Venezia Ed i Paesi Romeni Del Danubio Fino Al 1600 - N. Iorga

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  • NICOLA JORGA

    Venezia ed i paesi romeni del Danubio fino al 1600

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    VENEZIAPREMIATE OFFICINE GRAFICHE DI C. FERRARI

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  • NICOLA JORGA

    Venezia ed i paesi romeni del Danubio fino al 1600

    VENEZIAPREMIATE OFFICINE GRAFICHE DI C. FERRARI

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    Quando Venezia, sotto gl' Imperatori latini, signoreggiava di fattoin Costantinopoli e conservava ii dominio esclusivo del Mar Nero,non aveva ancora realizzato la sua organizzazione politica in formenazionali quel territorio che si estende tra i Carpazi e ii Danubio e chedoveva esser spartito, dopo pia di un secolo, tra ii principato valaccodella 4 Terra Rurnena (Tzara Romaneasca) e ii principato, anch' essorumen% della Moldavia (Moldova). Dopo il 1250 i Tartafi, avendo sot-tomesso gli abitanti russi della steppa, erano padroni anche nei portirumeni del Ilasso Danubio e del Mar Nero, in Licostomo ed in Mon-castro, dove rimasero fin verso il 1350.

    Ma non mancavano le relazioni commerciali dei Veneziani conquesti paesi, ricchi di granaglie anche in quel tempo. Dopo il trattatodi Ninfeo e lo stabilirsi dei Paleologi sul seggio degli Imperatori orto-dossi, dopo ii trionfo di Genova, che aveva prestato ii suo appoggioper scacciare i Latini usurpatori e potere in seguito diminuire l' influenzadei loro rivali italiani, queste relazioni furono riprese.

    II grano, che veniva dalle sponde settentrionali del Mar Nero, nonera stato raccolto soltanto nella Gazaria , cioe nella Crimea, ma anchein quelle contrade, nelle quali i Rumeni erano sottomessi alla Supremaziaed allo sfruttamento tartaro (I).

    Ma, quando nel 1359 scoppiO un con flitto tra Veneziani e Genovesi,gia stabiliti, forse colla connivenzit dei Tartani, come lo erano stati inCaffa, a Licostomo e nei caricatori di biade > dell' intorno (2), per cui

    (I) Cfr. TArsL e THOMAS, UrkUnde zur tilleren Handels-und Staats geschickte derRepublik Venedig, pp. 276, 332 ; THOMAS, Diplomatarium veneto-levantinum in Motu-menti della.R. Deput. Veneta di Storia Patria, s. I, docum., V, p. 17.

    (2) Ibid., parte II, p. 57 sgg., n. 31.

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    due navi dovettero ritornarsene senza avere ii loro carico la Va-lacchia esisteva gia ed aveva conquistato la sua indipendenza politicadagli Ungheresi, e ben tosto sara creata anche quella Moldavia che, daun angolo remoto dei Carpazi, arrivera in pochi anni fino al Mar Nero,come ebbero a gloriarsi i suoi principi gia fin dal 1390.

    Benche la soddisfazione richiesta fosse stata accordata senza indugiodecretandosi contro il Genovese che avesse maltrattato mercanti di

    Venezia la pena di 200 ducati e la perdita di un orecchio il MarNero e le parti vicine al Danubio rirnasero quasi del tutto chinkal commercio veneziano. Soltanto una volta, allorche la bandieradi S. Giorgio non rappresentava pit una libera e sicura espansionenell' Oriente, riscontriamo un tentativo di sostituirvi, presso alla boccadel Dniester, dove sorgevano le antiche mura bizantine di Moncastro,quella di S. Marco, che nessun segno di vassallita deturpava.

    Nel 1435, dopo invito del a signor di Maurocastro che e monaco qui caloierus est si mandava verso questa possessione del prin-

    cipe che governava la Moldavia Inferiore, una nave di Romania (1).Nell' anno seguente vi si nominava anche un console nella persona diFrancesco Duodo (2). Ma gia al 2 luglio 1439 il viaggio di Moncastroveniva proibito dalla Signoria (3), e per sempre.

    Pochi anni dopo, sotto Stefano, che merit?) di esser chiamato Grande , la Moldavia dovette prendere la difesa dell' Europa cattolicaminacciata dalla conquista dei Turchi di Mohammed II.

    La gran vittoria dei rumeni a Vasluiu, nel gennaio dell'anno 1475,non bastava per assicurare it principato, che aspettava la prossima inva-sione del Sultano stesso, avido di vendicarsi.

    vincit6re mandb dovunque le sue lettere ed i suoi emissari perottenere soccorsi, in denaro, se non di soldati, specialmente ai principicristiani ed alle repubbliche italiane interessate al commercio bizantino.

    Gia nel febbraio 1475 era comparso Polo Ognibene, mandato dallaRepubblica ai Tartari, portando la notizia che Stefano, il quale avevasconfitto i Turchi (e Polo l' aieva saputo soltanto a Buda) (4), dOman-dava un medico per curarsi la ferita ricevuta al piede quando, qualche

    (i) Cfr. Le mie : Notes et extraits jour servir histoire des croisades an XV siecle,Paris, 1899, I, p. 573-4.

    (2) Ibid., p. 581.(3) Ibid., p. 573, nota 3.(4) Sull' arrivo di Ogniben cfr. oltre : ENRICO CORNET, Le guerre dei Veneti nel-

    l'Asia, 1470-4, Vienna, 1856 e la cronaca pubblicata nell'Archivio Storico Italiano, 1843,p. ito, anche i rniei Actes et fragments, III, p. 84.

    Egli riportava che ii Valacco, con ajuto de Onghari, Bohemi e Russi (I) ha rotto90.000 Turchi, de' .quali 40.000 ne 6 morto e 4.000 6 resta presoni, tra i quali eun Bassae un fio del Turco .

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    tempo prima, aveVa attaccato Licostomo, occupata dai Valacchi. Simandavano risposte cortesi, facendo elogio di colui che combattevaa tutto suo rischio mentre altri principi giacevano ancora nel loro tor-pore, e si prometteva l'arrivo senza indugio del medico, deputandosi poi,dopo la caduta di .Caffa e prima del suo invio a Stefano il secretarioBartolomeo de Brandis (decembre). Nello stesso tempo si era fatto untentativo presso ii Pontefice perche ii Moldavo fosse aiutato col danarodella Camera Apostolica (I).

    Nel maggio 1476 gli ambasciatori del ducha Stephano, Vayvodade Mondavia del Vlacho 0, ritornavano da Roma assai scoraggiatiper non avervi potuto ottener altro che buone parole La Signoriadi Venezia era disposta a fare lo stesso ; si trattava soltanto di rin-novar a Roma le premure per ottenere che una parte dei sussidiraecolti pel re Mattia d' Ungheria fosse affidata a questo principemeritevole, che si era unido ala comune defension contra l' impetoet rabie del Turco (2). Gli emissari del principe moldavo disdegna-rono questo modo di soccorrere ii loro .padrone, dichiarando che Ste-fano non era, ne mai era stato soggetto al suo vicino ungherese (3).Ma altra risposta non poterono ottenere ; nondimeno la domanda diStefano d' avere un procuratore della Signoria fu esaudita : EmanueleGerardo arriv6 soltanto dopo che (luglio) Mohammed, entrato nellaMoldavia indifesa, ebbe rovinato il paese e distrutto esercito deiboiari dei nobili, rimasti soli alla difesa, nei boschi del distretto diNeamtz.

