luci della Centrale Elettrica, titolato Cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero, dove il musicista raccoglie alcuni degli interventi seleziona-ti dal suo blog. Il confronto tra anni Ottanta e anni Duemila, suggerito anche dal differente tono dei titoli di canzone e libro, è molto suggestivo e rischia di far uscire i secondi con le ossa letteralmente rotte. Diventa piuttosto doloroso, in-fatti, fare i conti con l’identità che questo primo decennio degli anni Duemila si è lasciato alle spalle. Siamo stati l’epoca dell’e-splosione dei Talent Show, delle canzoni “usa e getta” prodotte in laboratorio e preconfezionate per un pubblico musicalmente poco educato ed esclusivamente alla ricerca di banalità e imme-diatezza. Quest’ultimo si po-

-nio musicalmente “impalpabi-le”, almeno per quanto riguarda la musica che arriva al grande pubblico. Scavalcando questa tipologia di prodotto musicale si può, fortu-natamente, intravedere la luce grazie ad alcuni cantautori e gruppi, rappresentanti del co-

siddetto genere rock “alternati-vo” o “d’autore”, che provano a confrontarsi con la controversa e complessa realtà che ci trovia-mo a vivere da qualche tempo. Ci si ritrova quindi ad ascoltare pezzi sul precariato, sulla solitu-

dine, sui nuovi modi di comu-nicare, sulla solitudine, sui rap-porti sociali e su altri nodi pro-blematici della società di oggi. A tal proposito si può senz’altro citare l’ultimo album del già menzionato Le Luci della Cen-trale Elettrica, dal titolo “Per ora noi la chiameremo felicità”. Il cantautore ferrarese, vincitore

-pone nel suo nuovo disco una raccolta di pezzi piuttosto impe-

sui rapporti e sui problemi di questa generazione. Con sono-rità senz’altro differenti ma con

lo stesso tipo di impegno è an-che l’ultimo apprezzabilissimo album dei Marlene Kuntz. Il gruppo, tra gli storici rappresen-tanti del genere assieme agli Af-terhours, dopo l’album “Uno”

soprattutto sul racconto dei rap-porti personali e delle contrad-dizioni sociali. Da consigliare senz’altro, per la scena Indie rock italiana, anche l’album dei Baustelle “Sussidiario illustra-to della giovinezza”. Il gruppo di Montepulciano dopo il loro quinto disco in studio “I misti-ci dell’Occidente”, uscito nei

di ristampare, a grandissima richiesta, il loro primo lavoro

delizioso concept album sull’a-dolescenza e sulla giovinezza. Il

I Baustelle e in basso a destra Vasco Brondi, alias Le luci della centrale elettrica

sound ricercato, la grande quan-tità di citazioni musicali e cine-

che scorrono tra i bellissimi testi del leader del gruppo Francesco Bianconi, nel raccontare un’età adolescenziale nelle sue molte-plici sfaccettature, rendono l’al-bum inequivocabilmente carico di fascino e romanticismo. Ironizzando sull’etichetta di “rock alternativo”, sotto la quale vengono collocati i citati artisti con molti altri, si potrebbe dire che l’unica caratteristica alter-nativa che li caratterizza è, con tutta probabilità, la qualità. Manca spesso la voglia da parte della maggioranza del pubbli-co di impegnarsi nell’ascolto di brani che, immergendosi nella realtà in modo critico e, a vol-te, doloroso, riescono a parlare tanto d’amore come di guerra e disoccupazione in modo certa-mente più realistico e profondo. Ci forniscono insomma la possi-bilità di sottrarci a quella sorta di “somministrazione” musicale che da tempo narcotizza, musi-calmente parlando, gran parte del pubblico creando una preoc-cupante omologazione.

di Francesco Fontana

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7Musica

Page 8: Verona è - Gennaio 2010

Sui palchi di Eventi Verona

Attesi a Verona i Modà, Cesare Picco, Gino Paoli, Fabri Fibra e Morgan

Il calendario di Eventi Verona, per i mesi di gennaio e febbraio, è ricco di interessanti appunta-

-naio arrivano al Palacover di Villafranca i Modà con il loro “La notte tour”. Il gruppo, che a breve presenterà il nuovo al-bum, aveva esordito, dopo una lunga gavetta di live, sul pano-

-ramente”. Dopo il successo del primo disco il gruppo partecipa

con il brano Riesci a innamorarmi  ottenendo, nonostante l’elimi-nazione, grande riscontro da parte di pubblico e critica.La consacrazione arriva nel

non ti ho detto”, anticipato dall’omonimo singolo, rimasto a lungo nelle prime posizio-

continua con il loro terzo al-

attesa del nuovo disco, il grup-po proporrà nel tour il pezzo La notte, primo singolo estratto come anticipazione.Al teatro Camploy di Verona si

-braio il pianista e compositore Cesare Picco. Il poliedrico ar-tista, da oltre vent’anni sul pa-norama musicale, è un grande virtuoso e improvvisatore della scena pianistica oltre che auto-re di opere liriche e musiche per teatro e balletti.

