Vasco Nuñez di Balboa. Scopritore del Grande Oceano

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Il resoconto dell'impresa di Vasco Nuñez di Balboa è secondo volume della collana dedicata ai "viaggi" edita da Antipodes. In occasione del cinquecentenario della scoperta del Pacifico, si propone la lettura di un testo che, in origine, faceva parte di una rara Raccolta di Viaggi ottocentesca, dedicata ad esploratori più o meno noti. Il libro è arricchito da un'interessantissima introduzione sui viaggi di scoperta, sulla figura del navigatore spagnolo e sul contesto storico in cui maturarono straordinarie imprese come quella compiuta dal Balboa.

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VIAGGIO DI VASCO NUÑEZ DI BALBOASCOPRITORE DEL GRANDE OCEANO

Introduzione di Angela Alaimo

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Indice

Premessa ...........................................................................................7Nota dell’editore e “Avvertimento del compilatore” ........................9“Nuovi” mondi? Alla scoperta del Mare del Sud ..............................11Panquiaco da notizia della esistenza del Mare del Sud ...................21Guerre che Vasco Nuñez fece nel golfo di Uraba ............................25Discoprimento del Mare del Sud o Grande Oceano Pacifico ..........31Come discopriron le perle nel Golfo di San Michele ......................37Quello che Balboa fece alla ritornata dal Mare del Sud ..................41Balboa fatto Adelantado del Mare del Sud .......................................47La morte di Balboa ...........................................................................51Bibliografia .........................................................................................57

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Premessa

Balboa che guarda il Pacifico, primo europeo a “scoprirlo” da Est,è un altro tassello della speranza di raggiungere le Indie superandol’ostacolo imprevisto che Colombo si era trovato davanti, riapre igiochi che sembravano essersi chiusi con la scoperta delle Americhe.

Ma non è solo questo, è un grande fatto simbolico. Le isole ed ilmare dietro le isole… il più grande stimolo alla voglia di andare edi scoprire altre terre e di seguito altri mari. L’ampliamento delleconoscenze sulle nuove sterminate potenzialità di navigare pertante altre rotte e lo sviluppo di nuovi grandi interessi economici,che fanno seguito alla scoperta del nuovo mondo e di altri mari aldi la di esso, spingeranno l’uomo a costruire navi sempre più grandie veloci, capaci di navigare anche in condizioni proibitive, conmaggiore sicurezza per il carico e gli equipaggi e gli consentirà diorientare la propria prora con precisione, anche a sfavore di vento.

Le forme degli scafi e i tagli delle vele si evolveranno più ve-locemente nei secoli più avanti e consentiranno alle navi di por-tare le merci, e qualche volta i propri eserciti, verso obiettivilontani, prima impensabili, e a costruire le basi di una rete com-merciale ed economica che porterà alla condivisione di idee e tec-nologie, plasmando la base dell’era contemporanea.

Carlo BrunoLega Navale Italiana

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Nota dell’editore e “Avvertimento del compilatore”

L’editoria è un settore caratterizzato dalla continua necessità di fare iconti con una accurata programmazione, da un attento calcolo dei costie dalla ricerca dell’agognato traguardo di condividere con un più ampiopubblico i risultati del proprio lavoro.

In questo, con orgogliosa passione, ci piace sentirci molto vicini agliesploratori dei secoli passati che, tra le medesime difficoltà sopra ac-cennate, organizzavano minuziosamente viaggi di esplorazione, innome delle più svariate ragioni, negli angoli meno conosciuti del globo,con la speranza di tornare per poter raccontarne le avventure. Ricer-cando questi sapori di scoperta, o riscoperta, si propone la lettura di unbreve saggio facente parte di una rara Raccolta di viaggi ottocentesca de-dicata ad esploratori più o meno noti. Nell’augurare una buona lettura,riportiamo le parole, o meglio, la “nota del compilatore” che introdu-ceva i racconti nell’opera originale:

“Narrata la scoperta del Nuovo Continente nella Relazione dei

Quattro Viaggi del Colombo, ora imprendiamo a descrivere in

questo ed in alcuno de' successivi volumi della presente Raccolta,

le ardite imprese dei più celebri compagni, allievi e successori

dell' Ammiraglio, i quali, animati dal suo zelo ed ammaestrati dal

suo esempio, lanciaronsi in varii tempi negli estesi campi dell'av-

ventura, ond'egli avea schiusa la via. Molti di questi arditi avven-

turieri Iimitaronsi a scorrer le parti della Terra Ferma, che egli avea

parzialmente visitato ,insignorirsi delle primizie della pesca delle

perle di Paria e di Cubaga, o esplorare la contrada di Veragua

ch'egli avea colla Penisola dell' Oro degli antichi (Aurea Chersonesus)

scambiata: fra i quali sono da notare i capitani Francesco Hernandez

e Giovanni di Grigialva, discopritori ed esploratori della contrada

di Yucatan, e precursori del grande Fernando Cortes, maggiore di

tutti, e fortunato conquistatore del Messico; ne è da dimenticare

Americo Vespucci , fiorentino, perciò che riguarda la esplorazione

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della parte meridionale del Nuovo Continente. Ma altri di questi

arditi venturieri, aspirarono a terminare la grande scoperta dal

celebre Ammiraglio meditata negli ultimi anni della sua vita:

nel tempo del suo Viaggio lunghesso la costa della Terra Ferma,

Cristoforo Colombo ebbe ripetute informazioni intorno alla esi-

stenza di un vasto mare situato inverso il mezzodì; ei lo scambiò

coll'Oceano Indiano nel quale sono le Isole degli Aromi Orientali,

e credette che comunicasse per uno stretto col mare de'Caribi.

Ingannato dalla sua fantasia, egli imprese l'ultimo suo viaggio,

il più sventurato di tutti, espressamente per discoprir quello stretto

immaginario, e tentar di penetrare in questo Oceano meridionale.

Era però destinato che l'illustre navigatore morir dovesse sulla soglia,

per così dire, delle sue scoperte; conciossiachè il fato serbava ad

uno dei suoi seguaci, a Vasco Nugnez di Balboa, la gloria di vedere

primo il tanto desiderato Oceano, e di bagnarsi nelle sue acque

alcuni anni dopo che la vita del venerando Ammiraglio era spenta.

La scoperta dell'Oceano Pacifico è il fatto più bello e più sorpren-

dente nella storia del Nuovo Mondo; aprì l'adito ad un vastissimo

campo di avventure, tra le quali arditissima è la impresa di Francesco

Pizarro conquistatore del Perù e de’ suoi famosi compagni, vincitori,

esploratori e colonizzatori di Quito, di Popayan e del Chilì.”

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“Nuovi” mondi? Alla scoperta del Mare del Sud

Di Angela Alaimo*

Nuove geo-grafie

Il racconto che state per leggere vi porterà lontano nello spazio e neltempo. Immergendovi nelle atmosfere cinquecentesche del Darien (ilnome dell’epoca che veniva dato alla regione dell’istmo di Panama),seguirete le orme della spedizione di Vasco Núñez de Balboa che loporteranno alla straordinaria visione del Grande Mare del Sud.

Questo viaggio si colorerà delle atmosfere culturali di un mondo in fer-mento che, sullo slancio suscitato nel 1492 dall’impresa di Cristoforo Co-lombo, ha segnato i destini dell’umanità. Il mondo in cui viviamo ogginasce proprio dalla svolta innescata, in quel preciso momento storico, dalleesplorazioni geografiche. Nei modi e nei risultati ritroviamo, in nuce,molte caratteristiche della società occidentale e del suo rapporto con l’altroche caratterizzano ancora oggi il mondo in cui viviamo (Todorov, 1992).

Il racconto che leggerete è ambientato negli anni in cui gli storici fannocominciare l’Età Moderna, epoca in cui il mondo occidentale ed europeosi allarga, spostando il suo baricentro fuori dal bacino del Mediterraneo.Le esplorazioni transoceaniche inaugurano così non solo un nuovomondo, ma un nuovo modo di pensare il mondo. Alcune importanti in-novazioni renderanno questa trasformazione radicale e inesorabile. Se-condo il filosofo inglese Francis Bacon ci sono tre invenzioni che hannodefinitivamente trasformato la faccia del mondo e le condizioni di vitasulla terra: l’arte della stampa, la polvere da sparo e la bussola (Bacon,aforisma n. 129). Queste invenzioni, giunte in Occidente dalla Cina, inepoche storiche diverse, sono state rifunzionalizzate dal pragmaticouomo occidentale per renderle utili ed efficaci. Tra queste, sicuramente,l’invenzione più importante per gli europei fu la stampa. Essa rendevaper la prima volta il mondo permeabile alla comunicazione, grazie allafacile diffusione delle informazioni che consentiva. Questa straordinariainvenzione, durante le esplorazioni del XVI sec., permetteva di superarele barriere imposte dagli obblighi di segretezza (la “politica del sigillo”)

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*(Dottore di ricerca in Geografia)