    Gerardo aveva incarico di consolare ii principe coll' assicurargliche avrebbe ricevuto una parte dei contributi per la crociata in Oriente,ma aveva anche altri incarichi, ben diversi : studiar con attenzjone lostato del paese, le forze del Vaivoda, la possibilit di fargli varcar iiDanubio ed aggredire Impero Osmano, le sue relazioni coi vicini, esopratutto col re ungherese, vano delle vittorie proprie ed altrui, le ne-goziazioni che fossero cominciate. col Sultano e che si doveva cercardi rompere. Non si dimenticavano quei tentativi di guadagnare i Tar-tari persiani di Usun-Hassan, per un' offensiva contro i loro correli-gionari, tentativi che rappresentavano una delle pi sciocche illusionipolitiche del tempo. Stefano avrebbe pOtuto valersi della forze di questo

    (i) Hyamuzmu, Documente, VIII, -pp. 6-7, n. XIII. Cfr. la mia: Breve slot* dei.Rpmeni con speciale considerazione delle relazioni coll' Bucarest, 1911, poi gli Annalidell' Accademia Rumena, anno 1914 : Venezia nel Mar Nero, III (traduzione francese, senzai documenti,nel Bulletin de la section historique de l'Acadmie roumaine,vol. II).

    (2) HURMUZAKI, I. R., pp. 9-10, fl. XVI.(3) Ibid., p. TO-I, fl xvii. La decisione del Senato per il trattenimento dei Moldavi,

    Annali cit., p. 51, n. xxx.

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    Cano, come anche di quelle di Crimea, per corninciare la guerra controii suo pit accanito nemico. Se per caso gli ambasciatori moldavi fos-sero.andati prima alla Corte del re Mattia, sarebbe necessario che questofosse esortato a. non abbandonare nel pericolo un ausiliario tanto pre-zioso come il Voivoda (I).

    Si pensava anche agli interessi del cattolicismo in Oriente, tantopit che ambasciatore principale del Moldavo era il vescovo di Mon-castro e che l'autorit patriarcale l'aveva in quel momento un Veneziano:Girolamo Lando, che doveva essere raccomandato caldamente al nuovoamico della Repubblica (2).

    Quando, al principio di ottobre, si seppe che Gerardo era allafrontiera della Transilvania verso la Valacchia, in Kronstadt (Brasciov),la Signoria gli dava ordine di mostrare in parole sincere, commosse,'ii dolore che sentiva per la devastazione del principato e la gioia perla partenza del Sultano senza aver potuto occupare qualche citta delMoldavo. Gli si doveva far sapere che .la Signoria aveva mandato unalti-o Secretario col legato del.Papa, che portava i danari del sussidioin Ungheria, e che non era colpa sua se i soccorsi ungheresi che sitrovavano adesso pronti ad entrare nel paese per rimettervi ii legitimopadrone, avevano tanto tardato. Stefano poteva restituire i duecentoducati che erano stati dati a prestito ai suoi emissari, perche, ,al certo,nella prossima raccolta di contribuzioni per la guerra santa avrebbeavuto anche lui una parte, col consenso anche del re d' Ungheria (3).

    Le lettere che furono ricevute al principio dell' anno 1477 da Buda,e probabilmente da Suceava, capitale della Moldavia, portavano lanuova delle vittorie di Stefano sul vicino rumeno, Basarab, principedi Valacchia, che aveva accompagnato ed aiutato i Turchi, e del ristabi-limento di Vlad, detto Tzepesci, Impalatore , in quella reggia valacca.Questa volta si anal pit in l per sostenere questo preziosissimoamico : una crociata con privilegio di giubileo doveva esser pubblicatain Occidente in suo 'favore, senza dimenticare ii soccorso tratto dalsussidio gi raccolto, Si .sperava ancora di poter riconciliare col Moldavoii Tartaro, che aveva, anno prima, contribuito essenzialmente alla ro-vina del paese (4). Dopo qualche settimana, quando gli ambasciatoridi Stefano, accompagnati. da Gerardo stesso, partito al 10 di gennaio, sitrovarono, nel marzo 1477, in Ungheria, il doge faceva, per mezzo del suo

    (I) Ibid., pp. 11-14, n. XVIII. Si donaxa a Stefano un pezzo di broccato. Cfr. ibid.,.PP. 14-5, n. xix (istruzioni di Giovanni-Battista, mandato al Cano di Crimea, 18 luglio). Gliatti anche nei cit. Annali.

    (2) Ibid , pp. 14, n. XVIII.(3) Ibid., pp. 15-6, n xx.(4) Ibid., pp. 8-9, n; xv.

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    rappresentante in Buda, Antonio Vetturi, consigliare al re la conclu-sione di un trattato che assicurasse 11 principe moldavo, di nuovominacciato dai Turchi dopo uccisione di Tzepesci e istallazione diun vassallo del Sultano (1).

    Nello stesso tempo il Papa era seriamente invitato a spedir inMoldavia almeno 10.000 ducati della contribuzione levata sulla cristianithoccidentale, ad esortare Stefano con un breve, portato da un secretariodella Santa Sede : ii pontefice dovrebbe intimare al re d' Ungheria

    invio immediato del soccorso di cui ii Moldavo diceva aver bisognocontro i Turchi. La Signoria si dichiarava pronta di mandar al Voi-voda quei 10.000 ducati che formavano la porzione dovuta dalle sueprovincie (2).

    Con questo finiscono le negoziazioni di Gerardo : l'agente moldavoche accompagnava non tomb che troppo tardi per l'.impazienza delsuo padrone. Un anno era gi scorgo quando, nel maggio 1477, un altroambasciatore moldavo, lo zio stesso, ii barba del principe, ZanBlacho 0, Giovanni Tzamblaco (3) o, secondo uso greco : Caloianni,si presentava davanti at Senato. Rammentava Stefano la sconfitta del1476 e .1' attribuiva con parole piene di sdegno all' atteggiamento indif-ferente dei vicini e di altri principi cristiani che avevand ingannatocon promesse senza volerlo aiutare.

    Io cum la mia corte 0, diceva pet bocca del suo parenteho fatto quel che potei, et e seguido ut supra, la qual cossa zudego

    sia sth volunth de Dio per castigarme come pecator, et laudado sia elnome suo.

    11 principe moldavo ricordavasi della missione di Gerardo e laSignoria gli pareva christianissima, voluntaroxa et solicita al ben dichristiani et al exterminio del inimico >> (4). Non aveva avuto finora nientedi quanto gli era stato promesso. 1 suoi vicini, discordi tra loro, nonpensavano pit alla guerra contro gl' Infedeli : . si trattava gi la pacetra Matia e ii nuovo principe valacco, strumento dei Turchi. Veneziasola pub soccorrerlo e mantenere questo seraio de l'Hungaria et Pol-lana, che varda quei do regni o. Ma bisogna che egli possa conservareLicostomo e Moncastro, minacciate dal nemico : se questi porti gli ri-mangono, Stefano non crede impossibile riconquistare la Metropoli

    (1) Ibid., pp. 16-7, n.(2) Ibid., p. 19.(3) Fuggiasco da tostantinopoli, gia aiutato con clanari dal Papa, pifi di dieci anni

    prima, come si vedra nel vol. IV delle nostre Notes et extraits.(4) Ibid., pp 19-20. Gli Annali di Magno hanno la menzione dell' arrivo di un

    a ambassador de Valacchia, con bone fazende, al qual ffi fatto grand' honor sul feb-braio 1477 (i miei Actes et fragments, III, p. 91).

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    genovese della Crimea, perduta gi nel 1475, Caffa, e tutto quel lito-rale, quel Chieronesse taurico, tanto utile alla cristianit. Se ogniaiuto da parte del Doge o del Pontefice manca, la Moldavia anch' essasara sottomessa a Mohammed, ovvero egli, ii principe del paese, saracostretto a pagare ii tributo al Sultano e riconoscersi suo vassallo (I).Ed il re d' Ungheria protestava (2) anche contro questo intervento,nonche contro la missione di Gerardo...