-nico di Verona ospiterà Gino Paoli che, accompagnato da

Riccardo Cavalieri alle chi-tarre, Marco Caudai al basso, Dario Picone alle tastiere e pia-noforte, Vittorio Riva alla bat-teria e Salvatore Piedepalumbo

suoi brani più belli. Interessante anche lo spetta-colo di Fabri Fibra, atteso per

-ver di Villafranca. Il rapper più pungente d’Italia, sull’onda del successo dell’ultimo album “Controcultura” e del singolo Vip in trip, uno dei video più ciccate del web, darà vita sul palco a uno spettacolo che si preannuncia molto suggestivo e divertente.Torna a Verona, dopo l’ultimo discusso concerto dell’estate scorsa al Teatro Romano, il cantautore Morgan. L’artista si esibirà al Teatro Tenda di Bus-

proponendo una selezione li-bera e improvvisata, assoluta-mente nel suo stile, di alcuni brani del suo repertorio e alcu-

ni riarrangiamenti di brani di cantautori italiani e artisti in-ternazionali. L’elemento prin-cipale di fascino nell’esibizione è rappresentato dal fatto che il cantante si presenterà al pub-blico accompagnato solo dal suono del suo pianoforte, assi-curando così allo spettacolo un tono sicuramente più intimo e coinvolgente.

di Francesco Fontana

News  dalla  musica

Francesco Renga intitolato “Un giorno bellissimo”. Lo stesso giorno ha visto l’uscita di “Ricoveri virtuali e sexy solitudini”, l’ultimo album dei Marlene

Kuntz, costituito da 11 tracce inedite. Per gli appassionati del cantautorato italiano dall’11 novembre è disponibile “E continuo a cantare. Piero Ciampi live”, un doppio cd, ideato da Enrico de

da parte di alcuni artisti nazionali, di una selezione di brani dell’artista.

Carmen

Consoli intitolato “Per niente stanca”, che gode della collaborazione di Tiziano Ferro per il singolo Guarda l’alba. Renato Zero ha deciso di ripubblicare quattro storici album: “Tregua”, “Artide

Elisa. La

tributo di Cristiano ai grandi successi del padre Fabrizio.

Sul panorama musicale internazionale spicca il nuovo progetto di Bruce Springsteen: “The Promise.

la realizzazione di “The Darkness On The Edge of Town Story”. Il 14 dicembre è uscito il nuovo album di inediti del compianto Michael Jackson, intitolato, semplicemente, “Michael”. Anche George

Michael

con il quale ottenne grande successo.

Ai Beatles sono dedicate due interessanti iniziative: dal 16 novembre sono infatti acquistabili, per la prima volta on line, su iTunes tutti i dischi del quartetto di Liverpool. A questo primo progetto se ne lega un altro di natura editoriale consistente nella pubblicazione di “Read the Beatles”. Il libro, edito da Arcana e a cura di June Skinner Sawyers, è una raccolta di saggi, articoli di quotidiani e periodici, testi di canzoni e molto altro sui Fab Four.

Per la prossima estate, invece, ci aspettano due un suggestivi appuntamenti. Il primo con il ritorno dei Blink 182 Bon Jovi che,

esibiranno il loro vasto repertorio musicale.

8 Musica

Page 9: Verona è - Gennaio 2010

In fuga per la sopravvivenza

Hell for Leather: un gioco intenso

Non è un gioco tradotto in Ita-liano, ma la nostra esperienza con Hell for Leather (di Sebastian

-lari) è stata così coinvolgente che segnalarlo è praticamente d’obbligo. Una premes-sa fondamentale: per via dei suoi temi, si tratta di un gioco adatto a persone adulte.Obiettivo di Hell for Lea-ther è creare storie di fuga e violenza. I Protagoni-sti, creati collettivamente, sono accomunati da una minaccia che li insegue e dal fatto di avere ciascuno un difetto profondo, che in qualche modo ha fat-to soffrire uno o più degli altri (nella nostra storia,

Romero, la vigliaccheria del nostro Protagonista gli ha impedito di soccorrere la sua ragazza – un’altra Prota-gonista –, vittima di un’aggres-sione). Il gioco è diviso in varie parti, chiamate Checkpoint: si tratta di obiettivi che i giocatori si pongono e che i Protagonisti dovranno cercare di conseguire.

Qui entra in gioco la necessità di partecipanti adulti: superare un Checkpoint, infatti, impone quasi sempre ai Protagonisti di compiere azioni criminose (nel

migliore dei casi) o orrendamen-te brutali (nel peggiore). I nostri riguardavano, ad esempio, una certa base militare (dove avrem-mo cercato di rubare un elicot-tero) e un centro commerciale da far saltare in aria.

