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VENERE IN SCORPIONE

AUTUNNO 2010

L’opportunità di trasformare le nostre relazioni

- Estratto

di Monica Amarillis Rossi

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La lunga sosta di Venere in Scorpione

Ogni diciannove mesi Venere diventa retrograda, per 40 giorni. Il suo

ultimo anello di sosta, nel 2009, aveva toccato l’Ariete e beneficiato i segni

di fuoco.

Nel 2010, in pieno autunno, Venere va a rivitalizzare i segni d’acqua:

fa il suo ingresso in Scorpione l’8 settembre alle 5:44 ora italiana e inizia il

moto retrogrado l’8 ottobre alle 9:04 (a 13° dello Scorpione), marcia

indietro che continua fino al 18 novembre alle ore 23:17 (a 27° della

Bilancia). Venere ripassa dal tredicesimo grado dello Scorpione il 13

dicembre 2010 ed esce definitivamente (per questo giro zodiacale) dallo

Scorpione il 7 gennaio 2011. Rimane dunque nel segno dello Scorpione per

quasi quattro mesi, a parte una visita agli ultimi tre gradi del segno della

Bilancia tra l’8 e il 30 novembre.

L’influenza di Venere, di solito poco percepibile per via della velocità

del suo passo, si farà dunque sentire in modo molto più forte, influenzando,

ça va sans dire, il mondo degli affetti, delle passioni e delle relazioni in

generale: non solo quelle con il partner affettivo, ma anche familiari, amicali

eccetera.

Essendo lo Scorpione posto in benefico aspetto di sestile al Capricorno,

dove è presente Plutone, e in trigono al Cancro, su cui si scaricano le

tensioni determinati dall’opposizione di Plutone e dalla quadratura di

Saturno, diventa evidente che la lunga sosta di Venere potrà aiutare a

sciogliere e risolvere le tensioni dei contemporanei e difficili aspetti celesti,

sostenendo in modo particolare questi due segni.

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Venere aiuterà tuttavia un po’ tutti – non solo i segni d’Acqua e il

Capricorno – a ricomporre le energie disperse e frammentate durante il

turbinoso periodo della Grande Croce Cardinale della scorsa estate,

sostenendoci nel compito di ritrovare i pezzi della nostra anima divisa.

Ma in che modo, se Venere in Scorpione – lo sa chi mastica un po’

d’astrologia – si trova in un segno a lei non congeniale? Nello Scorpione

Venere è in esilio (opposta alla sua sede di domicilio in Toro) e questo

segno, con il suo amore per l’occultamento, è in perfetta antitesi al Toro e al

suo amore per la luce, per le cose limpide e l’esposizione dell’immagine e di

tutto quanto gli occhi possono accarezzare con lo sguardo.

Le donne che hanno Venere in Scorpione hanno fama di essere femmes

fatales, divoratrici di uomini sospettate di essere un po’ promiscue, che più

che abbandonarsi a una sana sensualità (propria dell’opposto segno del

Toro) coltivano l’erotismo allo scopo di legare a sé il/i partner, o di

ottenerne il controllo; la loro aspirazione è avere in pugno i desideri del

partner, ovvero la sua mente più che il suo corpo.

Uno dei temi cari al segno dello Scorpione è il “potere”, che può

appunto trasformarsi in controllo degli altri, se non riesce a trasmutarsi in

scoperta del proprio potere personale. Non ci dovrebbe sorprendere se nel

periodo in cui Venere sosta in Scorpione sembreranno diventare molto

comuni le lotte di potere all’interno delle coppie, o anche semplicemente

nelle relazioni interpersonali, in cui si avvertirà il tentativo di controllarsi a

vicenda.

Ma la sosta di Venere favorisce anche le relazioni con partner

coinvolgenti e intriganti, appassionati, senza soffermarsi troppo ad aspirare

a eventuali progetti di vita comune.