    Ben inteso, Caloianni non riporth altro che una nuova promessadi parlare a Roma in favore di Stefano. Dopo sette anni Veneziaaveva conchiusa la pace coi Turchi nel decembre 1478 , nell' estatedel 1484, le due citta moldave diventavano possessi turchi. La Signoriane ebbe notizia anche per rarrivo di un ambasciatore turco, chegiunse il 18 settembre, ed a Baiazete II rispose, per necessith, rale-grandosi di tal .vittoria (3).

    Ma con questo non furono terminate le relazioni fra Stefano e laRepubblica. Nel febbraio 1501 erano in Venezia due ambasciatori delMoldavo: Rainaldo ed Antonio, che dovevano comprar panni d' oro etrattare con un medico di cui la ferits del loro padrone aveva ancorabisogno (4). Un altro oratore del_tracho, zoe Carabodam , fu fattocavalier et vestito d' oro essendo un boiar di gran conto, nel marzodell' anno seguente (5).

    Nel decembre si pregava da parte di Stefano il ritorno di DemetrioPurcivio che aveva seguito gli ambasciatori del duca di Moscovia, perdomandare quelle farmacie ovvero medicine* che aveva raccoman-dato il medico veneziano Mattia da Murano, arrivato in Moldaviaal. 10 di agosto. Io non ho voluto mandar medico in alcuna parte delmondo salvo da Ii amici mei, li qual son certo me amano conqueste parole l' aveva salutato ii vecchio principe. Mattia lodava Ste-fano, il suo figliuolo, modesto quanto una donzela e valente homo,amico de le virtu et de li homini vertudiosi , nonche i Moldavi, tuttivalenti homini et homini de fatti et non de star so li piumazi, ma a lacampagna paese,

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    arrivo, malaticcio, finiva i suoi giorni. Stefano, che cercb attn anche a Norimberga (1), pensava, innanzi tutto, di prender al suo ser-vizio un Veneziano.

    11 cubiculario, Postelnic moldavo Teodoro, ebbe dunque le sueleitere credenziali l' 11 ottobre 1503 e fece la sua entrata a Venezia in-sieme coll' ambasciatore di Giovanni, figlio del fu re di Ungheria, MattiaCorvino, alla fine di dicembre. Col sangue, potendo, lo voria varir ,fu la risposta del doge alla sua domanda, in cui si ricordavano i meritiguadagnati contro il Turco (2).

    Tra Giorgio di Piemonte, Girolamo di Cesena ed Alessandro Ve-ronese, fu scelto, alfine, ii secondo, di cui ii salario doveva essere di500 ducati all' anno.

    Girolamo sapeva gi che il signore moldavo non si poteva moverdi aiutar diii piedi e di li man , ma ii resto sta. bene ed avevaseco ii conseglio di medici di Padoa (3). Trove a Suceava anche un.barbiere. da Buda ed un medico ebreo del Can dei Tartari.

    Se comenzb alargar le piage et li deno el fuogo , ma tutto fuinvano. Girolamo, che temeva di esser gittato in prigione e scrivevain Ungheria per ottenere ii permesso di partirsene, vide, al 4 luglio 1504,la morte serena del pia grande tra tutti i principi rumeni (4).

    Ho parlato anche altrove (5) delle ambasciate che Bogdan, figlio esuccessore di Stefano, mandb a :Venezia. Eccovi, nel Tebbraio 1506, iltesoriere Geremia e ii Giorgio, che, spediti al 18 ottobre1505, con un collega, ii burgravo Bernardo, morto per strada, an-nunziavano ii nuovo regno, un prossimo matrimonio che fu poiimpedito colla sorella del re di Polonia e comperavano per la fe-stivith nuziale panni d' oro e di seta e gioielli, offerendo al doge foderepreziose (6). Videro cose poco conosciute ne loro paese : mumarie ,balli in maschera, nonche la processione del Corpus Domini e la ceri-

    (r) Ades et fragmentes, III, pp. 73-4.(2) HURMUZAKI, VIII, pp. 38-9. In Buda era impiegato altora ii phisico Lionardo

    de' Massari (ibid., PP. 40-1, n. L).(3) Ibid.,. p. 38, n. XLVIT.(4) Ibid., p. 41, n. L.(5) Cfr. SANUDO, Diarii, III, 1. c. ; IV, pp. 112,734-8, 804-7 ; V, pp. 150, 577, 579-82,

    613-8, 639 ; VI, pp. 49-51.Per la esposizione dei fatti : Breve storia, p. 70 segg.(6) SANUDO, Diarii, VI, p. 290-1.

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    monia dello sposalizio del doge col mare (1). E, dopo la morte prematuradi Bogdan, Stefano il giovine, che sognava ideale cristiano del suoavo, mandava, nel 1519, non solo al Papa, ma anche a Venezia, dovealloggia a San Moise, < drio la chiexia , ii suo ambasciatore AntonioPaicalas o Pancalas, col presente, gi usitato, di zibellini e la domandadi un medico; e, come in altri casi, ii boiar moldavo era vestito dipanno d' oro in udienza solenne (2).

    Un anno prima, il 7 marzo 1518, era stato creato cavaliere GirolamoMatievich, ciroico , originario di Ragusa, che era stato inviato aVenezia dal principe di Valacchia, vicino di Stefano, Basarab Neagoe,celebre per il suo gusto artistico (3).

    Verso quel tempo, da Brusselle, domandava alla Signoria il per-messo di servirla come condottiero, it primo pretendente rumeno che vicercasse aiuto o stipendio: questo duca Iani de Moldavia, che nessun'altrafonte conosce, si lodava di aver servito imperatore Massimiliano,dopo esser stato scacciato dal fratello, che non nominava (4).

    Ben presto, ii numero di questi avventurieri che passavano a Ve-nezia, dove avevano amici ed anche parenti nelle famiglie patrizie,divento grande. Ma, prima di svolgei-e la loro storia di inutili pellegri-naggi- e di tentativi infelici, occorre ricordare un progetto per stabilirerelazioni permanenti di commercio tra la Moldavia, dove i panni dilusso delle fabbriche veneziane erano ricerCati sopra tutti gli altri, eVenezia, che era cOntenta di poter comprare a buon mercato i buoiChe nell' Occidente mandavano i mercanti moldavi e i greci ed i po-lacchi loro colleghi.

    Giuseppe de' Francisci ne fece la proposta, pel suo amico Giam-battista di Brescia, nel 1560, al principe Alessandro Lapuscineanu, dicui si conoscono le operazioni commerciali in Transilvania, dove ven-deva porci, 'e nella Polonia, dove si comperavano i suoi armenti. Ales-sandro vi acconsenti volentieri.

    Gih, alla festa di S. Giorgio, dovevano arrivare gli agenti di Giu-seppe, portando it prezzo : per una meth in moneta d' oro ungherese,ducati del re, e per l' altra .meth, in broccati, panni di seta pilosi ,carmasini, damaschi atlantichi , scarlati di grana; panni di Londra

    (r) Ibid., pp. 297, 341.(2) Cfr. THEINER, Illonumenla Slavorum meridionalium, I, p. 571, n. 774 ; HuRmuzAKI,

    IT, parte 3, pp. 307-9 ; SANUDO, in HURMUZAKI, VIII, pp. 45-6, 11. LVI-VII.(3) HURMUZAKI, VIII, P. 45, n. L.v. La mia notizia nell'A Felt ivio della societa

    scientifica e letteraria di lassy, IX, pp. 66-9.(4) HURMUZAKI, VIII, p.

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    n. t.mr-11. Era stato allievo della scuola grecafondata a Roma da Leone X. nostra Rivista storica rumena, I, n. 2.