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richiesti dalle monarchie tra loro rivali che guidarono la scoperta dinuovi mondi. La stampa rendeva, infatti, più agevole la circolazionedelle informazioni che prendevano forma nei diari di bordo dei naviga-tori e nelle carte nautiche, redatte ed aggiornate ad ogni nuova scoperta.Essa diventava così un formidabile strumento di diffusione, capace difacilitare e accelerare la circolazione di informazioni sulle nuove sco-perte, amplificandone il significato e consentendo un ampio dibattitoscientifico. Sicuramente la scelta del cartografo tedesco Martin Waldsee-müller di proporre il nome di Vespucci per il Nuovo Continente, invecedi quello di Colombo, è legata alla grande diffusione che le osservazionidi Vespucci, contenute nel libello Mundus Novus stampato a Firenze nel1503, ebbero all’epoca, proprio grazie alla carta stampata.

Immaginiamo, allora, all’epoca di queste spedizioni, il valore di leggereil diario di bordo di altri esploratori e di conoscere le nuove osservazionifatte sul campo: queste preziose informazioni incrementavano la cono-scenza e spingevano ad un’evoluzione non solo delle conoscenze geogra-fiche e della rappresentazione del mondo, ma anche della loro concezione.I diari di bordo costituivano delle vere e proprie guide per muoversi nelbuio di universi inesplorati. Non stupisce allora che molti esploratori fos-sero anche traduttori delle loro stesse opere in lingue diverse.

Sicuramente, anche la maggiore circolazione delle carte, consentitadalla stampa, influì notevolmente sul processo di crescita conoscitivadell’Età Moderna. Le carte stampate, di minore qualità e bellezza ri-spetto alle precedenti, consentivano una maggior diffusione delle infor-mazioni geografiche e una riproducibilità fedele dell’originale.

La stampa, realizzata attraverso l’incisione su matrici in legno o inrame, aumentava però notevolmente i costi di produzione. Per questaragione, l’aggiornamento delle carte non poteva seguire il ritmo evolu-tivo delle scoperte, proprio a causa dell’ingente investimento che richie-deva stamparne di nuove. Così veniva reiterata per anni una stessarappresentazione del mondo (che a volte conteneva gravi inesattezze),anche se le nuove scoperte avevano portato ad avanzamenti nella cono-scenza geografica del mondo (Castelnovi, 2008). Nonostante queste con-siderazioni, rimane indubbio il valore dei portolani e l’uso che proprio

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COME DISCOPRIRON LE PERLE NEL GOLFO DI SAN MICHELE

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Rallegrarono li nostri Spagnuoli la festa di San Michele e

l'atto della possessione, come meglio poterono. Balboa la-

sciò lì alcuni Spagnuoli per assicurare in qualunque caso

la ritirata alla sua spedizione, ed entrò con nove barche, che gli

cercò Ciape, in un grandissimo fiume. Andò con ottanta Spa-

gnuoli, e con il medesimo Ciape per guida, ad una terra, il signore

della quale si diceva Coquera, il quale si messe in arme e difesa,

combattè e fuggì; ma venne ad essere amico delli Spagnuoli per

consiglio e preghiera delli Ciapesi, che andarono a richiederlo di

pace: dette a Balboa seicento cinquanta castellanos d'oro lavorato.

Con queste due vittorie fecersi molto gran fama per tutta quella

costa gli Spagnuoli; ed avendo per amici Ciape e Coquera, cre-

devano spianare e portare alla loro devozione tutti li vicini di

que' paesi. Di modo che armò Balboa le medesime nove barche,

le empì di vettovaglie, e andò con ottanta Spagnuoli a costeg-

giare quel golfo, per vedere che cosa era la terra le isole i sassi

che aveva. Ciape lo pregò di non entrare dentro al golfo, perché

quella luna, e le due seguenti, solevano correre grandissime fortune,

impetuosissimi venti di traversia, che affogavano tutte le barche:

ma il Balboa rispose, che non temeva le tempeste di quel golfo,

perché più grandi mari aveva navigato; e che d'altronde sperava

in Dio, la fede del quale si aveva da predicare pur lì, e credea lo

ajuterebbe; così s'imbarcò. Ciape andò con lui, perche non lo te-

nesse per codardo e male amico.