Nel corso del gioco, ciascun partecipante ha pari autorità sulla narrazione: ognuno può raccontare quello che gli pare (tranne le azioni e i pensieri dei

Protagonisti altrui) e tutti pos-sono dare suggerimenti. Non è possibile, a ogni modo, limitar-si a narrare il superamento dei Checkpoint da parte dei Prota-gonisti: i giocatori devono, a tal

-

Alcuni, dopo averlo letto, pen-sano che Contenders (di Joe Prin-

un gioco in cui l’importante è vincere. In realtà, come nei

-teriale di ispirazione (Million Dollar Baby, Rocky, Alì e molti altri), quello che importa non è

percorso del protagonista. Per divertirsi giocando a Conten-ders bisogna essere interessati al “lato umano” dello sport più che allo sport in sé, come testi-monia Jason Morningstar (au-tore di Fiasco): “Odio la boxe, ma amo Contenders”.Nel gioco vi sono un personag-gio per giocatore e una storia per personaggio. I Contendenti

Tutti i modi di vincere sul ring

In Contenders la boxe è metafora

possono interagire fra loro, per esempio combattendo nello stesso incontro, ma per la mag-gior parte del tempo ciascun giocatore narra le scene che coinvolgono il proprio perso-naggio in modo totalmente au-tonomo. Le regole stabiliscono i tipi di scena fra cui scegliere e cosa può accadere in esse: così, se il giocatore sceglie di crea-re una scena di Lavoro, dovrà raccontare come il suo Conten-dente cerca di guadagnarsi da vivere al di fuori dal ring, men-tre in una scena di Relazione dovrà narrare l’approccio del Contendente nei confronti di una persona (che può essere interpretata dal giocatore stes-so o da un altro membro del

gruppo). L’esito di una scena è determinato dall’estrazione di normali carte da gioco e dal confronto dei loro punteggi.Il giocatore sceglie, inoltre, i punteggi iniziali di Dolore, Speranza, Denaro e Reputa-zione del proprio Contendente; questi valori andranno modi-

scelte del giocatore, altre volte a seguito degli esiti delle sce-ne. Dolore e Speranza sono i

storia,determineranno il suc-cesso (non sportivo, ma umano) o il fallimento del Contenden-te.Una menzione speciale merita-no le scene di Combattimento, i cui esiti possono andare a mo-

Il giocatore può far leva sul Do-lore (perdendo però Speranza), giocare sporco (rischiando di perdere Reputazione) o cercare di prevedere la tattica dell’av-versario. Qui sta il vero cuore del gioco: è infatti il giocatore a dover scegliere se al Conten-dente importa più la vittoria o la propria integrità morale e psicologica.

e incontri, si arriverà all’incon-

mondiale. Ci sarà un solo vin-citore, ma, come speriamo di aver dimostrato, l’importanza della vittoria è solo quella che a esso si dà. Questo è il senso di Contenders.

di abilità in cui essi devono lan-ciare dadi su una plancia, cer-cando di farli cadere all’interno di un cerchio ed evitando di

abbattere una pila di dadi posta proprio al centro di esso (in caso contrario, ai personaggi accadranno

momenti emozionanti, sia per l’attenzione incentra-ta sul singolo giocatore che le affronta sia perché corrispondono a momen-

condivisa.Una partita di Hell for Le-ather può terminare in due modi: Finale o Deathmatch. Nel primo caso, i Protago-nisti affrontano assieme la Minaccia; nel secondo si affrontano fra loro e solo uno sopravviverà. La scel-ta è nelle mani dei gioca-

tori.Nonostante i numerosi elementi poco tradizionali, o forse pro-prio grazie a essi, Hell for Leather è un gioco facile da padroneg-giare e dal sicuro impatto emo-tivo.

di Ernesto Pavan

Nessun  uomo  è  un  fallito  se  ha  degli  amici

9Giochi

Page 10: Verona è - Gennaio 2010

di Francesco Fontana

Visto  abbastanza?

La Jolie e Depp insieme per The Tourist

Le vite degli altri

Non è uno dei soliti thriller The Tourist, l’ultimo

-pronunciabile, Florian Henckel von Donnersmarck. Angelina Jolie e Johnny Depp, le due stel-le più brillanti di Hollywood, si ritrovano per la prima volta sul-lo stesso set, come protagonisti di una spy story dalle tinte ro-mantiche. La bella e misteriosa Elise, amante di un miliardario

polizia e inseguito dai creditori, incontra su un treno in viaggio per Venezia, in modo assolu-tamente non casuale, Frank, un affascinante professore di matematica americano. Tra lussuose suite d’albergo, feste d’alta società e inseguimenti

notturni tra le calli e i canali di una Venezia da cartolina, Frank si ritrova, oltre che alla rincorsa della sfuggente Elise della quale si innamora folle-mente, invischiato in un vero e proprio intrigo internazionale che lo mette ripetutamente in pericolo di vita, costringendolo a schivare proiettili e a fuggire per i tetti della città lagunare.