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    e di Bergamo, pargamani panni germanici, detti stammet,merci per cui non si sarebbe pagata nessuna dogana (IL Un

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    Gi in quel tempo i mercanti greci di Candia, soggetti alla Re-pubblica, avevano una larga parte nel commercio di Moldavia doveportavano panni preziosi e vino di Malvasia, prendendo in cambiobuoi ed altre merci del paese, che vendevano poi in Po Ionia, doveavevano, in Lembergo, una piccola colonia (1). Bisogna rammentarspecialmente Costantino Corniacto, che fu al servizio di AlessandroLapuscineanu come arrendatore della dogana, e poi a quella del reStefano (2).

    Un suo parente, Michelino, ucciso e spogliato dal Despota, poiLeonino Servo, di Canea, un Ebreo, probabilmente, nonche molti altri,si ritrovano spesso nei registri di commergio della gi accennatacitta di Galizia (3). Uno di quei Cretensi, Giorgio Palamede, che vivevacome 4 didascalo alla corte del principe russo di Ostrog, doveva poicelebrare i trionfi di Michele il Bravo, principe di Valacchia, controi Turchi (4).

    Un suo compattriotta, Battista, detto poi anche Costantino, Vevelli,principi6 come mercante di vini per diventare poi il consigliere ascol-tato del principe moldavo Radu Mihnea, it inegoziatore della pace fra iPolacchi e ii Sultano Osmano, finche, nel 1633, fu ucciso in un motodel popolo di Iassy contro i Greci, tra i quali era annoverato (5).

    Allorche la tragedia 'del Despota, ammazzato dai Moldavi, era gifinita, apparve, nell' estate dell' anno 1566, a Venezia, un Rumeno, Ni-colO Basarab, che si spacciava per discendente di Basarab Neagoe,ex-principe valacco, da un figlio naturale, Barbu, che quello avrebbeavuto. Suo padre sarebbe stato un vero principe che una congiura dinobili del paese avrebbe cacciato a Costantinopoli, dove fu ammazzatoin circostanze tenebrose. II preterKlente parlava della madre e sorellache aveva lasciate tra le mani dei Turchi, del suo viaggio a Vienna

    (OH mio studio: Relazioni commerciali dei Rumeni colla cited di Lembergo (in rumeno),Bucarest 1900, estratto dalla rivista Eco no mia N az ion ale ; anche nel vol. XXII dei mieiStudii si documente. Si ricordano : Procopio Siropulo, Cocoli Caliota, Antonio Ieracari,Leoni, Fante Grelti, Barbarigo, Michele ' Warschani ', Michele Cacavella, Giorgio Con-doleo. Cfr. Relazioni ecc., p. 90.

    (2) V. anche WLADv.si-Avv LEZINSKI, Pairicyat i mieszczanstwo Cwowskie w XVIi XVII wieku, edizione seconda, 1892, p. 312.

    (3) I miei Studii si documente, XIX, p. 49 segg.(4) In LEGRAND, Recueil de poemes historiques.(5) V. i miei Studii si documente, IV, Prefazione e registro alfabetico.Cfr. Relazioni, pp. 107-9. Nel 1602 gli si diceva Baptista Vevelli Grecus (ibid.).

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    e della ferma speranza, che aveva, di poter rioccupare ii seggiopaterno. Senza verificare queste asserzioni menzognere, la Signoriamandava ii giovane valacco a Roma, con lettere di raccomandazione.

    L' esule tornava, nel settembre dello stesso anno, sul territorioveneto, ma senza entra re nella citta : per qualche tempo giaceva am-mala to in Udine per ricominciar poi in Bavaria, in Austria e perfinoin Spagna i suoi viaggi destinati di fatto a raccogliere le elemosinedei principi e delle municipalith (1).

    Fu visto in questo stesso anno, prima in Genova, un altro avven-turiero che certamente non aveva neppur conosciuto i paesi di cui sidichiarava erede legittimo : Giorgio Eraclide, discendente di Ercoleanche lui, come il suo parente putativo , ii Despota e, come questo,Basilica, agognava di essere despota della Morea-Peloponese e delLevante , ed anche principe di Moldavia. Si stab liva in Genova, dovetrovb un secretario a capace di guadagnargli sussidi, Antonio Anselmo,che aveva ornato del suo ordine di S. Giorgio. Al 28 di settembre 1570,Giorgio si indirizzava al doge, rappresentante di quella potentissimaRepubblica che faceva con tutte sue forze (si approssimava ii giornodella lotta di Lepanto), insieme con gli altri prencipi cristiani, guerracontro Turchi, si per difesa dell' eccelso Stato suo, sI anco per larecuperatione delle terre orientali, da esso tiranno occupate 0. Era di-sposto a venire e mettersi al servizio veneziano (2). Pare, nondimenoche la richiesta e la offerta di questo successore di tutta la Grecia Ae discendente degl' imperatori Flavi, Augusti, Romani, et, dopo, degli Constantinopolitani rimanesse senza risposta.

    Poco tempo dopo riceveva lettere dalla Valacchia, dalla sorellaCaterina, principessa del paese, e, pia tardi, dal di lei figlio, ii giovineprincipe Mihnea, una monaca del monastero, oggi sparito, di S. Maffioa Murano, Maria, che i parenti nominavano con un diminutivo rumenocarezzevole, Mariora, Marioara. Era la figlia di una Perota cattolica e delgenovese Nicol?) Vallarga, e Caterina stessa aveva per padre il geno-vese Salvaresso. Una loro sorella sposb in seconde nozze quel Costan-tino Frangopulo di Cipro che fu mescolato nei tentativi di rivoluzionedel Despota. Benche avesse scritto ii suo testamento nel 1574 epreparata la sua sepoltura nella cappella da lei eretta, Maria, vedovadi un Adorno, Fabrizio, visse ancora molti anni.

    (I) HURMUZAKI, II, p. 560 segg. Lo studio mio negli Annali dell'Accademia Ru-mena, XIX, pp. 227-9. Nicol sapeva bene che ii principe di Valacchia era Pietro figlio diMircea (ibid., p. 568, n. nxt.in).

    (2) Ibid., VIII, pp. 48 e 158; XI, p. 76, n. cxvi ; pp. So-i, n. cxxv.

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  • 302 N. JORGA

    Un' intera corrispondenza greca, di cui si conservano brani, scopertidal fu Urbani de Gheltof e pubblicati da me negli Annali dell'Acca-demia Rumena (vol. XVIII), si svolge tra la povera monaca e la riccaprincipessa, che non era certamente, tra tante inimicizie e tanti colpidella fortuna, la pitt felice.

    II figlio del bailo Barbaro , Alvise Spa, mercante, ed altri Vene-ziani hanno la loro parte in queste relazioni. Si mandavano da Veneziaper la corte _valacca panni, casgette, bicchieri e quei piccoli cani cheerano tanto ricercati anche dalle donne del serraglio di Costantinopoli, esi ricevevano nel monastero altri panni, pellicie, e sopratutto denari.Mihnea stesso erigeva l'altare principale della chiesa di S. Maffio nel 1590in memoria del suo ristabilimento come principe di Valacchia, e nonmancava di notar nell' iscrizione che ii suo paese, la Valacchia, era

    una colonia romana nella Dacia del Danubio Nel 1601 Marioara faceva l'ultima disposizione del suo poco avere,

    lasciando al monastero dove aveva vissuto 2000 ducati, depositati allaZecca, un podere sul territorio di Padova e qualche masserizie (2). Mo-riva il 27 febbraio.

    Suo nipote era allora Pascia turco, gia dal 1591, quando dovetterinnegare la sua fede per paura di perdere, non solo le ricchezzeacquistate sul Danubio, ma anche la vita. Ed era morto ii suo vecchipnemico, che fu due volte ospite di Venezia e di cui tratteremo adessole vicende : Pietro detto Cercel (Orecchino : ne portava uno, alla modadi Franza).