Ma appena si disviarono di terra ritrovaronsi dentro di tante e

così terribili onde, che non potevan più regger le barche, nè ri-

tornare indietro, ne andare avanti; sìcchè credettero d'affogarsi:

ma volle Iddio che arrivassero in un'isola, dove passarono quella

notte non senza grande paura; perchè tanto crebbe la marea o

flusso, che tutta quasi la coperse: li nostri si maravigliarono molto

di questo, perché nell'altro golfo di Uraba, sulla costa settentrio-

nale non cresce niente, e se cresce, è poco. La seguente mattina

se ne vollero andare colla marea bassa o reflusso, ma non pote-

rono, perchè trovaron le barche piene di rena e quasi sfasciate;

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sicchè se aveano avuto paura di morir nell'acqua il primo dì, ebbero

maggior paura allora di morire in terra, perché non restò loro da

mangiare: stimolati quindi da quella medesima paura, nettarono

le barche, acconciaron quelle che eran rotte con le scorze di arbori,

calafatarono le fessure con erbe, e postisi arditamente in mare

giunsero infine a pigliar terra ad un porticciuolo.

Venne subito lì Tumaco, signore di quella banda, con molta gente

armata, per sapere che uomini erano e che volevano: Balboa gli

mandò a dire per certi servitori di Ciape, come erano Spagnuoli che

cercavano del pane per mangiare, e oro per comprarlo con oggetti

di altrettanta valuta che portavano; ma vedendo il selvaggio come

i forestieri erano pochi replicò con ferocia, e credendosi di tenerli

già presi, loro intimò la battaglia; e Balboa glie la dette e vinse.

Fuggì Tumaco tanto bravamente come parlò; ma andarono alcuni

Spagnuoli e Ciapesi a pregarlo che venisse alle barche, ed essere

amico del Capitano, dando lui la fede, e per sicurtà ostaggi: ma il

selvaggio non volle venire; sibbene mandò un suo figliuolo, che Bal-

boa fece vestire, e gli dette molte coserelle come corone, forbice,

sonagli, specchi, e gli fece molta cortesia: lo pregò che chiamasse

suo padre; e il giovane andò molto allegro e galante, e lo meno al

terzo dì. Fu Tumaco benissimo ricevuto; e interrogato dell' oro e

delle perle, che portavano in dosso alcuni de' suoi, allora egli mandò

per tanto oro che pesò seicento quattordici pesos, e fece portare du-

gento quaranta perle grosse, e grandissima somma di minute; cosa

ricchissima! La qual mostra fece saltare di piacere molti Spagnuoli.

Tumaco vedendo che le lodavano tanto, e che stavano tanto alle-

gri con esse: comandò a certi servitori suoi di andare a pescarIe;

ed essi andarono, e pescarono dodici libbre di perle in pochi dì,

e ancora queste le dettero agli ospiti loro. Gli Spagnuoli meravi-

gliaronsi di tante perle, e come non le stimassero li padroni; perchè

non solamente le davano quasi per nulla, ma ancora ne adorna-

vano li remi delle loro canoe: benché credo che ce le dovevano

mettere per gentilezza, e per grandezza, come di poi si seppe. Infatti,

la principale ricchezza di quelli signori è la pesca delle perle.

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Balboa disse a Tumaco, che egli aveva un ricchissimo paese, se lo

sapesse industriare, e che gli direbbe grandissimi segreti d'industria,

quando ritornasse per lì: ma allora Tumaco, e ancora Ciape, gli dis-

sero, che quella ricchezza era niente in comparazione di quella del

re di Terarequi, isola abbondantissima di perle, che stava appresso;

il quale aveva perle più grosse di un occhio di uomo, cavate da

ostriconi ovvero madreperle, tanto grosse come cappelli !

Li Spagnuoli averiano voluto subito passar là; ma avendo paura

di un'altra fortuna di mare come la passata, lasciarono l'impresa

fino alla ritornata. Così si dispartirono da Tumaco, e riposarono

nel paese di Ciape; il quale, a preghiera di Balboa, fece che andas-

sero trenta vassalli delli suoi a pescare, in presenza di sette Spa-

gnuoli che andarono a mirare come le pescavano, pigliarono

solamente sei libbre di perle piccole, perchè non era il tempo di

quella pescagione, nè entrarono molto dentro nel mare nè molto

in fondo dove stanno le grosse: non solo non si pescano le perle

nel mese di settembre e nelli tre seguenti, ma ancora non si navi-

gano quei mari dagl'Indiani, perché sono tempestosi a cagione

delli venti che allora regnano; e gli Spagnuoli stéssi guardano di

navigare per lì in quel tempo, ancora che usino maggiori navili.

Fra le perle che cavarono da quelle ostriche ve n'erano alcune

grosse come ceci; tutte però molto fini e bianche; al contrario,

qualcuna di quelle di Tumaco erano nere, altre verdi, altre celestri,

altre gialle; ma queste credo doveano esser così per arte.

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