prevedibile, è il completamento ideale della storia.

tutto convincente. La vicenda sembra cullarsi troppo sul fa-scino esercitato dai protagonisti e dalle ambientazioni. La Jolie,

davanti alla macchina da presa

trasognata e un po’ disorienta-ta, non sembra ben calato nel personaggio; le città di Parigi, dove viene girata la prima se-quenza, e Venezia, ambienta-

zione del resto della pellicola, completano il quadro di un la-voro che, molto più attento alla celebrazione di attori e luoghi che alla narrazione, trascura

un po’ lo sviluppo della trama. I colpi di scena, effettivamente, sono veramente pochi, come del resto sono rare le sequenze ricche di azione, con il risultato

macchinoso. Anche la scelta di

farcire la pellicola di attori ita-liani, tratti quasi esclusivamente dalla commedia nostrana, non sembra un’idea particolarmente

-simo comico Nino Frassica, nei panni di un carabiniere investi-to da un Depp in fuga, strappa a stento un sorriso e appare piuttosto fuori luogo, come del resto Christian De Sica nella breve apparizione nei panni di un ispettore di polizia corrotto. Tutto sommato si tratta di un

validi, elementi a disposizio-ne del regista sembrano essere mal dosati e peggio utilizzati. L’attesissimo e suggestivo pri-

Angelina Jolie e Johnny Depp viene malamente sprecato. La sintonia tra i due attori latita e la semplice celebrazione degli stessi annoia ben presto lo spet-tatore.

La televisione crea l’oblio,il cinema ha sempre

creato dei ricordiJean-Luc Godard

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10 Cinema

Page 11: Verona è - Gennaio 2010

Sempre ai primi posti nelle -

bili al mondo, Copenhagen è la meta ideale per viaggiatori esigenti che si lasciano affasci-nare dall’atmosfera di luoghi inaspettati in cui magia e quo-tidianità, antico e moderno si amalgamano per creare un equilibrio ideale. Città giovane, creativa, dinamica, Copenha-gen è sinonimo di senso civico, di mentalità aperta, di passio-ne per la cultura e la natura: le infrastrutture urbane sono

-ti invidiabile, il rispetto per l’ambiente è sentito come una responsabilità della collettività, le opportunità per lo svago, dai locali notturni ai ristoranti, dai musei ai cinema, sono davvero

Ora che gli ingredienti per vi-sitare questo gioiello del nord Europa ci sono tutti, non ri-mane che progettare l’itinera-rio: nonostante la Danimarca

sia un susseguirsi di paesaggi e scorci davvero suggestivi, è la città di Copenhagen il posto più visitato dai turisti. Come testimonia l’origine del nome,

-ti “porto dei mercanti”, la sua storia è intrecciata con il mare:

anticamente, il nucleo centra-le dal quale si è sviluppata nel corso dei secoli la città non era solo un borgo di pescatori, ma anche il punto di imbarco delle popolazioni vichinghe, che da qui prendevano il largo per av-venturarsi nei freddi mari del Nord. Fu il vescovo Absalon, vissuto nel XII secolo, a creare le premesse per lo sviluppo di una futura realtà, realizzan-

difesa dalle frequenti incur-sioni dei pirati. Capitale della Danimaca da circa cinque se-coli, quando la città passò dal controllo della chiesa alla giu-

risdizione del re Cristiano II, Copenhagen è ricca di luoghi caratteristici che meritano di essere visitati. Rosenborg Slot, ov-vero il Castello di Rosenborg, è situato proprio nel centro della città ed è aperto al pubblico per

-ca, quando il sovrano Frederik IV preferì spostare la corte in residenze più “alla moda”: da allora, il castello diventò uno scrigno da collezione (racco-

tesori dei reali di Danimarca), cosa che permise di conservare intatti gran parte degli arreda-menti interni.Se volete ritornare alle origini di Copenhagen, non si possono tralasciare le rovine del castello di Absalon, situate sempre nel cuore della città, sull’isola del castello (Slotsholmen). Questa zona è oggi il centro del potere:

il palazzo di Chri-stianborg è l’unico

in cui le sedi dei tre poteri supremi, legislativo, esecu-tivo e giudiziario, coincidono. Vi affascina il cambio della guar-dia? Allora l’ap-puntamento per assistere alla ceri-monia è al Palazzo di Amalienborg, la residenza reale dal

-no in punto! Una

curiosità: se la Regina risiede

guardia è accompagnato dalla banda militare.Per rilassarsi, basta recarsi in una delle tante aree verdi spar-se per la città: Kongens Have, il parco che circonda il castello di

di Alice Perini

Houston,  abbiamo  un  problema

Copenhagen: città aperta. Al futuro...