    Protetto dal re di Francia, questo Pietro Demetrio, che era arrivatoa Parigi nel seguito di Alberto Laski e aveva guadagnato ben prestosimpatie in quella corte di # mignons per la sua iniponente figura di gransignore orientale, per le sue belle maniere e per il suo talento di con-cettista di cui si conosce un Inno a Dio nei Dialoghi piacevoli diStefano Guazzo (Venezia 1586) (3), arrivava in Venezia col segretarioreale Berthier al 3 di marzo 1581 (4),

    II re Enrico III scriveva alla Signoria che aveva creduto adempiereal dovere di ogni sovrano verso i principi afflitti, disolati e spogliatidel loro stato sostenendo questo erede della Valacchia che andava alla

    (r) Voievoda Valaviae transdanubianae regionis in Dacia romana colonia ; An-nali, I. c., p. 66.

    (2) Il Veronese, signor Paul Caliar, pillor veronese gli avea venduto, al 23 gen-naio 1584, una parte di 700 ducati al Monte di Piet (ibid., p. 106, nota 4).

    (3) Del print* di Valacchia.HURMUZAKI, III, parte prima, pp. 437-9, 444 ; XI, p. 105 e segg. ; Supplemento

    I, parte I, pp. 55; 65-6.

    (1).

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  • VENEZIA ED I PAESI ROMENI DEL DANUBIO FIND. AL 1600 303

    Porta per esser rimesso in possesso del suo paese, e la regina madre,Caterina de' Medici, chiamava ii giovane straniero: nostro carissinlocugino e buon amico .

    Non mancava il breve del papa Gregorio XIII per il principe diValacchia, che si e risoluto a trasferirsi al Turco in Costantinopoli, perricever da lui la sua provincia e ii suo Stato .

    Quelli che lo videro, parlano con parole entusiaste,delle qualit diquesta persona molto prudente e civile, che parlava in diverse lingue,et l' italiano benissimo (1).

    Pietro fece un' ottima impressione anche all' udienza solenne cheebbe luogo il 7 del mese : prese posto alla sinistra del doge, l' amba-sciatore francese, du Ferrier, essendo alla destra.

    Alludendo al Vangelo del giorno seguente, questi mostrb l'inno-cenza dell' esule, che non aveva perduto per nesstina colpa ii seggio di

    .principe e ne raccontava la vita sventurata, a Costantinopoli, a Rodi,in Caramania, in Damasco : fece vedere anche ii permesso del Sultano,che conteneva in se la promessa di rendergli quel che gli si doveva.Da parte sua, ii principe stesso, se non citO parole di Demostene, come

    ambasciatore, trovb ii modo di farsi ascoltare con interesse e simpatia.I suoi Valacchi, diceva, non l' avevano dimenticato ; quando si era

    trovato presso le loro frontiere, avevano invitato a entrar nel paese,se anche fosse solo, senza esercito, c che gli averiano messo in manoogni cosa P.

    Confidava nella carit conosciuta della Repubblica verso i martiridella causa cristiana e ne voleva soltanto un piccolo soccorso, un pre-stito che non avrebbe mancato di restituire.

    Berthier prese la parola per terzo e loci?) i fatti illustri dei Veneziani,che tante volte avevano rimesso sul trono principi cristiani colpiti dal-

    avversa fortuna.II doge, che finl levandosi in piedi, ma senza scoprirsi, parlO della

    4 strettezza grande del tesoro doppo essersi spesi quatdrdici millioniducati nella guerra col Sultano Selimo e chiuse udienza riMan-

    . dando affare ai Savi.Ma il giorno seguente ii nunzio del Papa rinnovb la domanda in fa-

    yore del principe di Valacchia, senza metterci per?) lo stesso calore chei Francesi e lasciando al Collegio di considerare se si poteva dargli 1 agalea e. ii soccorso di denari che pareva aspettare (2). Pietro ebbequesta galea fino a Ragusa, ed anche un dono di mille talleri, senzanessuna condiziond di prestito.

    (1) Ibid., XI, p. 105, n. Clooc.(2) Ibid., III, parte I, PP. 439-43. .

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  • 304 N. JORGA

    Du Ferrier assicurava che, da quindici anni che e stato lui amba-sciatore presso questi signori, non le haveva fatto offerta pit piaciutae che avessero ricevuta tanto volentieri (0. 4 Da questa serenissima Si-gnoria di Venetia 0, scriveva Pietro stesso al nunzio di Spagna, 4 ho ri-cevuto +anti favori che veramente pocco pit si potrebbe fare ad ognigran re 0 (2). Gentiluomini incaricati dal doge gli mostrarono l' Arsenale, il Tesoro ed altre singolarit di quella citta. 0 (3).

    Prima della fine del mese, la nave Giuliana salpava verso la costadalmatina portando seco le forti speranze del principe valacco (4), e 8di aprile Pietro si dichiarava, in una sua lettera, riconoscente al doge,contentissimo dell' atteggiamento di Benedetto Giuliano verso di lui,delle cortesie et honore che gli aveva fatto durante ii tragitto (s).

    Ma passarono ben due anni prima che astuzia lenta dei Turchifosse vinta, non sold dall' ambasciatore francese in Costantinopoli, Ger-migny, ma piuttosto col favore guadagnato, spendendo in contanti, dalpretendente, tra i potenti del Seraglio. Il 4 luglio 1583 Pietro ricevealfine le insegne del principato, ma non partiva che alla meta di agosto,menando seco 1500 soldati che aveva preso al suo servizio; e '1' 8 disettembre prendeva possesso del trono in Bucarest (6).

    E in questa felice occorrenza ii nuovo principe di Valacchia, della grande Valacchia A la Moldavia era la piccola > , non dimenticavadi ringraziare per un messo speciale, indirizzato al re di Francia, suoprotettore, anche la Signoria, rifugio di principi afflitti : offeriva incambio per il soccorso che gli si era dato la vita e lo stato e quantosara in poter suo (7).

    Ma questa fedelta durb ben poco, e esercito preso in Costanti-nopoli non pote difendere questo trono debole pit che le forze del paese,minacciato sempre pit dagli intrighi di Mihnea e dall' avarizia turca.Lasciando dietro a se i cannoni fabbricati in Valacchia e prendendo sol-tanto ii tesoro, i gioielli e le bandiere del principato, Pietro, che sapevad' essere gia deposto, entrO in Transilvania con un forte seguito peressere ben tosto arrestato presso Megyes, d' ordine del principe, e rin-chiuso nel castello di Hust. Non pote fuggire che nel 1587.

    (i) 4c En guinze ans gue j' ay este votre ambassadeur aupres de ces seigneurs, n' avoirfait [offre] gue tant leur ait este ,agreable .et gu' ils aient iinbrasser plus volontiers . Ibid.,Supplemento I, parte I a, p. 55, n. cm.

    (2) HURMUZAKI, XI', pp 106-7, n. CLXXIII.(3) Ibid.(4) Ibid., p. io8, n. cLxxv.II re Enrico mandava al 2 Aprile alla Signoria i suoi

    ringraziamenti (ibid., III, parte I, p. 441, n. x).(5) Ibid., III, parte I, p. 445, n. Ix.(6) V. il mio Studio negli Annali dell' Accademia Rumena, 1. c., p. 39.(7) HURMUZAKI, III, prarte I, pp. 447-8, n.

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  • VENEZIA ED I PAESI ROMENI DEL DANUSIO FINO AL J600 305

    E allora subito andava a Roma scrivendo anche in Francia, doveaveva gia trovato una volta favore e fortuna. Ma il re non voile piariceverlo e consentI soltanto, dopo aver saputo che infelice avevaappoggi alla Porta, tra cui quello del Visir Siavusci e del CapudanoHassan, a raccomandarlo per lettera (I).