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Seguire la natura di questa Venere vuol dire cercare la condivisione dei

sentimenti e dei segreti moti dell’animo fin nella più intima piega dell’anima

e del corpo dell’amato: i segreti devono essere condivisi solo tra i due

amanti; eventualmente nascosti al mondo, in un gioco di complicità e

“omertà”; una Venere scorpionica può anche tollerare le scappatelle del

proprio partner, a patto che poi questi si “denudi” di fronte a lei,

condividendo ogni segreto, ogni momento vissuto con l’altro/a, perché il

vero tradimento sarebbe questo: negare o celare qualcosa, sottrarre una

parte del proprio vissuto alla relazione a due.

Il grosso tasto debole di Venere in Scorpione è proprio quello che

riguarda l’appartenenza; mentre nella sua sede nel segno opposto, il Toro,

sa esattamente a chi e a cosa appartiene (e viceversa), che sia un territorio,

una famiglia, un clan, una coppia, o l’ambiente natale in cui è naturalmente

e perfettamente radicata. Venere in Scorpione invece si sente sempre

un’outsider, anche in seno a quello che dovrebbe essere il proprio

ambiente. Si sente esclusa.

La pietra collegata a Venere è il diamante, simbolo di purezza,

perfezione e chiarezza. Ebbene, potremmo considerare Venere in

Scorpione come il diamante nero, dai bagliori inquietanti e a cui la

tradizione ha attribuito il potere di conferire l’invisibilità, dote che sarebbe

effettivamente molto apprezzata dagli Scorpioni. Al contrario, questa pietra

è poco apprezzata in oreficeria, per via della difficoltà di lavorazione, e

una teoria vuole che sia di origine extraterrestre, arrivata sulla Terra grazie

a un meteorite. E di fatto lo Scorpione si sente spesso un extraterreste, un

incompreso, qualcuno che si sente a casa sempre in un “altrove” indefinito

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ma che non trova la propria dimensione in mezzo alla società umana, come

lo Straniero di Albert Camus, uno Scorpione DOC.

Lo Scorpione è dunque lo zingaro nel suo carrozzone, il nomade nella

sua tenda, il commesso viaggiatore che passa la sua vita cambiando

albergo quasi ogni notte, costantemente sradicato.

Se il Toro rappresenta l’ambiente circostante che nutre e accoglie, lo

Scorpione è il reietto, che deve abbandonare quello stesso territorio. Anche

i pastori, nomadi all’interno di un territorio definito ma sempre in movimento

alla ricerca di pascoli migliori, a seconda della stagione, possono essere

considerati sotto la signoria dello Scorpione. Per estensione, possiamo

comprendere sotto questo segno gli emigranti stagionali e tutti coloro che

non trovano nel proprio territorio le risorse sufficienti a sostenere la propria

vita e sono dunque costretti ad andare altrove per trovare di che vivere.

Lo Scorpione può essere ben rappresentato anche da Caino.

Inizialmente agricoltore, dopo l’omicidio del fratello, Caino è costretto ad

andarsene ramingo per il mondo e diventa un nomade, un allevatore di

bestiame. Caino fu rifiutato dal proprio ambiente, perché si ribellò alla

sensazione di non essere amato e compreso dal suo Dio. Cercò a modo suo

di affermare il proprio potere personale tramite la violenza (marziana) e

l’inganno (plutonico). E nel suo mito ci sono tutti i temi scorpionico del senso

di esclusione, di abbandono, di rifiuto..

Ognuno di noi, anche senza avere valori scorpionici nel tema natale,

ha provato un senso di abbandono e di esclusione nella vita, prima o poi.

La sensazione di essere incompresi o non amati e quindi non accettati, si fa

ovviamente più acuta quando si è soli sentimentalmente. Magari non si è

ancora trovato un partner soddisfacente, oppure si è stati abbandonati.

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Forse il partner ha preferito qualcun altro a noi, oppure ci ha lasciato

perché è deceduto (e in entrambi i casi ci si sente defraudati, traditi dalla

vita). Oppure si vive un amore clandestino che preclude la possibilità di

passare con il partner le feste comandate, o le vacanze estive, e che

costringe a passare molto tempo da soli. O ancora, si vive un amore

precario, con un marito o un compagno che risiede all’estero per vari mesi,

perché è un emigrante, o un soldato di professione, oppure un marinaio; è

la condizione della cosiddetta vedova bianca.

Questo è un tipo di relazione necessariamente legato alla precarietà.