...solo se si riconosce la ricchezza del passato. Eccone i segreti.

Non importa che sia nato in un recinto d’anatre:

l’importante è essere uscitoda un uovo di cigno

Hans Christian Andersen

Rosenborg, Frederiksberg Have, dove è possibile farsi accompa-gnare in una breve escursione in barca lungo il laghetto e i suoi canali, Fælledparken, l’area in cui il 1° maggio hanno luogo le manifestazioni dei lavoratori.

la conoscenza per la natura, il Giardino e museo botanico di Copenhagen, uno dei più im-portanti d’Europa, fa proprio al caso vostro. Un consiglio: con-trollate bene gli orari di aper-tura prima di programmare la vostra visita perché cambiano in base alla stagione! L’ingresso è libero.Copenhagen dall’alto? Basta salire sulla Rundetaarn, la Torre Rotonda, dalla cui piattafor-

d’altezza potrete godere della vista della parte antica dela cit-tà. La Torre, costruita intorno

-vatorio ancora in funzione di

dall’università di Copenhagen e oggi, da marzo a ottobre, a disposizione di chiunque voglia dare un’occhiata al cielo con il cannochiale in dotazione. Se siete fortunati, con il cielo lim-pido potrete adddirittura scor-gere la costa svedese.Per assaporare un tocco di mo-dernità, occorre scomodare il “Diamante nero”, la Biblioteca Nazionale di Copenhagen (ol-

-cata anche grazie a questa ope-ra modernissima, inaugurata nel 1999. Per avere un’ulteriore conferma di quanto questa città investa su un futuro di sapere e diver-timento, bisognerà aspettare

verrà aperto The Blue Planet, -

quario del nord Europa: non solo una nuova opportunità di svago ma anche un centro di

-vanguardia. Resta il fatto che, anche senza acquario, Copen-hagen è una città da favola. In tutti i sensi!

In barca nel parco Frederiksberg Have e in alto il Castello di Rosenborg

11Viaggi

Page 12: Verona è - Gennaio 2010

Tra le mete preferite degli italia-ni c’è sicuramente Vienna. Con i suoi palazzi imperiali, le residen-ze estive, i negozi alla moda e i tanti caffè offre molto di più di quello che ci si può aspettare. Ca-pitale dell’ex impero austro-un-garico, Wien (nella lingua origi-nale) conta oggi più di un milione e mezzo di abitanti, quasi sette volte in più di Verona, sebbene la

anno in cui i romani costruirono un campo militare sulla riva del

Danubio. Ancora oggi le tracce di quel glorioso popolo si pos-sono vedere nel museo romano situato nella via Hoter Markt e nella piazza di St. Michael. In quest’ultima, a seguito dei recenti scavi, sono emersi resti di antiche abitazioni. Ancora intatte sono le volte a tutto sesto e le pareti a mattoni su cui si può scorgere, in un angolo, parte dell’affresco rimasto inalterato nel corso dei secoli. Il museo offre, invece, una panoramica abbastanza ampia ed esaustiva sulla vita degli an-tichi militari grazie all’utilizzo di video e modellini in scala. Inoltre, per i più piccoli, sono stati pensati anche punti didatti-ci per apprendere giocando usi e costumi di questo antico popolo.

-guito, da altre popolazioni che entrarono facilmente nella città, esposta com’era, a causa della

-revole, a saccheggi e invasioni.

iniziò il dominio della casata au-

con l’imperatore Carlo I. Dell’e-poca medievale si può ammirare la stupenda chiesa di St. Stephan e il Friedrich Schmidt Platz, oggi

notevole interesse sono situate nel

di Erika Prandi

Giro  giro  tondo,  giro  intorno  al  mondo

Una meta imperiale

Vienna attraverso i secoli: un viaggio tra palazzi e piazze

Wien Museum e nel Belvedere Superiore. La città diviene sede

-zione dell’Hofburg, il palazzo imperiale di Vienna che oggi ospita la Biblioteca Nazionale. Accanto vi è la Augustinerkir-che dove sono conservati i cuori degli Asburgo e l’Albertina che contiene una vasta collezione di stampe, acquerelli e disegni di Durer, Michelangelo e Picasso.

-senti gli appartamenti imperiali

di Francesco Giuseppe e di sua moglie Elisabetta, ricordata con il nome di Sissi. Suggestiva è la ricostruzione dei gioielli dell’im-peratrice e l’esposizione dei ve-stiti che indossava nei momenti più importanti della sua vita. La collezione dei tesori imperiali è

-tiguo. Nel Settecento Vienna conobbe un grande risveglio urbanistico: fu costruita la Karlskirche, chie-sa che in facciata riprende il modello della colonna tra-iana per presentare la sto-ria di San Carlo Borromeo. A pagamento, la chiesa è facilmente raggiungibile dalla metropolitana che congiunge tutte le piazze principali della capitale. Inoltre, nel Settecento è stato costruito il Belvedere, castello

di Savoia. Esso è diviso in Infe-riore e Superiore che contiene, quest’ultimo, la collezione più grande al mondo di dipinti di Klimt tra cui Il bacio e la Giuditta I. Sono presenti anche opere di Schiele e Kokoschka.