    II credito degli eredi legittimi della Moldavia e della Valacchia erascaduto anche perche la specie era diventata pia numerosa negli ultimitempi. Presso il re Enrico si trovava da qualche tempo un GiovanniBogdano, che si .diceva figlio di Stefano il giovane e fratello di quelGiovanni che si era ribellato contro i Turchi ed era stato ammazzatodopo la sua disfatta (1574). Questo GiQvanni fu fatto cavaliere dell' or-dine di Francia e un agente speciale, Harlay de Cesy, doveva accom-pagnarlo. a Venezia e da Costantinopoli perche questo pretendente cheambiva la Moldavia riayesse ii suo principato (2): Difatto questa missionel' ebbe Gioacchino Balue, che non andb pia oltre di Venezia (3).

    Ii Moldavo fu ii primo che arrivb, passando per Torino, Savigliano,Pontelagoscuro (4) : al 2 gennaio 1589 lo raccomandava nel Collegio

    agente francese de Vign (5). Pietro si fece vedere nello stesso mese,avendo seco soltanto ii segretario Francesco Sivori, da Genova. Molticredevano fosse il Polacco Zborowski, celebre per i suoi conflitti coiTurchi. Si teneva incognito, ma imponeva a tutti e destava curiositagenerale la sua g persona di statura grande, di bona presenza, con licapelli longhi sopra le spalle 0. Parlava in ottimo italiano del suo viaggioa Roma, alla Madonna di Loreto, della sua prossima partenza per Co-stan ti n o poll (6).

    Per annodare relazione colla Signoria chiedeva nella sua udienzadel 27 gennaio, che fu onorevolissima per lui, che quella scrivesse alprincipe di Transilvania, detentore delle cose che gli erano state con-fiscate nel 1585 (7). II Senato si scusava di non aver corrispondenzane intelligenza -o in quelle parti, dove poteva mescolarsi in tali negozi itPapa solo. Le capitolazioni che si hanno col Turco rendono, del resto,poco sicuro ii soggiorno suo sulla citth e negli stati di Venezia. g Onde o,conchiudeva una delle proposte, g .sara bene ch' Ella prenda qualche

    (1) Ibid., Supplemento I, parte I, pp. 102-3.(2) Ibid., p. 103.(3) Ibid., III, parte seconda, p. 24.(4) Ibid., XI, pp. 199-200.(5) Ibid., p. 201.(6) Ibid., III, parte I, pp. 453-4, n. XIX.(7) Ibid., PP. 454-5, n. xx,

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  • 306 N. JORGA

    risolutione in questo negotio che possa tornare a maggior benefitio dellecose sue (1). Si prese anche la risoluzione di fissarglf un termine ditre giorni per la sua partenza (2).

    II Papa intervenne difatti pit tardi per il suo protetto (3), ma questosi trovava ancora a Venezia al fine del mese. Il segretario CamilloZiliol, che and6 a partecipargli la resoluzione presa, lo trov6 a letto

    per occasione della podagra . Pietro raccontava spesso quel che gliera capitato : cospirazione dei suoi nemici alla Porta, intrighi del Capu-dano, riconciliazione col partito avverso, promessa di.dargli ii trono sepagasse solamente 60.000 ducati, impedimento procurato dal nuovoambasciatore di Franza, ch' e mezzo pazzo . Domandava di esser tol-lerato ancora qualche giorno , essendo ammalato ed aspettando i suoiagenti. Siano certi questi signori che per causa mia non haverannodisturbo almino da Costantinopoli (a).

    Invece di accingersi a partire, Pietro prese in affitto per un anno,pagando la meth del prezzo, la ca' Pozzo in Canaregio, presso a quelladi Angelo Maria de' Priuli. Mise dentro < robba tolta a nolo e prese alsuo servizio nove servitori, senza contare i gondolieri. Si diceva daivicini che stava honoratamente ed

  • VENEZIA ED I PAESI ROMENI DEL DANLIBIO FINO AL 1600 307

    come prima, nel 1581 :* ebbe dunque, il 24 giugno,.se non i mille scudiche aveva domandato in prestitd, 'almeno una fregata fino a Cattaro.I duecento scudi offerti furono da lui sdegnosamente rifiutati. Sospiravaall' udienza del 27 giugno : e vero che son principe piccolo e sudditoal Turco, tuttavia posso pur fare qualche servitio * e prendeva congedoaugurando che Venezia rimanesse intatta come una vergine celeste .

    Andava alla morte: in qualche mese era nascostamente sommersonel Bosforo.

    Per caso venivano ancora dopo, nella ricca e benefattrice citt, iprincipi scacciati, alla ricerca dei loro seggi usurpati.

    Un anno dopo la partenza dei due suaccennati si accordava, nelgennaio 1590, un soccorso di cento ducati ad un Vaivoda di "Moldavia 0che andava a Roma (I): era Stefano, bastardo di Alessandro Lapuscineanu,ch' era stato domandato al Papa per principe dalla parte di un numerodi boiari e di. chierici (2). Nell'autunno dell'anno 1592, Giovanni Bogdanstesso aspettava in Venezia suo figlio e ambasciatore francese che do-veva, ... condurlo a Costantinopoli, Lafin, e, questo tardando, quel poverovecchio fu ben contento di ottenere un' elernosina di cento ducati (3).

    Un principe giovanissimo, figlio di Iancu detto ii Sassone, prin-cipe di Moldavia, ucciso per soddisfare i Turchi, in Lembergo, dove siera rifugiato, abbandonando, alla nuova della sua deposizione, la Mol-davia (1582) , era raccomandato dall' arciduca Massimiliano al doge,nel marzo 1593. Si chiamava Bogdan, e la madre, Maria, Levantina . diChio, dalla famiglia illustre dei Paleologhi, accompagnava ; due figliedi Maria partecipavano a questo esilio ed a questa miseria (4). Avevanoanche lettere del re Sigismondo di Polonia. Affrettavano la loro partenzaverso Costa ntinopoli, dove credevano ritrovar amici, ed al 6 maggio iiprincipino domandava lettere per il Bailo e ii passaggio libero fino aRagusa, nonche qualche somma de danaro per questo bisogno nostroII passaggio l' ebbe, ed anche le lettere, ma, venendo dopo tanti altri,ii soccorso non fu da prima pit grande di 25 ducati, che furono accet-tati con riconoscenza (5) ; si arrive) poi fino a cento.

    Lo scrittore Doglioni vide nella casa di questo Bogdan una spadache egli diceva esser quella di Attila stesso, ritrovata nel suo paese, edagginnse che sua sorella aveva sposato un nobile di casa Zane (6).

    (1) Ibid., pp. 210-I, n. CCCXLITI.-(2) Ii mio studio negli Annali dell' Accademia Rumena XIX, pp. 1112-3.(3) Ibid., p. 232 e HURMUZAKI, III, parte seconda, p. 29, n. XLIII.(4) Ibid.,.VIII, pp. 190-1, n. ccctxxvIII; IV, parte seconda p. 174.(5) Ibid., III, parte seconda, pp. 31-3.(6) L' Ungheria spiegata, Venezia 1595, pp. 9 e 206-7.

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  • 308 N. JORGA

    Difatti le genealogie mostrano che questa principessa moldava spos6Alvise figlio di Marco e parente di Zuane Zane (1). Piu tardi, nell'agosto1599, quando Bogdan, che si faceva chiamare adesso Stefano Bogdane Despota , ritornO a Venezia, colla madre, voleva sposarvi la figliadel rinnegato Iussuf-bei, che si chiamaVa prima Cievatelli. La giovaneviveva nel chiostro del Corpus Domini, e ii patriarca fece ii possibileper impedire questo matrimonio, tanto pit che vi era intervenuto iifratello di Iussuf, rinnegato anche lui, Omar-Aga, capo del Serraglio (2).Elena Cievatelli diventO dunque la monaca Deodata. Un' ultima voltaBogdan visith Venezia quando tomb dall' Inghilterra, dove aveva trovatoforte appoggio prima era stato alloggiato dal bailo Girolamo Ca-pello nel 1608 (3).