Se la lontananza non è sentita come un problema, ci si può addirittura

sentire appagati da rapporti di questo tipo, molto liberi, anticonvenzionali,

che permettono un tale andare e venire, l’allontanarsi e il ritrovarsi in una

sorta di transumanza affettiva. Quando ci si ritrova il rapporto sarà

rinnovato, sempre diverso eppure uguale, come il pascolo di cui il pastore si

riappropria averlo lasciato l’anno prima. Ogni ritrovarsi aggiunge qualcosa

in più al rapporto, all’interno del quale è possibile preservare il mistero

dell’Altro.

Il mito di Venere e Adone

Venere che entra nel regno sotterraneo e oscuro di Plutone assume gli

attributi di Proserpina. Deve imparare a morire per poter rinascere e

accettare la precarietà che sembra insita nel mondo scorpionico. Molti sono

i miti che parlano di amanti che sprofondano nell’Ade alla ricerca del loro

amato/a, non ultimo quello di Orfeo ed Euridice.

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In particolare, due miti collegano Venere e Proserpina, uno è quello

raccontato nella favola di Eros e Psiche, che in questa sede non

analizziamo, perché ci porterebbe fuori strada. L’altro è quello di Adone e

Venere.

Come spesso succede per tutto quanto riguarda Venere, la storia ha

inizio con la gelosia della dea nei confronti di una mortale. In questo caso la

moglie di Cinira, re di Siria, che si vantava della bellezza della figlia Mirra

(o Smirne, a seconda delle versioni). Venere induce Mirra a ubriacare e

sedurre il padre.

Per sfuggire all’ira paterna dopo che Cinira si è reso conto

dell’inganno, Mirra viene trasformata nella pianta omonima e dalla sua

scorza, nove mesi dopo, nasce Adone. Sembra che al parto abbia assistito

la stessa Venere, che probabilmente si sentiva un po’ in colpa per il tragico

epilogo della vicenda. La dea affida il bambino alle Naiadi perché lo

allevino. Un’altra versione riporta che Adone fu mandato direttamente da

Proserpina, moglie di Plutone e signora degli Inferi.

In ogni caso, a un certo punto Venere lo manda da Proserpina perché

lo protegga. Il giovane cresce così bello che entrambe le dee se ne

innamorano e se lo contendono. Per dirimere la disputa vengono chiamate

le Muse, che decretano che il giovane debba trascorrere un terzo dell’anno

con Venere, un terzo con Proserpina e un terzo con chi desiderava.

Il fatto è che Adone non disdegna la compagnia di Venere nemmeno

durante il terzo dell’anno in cui era libero di fare ciò che gli aggradava.

Insieme alla bella dea si dedica ai giochi d’amore e alla caccia, sua grande

passione.

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Un giorno viene attaccato da un enorme cinghiale, sotto le cui

sembianze sembra si nascondesse Marte, un altro amante di Venere, geloso

della loro relazione. Adone viene evirato dal cinghiale e muore

dissanguato; dal suo sangue, tra l’altro, nascono gli anemoni, simbolo della

primavera. Venere arriva appena in tempo per vederlo morire, ma non per

salvarlo. Ed ecco il colpo di scena: Adone ormai deceduto deve trascorrere

tutto il suo tempo nel regno delle ombre, con grande diletto di Proserpina.

Venere urla e strepita e infine ottiene da Giove di riavere indietro il suo

Adone, almeno per sei mesi l’anno. Il ritorno di Adone tra le braccia di

Venere corrisponde al ritorno della primavera e dell’estate, simile in questo,

allo stesso mito di Proserpina e di sua madre Demetra.

Immagino che la lettura del mito vi abbia già fatto venire parecchie

idee. Ci parla di una relazione non esclusiva, di un eterno scomparire e

riapparire, di un ciclico eclissarsi e ritornare. E il ritorno di Adone alla

superficie corrisponde alla rinascita della vita. Quella stessa vita

simbolizzata dal Sole in trasparenza nel segno dello Scorpione che, diceva

Lisa Morpurgo, è proprio il simbolo luminoso nel cuore dell’oscurità che

assicura la rinascita dopo la “morte”.

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