-riale fu spostata nel castello di

fu scoperta una fonte, appunto, attorno alla quale sarebbe stato

-cio è completamente visitabile. Meritevoli sono gli appartamenti con i ritratti della famiglia reale

è presente anche uno zoo oltre al museo delle carrozze, la serra con le palme e un labirinto. La fontana di Nettuno e il colonna-to neoclassico delimitano le aree accessibili. In questo ambiente sgargiante iniziò a brillare la stella di Mozart che proprio in questo castello fece la sua prima apparizione pubblica e fu im-mortalato, ancora bambino, in un grande dipinto visibile in una delle tante sale.

cedere a Napoleone il titolo di im-peratore del Sacro Romano Im-pero dandogli anche in sposa la

nome di Francesco I, imperatore d’Austria. Dopo i moti del 48 salì al trono Francesco Giuseppe, che governò per 68 anni. Egli

che circonda ad anello la città e che funge da arteria principale per i numerosi turisti e abitanti di Vienna. Qui si possono tro-vare i migliori negozi di moda, gli im-

mancabili caffè viennesi, risto-ranti e negozi di souvenir. Tra questi ricorrenti sono le cosiddet-te Palle di Mozart, cioccolatini ripieni di crema o di pistacchio. Nei caffè è, invece, d’obbligo ordinare la famosa Sachertorte, torta al cacao ricoperta di glas-sa al cioccolato. Servita anche con panna montata, è possibi-le vederla in due varianti: con strato di marmellata o senza. L’originale, la cui ricetta è ripro-posta nell’omonimo caffè vicino

all’Opera, è rigorosamente senza marmellata. Preferibile poi ac-compagnarla con un caffè, ser-vito sempre con un bicchiere di acqua. L’Opera di Vienna è del 1869. Famosa per i suoi numero-si concerti, è oggi il simbolo e il fulcro della vita attiva viennese.Nei primi anni del Novecento la capitale è stata scossa dai moti artistici della Secessione che vi-dero Klimt e Moser i principali protagonisti. A seguito della se-conda guerra mondiale fu pro-clamata la Repubblica senza che l’allora imperatore abdicasse. Carlo I, infatti, preferì andare in esilio insieme alla sua famiglia nell’isola di Madera dove morì poco dopo. Sua moglie, Zita di Borbone-Parma, fu l’ultima im-peratrice della casata asburgica e si spense nel 1989.Degni di nota sono il Kunsthi-storisches Museum e il Museo

di Storia Naturale. Il pri-mo per la mole di dipinti e opere d’arte in esso con-tenute: dall’antico Egitto

per la varietà di minera-li, pietre preziose, fossili e animali imbalsamati. Pro-spicienti l’uno all’altro, sono perfettamente speculari e incredibilmente sfarzosi. Gli interni sono rivestiti di

marmi colorati, affreschi (tra cui due di Klimt), bassorilievi e sta-tue (tra cui il celeberrimo Teseo di Canova).Per chi vuole svagarsi e uscire dalla mondanità può andare al Prater, il parco divertimenti si-tuato alle porte di Vienna. Esso contiene la prima ruota pano-

metri. Inaugurata nel 1898, essa è ancora meta di molti visitatori tanto da rappresentare, oggi, il simbolo della città.

Alcune meraviglie dell’affascinante capitale austriaca

12 Viaggi

Page 13: Verona è - Gennaio 2010

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Page 14: Verona è - Gennaio 2010

Le “nuove” Olimpiadi di Monique

Il sogno di una giovane atleta olandese dopo 13 anni trascorsi senza camminare.

di Daniele Adami

Quando  il  gioco  si  fa  duro

Siamo realisti. A chi veramente interessa guardare le Paralim-piadi? Una domanda, credia-mo, cui si possono dare varie e contrastanti risposte. Chi non lo fa perché ritiene che le vere Olimpiadi siano quelle pratica-te dai normodotati. E solo quel-le. Chi perché non dispone del tempo materiale per farlo. Chi perché non conosce nessuno degli atleti in gara. Ma, dob-biamo dirlo, soprattutto perché i media non ne parlano a suf-

business”. Poco denaro, pochi sponsor, poca informazione, poca attesa, poca capacità di attirare lo spettatore. Poco ap-peal, insomma. Poco, poco, poco. E invece c’è molto. Molto di cui parlare, molto da far ve-dere, conoscere e ammirare. Vi sono atleti che hanno parecchie cose da raccontare, a partire dal motivo, dalla ragione che