    Un altro, in fine, era quel Despot Steffano Bogdan, Vaivoda,principe legitimo et herede di Moldavia Vlachia che scriveva all'ar-ciduca Ferdinando, governatore del Tirolo, al 3 luglio 1593, da Ve-nezia, parlando dei suoi sforzi pel negocio del mio Stato (4).

    Questi non era altro che un principe di Valacchia, Stefano il Surdo,da poco tempo scacciato dai Turchi e che troy?, ben tosto la morte,cercando di ridiventar quel ch' era stato per qualche mese.

    IV.

    Ospiti moldavi in numero pit grande che mai ebbe Venezia quandoPietro lo Zoppo (Schiopul), che aveva avuto nella sua corte comeprincipale favorito, cameriere, capitano di Lapuscina, Postelnic o cu-biculario, Bartolomeo Bruti, Albanese italianizzato (ucciso nel luglio1592), fratello del dragomano veneto ii Costantinopoli, Cristoforo Bruti,abbandonO ii suo paese, sopraccarico di pretensioni turche, per cercarun rifugio prima a Tulln, presso Vienna, poi a Innsbruck ed a Bol-zano, dove fini i suoi giorni (5). Gi vi faceva i suoi studi Radu, figliuolodi Mihnea, che doveva esser poi principe di Moldavia e di Valacchia :

    (i) Ii mio studio negli Annali dell'Accademia Rumena. Cfr. HURMUZAKI, III, parteprima, p. 535.

    (2) HURMUZAKI, III, parte I, pp. 534-7; IV, parte seconda, p. 21, R. XII ; p. 23, n. xlv ;PP. 241-2, n. ccviti ; pp. 244, 245-7.

    (3) Ibid., p. 299.(4) Ibid., p. 347, n. CCCLXXXIII. Cfr. i titoli assolutamente diversi che si cla

    Bogdan figlio di Iancu al 6 maggio .precedente ; ibid., III, parte seconda, p. 31, 11. xLvt.sigillo di Bogdan, nel mio studio citato, in fine rappresenta lo stemma moldavo del bue,

    sul petto dell' aquila valacca. Si faceva nominar despota di Moldavia per grazia di Dioe margravo della Valacchia . II sigillo di Stefano (il vero) nei miei Ades et fragments, II :ma il secondo e imitato dal primo,

    (5-) V. ii mio libro Una famiglia di princi:fri j, esilio (in rumeno), Bucarest 195,

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  • VENEZIA ED I PAESI ROMENI DEL DANUBIO FINO AL 1600 309

    Ii Senato aveva fatto venire da Capo d' Istria, dove stava, gi dal1591, presso Giacomo Bruti (1). Pietro stesso voleva veder Roma,baciare i piedi del Santo Padre e stabilirsi in Italia, se fosse possibilesulle sponde del lago di Garda. Non gli fu permesso nemmeno di abi-tare in Trento o in Arco, poiche era troppo vicino al territorio ve-neto (2). Quando era a Vienna , scriveva con rassegnazione ii vecchioprincipe, (,( l'arciduca Ernesto e il signor David Ungnad e il signor Pezzenmi davano ii consiglio di non andare in Italia, perche c' e gente moltomalvagia, essendo meglio, in questo caso, rirnaner nel nostro regno enella nostra patria ; e dicevano che c' e un luogo, ii quale non e lon-tano d' Italia, dove potremo parlar la lingua nostra ... (3).

    I suOi cortigiani che lo abbandonarono presero quasi tutti la viadi Venezia : tra gli altri, Maria, la figlia di Pietro e di una Greca diRodi, Maria Amirali, con suo marito, un Greco d'Albania, Zoto Tzigaras:mandavano al principe esule pesci di mare per i suoi lunghi digiuni (4).Dopo la morte di Pietro, il 10 luglio 1594, fuggirono a Venezia la suaconcubina, Maria, una Circassa, e una gran parte di quelli che forma-vano questa piccola Corte, tra gli altri anche ii Metropolita di Mol-davia, Giorgio Movila, e Teodosio Barbovschi, futuro Metropolita.Tra Zoto e questi altri, tra tutti loro ed i rappresentanti dell' arciducaFerdinando, tutore del giovane erede Stefano, Ferdinando di Kiihbache Bernardino Rosso, comincia una lotta dinanzi ai tribunali di Venezia,del Mobile, dei Forestieri: non mancarono nemmeno proposte di assas-sinio, di mutilazioni del naso (!), da parte dei pitt impazienti. I vescovigreci che si trovavano nella citt, Gabriele Severos, Metropolita diFiladelfia, e Massimo, vescovo di Cerigo, si mescolarono anch' essi inquesti affari loschi. Negli Archivi di Innsbruck ho trovato ancora lelettere greche e rumene che mandavano ai loro parenti nel Tirolo unCriSovergi, un Giorgio il Cameriere ed altri e che venivano intercettatedagli uffiziali dell'arciduca, e l'Archivio di S. Marco conserva unascheda rumena del defunto Pietro, presentata in testimonio dai liti-ganti (5).

    Al 22 agosto 1594, Zoto domandava ii sequestro delle robe cheportavano per l'Adige a Verona i complici della Circassa, che alloza

    (I) HURMUZAKI, XI, pp. 253-4, n. ccctimat. Cristoforo aveva avuto spesso daMihnea la missione di comprar gioielli pei Turchi. V. il mio studio negli Annali dell'Ac-cademia Rumena, XVIII, pp. roo e 102 e HURMUZAKI, IV, parte seconda, P. 163, n oar%

    (2) Ibid., XI, p. 272 e p. 176.(3) Ibid., p. 281.(4) Ibid., p. 423:(5) Ades et fragments, III, riproduzione fototipica II senso e questo : che abbia

    a dar r000 aspri, somma ifitera, da parte di Stefano principe al signor Cristoforo Bruti.Sappiatelo. Anno 7098 [= 1590], maggio 2 kiorni >>.

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  • 310 N. JORGA

    in casa de papa Adamo, Cipriotto, fu compratta da esso Vaivoda, incontra de S. Antonino (I). Si ritrovarono gioie per il valore di 20.000ducati veneti, che furono sigillate nella casa del denunziante, altre coseche furono apprezzate per 30.000 ducati, essendo confidate al Metro-polita Gabriele (2). Al 16 novembre ii tribunale del Mobile confidava,secondo ii testamento fatto da Pietro nel principio del 1592, il giovaneStefano, ritenuto in Tirolo dal Governo, e ii suo avere, a GiorgioHatmano -(Capitano), nipote del principe defunto

    Ktihbach, incaricato dell' arciduca, sosteneva che la sentenza erastata pagata dagli avversari con 150 zecchini (4). Domand6 udienzaal doge e cerc6 di impiegar la sua autorita per far che la tutela fosseconceduta a lui, secondo l' ultimo testamento di Pietro. L' arciducastesso domandava, in dicembre, energicamente, che i ladri fossero punitie i gioielli e le altre robe restituite

    Ma nel 1595 Zoto troy?) un altro mezzo per farsi attribuire la tu-tela : fabbrica un nuovo testamento, che sarebbe stato scritto dalsuocero tre giorni avanti la morte, e che dava 20.000 ducati alla figliaMaria, che .doveva aver ella sola la cura del fratello. Ktihbach accorsedi nuovo, ma, vedendosi in pericolo di essere arrestato quando tornavada un pellegrinaggio a Loreto e Roma, se ne torn?) a casa, bestem-miando ai Moldavi e Veneziani insieme (6).