non permette loro di prendere par-te ai “normali” Giochi Olimpici, invernali o estivi che siano.Pensiamo, per qualche istante, a Oscar Pistorius, che già da piccolo, per una malattia, ha subito l’am-putazione di en-trambe le gambe. Il corridore suda-fricano, in seguito a questo episodio, ha sviluppato una forte attrazione per lo sport. Il rugby gli ha per-

e il torace. E poi, con delle ap-

arti inferiori ha iniziato a “spe-rimentare” il suo corpo nell’at-letica leggera. Nella sua perso-nale bacheca, ormai, le meda-glie conquistate fra Campionati del Mondo e Paralimpiadi sono piuttosto numerose. Al collo, tutte assieme, potrebbero dare

un certo fastidio. Ma solo per il peso.Veniamo ora al nocciolo duro del nostro articolo. Dalla terra dei tulipani è rimbalzata la notizia che una giovane ragaz-

passato metà della sua esistenza con le gambe paralizzate, sta gradual-mente riacquistando la

capacità di camminare. Si trat-ta di Monique Van der Vorst, che alle ultime Paralimpiadi di Pechino ha ottenuto due argenti nella specialità dell’handcycle, sia nella gara a cronometro che in quella in linea.

stava preparando per trasfor-mare in oro quelle medaglie, nella prossima edizione di Lon-dra. Invece, qualcosa di incre-dibile e misterioso allo stesso tempo è avvenuto. Misterioso e incredibile per la medicina, e per la protagonista stessa del-la vicenda. Anche se qualche “presentimento” lo aveva avu-to, Monique. Mentre si stava allenando con la sua speciale bicicletta ben due incidenti hanno interrotto il suo cammi-no di avvicinamento alla com-petizione d’oltre Manica. Uno

a marzo, dove si è scontrata con una compagna di squadra. Il secondo a giu-gno, e qui è stata un’auto a travol-gerla.Ecco che due strane sensa-zioni emergono nel cuore e nel-la mente della giovane ragazza olandese: da un lato, il timore di non poter ga-reggiare a Lon-

La vita è rincorrere il tempo

Carl Lewis

Monique alle Paralimpiadi di Pechino 2008

dra, dato che, in seguito a tali episodi, i dottori le hanno dia-gnosticato un danno al midollo spinale, e, dall’altro, un certo formicolio ai piedi e alle gam-be che non percepiva da anni. Da qui è scattata la molla per tentare una nuova riabilitazio-ne. Ed è servita. Infatti, dopo tredici lunghe estati Monique si è nuovamente alzata in piedi. I suoi talloni hanno ripreso forza e il cervello li guida laddove de-siderano andare.E ora? Credete che abbia ab-bandonato l’appuntamento di Londra? In un certo senso. Il suo nuovo scopo è riuscire a partecipare ai Giochi Olimpi-ci per normodotati, e noi glielo auguriamo con tutto il cuore. Di due cose siamo sicuri. Se nelle “normali” Olimpiadi non dovesse arrivare nessuna me-daglia probabilmente non si lamenterà, perché la sua gran-de e misteriosa vittoria l’ha già ottenuta, e non sui campi da gioco. Inoltre, porterà sempre con affetto i momenti trascorsi gareggiando nelle competizioni per non-normodotati, in quello che è stato il suo sport per molti anni. Chissà se un tale miracolo

servirà a condurre le coscienze, e non solo loro, in quest’altro mondo, quello meno visibile, meno seguito e meno eccitante. Quello dei “meno abili”. Ma chi ha meno non deve fare sem-pre di più rispetto agli altri?

La sua vita è di nuovo da un’altra prospettiva

14 Sport

Page 15: Verona è - Gennaio 2010

15Sport

Rafa come Mou: un addio vincente

Lo sfogo del mister spagnolo dell’Inter? Gli è costato caro, ma è stato legittimo.

di Daniele Adami

Quando  il  gioco  si  fa  duro

-ne Madrid: ecco il “triplete” del mago portoghese Mourinho. Milano ed Abu Dhabi: la dop-pietta di Benitez. Campionato, Coppa Italia e Champions Lea-gue, seguite da Supercoppa Ita-liana e Mondiale per club. Sono

dell’Inter di Massimo Moratti. Peccato per la Supercoppa Eu-ropea, altrimenti anche l’allena-tore spagnolo avrebbe potuto al-zare tre dita al cielo, come il suo predecessore. Due personaggi con caratteristiche molto diver-se tra loro. Fascino, aggressività, grande dialettica con i media per Mou. In più una forte ener-gia messa in scena sul campo, non di rado segnata da espulsio-ni. Pacatezza, tranquillità, una costante visione ottimistica per Rafael. Nei pochi mesi trascorsi in Italia mai nessuna sanzione disciplinare per lui. Due indivi-dui, però, vestiti con abiti assai simili. Quelli dei vincenti. Cer-to, ognuno a suo modo, ma il risultato con cambia di molto. E le vittorie, si sa, rendono felici le persone, in quanto alle spalle c’è un lavoro lungo settimane. Quando il leone di Madrid (Mourinho) se ne andò dallo sta-dio Bernabeu con la macchina del suo nuovo presidente (che in quel momento non lo era ancora, comunque) per i tifosi dell’Inter fu una pugnalata alle spalle. Ve-derlo andar via così, dopo aver portato la sua squadra sul tetto d’Europa, non fu facile. A pochi giorni dal trionfo nella Cham-pions, la “fuga” del mister por-toghese (con destinazione Real

più fronti. Il mago portoghese del XXI secolo ha scelto di andarse-ne per tentare di vincere laddove questa materia scarseggia da un po’ di anni. Lo possiamo capire. Un divorzio piuttosto doloroso

ma con delle ragioni più che va-lide. Non si può trattenere con-trovoglia un allenatore che vuole cercare fortuna altrove, lontano da dove l’ha appena ottenuta. E che fortuna! Nacque dunque il problema, simile a un dilemma, di trovare un successore adegua-to e, forse, non troppo diverso. Il motivo: con una squadra del genere bisognava proseguire su-gli allori delle vittorie, sia dentro

scelta cadde su Rafael Benitez, uomo in grado di consentire una certa continuità, data la vasta esperienza maturata nel corso di

L’inizio dell’avventura è stato

è valso il primo trofeo italiano, la Supercoppa. La squadra da lui messa in campo? Tale e quale a quella di Mourinho. Dopotut-to, giocatori che vincono non si cambiano. Ma i primi malumori cominciano. Anche se, come si è appena detto, giocatori che vin-cono non si cambiano, qualche innesto di rilievo, nel corso del mercato estivo, sarebbe stato co-modo. Se qualcuno si fosse fatto male ci sarebbero stati dei sosti-tuti all’altezza. E ciò, con grande e non desiderato tempismo, è av-venuto: l’infermeria interista si è fatta ogni giorno via via più fol-ta. Con parecchi atleti “a pezzi”, il gruppo ne ha subito risentito. Risultati deludenti, prestazioni

scadenti. La colpa? Spesso (anzi, quasi sempre in questi casi) la si attacca all’allenatore, reo di aver somministrato una preparazio-ne non adatta alle caratteristiche dei calciatori. Ma, per chi scrive, questa “colpa” dovrebbe essere tramutata in “capro”.Moratti, dopo aver avuto, in un certo senso, le “mani bucate” per molti anni, ha scelto la via del

(un obiettivo, questo, che ogni società dovrà conseguire): ven-dere qualche pezzo da novanta e acquistare giovani che possano garantire un futuro. In tal ma-niera si può sanare il bilancio. Ma non una squadra segnata da numerose e fondamentali as-senze. La corazzata, per qualche

tempo, è stata una scialuppa.Dopo mesi con i giocatori con-tati, Benitez ha potuto riabbrac-ciare l’intera rosa ad Abu Dhabi, in occasione dei Mondiali per club. E qui la corazzata abituata a vincere ha ritrovato il passato vizio. Tuttavia, alzata la coppa, ecco che un sassolino, o forse un macigno, che pesava sul cuore e la testa di Rafa è saltato fuori, e le conseguenze sono state letali. “Controllo assoluto sui ragazzi, 4-5 nuovi innesti a gennaio, un progetto”: parole camuffate da ultimatum per dirigenza, società e presidente. L’aut aut, però, non è stato ascoltato. Le due parti si sono sedute ad un tavolo e si è deciso per l’inevitabile rescis-sione del contratto. Inevitabile? Certo, dopo le dichiarazioni in-trise di ossigeno arabo la via da percorrere si è disegnata da sola. Evitabile? Probabilmente, se un vero amore fosse sbocciato. Sono state forse troppe le critiche, esplicite e non, sul conto dell’al-lenatore spagnolo. E a forza di mandar giù amari bocconi, di

di un dialogo probabilmente dif--

nere ciò che in realtà pensava. Di questo, noi, dobbiamo elogiarlo, non criticarlo. La pacatezza ha lasciato il posto alla fermezza. Nessuno se lo aspettava. Rafael e Josè: siete davvero così diversi? Non tanto, perché nessuno dei due è un pirla!

Fare buon calcio e vincere sarebbe perfetto, altrimenti è

sempre meglio vincere, perché dopo puoi sempre imparare

Rafael Benitez

Moratti (al centro) e Benitez (a destra)

I due ultimi ex allenatori dell’Inter

Page 16: Verona è - Gennaio 2010

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