    processo durava ancora quando Zoto, che si cercava di impri-gionare, mor1 il 21 aprile 1599 : la sua pietra sepolcrale si vede ancoranel cortile della chiesa di S. Giorgio dei Greci, dove riposa anche iifratello Apostolo (7). Un terzo viaggio di. Ktilbach seguiva, ed i benidi Pietro si spartivano, nel giugno 1600, tra i parenti e ii tutore tirolesedi Stefano. Maria diventava al 28 novembre di questo stesso anno lamoglie del nobile veneziano Polo Minio, ii matrimonio essendosi cele-brato nella chiesa di Marioara a S. Maffio. Il di lei cugino Aslano,figlio di Giorgio il Cameriere e pia tardi importante boiar yalacco,era presente a queste convenzioni (8). 11 padre e ii secondo figlio arri-varono pia tardi, in Istria, colla nave che avea cercato in Oriente altra

    (r) HuRmuiarri, XI, pp. 497-8, n. DCXXII.(2) Ibid., p. 500.(3) Ibid., pp. 518-9, n. DCXLIX.(4) Ibid , pp. 520-1, n. DCLI.(5) Ibid., p. 521, nota I.(6) Ibid., p. 529(7) Ibid., p. 534, n. ncLmv. II testamento di Apostolo nella rivista Letteratura

    ed Arte (rumena) di Bucarest, V, anno 1900.(8) HURMUZAKI, XI, p. 539 e nota.

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    (3).

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  • VENEZIA ED I SAESI ROMENI DEL DANURIO FINO AL. 1600. 311

    parte dell' eredit-('). Ii loro parente, Radu, figlio del Hatmano Giorgio,stava allora nella ca' Alberti (2).

    Questi partirono ben tosto, ma la figlia di Pietro fool i suoi giornia Venezia. Il solo figlio che ebbe con Minio port?) ii doppio nome diTeodoro e di Stefano: Teodoro per esser dono di Dio, venuto tardie Stefano dopo ii fratello morto assai giovane a Innsbruck. Ho seguitola loro genealogia fino verso il 1700, e forse vivono ancora a Veneziadei discendenti di Stefano il Grande (3).

    I.

    Alexander, Dei gratia Weyvoda ac verus perpetuusque haeres et dominusregni Moldaviae.

    Magnifice domine, amice nobis sincere dilecte. Salutem nostramque amicitiam.Litteras Magnificentiae Vestrae accepimus ac earum contentum optime intellexiMus.Gratias agimus Magnificentiae Vestrae, quae nobis tam humanum virum, sotiumscilicet eiusdem, Ioannem Baptistam Gallicios, Brixienseth etc., in rebus suscipiendisarmenticis admiserit, quell etiam, uti bene meritus, humanissime tractavimus.Licet absolvissemus eum utique perante, in -causa vero fuit quidam nebulo quitumultu quodam in nos nostrumque regnum irruere studuerat. Nunc inprimisprofligavimus uti decuit, deinceps hunc virum humanissidum vestrum Baptistam,absolutis omnibus rebus, remittimus tum salvum et incollumem pacifice quiete-que (?), cum [pu]ra absolutione. f!riusquam etiam conventionem iniremus, illidemBaptistae armenta nostra pro parte demonstrari fecimus, quo utilius certiusque proparte sua in conventione sui habeat intentionem, ita ut ne quidem gravis con-ventio ex utraque .parte videatur. Breve adtamen spatium temporis nos coegitnegotium id ut prolongavimus terminumque protullimus tollerabile, festum scilicetDivi Georgii proxime futuri, quo homines et consotii Vestrae Magnificentiaeadsient ; nosque curabimus ut pro libitu eorum, in cluemcutnque (sic) partem vo-luerint, boves ad confineas regni nostri propellemus. Conventio pretii talijs est : titpretium duas contineat partes: una sit certa summa pecuniarum in auro puro, monetahungarica, alia pars sint res mercanteae (sic), ut veluturn, aliquod genus mixtuniauro, suis contentis contextis) floribus, pilosumque sericum, carinasinum, danta-scum, atlanticum idque genus serici, pannique genera aliquot, ut: scarlatum, gran-natant, londicij, stammeti, pargamanj, etc. De rebus similibus quae nos cement,minime telonium seu tricesimam requiramus ; .solum de ijs que ad nostros subditospertihebunt : de i1lis inquam, rebus ex terris regni statutum obtineri desideramus.Hincque e Moldavia quo levius Magnificentiae Vestrae videatur securiusque proeadem siet ad transpellendutu boves.transvehendumve pelles adducendumque nobis

    (I) Ibid., P. 558, nota 4.(2) Ibid., p. 550, n. DCLXXXIII.(3) La tavola genealogica, ibid., p. 164, nota. Ii testamento di Maria, nei miei Sludii

    si Vocumente, V, pp. 644-5.

    (=

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  • 312 N. JORGA - VENEZIA ED I PAESI ROMENI DEL DANUBIO ECC.

    ea que nobis videbUntur necessaria per nostros homines, idcirco, inquam, adiun-ximus illidein lohanni Baptistae unum e nostris boeronibus ac litteris nostris adSerenissimam Regiam Maiestatem Ioannem Secundam, regem electum Hungariae,Dalmatiae Croatiaeque, etc:, amicum nostrum confoederatissimum, litterasquesalvi conductus desuper concedat, et quid preterea illidem scribendum esset, idverbis per presentium exhibitorem nuntiandum esse voluimus [et] in omnibus suisdictis [immine nostro] fidem adhiberi velit creditivam. Ac deinceps bene valeat.[Gratias] adtamen de suis donis nobis admissis agimus ingentes, de damasco, etc.,idque regratificare studebimus suo tempore. Iterum atque laute in Christo do-mino valeat.

    Datae tredecimo calendas deceinbris, anno salutifferi 156omo.[V.0:] Magnifico viro ac domino Iosepho de Francesci, etc., amico nostro

    dilecto.(Archivio di S. Marco, Lettere principi, b. 12

    Savij del Consiglio Marco Antonio, Erizzo k. pr., Linardo Donado k. pr.,Vincenzo Pussoni, Alessandro Molin (sic?), Mattheo Zane k absente, AlessandroFoscari, Savij di Terra Ferma. Antonio Querini, Alessandro Salmon, Francesco

    'Contarini, Alessandro Foscarini, .absente Hieronimo Capello.Die infrascripto [23 decembris 1590] the al segretario cesareo sia letto

    quanto segue :Signor segretario. S' intese tato cif!) che espose il signor consiglier Mabach (sic)

    in voce et in scrittura nel particolare del pupillo moldavo, et, oltre Pinformationihavute dal magistrato ordinario, inanzi ii quale si tratta la causa, et dal Linoarcivescovo Filadelfia, la parte interessata ancora ha voluto riferirci le sue pre-tenzioni, et, vedendosi, cosi 'dall' espositione del sudettO consiglier, come dallaparte Attmano, essere prodotti fondamenti di gran momento per difesa.della suacausa, si conosce esser chiaro ii negocio essere di tal natura che non si pubdenegare la ragione a chi la domanda co' 1 mezzo della iustitia solita administrarsi,non tanto a nostri sudditi, ma a tutti ii esteri che ricorrono in questa nostracitta: Onde, non vedendo noi modo di poter sodisfare alla richiesta fattaci, an-corch si siano interposti mold giorni per trovar commodith di poterlo fare, se-condo che desideravimo, si e deliberato di lasciar che ii magistrato proseguiscala cognitione della causa et servatis servandis devenga alla decisione di essa ; iiche sara fatto con ogni attentione et speditamente, come e di costume, et diparticolar nostro ordine, perche tutto proceda drittamente, conforme al dovere,havendone voluto dar questa notitia perche ella vi serva in quello che stimaretedi vostro servitio.

    Et da nth sara fatto saper al magiStrato ordinario, dove si tratta la sudettacausa, quanto e sopradetto.

    135 3 9.(Ibid., Senato Secreta, 9o, fol. 76 t

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